[Nonviolenza] Approssimandosi l'anniversario della nascita di Alfio Pannega



APPROSSIMANDOSI L'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI ALFIO PANNEGA

Si avvicina il 21 settembre, anniversario della nascita di Alfio Pannega; e quanti hanno avuto la fortuna di essergli amici e compagni di lotte lo ricordano ancora con l'affetto di sempre e la nostalgia che ogni anno si fa piu' struggente.
Perche' il ricordo di Alfio se da una parte si offusca nei dettagli che svaniscono o che l'incessante lavorio (e rovello, e travaglio) della memoria rimodella e semplifica, dall'altro si fa piu' nitido nella visione globale e, verrebbe da dire, nell'interpretazione figurale - riprendendo il concetto che Auerbach cosi' sapientemente illustro' con riferimento all'opera dantesca - della sua persona, della sua azione, della sua testimonianza che nell'accrescersi della distanza temporale si chiarifica vieppiu', e ci convoca ancora e ancor piu' ai nostri doveri, ai doveri di tutti gli esseri umani compresi del compito ineludibile di agire per il bene comune dell'umanita'.
Per molti, che lo conobbero solo superficialmente, Alfio fu e resta soltanto una sorta di epitome incarnata di una viterbesita' fatta di tratti arguti, di vita agra e grama di fatiche e sofferenze, ma anche di prorompente vitalita' ed amore per questa terra e la sua gente, la sua storia, le sue tradizioni autentiche e quelle mitiche o mitizzate. E questo certamente Alfio fu, ma fu anche molto di piu'. Ed e' quel di piu' che ancora una volta qui si vorrebbe rievocare.
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L'uomo generoso che condivideva senza esitazioni e senza rimpianti i suoi scarsi beni con ogni persona che gli chiedesse soccorso ed ospitalita'.
L'uomo che aveva fatto tutti i lavori piu' faticosi e meno apprezzati, e che ne aveva tratto la coscienza del diritto di ogni essere umano alla dignita' ed alla solidarieta'.
L'uomo che aveva vissuto in una grotta, prima con la madre amatissima e poi da solo, e che aveva subito torti ed ingiustizie, ed emarginazione e fin angherie, ma che gli stenti e le sofferenze di cui aveva fatto amara esperienza non avevano peggiorato, ne' avvilito, ne' corrotto; al contrario: non solo non era stato corroso dalla frustrazione e dalla rabbia, ma anzi quelle dolorose sue vicenda seppe interpretarle come uno straordinario esperimento di verita' per dirla con Gandhi; come una esperienza che lo ricongiungeva a tutte le vittime di tutte le oppressioni; come un vissuto prima subito e poi rivendicato che rendeva ancora piu' forte il suo appello nitido e incandescente alla lotta di tutte le oppresse e di tutti gli oppressi per la liberazione comune dell'umanita' intera da ogni privazione e da ogni oppressione.
Sapeva tradurre la coscienza di sfruttato in analisi della societa' e della storia, e in appello alla lotta contro tutte le ingiustizie, in programma di liberazione dell'umanita' intera, in riaffermazione degli immortali principii dell'89: liberta', uguaglianza, fraternita'.
Ugualmente, le amarezza della vita non lo avevano piagato, non gli avevano strappato la gioia di vivere, non ne avevano mutilato l'anima fiera e generosa: era un uomo che non conosceva il risentimento e il rancore. Ai torti subiti e alle ingiustizie tutte sapeva rispondere con la riflessione morale e la lotta politica per i diritti di tutti, con la solidarieta' con tutte le vittime, con la fraternita' con tutte le oppresse e tutti gli oppressi, con l'umanita' cosi' com'e' e come dovrebbe essere. Fu sempre un coraggioso e invitto difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani, un difensore di tutti gli esseri viventi, un difensore di quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera. Fu sempre un esempio della virtu' della misericordia che si fa pratica concreta di condivisione ed insurrezione nonviolenta contro ogni violenza, contro ogni ingiustizia, contro ogni menzogna, contro ogni vilta'. Fu sempre un amico della nonviolenza, che e' la resistenza antifascista che continua sempre e non si arrende mai.
Un tratto che forse solo gli amici piu' intimi gli conoscevano e che gli era piu' proprio, connaturato, consustanziale, era il riserbo, la discrezione, la delicatezza, l'attenzione weiliana per il mondo e per l'altra persona; certo, vi era anche l'Alfio dalla battuta fulminante, dall'eloquio popolano robusto e fin ruspante; ma nel conversare tra amici rivelava una nobilta' d'animo ed una finezza di tratto e di gusto, una gentilezza e una prossimita' che nel ricordo ancora mi commuove.
Era un militante comunista libertario. E' difficile spiegarlo a chi oggi trangugia e prende per verita' le idiozie vomitate dalla televisione, ma la storia dei comunisti in Italia non e' quel coacervo di grigiore, ipocrisia, demenza e complicita' di cui favoleggiano gli eterni aedi di tutti i poteri dominanti; e' stata un'altra cosa. Nelle classi oppresse e' stata un'esperienza di umanita' luminosa e aggettante verso quella che Ernst Bloch chiama la patria ancora da venire, quel regno della liberta' in cui ogni essere umano sara' un aiuto per ogni altro essere umano. Che poi ci si chiamasse comunisti o socialisti o anarchici o libertari, che si fosse iscritti al partito o al sindacato o che si volesse rivendicare la condizione di "cani sciolti" o di militanti in piccole e minime organizzazioni di lotta, o che si fosse soltanto coscienti di essere sfruttati e vessati e quindi parte dell'umanita' sofferente il cui grido lacerava i cieli e chiamava ad insorgere, fu e resta un sentire comune e un condiviso agire che umanizzava e riscattava il mondo, e che ancora oggi apre la via nella morta giungla e nei vertiginosi labirinti in cui i poteri dominanti riducono le persone a merce e consumo, a scarti e rovine, a statue di sale e belve.
La difesa intransigente dei diritti umani di tutti gli esseri umani: questo e' stato ed e' ancora la lotta delle classi oppresse, la resistenza delle persone denegate, il sollevarsi dei popoli violentati e fin animalizzati (e' la formula icastica di Frantz Fanon, psichiatra e combattente contro il colonialismo); il sentimento di solidarieta' con tutte le vittime dell'oppressione, la condivisione del dolore e delle speranza (la lotta di Rosa Luxemburg contro la guerra e contro l'incipiente totalitarismo perche' "la liberta' e' sempre la liberta' di chi la pensa diversamente da noi", il "principio speranza" di Bloch e di Moltmann, il pugnace "principio disperazione" di Guenther Anders, il principio responsabilita' di Jonas, la vita activa e il miracolo della nascita e l'opposizione al totalitarismo di Hannah Arendt, la critica di tutte le istituzioni totali e di tutte le ideologie e le forme di organizzazione e le prassi repressive e disumananti condotta dalla scuola di Francoforte, l'analisi e la proposta di Virginia Woolf nelle Tre ghinee - questo capolavoro del pensiero politico contemporaneo); la fraternita' e sororita' intimamente sentite e vissute in ogni fibra del proprio essere, ed insieme il movimento esistenziale, personale, sociale e storico, concreto e coerente, contestuale e complesso, lacerato ed infinitamente aperto, di riconoscimento e di comunione con l'umanita' intera. La "forza dell'amore" di Martin Luther King, e il "rispetto per la vita" di cui ci parlava il dottor Schweitzer.
Alfio estendeva questo rispetto e questa solidarieta' non solo a tutti gli esseri umani, ma anche agli animali - innanzitutto agli amati cani di cui si circondava e che accudiva amorevolmente -, ma anche alle piante, alla citta' e alla terra, alle persone passate, presenti e venture, alla storia e al futuro.
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E questo anelito di liberazione, questo concreto impegno di lotta per la dignita' di tutti e di ciascuno, era il cuore del suo amore per la cultura.
Fin dall'eta' piu' verde possedeva e padroneggiava la cultura scolastica di chi era stato in collegio, con la fame di sapere del povero che nella cultura vede la via e la sostanza dell'emancipazione, del riconoscimento di dignita', della giustizia e della liberta'; ed era una cultura certo rigidamente definita entro i confini tipici di un tempo in cui un libro che avesse meno di settant'anni era ipso facto sospetto di eccessiva modernita'; ma era altresi' di alto livello ed indelebilmente impressa nel ricordo: Dante e i poemi cavallereschi soprattutto, e poi gli altri classici della poesia italiana che allora si mandavano a memoria, Manzoni e Leopardi, i risorgimentali come Berchet e Fusinato, Giusti e Mercantini, e poi Carducci e Pascoli, naturalmente.
Ma quella cultura l'aveva poi ulteriormente coltivata nel corso dell'intera sua vita, e fecondata nel contatto vivo con l'esperienza della poesia a braccio e della cultura artigiana e operaia, e soprattutto contadina: ricca di doni sapienziali, morali e scientifici, di saperi botanici e zootecnici, di scienza della terra e della vita, ma anche della filosofia come milizia di cui parlavano gli stoici antichi, ed anche di conservazione nella memoria di un patrimonio di conoscenze classiche e di tecniche letterarie finissime.
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E da militante comunista libertario Alfio Pannega e' stato vivacemente presente in tutte le lotte a Viterbo e nell'Alto Lazio condotte per la pace e i diritti umani, di solidarieta' internazionale con i popoli oppressi, contro l'emarginazione e le istituzioni totali, in difesa della natura e contro un modello di sviluppo onnidivoratore ed onnidistruttivo, contro il razzismo e contro il maschilismo.
In un atteggiamento mai arcigno ed accigliato, ma sempre aperto alla gioia e alla festa, nell'amore per la vita, nell'accudimento e nell'empatia per e con il mondo vivente tutto; coltivando e praticando, per intima convinzione e come esito della sua propria esistenziale ricerca e meditazione e pratica, le virtu' che il movimento di liberazione delle donne ci ha insegnato a riconoscere come decisive per la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutte e tutti, per la salvezza comune dell'umanita' e della biosfera.
L'amore per la conoscenza e la pratica della condivisione, l'ascolto dell'altra persona e la lotta in difesa del bene comune, quell'"esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa" di un distico di Saba, era tutt'uno col suo antifascismo, con la sua nonviolenza.
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Aveva conosciuto e contrastato la barbarie fascista e poi la violenza vampiresca, alienante e desertificatrice del neocapitalismo, nella persistenza e nelle trasformazioni del potere che offende e dissangua: dal blocco agrario prima, ai rampanti saccheggiatori del blocco edilizio poi, dal notabilato al clientelismo, dal familismo amorale fino al regime della corruzione e della penetrazione dei poteri criminali, alla governamentalita' ed alla biopolitica di cui parlava Foucault nei suoi corsi.
E' deceduto prima dell'attuale estremo imbarbarimento, ma la sua testimonianza, la sua lezione, il suo lascito morale e civile ancora illuminano la nostra lotta contro il razzismo, contro la violenza, contro i poteri che "hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace" (come si legge in quel luogo di Tacito).
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Resta ancora da ricordare la fase forse piu' bella e preziosa della sua vita: gli anni dell'esperienza del Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di cui fu decisiva anima dal primo giorno di quell'estate del '93 fino all'ultima ora della sua vita nella primavera del 2010, sul finire di aprile, che e' veramente "il piu' crudele dei mesi".
E resta da ricordare la lotta per il diritto di tutte e tutti alla casa, che fu l'ultima sua grande iniziativa, l'ultima campagna di lotta e di solidarieta' in cui mise ancora una volta tutto se stesso, ancora una volta gettando il cuore oltre l'ostacolo, ancora una volta l'Ulisse del XXVI della prima cantica dantesca. Nel corso di quella lotta mori'.
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Gli anni passano, e chi scrive queste righe ha l'impressione che occorrerebbe fare molto di piu' per tramandarne la testimonianza.
Ed e' un impegno che si deve richiedere ad esempio agli studiosi locali di storia patria: in questi ultimi tempi preziose ricerche ha condotto Vincenzo Ceniti, cui va anche la nostra gratitudine.
Ed ovviamente Antonello Ricci, che la testimonianza di Alfio raccolse pochi mesi prima che fosse troppo tardi e restitui' in un volume che e' finora unico, e che forse potrebbe svolgere adesso una nuova ricerca raccogliendo e studiando le voci di chi Alfio conobbe e che potrebbe recare testimonianze preziose, preziose per la citta', preziose per l'umanita'; una ricerca sul modello di quelle di Nuto Revelli, per intenderci.
E naturalmente Pietro Benedetti che tiene vivo il ricordo di Alfio con uno spettacolo teatrale in cui lo impersona con virtu' mimetica tale che per i piu' giovani che non lo hanno conosciuto Alfio rivive in lui ed attraverso lui ancora dona il suo esempio ed effonde la sua capacita' educativa come autentica prassi di liberazione.
Ma tante altre persone che gli furono amiche potrebbero dare ancora ulteriori preziose testimonianze: da Mauro Galeotti, gia' benemerito per i molti libri di documentazione su Viterbo in cui dispiega un infinito amore per la citta' e i suoi abitanti; a tanti militanti politici della sinistra che con Alfio ebbero una sincera, autentica amicizia (e penso ad esempio ad Ugo Sposetti); ma anche, e direi forse soprattutto, le persone che piu' intensamente hanno preso parte all'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", che hanno vissuto con lui giorno per giorno, condividendo quotidianamente esperienze e riflessioni dal 1993 al 2010. E penso in primo luogo a Luciano, ad Antonietta, ad altre persone cui chi scrive queste righe e' legato da un affetto profondo e dalla condivisione di indimenticabili esperienze di lotta e di vita.
All'indomani della scomparsa di Alfio ebbi a formulare la proposta della costituzione di un "Archivio Alfio Pannega", che raccogliesse materiali e testimonianze di e su di lui. E' un impegno ancora da adempiere, anzi, ancora da iniziare: e sono passati gia' nove anni.
Oltre il libro curato da Antonello Ricci ci sono le fotografie di Mario Onofri, che anch'egli ci ha lasciato - ancor giovane - alcuni anni fa; e le fotografie di Francesco Galli, di Massimo Vollaro, di tanti altri ancora. E registrazioni audio e video sparse fra tanti amici di cui sarebbe opportuno fare copie e raccoglierle in un unico luogo. Ed alcune altre testimonianze: un prezioso articolo di Paolo Arena, alcune elaborazioni grafiche di Giselle Dian che alcuni anni fa tradusse in immagini alcune poesie di Alfio, volantini ed altri documenti che forse Arianna Marullo ha conservato... e non elenco altri nomi tra i molti che mi si affollano in mente poiche' certo ne dimenticherei comunque qualcuno.
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Sono passati ormai nove anni dalla scomparsa di Alfio, e tra soli sei anni sara' il centenario della nascita.
Sarebbe una buona cosa, una buona cosa per Viterbo, e non solo, se in occasione del decennale della scomparsa prima, e del centenario della nascita poi, la ricerca documentaria e storiografica sulla sua figura e la sua esperienza fosse impegno comune e pubblico della citta'.
E forse il Comune, l'Universita', il Consorzio Biblioteche e gli altri istituti di civica rappresentanza e di cultura presenti potrebbero cominciare fin d'ora a promuovere e sostenere un impegno in tal senso; cosi' come, indipendentemente o congiuntamente, gli amici e i compagni di Alfio che non lo hanno dimenticato.
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Ma non posso concludere questo breve ricordo di un vecchio amico e compagno di lotte, senza ripetere una volta ancora che se Alfio fosse vivo oggi, ci chiamerebbe sulle barricate contro il razzismo e il fascismo che torna, in difesa delle sorelle e dei fratelli perseguitati, abbandonati nei lager libici, naufraghi in mare, abbandonati tra gli artigli delle mafie schiaviste la' e qui.
Se Alfio fosse qui, ci convocherebbe a scendere in piazza ancora una volta in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Se Alfio fosse qui, sarebbe con noi - ci sia concesso di ripeterlo ancora una volta con le stesse parole che da giorni e giorni ripetiamo - a rivendicare la necessita' e l'urgenza di un adeguato e corale impegno nonviolento dell'intero popolo italiano affinche', dopo la caduta del governo razzista e golpista che lungo un anno ha commesso scellerati crimini contro l'umanita', si torni ora alla legalita' costituzionale e al rispetto dei diritti umani, e si realizzino al piu' presto alcuni obiettivi irrinunciabili:
1. tornare alla legalita' che salva le vite: abrogare immediatamente tutte le misure razziste e persecutorie imposte dal governo razzista teste' caduto (ma anche le altre imposte dai governi precedenti che hanno aperto la strada all'inabissamento nella brutalita' di quest'ultimo anno);
2. tornare al primo dovere di ogni essere umano e di ogni umano istituto: ripristinare l'adempimento del dovere di soccorrere chi e' in pericolo;
3. distinguere il bene dal male: che siano processati nei tribunali della Repubblica i responsabili di crimini contro l'umanita' e di attentato contro la Costituzione;
4. tornare alla Costituzione: ripristinare la legalita' costituzionale che il governo della disumanita' ha infranto;
5. una persona, un voto: riconoscere il diritto di voto e tutti gli altri diritti sociali, civili e politici a tutte le persone che vivono in Italia, facendo cessare l'effettuale regime di apartheid e di schiavitu' di cui sono vittima milioni di nostri effettivi conterranei;
6. far cessare la strage nel Mediterraneo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
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Una breve notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti. Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione. Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura. La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa. Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo

Viterbo, 19 settembre 2019

Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it