[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 439



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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 439 del 22 aprile 2020

In questo numero:
1. Nell'odierna Giornata della Terra. Dieci tesi e un'appendice
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019
6. Abrogare gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza"
7. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
8. Omero Dellistorti: Storia di Strappone, corta e commovente

1. L'ORA. NELL'ODIERNA GIORNATA DELLA TERRA. DIECI TESI E UN'APPENDICE

"Non far nulla con violenza"
(Diels-Kranz, I presocratici. Testimonianze e frammenti, 10, 3.a Cleobulo di Lindo, 11)

"La giustizia sociale, la protezione della natura e la salvezza dell'umanita'
saranno possibili solo attraverso gli orti comuni,
i filatoi a mano, le biciclette, i pannelli solari,
la riforestazione, l'economia del dono e della condivisione,
la fine delle guerre e di tutte le uccisioni,
la fine del razzismo e di tutte le persecuzioni,
la fine del maschilismo e di tutte le oppressioni,
condividere il pane, aprire le porte, accudire il bisognoso,
sentire e trattare gli altri e il mondo con riconoscimento e con riconoscenza,
tenere pulita la casa e la soglia di casa:
tutto il mondo e' la soglia di casa, tu sei la casa, tu sei tutte e tutti"
(Diels-Kranz-Raskolnikov, Supplemento a I presocratici. Testimonianze e frammenti, 10, 5.a Misone di Chene, 3,14)

1. Quello che farai al mondo, il mondo lo fara' a te.
2. Non si guarisce da soli, si guarisce insieme.
3. Non si prende cura del mondo vivente chi non si prende cura della persona che ha piu' vicino, e non si prende cura della persona che ha piu' vicino chi non capisce che ogni persona e' il suo prossimo. Siamo un'unica umana famiglia in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera, un unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
4. Si puo' spegnere il fuoco col fuoco? Solo facendo il bene si estingue il male, solo con la nonviolenza si contrasta la violenza, solo salvando le vite ci si oppone alla morte.
5. Solo abolendo le guerre si abolisce la fame, solo facendo cessare la rapina cessa la poverta'.
6. O si producono armi o si produce salute.
7. La natura ci parla, chi ha orecchi per intendere intenda: l'epidemia in corso e' un ultimatum.
8. La strage in corso non e' soltanto esito di un virus, e' soprattutto effetto di un'economia disumana e di una politica prona a quella disumanita'.
9. Passare dall'economia dello sfruttamento e dello sperpero all'economia della sobrieta' e del dono; passare dall'appropriazione privata alla condivisione del bene e dei beni; passare dal disperato egoismo alla civile convivenza; passare dalla logica dello sfruttamento e dell'alienazione alla logica dell'accudimento e della liberazione. Umanizzare l'umanita' riconoscendo il diritto di ogni essere umano e dell'intero mondo vivente alla vita, alla dignita' e alla solidarieta'.
10. Salvare le vite e' il primo dovere. Chi salva una vita salva il mondo.
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In guisa di appendice in calce riportiamo un breve denso testo dell'illustre scienziata e pensatrice indiana Vandana Shiva: "Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena".
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Appendice: Vandana Shiva: Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena
[Riproponiamo una volta ancora il seguente testo estratto dall'introduzione del libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006, alle pp. 16-19.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, nonviolenti, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002; Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008; Dalla parte degli ultimi, Slow Food, 2008; Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009; Campi di battaglia, Edizioni Ambiente, Milano 2009; Semi del suicidio, Odradek, Roma 2009; Fare pace con la Terra, Feltrinelli, Milano 2012; Storia dei semi, Feltrinelli, Milano 2013; Chi nutrira' il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio, Feltrinelli, Milano 2015; Il mondo del cibo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2015]

1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un valore intrinseco.
Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale.
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2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme di vita.
Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra, nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con crudelta' e violenza.
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3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese.
Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno il dovere di difendere tali diversita'.
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4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro sostentamento.
Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita.
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5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano la vita e su modelli di sviluppo democratici.
La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui, specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e' un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e operare per il bene comune.
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6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali.
Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta' locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita sono differenziate e decentralizzate.
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7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la vita.
Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni forma vivente e su un comportamento democratico da adottare gia' a partire dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno.
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8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano la vita.
Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni diritti in quanto membri della comunita' terrena.
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9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita stessa.
Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future.
Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme di vita.
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10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e solidarieta' universale.
La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto, l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'.

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
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La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. REPETITA IUVANT. SIANO FINALMENTE PROCESSATI I MINISTRI DEL GOVERNO RAZZISTA PER I CRIMINI CONTRO L'UMANITA' COMMESSI NEL 2018-2019

Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019.
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per le flagranti violazioni del diritto internazionale e della legalita' costituzionale commesse nel 2018-2019.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
La strage degli innocenti nel Mediterraneo e' un crimine contro l'umanita'.
La schiavitu', le persecuzioni e l'apartheid in Italia sono un crimine contro l'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. REPETITA IUVANT. ABROGARE GLI SCELLERATI ED INCOSTITUZIONALI "DECRETI SICUREZZA DELLA RAZZA"

Nonostante che il governo razzista sia caduto ormai dalla scorsa estate, restano assurdamente, scandalosamente, obbrobriosamente ancora in vigore alcune delle sue scellerate ed incostituzionali misure razziste che violano fondamentali diritti umani, il diritto internazionale e la stessa Costituzione della Repubblica italiana.
Come ad esempio le misure razziste contenute negli infami "decreti sicurezza della razza".
Cosi' come e' giusto, necessario e urgente che finalmente tutti i ministri di allora siano tratti in tribunale a rispondere dei reati razzisti commessi, ugualmente e' giusto, necessario e urgente che quelle misure razziste ed incostituzionali siano abrogate.
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E' evidente che essendo restato al governo uno dei due partiti che diedero vita al criminale governo razzista nel 2018-2019, e che anzi lo stesso presidente del consiglio dei ministri attuale e' ancora quello che presiedette quel gabinetto razzista, ancora non e' stata pienamente ripristinata la democrazia e la legalita' costituzionale.
Ma e' altrettanto evidente che la democrazia e la legalita' costituzionale devono essere infine ripristinate; che deve cessare la violenza razzista; che quelle misure disumane devono essere abolite, e quei disumani ministri ed i complici loro devono essere allontanati dalle istituzioni democratiche.
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Contrastare il razzismo e il fascismo, ripristinare la vigenza dei diritti umani e della legalita' democratica, non sono compiti da subordinare a calcoli tattici e a giochi di palazzo, sono invece obbligo morale e civile, dovere fondativo dell'ordinamento democratico e della civile convivenza, sono indispensabile inveramento della Costituzione, sono la politica prima che si oppone alla folle barbarie, che si oppone alle stragi degli innocenti.
Cosicche' non si perda piu' tempo: siano immediatamente abrogati gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza".
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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Sia soccorsa, accolta e assistita ogni persona bisognosa di aiuto.
Siano rispettati tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

7. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: STORIA DI STRAPPONE, CORTA E COMMOVENTE

Ormai non se lo ricorda piu' nessuno.
Quando torno al paese mi fermo sempre prima al cimitero, e vado a vedere la tomba di mio padre, di mia madre e dei miei tre fratelli, poi quella del zi' Nacleto, quella della sora Nina, e poi quella di Strappone. Nessuno le pulisce. Se ci avessi tempo e voglia magari potrei farlo io quando ci capito, e poi comprare un po' di fiori e schiaffarceli li', ma non lo faccio mai. Mi limito a guardare le tombe, a vedere che sono sporche che le lapidi quasi neppure si leggono. E poi mi passa la voglia di continuare e di arrivare fino al paese che e' solo un par di chilometri piu' giu'. Cosi' resto davanti al cancello del camposanto e aspetto che passi il primo pullman e me ne vo. Qualunque pullman, perche' tanto mi basta che mi porta in un paese o una citta' dove c'e' la ferrovia, che salto sul treno e me ne torno a Bergamo. Basta che arrivo a Roma e poi da li' da Ostiense o Tiburtina un treno per Bergamo lo trovi a tutte l'ore.
Non e' che abito proprio a Bergamo, ci ho un amico che sta li'. Poi ci pensa lui a dirmi dove devo andare. E io ci vo e fo il lavoro mio. Poi incasso, poi fo un po' di vacanza finche' i soldi finiscono o non mi stufo. Poi rieccomi a Bergamo bello pronto che il lavoro non manca mai. Quando sto in vacanza certe volte decido di fare un salto al paese. Non tutti gli anni, qualche volta. Pero' poi mi fermo sempre prima al camposanto e poi mi passa la voglia di arrivare proprio fino al paese paese, dove c'e' la gente viva, e me ne vo.
Quando uno al paese non ci passa mai c'e' di buono che pure se incontri qualcuno al cimitero quello non ti riconosce. Qualcuno vivo, intendo. I morti non riconoscono mai nessuno, sono morti, che devono riconoscere?
*
Ci passo sempre a vedere la tomba di Strappone. Che ne so, ogni tre o quattr'anni, non e' che ci torno spesso al paese. Ci ho sempre da lavorare e quando non lavoro mi riposo. Uno dice che ci ho un sacco di tempo libero, sara' pure vero, pero' e' un lavoro che stanca. Intanto devi girare in lungo e in largo. E poi non e' che arrivi li' e dici dovrei vedere il signor Pinco Panco, e uno ti dice e' proprio quello li' col borsalino e la cravatta a pallini e tu vai li' e gli spari. Non funziona cosi'. Intanto devi fare un piano. Poi devi agire col massimo riserbo. E non ci si crede quanti contrattempi s'incontrano. Per esempio tu l'aspetti in un posto che lui a quell'ora ci va sempre e quello proprio quel giorno ci ha avuto la diarrea e non e' uscito di casa. Una giornata buttata. Oppure tu sei ormai a mezzo metro e sei li' li' per cavar fuori il ferro che quello chissa' perche' si  mette a correre come un matto come quell'imperatore quella volta e addio esecuzione. Succede sempre qualche cosa che non ti aspetti, la gente fa certe cose che pure la persona piu' normale non lo sai mai che potrebbe combinare, come quell'avvocatone coi soldi che gli uscivano dalle orecchie che da solo nello studio con tutti i mobili antichi e i libroni della legge acchiappava la cagnetta per le cianche e ci giocava a farle fare la carriola. Dove l'ho letto?
Pagare pagano bene, non dico di no. Ma sono soldi sudati dal primo all'ultimo sghei.
E poi pure le vacanze insomma non e' che sono quelle gran vacanze che uno vede al cinema o in televisione. Intanto devi mantenere il riserbo. Mica solo quando lavori, lo devi mantenere sempre. E' la prima regola deontologica della professione nostra. Una volta volevamo fare l'albo, l'ordine, o almeno un sindacato. Magari per fare una festa una volta all'anno, col congresso a Sanremo o a Bellaria e una puntata al casino'. Ma quando devi agire col massimo riserbo neanche un sindacato puoi fare. Che poi finisce che tutti i soldi li spendi in precauzioni. Come quel rapinatore di treni del far-west, dove l'ho letto? E l'unico gusto e' quando passi all'azione. Che pero' pure l'azione azione dura un microsecondo. Cosi' non c'e' gusto mai. E' come quella malattia li', la cosa precoce. Quella, si'.
Oltretutto se almeno uno ci avesse una famiglia potrebbe tornare a casa e menare la moglie, prendere a cinghiate i figli che si drogano, 'ste cose qui, la vita in famiglia, come tutti. Invece no, perche' c'e' il riserbo. Cosi' finisce che stai sempre solo, vai nelle pensioni fuori stagione che costa di meno, che a pranzo e cena ci sono solo cariatidi che ciucciano il brodino e la televisione e' in bianco e nero. E poi che fai? Passeggi sul lungomare o sul lungolago perche' senno' che vacanza e'? Guardi le vetrine dei negozi, giochi a flipper se ti capita la fortuna di trovare un bar che ce ne ha ancora uno, oppure te ne stai nella camera tua che puzza di muffa a bere da solo. Io di vizio leggo. Ho letto un mucchio di libri. Poi li lascio sulle panchine. Col lavoro che fo non e' che posso portarmi dietro una biblioteca, si deve viaggiare leggeri quando si lavora perche' non lo sai mai quando e' il momento di colpire, quando e' il momento di sparire. Leggeri si deve essere. Cosi' poi i libri finisce che me li scordo. Cioe', ogni tanto me ne ricordo qualche pezzo, ma non mi ricordo piu' quello che c'era prima e quello che veniva dopo. Come quello che lo processavano e non si ricordava perche'. Dov'e' che l'ho letto? Pero' che alla fine lo sgozzavano come un maiale questo me lo ricordo.
Parlando di libri a me mi piacciono i libri che c'e' un'avventura, che succede qualche cosa. Senno' m'annoio e se mi devo annoiare mi so gia' annoiare per conto mio, non ci ho bisogno di comprare un libro, no? I libri istruttivi invece non mi piacciono. Non ci sono portato per studiare, neanche da giovane. Che e' buffo perche' invece al paese dicevano tutti che ero uno studioso e che si vedeva che mi sarei fatto strada nella vita. Invece era che li fregavo tutti, che siccome stavo sempre zitto e con la faccia storta si credevano che chissa' che pensavo e invece non pensavo a niente. No, non e' che non pensavo a niente. Pensavo a Strappone e a quello che m'aveva fatto con la Filomena. Poi usavo pure un trucchetto quando ero maschiotto e stavo al paese: camminavo per strada e facevo finta di leggere. Un giornale, un libro, qualche cosa. Facevo sempre finta di leggere, come quel prete che incontra i mafiosi che il boss vuole farsi la contadinella bella, sta in un libro che ho letto pure quello ma che mi venga un colpo se mi ricordo che libro era, che poi era pure un libro bello, con la peste e tutto.
*
A Strappone a quel tempo non lo potevo toccare perche' Filomena o non Filomena comunqe eravamo amici, e poi perche' lavorava con me e con Marco, Tullio e Giulio, che sarebbero i miei tre fratelli piu' grandi. Mio padre era fissato. A me m'ha messo nome Cesare, c'e' bisogno di dirlo? Che mio padre era tanto fissato quanto zellato. Aveva fatto l'operaio per tutta la vita e s'era spezzato la schiena per farci studiare, ma noi quattro figurarsi, svelti come la polvere a scappare da scuola e andare a fare danni in giro. E insieme a noi c'era sempre Strappone, e pure Magnama'. Ce da bardasci andavamo a cerase, a cocomeri, a galline, a dar fuoco alle cose cosi' per il gusto di vedere il fuoco fino a dove arrivava, e poi una volta cresciuti il taglieggio, i furti e le rapine, il servizio completo insomma. Si doveva pur passare il tempo.  Magnama' che da regazzo era secco come un chiodo crescendo era diventato grasso come un porco perche' non smetteva un momento di abbuffarsi, pure se stavamo a fare un lavoro di notte il primo obiettivo che puntava era il frigorifero, e fu per questo che se lo bevettero. Che una volta capito' che arrivarono gli sbirri di sorpresa nel bel mezzo del lavoro e allora si sa che giddap gambe in spalla e a tutta birra, ma lui era lento che pure quando correva pareva che correva al rallentatore, come quando fanno la moviola per vedere se e' fuorigioco o rigore. Cosi' se lo sugarono con tutte le scarpe e avanti marsch in guardina e vai col liscio, cioe' con le carezze, le carezze che lasciano il segno. E il porco che fa? Canta come un usignolo, canta. Cosi' la madama a colpo sicuro il pomeriggio stesso del festival suino viene da noi, tira su proprio quelle due tavole del pavimento della cantina che solo se lo sapevi te ne accorgevi perche' sopra c'era tutto terriccio e sopra il terriccio botti e cassette e tutta la roba che uno tiene in cantina regolare regolare, ma loro avevano sentito la compilescion del ciccione e sotto le tavolette apriti sesamo ci trovano il tesoro di Ali Baba', e bravi gli sirri, cosi' sono buoni tutti. Pero' noi quattro frati ci eravamo gia' dati perche' lo immaginavamo che Caruso cantava. Cosi' in mancanza di meglio si bevono quel fesso di Strappone che stava al bar bello pacioso perche' non gli avevamo detto niente. Se era meno fesso se lo immaginava pure lui che il ciccione cantava, no? Poi capito' la disgrazia. Che mentre lo menavano per interrogarlo e lui zitto, e lo menavano e lui zitto, e lo menavano e lui zitto, alla fine lo storpiarono. E lui quando usci' dal Grand Hotel se la prese con noi. Gli prese 'sta fissa, che era colpa nostra, che mentre la madama lo scassava manco c'eravamo.
Uno s'immagina che quando uno esce dal gabbio si da' una calmata, invece lui manco per niente. Il primo giorno ch'era fuori ando' a cercare Magnama', che stava in carrozzina da quando io e i miei fratelli gli avevamo spiegato che certe cose non si fanno. L'avevamo lasciato vivo e secondo me doveva pure essere contento. Pero' la linguaccia gliel'avevamo strappata e il filo della schiena gliel'avevamo rotto, perche' se uno lo lasci vivo qualche precauzione la devi pure prendere, dico io. A quel tempo la pensavo cosi', oggi penso che invece e' sbagliato, se devi fare del male a uno e' meglio che poi lo ammazzi, cosi' garantisci il riserbo. Comunque Strappone lo trovo' e prima di mandarlo al creatore lo torturo' finche' quel lumacone a forza di versacci gli fece capire dov'era che ci nascondevamo. Che non e' che fosse difficile: ci nascondevamo nel casale nostro, dove abitavano pure babbo e mamma. Cosi' senza perderci tempo Strappone fa fuori pure la madre di Magnama', arraffa quel che trova dentro casa, s'appropria per usucapione del quintone e del furgone del fratello di Magnama' che si salvo' perche' quel giorno era in trasferta con la squadra di pallone che giocava mezz'ala sinistra e era pure bravo, e via a tutta callara che ce lo sanno pure i sassi che il tempo e' denaro. Cosi' Strappone senza ride e senza piagne va dal benzinaro, si fa riempire una decina di ghirbe da venti litri che e' sempre stato uno sprecone, paga coi soldi che aveva arraffato a casa di Magnama' che per fortuna bastavano che la madre i soldi li teneva tutti insieme dentro casa e non s'era fatta pregare per dire dove a Strapponaccio che senno' gli toccava seccare pure il benzinaro che invece non c'entrava proprio niente con tutta 'sta storia, e col furgone del fratello di Magnama' che lo chiamavano Riverino s'apposta vicino al casalaccio nostro e aspetta che calino le tenebre. Mi e' sempre piaciuto quando calano le tenebre, che in se' e' una cosa che succede tutti i giorni e non significa niente, ma detto cosi' c'e' qualche cosa di poetico che dalle parole si trasmette alla cosa, non lo so se ci avete mai fatto caso, ma certe volte pure le cose piu' stupide se si dicono con le parole giuste diventano non dico belle, pero' con un certo non so che. E' quel certo non so che che da' gusto alla vita che senno' e' uno schifo e basta, come diceva quello, una storia raccontata da un fesso piena di strilli e di rabbia e che non significa un cavolo di niente. L'ho letto da qualche parte pure questo.
Allora, aspetto' che facesse notte fonda e che dentro casa ronfassero tutti e poi quatto quatto comincio' a svuotare le taniche prima tutto intorno a casa fracicando l'erbacce, la monnezza, la legna ammucchiata per l'inverno e le cassette e l'altra roba di legno che in campagna c'e' sempre un mucchio di roba di legno dappertutto non lo so perche', e gli stracci in giro e i panni che erano restati stesi sul filo e pure i muri del casale ch'erano screpolati e ci crescevano l'erbacce e i davanzali e gli infissi delle finestre, poi la porta e pure sotto la porta gli diede giu' certe belle ingorzate cosi' la benza filtrava e scolava pure dentro casa che il casale nostro ci aveva una porta sola e le finestre del pianterreno oltretutto ci avevano le sbarre che uno stava a casa sua e gli pareva gia' di stare in galera. Era un bel casale. Ci abitavamo noi, il zi' Nacleto che era vedovo e i figli erano tutti emigrati a fare i minatori in Belgio e erano sei, e la sora Nina che da giovane aveva fatto la vita e adesso che era invecchiata l'aiutava il prete e qualche altro vecchio cliente. Ci abitava pure il zi' Agusto e la sora Nora che pero' stavano all'ospedale che il zi' Agusto ci aveva avuto una trombosi, un colpo, non lo so che, e la moglie gli faceva le notti. Il casale in effetti non e' che era nostro di proprieta', stavamo tutti in affitto, il casale era dell'avvocatone che poi fece la fine che ha fatto e che se la meritava tutta.
Poi con tutta la calma sua ando' nel fienile a prendere non so quante balle di fieno, era uno forte Strappone con tutto che l'avevano storpiato, pareva Primo Carnera, magari un po' storto, e le ammucchio' tutte intorno casa nostra che gli ci sara' voluto non lo so quanto tempo ma lui era uno paziente che gli piaceva il lavoro fatto bene, pure quando lavoravamo insieme e tutte le notti si facevano bei baiocchi, e quelli erano stati bei tempi a parte il fatto della Filomena. Poi con le ultime taniche inzuppo' le balle bene bene. Poi col quintone spianato che aveva fregato pure quello a casa di Magnama' s'inquarto' a dieci metri davanti alla porta della casaccia nostra. Appiccio' uno straccio che aveva arrotolato al collo di una bottiglia perche' gli piacevano le cose melodrammatiche e allora aveva voluto fare una molotov che non ci serviva proprio pero' era uno fatto cosi', che gli piaceva fare un po'di teatro con tutto che non lo vedeva nessuno, e poi tiro' la bottiglia con lo straccio che bruciava sul muro del casale che pero' la bottiglia non solo non si ruppe ma rimbalzo' e la trovarono i caramba la mattina dopo ancora sana pero' con tutto lo straccio bruciato, perche' lui la tiro' ma quella rimbalzo' e allora nisba, perche' c'e' sempre qualche imprevisto, lo dico sempre io, cosi' gli tocco' andare a a raccoglierla per tirarla un'altra volta, ma stavolta come quando a bocce fai una palombella, proprio sopra una balla di fieno che non aspettava altro. Pero' lo stracciaccio bruciava cosi' la lascio' li' dov'era cascata e trovo' qualch'altro modo per fare quello che doveva fare, che ne so, si sara' avvicinato con lo zippo in mano a una balla bella zuppa appoggiata al muro e via: una scintilla puo' incendiare la prateria. E stavolta la luce fu. Adesso non lo so com'e' che ando' di preciso, ma il ba' e la ma' bruciarono nel letto, e cosi' il zi' Nacleto, e pure la sora Nina insieme a uno che non si e' mai saputo chi fosse che non era del paese che il friggiticcio suo s'era tutto appiccicato alla sora Nina medesima per effetto della combustione che quando lo raccontai a quel cugino mio che fa il pittore a Citta' di Castello gli venne quell'idea che poi ci ha fatto i soldi. Invece Tullio e Giulio bruciarono sulla porta di casa che ancora in mutande erano corsi giu' quando s'erano accorti che tutto il mondo s'abbrusticava, pero' non morirono per via del rogo ma perche' Strappone gli pianto' due palle in pieno petto a uno e una palla nel cuore e una tra gli occhi a quell'altro. Non era difficile a distanza ravvicinata, pero' erano stati comunque bei tiri, Strappone sparava bene, pure al tirassegno che ci vinceva i pupazzi di pezza che poi li regalava alla Filomena che era cosi' scema che gli piacevano piu' quelli che i braccialetti e gli anelli e le collane e gli orecchini che gli regalavo io frutto della mia parte del bottino delle incursioni notturne che erano roba di valore che se me l'ero rivenduta ci ero diventato ricco sfondato e invece li regalavo a quella che i miei fratelli mi ci ridevano pure dietro morammazzati. Se ne fanno di cose senza senso e uno non se ne accorge mai quanto e' ridicolo. Marco invece lo fini' col roncio, perche' Marco ci era riuscito a uscire di casa ma gia' accecato dalle fiamme e ancora mezzo addormito com'era invece di svicolare a destra o a sinistra era corso dritto dritto proprio in bocca a Strappone che dopo aver sparato il quinto colpo che lo becco' a una zampa e lo mise giu' per terra poi lo fece a pezzi col marraccio. Poi rimonto' sul furgone e via.
Io quella notte a casa non c'ero perche' la sera aveva bevuto un po' e a forza di scherzare era finita che c'era stata una rissa, ma cosi' tanto per divertirsi che infatti nessuno si era fatto male veramente, era saltato qualche dente e s'era sfranto qualche naso ma niente di piu', pero' i carubba ci avevano voluto arrestare lo stesso. Che li' per li' io avevo bestemiato tutti i santi del calendario e invece m'avevano salvato la vita. Poi dice che non e' vero che il mondo non ci si capisce niente. Me lo dissero la mattina quello ch'era successo. E mi dissero pure che poi Strappone era stato al bar e aveva lasciato una scritta fatta con un pezzo di carbone su un cartone di quelli che dentro ci stanno le birre ma quello era vuoto perche' le birre il sor Otello le aveva messe nel frigorifero e il cartone lo aveva lasciato vuoto fuori del bar cogli altri rifiuti che poi passava il camion della monnezza. Cosi' Strappone era passato li', aveva preso 'sto cartone dal mucchio delle porcherie, ci aveva scritto sopra con un tizzo di carbone, poi era entrato nel bar, aveva salutato tutti che a quell'ora non c'era quasi nessuno che saranno state le quattro di notte e c'era solo il sor Otello dietro il bancone e i soliti tre o quattro che dentro il bar ci abitano fissi quando non vanno in giro a fa' piagne qualcheduno, che poi sarebbero Ciampicone e li compari sua, e allora Strappone era andato al banco, aveva ordinato una gazzosa perche' era astemio e aveva consegnato al sor Otello quel cartone con scritto sopra "Qui regna Strappone". Poi era uscito. E poi era sparito. Il furgone lo ritrovarono davanti a casa di Sersetto la carogna al posto dell'automobile sua che era una bella macchina adesso non mi ricordo piu' se una biemmevvu' o una volvo e che la ritrovarono qualche giorno dopo giu' per una scarpata, ma Strappone non c'era. Figurarsi.
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Poi passo' il tempo, che a dire il vero il tempo passa sempre, solo che uno li' per li' non se ne accorge perche' tu sei nel vivo dell'azione e non ci pensi che intanto il tempo passa, ma il tempo passa sempre. Passo' un anno, due, tre? Adesso non mi ricordo piu' ma basterebbe fare il conto tra le date di morte sulla lapide della famiglia mia e quella di Strappone al cimitero del paese per saperlo, che ci vuole? Comunque di tempo ne passo', e se devo dire la verita' non e' che io mi ero messo a cercarlo perche' alla fin fine a me di vendicare quel branco di brutili senza cervello mica me ne fregava niente. Non dico che non mi dispiaceva, no, mica sono un selvaggio; pero' sono una persona moderna, le robe tipo occhio per occhio, Giulietta e Romeo, Inter e Milan, a me proprio non me po' frega' di meno. E poi con Strappone eravamo amici a parte la storta con la Filomena che pero' magari la colpa non era manco sua, 'ste storie so' sempre complicate e non si capisce mai come cominciano e di chi e' la colpa, che poi magari la colpa neppure c'e', c'e' solo il dolore. E il rancore.
Pero' poi un giorno lo incontrai. Lo riconobbi subito, quasi subito. Mica perche' era storpio, che di sciancati e' pieno il mondo, ma perche' ci aveva in fronte quella cicatrice che gli avevo fatto proprio io e che la chiamavamo "il segno di Zorro". Eravamo regazzetti e si giocava a sassate, a coltellate, cosi'. Una volta mi scappo' di sfregiarlo. Ma senza cattiveria. E lui non se l'era presa a male, sono cose che da fischiotti si fanno. Amici eravamo ed amici eravamo restati. Pure dopo il fatto della Filomena, piu' o meno, suppergiu'. La faccenda della storpiatura era un'altra questione. Che poi io e gli altri fratelli mia neppure c'entravamo pero' a lui gli era partita la brocca, e quando ti parte la brocca ti parte la brocca. Mi sono sempre piaciute 'ste frasi che si dicono due volte la stessa cosa. E' poetico pure questo, no? Pare che una cosa detta due volte allora diventa vera solo perche' l'hai detta due volte. E' forte. Io se non ci avevo sempre da lavorare mi sarebbe piaciuto studiarle 'ste cose qui. Da giovane di studiare non me ne fregava niente, ma adesso un po' mi dispiace. Infatti leggo un sacco di libri. Soprattutto d'avventure. Come quelli che fanno quello sciopero li' in quella vigna e poi succede tutto quel che succede. Dov'e' che l'ho letto?
Ero in vacanza alla pensione Primavera in un paesotto col lungomare e era autunno. Per questo mi ricordo il nome della pensione. Dal giornalaro della stazione avevo appena comprato un librone che mi era piaciuto il titolo che adesso me lo sono scordato ma parlava di uno che era uscito di galera e poi gliene succedevano di tutti i colori, colle barricate, le fogne, gli infami e gli eroi, insomma tutto, saranno state due o tre milioni di pagine ma l'ho letto tutto che ci ho passato poi non quella vacanza ma una vacanza dopo, che quella pero' me la ricordo bene per via del fatto che fu la volta che incontrai Strappone. Lui stava li' tutto stortignaccolo con un valigione e s'era tagliato i baffi. Pero' il segno di Zorro si vedeva bene sulla fronte, pareva che luccicava. Li' per li' del segno di Zorro m'accorsi subito ma non riuscivo a ricordarmi perche' l'avevo notato. E' come quando ti ricordi di qualche cosa ma non ti ricordi di che, e allora ti ci scervelli sopra. Fu lui che m'aiuto': mi guardava fisso fermo fermo e a un certo punto disse "Cosi' saresti ancora vivo, eh, Cesare'?". Allora l'ho riconosciuto. "Me dispiace, Strappo'". "A me nun me dispiace, ormai e' acqua passata". "Magari per me no". "E allora se l'hai da fa', fallo". Io invece non ci avevo pensato per niente, non me ne fregava niente, e poi eravamo pure amici. Pero' lui disse quella frase "Se l'hai da fa', fallo", e allora capii che dovevo farlo anche se non mi andava di farlo, anche se era stupido farlo, oltretutto li' in mezzo a tutta quella gente. Pero' quella frase era stata detta e questo e' un altro mistero delle parole, che fanno succedere le cose anche se i cristiani non vorrebbero che succedessero. Allora posai il libro su una mensola che era li' vicina che se magari non c'era mi toccava tenere in mano il libro e non facevo niente, ma la frase era stata detta, la mensola era li', posai il libro, presi lo strumento che avevo in tasca, feci scattare fuori la lama, m'avvicinai a Strappone come per abbracciarlo, feci un mezzo giro come di danza e gli scivolai dietro e con un braccio lo reggevo e con la mano libera affondai il coltello e gli aprii la gola da orecchio a orecchio, da orecchio a orecchio gli aprii la gola. Lui non si mosse, io lo tiravo verso di me, verso una panchina addossata a un muro e ce lo misi a sedere sopra e sopra il collo stesi un fazzoletto che subito era tutto rosso, chiusi il coltello e lo rimisi in saccoccia senza neanche pulirlo strofinandolo sui calzoni sui o mia come si dovrebbe fare per giusta regola, m'avvicinai a una fontanella e mi sciacquai le mani, poi tornai indietro a prendere il libro che avevao lasciato sulla mensola e  uscii dalla stazione. Salii un tassi' ch'era parcheggiato li' davanti e mi feci portare alla pensione, presi la roba mia, saldai il conto e mi feci chiamare un altro tassi', salii e mi feci portare al paese piu' vicino a prendere il treno. La vacanza era finita.
La sera stessa feci una telefonata al cassamortaro del paese e gli dissi di andare a prendere la salma di Eulalio Roscellini nella localita' balneare di *** una volta finiti gli accertamenti di rito e di provvedere dipoi a un bel funerale e ad una tomba acconcia, che gli avrei fatto pervenire entro ventiquattr'ore l'importo per il servizio completo, piu' una ricca mancia, bella pesante. E cosi' feci.
Ah, Filomena non l'ho vista piu', non so neppure se abita ancora al paese o se se n'e' ita via pure lei. Prima o poi tutti se ne vanno, e non resta niente.

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 439 del 22 aprile 2020
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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