[Nonviolenza] Telegrammi. 3718



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3718 del 23 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Flavio Lotti: Sei proposte dell'Onu per curare la salute nostra e del pianeta
6. Paolo Borgna: Alessandro Galante Garrone (2015)
7. Girolamo Imbruglia: Alessandro Galante Garrone storico (2013)
8. Omero Dellistorti: La tortura dei libri
9. Carogno Mozzarecchi: E bbenedetto sia 'r colorabbiro
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. DOCUMENTAZIONE. FLAVIO LOTTI: SEI PROPOSTE DELL'ONU PER CURARE LA SALUTE DEL NOSTRO PIANETA
[Dal sito www.perlapace.it riprendiamo il seguente intervento di Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace]

Il 22 aprile e' la Giornata internazionale della Madre Terra.
E il mio pensiero va, ancora una volta, a tutte le persone che soffrono a causa del coronavirus ma anche di tante altre malattie.
Oggi ci rendiamo conto di quanto sia importante la salute.
Ora sappiamo che la nostra salute e' profondamente legata a quella degli altri.
Ma dobbiamo anche sapere che:
- la nostra salute e' legata alla salute del pianeta;
- per proteggere la nostra salute dobbiamo proteggere anche quella del pianeta;
- per curare le nostre malattie dobbiamo curare anche le malattie del pianeta, dell'acqua, dell'aria, della terra e dei suoi abitanti.
Per questo abbiamo bisogno di una solidarieta' universale e di una nuova economia.
L'economia di cui abbiamo bisogno e' l'economia della cura del pianeta e dei suoi abitanti.
L'economia della guerra e delle armi, l'economia che sfrutta, distrugge e aumenta le disuguaglianze ci ha gia' fatto troppo male. E' tempo di cambiare.
Per questo sostengo e invito tutti a sostenere le sei azioni che il Segretario Generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha proposto in occasione della Giornata internazionale della Madre Terra.
Primo: mentre spendiamo enormi quantita' di denaro per guarire dal coronavirus, dobbiamo creare nuovi posti di lavoro e nuove attivita' attraverso una transizione pulita e verde.
Secondo: quando il denaro dei contribuenti viene utilizzato per salvare le imprese, deve essere vincolato alla creazione di posti di lavoro verdi e alla crescita sostenibile.
Terzo: la potenza di fuoco fiscale deve guidare il passaggio dall'economia grigia a quella verde e rendere le societa' e le persone piu' resilienti.
Quarto: i fondi pubblici dovrebbero essere utilizzati per investire nel futuro, non nel passato, e confluire in settori e progetti sostenibili che aiutino l'ambiente e il clima. I sussidi per i combustibili fossili devono finire e gli inquinanti devono iniziare a pagare per il loro inquinamento.
Quinto: i rischi e le opportunita' climatiche devono essere incorporate sia nel sistema finanziario che in tutte le politiche pubbliche e le infrastrutture.
Sesto: dobbiamo lavorare insieme come una comunita' internazionale.
Questi sei principi costituiscono un'importante guida per uscire da questa crisi al meglio, insieme. Sostienili anche tu.
Vai sul sito www.perugiassisi.org e aderisci alla Marcia PerugiAssisi.
Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace
Perugia, 21 aprile 2020

6. MAESTRI. PAOLO BORGNA: ALESSANDRO GALANTE GARRONE (2015)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Gli anni della formazione, la famiglia, l'interventismo democratico
Alessandro Galante Garrone nacque a Vercelli il primo ottobre 1909, secondogenito di Luigi Galante e di Margherita Garrone.
Insieme ai fratelli Virginia (nata il 20 gennaio 1906) e Carlo (nato il 2 dicembre 1910), crebbe nel clima culturale dell'interventismo democratico che aveva spinto gli zii materni, Giuseppe ed Eugenio Garrone, a partire volontari per la prima guerra mondiale, dove erano morti nella battaglia del monte Grappa, nel dicembre del 1917. Il cognome Galante Garrone porta la memoria di quella duplice tragedia: un regio decreto degli anni Venti previde che, per non disperdere il nome di famiglia di due eroi della Grande Guerra, i figli di Margherita Garrone e i loro discendenti potessero aggiungere al cognome del padre quello della madre.
Con la morte prematura (gennaio 1926) del padre, preside del liceo di Vercelli, divenne ancora piu' intensa, nell'educazione del giovane Galante Garrone, l'austera figura della nonna materna, Maria, che instillo' nei nipoti una dedizione intima alla Patria e un senso del dovere, spinto fino al sacrificio, che contrassegno', come una severa religione civile, l'intera vita di Galante Garrone, costituendone l'impronta culturale piu' riconoscibile. La frattura – dapprima culturale e poi sempre piu' netta sul piano politico – fra interventismo democratico e nazionalismo sara' per tutta la vita uno dei temi di piu' profonda meditazione da parte di Galante Garrone. Non a caso erano stati interventisti democratici o comunque volontari nella Grande Guerra quasi tutti coloro che, mezzo secolo piu' tardi, Galante Garrone avrebbe indicato come i suoi "maggiori": Ferruccio Parri, Piero Calamandrei, Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Emilio Lussu, Adolfo Omodeo. Gli interventisti democratici – osservo' nell'introduzione alla riedizione (del 1974) degli epistolari di guerra degli zii Garrone – erano andati in guerra non solo per completare, con la conquista di Trieste e Trento, il Risorgimento ma anche per assecondare l'emancipazione di altri popoli, pensando a un'Italia libera nazione in mezzo alle altre.
Il nazionalismo aveva invece ribaltato questo ideale di solidarieta', erigendo l'immagine di una nazione che rivendica la propria diversita' per proclamare la sua superiorita' e la volonta' di potenza. Partendo dalla riflessione su questo trapasso degenerativo, maturo', sul finire degli anni Venti, la scelta antifascista di Galante Garrone: un antifascismo "di stile", prima ancora che politico, che affondava le radici nell'insofferenza, del suo ambiente familiare, verso la retorica violenta e le volgarita' del regime fascista.
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I maestri liberali: liberta' religiosa e laicita'
Terminati gli studi liceali a Vercelli, Galante Garrone si trasferi', con la famiglia, a Torino, dove frequento' la facolta' di giurisprudenza ed ebbe come maestri Luigi Einaudi e Francesco Ruffini. Negli stessi anni, a seguito della prima pubblicazione delle lettere dal fronte degli zii, Galante Garrone intraprese un'importante corrispondenza epistolare con il filosofo Benedetto Croce e lo storico napoletano Adolfo Omodeo, che paternamente ne seguirono la formazione, consigliando al giovane Alessandro letture, studi e (nel caso di Omodeo) scelte di vita.
L'insegnamento di questi maestri liberali si coniugo' con gli ideali della nonna Maria, donna di profonda fede religiosa, ma convinta della necessita' di una rigorosa separazione tra Stato e Chiesa e immediatamente critica verso il Concordato del 1929. Si radico' cosi' in quegli anni la visione profondamente laica di Galante Garrone, che egli volle ribadire in uno dei suoi ultimi scritti (Un affare di coscienza, 1995). Una visione in cui lo Stato sia "al di fuori di tutte le fedi" e si adoperi "per assicurarne la libera e pacifica convivenza entro di se'". Dunque, uno Stato immaginato come un recinto che non sia chiusura, ma si ponga come "uno spazio imparziale e neutro", delimitato non da un filo spinato ma da porte capaci di accogliere e proteggere "su un piede di eguaglianza, il libero estrinsecarsi di qualsiasi professione di fede, sia in senso positivo sia [...] in senso negativo" (pp. 31 s.).
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L'ingresso in magistratura e la maturazione dell'antifascismo "di stile" in antifascismo politico
Galante Garrone si laureo' in legge nel luglio 1931, con una tesi di carattere storico. In quei mesi infitti' la frequentazione con Aldo Garosci (cugino dell'amico e compagno di studi Giorgio Agosti e tra i fondatori di Giustizia e Liberta') e, dopo l'espatrio di Garosci in Francia (1932), con Vittorio Foa, che fu in seguito arrestato nella "seconda retata" contro Giustizia e Liberta' torinese (1935). L'influenza di Garosci e di Foa fu decisiva nel dare all'antifascismo culturale di Galante Garrone una connotazione piu' consapevolmente politica.
La sua passione per la storia e, in particolare, per il Settecento e l'Ottocento europei lo avrebbe naturalmente condotto a coltivare gli studi su questi temi e a intraprendere la carriera universitaria, ma l'obbligo di giuramento a formare cittadini "devoti [...] al regime fascista", imposto ai professori con il decreto legge del 28 agosto 1931, indusse Galante Garrone ad abbandonare la prospettiva accademica e ad affrontare il concorso in magistratura, che supero' nella primavera del 1933, dopo aver svolto il servizio militare. Fu dunque, dal 1934 al 1935, pretore a Mondovi', in seguito giudice al Tribunale di Cuneo e, dal febbraio 1937, giudice a Torino, dove svolse varie funzioni giudiziarie sino al 1963.
Suoi maestri, nella professione di giudice, furono Alessio Alvazzi Delfrate e Domenico Riccardo Peretti Griva: uomini che appartenevano alla solida tradizione dei magistrati liberali piemontesi, entrati nell'ordine giudiziario nell'epoca giolittiana e che avevano resistito alle invadenze del regime mussoliniano, ancorandosi al principio di stretta legalita' e alle tradizioni della civilta' italiana.
C'era, alla base di questa concezione fatta propria da Galante Garrone, il convincimento che il quadro legislativo italiano fosse rimasto in larga parte coerente con l'impronta liberale che lo aveva caratterizzato prima del Ventennio e che il fascismo soltanto in parte aveva intaccato. E dunque, la rigorosa difesa della funzione interpretativa della norma affidata ai giudici, come momento meramente applicativo e non di creazione, fu vista come la migliore difesa contro la dittatura; il baluardo con cui si pote' impedire l'ingresso nel sistema di meccanismi capaci di consegnare alla sfera della politica l'amministrazione della giustizia.
Nell'alveo di questa tradizione, Galante Garrone cerco', con tenacia, di limitare al massimo gli effetti nefasti delle leggi razziali del novembre 1938, in particolare contestando l'applicabilita' della norma che affidava a una circolare ministeriale, anziche' ai giudici, lo stabilire se una persona fosse soggetta o meno alle misure antisemite. Rivendicando tale decisione al giudice – e sostenendo che non fosse "esempio da imitare" il "sistema nazionalsocialista tedesco", che privilegiava la volonta' politica rispetto alla lettera della legge, richiamando invece la dottrina di vecchi studiosi del diritto canonico – Galante Garrone, redigendo alcuni memoriali e una nota a sentenza (pubblicata con il titolo Conflitti di competenza in tema di "razza" sull'autorevole Rivista del diritto matrimoniale italiano e dei rapporti di famiglia, 1939, n. 10) riusci' a creare una giurisprudenza che escludeva dalle leggi razziali i nati da matrimoni misti e i catecumeni (ovvero coloro che alla data del primo ottobre 1938, fissata dalla legge, non erano ancora battezzati ma avevano chiesto l'ammissione al sacramento del battesimo).
Nel settembre 1941 Galante Garrone sposo' Maria Teresa Peretti Griva (1916-2011), figlia di Domenico Riccardo. Dal matrimonio nacque, nel 1946, la figlia Giovanna. Nei primi anni Quaranta, Galante Garrone riprese ad approfondire i suoi studi storici, incoraggiato da Omodeo, per cui tradusse i diari di Joseph Alexander von Hubner, ambasciatore austriaco a Parigi durante il Secondo impero.
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Resistenza e Liberazione
Dopo l'8 settembre 1943, Galante Garrone ebbe un ruolo immediatamente operativo nella Resistenza all'occupazione nazifascista. Pur continuando a svolgere il suo lavoro di giudice fino al marzo 1945 (quando dovette abbandonare il Palazzo di giustizia sfuggendo miracolosamente alla cattura della polizia fascista), tenne vivo un costante collegamento tra Torino e le valli del Cuneese, dove operava militarmente l'amico avvocato Dante Livio Bianco. Il ruolo di Galante Garrone nella Resistenza fu pero' essenzialmente politico, rappresentando il Partito d'azione nel Comitato di liberazione nazionale del Piemonte. In tale veste, partecipo' a una fondamentale funzione di direzione politica nell'organizzazione dell'insurrezione finale e nella liberazione di Torino e quindi nel governo della citta' e nel ripristino della convivenza civile, totalmente ristabilita prima ancora dell'arrivo delle truppe alleate (2 maggio 1945).
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Gli anni della Repubblica
Terminata la guerra, Galante Garrone torno' immediatamente al suo lavoro di magistrato. Al contempo, riprese gli studi storici, sempre piu' indirizzati verso i rivoluzionari francesi perseguitati dalla reazione termidoriana. Partecipo' inoltre attivamente al dibattito culturale di Torino e nel Paese, con un rapporto privilegiato con il mondo fiorentino di Piero Calamandrei (alla cui rivista, Il Ponte, collaboro' assiduamente). Nel 1947 il suo intervento presso Franco Antonicelli, che aveva fondato la piccola casa editrice De Silva, fu decisivo per la prima pubblicazione di Se questo e' un uomo, che l'amico Primo Levi gli aveva fatto leggere, dopo che l'opera era stata rifiutata da Einaudi.
Sempre nel 1947, a Parigi, conobbe e frequento' gli storici francesi della rivoluzione Albert Soboul e Georges Lefebvre (di cui due anni dopo curo' la traduzione e l'introduzione di L'Ottantonove) e lo storico inglese Richard Cobb. Nello stesso periodo si dedico' allo storico e politico dell'Ottocento Edgar Quinet, di cui nel 1951 curo' l'edizione italiana de La revolution, che Quinet aveva scritto nel 1865.
Il metodo storiografico di Galante Garrone e' quello della petite histoire, da lui stesso illustrato nella sua introduzione (del 1978) alla raccolta postuma, Scritti vari, di Gaetano Salvemini: ricostruire i grandi eventi della storia parlando degli uomini e donne che l'hanno vissuta, raccontando la loro formazione ed evoluzione culturale, i motivi per cui si fecero coinvolgere. Facendo propria la lezione dello storico messinese, considerato come uno dei suoi "maggiori", in un paragrafo intitolato Metodologia e moralita' dello storico, Galante Garrone ricorda quelli che, secondo Salvemini, erano "i ferri del mestiere dello storico": il disprezzo per la semplice e arida erudizione; lo "scrupolo della ricostruzione precisa dei fatti, ai quali [devono] essere commisurate le idee dello storico onesto, pronto sempre a considerarle come ipotesi provvisorie"; la necessita' di coniugare costantemente "storia sociale" e "storia degli individui", perche' dietro le "parole generali, come rivoluzione, classe, Riforma, Risorgimento", vi sono sempre, e vanno studiati, "gli uomini vivi e concreti". La "simpatia morale" che lo studioso deve nutrire per il tema prescelto, si compendia nella massima salveminiana "non si puo' comprendere senza amare". Se nutrito di questo amore verso le persone, lo studio della storia appare come il principale "mezzo per conoscere noi stessi, per renderci conto della nostra genesi intellettuale e morale" e per comprendere quale efficacia i movimenti delle idee abbiano avuto e continuino ad avere sul presente. Perseguendo questo intento di raccontare la storia di un uomo fra gli altri uomini, Galante Garrone si impose, a partire dagli anni Cinquanta, come uno dei piu' autorevoli storici dei settori radicali e democratici del pensiero politico del Settecento e Ottocento.
Filippo Buonarrotti e Francois Babeuf e la loro fallita "congiura degli uguali" del 1796 contro il Direttorio furono il tema del primo libro di Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, del 1948. Segui', nel 1951, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento, che riprendeva un primo studio inedito sul rivoluzionario pisano (Gli ultimi anni di Filippo Buonarroti) con cui, nel 1949, Galante Garrone aveva vinto il premio Gramsci. Del 1959 e' la biografia di un altro "rivoluzionario minore", Gilbert Romme. Storia di un rivoluzionario, il matematico e pedagogo, in Russia alla corte di Caterina II, che nel 1789, tornato a Parigi, si getto' nel vortice della Rivoluzione, voto' la condanna a morte del re, invento' il calendario repubblicano, si oppose alla reazione del Termidoro, fu condannato a morte e, il 29 pratile 1795, si suicido' mentre veniva portato al patibolo, insieme agli altri cinque suoi compagni, passandosi l'un l'altro il coltello che affondarono nei propri corpi (furono chiamati "i martiri di pratile", rappresentanti simbolici di una generazione che dette l'assalto all'ancien regime e fini' per divorare se stessa).
Ricorre, in questi libri, un costante amore per il mondo dei vinti, sconfitti dal loro tempo: guardati pero' non con l'animo nostalgico di chi piange su un passato che poteva essere diverso, ma, al contrario, descritti come precursori, che hanno gettato semi da cui sarebbero nati frutti che altre generazioni avrebbero colto.
Con lo stesso animo, studiando l'Ottocento, Galante Garrone, negli anni Settanta e Ottanta, dedico' la sua attenzione a quel pensiero democratico e federalista che sul momento fu sconfitto, ma animo' poi le correnti democratiche del Novecento: Mazzini, Felice Cavallotti e i radicali, Cattaneo e, a cavallo con il secolo nuovo, Salvemini e Umberto Zanotti Bianco.
*
Liberta' liberatrice
C'e', sullo sfondo di queste opere, una precisa visione politica: la liberta' della tradizione del Risorgimento puo' essere ricercata e attuata, nella concreta vicenda storica del Novecento, soltanto se la si intende non piu' solo con i criteri del tradizionale liberalismo politico, ma come liberta' generatrice di giustizia. E' la "liberta' liberatrice", preconizzata dal maestro Omodeo, cui sempre Galante Garrone si richiamava. Ritorna dunque, nella sua ricerca storica, il binomio che sta alla base del liberalsocialismo: giustizia e liberta'. Si puo' dunque dire che l'avventura politica del Partito d'azione, interrotta nel 1946, prosegua, nella sua opera di storico, come ricerca culturale, riflessione sul passato che si proietta sui problemi del presente e su un'idea di futuro migliore. La medesima ispirazione oriento' la lunga collaborazione di Galante Garrone a La Stampa. Sul quotidiano torinese, di cui fu editorialista dal 1955 sino al 2000, egli ingaggio' e vinse importanti battaglie per l'espansione e l'inveramento dei diritti affermati in Costituzione ma ancora negati dalla legislazione italiana: per l'emancipazione delle donne e in particolare per il loro ingresso in magistratura; contro le norme arcaiche ancora contenute nei codici (dal reato di adulterio, previsto solo per la donna, all'omicidio per causa d'onore; dal matrimonio "riparatore" come causa estintiva del "ratto a fine di matrimonio" alle assurde regole allora vigenti in tema di riconoscimento della paternità naturale); per un nuovo diritto di famiglia, fondato sulla parita' dei coniugi; per l'introduzione del divorzio nel nostro ordinamento.
Negli stessi anni Galante Garrone fu, insieme ai suoi vecchi compagni azionisti, protagonista di numerose iniziative culturali che portarono alla fondazione di importanti istituzioni quali l'Unione culturale, l'Istituto storico della Resistenza, il Centro Gobetti e della rivista G. L. Resistenza. Anche attraverso queste istituzioni e la comunita' di amici che le sostenevano, Galante Garrone fu il testimone di una cultura laica, di sinistra non comunista che, sia pure con l'angustia dello spazio culturale che tali iniziative riuscivano ad avere, cerco' di mantenere in vita l'idea di una sinistra liberalsocialista, antistaliniana e saldamente radicata ai valori dell'Occidente.
Dopo aver difeso disciplinarmente Dante Troisi dalle accuse ricevute per aver scritto il libro Diario di un giudice (1955), Galante Garrone maturo' la propria lontananza da una magistratura che, ai suoi occhi, appariva sempre piu' ancorata "ad angusti concetti di decoro, di professionalita', di mentalita' arretrata" (Il mite giacobino, 1994, p. 41); una corporazione estranea, culturalmente, ai fermenti che iniziavano a farsi sentire in tutta la societa' e che andava interpretando la propria indipendenza come pretesa di separatezza. In tal modo maturo', in Galante Garrone, l'idea, realizzata nel 1963, di lasciare la magistratura, per dedicarsi all'insegnamento universitario. Nel 1965 vinse il concorso a cattedra per storia del Risorgimento e fu chiamato all'Università di Cagliari, dove rimase sino al 1969, quando torno' a Torino per insegnare storia del Risorgimento nella facolta' di lettere e filosofia.
Negli ultimi anni di vita Galante Garrone dedico' la sua riflessione alla memoria dei propri maestri e alle battaglie civili per la laicita' dello Stato, contro l'antisemitismo e la corruzione.
Mori' a Torino il 30 ottobre 2003.
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Opere
Opere principali. Buonarroti e Babeuf, Torino 1948; Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento, Torino 1951 (Paris 1975); Gilbert Romme. Storia di un rivoluzionario, Torino 1959, Milano 1998; I diritti degli Italiani, Napoli 1968; I radicali in Italia, 1849-1925, Milano 1973; G. Garrone - E. Garrone, Lettere e diari di guerra, con introduzione di A. Galante Garrone, Milano 1974; Felice Cavallotti, Torino 1976; G. Salvemini, Scritti vari. 1900-1957, a cura di G. Agosti - A. Galante Garrone, Milano 1978; Salvemini e Mazzini, Messina 1981; I miei maggiori, Milano 1984; Zanotti Bianco e Salvemini, Napoli 1984; Padri e figli, Torino 1986; Calamandrei, Milano 1987; Amalek, il dovere della memoria, Milano 1989; Liberta' liberatrice, Torino 1992; Il mite giacobino, conversazione su liberta' e democrazia raccolta da Paolo Borgna, Roma 1994; Un affare di coscienza. Per una liberta' religiosa in Italia, Milano 1995; L'Italia corrotta (1895-1996), Roma 1996 (riedito come L'Italia corrotta (1895-1996). Cento anni di malcostume politico, Torino 2009). Traduzioni: J.A. von Hubner, Nove anni di ricordi di un ambasciatore austriaco a Parigi sotto il secondo impero: 1851-1859, traduzione e introduzione di A. Galante Garrone, Milano 1944; G. Lefebvre, L'Ottantanove, a cura di A. Galante Garrone, con saggio introduttivo di A. Soboul, Torino 1949 (1975); E. Quinet, La rivoluzione, a cura di A. Galante Garrone, Torino 1951 (1974).
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Fonti e bibliografia
A. Gobetti Marchesini Prospero, Diario partigiano, Torino 1956; D.R. Peretti Griva, Esperienze di un magistrato, Torino 1956; G. Agosti - D. L. Bianco, Un'amicizia partigiana. Lettere 1943-1945, Torino 1990, 20072; V. Foa, Il cavallo e la torre, Torino 1991; Id., Questo Novecento, Torino 1996; W. Jervis - L. Jervis Rochat - G. Agosti, Un filo tenace. Lettere e memorie, 1944-1969, a cura di L. Boccalatte, Firenze 1998, Torino 20082; Le interdizioni del duce. Le leggi razziali in Italia, a cura di A. Cavaglion - G. P. Romagnani, Torino 2002; G. Agosti, Dopo il tempo del furore. Diario 1946-1988, Torino 2005; P. Borgna, Un Paese migliore. Vita di A. G. G., Roma-Bari 2006; P. Calamandrei, Fede nel diritto (conferenza del gennaio 1940), Roma-Bari 2008; A. Meniconi, Storia della magistratura italiana, Bologna 2013; P. Borgna, Il coraggio dei giorni grigi. Vita di Giorgio Agosti, Roma-Bari 2015.

7. MAESTRI. GIROLAMO IMBRUGLIA: ALESSANDRO GALANTE GARRONE STORICO (2013)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa ne Il contributo italiano alla storia del pensiero: storia e politica]

Per Federico Chabod, Alessandro Galante Garrone (Vercelli 1909 - Torino 2003) fu un discepolo spirituale di Adolfo Omodeo: una definizione pertinente, che mette in evidenza l'affinita' tra i due intellettuali e le differenze di Galante Garrone dal suo "maggiore". In comune essi ebbero l'interesse per il XIX secolo. Ma Omodeo aveva sottolineato, come Benedetto Croce, la distinzione tra movimenti e istituzioni per affermare che un movimento il quale non sappia farsi istituzione e' solo l'aspirazione del machiavelliano profeta disarmato. Galante Garrone, al contrario, nella sua opera rese autonomi quei due termini, pur condividendo la visione etico-politica della storia. Non minore fu la sua divergenza dal liberalismo di Omodeo, per il quale la democrazia e i moderni partiti furono ragione di inquieta indagine, mentre per Galante Garrone tale processo determino' le coordinate della vita civile dell'Italia repubblicana.
Formatosi sotto il fascismo nella Torino antifascista, Galante Garrone storico appartiene alla seconda meta' del Novecento. Si formo' allora la sua coscienza morale e civile, che ne ispiro' l'opera di magistrato e la voce di intellettuale, nonche' la sua vocazione di storico. Il problema che egli sempre tenne presente fu quello delle ragioni dell'Unita' d'Italia e lo studio delle forme che quel processo poi prese. Il suo lavoro storico fu profondamente segnato dall'amicizia con Franco Venturi: in comune essi ebbero l'attenzione critica al documento e alla pluralita' delle fonti, la volonta' di fare una storia politica delle idee, la consapevolezza della necessita' di una visione cosmopolita dei movimenti europei.
Il doppio cognome di Galante Garrone e' testimonianza del sacrificio della sua famiglia nella prima guerra mondiale: poiche' i suoi zii materni, Giuseppe ed Eugenio Garrone, alpini volontari, erano morti sul Grappa nel 1917 ed erano stati insigniti della medaglia d'oro, a lui e ai suoi fratelli fu permesso per decreto reale di unire al cognome del padre, il latinista Luigi Galante, quello della madre, Margherita Garrone.
Laureatosi nel 1931 a Torino in storia del diritto italiano, relatore Gioele Solari, con la tesi Il problema costituzionale nei moti rivoluzionari italiani del 1831 (a cui aggiunse in appendice un opuscolo del giacobino Filippo Buonarroti) affronto' quelli che sarebbero stati i suoi temi storiografici: le origini dello Stato italiano, il liberalismo francese, la tradizione democratica.
Nel 1933 si avvio' alla carriera di magistrato (negli anni del fascismo cerco' di recuperare modi giurisdizionali di salvaguardia delle liberta' individuali), che concluse nel 1966, con il grado di consigliere di Corte d'appello. Fu anche professore universitario, e insegno', prima a Cagliari e poi a Torino, storia moderna, storia del Risorgimento e storia contemporanea.
Nel 1942 inizio' a collaborare con il Partito d'azione, ispirato dall'idea di liberta' liberatrice di Omodeo, secondo la quale la riconquista della liberta' significava per il cittadino partecipare alla vita pubblica. L'avvento della Repubblica, in lui come in tutti i suoi compagni, suscito' un convinto entusiasmo, rapidamente spento dalla delusione: il movimento non era riuscito a farsi anima delle istituzioni.
La passione politica lo spinse a cercare una piu' profonda visione della realta' attraverso la scoperta di nuovi problemi storici e di nuove ricerche, maturate nel largo e cosmopolita fermento del dopoguerra. Ebbe sempre presente la necessita' del confronto leale e approfondito con le diverse correnti storiografiche europee, fu attento a rintracciare il legame tra vita politica e impostazione storica, mentre il suo senso critico e la sua eccezionale accuratezza filologica rivelavano, oltre alla padronanza del mestiere, l'esigenza morale di rigorosa ricerca della verita'.
La sua produzione e' stata varia e molteplice; ma, come Delio Cantimori con gli Eretici italiani del Cinquecento (1939), egli e' stato per cosi' dire l'autore di un solo libro, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento, 1828-1837 (1951, 1972). Attraverso la vita, le lotte, i contrasti di Buonarroti, Galante Garrone raggiunse una prospettiva che gli permise poi di intendere l'Ottocento nella sua complessa latitudine ideale, nelle sue radici settecentesche, nelle sue vicende europee e italiane, nei suoi esiti novecenteschi.

8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: LA TORTURA DEI LIBRI

Io i libri li odio.
Perche' io moriro' molto prima di loro.
Perche' sono troppi per leggerli tutti.
Perche' quei tre o quattro che ho letto poi li ho scordati e piu' li rileggo e piu' li riscordo morammazzati.
Perche' da giovane pensavo che ne avrei scritto qualcuno pure io medesimo e invece sono diventato un vecchio barbogio e non ho scritto neanche due cartoline.
Perche' tutti i fascisti bruciano i libri, cosi' io non posso piu' bruciarli perche' non mi va di passare per fascista.
Perche' mi riempiono la casa di lepismi che quando mi alzo di notte ne trovo sul pavimento tutto un villaggio in movimento che sembrano un quadro di Bruegel il Vecchio.
E li odio per la deforestazione.
E perche riducono la cubatura di casa con le dannate scaffalature loro.
E per la polvere che non si puo' piu' neppure sbuffare o starnutire o scatarrare in casa propria.
E mi fa rabbia che ci hanno tutte quelle pagine che sono piu' delle foglie dell'albero davanti a casa mia che almeno quando e' inverno sono cascate tutte e posso finalmente spiare dalla finestra la giovinotta gagliarda che abita nel palazzo di fronte.
E mi fa rabbia due volte che costano piu' del tavernello con tutto che non servono a niente.
E tre volte mi fa rabbia che c'e' sempre un babbeo occhialuto la mattina sul treno che mi fa una capa tanta a forza di ripetere l'hai letto questo l'hai letto quello, mentre che io vorrei solo che dormire prima di entrare al ministero indove fo l'usciere; ma va' a quel paese va'.
E' roba che se magna i libri? None.
E' roba che soddisfa come quelle certe strofinate che avete capito quali? None.
E' roba bona come i soldi, i gioielli, il filmetto piccantello, l'abbonamento alla tribuna vippe, lo sciampagne e il cognacchino? None, none e none.
Io li odio i libri. A me mi piace il sesso e la violenza, e i facioli co' le cotiche.
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E poi li odio per la Giornata mondiale del libro che tutti quei carognoni degli amici mia che ce lo sanno quanto mi ci appiccio e sgrugno e strillo mi telefonano apposta per chiedermi se festeggio.

9. CRONACHE DI NUSMUNDIA. CAROGNO MOZZARECCHI: E BBENEDETTO SIA 'R COLORABBIRO

E bbenedetto sia 'r colorabbiro
cosi' parleno solo der contaccio
e la fanno finita a ddi' de nue
che ffamo 'sto lavoro che rrichiede
abbilita' svertezza  e discrezzione.

E bbenedetto sia 'r colorabbiro
cosi' la smetteno de stacce a rroppe
co la zzunna de le donn'ammazzate
dar zu' marito che ssi ebbe da fallo
le su' bbone raggioni ll'avra' avute.

E bbenedetto sia 'r colorabbiro
cosi' la smetteno da ristufacce
co' la lagna de' laghere ggiu' 'n Libbia
de li morti ner mare e de' naufracci
che nnue emo da penza' a li spazzi nostra.

E bbenedetto sia 'r colorabbiro
cosi' se zzitteno li communisti
che oramae je da' rretta solo er papa
che ppare er tempo de le messe bitte
che poe s'e' vvisto com'anno' a ffini'.

E bbenedetto sia 'r colorabbiro
cosi' s'arisparmiamo 'na gran munchia
de penzion' a que' vecchi boiaccioni
che nun ze decideveno a mmori'
e a llibbera' le case finarmente.

Solo 'n probblema c'e' che dda' ffastidio
che mmo' che tutte semo mascherate
paremo tutte quante manoleste
e vva pperduto er debbito rispetto
a nnue professionisti de la notte.

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Massimo Gaggi, Crack America, Rcs, Milano 2020, pp. 224, euro 16 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Il mondo di Gianni Mura, Gedi, Roma 2020, pp. 304, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Riletture
- Norman Cohn, I fanatici dell'Apocalisse, Comunita', Milano 1965, 1976, pp. 424.
- Robert M. Grant, Gnosticismo e cristianesimo primitivo, Il Mulino, Bologna 1976, pp. 236.
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Riedizioni
- Amos Oz, Tra amici, Feltrinelli, Milano 2012, Rcs, Milano 2020, pp. 146, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Maestre
- Maria Corti, Principi della comunicazione letteraria. Introduzione alla semiotica della letteratura, Bompiani, Milano 1976, 1984, pp. 208.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3718 del 23 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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