[Nonviolenza] Telegrammi. 3025



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3025 del 4 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Sommario di questo numero:
1. Nel cinquantesimo anniversario della morte di Martin Luther King
2. "I conflitti europei nel XVII secolo". Un incontro di studio a Viterbo
3. Pier Paolo Portinaro: Norberto Bobbio (2012)
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. OGGI. NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MARTIN LUTHER KING

Il 4 aprile 1968 moriva assassinato Martin Luther King.
Mezzo secolo dopo e' ancora e ancor piu' necessario proseguire la sua lotta nonviolenta contro il razzismo, contro la guerra, per la giustizia sociale e la solidarieta' che tutti gli esseri umani riconosca e raggiunga e sostenga e conforti.
Perche' ancora nel mondo dilaga la violenza razzista; dilaga la violenza della guerra, delle stragi, delle uccisioni; dilaga l'ingiustizia che nega la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani: ed e' quindi compito ineludibile di ogni persona di volonta' buona, e di ogni civile istituto, opporsi a questo diluvio di male, ad ogni struttura che gli esseri umani schiavizza e divora, a tutti i poteri violenti.
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Se ci si pone all'ascolto di Martin Luther King molto si puo' e si deve fare adesso.
Molto possono fare le singole persone. Molto possono fare i gruppi sociali e i movimenti di pensiero e azione. Molto possono fare le istituzioni democratiche locali, statuali e sovrannazionali.
E per limitarci al solo esempio di quanto potrebbe fare qui ed ora il Parlamento italiano, ed invitando quindi chi ci legge a premere nonviolentemente a questo fine, qui segnaliamo alcune vere urgenze.
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Cosa attende ancora il Parlamento italiano ad approvare due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia?
Cosa si aspetta a riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro? E' l'unico modo per annientare le mafie schiaviste e salvare innumerevoli vite.
Cosa si aspetta a riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese? Questo e' il fondamento della democrazia: una persona, un voto; decidere tutti insieme delle cose che tutti ci riguardano.
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Cosa attende ancora il Parlamento italiano ad avviare il disarmo? E' solo col disarmo che si fermano le guerre, le stragi, le uccisioni.
Cosa si aspetta a ratificare il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari?
Cosa si aspetta a proibire la produzione, il commercio e la detenzione di armi? Meno armi circolano, piu' vite umane si salvano.
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Cosa attende ancora il Parlamento italiano ad inverare il programma della Costituzione della Repubblica che riconosce e garantisce i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani, che riconosce e garantisce la dignita' e l'eguaglianza di diritti di ogni persona?
Cosa si aspetta a realizzare una politica di contrasto della violenza maschilista?
Cosa si aspetta a realizzare una politica di contrasto della violenza delle classi proprietarie che pretendono ridurre a merce, schiavi e scarti la massima parte dell'umanita'?
Cosa si aspetta a realizzare una politica della responsabilita' e della condivisione che ad ogni persona garantisca i diritti fondamentali ad ogni essere umano inerenti: sapere, salute, lavoro, casa, sicurezza, assistenza, un ambiente vivibile, dignita' e solidarieta'?
Cosa si aspetta a realizzare una politica di contrasto della devastazione ambientale provocata dai poteri economici, politici, ideologici e militari dominanti che stanno distruggendo irreversibilmente il mondo vivente?
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Cosa attende ancora il Parlamento italiano ad inverare il programma della Costituzione della Repubblica che con tutta evidenza chiama alla scelta non piu' rinviabile della nonviolenza?
E' la nonviolenza la politica necessaria per la salvezza comune dell'umanita' e della biosfera.
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In questo giorno di lutto e di memoria ponendoci alla scuola e alla sequela di Martin Luther King perseveriamo nella nonviolenza: solo la nonviolenza si oppone alla violenza; solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. INCONTRI. "I CONFLITTI EUROPEI NEL XVII SECOLO". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO

Si e' svolto la sera di martedi' 3 aprile 2018 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio su "I conflitti europei nel XVII secolo".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una breve notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

3. MAESTRI. PIER PAOLO PORTINARO: NORBERTO BOBBIO (2012)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la voce "Norberto Bobbio" apparsa ne Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Diritto (2012)]

Norberto Bobbio, professore di filosofia del diritto e filosofia politica, e' il piu' importante studioso italiano di diritto e politica della seconda meta' del Novecento, nel corso della quale ha assunto nel dibattito pubblico italiano un ruolo paragonabile a quello svolto da Benedetto Croce nella prima meta' del secolo. Ha legato il suo nome, oltre che a esemplari studi di classici del pensiero, alla revisione critica del positivismo giuridico, alla teoria procedurale della democrazia, alla critica delle ideologie e alla diagnosi dei maggiori problemi dei sistemi politici contemporanei a partire dalle grandi dicotomie della teoria politica (societa' civile e Stato, diritto e potere, etica e politica, pace e guerra, Stato e anarchia). Nel ruolo di filosofo militante e' intervenuto incisivamente, in tutte le stagioni della storia della Repubblica, nel dibattito pubblico perseguendo l'ideale del buon governo per un'"Italia civile".
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La vita
Il retroterra politico e culturale di Bobbio s'inserisce nella tradizione gobettiana torinese, che negli anni della Resistenza sarebbe confluita nel Partito d'azione, crogiuolo della cultura politica laica della Repubblica. Nato a Torino il 18 ottobre 1909, la sua formazione avviene nella citta' natale, dove al liceo d'Azeglio, tra il 1919 e il 1927, subisce l'influenza dell'ambiente gobettiano e di autorevoli insegnanti antifascisti, come Augusto Monti, ma anche di compagni come Leone Ginzburg, Massimo Mila, Gian Carlo Pajetta, Vittorio Foa, Giulio Einaudi, Franco Antonicelli. Il "crocianesimo di sinistra" di questa cerchia contribuisce, come testimonia l'autobiografia, a farlo uscire dal "filofascismo familiare" e dai condizionamenti esercitati da un regime totalitario.
Laureatosi, all'inizio degli anni Trenta a Torino, in giurisprudenza (con Gioele Solari) e in filosofia (con Annibale Pastore), grazie all'insegnamento dei maestri della facolta' giuridica, Solari, Luigi Einaudi e Francesco Ruffini, rompe ben presto con l'hegelismo dei maggiori filosofi della tradizione nazionale, Croce e Giovanni Gentile, ma anche di quella socialista, Antonio Labriola e Antonio Gramsci. I primi studi lo indirizzano verso la cultura tedesca, verso il neokantismo, la fenomenologia e il personalismo scheleriano. Dalle sollecitazioni provenienti da quella cultura sarebbe maturato anche l'interesse per i due autori che avrebbero dominato il suo percorso d'approfondimento teorico (come professore di filosofia del diritto a Camerino, Siena, Padova e Torino e dal 1972 di filosofia politica), Thomas Hobbes e Hans Kelsen.
La prima stagione dell'impegno politico di Bobbio coincide con la breve parabola del Partito d'azione (negli anni del suo insegnamento padovano), e si conclude con la catastrofe delle elezioni (nelle quali si era candidato a un seggio parlamentare) del 1946. In quegli sviluppa sul piano teorico la piattaforma politica del Partito d'azione, che puntava a una riforma dello Stato che facesse leva sulla democrazia, come metodo per far coincidere la formazione della volonta' generale con la volonta' di tutti, sul federalismo, come sistema di disarticolazione e riorganizzazione autonomistica dello Stato unitario, e sulla coniugazione di liberalismo e socialismo, come ideologia mirante a un'effettiva redistribuzione dei poteri sociali entro la cornice istituzionale democratica. A questi obiettivi avrebbe comunque continuato a ispirarsi il suo pensiero in tutto l'arco del suo percorso.
La seconda stagione politica dell'itinerario di Bobbio puo' esser fatta iniziare con l'adesione nel 1966 al Partito socialista unificato e culminare nella battaglia contro le degenerazioni partitocratiche della democrazia italiana. Ormai le illusioni circa una possibile evoluzione democratica del socialismo reale si erano dissolte, ma appare anche sempre piu' evidente che attraverso il metodo democratico il socialismo e' irraggiungibile e che la stessa democrazia e' ben lungi dall'aver mantenuto le sue originarie promesse. Gli interessi particolari e corporativi, le pratiche consociative, il criptogoverno sempre piu' gli sembrano segnare il volto della Repubblica, generando la disaffezione del cittadino nei confronti della vita democratica.
Dal disincanto per queste esperienze storiche (il non essere stata la Resistenza una palingenesi, il ritardo ideologico dei partiti, il fallimento della stagione delle riforme per essere stata la sinistra incapace di superare le sue divisioni), sarebbero scaturite opere destinate a segnare in modo profondo la cultura politica dell'"Italia civile": cosi' Politica e cultura (1955), Quale socialismo? (1976), Il futuro della democrazia (1984). Anche il ciclo della sua produzione intellettuale puo' essere scandito in due fasi: nella prima, i saggi raccolti in Politica e cultura testimoniano della volonta' di non arrendersi alla sconfitta dell'azionismo, perseguendo la ripresa di un dialogo che il clima della guerra fredda sembrava aver definitivamente compromesso; nella seconda, dopo la sfida della democrazia assembleare del 1968 e le sue degenerazioni terroristiche, si colloca la presa d'atto delle "promesse non mantenute della democrazia".
In polemica con la teoria gramsciana dell'intellettuale organico, ma anche marcando la sua distanza da ogni concezione dell'impoliticita' della cultura, il suo rapporto con il mondo della politica sarebbe sempre stato guidato dalla massima "ne' distacco ne' subalternita'". Pur avendo compiuto nel corso della sua vita chiare scelte politiche, dagli anni dell'impegno nel Partito d'azione a quelli dell'adesione al programma riformista del centro-sinistra, fino alla pubblicistica antiberlusconiana degli anni Novanta, considerandosi fino alla fine (morira' a Torino il 9 gennaio 2004) un uomo di sinistra, e pur essendo stato nominato senatore a vita dal presidente Sandro Pertini nel 1984, egli dichiaro' sempre di non sentire alcuna vocazione per la militanza politica. Era troppo buon conoscitore della tradizione del realismo politico per non temere le contaminazioni delle potenze corruttrici che operano nel campo della politica; e condivideva con Max Weber la consapevolezza dell'irriducibile alterita' tra la vocazione della scienza e quella della politica.
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Il filosofo dell'Italia civile
Insofferente a ogni compiacimento nazionalistico, Bobbio e' stato innanzitutto interprete molto attento della propria tradizione nazionale, dedicando esemplari saggi critici agli autori piu' significativi della storia politica nazionale (da Carlo Cattaneo a Gaetano Salvemini, da Vilfredo Pareto a Gaetano Mosca, da Einaudi a Croce, il primo dei suoi maestri). Contro la tradizione spiritualistica nazionale (quella che avrebbe definito la vera "ideologia italiana"), l'incontro precoce con la filosofia di Cattaneo, non positivista ma scienziato positivo, non razionalista ma uomo di ragione, "illuminista rinato nel secolo dello storicismo", come in buona misura anche Bobbio sarebbe stato, lo indirizza verso l'approdo del neoilluminismo postbellico. L'esperienza del neoilluminismo sara' importante per la scelta del ruolo dell'intellettuale militante che non cede al ricatto dell'impegno 'organicamente' vincolato a qualche partito ma nemmeno si ritrae nella torre d'avorio di una sterile speculazione.
A correggere l'eredita' dell'idealismo, in cui si rifletteva la debolezza del pensiero democratico italiano del primo Novecento, interviene anche la lezione di Salvemini, sia per l'elaborazione della concezione elitistica della democrazia, sia per le riflessioni sul rapporto esistente tra metodo democratico e metodo scientifico. Salvemini e' per Bobbio lo storico che ha restituito dignita' a quel positivismo e a quella concezione della scienza su cui i filosofi dell'idealismo si erano accaniti a gettare il discredito e a quella visione della vita democratica che era stata prima inquinata dal malgoverno delle oligarchie liberali e poi travolta dal nazionalismo plebiscitario del regime fascista.
Il peso della storia nazionale si fa sentire nell'opera di Bobbio non soltanto per il tramite di Cattaneo, di Salvemini e del crocianesimo gobettiano, ma anche attraverso i teorici delle elites, maestri di realismo politico, ai quali e' dedicata la raccolta Saggi sulla scienza politica in Italia (1969), che riunisce testi cui spetta il merito di aver riportato l'attenzione, nella cultura politica del dopoguerra, sull'opera di Pareto e di Mosca, nonche' sull'elitismo democratico. La lezione degli elitisti relativa al ruolo delle oligarchie nella storia, ai limiti strutturali del processo di democratizzazione, alla funzione delle ideologie nella societa', alle dinamiche della corruzione e del declino costituisce il contraltare conservatore al realismo rivoluzionario di Karl Marx. A questi autori attinge nell'elaborare la sua diagnosi sugli "ostacoli non previsti" e le "promesse non mantenute" della democrazia.
Nel quadro della resa dei conti con la tradizione italiana importanza centrale assume il rapporto con Croce, "il maestro di liberta' negli anni della dittatura". Le differenze rispetto a Croce sono molte e riguardano l'ambito filosofico come quello politico. Sul liberalismo di Croce Bobbio prende posizione criticamente nel celebre saggio confluito in Politica e cultura, in cui rileva come alla base della visione liberale del filosofo napoletano non vi siano quegli autori che avevano sviluppato la teoria dei limiti del potere dello Stato. Si deve pero' rilevare che Bobbio era indotto a vedere in Croce, per la sua concezione della filosofia come "momento metodologico della storiografia", un maestro solidale nella battaglia contro le astruserie metafisiche; ed era a lui debitore per due insegnamenti fondamentali, concernenti "la maniera di porre il rapporto tra impegno pratico e impegno intellettuale, tra politica e cultura", e per la concezione metapolitica del liberalismo. Pur non aderendo alla metafisica crociana, secondo cui la storia e' epifania della liberta', il neoempirista Bobbio vi sostituisce l'idea della storia come progressivo avanzamento dei diritti, anch'essa poggiante su una concezione storicistica della verita'.
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La diagnosi del proprio tempo
L'opera di Bobbio trascende i confini della cultura nazionale, entrando in dialogo con quella dei piu' alti esponenti della cultura europea del XX secolo, da Weber a Kelsen, da Julien Benda a Raymond Aron, da Karl Popper a Isaiah Berlin. Bobbio e' stato spesso accostato a Berlin per la sua ricerca analitica sul concetto di liberta', che gli consente di pervenire a definizioni formalmente impeccabili: il liberalismo e' un'ideologia che mira a limitare il potere politico a tutela delle sfere di liberta' individuale, la democrazia una forma di governo che mira a distribuire il potere politico tra il maggior numero di cittadini (massimizzandone la liberta' politica). Negli stessi anni, entrambi concettualizzano quella distinzione tra liberta' negativa e liberta' positiva che avrebbe dominato il dibattito filosofico-politico dei decenni successivi - ed entrambi vi approdano confrontando la concezione liberale con quella socialista della liberta'. Fatta chiarezza su quella distinzione fondamentale, gran parte dell'opera di Bobbio sarebbe poi stata dedicata alla ricerca delle forme della loro possibile composizione, il che, in termini ideologici, significa ricerca di una coniugazione tra liberalismo e democrazia, tra liberalismo e socialismo.
Due sono i libri in cui piu' chiaramente emerge il profilo dell'intellettuale militante che prende posizione sui problemi del proprio tempo: Politica e cultura e Profilo ideologico del Novecento (1969). In Politica e cultura la ricerca di un nuovo ruolo per l'intellettuale, contro l'ossessione pedagogicamente totalizzante degli ideologi, s'indirizza verso l'individuazione di un giusto mezzo tra gli estremi della "cultura politicizzata" e della "cultura apolitica". Il compito dell'intellettuale deve consistere nel sottoporre a indagine critica credenze e convinzioni consolidate o blindate dall'ideologia, esercitando il metodo del dubbio per contrastare il dogmatismo. Ma altri erano stati gli orientamenti che avevano predominato, e ancora stavano predominando, nel secolo che alcuni avrebbero definito "degli estremi". E contro le estremizzazioni ideologiche egli ricerco', praticando il dialogo pubblico, quello che John Rawls avrebbe chiamato "overlapping consensus".
Bobbio fu promotore del dialogo, innanzitutto tra liberali e socialisti (con Politica e cultura) e poi, in una stagione successiva, anche tra laici e credenti. In un mondo in cui l'integralismo religioso, il dogmatismo e l'ortodossia ideologica la facevano da padroni, era sua convinzione che l'opera dell'intellettuale dovesse passare attraverso la critica delle presunte certezze che rendevano impossibile il compromesso. In virtu' della specificita' della situazione italiana, fu tra i grandi intellettuali "erasmiani" (Dahrendorf 2006) del secondo Novecento colui che si spinse piu' avanti, pur senza mai transigere sulle questioni di principio, nel confronto con le sinistre comuniste. Il dialogo con i comunisti fu guidato dalla convinzione, propria di tutti gli azionisti di sinistra, che quelli avessero avuto fin dall'inizio il merito di aver guardato alla storia mettendo in primo piano le sofferenze e i diritti dei deboli e degli oppressi. Con l'avanzare della secolarizzazione della societa' italiana non sarebbe poi stato insensibile al dialogo tra laici e credenti (a partire da uno scritto minore, ma dall'intento programmatico, Elogio della mitezza, 1993). In un'opera tra le sue ultime, L'eta' dei diritti (1990), avrebbe indicato nella convergenza di tre grandi correnti ideali, il liberalismo, il socialismo e il cristianesimo sociale l'acquisizione piu' preziosa della modernita'.
Bobbio e' stato uno dei piu' convinti assertori del secolo socialdemocratico. L'esperienza del fascismo, lasciando in eredita' all'Italia anche l'anomalia del piu' grande partito comunista dell'Occidente, ne aveva condizionato l'orientamento politico, ma non al punto da mettere in discussione la convinzione che l'alternativa rimanesse quella tra capitalismo con la democrazia e socialismo senza democrazia. Vedeva nello Stato sociale di diritto, e in una conseguente politica democratica riformista, capace di mitigare con istanze egualitarie l'intemperanza delle liberta' del mercato, la realizzazione di una terza via tra capitalismo e socialismo. Ma quando negli anni Settanta fra i comunisti italiani, ormai persuasi delle incurabili degenerazioni del socialismo reale, prese corpo la convinzione, suffragata da una lettura dell'opera di Gramsci, che si stesse delineando una via europea al comunismo come terza via tra dittatura leninista e riformismo socialdemocratico, Bobbio fu molto determinato nel contestare tale illusoria prospettiva, ribadendo che tra la dittatura del proletariato e il rispetto delle regole della democrazia parlamentare non si potessero dare strategie intermedie.
L'opera di Bobbio si estende per circa tre quarti di secolo e puo' essere considerata uno specchio intellettuale particolarmente rappresentativo del Novecento. Tra la stagione delle prime prove e quella estrema dei ripensamenti e delle testimonianze si collocano piu' di quattro decenni d'intensissima attivita' di ricerca - che possiamo far iniziare dall'Introduzione all'edizione italiana da lui curata del De cive di Hobbes -, nel corso dei quali avrebbero visto la luce decine di studi di teoria generale del diritto e di saggi sui classici del pensiero giuridico e politico moderno (da Hobbes a Kant a Hegel a Kelsen) e soprattutto saggi volti ad affrontare le tre grandi questioni che egli a ragione ha considerato le questioni cruciali della nostra epoca: quella della pace con Il problema della guerra e le vie della pace (1979), quella della democrazia, con Il futuro della democrazia (1984), quella dei diritti, con L'eta' dei diritti. Sono opere che si collocano tutte in una zona di confine tra la filosofia e le scienze giuridiche e politiche, ponendo l'analisi concettuale al servizio della critica delle ideologie.
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Il teorico del diritto e della politica
Nella storia delle dottrine politiche del Novecento, Bobbio e' destinato a restare per il contributo dato all'affinamento della teoria procedurale della democrazia, di quella teoria cioe' che ha in Kelsen e Joseph A. Schumpeter i suoi massimi esponenti. Si tratta innanzitutto di una concezione che rientra nella grande famiglia delle teorie empiriche della democrazia competitiva. La sua contrapposizione tra democrazia ideale e democrazia reale, tra gli "ideali" e la "rozza materia", lo colloca nell'immediata prossimita' di Schumpeter che in Kapitalismus, Sozialismus und Demokratie (1946) aveva elaborato la sua realistica teoria del metodo democratico in contrapposizione alle idealizzazioni della teoria "classica". Ma nella definizione delle "regole del gioco" come "universali procedurali" di natura giuridica il suo paradigma di riferimento e' Kelsen.
Il debito di Bobbio nei confronti di Kelsen e' dichiarato ed evidente. Esso riguarda i temi della teoria generale del diritto, la teoria proceduralistica e insieme pluralistica della democrazia, la concezione della "pace attraverso il diritto" (il "pacifismo istituzionale") e la critica alla dottrina marxistica dello Stato. A Kelsen il filosofo torinese deve in primo luogo la teoria della norma giuridica e la teoria dell'ordinamento giuridico, e di conseguenza una concezione critica del positivismo giuridico, che non esalta e divinizza lo Stato ma nulla concede alle nostalgie giusnaturalistiche, accogliendo piuttosto la tesi weberiana (volontaristica e noncognitivistica) del politeismo dei valori. E deve la convinzione che in un mondo in cui prevalgono le divergenze di interessi e di opinioni, di progetti e di valori, il diritto costituisce l'unica tecnica di organizzazione sociale capace di disciplinare il conflitto.
Dei classici a cui ha fatto costantemente riferimento, Hobbes e' per Bobbio, senza dubbio, quello decisivo, dal quale ha appreso a studiare la controfaccia del diritto, che e' il potere. Hobbes e' per lui l'autore che ha tentato di tenere insieme concezione razionalistica e concezione realistica dello Stato, di solito destinate a divergere e a contrapporsi polemicamente; che ha realizzato una singolare sintesi di giusnaturalismo e positivismo giuridico; e che ha dato il maggior contributo alla filosofia del diritto, al punto da poter essere considerato l'iniziatore del positivismo giuridico, che e' la piu' compiuta teoria generale del diritto che la modernita' abbia elaborato. La teoria dello Stato moderno che Bobbio trova compiutamente formulata nell'opera di Hobbes e' anche una teoria individualistica, relativistica e laica dello Stato. Sotto questo profilo essa costituisce una piattaforma particolarmente congeniale per accostarsi alla dottrina pura del diritto e anche alla concezione kelseniana della democrazia.
Solamente lo studio approfondito di Hobbes avrebbe consentito a Bobbio di mettere a frutto l'insegnamento kelseniano: al punto che si puo' dire di lui che e' stato il maggior interprete kelseniano di Hobbes e il maggior interprete hobbesiano di Kelsen.
Dai classici Bobbio ha appreso e ha trasmesso la lezione dell'esercizio critico della ragione come strumento per contrastare il dogmatismo. Contro coloro che credono che esistano il "problema dei problemi" e quindi anche la "soluzione delle soluzioni", o che sono impegnati nella realizzazione di qualche "valore ultimo", e' sceso ripetutamente in campo, sostenendo che "non esiste il valore ultimo, ma esistono al massimo valori primari alternativi, e purtroppo anche incompatibili". Come della democrazia ha privilegiato una definizione procedurale, cosi' dei diritti dell'uomo non ha ricercato il fondamento assoluto ma solo le tecniche di attuazione, cosi' ancora al pacifismo etico o finalistico ha preferito il pacifismo istituzionale, che fa della pace non un traguardo definitivo della storia umana ma soltanto "una delle condizioni per la realizzazione di altri valori".
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Opere
Politica e cultura, Torino 1955 (nuova ed., a cura di F. Sbarberi, 2005).
Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano 1965.
Profilo ideologico del Novecento, Milano 1969.
Saggi sulla scienza politica in Italia, Bari 1969 (nuova ed. accresciuta 1996).
Una filosofia militante. Studi su Carlo Cattaneo, Torino 1971.
Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del diritto, Milano 1976.
Quale socialismo? Discussione di un'alternativa, Torino 1976.
Il problema della guerra e le vie della pace, Bologna 1979.
Studi hegeliani. Diritto, societa' civile, Stato, Torino 1981.
Il futuro della democrazia, Torino 1984, Torino 1991.
Stato, governo e societa'. Frammenti di un dizionario politico, Torino 1985.
Il terzo assente. Saggi e discorsi sulla pace e sulla guerra, Torino 1989.
Thomas Hobbes, Torino 1989.
L'eta' dei diritti, Torino 1990, Torino 1992.
L'utopia capovolta, Torino 1990.
Saggi su Gramsci, Milano 1990.
Una guerra giusta? Sul conflitto del Golfo, Venezia 1991.
Il dubbio e la scelta. Intellettuali e potere nella societa' contemporanea, Roma 1993.
Teoria generale del diritto, Torino 1993.
Contributi ad un dizionario giuridico, a cura di R. Guastini, Torino 1994.
Dal fascismo alla democrazia. I regimi, le ideologie, le figure e le culture politiche, a cura di M. Bovero, Milano 1997.
Ne' con Marx ne' contro Marx, a cura di C. Violi, Roma 1997.
Teoria generale della politica, a cura di M. Bovero, Torino 1999.
Dialogo intorno alla Repubblica, a cura di M. Viroli, Roma-Bari 2000.
Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Roma 2004.
Per una bibliografia completa delle opere di Bobbio fino al 1993, si veda inoltre: Bibliografia degli scritti di Norberto Bobbio (1934-1993), a cura di C. Violi, Roma-Bari 1995.
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Bibliografia
La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a Norberto Bobbio, a cura di U. Scarpelli, Milano 1983.
E. Lanfranchi, Un filosofo militante. Politica e cultura nel pensiero di Norberto Bobbio, Torino 1989.
P. Meaglia, Bobbio e la democrazia. Le regole del gioco, San Domenico di Fiesole 1994.
A. Ruiz Miguel, Politica, historia y derecho en Norberto Bobbio, Ciudad de Mexico 1994.
F. Sbarberi, L'utopia della liberta' eguale. Il liberalismo sociale da Rosselli a Bobbio, Torino 1999.
Diritto e democrazia nella filosofia di Norberto Bobbio, a cura di L. Ferrajoli, P. Di Lucia, Torino 1999.
T. Greco, Norberto Bobbio. Un itinerario intellettuale tra filosofia e politica, Roma 2000.
M. Barberis, Diritti e democrazia. Un'interpretazione pluralista di Bobbio, "Teoria politica", 2004, 20, 3, pp. 103-26.
L. Ferrajoli, L'itinerario di Norberto Bobbio: dalla teoria generale del diritto alla teoria generale della democrazia, "Teoria politica", 2004, 20, 3, pp. 127-43.
L'opera di Norberto Bobbio. Itinerari di lettura, a cura di V. Paze', Milano 2005.
Norberto Bobbio tra diritto e politica, a cura di P. Rossi, Roma-Bari 2005.
R. Dahrendorf,  Versuchungen der Unfreiheit. Die Intellektuellen in Zeiten der Pruefung,  Muenchen 2006 (trad. it. Erasmiani. Gli intellettuali alla prova del totalitarismo, Roma-Bari 2007).
P.P. Portinaro, Introduzione a Bobbio, Roma-Bari 2008.
D. Zolo, L'alito della liberta'. Su Bobbio, Milano 2008.
S. Veca, Sui rapporti fra filosofia, politica e cultura. Norberto Bobbio e Giulio Preti, in Impegno per la ragione. Il caso del neoilluminismo, a cura di W. Tega, Bologna 2010.
M.L. Salvadori, Il liberalismo di Bobbio tra etica, politica e progresso sociale, in Id., Liberalismo italiano. I dilemmi della liberta', Roma 2011, pp. 153-68.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Roberto Mosena (a cura di), Salvatore Quasimodo, Rcs, Milano 2018, pp. 154, euro 5,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
*
Riletture
- L'Edda. Carmi norreni, Sansoni, Firenze 1951, pp. CII + 602 (+ XL tavole fuori testo). A cura di Carlo Alberto Mastrelli.
- Snorri Sturluson, Edda, Adelphi, Milano 1975, pp. 188. A cura di Giorgio Dolfini.
*
Riedizioni
- Giulio Giorello, Lussuria. La passione della conoscenza, Il Mulino, Bologna 2010, Il Giornale, Milano 2018, pp. 200, euro 9,90.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3025 del 4 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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