[Nonviolenza] Nonviolenza. Femminile plurale. 718



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 718 dell'8 marzo 2018

In questo numero:
1. L'8 marzo a Viterbo
2. "Non una di meno": L'8 marzo la marea femminista torna nelle strade: noi scioperiamo!
3. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
6. Lia Cigarini: Non accontentiamoci di mezzo mondo
7. Maria Nadotti presenta "Alfabeto d'origine" di Lea Melandri
8. Francesca Romana Recchia Luciani presenta "Alfabeto d'origine" di Lea Melandri
9. Benito D'Ippolito: Ancora una lettera agli amici suoi di Toscana

1. INIZIATIVE. L'8 MARZO A VITERBO
[Riceviamo e diffondiamo]

L'8 marzo e' uno sciopero dal lavoro produttivo e da quello di cura, uno sciopero politico, sociale, culturale, uno sciopero globale delle donne.
Lo sciopero femminista vuole consentire di scioperare anche a chi si troverebbe esclusa dal diritto di sciopero.
Lo sciopero non sara' solo per le lavoratrici stipendiate, lo sciopero e' per tutte e sara' creativo. Anche per un'ora le donne si fermeranno.
Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo. Scioperiamo dalle mail. Scioperiamo dai consumi.
Scioperiamo dal lavoro di cura - lavoro svolto gratuitamente dentro le case. Usciamo e partecipiamo a incontri ed eventi in piazza e nei luoghi di discussione. Usciamo dall'isolamento e anche dai ricatti affettivi. Rendiamoci visibili, indossiamo, portiamo, esponiamo qualcosa di nero, viola e fucsia.
A Viterbo due appuntamenti:
- alle ore 16, in piazza delle Erbe, presidio itinerante;
- alle ore 17, da Erinna in via dei Mille 44/46, "Il tempo improduttivo. Scioperare, oziare, prendersi tempo".
Comitato Nonunadimeno Viterbo, Erinna, Eurasia - cooperativa sociale, Fight for love, Kyanos, Sans Frontiere, Usb

2. APPELLI. "NON UNA DI MENO": L'8 MARZO LA MAREA FEMMINISTA TORNA NELLE STRADE: NOI SCIOPERIAMO!
[Dal sito di "Non una di meno" (https://nonunadimeno.wordpress.com) riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento]

Il prossimo 8 marzo la marea femminista tornera' nelle strade di tutto il mondo con lo sciopero globale delle donne.
Il rifiuto della violenza maschile in tutte le sue forme e la rabbia di chi non vuole esserne vittima si trasformeranno in un grido comune: da #metoo a #wetoogether.
Sara' sciopero femminista perche' pretendiamo una trasformazione radicale della societa': scioperiamo contro la violenza economica, la precarieta' e le discriminazioni. Sovvertiamo le gerarchie sessuali, le norme di genere, i ruoli sociali imposti, i rapporti di potere che generano molestie e violenze. Rivendichiamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile. Vogliamo autonomia e liberta' di scelta sui nostri corpi e sulle nostre vite, vogliamo essere libere di muoverci e di restare contro la violenza del razzismo istituzionale e dei confini.
Sappiamo che scioperare e' sempre una grandissima sfida, perche' ci scontriamo con il ricatto di un lavoro precario o di un permesso di soggiorno. Sappiamo quanto e' difficile interrompere il lavoro informale, invisibile e non pagato che svolgiamo ogni giorno nel chiuso delle case, nei servizi pubblici e privati, per le strade. Sappiamo che scioperare puo' sembrare impossibile quando siamo isolate e divise. Sappiamo che il diritto di sciopero subisce quotidiane restrizioni.
Lo sciopero dell'8 marzo in Italia dovra' affrontare anche le limitazioni imposte dalle franchigie elettorali, che impediscono ad alcune categorie di incrociare le braccia nei 5 giorni che seguono il voto del 4 marzo.
Sappiamo anche, pero', che lo scorso anno siamo riuscite a vincere questa sfida, dando vita a un imponente sciopero sociale, sostenuto da alcuni sindacati e agito con forme e pratiche molteplici che ne hanno esteso i confini.
Quest'anno, alcuni sindacati hanno gia' dichiarato lo sciopero. Molti mancano ancora all'appello. Di fronte alla piu' grande insorgenza globale delle donne contro la violenza patriarcale e neoliberista, noi crediamo che i sindacati debbano cogliere quest'occasione unica, prendendo parte a un processo che combatte la violenza maschile e di genere come condizione fondamentale della precarizzazione del lavoro.
Lo sciopero femminista coinvolgera' il lavoro produttivo e riproduttivo, andra' oltre il corporativismo delle categorie e i confini nazionali, unira' le molteplici figure del mondo del lavoro e del non lavoro.
In questi mesi di campagna elettorale, non c'e' lista o partito che non citi nel suo programma la violenza contro le donne senza pero' riconoscere il carattere sistemico della violenza e senza mai porre realmente in questione i rapporti di potere vigenti. Contro ogni strumentalizzazione, contro il razzismo fascista e quello istituzionale, che usano i nostri corpi per giustificare la violenza piu' brutale contro le migranti e i migranti e ulteriori restrizioni alla loro liberta' di movimento, rivendichiamo la nostra autonomia e ribadiamo la necessita'/volonta' di autodeterminarci. Il piano su cui ci interessa esprimerci e' il Piano Femminista contro la violenza maschile e di genere, il nostro terreno di lotta e rivendicazione comune, scritto da migliaia di mani in un anno di lotte.
Grideremo a tutto il mondo che non siamo il campo di battaglia ne' il programma elettorale di nessuno. Abbiamo il Piano femminista per riprenderci cio' che vogliamo. Occuperemo lo spazio pubblico per riaffermare la nostra autonomia e forza politica.
Il nostro movimento eccede l'esistente, attraversa frontiere, lingue, identita' e scale sociali per costruire nuove geografie.
Al grido di #WeToogether il prossimo 8 marzo questo movimento mostrera' ancora una volta la sua forza globale.
Noi scioperiamo!

3. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. L'ORA. LIA CIGARINI: NON ACCONTENTIAMOCI DI MEZZO MONDO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo l'intervento di Lia Cigarini all'incontro "Sulla violenza. Ancora", rivisto dall'autrice ed originariamente apparso sul sito www.donnealtri.it il 28 febbraio 2018]

Oggi, quando un uomo uccide una donna, nella stragrande maggioranza dei casi, lo fa per metterla a tacere, perche' quella donna ha detto no all'uso del suo corpo e della sua vita da parte di questo lui, marito o fidanzato o uomo occasionalmente incontrato.
Sono donne che fanno dunque una scelta di autonomia, di liberta'. Gli assassini sono uomini sicuramente orrendi che devono essere puniti. Tuttavia non sono d'accordo che il movimento delle donne consumi tutte le sue energie nell'esecrare ed ottenere la punizione dell'assassino. L'impegno e le energie, a mio parere, dovrebbero essere rivolte principalmente a parlare della donna uccisa: narrando la sua storia e dando un senso, un nome, al diniego che l'ha silenziata per sempre.
Queste donne uccise sono protagoniste in prima persona della rottura del patto sessuale che sottendeva tutte le istituzioni sia quelle democratiche che quelle autoritarie conosciute fino ad ora.
Noi femministe e tutte quelle che negli ultimi anni hanno preso la parola nel lavoro, nella politica e nei tanti campi del sapere, siamo protagoniste nel senso ovvio del termine. Nel caso invece delle donne uccise non e' ovvio e tocca a noi farle protagoniste e dare loro un nome.
La definizione di vittime quindi non e' adeguata e qui viene a proposito quanto scrive Rebecca Solnit nel suo bel libro che ha molti capitoli dedicati alla violenza degli uomini sulle donne: "la mattanza messa a segno da un singolo uomo potrebbe fare da spartiacque nella storia del femminismo che e' sempre stata e ancora e' una lotta per dare un nome e definire, per parlare ed essere ascoltate" e continua "perche' in questa lotta la vittoria o la sconfitta dipendono in larga parte dalla lingua e dalla narrazione cui si ricorre", (Gli uomini mi spiegano le cose, riflessioni sulla sopraffazione maschile, Ponte alle Grazie, 2017).
Nella storia, in presenza di lotte con svolte epocali si parla di martiri (parola che significa testimoni): del cristianesimo, delle varie rivoluzioni, della Resistenza ecc. Questa mi sembra la definizione giusta per le donne che hanno detto di no alla sopraffazione maschile e sono state assassinate.
Capisco e provo anch'io disperazione e dolore per la "mattanza" di donne a cui assistiamo. Non ho pero' la tentazione di ritirarmi in un mondo separato di femministe. Per due ragioni, la prima e' che in molti paesi del mondo le donne sono ovunque, lavorando gomito a gomito con gli uomini. E sembra che ci vogliano stare cercando di cambiare a propria misura il contesto in cui si trovano.
La seconda e' che la recente coraggiosa lotta iniziata da alcune americane propagatasi in tutto il mondo, ha sconnesso il sistema sessista cioe' e' stata una risposta politica efficace alla violenza contro le donne. E i media, il potere mediatico cioe' gli uomini, per la prima volta l'hanno registrata come "una svolta epocale da cui non si torna indietro".
Si puo' quindi scommettere sul fatto che ci siano sempre piu' uomini abbastanza forti da reggere un confronto/scontro con le donne e capaci di educare i piu' inconsapevoli e violenti tra di loro. Per queste ragioni mi chiedo: perche' accontentarsi di mezzo mondo quando ne puoi cambiare uno intero?

7. LIBRI. MARIA NADOTTI PRESENTA "ALFABETO D'ORIGINE" DI LEA MELANDRI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo]

Alfabeto d'origine. E' il titolo che la teorica femminista Lea Melandri ha voluto per un piccolo e prezioso libro (Neri Pozza, 2017) in cui ha raccolto le sue riflessioni sul tema della "scrittura d'esperienza", uno dei punti nodali di una ricerca condotta con tenacia su testi propri e altrui. E uno dei vertici del pensiero politico che ha costruito nel tempo, agendo insieme ad altre donne, leggendo, insegnando (dai corsi delle 150 ore negli anni settanta e ottanta, alla scuola di Affori, alla Libera Universita' delle Donne di Milano), creando riviste (A Zig Zag, Lapis) e luoghi d'incontro dove scambiare pensieri, esperienze, ricordi, desideri e ripensare collettivamente le idee ricevute che bloccano il pensiero e dunque ogni ipotesi di espressione autentica.
Coesa come una monografia e tuttavia variegatissima, l'antologia di Melandri copre un arco temporale che va dal 1983 al 2017 e si articola in una serie diversificata di interventi liberi o d'occasione. I primi svariano da alcuni appunti estrapolati da un diario poetico tenuto con la fedelta' ossessiva di un cercatore d'oro a esegesi testuali che somigliano a dei veri corpo a corpo con gli scrittori e le scrittrici che Melandri sente piu' affini. "I fanciulli, poeti, sognatori" che, come lei, non hanno saputo, potuto, voluto scostarsi dalla materia d'origine sublimandola in ragionamento astratto o semplicemente negandola.
A partire, tra gli altri, dagli scritti di Sibilla Aleramo, Franco Matacotta, Franco Rella, Alberto Asor Rosa, ma anche dalle pagine di autrici 'non professioniste' che affidano alla pagina scritta il grumo della loro esperienza di vita (si pensi a Smarrirsi in pensieri lunari della fisica Agnese Seranis o a Pensieri vagabondi di Amelia Molinelli, un diario brut dall'impianto e dallo stile originalissimi), Melandri mette a fuoco una strategia critica e espressiva che si fonda sul rimosso o, se preferite, sull'abietto, su cio' che nella 'cultura alta' non ha cittadinanza e dunque e' condannato a rimanere in ombra, anzi in una sorta di "sostrato fangoso".
Le pagine di diario, collocate non per caso a chiusura del volume, come ad esemplificare concretamente la forma assunta nel lessico dell'autrice dalla scrittura d'esperienza, sono una selezione distillatissima di pensieri-verso limpidi e penetranti, privati e al contempo universali. Vivere, ammalarsi, sentirsi soli, innamorarsi, sconfinare nell'altro, imparare a rimanere in se' riconoscendo all'altro il suo destino inevitabilmente individuale, godere del cielo, del mare, del dono provvisorio del proprio tempo di vita. Sono i temi che affiorano in queste pagine che invitano a praticare quella "mineralogia del pensiero" messa a tema da Asor Rosa, a ripercorrere non solo la propria storia sociale e di genere, ma la preistoria che la precede, quella penombra che tutte e tutti abbiamo attraversato e che spesso non lascia in noi che mute, indecifrabili e tuttavia indelebili tracce.
In una delle pagine introduttive del volume, ancorando la propria autorialita' a una duplice, scomoda, identita' di genere e classe - donna e figlia di contadini -, Lea Melandri ragiona sul "margine che trattiene le donne alla frontiera della ragione sociale..., sulla fantasia che ha costruito le differenze di genere..., sulla segreta volonta' delle donne, reazionarie e ribelli, disobbedienti come Antigone, di appartenere a una preistoria mai raccontata". E, piu' avanti, interrogandosi sulle "radici della scrittura" all'interno di un ordine 'scolastico' che non prevede il corpo e le sue vicissitudini e tantomeno il colore e la temperatura reali delle emozioni e dei sentimenti, postula con disadorna schiettezza un teorema inconfutabile: per scrivere bisogna "uscire da se' o uscire dal mondo". La sola alternativa a questa scelta dolorosa, contrabbandata da secoli come la sola possibile, e' saper costruire il "ponte di una trama immaginaria", "restituire alle pagine scritte l'odore di terra e di erba tagliata dopo un temporale", dire di se' per dire del mondo.
Quel "si puo'" liberatorio, che permette di "dare corso a pensieri piu' aderenti al pensiero di ognuno", si esprime in una scrittura che si inventa senza tuttavia partire da zero, che nasce da uno spostamento del baricentro, da un atto di consapevole posizionamento all'interno delle dualita' conosciute, perche' "e' da li' che bisogna districarla per renderla a noi piu' propria, vicina, somigliante".
"Quando tento di descrivere il farsi della mia scrittura", afferma Melandri, "penso a una traiettoria che partecipa della chiarezza logica, di un lungo lavoro di concettualizzazione, ma che nel momento di divenire scrittura si lascia distrarre, affondare, intrigare da un altrove". Poiche' quell'altrove sepolto in ognuna/o di noi rischia, se tacitato, di rendere esangue o totalmente asservito il pensiero e dunque la lingua, perche' non dedurne che e' proprio l'atto di distrazione o di affondamento a generare la parola che vale la pena di dire?
Concludo con uno dei punti piu' folgoranti dell'intero libro. In una lezione tenuta all'Universita' di Bologna il 27 settembre 2014 e qui raccolta sotto il titolo "Per un'educazione portata alle radici dell'umano", l'autrice, consapevole della 'femminilizzazione' e della conseguente 'devalorizzazione' del sistema scolastico italiano, rivolge alle donne che insegnano una domanda cruciale: "come vivono questo ruolo di madri-maestre, di donne chiamate a trasmettere una cultura che le ha cancellate, di corpi in scena che devono disciplinare altri corpi, renderli invisibili"?
Al di la' della querelle ideologica che da noi insiste a inchiodare gli individui a una presunta normalita' di genere fondata su binarismi friabili quanto indimostrabili, bisognerebbe infatti chiedersi quanto pesi per "un bambino, un adolescente, maschio e femmina, avere sempre di fronte, negli anni piu' importanti per la sua formazione, una figura femminile ambigua, perche' potente e svilita al medesimo tempo".

8. LIBRI. FRANCESCA ROMANA RECCHIA LUCIANI PRESENTA "ALFABETO D'ORIGINE" DI LEA MELANDRI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo]

Tra "lingua ritrovata", "corrispondenze amorose", "scrittura di esperienza" e alcune "riprese", come recitano i titoli dei capitoli di cui si compone l'ultimo libro di Lea Melandri, con Alfabeto d'origine (Neri Pozza, pp. 169, euro 16) siamo in presenza di un testo sorprendente, dipanato con il fascino e la suggestione di una confessione irrimandabile e di un flusso emozionale che proviene dall'inconscio.
La lettura procede come un incontro con un pensiero alimentato dalla "forza invasiva del mondo interno", di cui si cerca in ogni frase la difficile traduzione attraverso scrupolosa cura semantica e acribia stilistica, condensate in parole precise e ricercate, significati acuminati come una lama che hanno la virtu' di attraversare, insieme a quello dell'autrice, anche l'inconscio di chi legge.
Un appuntamento tra anime favorito da una scrittura felice, da una parola sempre appropriata, da una ricerca che si spinge, ogni volta piu' audacemente, sotto lo strato delle apparenze verso una profondita' melmosa e inconfessabile, a inseguire le tracce dei desideri rimossi, dei bisogni negati, degli impulsi insopprimibili. Non soltanto, dunque, la testimonianza militante di una battaglia femminista contro gli schemi a buon mercato, manifesto di un'opposizione di lunga durata a binarismi di comodo e a semplificazioni oppositive ma prive di dialettica, bensi' al contempo un'esplorazione del profondo che intercetta l'inconscio collettivo decifrando quello individuale.
Una visione del presente, quella di Melandri, condensata e polimorfa, per via della stratificazione di senso che ella attribuisce al tempo vivente, in quanto prospettiva storica ed ermeneutica della complessita' che si interpone sempre tra "due tempi, quello dell'origine a quello della storia", con l'obiettivo di lasciarsi alle spalle la mitologia binaria degli abituali schematismi dicotomici, la "falsa dialettica degli opposti", come lei la definisce, per giungere a cogliere la realta' "nell'intrigo delle sue varie e molteplici componenti". Questo volume, a tratti diario, a tratti rapsodia, che attraversa la biografia della sua autrice ma anche quella di una generazione in lotta (a modo suo un'"autobiografia per interposta persona"), e' anche un documento politico che addita le facili e banali "polarizzazioni" come la piu' infausta e insieme persistente semplificazione della complessita' del reale che solo un'irriverente prospettiva, come quella azzardata in questi scritti, in grado di intrecciare senso esterno e senso interno, puo' restituire ad una semantica dell'interezza, ad una grammatica dell'insieme, ad una sferica totalita' in cui torni a valere il senso delle relazioni, delle connessioni, di quel che vincola ogni cosa al suo contrario.
Altro tema ricorrente in queste pagine e' quello della memoria, luogo dell'impasto tra il racconto di se' e la storia comune, di un vissuto esistenziale e corporeo che si trasferisce ora nei bassifondi dell'inconscio ora nelle vette del pensiero, lasciando ovunque le sue tracce. Segni impressi nei racconti empatici e nelle ricostruzioni appassionate, ma anche nella direzione epistemologica e cognitiva di queste riflessioni/introflessioni, poiche' l'archeologia del sapere che indaga anima e corpo fin nelle loro piu' recondite pieghe qui si fa stile di pensiero e interpretazione del mondo, conosciuto, letto e interpretato nel suo contrasto con "l'altrove". "Come se fossero le opposte sponde di un asse che un improvviso fulmine ha spezzato in due, il maschio e la femmina - il corpo e la mente, la realta' e il sogno, l'infanzia e la storia - giacciono nella lontananza riconoscibili gli uni agli altri solo per la mutilazione subita" e aprono "la strada alla nostalgia di impossibili ricongiungimenti".
Alfabeto d'origine celebra, tuttavia, almeno un'avverabile riconciliazione, una vera e propria ricomposizione di se' che avviene sotto il segno della scrittura, "le parole del silenzio" che
costituiscono la trama di un dialogo muto ma serrato tra una lettrice e molti libri da un lato, tra gli autori e le autrici di quei testi e un'interprete a sua volta scrittrice dall'altro, tratteggiano i contorni indefiniti di corrispondenze amorose, baciate da una cura affettuosa e da una dedizione partecipe.
Sembra quasi di leggerli con lei e attraverso di lei, quei libri. Anche se poi occorrera' lasciarsi alle spalle le forme culturali consolidate per affrontare il mare aperto, per intraprendere cioe' quello scavo necessario, "una mineralogia del pensiero" che attraverso la "scrittura di esperienza" renda possibile varcare le "zone di frontiera tra corpo e mente, inconscio e coscienza, sogno e realta'".
E cosi' Lea Melandri ci fa generosamente dono, con questo testo pluriverso, di una pratica, odierna traduzione della liberatoria pratica femminista dell'autocoscienza, che, come Melandri stessa va indefessamente spiegando in giro per l'Italia, puo' divenire condiviso artificio autoterapeutico per una riscoperta di se', attraverso la scrittura del profondo, nella relazione con l'alterita' dell'altro/a.

9. L'ORA. BENITO D'IPPOLITO: ANCORA UNA LETTERA AGLI AMICI SUOI DI TOSCANA

I. Il sangue sul ponte

Nella civile citta' di Firenze
culla della lingua e patria delle arti
lo scorso lunedi' cinque di marzo
ancora un uomo e' stato assassinato
si chiamava Idy Diene.

Sua moglie era la vedova
di Samb Modou che insieme a Diop Mor
fu assassinato dai colpi di un fascista
nella stessa citta' di Firenze
il tredici dicembre di sette anni fa.

Nella civile citta' di Firenze
in questo antico paese dalla buffa forma
di uno stivale col tacco
indigeni scendono armati per strada
e sparano a persone innocenti
rubano loro la luce dei giorni
strappano loro il battito del cuore.

Come tutte le notti catafratti
nelle loro scatole di gomma e metallo
lupi perlustrano le vie alla caccia
di giovani donne schiave
per farne preda per farne stupro e scempio
in questo antico paese
in queste civili citta'.

Il giorno prima di quest'ultimo assassinio
le truppe dell'apartheid
vincevano le elezioni
dopo anni ed anni di propagazione
dell'odio razzista a reti unificate
nell'indifferenza e con la complicita'
di chi ha dimenticato di essere
un essere umano
ipnotizzato dagli alala'
dal rimbombo del passo dell'oca sul selciato.

Chi arma le mani degli assassini?
Non vi e' una persona che lo ignori.

*

II. La madre

Non si sono accorti i razzisti
che l'Italia di cui vanno blaterando
non esiste e non e' mai esistita
se non nei deliri di Interlandi
e di Preziosi e dei loro compari.

L'Italia non ha una cultura ma mille
e' etrusca e romana e greca
e' araba e normanna e bizantina
e longobarda e ladina e albanese
e a dirla in una sola
parola e' sempre stata
meticcia
non avrebbe cosi' tanti monumenti
se non fosse il luogo di tutti gli incontri
se non fosse lo specchio del mondo
la casa comune dell'umanita' intera.

E se volessimo risalire piu' indietro
fino alle origini dell'umanita'
ogni essere umano sa di essere
un discendente di progenitori
africani.

E' l'Africa la madre comune
dell'umanita' tutta
qualcuno lo dica ai giovinotti
razzisti che hanno vinto le elezioni.

Cosi' s'adempie nei fatti la profezia
di ogni umanesimo il sogno
di ogni movimento di liberazione
l'umanita'
si scopre una e chi ancora
si attarda ad erigere muri
ad armare frontiere
a promuovere guerre
e' innanzitutto un povero stolto
febbricitante
e bisognoso di essere curato.

*

III. Siamo tutte e tutti senegalesi

Eppure ancora infuria la violenza
razzista e giunge al punto di portare
al potere in Italia e in Europa
i mostri razzisti epigoni ed eredi
dell'ordine ariano dei campi di sterminio.

E quindi ancora e ancora e' da condurre
la lotta dell'umanita' che si sa umana
contro la guerra e tutte le uccisioni
contro il razzismo e tutte le persecuzioni
e contro il maschilismo e tutte le oppressioni
ancora e ancora e' da condurre quindi
la lotta nonviolenta dell'umanita'
per la pace e la liberazione comune
per i diritti umani di tutti gli esseri umani
in difesa del mondo vivente di cui siamo parte
e che e' casa comune dell'umanita' intera.

Siamo tutte e tutti senegalesi
siamo tutte e tutti esseri umani
la nonviolenza e' in cammino
oppresse e oppressi di tutto il mondo unitevi.

*

IV. In questo giorno queste parole scrissi

Queste parole ho scritto l'otto marzo
il giorno in cui l'umanita' s'inchina
e rende onore alla lotta delle donne
per la liberazione dell'umanita'
da ogni violenza, da ogni menzogna.

E' la violenza maschile
la prima radice e il primo paradigma
di ogni violenza.

Con voce e con volto di donna
la nonviolenza e' in cammino.

Solo la lotta delle donne
e degli uomini che alla loro sequela si pongono
potra' sconfiggere il maschilismo e il fascismo
e il militarismo il razzismo la schiavitu'
e liberare l'intera umanita'.

Che sia anche il tuo impegno adesso e sempre
siamo una sola umanita'
ogni vittima ha il volto di Abele
siamo una sola umanita'
una persona un voto
siamo una sola umanita'
salvare le vite e' il primo dovere
siamo una sola umanita'
di persone tutte diverse e tutte eguali
siamo una sola umanita'
sotto un stesso cielo
lo stesso sangue lo stesso respiro
lo stesso bisogno d'amore
che sa che soltanto insieme
la vita e' degna di essere vissuta
nell'aiuto reciproco
condividendo il pane ed i sogni
il lavoro e il riparo e i pensieri
soccorrendo accogliendo assistendo
ogni persona bisognosa di aiuto
nessuna abbandonando al dolore
nessuna abbandonando alla morte.

Agisci verso le altre persone
cosi' come vorresti
che le altre persone agissero
verso di te
sii tu l'umanita'
come dovrebbe essere.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com
Numero 718 dell'8 marzo 2018

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