[Nonviolenza] Archivi. 352
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- Date: Sat, 9 Nov 2019 11:39:51 +0100
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XX)
Numero 352 del 9 novembre 2019
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di settembre 2019 (parte settima)
2. Omero Dellistorti: Sciapezze, ovvero: la solita storia
3. Omero Dellistorti: L'assaggiatore
4. "Opporsi alla violenza razzista. Tornare alla democrazia ed alla legalita' costituzionale". Un incontro di riflessione a Viterbo
5. Omero Dellistorti: Un tassista
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2019 (PARTE SETTIMA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di settembre 2019.
2. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SCIAPEZZE, OVVERO: LA SOLITA STORIA
No, secondo me sono tutte sciapezze, che me lo chiedo sempre che gusto ci troveranno. Io per me proprio non lo capisco che gusto ci troveranno. Boh. E infatti eccomi qui, libero come il vento e indipendente come la repubblica dell'Ossola quel par di settimane, eh? Magari tra qualche anno, si', mi tocchera' trovare una badante. Magari una bella figliola, eh? Tra qualche anno, pero', che finche' posso voglio stare da solo. Quando uno s'e' abituato a vivere da solo. Eh si'. Niente sciapezze, solo la liberta'.
Pero' Linetto e Taccagnino un gusto ce lo dovevano trovare, senno' non finiva cosi', no? Perche' la cosa buffa, la cosa tragica delle persone e' questa: che una cosa che non gliene frega niente a nessuno c'e' sempre uno che invece gli pare che sia il tesoro dei tesori, la Coppa Rimette, la corona della Cacania che neanche c'e' piu' ma prima c'era, ai vecchi tempi. E la cosa buffa di questa cosa buffa e' che dove c'e' uno, ci sono due. E' sempre cosi', e' sempre la solita storia, la solita vecchia storia, che appena la cominci a raccontare gia' lo sai come finisce, a schifio finisce come diceva quello. Poi a dire il vero in quel caso non e' che gli piaceva solo a loro, a tutti gli piaceva. A tutti i maschi, chiaro. E magari pure a quelche femmina, chi lo sa? Ma a quei tempi a 'ste cose al paese chi ci pensava? O almeno non si diceva niente. Non si diceva niente di niente a quei tempi al paese, si lavorava e basta, con la terra, con le bestie, e la sera la gente era troppo stanca per chiacchierare, le donne a casa e gli uomini all'osteria, e fine della canzone. Quei tempi. Quando ci ripenso. Mah.
Erano amici Linetto e Taccagnino, amici de core, fratelli de sangue. Tutto insieme facevano. E stavano sempre da soli perche' se qualcun altro s'aggregava subito diventavano gelosi. No, non e' come pensate, che a quei tempi al paese certe cose non si potevano neanche pensare, non era come oggi. Pero' gelosi erano gelosi, e allora stavano sempre per conto loro. E il lavoro aiutava, perche' facevano i carbonari. No, no quelli dei libri delle scole, che figuramose se erano annati a scola, Linetto e Taccagnino. Annavano a la macchia a ffa' 'l carbo'. Lo sapete come dice il proverbio, no? O a Nnapoli 'n carrozza o a la macchia a ffa' 'l carbo'. Ecco, loro erano quelli che andavano nel bosco a fare il carbone, che a quel tempo non c'era il cherosene, il metano, tutte 'ste robe che so' arrivate doppo, parecchio doppo.
Ma che? No, no, che dite? Ah, che nu lo capite 'l dialetto. Se ppoi se po' ddi' dialetto 'l dialetto nostro che quasi nun ze sente, che pare propio itajano, eh? Pero', no, ci mancherebbe, io ci tengo a farmi capire, e siccome ho fatto le scuole pure io, la racconto in italiano 'sta storia. E cche cce vo'? E cche mme cambia? E' ssempre la stessa storia pure se e' detta in italiano, se traduce facile se traduce.
*
Non so se lo sapete che lavoro sia quello del carbonaio: si va nella macchia, si tagliano gli alberi, si prepara l'imposto e li si brucia in un certo modo sotterrati, che resta un bel carbone che poi si vende alla gente, girando per le case. Per le stufe, si'. Cosi' si faceva. Adesso non lo so, saranno cinquant'anni che al paese non ci torno piu'. No, non per niente, per via dell'anca che ci ho fatto l'operazione ma che non e' riuscita proprio bene, cosi' fatico troppo a camminare e i viaggi lunghi me li sogno, si' e no che arrivo alla bottega davanti casa che per fortuna ci hanno tutto, il pane, i pomodori, il tonno, il vino, l'olio, l'aceto, insomma tutto quello che mi piace a me. La pensione? Non ne parliamo, ci arrivo giusto giusto a fine mese. Da giovinotto compravo pure il giornale, oltre ad averci il motorino, il Motom, che era un signor motorino, ma adesso i soldi bastano appena appena per il mangiare e per la signora che mi pulisce casa una volta al mese. Da giovinotto compravo sempre "L'Unita'", certo che ero del partito, facevo l'operaio, ed ero del partito della classe operaia. SI lottava contro lo sfruttamento per la liberazione dell'umanita'. Se il partito ci fosse ancora io la tessera la farei sempre, pero' il partito non c'e' piu', neppure il giornale, che tanto i soldi per comprarlo oggi non ce li avrei. Facevo pure la diffusione casa per casa la domenica, tutta la sezione mobilitata, e chi diffondeva di piu' poi lo premiavano alla federazione, che veniva apposta il compagno del comitato centrale a fare il discorso. Io ve lo dico chiaro: se avessimo vinto noi oggi l'umanita' era libera e felice, non questo schifo che comandano ancora i fascisti come se niente fosse. Io se non avessi fatto l'operazione all'anca capace che oggi come oggi andavo in montagna con la carabina e cominciavo la Resistenza, pure da solo, che pure l'altra volta che vi credete? Cominciarono da soli i piu' gagliardi. A me la Resistenza m'e' sempre piaciuta, se non c'era la Resistenza c'era ancora il fascismo. Che adesso c'e' lo stesso, ma e' un po' diverso, un po' piu' fiacco, perche' le conquiste della classe operaia dopo la Liberazione, come la Costituzione per esempio, eh, non e' facile smontarle del tutto, non e' facile per niente, con tutto che subito i padroni e la marmaglia ci si misero di buzzo buono per distruggere tutto un'altra volta, ma la clase operaia non s'arrendeva mai. Adesso siamo tutti vecchi, quelli che non sono morti. Io non m'arrendo di sicuro, pero' certo che lottare posso lottare poco, per via dell'anca che non ce la faccio a camminare, e degli altri acciacchi dell'eta'. Ma ai miei tempi per il partito pure la galera mi sono fatto. Le manifestazioni a Roma, non mancavo mai a una. E se c'era da farsi avanti, io mi facevo avanti, ero nel servizio d'ordine. Che il partito ci aveva pure il servizio d'ordine. Pure del sindacato. Quelli erano tempi. La televisione c'era solo al bar e quando facevano le olimpiadi e gli atleti del paese dei soviet vincevano le medaglie noi ci alzavamo tutti in piedi e cantavamo l'Internazionale, me lo ricordo come fosse ieri. E poi Cuba, e il Vietnam. A quei tempi se veniva fuori uno come quel razzista li', era meglio che non usciva di casa, ve lo dico io, che la gente gli tirava addosso le bustate di quella cosa del colore della cioccolata. A quei tempi ce lo sapevano tutti che un cristiano puo' essere pure nero, giallo, maomettano o buddistano, ma tutti ci hanno diritto di vivere, di vivere una vita degna, che da ciascuno secondo le sue capacita' ed a ciascuno secondo i suoi bisogni. A quei tempi la gente mica leggeva Topolino e Diabolik, leggeva il Manifesto del partito comunista tradotto dal compagno segretario del partito. L'avete letto voi? E allora leggetelo, cosi' capite com'e' fatto il mondo. Pure il Breve corso, come no.
*
No, no, ci avete ragione, di Linetto e Taccagnino stavo a ddi', e' giusto, e' giusto.
Erano amici. Erano pure compagni. No, ma che capite. Compagni allora significava una cosa sola: che erano iscritti al partito, che ci avevano la coscienza di classe e lottavano per l'emancipazione del proletariato, perche' la classe operaia e' quella che liberando se stessa libera l'umanita' intera. Come sarebbe a ddi' "bumme"? Che, nun ce lo sapevate? Questa e' scienza. Me fate propio pena si nun ce lo sapete. 'Nfatti se vede 'n che monno ve tocca da campa', se vede, havoja se sse vede. Senza offesa, eh? E certo che sso' ancora communista, che dovarebba da esse, ostrogoto? So' de la classe operaia e allora so' communista. Tutti i proletari coscienti sono comunisti, me dispiace si nun ce lo sapete. Ma nun e' colpa vostra, eh, e' che da quanno hanno chiuso le sezzioni del partito, poi e' finita che hanno chiuso pure 'l partito e la gioventu' e' restata disorientata, e' restata sbandata, e allora i padroni hanno stravinto facile, senza l'organizzazione della classe operaia la barbarie padronale e imperialista vince sempre facile, si nun ze lotta pel socialismo, vince la barbarie, sicuro come 'na messa. L'avete letta Rosa Lussemburgo? La dovreste leggere, quella si' che era una donna. Era pure zoppa, ma col penziero correva come 'n cavallo da corsa. Rosa Lussemburgo, l'hanno ammazzata i fascisti. Ogni vorta che 'n'omo ammazza 'na donna quell'omo e' 'n fascista. Ricordatevela que'.
Vabbe', allora dicevamo di Linetto e Taccagnino. Adesso di preciso mica me lo ricordo piu' come fu che conobbero la Marcellina detta pure la Cicaletta. E gia' questo doveva mettere sull'avviso, dico io, perche' al paese tutti ci avevano un soprannome, e il nome di battesimo non se lo ricordava nessuno a parte la mamma; ma la Marcellina di soprannomi ce ne aveva due, la Marcellina e la Cicaletta, che la Marcellina perche' la madre si chiamava la Marcellona, che era figlia della Marcellaccia che certo l'avrete sentito dire che ai suoi tempi, ai suoi tempi, non fatemi dire niente. E la Cicaletta perche' cantava sempre e non lavorava mai, come la cicala della favola della cicala, la sapete? La favola della cicala, come non la sapete? La sanno tutti, la favola della cicala e la formica. Quella. No, non sono due favole diverse, e' la stessa. Vabbe', vabbe'. Magari un'altra volta, eh? Senno' la storia di Linetto e Taccagnino non la finisco piu'. Come la storia di Scendi Tristano, la conoscete? Manco que', eh? Vabbe', vabbe'.
Insomma, come l'avevano conosciuta non me lo ricordo, ma al paese era impossibile non accorgersene della Marcellina la Cicaletta, primo perche' cantava sempre e non lavorava mai, che era la disperazione della sua povera madre che faceva la lavandaia, la lavandaia che lavava i panni degli altri, al lavatoio pubblico, si', a quei tempi non c'erano le lavanderie, e neanche le lavatrici dentro casa, si andava al lavatoio, le donne, si'. La disperazione della sua povera madre era, tutto il giorno a cantare e non muoveva una paglia neppure se la pagavi. Secondo, era bella, ma bella come la cosa piu' bella che vi potete immaginare. Ve la immaginate la cosa piu' bella che potete immaginare? Ecco, lei era bella di piu'. Bella come il sole e la luna messi insieme. E tutti gli uomini del paese, dai vecchi bavosi fino ai ragazzini che appena appena si accorgevano che quel coso si muoveva, tutti, ma proprio tutti, le sbavavano dietro (certo, i vecchi erano avvantaggiati perche' sbavavano sempre - no, e' un battutaccia, scusate, ma visto che oramai sono un vecchio bavoso pure io, potro' pure dirla, no?). Tutti, tutti sbavavano per la Marcellina la Cicaletta. E a quei tempi era solo questione di tempo, prima o poi qualcuno se la portava nella macchia, o sul carretto, o sul lettone, o sulla milleccento chi se la poteva permettere o l'aveva rubata apposta; e o pagando o a forza di botte, che usava cosi', non era come oggi, prima o poi qualcuno, insomma, lo sapete pure voi. Pero', e questa era la cosa strana, la cosa incredibile, la Marcellina la Cicaletta non ci stava con nessuno, e si sapeva difendere. A graffi, a ginocchiate, e soprattutto con la roncola che se la portava sempre dietro: si metteva una cintura, e nella cintura ci teneva infilato il roncio, e dopo che due o tre ci avevano provato, magari solo per fare gli spiritosi, e ci avevano rimediato un ricordino sulla faccia di quelli che restano finche' campi, e ti ha detto pure bene perche' la Marcellina la Cicaletta colla roncola sua sapeva toccare ma sapeva pure staccare, insomma, nessuno ci aveva il coraggio di non rispettarla. Sbavavano, ma non osavano. Tutti, pure io, certo. Pure io, pure io, quando dico tutti, dico tutti. Adesso dico che sono tutte sciapezze, con l'esperienza della vita, ma allora ero giovane, e sbavavo pur'io.
Com'e' come non e', a un certo punto si capi' che alla Marcellina la Cicaletta gli piacevano Linetto e Taccagnino. Valle a capire le donne. E li' gia' era chiaro come sarebbe andata a finire dico io. Che facevano insieme non lo so, se e' questo che volete sapere, io li ho visti solo ballare qualche volta, e non credo che facessero altro, lei ci aveva sempre il roncio alla cintura. Pero' non lo so, magari c'era pure qualcos'altro, ma io non li ho visti mai, mica fo il guardone. Pero' lo capii subito pur'io come andava a finire, lo capirono subito tutti quanti. C'e' proprio bisogno che lo racconto? E allora ve lo racconto.
*
Linetto e Taccagnino s'erano innamorati tutti e due della Marcellina la Cicaletta. Ma loro erano due e lei una sola. Inoltre avevano violato il tacito patto di far parte per se' e non lasciar entrare nessuno nella combriccola, che se vuoi che una societa' funzioni una persona e' poca e tre sono troppe. Che loro la pensavano cosi', io invece penso che sono troppe pure due, ma loro la pensavano cosi', erano proprio amici amici. Invece la Marcellina la Cicaletta la lasciarono entrare, e cosi' da due diventarono tre, e successe quello che doveva succedere. Succede sempre quello che deve succedere. Mi fanno ridere a me gli indovini. La gente e' talmente prevedibile che tu se non ti distrai riesci a capire oggi quello che Cornacchione fara' domani o fra tre mesi o tra dieci anni. La gente fanno tutti sempre le stesse cose, obbediscono agli stessi sentimenti, basta che tu li guardi bene dieci minuti e gli potresti dire il futuro preciso preciso senza sbagliare di un capello. E' fatta cosi' la gente, e' sempre la stessa storia. E se uno ci ha una visione materialistica del mondo, e usa la strumentazione marxista e fa l'analisi concreta della situazione concreta, diventa un gioco da ragazzi: lo sai gia' che il padrone appena puo' licenzia, lo sai gia' che il democristiano ruba, lo sai gia' che l'imperialismo e' in agguato e che le bombe atomiche negli arsenali aspettano solo il momento buono. Lo sai gia' che il marito geloso scapoccera' la moglie giovane, lo sai gia' che se giochi a zecchinetta con Giggiotto de Ggiggetto ti porta via - con rispetto parlando - pure le mutande, e lo sai gia' che Romolo fara' secco Remo. L'umanita' e' cosi' prevedibile che ti fa sempre pena, pure quando ti fa schifo, che in effetti fa scghifo sempre, apposta io ho preferito campare da solo, adesso ci ho una signora che viene una volta al mese per pulire casa che io non ce la faccio piu' per via dell'operazione all'anca che non e' venuta bene, pero' e' da solo che mi paice stare, libero come il vento e la repubblica di Montefiorino, eh?
Che dicevo? Eh? Ah. Di Linetto e Taccagnino. Lo volete sapere perche' Linetto lo chiamavano Linetto? Per via della brillantina, che ci aveva sempre i capelli impiastrati di brillantina. Il povero Linetto, quella fine. E Taccagnino si capisce cosi' facile che non c'e' bisogno di dirlo.
E mo' me so' ppure stuccato da racconta', 'l zeguito ve lo dico 'n'antra vorta. Po' esse. E po' esse pure de no. Era mi' fratello Taccagnino, e in galera c'e' morto. Pe' 'sta sciapezza de 'nnamorasse sia lui che Linetto della Marcellina la Cicaletta. Chissa' se lei campa ancora. Scommetto che e' ancora bella come il sole e la luna messi insieme.
3. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: L'ASSAGGIATORE
Secondo me e' un mestiere come un altro, come il capitano di ventura, l'inquistore, il poeta o il buffone di corte, il gentiluomo e il servo della gleba, il pittore, il teatrante, il boia, l'artigiano, il presbitero e il mercatante, insomma, senza farla tanto lunga, e' un mestiere come un altro.
Rischioso e' rischioso, ma c'e' un lavoro che non ci sono rischi? E perlomeno non e' troppo faticoso. E si sta al caldo, e si siede a tavola con sua santita'. Dico: con sua santita'. E il resto della giornata libero. Che il resto della giornata io lo passo un po' nelle cucine, perche' e' meglio essere amici di chi cucina e a dirsela tutta passo belle mancette a destra e a sinistra perche' non si sa mai, una soffiata ti salva la pelle. Per il resto m'arrabatto, un po' al bordello, un po' girando per botteghe. Che tutte e tutti ci hanno la loro bella supplica per il santo padre ed io sono il canale di trasmissione ideale: discreto, efficiente, e in cambio mi pagano in natura, cosi' sono sempre vestito bene, e la notte non m'infreddolisco mai. Poi, certo, bisogna pure che mi prendo la mia razione di prediche e rosari vari, che l'assaggiatore di sua santita' non puo' mica vivere da turco o da epicureo, si sa.
E cinque volte al giorno c'e' il lavoro. La colazione subito dopo alzato, il pranzo che spesso e' una specie di udienzona, la merenda mentre si gioca a bocce, la cena piu' intima con i cardinali che contano per mettersi d'accordo sulle guerre e le scomuniche, la spaghettata verso mezzanotte che a sua santita' gli piace, e c'e' sempre pure qualche bella ragazzotta, gagliarda e sorridente. Io sto seduto a fianco al santo padre, e assaggio. E naturalmente non sento niente, e' come se non ci fossi, discrezione assoluta che non voglio fare la fine di Caciottone, che era il quart'ultimo prima di me, che aveva detto dal barbiere che aveva sentito cose grosse e dieci minuti dopo le guardie se lo erano bevuto, che a Roma pure i tabernacoli ci hanno le orecchie e ci sono tabernacoli dove che ti giri, e l'avevano torturato per tre giorni e tre notti solo per il gusto di torturarlo che neppure gli fecero una domanda che era una, e poi gli avevano dato fuoco a Campo de' Fiori, perche' pure il pubblico ci ha diritto a godersi lo spettacolo. Io so essere discreto. Pero' ogni tanto ci penso, perche' Romoletto, Gnagnarella e Cicorione, che sarebbero quelli che hanno tenuto il posto tra Caciottone e me, se ne sono andati tutti al creatore che nessuno e' durato piu' di sei mesi, e Gnagnarella tre giorni e due notti. Perche' succede? Succede perche' anche qui, nel cuore della cristianita', il veneficio ha i suoi cultori. Adesso magari ogni volta ci saranno state motivazioni diverse. Magari uno voleva avvelenare sua santita' per una questione di donne, sono cose che succedono; un altro lo voleva far fuori perche' pensava che era un eretico messo li' dai massoni, e pure questo ci sta; un altro ancora magari si era solo sbagliato le dosi del condimento del coniglio alla cacciatore e non c'era nessuna cattiva intenzione. Intanto quei tre sono pippati, e il santo padre ancora e' qui.
Mio cugino, che sotto sotto e' luterano, una volta che eravamo soli ed era sicuro che non ci sentisse nessuno, sussurrandomi nell'orecchio che si capiva una parola su tre me lo chiese: "Ma sara' morale che il papa fa morire avvelenato un povero innocente al posto suo tre o quattro volte all'anno? Sara' cosa da cristiani? Tu che dici?". Io non gli risposi, io non dico niente. Se non facessi questo lavoro e dove li troverei cinque pasti al giorno? E chi me li farebbe tutti quei bei regaletti e quelle carinerie delle giovinotte se non ci avessi l'opportunita' di portare le suppliche al santo padre, eh? Io il lavoro mio me lo tengo stretto.
4. "OPPORSI ALLA VIOLENZA RAZZISTA. TORNARE ALLA DEMOCRAZIA ED ALLA LEGALITA' COSTITUZIONALE". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO
Lunedi' 23 settembre 2019 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' tenuto un incotnro di riflessione sul tema: "Opporsi alla violenza razzista.Tornare alla democrazia ed alla legalita' costituzionale".
Ancora una volta le persone partecipanti all'incontro hanno espresso la necessita' e l'urgenza di un adeguato e corale impegno nonviolento dell'intero popolo italiano affinche', dopo la caduta del governo razzista e golpista che lungo un anno ha commesso scellerati crimini contro l'umanita', si torni ora alla legalita' costituzionale e al rispetto dei diritti umani, e si realizzino al piu' presto alcuni obiettivi irrinunciabili:
1. tornare alla legalita' che salva le vite: abrogare immediatamente tutte le misure razziste e persecutorie imposte dal governo razzista teste' caduto (ma anche le altre imposte dai governi precedenti che hanno aperto la strada all'inabissamento nella brutalita' di quest'ultimo anno);
2. tornare al primo dovere di ogni essere umano e di ogni umano istituto: ripristinare l'adempimento del dovere di soccorrere chi e' in pericolo;
3. distinguere il bene dal male: che siano processati nei tribunali della Repubblica i responsabili di crimini contro l'umanita' e di attentato contro la Costituzione;
4. tornare alla Costituzione: ripristinare la legalita' costituzionale che il governo della disumanita' ha infranto;
5. una persona, un voto: riconoscere il diritto di voto e tutti gli altri diritti sociali, civili e politici a tutte le persone che vivono in Italia, facendo cessare l'effettuale regime di apartheid e di schiavitu' di cui sono vittima milioni di nostri effettivi conterranei;
6. far cessare la strage nel Mediterraneo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
5. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UN TASSISTA
No, io non mi lamento, mi sta bene cosi'. E' un lavoraccio ma ce ne sono di peggiori. Per esempio raccogliere i pomodori. Quelli non sono lavori, sono pene del'inferno, se cosi' posso dire. Invece io, in fin dei conti. E poi non e' che ci sia tutta 'sta liberta' di scelta, eh, si fa il lavoro che ti capita. Per il resto c'e' l'alcool e le polverine. Avete capito quali, si'? Si' che avete capito. E il viagra, come no.
E poi a me guidare mi piace, metto lo stereo a palla per non sentire le lagne dei passeggeri e fo il lavoro mio e finito l'orario chi s'e' visto s'e' visto. No, la macchina e' naturale che va pulita ogni volta, dentro e fuori, che certe schifezze che non vi dico. Pero' la porti all'autolavaggio e ci pensano loro. Se ci pensassi io risparmierei qualche liretta, e' vero, ma non ci ho proprio voglia, preferisco spendere due soldi e non sporcarmi. Lo so, lo so, magari trovi l'orecchino di brillanti, e cosi' invece se lo pappa quello dell'autolavaggio. Lo volete sapere che dico io? Chissenefrefa. Chissenefrega dico io.
Se e' un lavoro faticoso? Perche', voi conoscete lavori che non sono faticosi? Se e' un lavoro pericoloso? E due: voi me lo sapete dire un lavoro che non lo e'? Se e' fastidioso? Arintigna! Pago da bere a chi mi sa dire un lavoro che non e' un fastidio. Nessuno alza la mano, eh? Ce lo sapevo. Non alza la mano nessuno. E' fastidioso tutto, mica solo i lavori. Magari i lavori che si fanno da soli gia' sarebbero un po' meglio, senza scocciatori, e poi e poi, che certe volte uno si stufa pure di quelli, che certe volte uno s'annoia pure davanti alla televisione, e gira canale e gira e gira e gira e non trova niente, e pure se trova qualche cosa e' niente lo stesso; perche' la verita' e' che dopo un po' tutto t'annoia, perche' non sono le cose che ti annoiano, sei tu che t'annoi da te, pure nel bel mezzo del bel gioco - avete capito quale, si' che l'avete capito - che e' proprio per questo che si dice che dura poco, no?
Io comunque non mi lamento. Servirebbe a qualche cosa? Io dico di no. E poi poteva andarmi meglio, magari se avevo studiato da giovane, pero' poteva pure andarmi peggio, no? E allora non mi lamento. Che mi dovrei lamentare a fare? Non serve a niente, a niente serve. Certo, ce le ho anch'io le mie idee, mica ho portato il cervello all'ammasso, pero' me le tengo per me. Saggia politica estera dico io, no?
*
Figurarsi. Tutte le volte. Sul lavoro e fuori del lavoro. Al bar, per dirne una: come dico che faccio il tassista tutti mi fanno il pezzo di De Niro davanti allo specchio di "Taxi driver", che io neanche l'avevo visto quel film quando usci', e neppure in televisione che la televisione non la guardo che mi annoia, pero' dopo la cinquecentomilionesima volta che un cretino faceva quell'imitazione mi sono comprato la cassetta. E adesso e' uno dei miei film preferiti. Insieme a "Ombre rosse". E ci mancherebbe. E a chi non gli paice "Ombre rosse"?. Che dite? ah, si', come no, l'ho visto, ho visto pure quello. E' forte, magari non sara' un classico ma e' un film fatto bene. E Tom Cruise, che di solito recita che pare un peracottaro che gli gonfieresti la faccia a forza di schiaffi, li' una volta tanto fa l'attore invece che il peracottaro, pare quasi Johnny Depp. Non e' vero? Altroche' se e' vero. E la colonna sonora? Non si riesce quasi mai a vedere un film con la colonna sonora sopportabile. Giusto "Pulp fiction", eh? No, per carita', non dico di essere un esperto, pero' il cinema mi piace. Se ci avessi piu' tempo, ma col lavoro che faccio dove lo trovo il tempo? Non e' solo per l'orario, certo, pure per quello, ma soprattutto e' lo stress. Che a dire il vero io dico che certe volte e' il lavoro piu' stressante del mondo. Che ti verrebbe voglia di guidare e non pensarci. E invece devi restare concentrato, concentrato sempre sul lavoro, sulla strada, sul mezzo, e' il lavoro tuo e devi farlo bene, anche se lo fai da una vita. Quando si lavora, soprattutto quando si guida, uno non si deve distrarre mai. Lo sapete come dicono, ogni distrazione potrebbe essere fatale. Dice cosi' la gente, no? Pero' tutti si aspettano che gli dai pure da chiacchierare ai passeggeri, come se facesse parte del servizio. Che invece io non ci ho nessunissima voglia di starli a sentire che mi hanno proprio scassato le recchie con le chiacchiere loro, che ognuno gli pare che certe cose sono successe solo a lui e invece sono sempre le stesse per tutti, e uno che guida le ha sentite gia' settanta volte sette miliardi di volte, sempre le stesse, che certe volte ti verrebbe voglia di girarti e sfragnergli il muso. Lasciamo perdere, va.
La cosa peggiore e' che e' un lavoro che non finisce mai. Ci sono lavori che finiscono, che ne so, come costruire una casa, che arriva il giorno che e' finita. Oppure fabbricare una lavatrice, una mensola, un lanciafiamme, una merce qualunque con le sue specifiche, il suo prezzo di mercato, il suo pezzo di forza-lavoro strappata dalla carne viva dell'operaio e incorporata nel plusvalore. Lavori che e' chiaro quando cominciano e quando finiscono. Come giocare una partita, l'arbitro fischia e uno ha vinto e uno ha perso, magari ai rigori. Tutto finisce, ed e' un sollievo, dico io. Invece questo e' un lavoro che non finisce mai. Piu' ne porti e piu' ne arrivano. Finira' con la fine del mondo, e forse neanche allora, che magari poi ti riconvertono ad altre mansioni e devi continuare lo stesso. Io non vedo l'ora che arrivi la fine del mondo per vedere una buona volta che succede.
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Se ne vedono di ogni genere, di tutti i colori, e sempre la stessa lagna. Quello che si lamenta e non la fa piu' finita. Quello che ancora litiga: ma ci pensate? ancora litiga! Quello che non si raccapezza ed e' inutle che gli spieghi come stanno le cose tanto continua a fare il monologhetto suo come se fosse in una cantina negli anni Settanta a fare il teatro dell'assurdo, il babbeo. Quello che era tutta colpa della moglie. Quello che mai se lo sarebbe immaginato. Quello che se mi ricapitasse. Quello che non ha colto l'attimo e quello che invece l'ha colto, e quello che invece l'attimo l'ha colto quell'altro. Non li reggo, non li reggo proprio. Allora metto lo stereo a palla e m'inebrio di Patti Smith e di Bruce Springsteen e chissenefrega di quelli sul sedile dietro. Ci fosse uno che si rassegna, dico uno che e' uno. Certi vecchi bacucchi e tanto pure loro, pure loro, tutti. Non ci sta nessuno, rugano tutti. Che tanto ce lo sanno che non c'e' niente da fare, che non gliene frega niente a nessuno, ce lo sanno, ce lo sanno, pero' continuano a frignare, a frignare, a frignare, e a rugare, a rugare, a rugare, tutti avvocaticchi, tutti commissari tecnici della nazionale, che gli si potesse seccare la lingua, che ti viene voglia di spaccargli il grugno a martellate e non e' detto che prima o poi... ma no, no, sono un professionista, no? Metto lo stereo a palla e fo il lavoro mio. Continuassero pure a chiacchierare, chi li sente?
E' raro trovare qualcuno che ci si puo' parlare da persone civili, come con voi adesso. Mosche bianche. Che di solito invece arrivano qui e ancora pretendono, come se non fosse successo niente, e come se io fossi il maggiordomo, quello che dice buonasera signore ed apre la porta della magione di campagna o dell'hotel di lusso o del bordello che gli prenda un canchero o la sifilide, grazie signore, torni a trovarci signore. Ma va' a quel paese, ma va a magna' 'l sapone, ma va 'ndo ce lo sai ch'hae d'anna' e allora vacce. Ecco: e' lo stress, lo dicevo prima, e' un lavoro che stressa. Ma con certa gente vorrei vedere voi. Sono tutti uguali, tutti tutti. Altro che le frescacce di Origene e di von Balthazar; e quegli altri due regni poi: le favolette, le comiche, lo zuccherino per la purga: quelli primo non esistono, e secondo se esistessero (e non esistono) quelli si' che sarebbero vuoti, perche' c'e' solo questo di regno, branco d'imbecilli, prima e dopo, che e' lo stesso posto e la stessa storia e la stessa vita e la stessa - fatemi stare zitto che e' meglio, che il turpiloquio non fa bene alla salute -, solo che qui non e' come li', qui dura in eterno il patimento, e la puzza, e lo schifo. E se lo meritano, eccome se se lo meritano, ve lo meritate tutti. Tutti, tutti se lo meritano, tutti ve lo meritate di essere traghettati oltre l'Acheronte, ve lo dico io ve lo dico.
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 352 del 9 novembre 2019
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