[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 867
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- Date: Fri, 13 Apr 2018 12:16:41 +0200
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 867 del 13 aprile 2018
In questo numero:
1. Alcuni fogli volanti del 2017 (parte terza e conclusiva)
2. Ancora di questo
3. Ancora una cantata delle vittime
4. La terra trema
5. Rileggendo Solzenicyn
6. Prima dell'esecuzione
7. Nella cabina elettrica di un treno
8. Magari le belve
9. La questione
10. Ricordo
11. Le persone
12. Il nostro stupro quotidiano
13. Fenomenologia del demagogo. Impromptu
14. L'uomo senza voce
15. Il calzolaio
16. I vecchi compagni
17. Cecita'
18. Attracca nel porto dei sogni
19. Un ricordo di Nanni Salio
20. Disarmare
21. Ogni giorno e' un giorno di lutto
22. La prima politica e' il disarmo
1. MATERIALI. ALCUNI FOGLI VOLANTI DEL 2017 (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)
Riproponiamo qui alcuni fogli volanti apparsi nel nostro notiziario nel 2017.
2. ANCORA DI QUESTO
Questo nazionalismo, questo militarismo, questo razzismo che dilagano
questo ritorno in pompa magna del "fardello
dell'uomo bianco", questa cecita'
dinanzi al dolore degli altri, questa
paura fabbricata e spacciata
come articolo pret-a-porter, questo
ossessivo ripetere che i terroristi sono loro
e loro sono tutti quelli che non sono noi
noi maschi bianchi adulti cristiani
noi del bar dello sport
noi del branco che stanotte
nella notte infinita del mondo.
Trovare le parole piu' semplici
vestire le vesti piu' povere
rinunciare a tutti i propri beni
porsi all'ascolto del piu' vile e piu' piagato
cessare di fingere che tutto sia finto
usare ancora le lenti e le pinze
della scienza della lotta di classe.
Disertare tutti gli eserciti
rifiutarsi di avvelenare i pozzi
spegnere la televisione, il telefonino.
Ogni luogo e' il centro del mondo
ogni luogo e' Madonna del Colletto.
3. ANCORA UNA CANTATA DELLE VITTIME
Tacciono, tacciono tutte le vittime
solo chi e' vivo parla e quando parla
non sa cosa dice, il dolore
non conosce parole.
Muoiono, muoiono, infinitamente muoiono
tutte le vittime, e chi resta non sente
che il suo proprio dolore
che il solo suo vuoto.
Incessantemente le stragi continuano
ma diventano stragi solo quando
lo dice la televisione. Chi resta
guarda l'orologio e si chiede
a che ora c'e' oggi il funerale.
Queste parole di vetro
e questi corpi di piombo
questi cavalli di frisia
e questi carri senza postiglione
appena l'alba ed e' gia' il tramonto.
Tu non uccidere
tu salva le vite
tu abolisci la guerra gli eserciti le armi
tu soccorri accogli assisti ogni persona bisognosa d'aiuto
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
4. LA TERRA TREMA
Trema la terra, la scuote il dolore
parla la terra a noi che l'abitiamo
ci chiede di svegliarci da un troppo lungo sonno
da una troppo lunga ignavia
da una brutalita' e una stoltezza
che non possiamo piu' permetterci.
Trema le terra e ci dice
che aspettate a unirvi, a darvi aiuto
l'un l'altro, che aspettate
a prendervi cura dell'unico mondo vivente
di cui siete parte, quest'unica casa
comune, che aspettate a cessare
di uccidere, che aspettate
a decidervi a salvare le vite?
5. RILEGGENDO SOLZENICYN
Rileggo ancora una volta Solgenitsin
col medesimo strazio ancora una volta.
E ancora una volta penso
che questa lotta per la verita'
questa lotta per tutte le vittime
questa lotta per salvare le vite
tu la devi proseguire.
6. PRIMA DELL'ESECUZIONE
Tra poche ore saro' messo a morte
e chi mi manda a morte e' la persona
che io e non altri libero' dal carcere
perpetuo cui era condannata.
Fui ingenuo quando divenuto re
gli ricordai che io l'avevo tratto
dai ceppi e dall'orrore, era evidente
che un re non e' piu' la stessa persona
del prigioniero che era stato prima.
Attendo adesso l'ora del patibolo
e posso chiedermi se feci bene
a liberare quell'oppresso che ora
mi si rivela un mostro ancor piu' mostro
di quando di un esperimento folle
fu ignara cavia ma non innocente.
Vi sono quattro Sigismondi, il primo
e' l'innocente infante condannato
non per voler del fatto ma per scelta
del patriarcato ad essere prigione
e trae sua vita in orrida spelonca
giovane privo di ogni educazione
che non sia rabbia ed insaziato istinto
di preda e morte, che chi non ha nulla
tutto ambisce afferrare e poi distruggere.
Vi e' poi il secondo, quello tra due sonni
che apprende in un baleno quali siano
le regole del gioco del palazzo
e allora si' che l'innocente vittima
diventa belva come esattamente
vuole che sia la regola sociale
di questa societa' divisa in classi.
Il terzo poi, tornato alla sua cella,
che finalmente medita sul vero
nostro consistere nel mondo tragico
e dell'impermanenza e dell'oltraggio.
E poi il quarto, e questo mi condanna
per la sua liberta' e l'insurrezione
che al trono l'ha portato; ed era ovvio
che giunto al trono ogni benevolenza
rivolto avrebbe alla sua classe e avrebbe
punito chi distrugge le prigioni
chi osa levarsi contro il dispotismo
chi ha pieta' dei miseri e li libera
delle loro catene. Il Sigismondo
che mi condanna a morte sara' anche
filosofo ma e' re, e questo conta.
Un popolo che ha un re e' gia' condannato
alla miseria ed alla schiavitu'
solo ove regna l'uguaglianza un popolo
puo' avere una speranza non fallace.
Cosi' la mia condanna - sento ormai
i passi del carnefice che viene -
nessun valore toglie alla mia azione:
dopo di me altri uomini verranno
che abbatteranno mura di prigioni
e che libereranno i prigionieri
che con le vittime si schiereranno
in nome dell'umanita' comune.
Vado alla morte, non rinnego nulla:
salvai una vittima e un re mi uccide.
Se rinascessi altre mille volte
farei di nuovo quello che ho gia' fatto.
Nessun potere e' buono, ogni rivolta
all'oppressione e' giusta. Chi una vita
salva ha salvato il mondo e la speranza
che cessi questa ruota di dolore
e venga il tempo infine della pace
in cui ognuno sia un aiuto a ognuno
in cui l'umanita' si desti infine.
7. NELLA CABINA ELETTRICA DI UN TRENO
Nella cabina elettrica di un treno
tra Italia e Francia un migrante e' morto
e non e' morto folgorato dalla scossa
e' morto ucciso dal nostro razzismo.
8. MAGARI LE BELVE
Magari le belve fossero belve
invece anche le belve sono esseri umani
pensano il male che poi faranno
sono state educate all'orrore
lungo molti anni si preparano e studiano
con ogni diligenza dove colpire
per fare piu' male.
Magari la colpa fosse dell'alcool
o delle altre schifezze che lo stomaco o le vene
ricevono, ed invece
sono le persone che decidono e agiscono
l'immondizia assorbita serve solo
da abito di scena. Magari
ci fosse la persona sobria e virtuosa
e la pozione che invasa e annulla
il ben dell'intelletto e rende automi.
Invece il picchiatore e l'assassino
sa quel che fa, sceglie di farlo, e gode
del male fatto non come in un sogno
ma con chiara nozione e con tutti i sentimenti.
Il pater familias nascosto nell'encefalo
per cui mille anni sono un sol minuto
che riemerge ruggendo e stritola la donna
che non si piega al rauco grido "t'amo"
mentre il bastone le frantuma le ossa.
La squadra fascista che stupra
tutto quello che incontra che respira.
Il giovane emulatore
che con la lama in mano ti comanda
di dire Scibbolet.
L'adoratore della tecnica che avendo costruito
l'arma piu' scintillante enorme fallo
ansima nell'attesa di provarla
e di contare quante vite ha estinto.
E quello che avvelena l'ultimo pozzo
che all'ultima foresta appicca il fuoco
che adora gli dei assetati di sangue
e fa filosofia col manganello.
E quello che dimenticare vuole
quante frustate gli segnano la schiena
quanti scorpioni ha dovuto mangiar vivi
che sempre sara' schiavo e allora uccide.
E quello attratto e insieme rifiutato
dalla societa' degli allevatori di serpenti.
E quello che non sa di non sapere
e vuole che confessi il suo potere.
Questa storia di fiumi di sangue
questa storia di pire infinite
solo la nonviolenza puo' fermarla.
La nonviolenza che solo e' la lotta
la piu' nitida e la piu' intransigente
per la liberazione dell'umanita' intera
per la difesa di quest'unico mondo che vive.
La nonviolenza che ha volto ed ha voce di donna
la nonviolenza che e' la forza delle vittime
la nonviolenza ultima risorsa
del movimento delle oppresse e degli oppressi
per affermare il diritto di tutti
alla vita, alla dignita', all'aiuto
per rovesciare ogni potere
prima che chi comanda il mondo annienti.
Ogni vittima ha il volto di Abele
salvare le vite e' il primo dovere
abolire la guerra gli eserciti le armi
soccorrere accogliere assistere ogni persona bisognosa di aiuto
non permettere che il mondo vivente sia distrutto
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
9. LA QUESTIONE
E' il razzismo la questione, diciamolo.
La pretesa fascista che degli esseri umani
per tutta la vita siano schiavi
che muoiano in silenzio sotto lo sperone
della guerra, della fame, del fascismo.
E' il razzismo la questione, diciamolo.
Se non si riconosce l'eguaglianza
di diritti di tutti gli esseri umani
e' gia' morta la democrazia
e' gia' estinto lo stato di diritto.
E' il razzismo la questione, diciamolo.
Chi non salva le vite e' un assassino
chi non soccorre non accoglie non assiste
la sorella e il fratello in pericolo
ha gia' distrutto l'intera umanita'.
E' il razzismo la questione, diciamolo.
Il razzismo che adora la guerra
il razzismo che odia le donne
il razzismo che mangia carne umana
il razzismo che vomita coltelli.
E' il razzismo la questione, diciamolo.
Si puo' contrastare solo col diritto di voto.
Solo col diritto di voto si puo' contrastare.
Il diritto, il voto, la dignita' di ogni persona
la deliberazione in comune.
10. RICORDO
Io lo ricordo il tempo
in cui non avevamo il diritto di voto
perche' eravamo le classi pericolose
perche' non avevamo beni al sole
perche' non avevamo il sangue blu
e dovevamo vendere la nostra forza lavoro.
Quante lotte durammo a conquistarlo
il diritto di voto per tutti.
E mi ricordo il tempo
che certo non votavano le donne
perche' si sa che sono tutte isteriche
- lo dice la parola - ed hanno il ciclo
ed una donna cosa vota a fare?
Lei serve il suo marito e gli da' figli.
Quante lotte durammo a conquistarlo
il diritto di voto per tutti.
E in questo tempo in cui
a un italiano su dieci il voto e' negato
perche' non e' nativo del paese
perche' non ha la pelle del colore
giusto, perche' ha sbagliato religione
e sa una lingua che il sindaco non parla.
Lottare ancora oggi noi dobbiamo
perche' il diritto di voto sia per tutti.
11. LE PERSONE
Le persone con la barba lunga si somigliano tutte
come i giorni di pioggia si somigliano tutti
come i gettoni del telefono come i semafori agli incroci
come i ricci delle castagne
lo stesso buio la stessa stanchezza
la stessa paura la stessa fame
la stessa rabbia che morde le mani.
Tutte le ferite di fuoco e di ghiaccio
tutte le morti irreversibili
tutte le stagioni precipiti ugualmente
tutti i venti invisibili e vampiri
tutti i mari lo stesso mostro oceano
e tutte le parole che nominano cose
restano parole e cose inaccessibili
tu che lo sai tu sai di non saperlo
questa non e' una pipa
questo non e' un incontro
questa non e' una sposa e i suoi celibatari
sulla spiaggia di Rimini
nella notte fiorentina
nei lager libici
nel salotto buono
nelle desolate periferie
dell'universo.
Sul mostro oceano i naufraghi
nei lager libici i deportati ancora
nella seduta del consiglio dei ministri
del grande teatro del mondo
gente beneducata con sussiego
decide il genocidio di milioni
di fuggiasche e fuggiaschi dall'orrore
a forza di nuovo nell'orrore attuffati
e con pennini che non sgocciolano firma
condanne a morte sulle linde pergamene.
Gia' le persone con la barba lunga
tutte si somigliano
come i giorni di pioggia i gettoni del telefono
i semafori i ricci i plotoni d'esecuzione
si chiedono che ne sara' di loro
che ne sara' di noi gia' vecchi e frali
scarti di produzione forza lavoro inutile
esuberanti ai fini della massimizzazione del profitto
non e' ben accetto chi fa troppe domande
e disturba il manovratore.
Colmi di plastica i mari e di cadaveri
colme le anime di cumuli di morti
colmo il linguaggio di vuoti e di menzogne
lavare i cieli scavare nuovi pozzi
condividere il pianto e il pane
piantare ancora le tende nel deserto
ad ogni potere che uccide opporsi
non dire la parola disonesta
non dire la parola necrofila e insensata.
Le persone
che sono tutto e nulla.
In quest'unico mondo vivente
una e' l'umanita'
abbila a cuore.
Tu non uccidere
tu salva le vite.
Sii tu
l'umanita'
come dovrebbe essere.
12. IL NOSTRO STUPRO QUOTIDIANO
In ogni citta', in ogni borgo, in ogni campo
uomini rapiscono donne, uomini feriscono donne, uomini uccidono donne.
Di mattina, di sera, di notte
armati di mitra, armati di coltello, armati di mani che serrano e rompono.
Vive una vita di terrore e sgomento meta' dell'umanita'
e una vita di odio e disprezzo - di se' e dell'altro da se' - la massima parte dell'altra.
Non si fermeranno le guerre, non si abbatteranno le dittature,
non si abolira' la schiavitu', non cesseranno le persecuzioni
finche' non sara' sconfitto il maschilismo.
13. FENOMENOLOGIA DEL DEMAGOGO. IMPROMPTU
Picchia duro sul piu' odiato. Purche' il piu' odiato sia inoffensivo.
Persuade i suoi seguaci che tutto il male e' concentrato in un punto.
Persuade i suoi seguaci che lui e loro sono tutto il bene senza alcun residuo.
Non ha bisogno di prove, ha la parola. Ergo non puo' ammettere che altri parlino.
Non gli interessa che il suo agire mieta vittime.
Non gli interessa che i suoi seguaci siano barbari e sempre piu' li imbarbarisca.
Il solo pensiero che pensa e': vincere.
La sola esistenza che conta e' la sua: lui e' il popolo, lui e' tutto.
Il mondo che sogna e' un pollaio in cui lui e' l'unico gallo.
Pensa di avere come unico erede il diluvio.
Crede sia vero solo cio' che dice, ed e' vero solo perche' lui lo dice.
Dalla visione della sofferenza ha imparato: infliggila.
Dalla paura della morte ha appreso: chi muore ha torto, ergo chi ha torto merita di morire.
Non ha mai letto un libro, lo scrive.
Non crede possibile che due libri diversi possano essere entrambi veritieri.
In una biblioteca vede un complotto da estinguere col fuoco.
Nell'esercizio della memoria un delitto di lesa maesta'.
Odia ogni potere finche' non lo possiede.
Odia ogni vita che non serva ad intensificare la sua.
Quando e' solo si spoglia e danza nudo.
14. L'UOMO SENZA VOCE
Ed io sono l'uomo senza voce
perche' non ho il telefonino
perche' non ho la connessione a internet
perche' non mi si accende il computer.
Ed io sono l'uomo senza voce
perche' ho esaurito tutte le bestemmie
perche' ho sentito tutti i dischi
perche' so che nessuno mai ti ascolta.
Ed io sono l'uomo senza voce
che scrive le parole che non pensa
che scaglia frecce al cielo senza torri
la cui lingua e' stata mozzata.
Ed io che sono l'uomo senza voce
ti guardo e ti contagio amico mio.
15. IL CALZOLAIO
Impara il mestiere del calzolaio
che mentre canta batte e batte il cuoio
Impara il mestiere del calzolaio
che taglia il cuoio e lo buca e lo cuce
Impara il mestiere del calzolaio
che sa l'arte di farti camminare
Impara il mestiere del calzolaio
perche' chi ha scarpe ha pane e nessun altro
Impara il mestiere del calzolaio
e poi rifiutati di farlo
16. I VECCHI COMPAGNI
Hanno poi anche questo vizio
i vecchi compagni
Molti altri ne hanno ma tutti
perdonabili e perdonati
perche' sono i vecchi compagni
che ne abbiamo passate tante
e sappiamo che sono brava gente
Col tempo si sono fatti curvi
la voce stridula che una volta era tonante
sembrano rimpicciolirsi ogni giorno di piu'
ma lo spirito e' quello di un tempo
e' quello di sempre il cuore
i vecchi compagni
Ci ricordiamo di quella volta
e di quell'altra e mentre ti ricordi
piangi e te ne vergogni
lo sai che non devi piangere mai
eppure piangi
mentre ricordi
E' che ne conosciamo le virtu'
dei vecchi compagni e gli atti di valore
la loro stanchezza le loro fisime
l'amarezza che talora li rende
di legno e di pece non conta
ci si conosce da cosi' tanto
si chiude un occhio sul sospiro di dolore
di chi ha lottato per l'intera vita
per ridurre il dolore nel mondo
Hanno poi anche questo vizio
i vecchi compagni
di morire e di abbandonarci.
17. CECITA'
E' difficile riuscire a non vedere
cinque milioni di persone
quasi il dieci per cento della gente
che incontriamo ogni giorno per strada
con cui prendiamo il caffe' al bar
con cui lavoriamo
con i cui figli
i nostri figli vanno a scuola
e' difficile riuscire a non vederli
ma c'e' chi ci riesce.
E' difficile riuscire a non vedere
che negare il diritto di voto a una persona su dieci
tra quelle che vivono nel nostro paese
rende il nostro paese qualcosa di diverso
da una democrazia qualcosa di opposto
e' difficile riuscire a non vedere
come nasce l'apartheid
ma evidentemente c'e' chi ci riesce.
E' difficile riuscire a non vedere
la violenza che colpisce qui ed oggi
cinque milioni di persone
cui si nega il diritto che fonda la democrazia
ma c'e' chi ci riesce egregiamente.
C'e' un nome per questo
e quel nome e' razzismo
non e' razzista solo il barbaro
armato di catene e manganello
che rompe le teste e brucia le case
lo e' anche il benevolo signore
che pensa che cinque milioni di esseri umani
che vivono qui e sono parte di questo paese
al piu' possano essere oggetto di elemosina
ma non soggetti portatori di diritti.
Triste e' la condizione di chi non riconosce
come esseri umani gli esseri umani che incontra
infelice chi ha dimenticato il detto antico
che esorta a trattare gli altri
come vorresti essere trattato tu.
18. ATTRACCA NEL PORTO DEI SOGNI
Attracca nel porto dei sogni
silente la nave dei morti
col suo carico di donne uccise.
Vieni, andiamo nel campo
la' tra le tamerici
chatta alla ragazzina
il principe tenebroso.
Ti faro' fare del cinema
faro' di te una diva
dopo la discoteca
ceniamo da me.
Cosa desideri, Sibilla?
Morire desidero.
19. UN RICORDO DI NANNI SALIO
Di Nanni Salio gli occhi calmi e buoni
ricordo, ed il sorriso lieve e mite;
era un sapiente che recava doni
preziosi e che guariva le ferite.
Tesseva nessi, incontri, comunioni,
lottava per salvar tutte le vite;
e all'odio, alle menzogne, alle oppressioni
si opponeva con forze infinite.
Anch'io ne sento grave la mancanza
della parola saggia e generosa
e dell'azione, forte e lieve danza.
In questa breve vita e dolorosa
nella fugacita' di nostra stanza
resta il ricordo, rosa luminosa.
20. DISARMARE
Poiche' le armi uccidono gli esseri umani
e' il disarmo che salva le vite.
21. OGNI GIORNO E' UN GIORNO DI LUTTO
Ogni giorno e' un giorno di lutto
i potenti della Terra giocano
muoiono le vittime del loro gioco.
Ogni vittima ha il volto di Abele
salvare le vite e' il primo dovere
oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
22. LA PRIMA POLITICA E' IL DISARMO
La prima politica e' il disarmo
sostituire all'arte dell'uccidere
quella severa di salvare le vite
Senza disarmo il mondo tutto muore
senza disarmo le nuvole si ghiacciano
le lacrime diventano veleno
si crepano i marmi ne escono draghi
Senza disarmo ogni parola mente
senza disarmo ogni albero si secca
l'aria non porta piu' i suoni
la polvere colma i polmoni
Senza disarmo piovono scorpioni
senza disarmo in ogni piatto e' vomito
dal rubinetto esce sale e vetro
le scarpe stritolano le ossa dei piedi
Solo il disarmo frena le valanghe
solo il disarmo risana le ferite
solo il disarmo salva le vite
Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 867 del 13 aprile 2018
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