[Nonviolenza] Telegrammi. 3714



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3714 del 19 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Lidia Piccioni: Nuto Revelli (2016)
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
6. Omero Dellistorti: Zi' Scatarro
7. Angela Dogliotti presenta "Non e' colpa dei bambini" di Daniele Novara
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. LIDIA PICCIONI: NUTO REVELLI (2016)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Benvenuto (Nuto) Revelli nacque a Cuneo il 21 luglio 1919, da una famiglia della media borghesia cittadina, ultimo di quattro figli di Ermete (funzionario della Cassa di risparmio di Cuneo) e di Maria Girardi.
Diplomatosi come geometra presso l'istituto tecnico F.A. Bonelli di Cuneo, nel 1939 entro' nella Regia accademia militare di Modena e, nel luglio del 1942, in qualita' di sottotenente, poi tenente, venne inviato sul fronte russo, con la divisione Tridentina, quinto reggimento alpini, battaglione Tirano. Un'esperienza che segnera' la sua vita, con la tragica ritirata dalla linea del Don, del gennaio del 1943, lungo la quale risultarono dispersi, o vide morire, la maggior parte degli uomini che erano con lui.
Rimpatriato il 17 marzo 1943, con postumi di congelamento e affetto da pleurite, venne ricoverato in ospedale e resto' in licenza per convalescenza fino all'8 settembre 1943. Avendo maturato negli anni di guerra una profonda ostilita' per il regime e sentimenti di critica verso l'esercito, subito dopo l'armistizio entro' nella Resistenza, organizzando dapprima in modo spontaneo una sua banda denominata Compagnia rivendicazione caduti e aderendo poi alle formazioni di Giustizia e Liberta' che lo videro operare fino alla Liberazione come comandante partigiano sui monti del Cuneese e, quindi, sul versante francese. Qui, in particolare, riporto' gravissime ferite e mutilazioni al volto che ne cambiarono la fisionomia, conferendogli un'accentuata asimmetria.
Nel maggio del 1945 si sposo' con Anna Delfino, sua compagna per la vita, negli anni solidale figura di riferimento. Nel 1947 nacque il figlio Marco.
Con due medaglie d'argento conseguite sul fronte russo, diverse altre decorazioni e una promozione da capitano a maggiore per meriti di guerra in seguito ad attivita' partigiana, ottenne poi di essere collocato nella riserva e quindi definitivamente in congedo (dal luglio del 1949). La motivazione recitava "per grave stato di salute", in realta', come Revelli teneva a sottolineare, l'esperienza vissuta l'aveva portato a "odiare la divisa", tanto da giurare a se' stesso di non indossarla mai piu'. Scriveva ad Aldo Garosci, nel maggio 1948: "Il partigianato non solo mi ha cambiato i connotati ma anche... la testa e a risentire parlare di divise, di colonnelli, onor militare etc. mi sento venir freddo" (Archivio Nuto Revelli, faldone 127.10).
Posto, quindi, nel dopoguerra di fronte alla necessita' di una collocazione da civile cerco' dapprima di operare come geometra, poi diede inizio all'attivita' in proprio di compravendita di materiale in ferro (ditta Nuto Revelli - Ricuperi metallici) che avrebbe portato avanti, ampliandola, fino al 1978.
Contemporaneamente urgeva in lui la necessita' di testimoniare quanto vissuto, perche' non fosse dimenticato, avviandolo a un compito di narrazione e ricerca che si sarebbe fatto negli anni vero e proprio monumento alla memoria ("Ho sempre avuto il culto della memoria. Appartengo alla categoria di quelli che hanno voluto e vogliono ricordare. Io credo nella memoria. Ricordo che in uno dei momenti piu' drammatici della mia esperienza di guerra giurai a me stesso di non dimenticare. E mantenni la promessa", Archivio Nuto Revelli, faldone 152.17, appunti preparatori, 1992). Si impegno' in particolare intorno a due temi, tra loro strettamente intrecciati: innanzi tutto l'esperienza della guerra, su cui continuo' costantemente a intervenire, ripercorsa compiutamente nei primi quattro lavori, sia in prima persona sia come tramite di racconti e ricordi di altri "testimoni" fino a quel momento inascoltati (Mai tardi, il suo diario di Russia, pubblicato nel 1946 a Cuneo e poi riedito da Einaudi, che restera' il suo editore; La guerra dei poveri, del 1962, comprendente l'esperienza del fronte russo e quella partigiana; La strada del Davai, del 1966, dove raccolse per la prima volta, stenografandole, le testimonianze di reduci della prigionia in Russia, e infine L'ultimo fronte, del 1971, raccolta di epistolari e ultime lettere alle famiglie di caduti e dispersi sui diversi fronti, soprattutto quello russo). Il secondo tema si sviluppo' in modo naturale dalle ricerche per il primo. Fu entrando nelle case della campagna povera del Cuneese, sulle tracce dei suoi alpini, che venne infatti ulteriormente maturando in Revelli la volonta' di raccogliere "le voci dal basso", per dare la parola ai "sordomuti" della storia – come tante volte dira' nelle riflessioni autobiografiche (per tutte, oltre alle introduzioni ai suoi diversi volumi, I conti con il nemico. Scritti di Nuto e su Nuto Revelli, a cura di L. Bonanate, Torino 2011) – insieme a un'accorata denuncia dell'abbandono, e conseguente spopolamento, del mondo contadino della montagna e dell'alta collina di fronte allo sviluppo industriale della pianura, nella veloce trasformazione dell'Italia del dopoguerra.
Nacquero cosi' Il mondo dei vinti (Torino 1977) e L'anello forte (Torino 1985). Nel loro insieme una selezione di piu' di cinquecento storie di vita contadina, ripartite per area territoriale (la pianura, la collina, la montagna, le Langhe), questa volta registrate su magnetofono e tutte raccolte, in anni di ricerca, come per il complesso dei suoi lavori, nell'ambito della provincia di Cuneo. Nel secondo caso un affondo sulle figure femminili e, al loro interno, sulla vicenda delle "calabrotte", le spose venute dal Sud tramite matrimoni combinati. Due libri che gli diedero celebrita' in Italia e all'estero e che lo resero riferimento significativo tra quanti, proprio in quegli anni, andavano affermando anche in Italia l'importanza delle fonti orali.
Chiamato, con sempre maggiore frequenza, a dibattiti, incontri pubblici e trasmissioni radiotelevisive, teneva pero' a ribadire: "[...] non sono ne' uno storico, ne' un sociologo, ne' un antropologo. Sono un autodidatta della ricerca, sono una persona che vuole capire la societa' in cui vive. Sono quello che sono e basta" (Una esperienza di ricerca nel mondo contadino, in Storia orale e storie di vita, a cura di L. Lanzardo, Milano 1989, pp. 43-51, in partic. p. 44). E, di fatto, il lavoro di Nuto Revelli si configura per molti versi come un unicum, per l'unione tra la sistematica, rigorosa e paziente "lentezza" della raccolta (resa possibile grazie a fondamentali figure di "mediatori") e la forte tensione umana, attenzione all'ascolto e valenza morale sottese al suo incontro con un mondo che gli sembrava altrimenti destinato a essere dimenticato.
Videro la luce infine Il disperso di Marburg (Torino 1994), ancora una volta un meticoloso lavoro di indagine sulle tracce di un soldato tedesco da tutti ricordato, al limite del fabuloso, come "buono", ricerca complessa nella concreta individuazione delle fonti e per profondita' di riflessione sul suo stesso modo di sentire, in cui affronto' e venne a patti con il pregiudizio antitedesco radicato nell'esperienza giovanile; Il prete giusto (Torino 1998), lunga storia di vita di un curato di campagna dal coraggioso percorso "ribelle"; Le due guerre, a cura di M. Calandri (Torino 2003), frutto di un ciclo di lezioni – su fascismo, guerra, Resistenza – tenute nel 1986 presso l'Universita' di Torino su invito di Giorgio Rochat.
Un complesso di opere strettamente legate al territorio documentato e alla sua rappresentazione e, al tempo stesso, di ben piu' ampio respiro. Contributo per gli studi di storia sociale italiana della seconda meta' del Novecento che gli valse, soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta, premi e riconoscimenti, nonche' diverse occasioni a livello accademico (tra queste, la serie di lezioni presso l'Universita' della Calabria, nella primavera del 1982, che – insieme al viaggio tra le popolazioni colpite dal terremoto dell'Irpinia, nel gennaio dell'anno precedente, accompagnato da Manlio Rossi Doria con il quale aveva da tempo intessuto un rapporto – costituirono il suo incontro con la realta' del Mezzogiorno) e istituzionale (come la partecipazione, nel 1987, alla Commissione ministeriale Leopoli, sul presunto eccidio di migliaia di soldati italiani nel settembre del 1943 da parte tedesca, conclusasi, di fronte al nulla di fatto, con una sua polemica relazione di minoranza). Fino al conferimento della laurea honoris causa dall'Universita' di Torino, nel 1999: il discorso qui tenuto, Sull'ignoranza, si configuro' come una sorta di testamento morale e insieme esegesi di tutto il suo percorso ("Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi [...]. Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell'ignoranza, come eravamo cresciuti noi della "generazione del Littorio" [...]", testo riportato in I conti con il nemico, cit., p. 7).
Parallelamente al lavoro di ricercatore e scrittore, ma a esso coerentemente collegato, e' dunque da ricordare anche l'ininterrotto impegno civile di Revelli. Fin dalla Liberazione divenne, infatti, figura di riferimento negli ambienti laico-democratici di Cuneo (tanto piu' dopo la morte accidentale, nel 1953, di Dante Livio Bianco, suo "maestro" nella guerra partigiana); mai legato davvero a un partito, dopo lo scioglimento di quello d'Azione in cui milito' nell'immediato dopoguerra, e refrattario a qualsiasi forma retorico-celebrativa, fu pero' catalizzatore costante di idee e progetti sia politici sia culturali. In particolare, oltre a battersi a lungo per i dovuti provvedimenti a favore dei reduci di guerra, il cui abbandono lo indignava, prese parte attivamente, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, a iniziative significative per la citta' e il suo territorio (dalla ripresa, nel 1956, della testata risorgimentale La Sentinella delle Alpi, che divenne palestra di incontro con le piu' giovani generazioni, al comitato antifascista Cuneo brucia ancora, nato nel 1958 intorno a un tentativo di comizio del Movimento sociale italiano osteggiato da larghe componenti della popolazione, alla fondazione, nel 1964, in accordo con l'amministrazione provinciale, dell'Istituto storico della Resistenza di Cuneo, al quale rimase legato). Nell'ambito del suo impegno divulgativo si occupo', inoltre, anche di mettere in evidenza i pericoli insiti nella scarsa attenzione per la montagna all'interno del processo di "modernizzazione" del Paese: "Tre giorni di pioggia torrenziale e avviene il disastro. I torrenti di montagna impazziscono – scriveva sulla Stampa il 6 novembre 1994 – [...] Aver trasformato con superficialita' migliaia di montanari, di specialisti nella manutenzione del territorio, in operai generici, e' stato un errore imperdonabile" (Archivio Nuto Revelli, faldone 205.12). Frequenti, tra l'altro, gli interventi nelle scuole di ogni grado, compito cui non si sottrasse mai fino agli ultimi anni.
Mori' a Cuneo il 5 febbraio 2004.
Successivamente alla sua scomparsa, dall'iniziativa congiunta della famiglia, di amici e collaboratori e' nata la Fondazione Nuto Revelli, con sede nella casa di Cuneo dove aveva vissuto e dove e' conservato il suo archivio. L'attivita' della Fondazione intende il lascito metodologico e documentario di Revelli come ponte dinamico tra conservazione della memoria, riflessione sul presente e progettazione futura (in tal senso: il progetto audiovisivo Il popolo che manca, che "riveste" le voci contadine raccolte da Revelli con le immagini, nella contemporaneita', dei luoghi a cui si riferiscono; il recupero delle baite di Paraloup, la borgata del comune di Rittana, in Valle Stura, sede tra il settembre del 1943 e la primavera del 1944 della banda Italia Libera, di Giustizia e Liberta', capitanata tra gli altri da Duccio Galimberti. Localita' emblematica dell'itinerario partigiano di Revelli, divenuta dal 2010 centro di incontri e manifestazioni).
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Tutte le opere di Revelli sono state piu' volte ristampate e, in alcuni casi, ridotte in edizione scolastica e tradotte in francese, inglese, tedesco e giapponese.
Fonti e bibliografia: Cuneo, Archivio Nuto Revelli (l'archivio, stimato in 55 metri lineari, conserva la documentazione raccolta e prodotta da Revelli relativamente alla sua vita privata, all'esperienza resistenziale e come ricercatore, scrittore, divulgatore. Qui sono inoltre conservati i nastri originali delle testimonianze da lui raccolte sul campo, il cui restauro digitale si e' concluso nel 2016).
Il presente e la storia, 1999, n. 55, monografico: N. R. percorsi di memoria, a cura di M. Calandri - M. Cordero; G. Cinelli, N. R. La scrittura e l'impegno civile, dalla testimonianza della Seconda Guerra Mondiale alla critica dell'Italia repubblicana, Torino 2011 (in questo volume, come nel precedente, ampi riferimenti biografici e indicazioni bibliografiche; cosi' come per approfondimenti biografici, M. Calandri, Per Nuto, in Il presente e la storia, 2003, n. 64, pp. 307-314); N. Revelli, Il popolo che manca, a cura di A. Tarpino, Torino 2013; N. Revelli, Il testimone. Conversazioni e interviste, 1966-2003, a cura di M. Cordero, Torino 2014; P. Agosti, Il destino era gia' li'. Le donne de L'anello forte e Il mondo dei vinti di Nuto Revelli in quarantasei fotografie di Paola Agosti, Boves 2015.
Per quanto riguarda le attivita' della Fondazione si vedano: Fondazione Nuto Revelli, Il popolo che manca, serie documentaria. Il lavoro/la terra/le migrazioni, tre film di A. Fenoglio - D. Mometti (con testi degli stessi e M. Revelli), Cuneo 2011; Resistenze. Quelli di Paraloup, a cura di B. Verri - L. Monaco, Torino 2013; collana Quaderni di Paraloup: Il recupero di Paraloup, luogo simbolo della Resistenza, Cuneo 2007; Atlante dei borghi rurali alpini, il caso Paraloup, a cura di D. Regis, Cuneo 2012.
Per immagini di Revelli e dei suoi luoghi partigiani si vedano i film-documentari, Nascita di una formazione partigiana, di E. Olmi e C. Stajano, realizzato per Rai Uno nel 1973, e Le prime bande, realizzato da Paolo Gobetti con l'Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, 1983. Si veda inoltre: Fondazione Nuto Revelli, Breve storia di un ritorno, contributo video di T. De Luigi, 2011.

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
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La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: ZI' SCATARRO

Me lo ricordo bene 'r zi' Scatarro, all'anagrafe Carlo Alberto Roncolacci ma tutto lo chiamavano Zi' Scatarro perche' con uno sputo centrava una mosca sul muro a cinque metri.
Voi direte: e che bravura e'? E' bravura pure quella, eccome se e' bravura; prima provateci e poi mi saprete dire.
Mori' al tempo dell'epidemia, ma non mori' per l'epidemia, cioe', l'epidemia c'entrava, ma di striscio, e' stata solo l'occasione. Si sa come funzionano le occasioni, no?
Ve lo racconto? Ce li avete cinque minuti? E allora eccola la storia der zi' Scatarro, cominciamo dalla fine.
La fine fu che s'incontro sul pianerottolo cor zi' Rospaccio che gia' non si potevano vedere dai tempi dello sciopero, quello grosso che si dava fuoco pure ai frutteti, voi eravate troppo giovani.
Ma semmai ve lo racconto un'altra volta dello sciopero grosso, furono i giorni piu' belli di tutta la vitaccia mia quando davamo fuoco a tutto quello che c'era. Da giovane uno ci ha gusto a tutto, e' da vecchi che non ti piace piu' niente e che ti chiedi che campi a fa'.
Cosi' successe che quella mattina s'incontrano sul pianerottolo perche' abitavano nella stessa casa, al terzo piano, proprio di fronte, sullo stesso pianerottolo: La casa era dell'avvocato Sbacchiachicchi che lo chiamavano pure Scarcagnallossi che faceva pure lo strozzino e che ci aveva un sacco di case al paese, che se le era sugate ai poveracci che prima erano andati da lui come avvocato, poi da lui come strozzino e poi se ne erano dovuti andare dal paese con le pezze in quel posto.
Adesso non ve la racconto la storia dell'avvocato, che magari gia' la sapete, perche' al tempo fu una cosa grossa, ancora se lo raccontano come fini' l'avvocato quelli che c'erano, che non fu una bella fine. Pero' nessuna fine e' bella, no? Pure io, tanto per dire, non e' che non ce lo so che alla fine la fine arriva, solo che vorrei che arrivasse di colpo, senza tutto quel dolore e tutta quella vergogna che gli toccarono al povero avvocato, che pero' bisogna dirlo che se lo meritava e infatti chi lo fece non si seppe mai con tutto che tutto il paese lo aveva visto. Solo domineddio puo' giudicare si dice qui da noi, e se uno non si sa difendere da solo si sa che fine fa. Amen.
Allora: sul pianerottolo.
'R zi' Rospaccio a quei tempi quando usciva di casa s'imbacuccava tutto: gia' ci aveva sempre freddo perche' da giovane ci aveva avuto la malaria, poi la paura del contagio, e allora si metteva il cappotto, sul cappotto una specie di mantello che s'era fatto da solo con una tovaglia incerata, e poi i guanti che usava in campagna che di lavoro faceva il potatore, e sulla faccia un fazzolettone come quelli dei film d'indiani e caubboi.
Invece 'r zi' Scatarro se ne fregava dell'epidemia come se ne fregava di tutto, aveva sempre campato cosi'. E allora lo faceva apposta a non mettersi ne' i guanti ne' la maschera ne' il sacco della monnezza di plastica quello grosso come un bidone grosso che gli facevi tre buchi e te le infilavi che parevi un marziano, un robbotte, un soncazziocade'.
Che ar zi' Rospaccio gia' gli rodeva. E fu qui che ar zi' Scatarro gli venne il colpo di genio: su una mattonella del pavimento del pianerottolo di quelle belle rosse di una volta c'era un moscone, bello grosso, fermo fermo che si godeva il sole. E gia' l'avete capito 'r zi' Scatarro che fa: un colpo secco, centro perfetto, faceva proprio schifo.
Allora 'r zi' Rospaccio ci ebbe il suo pretesto che l'aspettava fin dai tempi che da giovani gli avevamo dato fuoco alla vigna: "Brutto zozzone porco e carogna, che non lo vedi che cosi' spandi il malanno? Mo' t'insegno io a fa' l'untore, porco di uno zozzone brutta carogna".
Adesso c'e' da sapere che a quei tempi non era come adesso, al paese se uno usciva di casa magari le chiavi di casa se le scordava ma l'arma personale no. Io per esempio mi portavo sempre dietro il marraccio infilato nella cintura dei calzoni, che lo affilavo tutti i giorni perche' restasse bello luccicante che si doveva vedere da lontano. E poi in saccoccia la pattada ch'e' la regina dei coltelli. Fernandetto detto Fernette per esempio si portava dietro un martello, un martello si', pure quello infilato nella cintura, e s'era fatto una cintura a cartuccera e ci aveva infilato tutti chiodi da staccionata che la moglie gli aveva dovuto fare il rinforzo di cuoio sul davanti dei calzoni che senno' li bucava tutti, e sul manico del martello c'erano una mezza dozzina di tacche e quello che significavano non ve lo devo dire io. 'R zi' Rospaccio invece era piu' di tradizione e si portava solo il coltellaccio per tutti gli usi, che ci potava di fino, ci si tagliava il pane e ci si affettava la ciccia, pure quella viva.
E pure quel giorno ce l'aveva.
Che poi mica era solo per la vigna, era che c'era pure stata un'altra storia, che tutti e due da giovinotti erano stati innamorati della Saponetta, che di nome vero faceva Simonetta ma siccome era sempre tutta improfumata la chiamavano la Saponetta, che io non sono mai riuscito a sapere se profumava perche' s'improfumava o se profumava da se', che magari puo' pure succedere, che ne so io. La Saponetta, poveretta che brutta fine ha fatto. E non si e' mai saputo se era stato 'r zi' Scatarro (che a quel tempo ancora non ci si chiamava zi' Scatarro, che si chiamava solo Scatarro, perche' zi' e' un nome che si da' quando uno diventa vecchio) o 'r zi Rospaccio (che pure lui a quel tempo lo chiamavano solo Rospaccio).
Sarebbe da raccontare pure la storia della Saponetta, pero' se uno le volesse raccontare tutte finisce che si fa sera e poi si fa mattina, no? E allora uno passerebbe la vita a raccontare storie, e alle bestie chi le governa? Le piante chi le segue? La terra chi l'annacqua? E poi c'e' pure da fare i figli ogni tanto perche' senno' l'umanita' finisce, e pure i figli fatemi stare zitto perche' i figli, i figli, e' meglio che non dico niente, tre ce ne ho e stanno tutti in galera, invece di pensare al pezzo di terra che ci abbiamo e che va in malora. E io sono pure due volte vedovo, che e' una calunnia perfida, anzi una diffamazione, che le ho ammazzate io. Figurarsi se ero cosi' scemo. E comunque mi hanno assolto tutte e due le volte visto che i testimoni avevano ritrattato.
Ne so mille d'avventure der zi' Scatarro, adesso non ci ho tempo ma se venite all'osteria pure domani magari ve le racconto, eh?

7. LIBRI. ANGELA DOGLIOTTI PRESENTA "NON E' COLPA DEI BAMBINI" DI DANIELE NOVARA
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riprendiamo la seguente segnalazione.
Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino di cui e' presidente e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Angela Dogliotti Marasso segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004. Un'ampia intervista ad Angela Dogliotti Marasso e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 220; due piu' recenti interviste sono nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 345 e n. 439.
Daniele Novara, pedagogista, consulente e formatore, e' direttore del Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti di Piacenza; tra i primi in Italia ad affrontare in maniera organica una formazione improntata all'educazione alla pace, e' autore e curatore di numerose pubblicazioni e collabora con varie riviste e case editrici; ha coordinato il progetto Citta' dei bambini del Comune di Piacenza. Tra le opere di Daniele Novara: con Lino Ronda, Materiali di educazione alla pace, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1984; con Massimo Esposito, La pace s'impara, Bologna, Emi, 1985; con Lino Ronda, Scegliere la pace. Educazione al disarmo, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1986, 1989; Scegliere la pace. Educazione ai rapporti, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1987, 1997; Scegliere la pace. Educazione alla giustizia, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1989; Scegliere la pace. Guida metodologica, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1991 (quarta edizione riveduta); (a cura di), L'istinto di pace, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1990; con Francesco Beretta, Anna Martinelli, Il litigio, Bologna, Emi, 1990, 1993; (a cura di), Ricominciare da un libro, Molfetta, La Meridiana, 1993; (a cura di), L'ascolto e il conflitto, Molfetta, La Meridiana, 1995; con Patrizia Londero, Scegliere la pace. Educazione alla solidarieta', Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1994, 1997; con Patrizia Londero, Scegliere la pace. Educazione al futuro, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1996; L'ascolto si impara. Domande legittime per una pedagogia dell'ascolto, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2002-3; con Diego Miscioscia, (a cura di), Le radici affettive dei conflitti, Molfetta, La Meridiana, 1998; con Elena Passerini, La strada dei bambini, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2002; con Silvia Mantovani, (a cura di), Bambini ma non troppo, Molfetta, La Meridiana, 2000; con Lorella Boccalini, Tutti i grandi sono stati bambini. Per un uso educativo della convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2000; Obiettivo Solidarieta', Torino, Ega-Paravia, 2001; Obiettivo Giustizia, Torino, Ega-Paravia, 2001; Obiettivo Rapporti, Torino, Ega-Paravia, 2001; Obiettivo Futuro, Torino, Ega-Paravia, 2001; Obiettivi... Guida per l'insegnante, Torino, Ega-Paravia, 2001; con Elena Passerini, Ti piacciono i tuoi vicini? Manuale di educazione socioaffettiva, Torino, Ega, 2003; (a cura di), Memoranda. Strumenti e materiali per la giornata della memoria, Molfetta, La Meridiana, 2003; (a cura di), Abbracci e litigi. Educazione ai rapporti per bambine e bambini dai 2 ai 6 anni, Torino, Ega, 2004; (a cura di), La scuola dei genitori. Come aiutare i figli a diventare grandi, Piacenza, Berti, 2004; Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti, Io non vinco, tu non perdi. Un kit per promuovere l'educazione alla pace e la gestione dei conflitti tra ragazzi, Unicef, Roma 2004; (a cura di), Il genitore che ascolta. La funzione educativa dei padri e delle madri nella costruzione dell'autonomia dei figli e delle figlie, Piacenza, Berti, 2005; (a cura di), Ognuno cresce solo se sognato. Antologia essenziale della pedagogia critica, Molfetta, La Meridiana, 2005; io e... gli altri. Diventare cittadini - Percorso di educazione alla convivenza civile per il primo grado della scuola secondaria, Torino, Ega, 2005; io e... i diritti. Diventare cittadini - Percorso di educazione alla convivenza civile per il primo grado della scuola secondaria, Torino, Ega, 2005; io e... la solidarieta'. Diventare cittadini - Percorso di educazione alla convivenza civile per il primo grado della scuola secondaria, Torino, Ega, 2005; io e... Guida per l'insegnante. Diventare cittadini - Percorso di educazione alla convivenza civile per il primo grado della scuola secondaria, Torino, Ega, 2005; (con Luigi Regogliosi) I bulli non sanno litigare, Carocci, Roma 2007, Bur, Milano 2018; Dalla parte dei genitori, Franco Angeli, Milano 2009; Litigare per crescere, Erickson, Trento 2010; La grammatica dei conflitti, Edizioni Sonda, Casale Monferrato (Al) 2011; (con Silvia Calvi), L'essenziale per crescere, Mimesis, Milano 2012, Mondadori, Milano 2017; (con Caterina Di Chio), Litigare con metodo, Erickson, Trento 2013; Litigare fa bene, Bur, Milano 2013; Alice nel paese dei diritti, Sonda, Casale Monferrato (Al) 2013 Urlare non serve a nulla, Bur, Milano 2014; Meglio dirsele, Bur, Milano 2015; Punire non serve a nulla, Bur, Milano 2016; Non e' colpa dei bambini, Bur, Milano 2017; Cambiare la scuola si puo', Bur, Milano 2018]

Daniele Novara, Non e' colpa dei bambini. Perche' la scuola sta rinunciando a educare i nostri figli e come dobbiamo rimediare. Subito, Bur, Milano 2017, pp. 208, euro 14.
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"Curare con l'educazione" potrebbe anche essere il titolo di questo libro di Daniele Novara, pubblicato tempo fa (2017), ma tuttora attuale. Il libro, infatti, mette in discussione il "modello diagnostico", come potrebbe essere definito l'approccio che, attraverso lo screening a tappeto, punta ad affrontare ogni problema relazionale o di apprendimento con la medicalizzazione del bambino.
Cio' ha portato a delegare a specialisti (logopedisti, neuropsichiatri, terapeuti...) la soluzione di problemi che in molti casi potrebbero essere affrontati in modo efficace da famiglia e scuola attraverso un chiaro e adeguato impegno educativo.
E' necessario dunque valorizzare, da un lato, il ruolo di genitori e insegnanti, sostenendoli nelle loro competenze e ridando loro fiducia nelle proprie capacita' educative e, dall'altro, nelle infinite risorse dell'infanzia e nelle potenzialita' di adattamento, di recupero e di crescita sana di cui essa e' dotata.
Nei primi capitoli del testo l'autore si sofferma percio' soprattutto sulla descrizione della situazione attuale, documentando l'esplosione dei servizi di certificazione pubblici e privati, mentre nella seconda parte propone buone pratiche educative nei diversi contesti familiari e scolastici.
Dal consolidato lavoro di consulenza con i genitori, egli ricava sei principi fondamentali dei basilari educativi:
1. mantenere la giusta distanza educativa in relazione all'eta' dei figli;
2. la facilitazione delle autonomie;
3. la coesione genitoriale;
4. le regole educative;
5. i blocchi educativi a carattere emotivo;
6. i blocchi educativi a carattere genealogico;
alternando la presentazione e l'argomentazione con il racconto di casi ed esperienze esemplificative.
Un capitolo e' dedicato alla riflessione sulla scuola italiana oggi, nella quale ravvisa tre limiti: il sistema di reclutamento dei docenti, che non valuta le competenze tecniche necessarie per gestire l'apprendimento; una didattica arretrata e poco aggiornata rispetto alle acquisizioni scientifiche sull'apprendimento; un sistema valutativo inadeguato, basato sulla logica della risposta esatta anziche' su una valutazione evolutiva centrata sul percorso di apprendimento.
Il testo si chiude con un epilogo che e' "un omaggio alla straordinaria irriducibilita' infantile, alla magia di un'eta' che, nella sua peculiarita' rispetto a ogni altra, getta le basi perche' quella adulta possa sviluppare tutte le sue risorse. E un invito ai miei lettori perche' mantengano sempre uno sguardo benevolo e riconoscente verso tutti i nostri bambini e ragazzi".

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Giulio Busi, La Qabbalah, Laterza, Roma-Bari 1998, 2002, pp. IV + 172.
- Mario Alighiero Manacorda, Lettura laica della Bibbia, Editori Riuniti, Roma 1989, pp. 286.
- Karl Rahner, Corso fondamentale sulla fede, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1990, pp. 600.
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Riedizioni
- Edmondo Berselli, Cabaret Italia, Gedi-Mondadori, Roma 2020, pp. XIV + 330, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Fantascienza
- Murray Leinster, L'incubo sul fondo, Mondadori, Milano 2020, pp. 192, euro 6,90.
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Gialli
- Pieter Aspe, Il caso Dreyse, Fazi, Roma 2015, Gedi, Roma 2020, pp. 286, euro 7,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica" e a varie altre testate).
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Maestre
- Adriana Cavarero, Nonostante Platone. Figure femminili nella filosofia antica, Editori Riuniti, Roma 1990, 1991, pp. VI + 136.
- Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 192.
- Adriana Cavarero, Orrorismo ovvero della violenza sull'inerme, Feltrinelli, Milano 2007, pp. 174.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3714 del 19 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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