[Nonviolenza] Telegrammi. 3702



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3702 del 7 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Associazione Casa delle donne contro la violenza di Modena: Appello per Fondo Lea Melandri
2. Proposta di inviare una lettera al Ministro della Giustizia affinche' tornino alle loro case tutte le persone detenute, prima che nelle carceri si diffonda l'epidemia
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Piero Craveri: Nicola Chiaromonte (1980)
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ASSOCIAZIONE CASA DELLE DONNE CONTRO LA VIOLENZA DI MODENA: APPELLO PER FONDO LEA MELANDRI
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo questo appello promosso dall'Associazione Casa delle donne contro la violenza di Modena e da molte altre donne e associazioni, diffuso attraverso la mailing-list di D.i.Re - Donne in rete contro la violenza: listadire at direcontrolaviolenza.it]

A tutte le associazioni aderenti a D.i.Re,
avendo saputo da parte di compagne femministe ed amiche di Lea Melandri che c'era l'intenzione di aprire una raccolta fondi per sostenerla in un momento di difficolta', abbiamo deciso di collaborare e, dopo aver verificato che in D.i.Re c'erano perplessita' sull'iniziativa, abbiamo espresso, come Casa delle donne contro la violenza, la disponibilita' a mettere a disposizione un conto corrente per la raccolta delle donazioni.
Come e' espresso nell'appello, non intendiamo che questa iniziativa si esaurisca nel sostegno in un caso particolare, ma vogliamo impegnarci perche' il fondo possa in seguito rispondere ad esigenze di altre donne che, come Lea, hanno dato e danno impegno, capacita' e attivismo nelle lotte delle donne e si sono trovate in difficolta'.
Chi ha apprezzato il lavoro di Lea Melandri e condivide il significato politico della iniziativa, puo' contribuire con donazioni e diffondendo l'appello che accludiamo.
per l'Associazione Casa delle donne contro la violenza di Modena, Giuliana Pincelli
Modena, 2 aprile 2020
*
Per Lea Melandri
Nella situazione attuale di dure restrizioni riguardo alle possibilita' di movimento, contatto, spostamento per lavoro, ecc. ci sono donne, con le quali ci sentiamo accomunate  nell'impegno femminista, che si trovano in difficolta' e faticano ad immaginare il loro futuro nei prossimi mesi di durata della crisi pandemica.
Ci sembra emblematica di quella di tante altre donne la situazione che sta vivendo la nostra compagna Lea Melandri, figura storica del  femminismo che, a causa delle misure straordinarie in atto ha dovuto interrompere la sua consueta attivita' di conferenze, seminari, iniziative di promozione della cultura femminista, che sono per lei insieme impegno militante e fonte di reddito.
Siamo consapevoli che allargando lo sguardo alle moltissime donne che stanno cercando di uscire da situazioni di violenza, alle migranti che vedono peggiorare ulteriormente le loro condizioni di vita, a tutto il mondo del lavoro precario e sommerso delle donne, a cui non sono destinate le misure di sostegno governative, per tutte queste donne diventa sempre piu' forte ed urgente l'istituzione di un reddito di autodeterminazione (o di esistenza/resistenza come qualcuna propone di chiamarlo oggi), obiettivo per il quale sollecitiamo a mobilitarsi le associazioni delle donne e il movimento Nonunadimeno.
Nell'immediato ci rivolgiamo a quante – singole, associazioni, istituzioni – hanno avuto l'opportunita' di conoscere e di apprezzare il lavoro di Lea, per attuare una raccolta fondi di sostegno per le difficolta' che sta incontrando in questo momento.
L'iniziativa di Raccolta fondi da noi ora proposta, intende essere un primo passo che vorremmo allargare in seguito, per una forma piu' ampia e stabile di mutuo aiuto e scambio tra donne che condividono le idee e le aspirazioni al cambiamento, ma si trovano collocate in situazioni economiche diseguali. Abbiamo cosi' un'occasione di esercitare la cura anche tra di noi, nelle nostre diversita', in uno scambio relazionale e materiale che ci puo' rafforzare tutte.
L'Associazione Casa delle donne contro la violenza di Modena si fa carico della gestione delle somme raccolte nel conto corrente, come servizio necessario per l'attuazione del Fondo Lea Melandri, secondo le finalita' esposte nel presente appello.
IBAN Conto Corrente per i versamenti: IT 28 B 02008 12906 000101166 221 c/o Unicredit Modena
intestato a: Associazione Casa delle donne contro la violenza
Nella causale specificare obbligatoriamente: Nome e Cognome o Associazione - Fondo Lea Melandri
Hanno promosso e aderito all'appello (in ordine alfabetico):
- Angela Azzaro
- Manuela Cartosio
- Roberta Corbo
- Maura Cossutta
- Guendalina Di Sabatino
- Giulia Carmen Fasolo
- Maddalena Gasparini
- Giovanna Grignaffini
- Elda Guerra
- Raffaella Lamberti
- Simona Marino
- Paola Patuelli
- Anna Petrungaro
- Antonella Picchio
- Giuliana Pincelli
- Bianca Pomeranzi
- Francesca R. Recchia Luciani
- Giulia Sudano
- Annamaria Tagliavini
- Antonella Veltri
Collettivi e associazioni:
- Associazione Casa delle donne contro la violenza di Modena
- Centro Interdipartimentale di Studi sulle Culture di Genere CISCuG - Universita' di Bari
- Festival delle Donne e dei Saperi di Genere di Bari
- Libera Universita' delle Donne di Milano
- Femminile Maschile Plurale di Ravenna
- Rete Nazionale Antiviolenza "Frida Kahlo" Onlus
- Edizioni Smasher Barcellona Pozzo di Gotto (Messina)
- Associazione Orlando di Bologna
- Seminaria di Cosenza
- Booksandthecity di Cosenza
- Casa delle Donne di Milano
- Centro di cultura delle donne "Hannah Arendt" di Teramo
- Casa Internazionale delle Donne di Roma
*
Per ulteriori informazioni e contatti: Associazione Casa delle donne contro la violenza onlus, via Vaciglio Nord 6, 41124 Modena, tel. 059361050, sito: www.donnecontroviolenza.it

2. QUID AGENDUM. PROPOSTA DI INVIARE UNA LETTERA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA AFFINCHE' TORNINO ALLE LORO CASE TUTTE LE PERSONE DETENUTE, PRIMA CHE NELLE CARCERI SI DIFFONDA L'EPIDEMIA

Alle persone amiche della nonviolenza, alle persone che hanno a cuore la vita di tutti gli esseri umani, alle persone fedeli alla Costituzione della Repubblica italiana che riconosce i diritti umani di tutti gli esseri umani, chiediamo di scrivere al Ministro della Giustizia per chiedere che tornino immediatamente alle loro case - impegnandosi a restarvi - tutte le persone attualmente detenute, prima che nelle carceri si diffonda l'epidemia.
*
Di seguito un testo che potete utilizzare eventualmente modificandolo come meglio crederete:
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Di seguito alcuni indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere:
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Vi proponiamo di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione ed alle persone di volonta' buona, alle associazioni ed alle istituzioni con cui siete in contatto.
Grazie di cuore a tutte e tutti per quanto vorrete fare.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. QUID AGENDUM. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. QUID AGENDUM. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. MAESTRI. PIERO CRAVERI: NICOLA CHIAROMONTE (1980)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario Biografico degli Italiani nel 1980]

Nicola Chiaromonte Nacque il 12 luglio 1905 a Rapolla (Potenza) da Rocco e da Anna Catarinella. Di famiglia cattolica osservante - il padre medico ed antifascista -, il C. iniziò gli studi liceali nel romano collegio Massimo, che volle abbandonare per concluderli al liceo statale "Torquato Tasso". Iscrittosi all'universita' di Roma, si laureo' in giurisprudenza nel 1927, maturando in quegli anni i primi rapporti con l'antifascismo militante e il suo definitivo distacco dalla tradizione familiare, che doveva divenire sempre piu' remota nel volgersi della sua esperienza culturale e civile, e tuttavia lasciargli il segno di una naturale severita' nella riflessione intellettuale.
Anni piu' tardi, tracciando il ritratto del fratello Mauro, divenuto gesuita (Il gesuita, in Scritti politici, pp. 137 ss.), esprimeva le ragioni di quel suo ideale distacco, collocandole in un aspetto caratteristico della tradizione, non solo religiosa, ma anche politica del nostro paese: "la verita' a proposito del realismo politico odierno e' che esso trasforma la vita politica in una questione di inerzia collettiva, non di cambiamento. La Real-politik vive per forza di cose, di abitudini di massa e di tradizioni ben salde, non di pensieri nuovi e di impulsi spontanei" (p. 144).
Le sue prime esperienze pubblicistiche, durante gli studi universitari, gia' esprimono questa sua attitudine a non disgiungere l'impegno politico dalla riflessione etica ed intellettuale, che era, in polemica con il fascismo, la critica all'attivismo, come nichilismo morale, che si ritrova nell'articolo Diagnostica dei ventenni, pubblicato sulla rivista protestante Conscientia (25 sett. 1926), diretta da G. Gangale e P. Chiminelli, e sulla quale, come su Il Mondo di G. Amendola, scrisse vari articoli di cultura e di costume, e le prime note teatrali a cui dopo il 1930 seguirono le critiche cinematografiche sull'Italia letteraria.
Mentre attendeva alla stesura di una monografia su Michelangelo il cui manoscritto ando' perduto, il C. collaborava a Solaria, la rivista diretta da A. Carocci, con un saggio, Note sulla civiltà e le utopie, uscito successivamente nel 1935, in cui emergono i primi connotati della sua originale polemica antistoricistica, che e' anche rifiuto della tradizione neoidealistica italiana, di quella antifascista del Croce, come di quella fascista del Gentile, con una stringata disamina dei presupposti hegeliani impliciti nelle pur diverse nozioni, storicistica e attualistica, della "politica", rispetto a cui il C. recupera il principio kantiano dello "Stato di diritto" e con esso un vigoroso giusnaturalismo etico, gia' nutrito di una profonda conoscenza del pensiero classico. Sono motivi che il C. prende contemporaneamente a svolgere, su una falsariga piu' immediatamente politica, nei Quaderni di Giustizia e Liberta'. Sono queste cronache politiche clandestine dall'Italia (la prima e' del dicembre 1932: ora sono raccolte nel volume degli Scritti politici e civili, a cura di M. Chiaromonte, Milano 1976) e abbracciano un arco di eventi importante, come la stabilizzazione del regime dopo la crisi del '29-'30 e il parallelo sopravvento del nazismo in Germania, con un'analisi molto lucida, concreta, nient'affatto intellettualistica, in cui pero' il C. tende a risalire oltre gli eventi per cogliere quelli che gli paiono essere i motivi di fondo della crisi della civilta' europea.
Di qui la riflessione che "il fascismo e' il morbo piu' grave, non il vero e serio problema del mondo contemporaneo: veri e seri problemi sono che cosa il mondo deve fare della tecnica, come bisogna organizzare la vita economica perché l'economia non diventi la tiranna della vita sociale, come, infine, salvare la civilta' moderna eliminando cio' che ha portato essa civilta' alla tremenda impasse nella quale si dibatte", per soggiungere che "questi problemi vanno probabilmente risolti con spirito largamente socialista e non liberale, ma libertario" (p. 20). Di qui anche la sua prima critica all'antifascismo militante, a quel suo ridursi a "semplice negazione della negazione", alla sterilita' di un programma di imperativi categorici, "diritto, giustizia, liberta', civilta', ragione", in cui si compendiava il problema della "questione d'ordine morale".
Nel 1934 il C. emigro' in Francia, per evitare il mandato di cattura gia' firmato per lui in Italia, e piu' stretti si fecero i suoi rapporti con gli ambienti del fuoruscitismo antifascista, in particolare con il gruppo di Giustizia e Libertà. Si cementava allora l'amicizia del C. con Andrea Caffi (cfr. A. Caffi, in Scritti politici, pp. 150 ss.) e un rapporto di scambio intellettuale, attraverso cui egli allargava il raggio delle sua conoscenza della cultura tedesca, in particolare con lo studio del pensiero di Husserl, e di quella mitteleuropea. Partecipando insieme ai dibattiti parigini di Giustizia e Liberta', il C. condivise con il Caffi, alla fine del 1935, e con M. Levi e R. Giua, l'opposizione alla trasformazione in partito politico di quell'associazione antifascista, "dovuta al desiderio che l'antifascismo italiano, almeno nella sua parte piu' giovane e piu' intellettualmente avvertita, si sollevasse dal terreno della polemica spicciola e della propaganda antimussoliniana per attingere al livello di movimento europeo e contribuire in modo positivo al rinnovamento della tradizione socialista e libertaria" (p. 162).
Sono motivi che segnano una continuita' con il suo pensiero, ma costituiscono anche un passo ulteriore in avanti, verso quella sua caratteristica "antipoliticita'", in cui compendiava uno degli elementi essenziali dell'autonomia del "mestiere intellettuale", che sarà poi il tema centrale della sua testimonianza civile nel periodo del secondo dopoguerra. Gia' fin in quegli anni, nel cuore dei dibattiti dell'antifascismo militante, il C. elaborava i connotati della sua battaglia per la "liberta' della cultura", che, nel suo caso, certamente non sono circoscrivibili nella formula della guerra fredda.
Probabilmente fin dal tempo della guerra di Spagna, a cui il C. partecipo' come mitragliere nella squadriglia dell'aviazione repubblicana organizzata da A. Malraux, egli aveva maturato il suo definitivo distacco critico da quella che, nell'antifascismo, egli intravvedeva, come una commistione spuria tra cultura e politica. La guerra di Spagna gli riserbo' una parte di protagonista, quella del personaggio di "Scali", nel romanzo L'Espoir di Malraux, ma, come ha notato Silone (testimonianza in Scritti, p. 340), il C., tra quelli "che parteciparono a quell'impresa, forse e' stato l'unico, o uno dei pochi, a non farne oggetto di pubblicita'". Il C. affronto' l'argomento in poche note succinte. Una, pubblicata su Critica sociale nel 1959 (20 giugno), dal titolo La guerra di Spagna, e' una cronaca scarna, lineare degli avvenimenti. C'e' tuttavia in essa quel connotato "antieroico", quel rifiuto alla celebrazione sentimentale di quella epopea popolare, nella considerazione della tragicita' degli eventi, che non troviamo in Orwell, Koestler, Hemingway e altri. E cio' non e' solo "un riflesso della sua visione dell'uomo nell'irrazionalita' della storia". Il C. in realta' scevera attentamente i fatti, e il suo rifiuto non sta tanto nella considerazione astratta della irrazionalità della storia, ma nella ribellione all'accettazione individuale della sua necessita', che riduceva il dramma della guerra civile allo scontro tra due totalitarismi, e vedeva riflessa, nella fragilita' della democrazia spagnola, quella delle democrazie europee.
La guerra civile spagnola fu probabilmente per il C. la prova dell'identita' negativa dei due totalitarismi, che non era per lui semplice comparazione tra stalinismo e nazismo, ma comune trasgressione al principio dello Stato di diritto, al carattere "naturale" delle libertà e dei diritti civili in cui si esprimevano i fondamenti della civilta' europea. Si approfondiva cosi' in lui il distacco tra politica e cultura, lungo un itinerario molto diverso da quello della maggior parte degli intellettuali in quello scorcio d'anni.
Tornato a Parigi, con l'invasione tedesca riparava prima a Tolosa, dove gli moriva la prima moglie Annie Pohl; poi, dopo essere stato arrestato, riusciva a imbarcarsi, nel 1940, per Algeri. In Algeria strinse amicizia con Camus; trascorse un periodo in Marocco, a Casablanca, frequentando il gruppo di antifascisti italiani, ivi concentrati in attesa di sbarcare in Italia, tra i quali A. Cianca, A. Garosci, L. Valiani. In una testimonianza di quest'ultimo si avverte tra le righe la traccia delle differenze di valutazione tra il C. e i suoi amici, la determinatezza della sua vocazione individualistica rispetto agli eventi, che a ben guardare e' testimonianza di difficile e rara coerenza.
Alla fine del 1941 il C. partiva per gli Stati Uniti, dove risiedette, salvo un viaggio in Italia nel 1947, fino al 1948. Stringeva affettuosa amicizia con G. Salvemini, partecipando, come redattore, al settimanale italiano di New York, L'Italia libera, si faceva anche scrittore di lingua inglese, collaborando a The New Republic, Atlantic Monthly, Partisan Review e ispirando accanto a Dwight Macdonald la rivista Politics, e sposava la sua seconda moglie Miriam Rosenthal, che alla morte di lui si fara' curatrice delle sue opere. Sono, gli scritti di questo periodo, in gran parte commenti a caldo su cose italiane, ma, tra queste, vanno segnalate alcune riflessioni piu' di fondo, come la nota su Proudhon, scritta in polemica con J. S. Schapiro, quella su Bernanos e la liberta' cristiana e, infine, il commento a La morte di Gandhi, che sviluppa il tema della violenza, piu' tardi ripreso nel saggio su Tolstoj, Violenza e non violenza, in Tempo presente, agosto 1968 (Scritti..., pp. 299-314).
Chiamato a collaborare all'Unesco, il C. nel 1949 si trasferiva a Parigi. Negli anni dell'immediato dopoguerra aveva collaborato al quotidiano socialdemocratico L'Umanità e nel 1949 aveva iniziato la sua collaborazione a Il Mondo di M. Pannunzio. Si stabilì definitivamente a Roma nel 1953. In quegli anni scuri di conformismo culturale di destra e di sinistra riprese e sviluppo' interamente il suo tema dell'autonomia intellettuale, con una polemica spietata, ma scevra di risvolti politici, contro tutte le forme spurie di engagement, il cui paradigma identificava facilmente nella parabola intellettuale di J.-P. Sartre, in cui egli vedeva rispecchiarsi "il gran bisogno da cui e' posseduto l'intellettuale moderno di una religione non religiosa, e cioe' di un'ideologia efficace" e come questa comportasse il fine della "realizzazione di uno stato di cose assolutamente morale", cioe' "il segno visibile della forza collettiva, ossia della capacitàa' effettiva di realizzare la moralita' integrale attraverso "uno Stato rigidamente organizzato e diretto" (Il tempo della malafede, a cura dell'Associazione italiana per la liberta' della cultura, Roma 1953).
Sono temi che troviamo piu' volte ripresi e svolti in questi anni, con articoli su Il Mondo, Il Ponte, Nuovi Argomenti e, dal 1956, su Tempo presente, la rivista da lui fondata e diretta assieme a I. Silone, dal 1956 al 1968. Ma la critica del C. non ebbe solo un segno non fu solo precoce, almeno rispetto alle temperie della cultura italiana, conoscenza e consapevolezza dei problemi morali e politici che poneva alla cultura contemporanea l'affermazione del "socialismo reale", ma fu anche insieme critica alle radici autoritarie della civilta' contemporanea, a cui non faceva da velo la distinzione di campo tra capitalismo e socialismo.
E' una considerazione questa che trova compiutezza di svolgimento nel saggio La tirannia moderna (Tempo presente, maggio 1968), in cui si svolge il tema della mancanza di libertà dovuta allo stato di avanzata collettivizzazione e meccanizzazione della "esistenza collettiva" e la polemica contro l'assolutezza della politica nella cultura contemporanea, connessa al credo della crescita materiale come continuum necessario, che lega inesorabilmente la politica alla "violenza tecnicamente organizzata".
Sono motivi originali della speculazione del C., che tuttavia per quasi un ventennio egli arricchisce continuamente di apporti critici personali, ma anche facendo convergere nella sua riflessione un coro ampio di voci della cultura europea. Sono i motivi della rivolta di Camus, come la critica all'industria culturale di H. M. Enzensberger (Coscienza condizionata e avanguardia intellettuale, in Silenzio e parole, pp. 97 ss.), le voci del dissenso dell'Est, la polemica antiautoritaria di Leo Strauss o di Hannah Arendt. Motivi pressoche' sconosciuti nell'Italia di allora e che solo piu' tardi dovevano divenire elementi comuni di riflessione e che la cultura originale e insieme internazionale del C. anticipava con grande ricchezza di riferimenti. Egli scelse questo ruolo distaccato per la sua polemica civile, affidandosi al suo mestiere di intellettuale: una sola fugace eccezione, atto di fedelta' a un gruppo di amici, l'adesione nel febbraio 1956 alla lista dei fondatori del Partito radicale (lettera in Il Mondo, 28 febbr. 1956).
La stessa accanita ricerca di questi motivi etici la ritroviamo nella sua attivita' di saggista letterario, con gli scritti su Guerra e pace, Roger Martin du Gard, Stendhal, Pasternak, raccolti nel volume Credere e non credere (Milano 1971), e con quelli su Mallarmé, Manzoni, Pirandello, Simone Weil, Solzenicyn, raccolti nel volume Silenzio e parole (Milano 1978). Ma cio' in cui maggiormente il C. espresse questa sua capacita' di esprimere nel "mestiere intellettuale" il rapporto lineare tra cultura e vita civile fu nella sua attivita' di critico teatrale che svolse per un ventennio, ininterrottamente, prima sulle colonne del Mondo, poi su quelle dell'Espresso, con un susseguirsi di saggi, note, recensioni in parte raccolti nei due volumi La situazione drammatica (Milano 1966) e Scritti sul teatro (prefaz. di M. McCarthy, Torino 1976).
Il suo e' innanzitutto un "discorso del metodo", che tende a definire le essenze teatrali per esclusione. Il teatro non e' illusione, perche' e' il luogo dove si dibatte la verità. Non è rappresentazione della realtà, perché è anzi il luogo dove si rimette in discussione la realtà. Ne' egli confonde la verita' con il "verismo", perche' "lo sforzo di illudere, di far vero e magari di superare il vero intralcia la verita'". L'oggetto del teatro non e' la realta', ne' la societa', ma "quel mondo interiore e puramente umano di credenze comuni di cui l'ordine sociale non e' che l'aspetto esteriore, e che e' tanto piu' reale quanto piu' gli uomini non solo vi credano ma anche vi dubitino insieme. Sono le peripezie di un tale mondo, piu' che le passioni, e le virtu' e i vizi individuali, che il dramma intende imitare attraverso la sua azione". La sua lezione di metodo sul teatro realizza cosi', nella esemplarita' dei suoi ruoli, quello che, lontano dalla scena, era per il C. il metodo della conoscenza intellettuale.
Il C. mori' a Roma il 18 gennaio 1972.
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Oltre alle raccolte miscellanee italiane dei suoi scritti, sono da ricordare due in lingua inglese: The paradox of history (London 1970) e The Worm of consciousness and other essays (prefazione di M. McCarthy, New York 1976).
Bibliografia: G. Guerrieri, La guerra del critico, in Sipario, novembre 1960; G. Russo, in Corriere della sera, 19 genn. 1972; P. Milano, Lucidita' della ragione e umana compagnia, in L'Espresso, 20 genn. 1972; La Quinzaine, 19-20 febbr. 1972;C. Marghieri, Il sasso di Matera, in L'Osserv. polit. lett., marzo 1972; G. Bianco, C.-Caffi,lett. ed altro, in Settanta, III (1972), 23, pp. 38-46; A. Garosci, Addio a N. C., in L'Umanita', 21-22 genn. 1972; J. Frank, N. C. the ethic of politics, in Dissent, gennaio 1974, pp. 83 ss.; A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Firenze 1975, ad Indicem; A. Colombo, Tre voci della ragione, in Nuova Antol., luglio 1976, pp. 345 ss.; D. Bromwich, A free mind, in Dissent, febbraio 1976, pp. 44 ss.; I. Howe, The Worm of consciousness, in The New Republic, maggio 1976; A. Kazin, The Worm of consciousness, in The New York Times Book Review, 11 luglio 1976; L. Wieseltier, The Worm of consciounsness, in The New York Review of Books, 13 maggio 1976; T. Chiaretti, Davanti ai fuochi, in La Repubblica, 20 maggio 1976; V. Saltini, Un eremita pieno d'amici, in L'Espresso, 20 marzo 1976; Id., Ma la storia siamo noi, ibid., 27 marzo 1976; P. Milano, Il teatro era la sua utopia,ibid., 13 giugno 1976; G. Bianco, Un socialista "irregolare". A. Caffi intellettuale e politico d'avanguardia, con introduz. di A. Moravia, Milano 1977, pp. VI ss., e passim; G. Ceronetti, Uno scrittore ci tratta da naufraghi intelligenti, in La Stampa, 26 aprile 1978.

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Grazia Honegger Fresco. Conflitto e confronto. Le differenze tra dialogo e scontro, Rcs, Milano 2020, pp. 128, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Chimamanda Ngozi Adichie, Dovremmo essere tutti femministi, Einaudi, Torino 2015, 2017, pp. VI + 50.
- Chimamanda Ngozi Adichie, Meta' di un sole giallo, Einaudi, Torino 2008, 2016, Gedi, Roma 2018, pp. 544.
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Riedizioni
- Angeles Mastretta, Strappami la vita, Giunti, Firenze-Milano 2005, 2008, Gedi, Roma 2020, pp. 256, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3702 del 7 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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