[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 869



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 869 del 16 aprile 2018

In questo numero:
1. Alcuni fogli volanti del 2003 e del 2004
2. Una sera di Chico Mendes
3. Ad alcuni amici suoi di Catania
4. Benito D'Ippolito, Osvaldo Caffianchi, Luciano Bonfrate: un dialogo su Lanza del Vasto, in tre sonetti per le rime
5. Blues del nostro fratello dottor King
6. In memoria di don Beppe Socci
7. Domenico Sereno Regis, una litania con una chiusa in forma di epigrafe
8. Della memoria del dolore e del dolore della memoria
9. Le false memorie
10. In cammino
11. Nelle nostre mani
12. Blues del treno della morte
13. Un encomio e un incitamento
14. Aderendo a un appello per la pace
15. Benito D'Ippolito, Osvaldo Caffianchi, Luciano Bonfrate: In memoria di don Sirio Politi, a quindici anni dalla scomparsa
16. Una leggenda apocrifa ovvero eulogia di Massimiliano di Cartagine
17. Una canzone per Marianella Garcia. Nel ventesimo anniversario della morte
18. Ai partecipanti all'incontro di Assisi
19. Epigrafe per il resistente Josef Mayr-Nusser
20. Rachele
21. Nel chiasso
22. Per Oscar Romero
23. La scacchiera
24. Ancora una cantata dei morti invano
25. In memoria di Martin Luther King
26. In memoria di Primo Mazzolari
27. In memoria di Dietrich Bonhoeffer
28. Uomini e tigri
29. In memoria di Alice Paul
30. Franz Jaegerstaetter, nel sessantesimo anniversario della morte
31. Da Assisi a Gubbio ricordando Darina Silone
32. Gita a Guantanamo. Parla la guida turistica
33. Dalle miniere della storia ansiosi
34. Un improvvisato saluto agli amici del Centro di educazione alla mondialita' riuniti a Viterbo in questi giorni
35. Ruminazioni di un viandante eugubino
36. Cancun
37. Agli amici della Rete Radie' Resch in occasione della decima marcia per la giustizia da Agliana a Quarrata
38. Biko
39. Ballata dei governi che sanno quel che fanno
40. L'interprete
41. Prime ed ultime risultanze di un'inchiesta privata sulla strage di Nassiriya
42. Alcuni frammenti da due cantate in memoria di due persone amiche scomparse in questi giorni
43. Cantata per Danilo
44. Facile
45. Tre prischi idilli e uno scherzo con fuoco

1. MATERIALI. ALCUNI FOGLI VOLANTI DEL 2003 E DEL 2004

Riproponiamo qui alcuni fogli volanti apparsi nel nostro notiziario nel 2003 e nel 2004.

2. UNA SERA DI CHICO MENDES

"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede"
(2 Tm 4, 7)

La selva e nella selva l'altra selva
quella nei laghi neri del cuore
quella ove incontri lupe, leoni, lonze
e i killer prezzolati dai padroni.

La selva e nella selva vivi gli alberi
e sotto la corteccia il sangue loro
ed e' mestieri di cavarne stille,
fratelli alberi, abbiamo fame anche noi.

La selva e nella selva gli abitanti
della selva. Ed ecco stabiliamo
un patto nuovo tra noi della foresta,
fratelli umani che dopo noi vivrete.

La selva e noi, le donne antiche e gli uomini
antichi e gli uomini e le donne che eccoci.
Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo
parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi
abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti
vogliamo vivere.

La selva e nella selva io Chico Mendes
e tre proiettili che passo dopo passo
di ramo in ramo di talento in talento
dal portafogli e dalla scrivania
fino alla tasca e alla cintura e alla fondina
e' tanto che mi cercano, e cercano me
Chico Mendes, il sindacalista
l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza.

Ed e' gia' questo ventidue dicembre
del mille novecento ottantotto
questa e' la porta di casa mia, sono
le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno
nel giorno di Natale antica festa.
Piangono nella selva lente lacrime
di caucciu' le piante, piange l'indio
piange Ilzamar, Sandino ed Elenira
piangono e piangono i compagni tutti,
il sindacato piange e piange il cielo
in questa sera senza luce e senza scampo.

Mentre mi accascio guardo ancora il mondo
che possa vivere
ho fatto la mia parte.

3. AD ALCUNI AMICI SUOI DI CATANIA

Degli infiniti mondi questo era
dei ciarlatani il mondo.
E dei mafiosi.

E delle oppresse e degli oppressi in lotta
per il riscatto e per la dignita'.

Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo
ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa
alla salute.

Ministri e cavalieri, stallieri e magnati
ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere
quella faccia di greco antico
che certo amava la vita.

Amava la vita ed amava la Sicilia
che e' la vita quando la vita e' insieme felice e amara.
Amava la Sicilia che e' la Grecia
di Empedocle e il mondo quando tutto
era colmo di dei e di dee. Amava
la Sicilia che non si arrende, la Sicilia
dei contadini e degli zolfatari,
degli emigranti e delle magre donne
forti come la roccia.

Era uno come Diderot: fece piu' che delle opere
fece delle persone.
Trovo' compagni e suscito' la lotta, quando
tutti tacevano e lui levo' la voce, e cosi' quando
sarebbe stato facile cedere in una smorfia,
in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui
levo' la voce.

Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato
lo avevano, ma lui
niente
e con quel sorriso e con quel cercare grane
sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna.
Lo avevano avvisato ma lui niente
testa dura che voleva spianare le montagne.

Poiche' non lo fermarono i sorrisi
poiche' non lo fermavano gli avvisi
poiche' cresceva intorno a lui, tramite lui
quella cosa che si chiama Resistenza
e puoi dirla solamente in lieve soffio,
mandarono a fermarlo infine i killer.

Sono passati anni e a quella notte
tante altre fredde notti di dolore
si sono aggiunte tale che s'incrina
il mondo sotto il peso della mole.

Sono passati anni e Pippo Fava
e' ancora qui, compagni, e vive ancora
e vivra' ancora finche' tu non cedi.

4. BENITO D'IPPOLITO, OSVALDO CAFFIANCHI, LUCIANO BONFRATE: UN DIALOGO SU LANZA DEL VASTO, IN TRE SONETTI PER LE RIME

I. Benito D'Ippolito agli amici suoi Osvaldo e Luciano

Tra le figure della nonviolenza
piu' grandi, quella di Lanza del Vasto
sempre mi e' parsa nella sua essenza
interrogante ad un fatal contrasto.

Cosi' assertiva come avesse scienza
di cio' che e' sano e cio' che invece e' guasto
come se avesse un metro la coscienza
che misurasse tutto in sguardo casto.

Enigmatica percio' figura
cosi' esigente e cosi' netta e forte
quasi vedesse la vita futura

e invece io solo questo ho avuto in sorte
di dubitar di tutto per natura
sempre sentendo il morso della morte.

II. Osvaldo Caffianchi agli amici suoi Benito e Luciano

Aveva nello sguardo la sapienza
che si coltiva camminando, e vasto
il mondo andando pellegrino e senza
della violenza sopportare il basto.

non ammetteva torpida indolenza,
e univa in sobrieta'; il fasto nefasto
bandiva come esca e come lenza,
e combatteva dei vizi l'impasto.

Di salda presa con mano sicura
dava soccorso a quanti gia' ritorte
e ceppi inviluppavan, la statura

rivendicando in tutti, e le piu' assorte
chiamando menti a risvegliarsi, e cura
prendendosi di contrastar la morte.

III. Luciano Bonfrate agli amici suoi Benito e Osvaldo

Nemico sempre di ogni ria violenza,
della saggezza il fiero e dolce pasto
recava in dono con la sua presenza
di buon amico e consiglier teofrasto.

Poneva chiara e netta l'esigenza
di verita', di impegno, e facea tasto
dell'altrui persuasione e diligenza
di voti dando rigido un catasto.

E' ostica anche a me la scelta dura
dell'ordine, la regola, le accorte
tassonomie in cui sento le mura

che per protegger soffocan le smorte
anime, e temo generin rancura
e sian di essenza viva forme morte.

5. BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
la storia lo aspettava a una fermata d'autobus
e la storia quel giorno
aveva il volto stanco e i piedi gonfi
di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata.

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
ma aveva un sogno e quando sogni forte
non c'e' muraglia che possa resistere
ed e' quel sogno che mette in cammino
la carovana umana, che sempre sia lodata.

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
paziente lo attendeva il suo sicario
e quelli che pagarono il sicario
ancora comandano, certo
ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata.

Ancora comandano, e' vero, gli oppressori
ma la marcia di Martin Luther King,
poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata
essa continua con le nostre gambe
coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra.

6. IN MEMORIA DI DON BEPPE SOCCI

C'e' una Viareggio che non va in diretta
sui network degli assassini.
E' la Viareggio di cuore grande
la Viareggio degli animi bambini.

Don Beppe Socci, prete operaio
come don Sirio scelse la sua parte:
al fianco di chi soffre costruire
pace e giustizia fu la loro arte.

Viveva l'utopia che costruisce
mani di fabbro, e agile anima di ballerina
aveva fede nello spirito incarnato
nella piu' fonda notte recare la mattina.

Aveva quel sapere che si sa
solo se si e' insieme, la sapienza
che solo se e' coscienza vale e va
contro l'orrore e lo sconfigge, scienza
che si fa azione e comunione e gia'
ne sai tu il nome, e il nome e' nonviolenza.

7. DOMENICO SERENO REGIS, UNA LITANIA CON UNA CHIUSA IN FORMA DI EPIGRAFE

Aveva un nome che era gia' un programma.

Domenico vuol dire la persona
che e' del Signore ed ha la sua fiducia
un nome che portato porta festa.

Sereno poiche' nulla e' la bonta'
se non sa dare la serenita'
senza di cui solo il dolore resta.

Quel Regis che tradotto vuole dire
"del re" a quale re allude? Certo
il Re che volle farsi servo attesta.

Aveva un nome che era gia' un programma
ma il nome e' nulla e nulla e' il programma
se non sovviene virtu' d'operare
che' l'opera e' che invera la parola
e la parola a farsi carne aspira.

Fu operatore di pace, Domenico Sereno Regis.
Gli amici non l'hanno dimenticato.

8. DELLA MEMORIA DEL DOLORE E DEL DOLORE DELLA MEMORIA

I.
Quando ricordi il dolore
aggiungi un dolore ancora. E la memoria
del dolore infinito e' infinito
protrarsi del dolore. Tutto ne geme,
ne scricchiola il mondo, e l'anima.

Quando ricordi il dolore
un nuovo dolore sopporti
ma non dissemini nuovo dolore
il vecchio cerchi d'addomesticare
che meno ti graffi lo sguardo
t'incrini meno la voce, il cuore
nel raccontare un poco si disserri.

Ma quando ricordi quel dolore
frutto del male innominabile, quel male
ancora ti strazia e smarrisce.
Non puoi dartene ragione, non puoi
domesticarlo, no, non puoi.
Cosa ti accade allora?

II.
Si puo' raccontare l'inenarrabile?
e si puo' razionalizzare cio' che sfugge
alla ragione? e si puo'
fare memoria di cio' che dovrebbe
per sempre sprofondare nel pozzo dell'oblio?

Ma quel dolore resta e ancor piu' resta
quel male se non trovi chi ti ascolta
quel male se non trovi le parole
atte ad espellerlo dacche' giu' in fondo all'anima
forte a calcarlo ebbero i torturatori.

Dire l'indicibile.
Lottare ancora.
Convocare l'intera umanita'
al cospetto dell'unica, la duplice
Shoah.
Lottare ancora
dire l'indicibile
salvare le vittime future.

Pesante assai fardello di scorpioni
e di frustate che sul dosso grava
troppo perche' lo possa sostenere
persona.

E tuttavia recare testimonio
e dire l'indicibile e lottare
ancora, ancora salvare
le vittime, l'umanita' intera.

III.
Non accadde in una notte di tempesta
non accadde tra capanne e dentro grotte
non accadde in terre barbare e deserte.

Fu nel cuore colto e vivo dell'Europa
conficcato come stocco fino all'elsa.

Non accadde in tempi oscuri e remotissimi
ma nel secolo ricco e portentoso
della tecnica, la crescita, il progresso.

Nel cuore colto e vivo dell'Europa
nero chiodo che trapassa e infetta l'albero.

IV.
Mi chiedo quali ricordi io ricordi
e di quali ricordi io parlo in questi giorni
ai miei ragazzi, qui, seduti in cerchio.

E cosa coli e filtri tra parole
nelle anime loro che non voglio insozzare
ridicendo dell'inferno di Auschwitz.

Questo dovere di fedelta'
ai maestri piu' grandi che ho avuto
e questa paura di essere strumento
inconsapevole e nolente ancora
alla propagazione dell'orrore
col solo dirne.

E in lacrime ogni volta ancor rompendo.

V.
Mi chiedo questa voce che qui scrive
di cosa testimoni e donde trovi
la forza di levarsi voce ancora.

Mi dico non sei tu non sei non sei
tu in diritto di parlar di questo
solo potrebbero coloro che son morti
o pochi vecchi che i giorni del male
tutte le notti devono tornare
ad affrontare in buio e solitudine.

Cosa ne sai, non eri li', non puoi
dar la tua voce alle parole altrui
ed al silenzio altrui, e non vi sono
parole che possano dire la cosa
che con la parola Shoah tentiamo invano
di esorcizzare, di stornar dal mondo.

VI.
Mi dico: pure devo ricordare
che questo e' stato e ricordare ad altri
di ricordare che cio' che gia' e' stato
ancora puo' tornare se non veglia
quella ragione che contende ai mostri.

Mi dico, trattieni del ploro
l'impulso e dei singulti
e parla con voce chiara e piana
racconta di Primo Levi, racconta di Vittorio
Emanuele Giuntella, racconta
quel che da loro hai imparato e tramanda
la verita', l'appello e anche il fardello.

Mi perdonino i giovani cui parlo
alla cui innocenza m'inchino
mi perdonino se l'eco dell'orrore
reco alle loro orecchie, se traggo
penoso un carico e lo consegno loro
di angoscia inestinguibile.

VII.
Ma ricordate che questo e' stato
ma ricordate che all'inumano
occorre resistere, ma ricordate
che ogni persona e' fragile, e difendila
tu.
Ricordati che tu devi salvarlo
il mondo tutto, la vita di ciascuno.

9. LE FALSE MEMORIE

Qui tutto e' tufo, tutto e' anima
tutto e' pioggia obliqua, tutto
e' acqua che scorre, tutto
e' filamenti di vento, seminagione
di nulla.

E in tanta disperazione
mi torni in mente tu.

10. IN CAMMINO

Questo di oggi e' un popolo in cammino
non sa verso dove ma sa da dove viene
da cosa fugge, a cosa si oppone.

E si oppone alla guerra, la guerra nemica
di tutte le genti e del mondo
divoratrice.

Fugge dall'apatia, la complicita'
che consiste nel dire decidano altri.

Viene da una storia di sangue e furore
la storia che uccide la storia e le storie
la storia che mena al piu' nulla.

E' gente in cammino e camminando
fa strada. Far strada
e' gia' opporsi alla morte.

Cammin facendo costruisce la vita
raccoglie i feriti e li cura,
raccoglie le armi e le spezza,
ascolta ed intreccia parole, fa luce
tutti accogliendo.

E' un duro cammino di gente che spera e che lotta
che vuole che il mondo continui
che ancora e di nuovo sia sera e mattina

per te, per Maria, per tutti.

11. NELLE NOSTRE MANI

Fermare la guerra e' ormai
solo nelle nostre mani.

Sei tu che devi fermarla, non altri.

Non chiedere ad altri, agisci.

Non attendere, il momento e' adesso.

La vita o la morte di molti
sono nelle nostre mani.

Sei tu che devi salvarli.

12. BLUES DEL TRENO DELLA MORTE

E tu fermalo il treno della morte
col tuo corpo disarmato sui binari
con la voce che si oppone all'urlo roco
delle bombe, delle fruste al vile schiocco.

E tu fermalo il treno della morte
sono pochi gli oppressori, innumerevoli
le vittime, non possono arrestarci
se tutti insieme ce li riprendiamo i diritti, la terra, la vita.

E tu fermalo il treno della morte
con la tua persona fragile sconfiggi
gli apparati e gli strumenti della guerra
e salva il mondo con la tua persona fragile.

E tu fermalo il treno della morte
perche' tu, cosi' indifeso, puoi fermarlo
col tuo corpo, la tua voce, la speranza
che sa unire tante braccia, e sa fermarlo

maledetto il treno nero della morte.

E tu fermalo e cosi' ferma la guerra.

13. UN ENCOMIO E UN INCITAMENTO
[... questo intervento, dal chilometrico titolo "Un encomio e un incitamento agli amici delle biciclettate nonviolente, e alla campagna di boicottaggio della Esso"]

I.
Non ho mai posseduto un'automobile
non ho mai neppure preso la patente
ogni giorno ho camminato per chilometri
il mio passo volli lieve sulla terra.

Se la guerra e' anche la guerra del petrolio
tu boicottalo il petrolio della guerra.

Un'umanita' di libere ed eguali
donne e uomini potra' darsi soltanto
se si sceglie una piu' lenta e sobria vita
un piu' vivo darsi tempo e darsi pace.

II.
Do' il mio appoggio al boicottaggio della Esso
che ha l'appalto per fornire il propellente
della macchina da stragi e che lubrifica
l'apparato digerente della guerra
che divora carne umana e fa profitto
della morte e che riduce a oscene scorie
quelle che erano un minuto fa persone.

III.
E cosi' vogliate avere, amici cari
di "StopEssoWar" e delle nonviolente
antibelliche biciclettate
anche il plauso del burbero vecchione
che qui scrive queste storte righe e lente.

E che pensa - e qui lo dico in un sussurro -
che anche questa e' necessario fare scelta:
rinunciare all'automobile privata
costruire invece collettivo e pubblico
un modello di mobilita' per tutti
rispettoso della dignita' di tutti
della salute di tutti e del mondo.

Lo dicevamo gia' molti anni fa:
contro la guerra, cambia la vita.

14. ADERENDO A UN APPELLO PER LA PACE

Non dire che adesso non hai tempo:
perche' dopo non ci sara' piu' tempo.
E non dire che e' gia' troppo tardi:
anche un minuto prima non e' tardi.

E non dire che troppo e' difficile l'impegno:
poiche' tutto e' nel cominciare, e il resto
viene da se'.

E non dire, soprattutto non dire
che ti dispiace tanto ma che altri
se la vedano, non tu:
questo ragionamento uccide.

Non dire che il giorno e' finito, e le tenebre
e' giocoforza prevalgano ancora.
Accendi piuttosto il tuo lume.

15. BENITO D'IPPOLITO, OSVALDO CAFFIANCHI, LUCIANO BONFRATE: IN MEMORIA DI DON SIRIO POLITI, A QUINDICI ANNI DALLA SCOMPARSA

I. Benito D'Ippolito: un ricordo

Di Comiso e Montalto erano gli anni
cupi nei quali conobbi don Sirio,
del sangue per le strade e sugli scranni
assisi i despoti. Anni di delirio
di furia e di empieta', felici quelli
che nulla sanno di quei tempi felli.

Ma insieme gli anni di lotte splendenti
lottate a viso aperto e cuore in mano
per conquistare con le unghie e i denti
a tutti dignita' di essere umano,
a tutti dagli stenti di sortire
trovando aita in un comun sentire.

Ed oggi che di nuovo la tempesta
infuria e la violenza si scatena
e la menzogna ogni pensiero infesta
e tutto invade nuova ria cancrena
al male opponi la tua resistenza
come gia' Sirio: con la nonviolenza.

*

II. Osvaldo Caffianchi: Alla memoria di don Sirio Politi

Viareggio e' una strana citta'
di acque che sanno di morte.
A Viareggio mi squarciarono la gola.

Viareggio e' una bella citta'
di gioie e di lotte profonde.
A Viareggio ritrovai il respiro.

Viareggio e' un'ardita citta'
ragazza dolente, e a Viareggio
la darsena, e nella darsena
Sirio Politi che alla nonviolenza
chiamava, ed usava quell'unica risorsa
in cui consiste infine il satyagraha:
dare l'esempio, e questo salva il mondo.

*

III. Luciano Bonfrate: Su questi binari a fermare la guerra

Ecco, mi torna in mente don Sirio
la lotta contro i missili, contro il nucleare
la lotta contro la macchina militare
e la solidarieta' concreta con chi soffre
il farsi prossimo di chi soffre
la vita condividerne e l'affanno.

Ecco, mi torna in mente don Sirio
l'obiezione di coscienza alle spese militari
l'obiezione di coscienza al servizio e all'industria militari
il ripudio delle armi e degli eserciti.

Ecco, mi torna in mente don Sirio
su questi binari, a fermare la guerra.

Ecco, don Sirio, non ho dimenticato
che alla violenza occorre opporsi sempre
e questa scelta e' la nonviolenza:
voce infinita che grida nel deserto
con sguardo e parola di donna tebana,
e si chiama coscienza.

16. UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE

I.
Solo questo so di te, che nell'anno
295 ti fucilarono
perche' obiettore al servizio militare.

Immagino che venne un centurione
coi suoi esperti di pubbliche relazioni,
psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas,
a dirti mentre eri in galera
sei un bravo giovane, chi te lo fa fare
vieni con noi, imparerai un mestiere.
E Massimiliano rispose di no.

Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti
concittadini, a dirgli
lo sai che noi cartaginesi
siamo gia' guardati con sospetto
per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti
di annibali e di asdrubali e scipioni
non metterti a fare casino
vesti la giubba, non c'e' altro da fare
e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi.
Ma Massimiliano rispose di no.

E vennero allora a persuaderlo
certi amici di quando al campetto
giocavano insieme a pallone, gli amici
del bar: Massimilia' falla finita
da quando ti sei messo con quei tizi
del galileo morto ammazzato
ti stai mettendo in un mare di guai.
Che diamine mai hai contro i marines?
Falla finita con quei beduini
da' retta al nostro buon signor Belcore
la paga e' buona ed il lavoro e' poco.
E quello cocciuto, come un mulo a dire no.

II.
Dicono male delle corti marziali
dicono male dei plotoni d'esecuzione
forse che e' meglio farlo col coltello
in un vicolo buio di notte?

Dicono che siamo repressori
e genocidi addirittura; e andiamo!
forse che non ci vuole anche un po' d'ordine
in questo letamaio di colonie?
e il roman way of life non costa niente?
Eppure la volete, la televisione
il telefonino.

E allora poche storie, lo ammazzammo
perche' dovemmo, mica potevamo
lasciarlo andare il vile disertore
oltretutto terrone, anzi affricano.

La civilta', insomma, va difesa.

III.
Quante incertezze, quanta paura certo durasti.
Solo i babbei
pensano che gli eroi sono una specie
di nazisti spretati. E invece i martiri
hanno paura come noi, e tremano
come noi, come noi dubitano
di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita.

Ma infine ristette fermo nel suo no
Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato.

IV.
Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea
e prendo la parola, e dico:
obietta alla guerra e alle uccisioni
combatti contro gli eserciti e le armi
scegli la nonviolenza.

Ecco, io prendo la parola in assemblea,
mi alzo in piedi e dico:
fermiamo le fabbriche di armi
assediamo le basi militari
impediamo i decolli dei bombardieri
strappiamo gli artigli alle macchine assassine.

Ecco, io dico al soldato: diserta
io dico al ferroviere: ferma il convoglio
io dico al vivandiere: non preparare
di carne umana il pranzo al generale.

Ecco, io dico, la guerra
puo' essere, deve essere fermata.
Con l'azione diretta nonviolenta.
Con il gesto del buon Massimiliano
cartaginese, che i romani fucilarono.

17. UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA. NEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Ay Marianella, Marianella Garcia
potevi fare la vita dei signori
i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento
ma tu scegliesti di stare con noi poveri.
Ay Marianella che pioggia di sangue.

Era Marianella sorella di noi morti
perche' amava la vita e che la vita
fosse degna di essere vissuta.
Ay Marianella si spensero le stelle.

Era intrepida e vestita di umilta'
sapeva che i fascisti la cercavano
e ti raggiunse la furia dei fascisti.
Ay Marianella la furia dei fascisti.

Parlava la lingua dei contadini e degli angeli
sapeva le parole che guariscono
parole di luce e di pane.
Ay Marianella la terra nera e rossa.

Sapeva tutte le cose e anche le cose
che tutti sanno e e' difficile dire
e lei le diceva con voce di uccellino.
Ay Marianella che fredda e' la notte.

Ti ammazzarono come hanno ammazzato
i morti che cercavi e che il tuo sguardo
resuscitava nel cuore del popolo.
Ay Marianella che pianto infinito.

Cosi' dura e' la nostra dura vita
che anche nella gioia noi piangiamo
ma mentre ti piangiamo ricordiamo
con gioia che sei stata e resti viva.
Ay Marianella, Marianella Garcia.

18. AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO DI ASSISI

Nella polvere e nel vento queste parole
volino e giungano a voi, persone amiche
riunite in questi giorni per la pace
ad Assisi, cuore del mondo.

In questa ora di sforzo e di sgomento
prima del fumo e delle ceneri, vi giungano
queste parole, amici della pace
e della nonviolenza e quindi amici
dell'umanita' intera che si incarna
in ogni esistenza di donna e di uomo.

Possa anche questo incontro edificare
un riparo dal buio, un riparo dall'orco,
una difesa che la belva della guerra
non possa varcare.

Possa anche questo incontro dare mano
alla comune intrapresa la piu' urgente:
fare del mondo un luogo in cui convivere,
tutte le donne e tutti gli uomini in concordia.

Possa essere l'agire di noi tutti
coltivazione di pace, frutto di ragione,
salvezza per l'umanita', vittoria
- cosi' amava dire Vinoba - al mondo.
Riconoscimento
di tutti i diritti umani
a tutti gli esseri umani.

19. EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER

Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora,
Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato
a forza nelle SS e che dicesti no.

Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame
moristi da resistente, non da carnefice.

Avessero molti fatto la tua scelta
non avrebbero inondato il mondo
quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue.

Almeno io qui ti ringrazio ancora
Josef Mayr-Nusser che dicesti no.

20. RACHELE

Quelli di noi che hanno passato notti
al freddo e al gelo sanno che vuol dire
non avere una casa.

E quelli di noi che hanno avuto paura
subendo minacce e percosse, di essere uccisi
sanno cos'e' la paura.

E quelli di noi che ai padri hanno chiuso
sul letto di morte gli occhi, sanno sanno
sanno la morte che orrendo nemico e' di tutti.

E quelli di noi che hanno avuto lo strazio
di vedere morire gli amici e di vedere
eserciti muovere alla caccia
di carne umana, come possono, come possiamo
tacere, restare nelle tiepide case
col cibo caldo tra i visi amici.

Cosi' Rachele mosse di lontano
verso quel cuore del mondo che ha nome Palestina.

Cosi' Rachele mise l'anima sua e il suo corpo
tra l'esercito e le vittime
tra le ruspe che demoliscono
e le case in cui poter vivere ancora.

Cosi' Rachele la molto amata
torno' in Palestina.
Lo dico a te Labano, lo dico a te Giacobbe.

Cosi' Rachele fu uccisa e questa morte
e' la morte di tutte le donne che portano vita
lungo i tornanti di questa preistoria
di Margarete dai capelli d'oro
di Sulamith dai capelli di cenere.

Non ho parole, ho solo greve un pianto
e molte amare memorie e una speranza sola:
che resusciti Rachele
nella pace tra i popoli, nel ricordo
dell'orrore, nell'alleanza nuova
che a tutte e tutti riconosca vita,
che a tutte e tutti riconosca dignita'.

E' questa resurrezione
questa compresenza dei morti e dei viventi
nella comune lotta per l'umano
cio' che qui chiamo ancora nonviolenza.

E' la lotta di Rachele
la nonviolenza in cammino.

21. NEL CHIASSO

Nel chiasso in cui tutti hanno ragione
resto in silenzio e il mio silenzio dica
la colpa che io sento e che non sentono
tutti coloro che di ciancia colmano
il vuoto nel mondo lasciato dagli uccisi.

22. PER OSCAR ROMERO

Prima di essere Romero Romero
non era ancora Romero. Tutti
dobbiamo divenire cio' che siamo
e che non siamo finche' non ci troviamo
a quell'antico bivio della scelta.

Era Romero uomo di fede
ma la sua fede non era ancora
la fede di Romero, prima occorse
che quella fede nella fede lo trovasse
gliela recasse un popolo piagato.

Cosi' dall'astratto al concreto
dicono certi antichi dottori
muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco
cosi' si mosse anche Oscar Romero
muovendo incontro a verita' e martirio.

Dicono: cosa si puo' fare? Nulla.
E dicono anche: cosa
si puo' fare? Tutto.
E non e' vero. Ma quel che e' da fare
tu fallo, e cosi' sia.

Sotto lo sguardo degli assassinati
Oscar Romero incontro' se stesso
sotto lo sguardo degli assassini
incontro' se stesso Oscar Romero.

Viene sempre quell'ora inesorabile
in cui devi levare la tua voce.
Tu non vorresti, vorresti restare
nel silenzio che sa molte lusinghe
molti segreti, e molti pregi reca.
Ma viene sempre l'ora della voce.

Venne quell'ora per Oscar Romero
a rivelargli il volto e il nome suo
venne quell'ora recata dal silenzio
degli assassinati e recata dal silenzio
degli assassini, e giungi al paragone.

Prese ad un tempo la parola e la croce
e messosi alla scuola degli scalzi
ne fu piu' che avvocato, compagno.
Sapeva anche lui dove quella portava
strada, sapeva anche lui quale suono
avrebbe spento un giorno la sua voce.

Come chiodi che secco un martello
nel legno batte e conficca, il colpo
della pallottola irruppe nel suo corpo
fatto legno, fatto vino, fatto croce
fatto pane, fatto luce, per sempre
raggiunse Romero Romero, ormai voce
per sempre dell'intera umanita'.

23. LA SCACCHIERA

"La solidarieta' del mondo progressista per il popolo del Vietnam ricorda l'amara ironia che rappresentava, per i gladiatori del circo romano, l'incoraggiamento della plebe" (da una lettera ben nota del dottor Ernesto Guevara de la Serna)

Mentre scrivevo importantissimo un articolo
contro la guerra, il bimbo mio piccino
mi fa cadere con fracasso grande
dall'intarsiato suo bel tavolino
opima la scacchiera.
Il caro frugoletto e' qui che piange
per lo spavento, ma quella scacchiera
era dono e ricordo di famiglia
e adesso giace li', spezzata a un bordo
e mai ne trovero', ohime', l'eguale.

Quanti dolori deve sopportare
un uomo di buon cuore come me.
Ma non punii il bimbetto gemebondo,
siamo gente civile, e senza indugi
impartii l'ordine di pulir tutto
alla servetta, giovin clandestina
che di bonta' per impeto teniamo
quasi come se fosse una di casa.

E adesso, con augusta calma e forza
di volonta', il dolore gia' domato,
torniamo a scrivere che orrore grande
la guerra sia e come e' nostro impegno
convocar tutti ad opporsi alle stragi.

Che gran fatica e' vivere e che gioia
sentir di avere un'alma tanto magna.

24. ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO

E noi siamo i soliti morti
i soliti morti invano
quelli come sempre poco furbi
che non sapevano guardar lontano
e quelli come sempre troppo furbi
che non sapevano guardar vicino.
Adesso siamo qui, presi all'uncino
nello sheol infrante estinte spoglie
morti per sempre come tutti i morti,
e come tutti i morti morti invano.

E noi anche avevamo attese e voglie
e vite personali e aspetto umano
di femmine e di maschi, e come foglie
discerpaci ed invola un vento vano.
E i sogni alati e le gioie e le doglie
tutto disparve qual miraggio arcano
quando al lume dei giorni e al buon cammino
per sempre ci strappo' il colpo assassino.

E voi che questa voce che si spegne
avete cuore di ascoltare ancora
sappiate che anche le nostre eran degne
di essere vissute vite, e l'ora
che ce le tolse - ed erano ancor pregne
di luce e di belta' che t'innamora -
non fu di caso o fato il cupo frutto:
furono uomini a rapirci tutto.

E tu che ancora senti e ancora vedi
a te affidiamo un'ultima parola:
ferma la guerra, con le mani e i piedi;
ferma la guerra e bruciati la gola
a forza di gridarlo; e se non cedi
vi e' speme che s'inceppi questa mola
e cessi questa storia di orchi e brace
e possa venir l'ora della pace.

Ma noi siamo solo i soliti morti
i soliti morti invano
quelli come sempre poco furbi
che non sapevano guardar lontano
e quelli come sempre troppo furbi
che non sapevano guardar vicino.
Adesso siamo qui, presi all'uncino
nello sheol infrante estinte spoglie
morti per sempre come tutti i morti,
e come tutti i morti morti invano.

25. IN MEMORIA DI MARTIN LUTHER KING

A una vita di studio e di preghiera
forse pensava King, recar conforto
con le parole lievi e la sincera
fede, traendo i di' in placido porto.

Conobbe allora quella piu' severa
prova, di opporre dritta lotta al torto:
uno volle essere di quella schiera
che cerca liberta', cammin non corto.

La verita' fa liberi, nutrice
a chi soffri' per lunga grave pieta,
la verita' che di pace e' radice

la verita' che e' in marcia e che disseta
chi ha sete di giustizia, e all'infelice
reca il sollievo della buona meta.

E con la forza quieta
del persuaso agire nonviolento
accese un lume che non sara' spento.

26. IN MEMORIA DI PRIMO MAZZOLARI

Veniva dalla Resistenza, don Primo Mazzolari
che reca dura la scienza
del bene e del male, il conoscere insieme
il valore del pane e del vino, la fame e la morte.

Veniva dalla campagna, don Primo Mazzolari
che conosce il ciclo dei giorni
e dei raccolti, e la disperazione
della grandine e della fame
e come gli uomini fecondino la terra
e tutto e' fatica e rigoglio.

Veniva dalla sequela, don Primo Mazzolari
credeva nell'assurdo di un figliuolo
dell'uomo che i potenti condannarono
a vile morte e che mori' indifeso.

Credeva nell'assurdo: il mansueto
che accetta l'ingiustizia di morire
e che cosi' di morte l'ingiustizia
per sempre smaschera
e annienta la violenza
con l'umile suo gesto di negare
di aggiungere violenza alla violenza.

Sapeva lottare, don Primo Mazzolari
con le arti della volpe e del leone,
con scienza di serpente e di colomba,
il lento lavoro della goccia
che scava la pietra stilla a stilla
a scheggia a scheggia scava la pietra.

E sapeva le parole, don Primo
Mazzolari, le parole che sanno
girare ruote e trascinare carri
muovere le montagne.

E se dovessi, cari, dire tutto
quel che mi pare di saper di lui
questo direi, che Primo Mazzolari
prese sul serio l'unico comando:
tu non uccidere.

Chi vuol rendergli onore
questo ricordi, a questo apprenda tutto
il cuor gentile suo:
tu non uccidere.

27. IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER

I.
Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer
dal cielo si senti' come un sospiro
profondo.
Il buon Signore aveva perso un forte
e buon compagno, e ne gemeva triste.

All'ora nona si rirallegrava
il cielo tutto
che' Dietrich Bonhoeffer
compiuta la sua corsa era tornato
infine a casa.

II.
E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco
in questa veglia io riracconto ancora
la storia vera e la vera leggenda
del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete
come lui resistette.

E non crediate
che non ha senso questo nostro esistere
resistere, cercare, accarezzare
lottare per la vita e la giustizia.

28. UOMINI E TIGRI

Tu chiudi uomini in gabbia,
ed essi diventano tigri.

29. IN MEMORIA DI ALICE PAUL

Sono passati cosi' tanti anni
e la memoria si affievolisce a tal punto
che nessuno ricorda piu' neppure
il colore delle rose dell'altr'anno
o la fragranza del pane di quando
eravamo giovani e affamati.

Quasi nessuno ricorda piu' le vittime
della guerra di pochi mesi fa
o di quelli che nel nostro paese
furono ammazzati dalla strategia
della tensione, dal terrorismo, dalla mafia.

Tutto e' appiattito su un presente
sottile come una lama
che diventa nulla.

Ma io ricordo ancora Alice Paul
con gratitudine le rendo omaggio
brucio per lei questo grano d'incenso.

So che senza di lei, senza Emmeline
ed infinite altre, anche la mia
sarebbe vita piu' oppressa e indegna.

30. FRANZ JAEGERSTAETTER, NEL SESSANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Molte sono le vie ed una sola e' l'arte
del ben morire.

Preferire essere ucciso piuttosto che uccidere.
In faccia al potere assassino dire no.
Amare la vita di tutti. Salvare
per quanto e' in te l'umanita' intera.

31. DA ASSISI A GUBBIO RICORDANDO DARINA SILONE

Lungo la strada che da Assisi giunge
a Gubbio dove il povero persuase
il lupo ad altre imprese
nella coscienza della stessa fame
che si raddoppia in scienza dell'insieme
ed opera da farsi, condiviso
bene donato dalla compresenza,
anche sara' Darina nel ricordo.

Sara' Darina, poiche' quel cammino
prosegue di Darina e Secondino
il viaggio lungo e la memoria bella,
face e favella, e aprire strada andando.

Poiche' la nonviolenza e' questo: il varco
- diceva Capitini - attuale
si' della storia, che al gorgo del male
oppone comprensione e dignita',
e resistenza che fa forte il frale
e solidarieta' che non si estingue
e riconosce umanita' ed invera.

32. GITA A GUANTANAMO. PARLA LA GUIDA TURISTICA

E quelle sono le gabbie dei feroci
neppure il sole li rincivilisce
pensi che pregano parlando in arabo
lei si figuri se Nostro Signore
li puo' capire senza traduttore.

Oltre le mine ci sono i comunisti
intera un'isola di comunisti;
lei non ci credera', sanno giocare
a baseball e sono comunisti.
Non so perche' non li annientiamo tutti,
per i sigari, forse, e per l'esempio
di come li teniamo sotto tiro.

E questi qui sono i nostri ragazzi
a tutto pronti per la liberta'
in tutto il mondo, e questo e' il nostro motto:
a costo di ammazzarvi tutti quanti
difenderemo 'sti diritti umani.

I bagni stanno la', la' c'e' il fast-food.

33. DALLE MINIERE DELLA STORIA ANSIOSI
[Di colpo sovvenne al nostro Benito D'Ippolito questo suo testo di tanti anni fa, e a memoria ce lo ridisse]

Serba memoria anche di quel Margite, eroe leale
che molte cose seppe, e viste e udite, e tutte male.

Riscatta dall'oblio l'umanita':
le mura degli inferni silenziosi
frantumale via, non tu poesia
ma tu, liberta'.

34. UN IMPROVVISATO SALUTO AGLI AMICI DEL CENTRO DI EDUCAZIONE ALLA MONDIALITA' RIUNITI A VITERBO IN QUESTI GIORNI

Amici carissimi, nostri e del mondo,
che giorno dopo giorno edificate
i ponti necessari per convivere
parlandoci, trovandoci, riconoscendoci
reciprocamente ospitandoci
umani fra gli umani, donne e uomini
di volonta' buona e dignita' splendente.

Qui vi saluta e vi ringrazia uno
che alla vostra scuola e al vostro impegno
ultimo servo e compagno di strada
si sente chiamato al cammino.
E ancora vi ringrazia
per la mitezza, per la conviviale
ricerca, per lo stare insieme e fare
esistere di gia', tra tutti noi,
la solidarieta' che tutta unisce
l'umana famiglia; la liberazione
che e' da farsi senza indugi adesso;
la nonviolenza, che regoli la vita
e salvi il mondo prima che sia tardi.

35. RUMINAZIONI DI UN VIANDANTE EUGUBINO

Ora sappiamo che il lupo siamo noi.
Che anche noi siamo nella pancia del lupo
che anche noi rechiamo il lupo nella pancia.

E questo sappiamo, che la nostra lotta
contro di noi dobbiamo cominciarla.
E questo e' il deserto, e questa e' la fame,
ed il nemico e' specchio di quanto
di non risolto, di non ancora a luce
sgorgato, di non compreso ancora,
e' in noi che soffre, in noi e', che ci sforza.

E anche questo sappiamo, che i pensieri migliori
si pensano coi piedi, camminando si pensano.
Si pensano andando e mentre si va
ci si da' voce e ascolto l'un l'altro,
si scopre che il meraviglioso dono
non e' quando si arriva ma il viaggio,
la strada condivisa e la compresa compagnia,
e cio' che si ode e vede e si consente,
e l'incontro inatteso, e dire tu al mondo.

36. CANCUN

Questo soltanto diremo di Cancun:
che una persona e' morta
e tutto il resto e' nulla

37. AGLI AMICI DELLA RETE RADIE' RESCH IN OCCASIONE DELLA DECIMA MARCIA PER LA GIUSTIZIA DA AGLIANA A QUARRATA

Lunga e' la via che mena alla giustizia
che reca in dono comprensione e pace,
e questa e' una buonissima ragione
per subito intraprenderla, gia' l'ora
e' tarda, presto giungera' la sera.

Ma questo viaggio reca incanti tali
che tutta sanno illuminar la stanca
vita, e recare rorido un ristoro
quando si apre il cuore e incontri il volto
dell'altro che e' gia' qui e che ti attendeva.

38. BIKO

Di Steve Biko questo so che resta:
che la coscienza e' tutto e che a nessuno
devi permettere di calpestare
la dignita' che e' tua e che e' di tutti.

Che nessuna oppressione e' cosi' forte
che tu non possa opporle resistenza:
se tu cominci e' gia' cominciata
la Resistenza, e il regime gia' vacilla.

Che data ti puo' essere la morte
ma e' in te che essa ti trovi ancora vivo.

Di Steve Biko questo so che resta
non pote' cancellarlo chi lo uccise.

39. BALLATA DEI GOVERNI CHE SANNO QUEL CHE FANNO

Certe cose, via, le si capisce al volo
che c'e' quello che su teste mette taglie
che c'e' quello che fa stragi e rappresaglie
e c'e' quello che con l'ascia lui non ozia
e c'e' quello che negozia con il mitra e col tritolo.

Fece scuola al mondo intero, fece scuola l'imbianchino
fece scuola anche il georgiano, e nel tutto e nella parte,
nei trattati lor di arte di governo
dal profondo dell'inferno dan consigli ardenti ardenti
che statisti, oh, diligenti, han studiato a capo chino.

All'armeno, all'indio, al curdo,
nel teatro dell'assurdo che e' il gran mondo in cui viviamo
il munifico statista offre l'una o l'altra pista:
"se il tuo vivere e' si gramo che morire quasi e',
sai che faccio? ti rottamo, e mi godo quel che c'e'".

Ah, che mondo affascinante
che il governo l'esaltante fumigar del sangue umano
ogni di' ci garantisce, e ci mena, buon mandriano,
tutti all'abbeveratoio rosso cupo, e ci erudisce
sull'ingenuita' del lupo, e ci spiega che e' fatica
governare, esercitare l'arte sua del mattatoio
e di teschi far gran bica:
si commuove, e di consenso
chiede un cenno, un gran d'incenso,
chiede un cenno, e volentieri noi battiam, battiam le mani.
Cosi' oggi, cosi' ieri, e cosi' anche domani.

40. L'INTERPRETE

Mi informa compunta la televisione
che sulla strada tra Mossul e Tikrit
dei soldati americani hanno sparato
all'automobile di un diplomatico italiano
membro del governo di occupazione,
che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti,
gli italiani sono buoni amici,
gli americani ragazzi un po' irruenti.

Dell'interprete iracheno assassinato
perche' parlarne? perche' scusarsi?
Il suo volto e il suo nome non contano,
la sua vita neppure.

Messo in abisso
qualcosa di distorto e di profondo
vi e' qui da interpretare, ma l'interprete
e' per l'appunto morto.

41. PRIME ED ULTIME RISULTANZE DI UN'INCHIESTA PRIVATA SULLA STRAGE DI NASSIRIYA

1. Queste sono le certe risultanze
di un'inchiesta privata sulla strage
di Nassiriya.

2. Ci siamo chiesti: sul luogo del delitto
chi trasse le vittime e le espose
all'agguato?

Ci siamo chiesti: quando una strage
in una sequenza si colloca di stragi
e' leggendo la sequenza che si coglie
chi muove i pezzi, li prende e li sacrifica
per quale piano, per quali vantaggi.
Quale partita si sta giocando qui?
Chi usa vite umane come scacchi?

Ci siamo chiesti: le vttime di guerra
di chi sono vittime?
Ci siamo chiesti: la guerra che uccide,
chi la scatena, chi ne trae frutto, chi
ne gode i profitti irrorati di sangue?

3. Abbiamo voluto ascoltare il coro dei morti.
Dei vivi il frastuono non ci ha distratto.
Sappiamo che sul luogo del delitto
torna poi l'assassino e con le fanfare. Sappiamo
che chi fa morire gli altri poi pretende
pronunciarne funebre l'elogio. Sappiamo
che chi altri fa morire, per cupo lucro,
per ideologia bestemmiatrice, per algida ignavia,
altri ancora continuera' a far morire
se non lo si ferma.

4. E questo abbiamo concluso:
quali siano stati i sicari ci e' ignoto, non cosi'
i mandanti.
E chi abbia mandato i sicari ci e' ignoto, non cosi'
chi ha mandato le vittime a morire.

E anche questo abbiamo concluso:
prima che altri debbano morire
quei mandanti possiamo arrestare:
da se stessi si sono smascherati
ora essi devon essere arrestati.

5. Era illegale mandare italiani in armi
nell'Iraq in guerra. Tutti
sapevamo che era illegale, sapevamo che era criminale.

Perche' si e' permesso al governo e al parlamento
di condannare questi innocenti a morte?

Perche' il presidente della Repubblica Italiana
non ha loro salvato la vita? Era suo dovere,
era in suo potere. Morire li ha lasciati.

Perche' nessun magistrato ha impedito quel crimine
che e' all'origine di questa strage ancora?

Era illegale mandare italiani in armi
nell'Iraq in guerra. Ora tornano essi nelle casse
non piu' vivi, inerti, per sempre
privati della luce dei giorni.

6. Perche' non abbiamo saputo salvarli?
Perche' non abbiamo voluto salvarli?

7. Questa relazione inviamo alle piu' alte
cariche dello stato italiano, poiche' hanno diritto
di sapere di cosa li accusiamo.

Questa relazione inviamo ancora
ai magistrati cui gravoso incombe
ed urgente il dovere di perseguire
i mandanti italiani a tutti noti
della famosa strage di Nassiriya.

Questa relazione inviamo inoltre
a tante persone amiche e a tante
che amiche non sono ma che hanno
parimenti il diritto e il dovere
di conoscere questi risultati
della nostra inchiesta privata,
di valutare se meritino ascolto,
di decidere cosa sia in capo a loro fare.

Questa relazione inviamo infine
ai sopravvissuti,
e ai colleghi, agli amici, ai familiari
delle vittime, il loro dolore
tra tante cose dopo la strage avvenute
e' l'unica cosa degna, l'unica cosa umana:
in quel dolore e in null'altro noi troviamo
la nostra patria: la comune umanita'.

42. ALCUNI FRAMMENTI DA DUE CANTATE IN MEMORIA DI DUE PERSONE AMICHE SCOMPARSE IN QUESTI GIORNI

Avro' per sempre orrore del telefono
che reca le male novelle
dei lividi trionfi della morte.
Che spoglia la vita che resta
che cicatrice sopra cicatrice
incide questo sacco che si svuota.

*

Qui rendo omaggio al compagno Paolo Bemporad
insieme al quale negli anni poi detti di piombo
lottammo per aprire varchi nuovi
di liberta' per l'umanita' intera.

Qui rendo omaggio al compagno Paolo Bemporad
ed attraverso lui all'anarchia.

Nulla di quello che insieme facemmo mi pare sbagliato,
nulla sprecato, nulla
indegno o insensato. Tutto
rifarei di nuovo e per sempre.

Ma quell'ironia, quella pazienza, quel dolore
maturato in saggezza, quel lieve
guardare di fronte e attraverso, il parlare
per cenni ed ellissi - e li' e' l'amicizia,
la morte ha rapito per sempre.

E solo questo posso ora: salutarti
troppo tardi, antico compagno.

*

Di Titti ricordo ora soltanto
lo stanco sorriso di dolce fanciulla,
scintillante e dolente lo sguardo
l'incedere incerto e l'incerta parola,
di lungi il ricordo che turba
d'immagine lenta, ormai quasi ombra.

No, non e' questo che bisogna dire:
ma quali potrebbero parole
l'immensa dire sciagura della morte
di una giovinetta?

E come un lupo mi morde nel cuore
non aver saputo essere li', fermare la freccia.
Anch'io ti devo chiedere perdono
per averti soltanto due volte rivolto
lo sguardo, la parola, e adesso e' tardi,
troppo tardi ancora una volta.

*

La morte con volto di pietra
la morte con voce di pulce
la morte con guanti di sonno
la morte con grinta di cane.

Fame di vento
acque di sogno
pioggia di sabbia
pianto di vetro.

E tu, che fosti fiamma,
ormai statua di sale.

43. CANTATA PER DANILO

Giunse Danilo da molto lontano
in questo paese senza speranza
ma la speranza c'era, solo mancava
Danilo per trovarcela nel cuore.

Giunse Danilo armato di niente
per vincere i signori potentissimi
ma non cosi' potenti erano poi,
solo occorreva che venisse Danilo.

Giunse Danilo e volle essere uno
di noi, come noi, senza apparecchi
ma ci voleva di essere Danilo
per averne la tenacia, che rompe la pietra.

Giunse Danilo e le conobbe tutte
le nostre sventure, la fame e la galera.
Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse
e resuscito' in noi la nostra forza.

Giunse Danilo inventando cose nuove
che erano quelle che sempre erano nostre:
il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio
e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare.

Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'.
Quando mori' resto' con noi per sempre.

44. FACILE

Come e' facile abituarsi alla guerra, quando a morire sono gli altri.
Come e' facile abituarsi al fascismo, quando a morire sono gli altri.

45. TRE PRISCHI IDILLI E UNO SCHERZO CON FUOCO

I. Gli ostaggi dimenticati

Quella favola antica dell'Anima e di Amore
anch'essa cede alla semplice visione
della luce sul respiro del mare.

La vita stupida come la luna
come una pera, uno sguardo nel pozzo
che scivola lungo il costone e diventa
valanga e poi rombo e poi morte ed infine
si scioglie in nulla.
La vita che balla la rumba
la vita che vivere non sa.

Tutta la morte in un guscio di noce
tutta la morte in un filo di vento
tutta la morte in un niente di niente.

Ancora ieri erano qui, erano vivi
dalla televisione fu ordinato di annientarli
uno stesso coltello taglia tutte le gole.

*

II. Parla ancora il Presidente del Consiglio

La notte sta finendo, il fuoco
e' braci, la nostra
riunione e' finita, riassumo
le decisioni, poi
ognuno tornera' alla sua tenda,
gia' sento vibrare nell'aria l'aurora dita rosate
molte cose abbiamo detto buone.

E questa e' la prima, che la nostra guerra
e' buona, cattiva e' quella degli altri.
Salvano vite i fucili dei nostri soldati, coloro
che si sono avventati contro i nostri
proiettili in volo, barbari sono, e suicidi.
E' ovvio che noi continueremo
a domarli, a sbranarli se occorre,
finche' non avranno a pentirsi
di essere vittime e sciocchi.

Gia' il dio dal volto di cane
lunghe conduce file di anime
agli elisi, e allo sheol. I nostri
saranno felici per sempre, saranno
per sempre infelici i loro.

Tolta e' la seduta. Sono ancora in onda?

*

III. Empia una salmodia

Felici quelli che sanno sedere
a consiglio su cataste di cadaveri, felici
quelli che persero in tempo l'olfatto.

Felici i comandanti dei plotoni
d'esecuzione, poiche' essi avranno
lucenti sciabole e interviste e scranni.

E felici coloro che sapienti
san gorgheggiare le melodie soavi
che allietano l'imperatore
gli schiavi ipnotizzano ancora
del coro dei morti sovrastano il lamento.

E felici i felici e gli infelici,
di vivere gli uni, di morire
gli altri. Felice
per sempre il silenzio.

*

IV. Epigramma

Per impedire la guerra civile
la guerra barbara ci e' d'uopo la' condurre.
Dovrebbero esser contenti
di essere ammazzati dalla nostra civilta'.

==============================
VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
==============================
Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 869 del 16 aprile 2018

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