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[Nonviolenza] Archivi della nonviolenza. 285
- Subject: [Nonviolenza] Archivi della nonviolenza. 285
- From: Giacomo Alessandroni <g.alessandroni at peacelink.it>
- Date: Tue, 12 Dec 2017 18:50:16 +0100
- Sender: g.alessandroni at gmail.com
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
Numero 285 del 12 dicembre 2017
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
Numero 285 del 12 dicembre 2017
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di novembre 2017 (parte seconda)
2. Vladimiro Oglianovi: Chi ben comincia
3. Vladimiro Oglianovi: Racconti dell'orrore
4. Vladimiro Oglianovi: Storie nere del dottor Burganza. Come nacque l'equipe
5. Vladimiro Oglianovi: Esploratori
6. Sostegno alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare
7. "In memoria di Nanni Salio". Un incontro di riflessione a Viterbo
8. L'anno del Circeo. Cinque tesi
9. Benito D'Ippolito: Un ricordo di Nanni Salio
10. Vladimiro Oglianovi: Il male minore
11. L'associazione "Respirare" a sostegno della Carovana delle donne per il disarmo nucleare
12. Anita Pasquali
13. Buon cammino alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare
14. Vladimiro Oglianovi: Enologi
15. Come in uno specchio. Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
16. Associazione "Respirare": 25 novembre
17. Il programma politico fondamentale dell'umanita'
18. L'assassinio di Enrico di Cornovaglia a Viterbo
19. La strage
20. Checco Roscioni: Se lo dice il partito
1. Alcuni testi del mese di novembre 2017 (parte seconda)
2. Vladimiro Oglianovi: Chi ben comincia
3. Vladimiro Oglianovi: Racconti dell'orrore
4. Vladimiro Oglianovi: Storie nere del dottor Burganza. Come nacque l'equipe
5. Vladimiro Oglianovi: Esploratori
6. Sostegno alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare
7. "In memoria di Nanni Salio". Un incontro di riflessione a Viterbo
8. L'anno del Circeo. Cinque tesi
9. Benito D'Ippolito: Un ricordo di Nanni Salio
10. Vladimiro Oglianovi: Il male minore
11. L'associazione "Respirare" a sostegno della Carovana delle donne per il disarmo nucleare
12. Anita Pasquali
13. Buon cammino alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare
14. Vladimiro Oglianovi: Enologi
15. Come in uno specchio. Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
16. Associazione "Respirare": 25 novembre
17. Il programma politico fondamentale dell'umanita'
18. L'assassinio di Enrico di Cornovaglia a Viterbo
19. La strage
20. Checco Roscioni: Se lo dice il partito
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2017 (PARTE SECONDA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2017.
2. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. VLADIMIRO OGLIANOVI: CHI BEN COMINCIA
Mi piacerebbe poter dire che la mia cattiva fama e' frutto di un equivoco, ma sarebbe una tale castroneria che pure uno come me si vergogna a dirla, e io non mi vergogno di niente.
Comincio' per caso: stavamo giocando a bocce, e la colpa fu delle bocce: se giocavamo a pallone non gli avrei sfondato il cranio, ma con una boccia, una volta che l'hai tirata con tutti i sentimenti e hai colpito il bersaglio e' fatta.
Poi feci la fesseria delle fesserie: scappai. Ci ho ripensato mille volte: se fossi restato li' magari una soluzione si trovava, potevamo sotterrare il cadavere e acqua in bocca, figurarsi se i ragazzi non me la davano una mano. Invece fuggii e loro lasciarono li' quel fagotto che rantolava e sanguinava e se ne tornarono dentro l'osteria a farsi un altro mezzo litro e una gazzosa (che poi e' un modo di dire, di mezzi litri a quel tempo ce ne facevamo sei per uno in un par d'ore) e dissero all'oste che nel campo da bocce c'era un morto, e l'oste chiamo' i carabinieri e i carabinieri fecero l'inchiesta e siccome nessuno aveva visto niente e l'unico che era sparito ero io mi cucirono addosso la responsabilita' del fatto di sangue. Se ero restato li' non era successo niente, potevamo sotterrare la salma e fine della partita; oppure potevamo lasciarla li', rientravo pure io nell'osteria e nessuno mi avrebbe mai accusato di niente. Invece feci la fesseria delle fesserie. Sono errori che si fanno da giovani. Poi li paghi per tutta la vita. Ma io non e' che mi lamento della vita mia, eh.
Il resto fu la logica conseguenza. La sera avevo fame, e vorrei vedere voi dopo aver girovagato per i campi tutto il resto della giornata, cosi' entrai in quella villa per vedere se trovavo da mangiare un boccone. Sfortuna volle che ci fosse l'allegra famigliola perche' era domenica ed erano venuti a passarla in campagna. Se se ne erano restati in citta' adesso ancora campavano. Invece no. La gente di citta' a noi del paese non ci e' mai piaciuta. Vengono qui e gli pare di essere i padroni del mondo. Cosi' gliel'ho fatto vedere che non erano i padroni del mondo. A tutti e quattro (cinque col regazzino piccolo, che pero' non conta perche' non l'ho ammazzato io, e' morto da solo quando l'ho buttato giu' per le scale). Se se ne fossero stati buoni e zitti campavano ancora, e invece cominciarono ad abbaiare come che mi videro entrare dalla finestra, tutte quelle storie per un vetro rotto. Se la sono proprio cercata. La gente di citta' non sa combattere: loro erano in quattro e io ero da solo, invece basto' che io afferrassi la ragazzina e tirassi fuori la lama, e tutti agnellini, sissignore, tutti agnellini: quando erano tutti e quattro legati (il sor padrone e il rampollo adolescente li feci legare dalla signora, poi la signora dalla signorina, poi la signorina la legai io, poi mi misi a mangiare quel che c'era e il resto fu l'ovvia conseguenza. Che fessi, dico io. Il pargoletto lo trovai al primo piano quando mi misi a dare uno sguardo in giro se c'era qualche cosa di valore, visto che c'ero.
Il difficile non e' procurarsi la roba di valore, e' ruscire a venderla. Io a quel tempo non conoscevo nessuno del giro. Caricai sulla macchina dell'allegra famigliola ormai defunta quel po' di robetta che si poteva vendere, e mi diressi in citta': era la prima volta che guidavo una macchina, ma alla fine e' come il motorino e il trattore.
Prima d'allora in citta' c'ero stato solo per andare al cinema o al supermercato o da una di quelle. Pero' non ci voleva molto a capire che se avessi girato di notte prima o poi avrei trovato un cliente. Invece era quasi l'alba e la benzina stava per finire e io avevo girato duecento bar e bevuto altrettanti caffe' e niente avevo combinato. All'epoca ero uno ingenuo, oggi lo so che troppi caffe' fanno male. Insomma, mi venne una gran voglia di sfogarmi di tutta la rabbia che ci avevo, poi mi servivano i liquidi - nel senso delle svanziche, dico - perche' non e' puoi pagarti un albergo lasciando sul bancone due fedi o qualche posata d'argento, e siccome non conoscevo nessuno pensai di unire l'utile al dilettevole e mi diressi in periferia dove sapevo che c'erano quelle signore. Adesso non mi ricordo piu' bene, ma fini' male prima ancora della prestazione perche' quella voleva essere pagata prima e a me non mi andava di darle i soldi che tanto poi avrei dovuto riprendermeli, cosi' la strozzai subito. Nella borsetta c'era una miseria, ma meglio di niente.
Poi lasciai la macchina nel parcheggio dietro la stazione e presi il primo treno in partenza, dormii per tutto il viaggio. Ormai il piu' era fatto.
Comincio' per caso: stavamo giocando a bocce, e la colpa fu delle bocce: se giocavamo a pallone non gli avrei sfondato il cranio, ma con una boccia, una volta che l'hai tirata con tutti i sentimenti e hai colpito il bersaglio e' fatta.
Poi feci la fesseria delle fesserie: scappai. Ci ho ripensato mille volte: se fossi restato li' magari una soluzione si trovava, potevamo sotterrare il cadavere e acqua in bocca, figurarsi se i ragazzi non me la davano una mano. Invece fuggii e loro lasciarono li' quel fagotto che rantolava e sanguinava e se ne tornarono dentro l'osteria a farsi un altro mezzo litro e una gazzosa (che poi e' un modo di dire, di mezzi litri a quel tempo ce ne facevamo sei per uno in un par d'ore) e dissero all'oste che nel campo da bocce c'era un morto, e l'oste chiamo' i carabinieri e i carabinieri fecero l'inchiesta e siccome nessuno aveva visto niente e l'unico che era sparito ero io mi cucirono addosso la responsabilita' del fatto di sangue. Se ero restato li' non era successo niente, potevamo sotterrare la salma e fine della partita; oppure potevamo lasciarla li', rientravo pure io nell'osteria e nessuno mi avrebbe mai accusato di niente. Invece feci la fesseria delle fesserie. Sono errori che si fanno da giovani. Poi li paghi per tutta la vita. Ma io non e' che mi lamento della vita mia, eh.
Il resto fu la logica conseguenza. La sera avevo fame, e vorrei vedere voi dopo aver girovagato per i campi tutto il resto della giornata, cosi' entrai in quella villa per vedere se trovavo da mangiare un boccone. Sfortuna volle che ci fosse l'allegra famigliola perche' era domenica ed erano venuti a passarla in campagna. Se se ne erano restati in citta' adesso ancora campavano. Invece no. La gente di citta' a noi del paese non ci e' mai piaciuta. Vengono qui e gli pare di essere i padroni del mondo. Cosi' gliel'ho fatto vedere che non erano i padroni del mondo. A tutti e quattro (cinque col regazzino piccolo, che pero' non conta perche' non l'ho ammazzato io, e' morto da solo quando l'ho buttato giu' per le scale). Se se ne fossero stati buoni e zitti campavano ancora, e invece cominciarono ad abbaiare come che mi videro entrare dalla finestra, tutte quelle storie per un vetro rotto. Se la sono proprio cercata. La gente di citta' non sa combattere: loro erano in quattro e io ero da solo, invece basto' che io afferrassi la ragazzina e tirassi fuori la lama, e tutti agnellini, sissignore, tutti agnellini: quando erano tutti e quattro legati (il sor padrone e il rampollo adolescente li feci legare dalla signora, poi la signora dalla signorina, poi la signorina la legai io, poi mi misi a mangiare quel che c'era e il resto fu l'ovvia conseguenza. Che fessi, dico io. Il pargoletto lo trovai al primo piano quando mi misi a dare uno sguardo in giro se c'era qualche cosa di valore, visto che c'ero.
Il difficile non e' procurarsi la roba di valore, e' ruscire a venderla. Io a quel tempo non conoscevo nessuno del giro. Caricai sulla macchina dell'allegra famigliola ormai defunta quel po' di robetta che si poteva vendere, e mi diressi in citta': era la prima volta che guidavo una macchina, ma alla fine e' come il motorino e il trattore.
Prima d'allora in citta' c'ero stato solo per andare al cinema o al supermercato o da una di quelle. Pero' non ci voleva molto a capire che se avessi girato di notte prima o poi avrei trovato un cliente. Invece era quasi l'alba e la benzina stava per finire e io avevo girato duecento bar e bevuto altrettanti caffe' e niente avevo combinato. All'epoca ero uno ingenuo, oggi lo so che troppi caffe' fanno male. Insomma, mi venne una gran voglia di sfogarmi di tutta la rabbia che ci avevo, poi mi servivano i liquidi - nel senso delle svanziche, dico - perche' non e' puoi pagarti un albergo lasciando sul bancone due fedi o qualche posata d'argento, e siccome non conoscevo nessuno pensai di unire l'utile al dilettevole e mi diressi in periferia dove sapevo che c'erano quelle signore. Adesso non mi ricordo piu' bene, ma fini' male prima ancora della prestazione perche' quella voleva essere pagata prima e a me non mi andava di darle i soldi che tanto poi avrei dovuto riprendermeli, cosi' la strozzai subito. Nella borsetta c'era una miseria, ma meglio di niente.
Poi lasciai la macchina nel parcheggio dietro la stazione e presi il primo treno in partenza, dormii per tutto il viaggio. Ormai il piu' era fatto.
3. FOTOGRAFIE. VLADIMIRO OGLIANOVI: RACCONTI DELL'ORRORE
Io quelli che scrivono i racconti dell'orrore proprio non li capisco.
Intanto scrivono orrore con l'acca. Ma davanti alla o l'acca non ci va. L'acca si mette davanti alla i e alla e, e solo certe volte, per esempio per distinguere uno che s'inchina da uno che sta in Cina. Sia chiaro: io non m'inchino davanti a niente e nessuno, era solo per fare un esempio. E poi saltano la e alla fine, che e' un errore di grammatica. E uno che non sa neppure come si scrivono le parole fa lo scrittore? E andiamo, e' la fine del mondo.
Non mi voglio mettere a fare il professore, a me i professori mi fanno schifo, apposta diedi fuoco alla scuola media, ce lo sanno tutti. Pero' pure senza fare il professore, certe cose le so pure io, per esempio che orrore si scrive orrore.
E poi c'e' bisogno di inventarle le storie dell'orrore? Si vede subito che chi le scrive e' un bamboccio che ha campato tutta la vita senza mai uscire di casa. Come minimo e' malato, ci avra' la sifilide o la tubercolosi. Ma pure la sifilide per prendertela il naso fuori da casa ce lo dovevi mettere, e mica solo quello. E allora e' tbc sicura. Esci di casa, bamboccio, e te lo faccio vedere io l'orrore senza l'acca.
Facciamo a capirci: lo so pure io che un motivo per scrivere quei libri c'e', e sono i soldi. I soldi sono il motivo di tutto. Io se non facevo il delinquente sarei stato comunista, ma siccome fo il delinquente il comunista non lo posso fare, perche' mica mi va di regalare agli altri la roba che rubo io. Andassero a rubare pure loro se la vogliono, no? Invece di stare sempre li' a lamentarsi della societa'. Ma quale societa'? E' ognuno per se', possibile che nessuno lo capisce? E' che non capisce un colpo nessuno, nessuno, neanche se lo paghi. E io non pago proprio nessuno.
Che dicevo? Non mi ricordo piu'. Ah, quelli che leggono i libri del terrore. Io non li capisco. Intanto perche' che c'e' da leggere nei libri che gia' non hanno detto al giornale radio? Ce l'avete la radio sulla macchina? Se non ci avete neppure la radio, di che volete parlare? Siete troppo pezzenti. E mi fa specie che gente pezzente come voi vuole leggere i libri dell'orrore, vi dovrebbe fare orrore la vita che fate, vi dovrebbe. Ve lo dico io. Vendete la macchina e compratevi una rivoltella, ecco il consiglio che vi posso dare, e ve lo do' gratis.
Se non facevo il delinquente facevo il comunista, ve lo dico io.
Intanto scrivono orrore con l'acca. Ma davanti alla o l'acca non ci va. L'acca si mette davanti alla i e alla e, e solo certe volte, per esempio per distinguere uno che s'inchina da uno che sta in Cina. Sia chiaro: io non m'inchino davanti a niente e nessuno, era solo per fare un esempio. E poi saltano la e alla fine, che e' un errore di grammatica. E uno che non sa neppure come si scrivono le parole fa lo scrittore? E andiamo, e' la fine del mondo.
Non mi voglio mettere a fare il professore, a me i professori mi fanno schifo, apposta diedi fuoco alla scuola media, ce lo sanno tutti. Pero' pure senza fare il professore, certe cose le so pure io, per esempio che orrore si scrive orrore.
E poi c'e' bisogno di inventarle le storie dell'orrore? Si vede subito che chi le scrive e' un bamboccio che ha campato tutta la vita senza mai uscire di casa. Come minimo e' malato, ci avra' la sifilide o la tubercolosi. Ma pure la sifilide per prendertela il naso fuori da casa ce lo dovevi mettere, e mica solo quello. E allora e' tbc sicura. Esci di casa, bamboccio, e te lo faccio vedere io l'orrore senza l'acca.
Facciamo a capirci: lo so pure io che un motivo per scrivere quei libri c'e', e sono i soldi. I soldi sono il motivo di tutto. Io se non facevo il delinquente sarei stato comunista, ma siccome fo il delinquente il comunista non lo posso fare, perche' mica mi va di regalare agli altri la roba che rubo io. Andassero a rubare pure loro se la vogliono, no? Invece di stare sempre li' a lamentarsi della societa'. Ma quale societa'? E' ognuno per se', possibile che nessuno lo capisce? E' che non capisce un colpo nessuno, nessuno, neanche se lo paghi. E io non pago proprio nessuno.
Che dicevo? Non mi ricordo piu'. Ah, quelli che leggono i libri del terrore. Io non li capisco. Intanto perche' che c'e' da leggere nei libri che gia' non hanno detto al giornale radio? Ce l'avete la radio sulla macchina? Se non ci avete neppure la radio, di che volete parlare? Siete troppo pezzenti. E mi fa specie che gente pezzente come voi vuole leggere i libri dell'orrore, vi dovrebbe fare orrore la vita che fate, vi dovrebbe. Ve lo dico io. Vendete la macchina e compratevi una rivoltella, ecco il consiglio che vi posso dare, e ve lo do' gratis.
Se non facevo il delinquente facevo il comunista, ve lo dico io.
4. RACCONTI GIALLI. VLADIMIRO OGLIANOVI: STORIE NERE DEL DOTTOR BURGANZA. COME NACQUE L'EQUIPE
A quel tempo lavoravo col dottor Burganza nel ramo rapine.
Nell'equipe (noi la chiamavamo equipe, e certe volte per scherzo "equipe 84") c'eravamo il dottor Burganza, io, Cicorietta e Mammolone. Non lo dite a me che Cicorietta e Mammolone non sono nomi da combattimento adatti a dei rapinatori con gli attributi; cento volte gliel'ho detto che dovevano scegliersi un altro soprannome, ma li chiamavano cosi' gia' da prima e ci erano affezionati. Cicorietta perche' era il figlio del figlio di Peppe Cicoria, che al paese se lo ricordavano ancora tutti di fama perche' era l'uomo piu' forte del mondo, spaccava una damigiana con una testata e faceva a corse coi treni. Mammolone perche' era il fratello di Mammoletta che era morto come era morto; Mammolone era un po' sovrappeso. Io? Adesso mi chiamo Yanez ma da ragazzo mi chiamavano Bestemmione, indovinate perche'. Il dottor Burganza un soprannome non ce l'aveva perche' non era del paese, al paese ci era venuto ad abitare che aveva gia' passato la quarantina che a quei tempi uno era considerato vecchio, e faceva il maestro di musica della banda del paese ma tutti lo sapevano che non campava di quello e se si era comprato il villone che si era comprato non era certo dirigendo marcette. Si raccontava che era uno di quelli che ogni tacca che aveva inciso sul bastone (era zoppo) era un cristiano di meno. Dicevano pure che era stato prete, che era un vampiro, che da giovane aveva giocato nella Spal o nel Fanfulla e un sacco di altre storie. Al paese la gente aveva una fervida immaginazione a quel tempo, la televisione ce l'aveva solo il bar.
*
Come nacque l'equipe
Come nacque l'equipe me lo ricordo bene. Io e Mammolone eravamo ragazzi e facevamo quelle stupidaggini che fanno tutti i ragazzi; una notte mentre lavoravamo in una cantina com'e' come non e' il padrone ci sorprese. Ancora mi chiedo com'e' stato possibile: la notte la gente perbene dovrebbe dormire, no? Oltretutto per venire nella cantina era pure dovuto uscire di casa. La gente e' strana. Il problema e' che ci riconobbe. A quel tempo non usava di mascherarsi. Ci tocco' ammazzarlo. Non tanto per quello che stavamo facendo nella cantina sua - avevamo preso qualche prosciutto, robetta cosi', poi ci eravamo fermati a mangiare e bere un po' - ma perche' si sarebbe capito che eravamo stati noi a fare tutti quei lavoretti che da qualche mese davano un po' di vita alle notti del paese; cosi' ci tocco' ammazzarlo. Ma quello prima di morire comincio' a strillare come se scannassimo un maiale. E ci volle parecchio tempo perche' ammazzare qualcuno a coltellate, soprattutto se non e' consenziente, non e' che lo fai in cinque secondi come con un mitra, ci vuole un sacco di tempo. E quello strillava. E piu' strillava e piu' gente svegliava per il paese. Cosi' ci tocco' finirlo in fretta, e per essere sicuri gli segammo la testa, che lo so che sembra una brutalita' gratuita ma vorrei vedere voi in un momento come quello con la fretta e tutto, e la rabbia che i due sacchi gia' pieni di prosciutti ormai toccava lasciarli li' perche' non si possono avere insieme le ali ai piedi e mezzo quintale di carne di porco sulle spalle, e l'apetto l'avevamo lasciato a distanza di sicurezza parcheggiato in un angolo buio della piazza per non dare nell'occhio, il paese e' piccolo, si sa. Insomma, fatto il servizietto di decollare il tizio, via a tutta callara che gia' le finestre s'aprivano, per fortuna l'illuminazione pubblica a quei tempi era quella che era, che ci volevano i raggi x per vederci a dieci passi, e noi eravamo svelti come la polvere.
Pero' erano svelti pure i canacci che ci venivano dietro perche' i randagi sono cosi', di notte girano per il paese e si accodano a tutto quello che si muove e se si muove in fretta mentre lo rincorrono abbaiano come addannati. Poi il paese e' piccolo e in mezzo minuto sei gia' in campagna, e all'ultima svolta dell'ultima casa in chi intruppiamo? in quel bietolone di Cicorietta che non l'ho mai capito che ci stava a fare in giro a quell'ora di notte, e siccome vedeva che fuggivamo comincio' a fuggire pure lui insieme a noi. E i cani sempre dietro. E facevano una cagnara che era proprio una cagnara. E ormai erano gia' due o tre minuti che correvamo e per fortuna che la strada era asfaltata perche' era buio pesto, pero' il rischio era grosso a restare sulla strada provinciale, se passava una macchina figurati se non ci riconoscevano. Ma lasciare la strada e buttarsi per i campi era peggio: non si vedeva un accidente, si rischiava come niente di rompersi le corna addosso a una pianta e si sarebbero lasciate tracce che pure un cieco le avrebbe viste. Mentre correvamo passammo davanti al giardino della villa del dottor Burganza, che stava sul cancello e ancora oggi mi chiedo che ci stesse a fare sul cancello a quell'ora di notte. Disse solo: "Entrate, imbecilli". E noi entrammo, sempre di corsa, come se fossimo la fanfara dei bersaglieri. Chiuse il cancello e i cani restarono fuori a fare la serenata. Allora usci' con un budello di gomma di quelli che si usano per annaffiare gli orti, e a forza di scudisciate sciolse l'orchestra canina, che si disperse nella notte. Ci fece entrare in un casotto che era di fianco alla villa e ci teneva la macchina e un sacco di ferraglia da film dell'orrore, e disse: "Restate qui e non fate casino". Ci chiuse dentro e spari'. Nel buio Cicorietta ci chiese che era successo. "Niente", dissi io. "E allora perche' correvamo?". "E che ne so io perche' correvi tu?". E tutti a ridere, ma a ridere cosi' di cuore, con tutto che eravamo sfiatati, che non riuscivamo piu' a smettere e sentivo le lacrime sgocciolare la faccia e i crampi allo stomaco. Quella frase, "E che ne so io perche' correvi tu?", ormai saranno vent'anni che ce la ripetiamo, ed ogni volta sono risate a crepapelle, giuro.
Per un bel pezzo non si senti' nessun rumore venire dalla strada. Poi sentimmo aprire la porta, si ripresento' il dottor Burganza e disse: "Seguitemi". E ci porto' nella villa. Adesso non sto a raccontarvi com'era la villa, magari un'altra volta. Ma certo era grossa da far paura. Ci porto' in una specie di scantinato dove c'era un biliardo, un biliardo vero come quelli nei bar. E da una parte una specie di bancone come quelli dei bar, solo piu' corto, e dietro una vetrinetta di bottiglie di liquori. Prese una bottiglia, quattro bicchieri, c'indico' un tavolino col panno verde sopra, e una volta seduti disse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Io, che sono sempre stato un tipo sveglio, risposi per tutti: "Niente, facevamo una passeggiata quando un branco di cani randagi ci ha aggredito". E il dottor Burganza: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". E io: "Niente, gliel'ho detto". E quello, sempre con lo stesso tono di voce: "Ho sentito, ma che ci facevate in giro a quest'ora?". Ne' io ne' gli altri due sapevamo che dire o che fare. Fu a quel punto che mi accorsi che Mammolone era tutto sporco di sangue di quando avevamo prima accoltellato e poi segato il collo al sor Bastiano. Mi guardai e vidi che io pure non ero da meno. Cicorietta invece era immacolato, a parte le macchie di sudore. Pure Mammolone se n'era accorto di come eravamo conciati, e adesso pure Cicorietta.
Azzardai: "Ci hanno aggredito i cani, ci hanno morso, guardate un po', se non era per lei, grazie, grazie davvero, adesso leviamo il disturbo". E quello: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Ci scoccammo un'occhiata tra me e Mammolone: noi eravamo in due e il dottor Burganza era solo, Cicorietta non si sarebbe certo impicciato, era un amico. Avevamo fatto trenta, potevamo fare trentuno. Ma il dottor Burganza era il dottor Burganza, all'epoca non lo conoscevo, io ero solo un ragazzotto, ma adesso che saranno vent'anni che ci lavoro lo so chi e'; disse ancora con lo stesso tono di voce inerte: "Che ci facevate in giro a quest'ora?", e nella mano adesso invece del bicchiere era apparso un ferro. Cicorietta, memore dell'avo e bramoso di compier atti di valore - forse pure per l'invidia che noi gia' eravamo zuppi di sangue e lui solo di sudore -, disse: "Siamo in tre". E il dottor Burganza, con la stessa voce: "Quindi due palle per uno, e non e' un'allusione oscena". Tacque un attimo per vedere l'effetto della battuta - non ci fu nessun effetto, non mi ricordo neppure se la capimmo subito -, poi aggiunse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Gli altri due guardavano me, ma a me non veniva in mente niente. Cosi' passo' un mezzo minuto o una mezz'ora, poi il dottor Burganza disse: "Bevetevi un altro bicchiere, vado a cercarvi qualche vestito pulito", si alzo' e lemme leme appoggiandosi al bastone con le tacche usci'.
Restati soli Cicorietta chiese: "Insomma, che diavolo e' successo?". E Mammolone: "Correvamo". E giu' risate. Isteriche e di cuore. Poi bevemmo e bevemmo ancora. Poi torno' il dottor Burganza con due paia di calzoni e di camicie, qualche asciugamani e strofinaccio, un secchio. Ci indico' una porticina dietro cui c'era un bagno da favola e disse: "I vestiti insanguinati nel secchio, lavarsi e rivestirsi. Torno tra mezz'ora, e il bagno deve essere uno specchio", e usci' di nuovo.
Quando torno' tutto era stato eseguito, si sedette e disse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?".
Nell'equipe (noi la chiamavamo equipe, e certe volte per scherzo "equipe 84") c'eravamo il dottor Burganza, io, Cicorietta e Mammolone. Non lo dite a me che Cicorietta e Mammolone non sono nomi da combattimento adatti a dei rapinatori con gli attributi; cento volte gliel'ho detto che dovevano scegliersi un altro soprannome, ma li chiamavano cosi' gia' da prima e ci erano affezionati. Cicorietta perche' era il figlio del figlio di Peppe Cicoria, che al paese se lo ricordavano ancora tutti di fama perche' era l'uomo piu' forte del mondo, spaccava una damigiana con una testata e faceva a corse coi treni. Mammolone perche' era il fratello di Mammoletta che era morto come era morto; Mammolone era un po' sovrappeso. Io? Adesso mi chiamo Yanez ma da ragazzo mi chiamavano Bestemmione, indovinate perche'. Il dottor Burganza un soprannome non ce l'aveva perche' non era del paese, al paese ci era venuto ad abitare che aveva gia' passato la quarantina che a quei tempi uno era considerato vecchio, e faceva il maestro di musica della banda del paese ma tutti lo sapevano che non campava di quello e se si era comprato il villone che si era comprato non era certo dirigendo marcette. Si raccontava che era uno di quelli che ogni tacca che aveva inciso sul bastone (era zoppo) era un cristiano di meno. Dicevano pure che era stato prete, che era un vampiro, che da giovane aveva giocato nella Spal o nel Fanfulla e un sacco di altre storie. Al paese la gente aveva una fervida immaginazione a quel tempo, la televisione ce l'aveva solo il bar.
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Come nacque l'equipe
Come nacque l'equipe me lo ricordo bene. Io e Mammolone eravamo ragazzi e facevamo quelle stupidaggini che fanno tutti i ragazzi; una notte mentre lavoravamo in una cantina com'e' come non e' il padrone ci sorprese. Ancora mi chiedo com'e' stato possibile: la notte la gente perbene dovrebbe dormire, no? Oltretutto per venire nella cantina era pure dovuto uscire di casa. La gente e' strana. Il problema e' che ci riconobbe. A quel tempo non usava di mascherarsi. Ci tocco' ammazzarlo. Non tanto per quello che stavamo facendo nella cantina sua - avevamo preso qualche prosciutto, robetta cosi', poi ci eravamo fermati a mangiare e bere un po' - ma perche' si sarebbe capito che eravamo stati noi a fare tutti quei lavoretti che da qualche mese davano un po' di vita alle notti del paese; cosi' ci tocco' ammazzarlo. Ma quello prima di morire comincio' a strillare come se scannassimo un maiale. E ci volle parecchio tempo perche' ammazzare qualcuno a coltellate, soprattutto se non e' consenziente, non e' che lo fai in cinque secondi come con un mitra, ci vuole un sacco di tempo. E quello strillava. E piu' strillava e piu' gente svegliava per il paese. Cosi' ci tocco' finirlo in fretta, e per essere sicuri gli segammo la testa, che lo so che sembra una brutalita' gratuita ma vorrei vedere voi in un momento come quello con la fretta e tutto, e la rabbia che i due sacchi gia' pieni di prosciutti ormai toccava lasciarli li' perche' non si possono avere insieme le ali ai piedi e mezzo quintale di carne di porco sulle spalle, e l'apetto l'avevamo lasciato a distanza di sicurezza parcheggiato in un angolo buio della piazza per non dare nell'occhio, il paese e' piccolo, si sa. Insomma, fatto il servizietto di decollare il tizio, via a tutta callara che gia' le finestre s'aprivano, per fortuna l'illuminazione pubblica a quei tempi era quella che era, che ci volevano i raggi x per vederci a dieci passi, e noi eravamo svelti come la polvere.
Pero' erano svelti pure i canacci che ci venivano dietro perche' i randagi sono cosi', di notte girano per il paese e si accodano a tutto quello che si muove e se si muove in fretta mentre lo rincorrono abbaiano come addannati. Poi il paese e' piccolo e in mezzo minuto sei gia' in campagna, e all'ultima svolta dell'ultima casa in chi intruppiamo? in quel bietolone di Cicorietta che non l'ho mai capito che ci stava a fare in giro a quell'ora di notte, e siccome vedeva che fuggivamo comincio' a fuggire pure lui insieme a noi. E i cani sempre dietro. E facevano una cagnara che era proprio una cagnara. E ormai erano gia' due o tre minuti che correvamo e per fortuna che la strada era asfaltata perche' era buio pesto, pero' il rischio era grosso a restare sulla strada provinciale, se passava una macchina figurati se non ci riconoscevano. Ma lasciare la strada e buttarsi per i campi era peggio: non si vedeva un accidente, si rischiava come niente di rompersi le corna addosso a una pianta e si sarebbero lasciate tracce che pure un cieco le avrebbe viste. Mentre correvamo passammo davanti al giardino della villa del dottor Burganza, che stava sul cancello e ancora oggi mi chiedo che ci stesse a fare sul cancello a quell'ora di notte. Disse solo: "Entrate, imbecilli". E noi entrammo, sempre di corsa, come se fossimo la fanfara dei bersaglieri. Chiuse il cancello e i cani restarono fuori a fare la serenata. Allora usci' con un budello di gomma di quelli che si usano per annaffiare gli orti, e a forza di scudisciate sciolse l'orchestra canina, che si disperse nella notte. Ci fece entrare in un casotto che era di fianco alla villa e ci teneva la macchina e un sacco di ferraglia da film dell'orrore, e disse: "Restate qui e non fate casino". Ci chiuse dentro e spari'. Nel buio Cicorietta ci chiese che era successo. "Niente", dissi io. "E allora perche' correvamo?". "E che ne so io perche' correvi tu?". E tutti a ridere, ma a ridere cosi' di cuore, con tutto che eravamo sfiatati, che non riuscivamo piu' a smettere e sentivo le lacrime sgocciolare la faccia e i crampi allo stomaco. Quella frase, "E che ne so io perche' correvi tu?", ormai saranno vent'anni che ce la ripetiamo, ed ogni volta sono risate a crepapelle, giuro.
Per un bel pezzo non si senti' nessun rumore venire dalla strada. Poi sentimmo aprire la porta, si ripresento' il dottor Burganza e disse: "Seguitemi". E ci porto' nella villa. Adesso non sto a raccontarvi com'era la villa, magari un'altra volta. Ma certo era grossa da far paura. Ci porto' in una specie di scantinato dove c'era un biliardo, un biliardo vero come quelli nei bar. E da una parte una specie di bancone come quelli dei bar, solo piu' corto, e dietro una vetrinetta di bottiglie di liquori. Prese una bottiglia, quattro bicchieri, c'indico' un tavolino col panno verde sopra, e una volta seduti disse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Io, che sono sempre stato un tipo sveglio, risposi per tutti: "Niente, facevamo una passeggiata quando un branco di cani randagi ci ha aggredito". E il dottor Burganza: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". E io: "Niente, gliel'ho detto". E quello, sempre con lo stesso tono di voce: "Ho sentito, ma che ci facevate in giro a quest'ora?". Ne' io ne' gli altri due sapevamo che dire o che fare. Fu a quel punto che mi accorsi che Mammolone era tutto sporco di sangue di quando avevamo prima accoltellato e poi segato il collo al sor Bastiano. Mi guardai e vidi che io pure non ero da meno. Cicorietta invece era immacolato, a parte le macchie di sudore. Pure Mammolone se n'era accorto di come eravamo conciati, e adesso pure Cicorietta.
Azzardai: "Ci hanno aggredito i cani, ci hanno morso, guardate un po', se non era per lei, grazie, grazie davvero, adesso leviamo il disturbo". E quello: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Ci scoccammo un'occhiata tra me e Mammolone: noi eravamo in due e il dottor Burganza era solo, Cicorietta non si sarebbe certo impicciato, era un amico. Avevamo fatto trenta, potevamo fare trentuno. Ma il dottor Burganza era il dottor Burganza, all'epoca non lo conoscevo, io ero solo un ragazzotto, ma adesso che saranno vent'anni che ci lavoro lo so chi e'; disse ancora con lo stesso tono di voce inerte: "Che ci facevate in giro a quest'ora?", e nella mano adesso invece del bicchiere era apparso un ferro. Cicorietta, memore dell'avo e bramoso di compier atti di valore - forse pure per l'invidia che noi gia' eravamo zuppi di sangue e lui solo di sudore -, disse: "Siamo in tre". E il dottor Burganza, con la stessa voce: "Quindi due palle per uno, e non e' un'allusione oscena". Tacque un attimo per vedere l'effetto della battuta - non ci fu nessun effetto, non mi ricordo neppure se la capimmo subito -, poi aggiunse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Gli altri due guardavano me, ma a me non veniva in mente niente. Cosi' passo' un mezzo minuto o una mezz'ora, poi il dottor Burganza disse: "Bevetevi un altro bicchiere, vado a cercarvi qualche vestito pulito", si alzo' e lemme leme appoggiandosi al bastone con le tacche usci'.
Restati soli Cicorietta chiese: "Insomma, che diavolo e' successo?". E Mammolone: "Correvamo". E giu' risate. Isteriche e di cuore. Poi bevemmo e bevemmo ancora. Poi torno' il dottor Burganza con due paia di calzoni e di camicie, qualche asciugamani e strofinaccio, un secchio. Ci indico' una porticina dietro cui c'era un bagno da favola e disse: "I vestiti insanguinati nel secchio, lavarsi e rivestirsi. Torno tra mezz'ora, e il bagno deve essere uno specchio", e usci' di nuovo.
Quando torno' tutto era stato eseguito, si sedette e disse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?".
5. RACCONTI SMARRITI DELL'AUTUNNO. VLADIMIRO OGLIANOVI: ESPLORATORI
Sono un esploratore spaziale, e quindi sono addestrato a fare il mio lavoro.
Non mi spaventa la solitudine, l'immensita' e il silenzio del cosmo, e neppure la brevita' della vita.
Non mi spaventa la mia ignoranza, non mi spaventa la mia paura. So come gestire queste emozioni affinche' non intralcino il mio lavoro.
Ma cio' di cui tutti noi esploratori spaziali soffriamo voi lo sapete gia', non c'e' neppure bisogno di dirlo. E' per questo che moriamo presto.
Ci si potrebbe chiedere: ma visto che lo si sa, perche' si insiste? Non sarebbe piu' logico farla finita con questi viaggi, con questa tortura, con queste missioni, diciamolo, suicide?
I governi, si capisce perche'; ma gli individui che abbracciano questa carriera, perche' lo fanno? Per i soldi? ma ci sono altri lavori assai piu' remunerativi. Per l'avventura? Ma se e' ormai chiaro a tutti che non c'e' nessuna avventura, solo una routine di installazione di strumentazioni, rilevamenti, misurazioni, trasmissione di dati inerti, inutili, insignificanti. Per il viaggiare? Ma e' un viaggio colmo di nulla, non e' come l'Odissea o Moby Dick: nello spazio non c'e' nulla se non questi pezzi di roccia. Ed e' questa la malattia che uccide gli esploratori: la disperazione; oltre un certo limite nessuno resiste all'asfissiante certezza di non trovare nulla e nessuno.
Per questo ci lasciamo morire.
Sono un esploratore spaziale, e quindi sono addestrato a fare il mio lavoro.
Non mi spaventa la solitudine, l'immensita' e il silenzio del cosmo, e neppure la brevita' della vita.
Non mi spaventa la mia ignoranza, non mi spaventa la mia paura. So come gestire queste emozioni affinche' non intralcino il mio lavoro.
Ma cio' di cui tutti noi esploratori spaziali soffriamo voi lo sapete gia', non c'e' neppure bisogno di dirlo. E' per questo che moriamo presto.
Ci si potrebbe chiedere: ma visto che lo si sa, perche' si insiste? Non sarebbe piu' logico farla finita con questi viaggi, con questa tortura, con queste missioni, diciamolo, suicide?
I governi, si capisce perche'; ma gli individui che abbracciano questa carriera, perche' lo fanno? Per i soldi? ma ci sono altri lavori assai piu' remunerativi. Per l'avventura? Ma se e' ormai chiaro a tutti che non c'e' nessuna avventura, solo una routine di installazione di strumentazioni, rilevamenti, misurazioni, trasmissione di dati inerti, inutili, insignificanti. Per il viaggiare? Ma e' un viaggio colmo di nulla, non e' come l'Odissea o Moby Dick: nello spazio non c'e' nulla se non questi pezzi di roccia. Ed e' questa la malattia che uccide gli esploratori: la disperazione; oltre un certo limite nessuno resiste all'asfissiante certezza di non trovare nulla e nessuno.
Per questo ci lasciamo morire.
6. SOSTEGNO ALLA CAROVANA DELLE DONNE PER IL DISARMO NUCLEARE
Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo esprime apprezzamento e sostegno all'iniziativa della Carovana delle donne per il disarmo nucleare che da lunedi' 20 novembre a domenica 10 dicembre 2017 attraversera' l'Italia per chiedere che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
E' un'iniziativa di grande importanza che merita il sostegno di ogni persona di volonta' buona, di tutti i movimenti di pace e di solidarieta', di tutte le istituzioni democratiche.
Ringraziamo le donne della "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale, per aver promosso questa iniziativa.
E' un'iniziativa di grande importanza che merita il sostegno di ogni persona di volonta' buona, di tutti i movimenti di pace e di solidarieta', di tutte le istituzioni democratiche.
Ringraziamo le donne della "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale, per aver promosso questa iniziativa.
7. "IN MEMORIA DI NANNI SALIO". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO
Si e' svolto giovedi' 16 novembre 2017 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione in memoria di Nanni Salio, l'illustre studioso ed attivista nonviolento deceduto nel 2016.
L'incontro e' stato aperto dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese, che ha rievocato alcuni tratti della personalita' e dell'opera dello scienziato e militante nonviolento torinese, ripercorrendone esperienze e riflessioni ed evidenziando alcune vicende salienti della sua attivita' di militante, di studioso, di organizzatore di cultura e di iniziative di pace e di solidarieta'; infine recando testimonianza personale di alcuni episodi particolari in cui - come per sineddoche - flagrante veniva in piena luce la figura di Nanni Salio persona saggia e sapiente, empatica e sollecita, gentile e generosa, esempio di semplicita' volontaria, maestro di ascolto e di condivisione, compagno di tutte le oppresse e gli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita' da ogni violenza, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano, per il rispetto, la difesa e l'accudimento del mondo vivente tutto.
Sono stati poi letti e commentati alcuni brani dalle opere di Nanni Salio.
*
Le persone partecipanti all'incontro hanno espresso ancora una volta il loro sostegno all'appello "Una persona, un voto" per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia, ed all'appello affinche' sia riconosciuto a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro. Hanno espresso altresi' il loro sostegno agli appelli affinche' il Senato deliberi in via definitiva la legge sullo "Ius soli". Ugualmente hanno espresso il loro sostegno all'appello affinche' l'Italia ratifichi al piu' presto il trattato Onu di interdizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017, ed alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare che da lunedi' 20 novembre a domenica 10 dicembre 2017 attraversera' l'Italia per chiedere appunto che anche il nostro paese ratifichi il citato Trattato.
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L'incontro e' stato aperto dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese, che ha rievocato alcuni tratti della personalita' e dell'opera dello scienziato e militante nonviolento torinese, ripercorrendone esperienze e riflessioni ed evidenziando alcune vicende salienti della sua attivita' di militante, di studioso, di organizzatore di cultura e di iniziative di pace e di solidarieta'; infine recando testimonianza personale di alcuni episodi particolari in cui - come per sineddoche - flagrante veniva in piena luce la figura di Nanni Salio persona saggia e sapiente, empatica e sollecita, gentile e generosa, esempio di semplicita' volontaria, maestro di ascolto e di condivisione, compagno di tutte le oppresse e gli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita' da ogni violenza, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano, per il rispetto, la difesa e l'accudimento del mondo vivente tutto.
Sono stati poi letti e commentati alcuni brani dalle opere di Nanni Salio.
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Le persone partecipanti all'incontro hanno espresso ancora una volta il loro sostegno all'appello "Una persona, un voto" per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia, ed all'appello affinche' sia riconosciuto a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro. Hanno espresso altresi' il loro sostegno agli appelli affinche' il Senato deliberi in via definitiva la legge sullo "Ius soli". Ugualmente hanno espresso il loro sostegno all'appello affinche' l'Italia ratifichi al piu' presto il trattato Onu di interdizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017, ed alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare che da lunedi' 20 novembre a domenica 10 dicembre 2017 attraversera' l'Italia per chiedere appunto che anche il nostro paese ratifichi il citato Trattato.
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8. L'ANNO DEL CIRCEO. CINQUE TESI
1. Mi ricordo
Mi ricordo di quando nei processi per stupro l'intera societa' dei maschi metteva sotto accusa la vittima.
Mi ricordo del tempo in cui quella violenza contro le donne era considerata nel codice penale un reato "contro la stirpe" e non contro una persona, e la donna vittima di violenza non era considerata persona, ma carne, e quella violenza la si chiamava "violenza carnale".
Mi ricordo l'anno del Circeo, chi ha la mia eta' non puo' dimenticare.
Da allora sono invecchiato di mezzo secolo, e mi sembra che quei tempi non siano ancora finiti, non sia ancora abolito quell'orrore.
Da allora sono invecchiato di mezzo secolo, e so che la lotta fondamentale e decisiva per la liberazione dell'umanita' e' quella del movimento delle donne.
*
2. Da quale parte della barricata
Le donne che denunciano le violenze subite da uomini, e massime da uomini potenti, da uomini che hanno il potere di decidere della loro vita, sanno che denunciare quelle violenze e questo potere - questo violento sistema di potere - significa esporsi a nuove violenze. Sanno che la dittatura dei maschi usera' ogni mezzo per vendicarsi. Sanno che gli schiavisti non ammettono che le vittime possano ribellarsi, e con tutta la loro forza cercheranno di schiacciarle. Eppure queste donne denunciano i loro carnefici. C'e' una parola per questo: coraggio.
So quale e' la mia parte della barricata: per quel poco che conta la mia persona, sono dalla parte di queste donne senza esitazioni. So che la loro denuncia, la loro lotta, non riguarda solo loro, riguarda l'umanita' intera. Riguarda anche la mia dignita', la mia liberta'. So che chi non si schiera con loro, si schiera con la dittatura fascista dei maschi. Sono un uomo, non sono un fascista. So quale e' la mia parte della barricata: per quel poco che conta la mia persona, sono dalla parte di queste donne senza esitazioni.
*
3. Nessun sofisma
Nessun sofisma puo' occultare il fatto che una violenza e' una violenza. Che quella violenza sia la regola dei rapporti sociali significa solo che occorre abolire quella violenza e rovesciare i rapporti sociali su quella regola fondati.
Le donne che oggi smascherano la ferocia del dominio maschilista e patriarcale chiamano l'umanita' intera a fondare un'altra societa', la societa' dell'eguaglianza di diritti, la societa' del riconoscimento della dignita' di ogni persona, la societa' in cui la diversita' di ogni persona sia riconosciuta come un dono prezioso e valorizzata in una trama di relazioni tra eguali in diritti, persone eguali proprio perche' diverse, che si riconoscono diverse ed eguali: una e plurale e' l'umanita'.
*
4. La prima radice
So che il dominio maschilista e patriarcale e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza: so che non si potra' sconfiggere il modo di produzione che aliena e schiavizza le persone e le sacrifica al feticcio dell'accumulazione del potere, del prestigio, dei beni e del capitale se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale; so che non si potra' impedire l'irreversibile devastazione e desertificazione della biosfera se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale; so che non si cancellera' l'obbrobrio delle dittature, delle guerre e del militarismo - ridurre degli esseri umani ad utensili per uccidere degli esseri umani - se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale; so che non si realizzera' il disarmo - nel tempo in cui le armi possono distruggere per sempre la civilta' umana - se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale. So che non vi sara' una societa' libera e solidale, responsabile e accudente, sobria e armoniosa, se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale.
Il dominio maschilista e patriarcale e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza: chi non lo vede, e' cieco.
*
5. Queste parole
Scrivo queste parole che penso dovrebbero essere ovvie. Le scrivo per dichiarare la mia opposizione a due barbarie: la barbarie della violenza maschile, e la barbarie della criminalizzazione delle vittime della violenza maschile. Le scrivo perche' nessuno e' fuori della mischia. Le scrivo perche' credo che in questa lotta che le donne oggi stanno conducendo e' anche il senso - e quindi il valore - di tutto il mio agire di militante del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita', di persona amica della nonviolenza, di uomo che non vuole essere complice del fascismo.
Mi ricordo di quando nei processi per stupro l'intera societa' dei maschi metteva sotto accusa la vittima.
Mi ricordo del tempo in cui quella violenza contro le donne era considerata nel codice penale un reato "contro la stirpe" e non contro una persona, e la donna vittima di violenza non era considerata persona, ma carne, e quella violenza la si chiamava "violenza carnale".
Mi ricordo l'anno del Circeo, chi ha la mia eta' non puo' dimenticare.
Da allora sono invecchiato di mezzo secolo, e mi sembra che quei tempi non siano ancora finiti, non sia ancora abolito quell'orrore.
Da allora sono invecchiato di mezzo secolo, e so che la lotta fondamentale e decisiva per la liberazione dell'umanita' e' quella del movimento delle donne.
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2. Da quale parte della barricata
Le donne che denunciano le violenze subite da uomini, e massime da uomini potenti, da uomini che hanno il potere di decidere della loro vita, sanno che denunciare quelle violenze e questo potere - questo violento sistema di potere - significa esporsi a nuove violenze. Sanno che la dittatura dei maschi usera' ogni mezzo per vendicarsi. Sanno che gli schiavisti non ammettono che le vittime possano ribellarsi, e con tutta la loro forza cercheranno di schiacciarle. Eppure queste donne denunciano i loro carnefici. C'e' una parola per questo: coraggio.
So quale e' la mia parte della barricata: per quel poco che conta la mia persona, sono dalla parte di queste donne senza esitazioni. So che la loro denuncia, la loro lotta, non riguarda solo loro, riguarda l'umanita' intera. Riguarda anche la mia dignita', la mia liberta'. So che chi non si schiera con loro, si schiera con la dittatura fascista dei maschi. Sono un uomo, non sono un fascista. So quale e' la mia parte della barricata: per quel poco che conta la mia persona, sono dalla parte di queste donne senza esitazioni.
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3. Nessun sofisma
Nessun sofisma puo' occultare il fatto che una violenza e' una violenza. Che quella violenza sia la regola dei rapporti sociali significa solo che occorre abolire quella violenza e rovesciare i rapporti sociali su quella regola fondati.
Le donne che oggi smascherano la ferocia del dominio maschilista e patriarcale chiamano l'umanita' intera a fondare un'altra societa', la societa' dell'eguaglianza di diritti, la societa' del riconoscimento della dignita' di ogni persona, la societa' in cui la diversita' di ogni persona sia riconosciuta come un dono prezioso e valorizzata in una trama di relazioni tra eguali in diritti, persone eguali proprio perche' diverse, che si riconoscono diverse ed eguali: una e plurale e' l'umanita'.
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4. La prima radice
So che il dominio maschilista e patriarcale e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza: so che non si potra' sconfiggere il modo di produzione che aliena e schiavizza le persone e le sacrifica al feticcio dell'accumulazione del potere, del prestigio, dei beni e del capitale se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale; so che non si potra' impedire l'irreversibile devastazione e desertificazione della biosfera se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale; so che non si cancellera' l'obbrobrio delle dittature, delle guerre e del militarismo - ridurre degli esseri umani ad utensili per uccidere degli esseri umani - se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale; so che non si realizzera' il disarmo - nel tempo in cui le armi possono distruggere per sempre la civilta' umana - se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale. So che non vi sara' una societa' libera e solidale, responsabile e accudente, sobria e armoniosa, se non si sconfigge il dominio maschilista e patriarcale.
Il dominio maschilista e patriarcale e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza: chi non lo vede, e' cieco.
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5. Queste parole
Scrivo queste parole che penso dovrebbero essere ovvie. Le scrivo per dichiarare la mia opposizione a due barbarie: la barbarie della violenza maschile, e la barbarie della criminalizzazione delle vittime della violenza maschile. Le scrivo perche' nessuno e' fuori della mischia. Le scrivo perche' credo che in questa lotta che le donne oggi stanno conducendo e' anche il senso - e quindi il valore - di tutto il mio agire di militante del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita', di persona amica della nonviolenza, di uomo che non vuole essere complice del fascismo.
9. BENITO D'IPPOLITO: UN RICORDO DI NANNI SALIO
Di Nanni Salio gli occhi calmi e buoni
ricordo, ed il sorriso lieve e mite;
era un sapiente che recava doni
preziosi e che guariva le ferite.
ricordo, ed il sorriso lieve e mite;
era un sapiente che recava doni
preziosi e che guariva le ferite.
Tesseva nessi, incontri, comunioni,
lottava per salvar tutte le vite;
e all'odio, alle menzogne, alle oppressioni
si opponeva con forze infinite.
lottava per salvar tutte le vite;
e all'odio, alle menzogne, alle oppressioni
si opponeva con forze infinite.
Anch'io ne sento grave la mancanza
della parola saggia e generosa
e dell'azione, forte e lieve danza.
della parola saggia e generosa
e dell'azione, forte e lieve danza.
In questa breve vita e dolorosa
nella fugacita' di nostra stanza
resta il ricordo, rosa luminosa.
nella fugacita' di nostra stanza
resta il ricordo, rosa luminosa.
10. RACCONTI MORALI DELLA CITTA' INFERNALE. VLADIMIRO OGLIANOVI: IL MALE MINORE
Ho sempre seguito questa regola: scegliere il male minore. Voi no? Io dico che bisogna essere i campioni del mondo della stupidita' a scegliere il male maggiore. La conosco la solfa: non sempre si puo' decidere facilmente quale sia il male minore e quello maggiore. Congratulazioni, avete scoperto l'acqua calda. Pero' il piu' delle volte eccome se si puo' decidere. Quasi sempre si puo' decidere. Il punto e' agire di conseguenza, questo e' il punto. Perche' c'e' poco da chiacchierare, quello che conta e' avere la capacita' di fare quel che si deve. E quel che si deve, dal momento che si deve, va fatto.
Io, per esempio: se fossi stato un pusillanime come tanti, adesso che ero? Un disgraziato, che bene che andava facevo ancora il muratore o al massimo l'usciere, e passavo la vita a prendere schiaffi. Invece io non li prendo gli schiaffi, li do' gli schiaffi. Perche'? Perche' ho scelto il male minore. Il bene? Ma quale bene? Il bene e' il male minore, sissignore. Il mondo e' cosi' che va. Non ve ne eravate accorti? Non fate gli innocentini perche' pure voi cento, mille volte avete fatto come me. Sulla vostra scala, non dico di no. Ma anche la vostra scala, che altro e' se non scegliere il male minore? E' che voi siete piu' fifoni di me. Per questo adesso io ho la pistola e voi tirate fuori il portafogli: scegliete il male minore. Come io scelgo il male minore. Solo che il male minore mio e' meglio del vostro.
No, no, non e' che voglio farvi un comizio nel bel mezzo di una rapina: vi sto solo informando, e forse - chissa' - educando. Aprite gli occhi, bamboli. Perche', la banca non vi deruba? Coi vostri soldi ci si arricchisce e a voi le briciole delle briciole, babbei che non siete altro. Pero' venite qui e gli date i quattro spiccioli vostri. Facevate meglio a metterli sotto il materasso, ve lo dico io, anzi: a papparveli tutti in buona salute finche' la salute c'e', che tanto che volete mettere da parte? Prima che ve ne accorgiate arriva la grande livellatrice e buonanotte ai suonatori. E lo stato? Che e' lo stato se non il primo estorsore del mondo? Non solo vi porta via il pizzo sul frutto del vostro lavoro, ma si prende anche i vostri corpi tutte le volte che gli serve carne da macello, e la roba vostra pretende che sia anche la sua, e chi protesta in galera, avanti marsch. Pero' voi pecoroni tutti contenti a lasciarvi tosare, e perche'? Perche' avete paura. E siccome siete vigliacchi scegliete quello che vi sembra il male minore, e non vi accorgete che invece e' il male maggiore. Io non sono un vigliacco, e quindi sono piu' lucido di voi, e quindi valuto meglio cosa mi conviene. Per questo io azzecco il male minore.
E adesso che avete tutti versato il vostro obolo vi saluto con tanti ringraziamenti, anche se dovreste essere voi a ringraziare me perche' potevo fare una strage, cosi', tanto per esercitarmi al tiro a segno, ed invece non ho spappolato la testa di nessuno. Sono o non sono un gentiluomo? Mo' statevene buonini buonini per cinque minuti e poi fate il cavolo che vi pare. Ma se per caso vi viene in mente di non aspettare i cinque minuti cinque e date l'allarme prima, allora giuro sul cielo e sull'inferno che torno a cercarvi uno per uno e vi faccio saltare le cervella e poi me le cuocio al tegamino. Sono stato chiaro?
*
Dice: scegli il male minore. Pare facile. "Ninetto, e' ora di andare a scuola", ma a me di alzarmi non mi andava, io volevo restare a letto. Ma poi a cinghiate mi pigliavano se non mi tiravo su, e allora mi alzavo, mi alzavo, e prendevo la strada della scuola. Ma a scuola non ci andavo, andavo a tirare i sassi agli storni con la fionda, che era parecchio piu' divertente. Pero' dopo qualche mese a casa se ne accorsero. E dovetti decidere. Mi sembro' il male minore. Poi mi arrestarono.
*
Che ne penso del bene e del male? Che il bene e' buono e il male no. Dico bene? E a me mi piacciono le cose buone, le cose belle. Se per averle devo fare del male agli altri non e' un problema, magari loro preferiscono il male, che ne sai? Se mi e' mai capitato di dover scegliere il male minore? Ma che domande sono? Il male e' male, io scelgo sempre il bene. Facessero tutti come me, sarebbe un mondo migliore. Io di famiglia ero un poveraccio e adesso sono ricco. Avro' fatto bene? Certo che ho fatto bene. Quelli che ho fatto piagne? Se lo meritavano, se uno non sa giocare non ci si doveva iscrivere al torneo, no? Il male minore! Ma 'ndo' le trovi certe domande, eh? Da' retta a me, scegli sempre il bene e vedrai che campi felice. La vita e' gia' tanto corta e miserabile che e' proprio da scemi avvelenarsela a gratis. A proposito: ci sarebbe da fa' un lavoretto, se ti va di partecipa' ti metti in tasca pure tu qualche soldarello, cosi' ti compri un vestito decente che sembri uno spazzacamino. Ce l'hai gia' il ferro o te lo devo rimedia' io?
*
Questa e' filosofia, ci ho ragione? Mi piace la filosofia, perche' uno pensa per il gusto di pensare e basta. E' come quando stai al mare, solo che lo puoi fare pure dentro casa o dove ti pare a te. Capita raramente di poter fare un ragionamento come si deve, senza la fretta di giocare la carta, senza l'assillo delle bollette, della macchina che fa un rumoraccio, del gaglioffo che non paga il debito suo e ti costringe a fare quello che non gli vorresti fare ma glielo devi fare perche' chi non sta sopra sta sotto e io sotto non ci sto neanche morto.
Quale era la domanda? Il male minore? Vediamo. Il male minore e' quando ci sono due mali e uno e' il male maggiore che e' come se fosse un mare di letame - lo sai che e' il letame, no? - e quell'altro e' il male minore che sarebbe come una pozzanghera di letame - hai capito, si', che e' il letame? -, e allora se proprio devi scegliere, tu scegli la pozzanghera, no? Che e' il male minore. Per esempio adesso: non e' che ti ho incontrato per caso, no? Mi ha mandato qui Giorgetto Mozzicone. Ah, lo vedi che ti ricordi? E ti ricordi pure quello che gli devi dare al Mozzo? Ti ricordi, ti ricordi. Lo dai a me e siamo tutti contenti. Non me lo dai e io ti spezzo un dito. E no, allora non mi capisci, non mi devi inventare scuse, perche' cosi' m'offendi. Mi devi dare i soldi o il mignoletto. Dicono tutti cosi'. Ma a me non me ne frega niente, io faccio il lavoro mio, no? Ci dovevi pensare prima, ci dovevi pensare. Guarda, proprio perche' sei tu, adesso ti spiego una cosa. Oggi e' il mignoletto, ma fra 'na settimana te devo mozza' 'na recchia se tu insisti ad essere inadempiente. Lo capisci, no? E mo' che fai? E che sarebbe quella? Ma che te vorresti inventa'? Nun so' giocattoli pe' gente come te.
Ahia. Porco quel cane di un porco cane, ma che t'ha detto la capoccia? Guarda che buco che m'hai fatto, guarda che fiume de sangue. Che dolore, che dolore, pora panza mia. Ma mica mica che sto pe' mori'? Che dichi? Eh? Il male minore?
*
Pure io so' ppe' ll'ambiente. Tutti so' ppe' ll'ambiente. Perche' allora ho dato foco a la macchia, e' que' che vvoi sape'? Perche' me pagheno, sor paino, perche' me pagheno. Tu mme paghi pe' nun da' foco a la macchia? No, eh? E io le sigarette, la roba che sse magna, la casa, la machina e le rate e le bollette co' cche le pago? Co' lo spirito ssanto? A te te pagheno pe' fa' lo sbirro? E a mme me pagheno pe' da' foco. Semo pari, me pare. Che a tte te piace de dove' da lavora'? Manco ma mme. E' 'r male minore.
*
Ormai c'ero. E o la va o la spacca. E scappa fori 'sto fregnone a rrovina' tutto. Eh no, eh. Me dispiace, ma nun scherzamo. Se e' o io o tu, allora mejo tu. E ssaluteme berzebbu'.
Il male minore? Il mio o il tuo?
Io, per esempio: se fossi stato un pusillanime come tanti, adesso che ero? Un disgraziato, che bene che andava facevo ancora il muratore o al massimo l'usciere, e passavo la vita a prendere schiaffi. Invece io non li prendo gli schiaffi, li do' gli schiaffi. Perche'? Perche' ho scelto il male minore. Il bene? Ma quale bene? Il bene e' il male minore, sissignore. Il mondo e' cosi' che va. Non ve ne eravate accorti? Non fate gli innocentini perche' pure voi cento, mille volte avete fatto come me. Sulla vostra scala, non dico di no. Ma anche la vostra scala, che altro e' se non scegliere il male minore? E' che voi siete piu' fifoni di me. Per questo adesso io ho la pistola e voi tirate fuori il portafogli: scegliete il male minore. Come io scelgo il male minore. Solo che il male minore mio e' meglio del vostro.
No, no, non e' che voglio farvi un comizio nel bel mezzo di una rapina: vi sto solo informando, e forse - chissa' - educando. Aprite gli occhi, bamboli. Perche', la banca non vi deruba? Coi vostri soldi ci si arricchisce e a voi le briciole delle briciole, babbei che non siete altro. Pero' venite qui e gli date i quattro spiccioli vostri. Facevate meglio a metterli sotto il materasso, ve lo dico io, anzi: a papparveli tutti in buona salute finche' la salute c'e', che tanto che volete mettere da parte? Prima che ve ne accorgiate arriva la grande livellatrice e buonanotte ai suonatori. E lo stato? Che e' lo stato se non il primo estorsore del mondo? Non solo vi porta via il pizzo sul frutto del vostro lavoro, ma si prende anche i vostri corpi tutte le volte che gli serve carne da macello, e la roba vostra pretende che sia anche la sua, e chi protesta in galera, avanti marsch. Pero' voi pecoroni tutti contenti a lasciarvi tosare, e perche'? Perche' avete paura. E siccome siete vigliacchi scegliete quello che vi sembra il male minore, e non vi accorgete che invece e' il male maggiore. Io non sono un vigliacco, e quindi sono piu' lucido di voi, e quindi valuto meglio cosa mi conviene. Per questo io azzecco il male minore.
E adesso che avete tutti versato il vostro obolo vi saluto con tanti ringraziamenti, anche se dovreste essere voi a ringraziare me perche' potevo fare una strage, cosi', tanto per esercitarmi al tiro a segno, ed invece non ho spappolato la testa di nessuno. Sono o non sono un gentiluomo? Mo' statevene buonini buonini per cinque minuti e poi fate il cavolo che vi pare. Ma se per caso vi viene in mente di non aspettare i cinque minuti cinque e date l'allarme prima, allora giuro sul cielo e sull'inferno che torno a cercarvi uno per uno e vi faccio saltare le cervella e poi me le cuocio al tegamino. Sono stato chiaro?
*
Dice: scegli il male minore. Pare facile. "Ninetto, e' ora di andare a scuola", ma a me di alzarmi non mi andava, io volevo restare a letto. Ma poi a cinghiate mi pigliavano se non mi tiravo su, e allora mi alzavo, mi alzavo, e prendevo la strada della scuola. Ma a scuola non ci andavo, andavo a tirare i sassi agli storni con la fionda, che era parecchio piu' divertente. Pero' dopo qualche mese a casa se ne accorsero. E dovetti decidere. Mi sembro' il male minore. Poi mi arrestarono.
*
Che ne penso del bene e del male? Che il bene e' buono e il male no. Dico bene? E a me mi piacciono le cose buone, le cose belle. Se per averle devo fare del male agli altri non e' un problema, magari loro preferiscono il male, che ne sai? Se mi e' mai capitato di dover scegliere il male minore? Ma che domande sono? Il male e' male, io scelgo sempre il bene. Facessero tutti come me, sarebbe un mondo migliore. Io di famiglia ero un poveraccio e adesso sono ricco. Avro' fatto bene? Certo che ho fatto bene. Quelli che ho fatto piagne? Se lo meritavano, se uno non sa giocare non ci si doveva iscrivere al torneo, no? Il male minore! Ma 'ndo' le trovi certe domande, eh? Da' retta a me, scegli sempre il bene e vedrai che campi felice. La vita e' gia' tanto corta e miserabile che e' proprio da scemi avvelenarsela a gratis. A proposito: ci sarebbe da fa' un lavoretto, se ti va di partecipa' ti metti in tasca pure tu qualche soldarello, cosi' ti compri un vestito decente che sembri uno spazzacamino. Ce l'hai gia' il ferro o te lo devo rimedia' io?
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Questa e' filosofia, ci ho ragione? Mi piace la filosofia, perche' uno pensa per il gusto di pensare e basta. E' come quando stai al mare, solo che lo puoi fare pure dentro casa o dove ti pare a te. Capita raramente di poter fare un ragionamento come si deve, senza la fretta di giocare la carta, senza l'assillo delle bollette, della macchina che fa un rumoraccio, del gaglioffo che non paga il debito suo e ti costringe a fare quello che non gli vorresti fare ma glielo devi fare perche' chi non sta sopra sta sotto e io sotto non ci sto neanche morto.
Quale era la domanda? Il male minore? Vediamo. Il male minore e' quando ci sono due mali e uno e' il male maggiore che e' come se fosse un mare di letame - lo sai che e' il letame, no? - e quell'altro e' il male minore che sarebbe come una pozzanghera di letame - hai capito, si', che e' il letame? -, e allora se proprio devi scegliere, tu scegli la pozzanghera, no? Che e' il male minore. Per esempio adesso: non e' che ti ho incontrato per caso, no? Mi ha mandato qui Giorgetto Mozzicone. Ah, lo vedi che ti ricordi? E ti ricordi pure quello che gli devi dare al Mozzo? Ti ricordi, ti ricordi. Lo dai a me e siamo tutti contenti. Non me lo dai e io ti spezzo un dito. E no, allora non mi capisci, non mi devi inventare scuse, perche' cosi' m'offendi. Mi devi dare i soldi o il mignoletto. Dicono tutti cosi'. Ma a me non me ne frega niente, io faccio il lavoro mio, no? Ci dovevi pensare prima, ci dovevi pensare. Guarda, proprio perche' sei tu, adesso ti spiego una cosa. Oggi e' il mignoletto, ma fra 'na settimana te devo mozza' 'na recchia se tu insisti ad essere inadempiente. Lo capisci, no? E mo' che fai? E che sarebbe quella? Ma che te vorresti inventa'? Nun so' giocattoli pe' gente come te.
Ahia. Porco quel cane di un porco cane, ma che t'ha detto la capoccia? Guarda che buco che m'hai fatto, guarda che fiume de sangue. Che dolore, che dolore, pora panza mia. Ma mica mica che sto pe' mori'? Che dichi? Eh? Il male minore?
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Pure io so' ppe' ll'ambiente. Tutti so' ppe' ll'ambiente. Perche' allora ho dato foco a la macchia, e' que' che vvoi sape'? Perche' me pagheno, sor paino, perche' me pagheno. Tu mme paghi pe' nun da' foco a la macchia? No, eh? E io le sigarette, la roba che sse magna, la casa, la machina e le rate e le bollette co' cche le pago? Co' lo spirito ssanto? A te te pagheno pe' fa' lo sbirro? E a mme me pagheno pe' da' foco. Semo pari, me pare. Che a tte te piace de dove' da lavora'? Manco ma mme. E' 'r male minore.
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Ormai c'ero. E o la va o la spacca. E scappa fori 'sto fregnone a rrovina' tutto. Eh no, eh. Me dispiace, ma nun scherzamo. Se e' o io o tu, allora mejo tu. E ssaluteme berzebbu'.
Il male minore? Il mio o il tuo?
11. L'ASSOCIAZIONE "RESPIRARE" A SOSTEGNO DELLA CAROVANA DELLE DONNE PER IL DISARMO NUCLEARE
L'associazione "Respirare" dichiara il suo pieno sostegno all'iniziativa della Carovana delle donne per il disarmo nucleare che da lunedi' 20 novembre a domenica 10 dicembre 2017 attraversera' l'Italia per chiedere che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
L'iniziativa e' promossa dalla "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale.
Grande e' la nostra gratitudine per le donne che hanno promosso questa iniziativa, iniziativa che pienamente condividiamo e ci e' vieppiu' grata giacche' gia' in anni lontani prendemmo intensamente parte al movimento antinucleare e alla vittoriosa lotta contro l'allora costruenda centrale atomica di Montalto di Castro, e la consapevolezza di allora ci anima ancora; e giacche' sappiamo che una e la stessa e' la lotta per la pace, per il disarmo, per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera: e a questa lotta da decenni anche noi dedichiamo - nei limiti delle nostre capacita' - non piccola parte dei nostri pensieri e delle nostre energie.
Che l'iniziativa della Carovana delle donne per il disarmo nucleare possa ottenere l'esito sperato: che anche l'Italia finalmente ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
L'iniziativa e' promossa dalla "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale.
Grande e' la nostra gratitudine per le donne che hanno promosso questa iniziativa, iniziativa che pienamente condividiamo e ci e' vieppiu' grata giacche' gia' in anni lontani prendemmo intensamente parte al movimento antinucleare e alla vittoriosa lotta contro l'allora costruenda centrale atomica di Montalto di Castro, e la consapevolezza di allora ci anima ancora; e giacche' sappiamo che una e la stessa e' la lotta per la pace, per il disarmo, per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera: e a questa lotta da decenni anche noi dedichiamo - nei limiti delle nostre capacita' - non piccola parte dei nostri pensieri e delle nostre energie.
Che l'iniziativa della Carovana delle donne per il disarmo nucleare possa ottenere l'esito sperato: che anche l'Italia finalmente ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
12. ANITA PASQUALI
E' deceduta Anita Pasquali, militante e dirigente dell'Udi, protagonista di decenni di lotte delle donne per la liberazione dell'umanita'.
Con gratitudine la ricordiamo.
Con gratitudine la ricordiamo.
13. BUON CAMMINO ALLA CAROVANA DELLE DONNE PER IL DISARMO NUCLEARE
Prende avvio domani, lunedi' 20 novembre, la Carovana delle donne per il disarmo nucleare che fino a domenica 10 dicembre attraversera' l'Italia per chiedere che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
*
Molte le iniziative programmate in varie citta' d'Italia; l'iniziativa, promossa dalla "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale, ha infatti saputo suscitare l'adesione e l'impegno del vasto e variegato arcipelago del "popolo della pace", associazioni, movimenti, istituzioni e persone impegnate in difesa dell'umanita' e della biosfera, per la pace e il disarmo, contro tutte le violenze, per la liberazione comune e per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano e dell'intero mondo vivente.
*
La carovana prende avvio il 20 novembre, "Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia", e si concludera' il 10 dicembre, "Giornata internazionale dei diritti umani"; al suo centro, cuore pulsante, il 25 novembre, "Giornata internazionale contro la violenza sulle donne", con la partecipazione alla manifestazione nazionale promossa dal movimento "Non una di meno" a Roma.
*
Invitiamo tutte le persone di volonta' buona, tutte le associazioni impegnate per la pace, i diritti umani, la difesa della natura e della civilta' umana, tutte le istituzioni democratiche, ad aderire alla mobilitazione.
*
Per contattare le donne della "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf-Italia): Antonia Sani: cell. 3497865685, e-mail: antonia.baraldi.sani at gmail.come Giovanna Pagani: cell. 3201883333, e-mail: gioxblu24 at gmail.com
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Molte le iniziative programmate in varie citta' d'Italia; l'iniziativa, promossa dalla "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale, ha infatti saputo suscitare l'adesione e l'impegno del vasto e variegato arcipelago del "popolo della pace", associazioni, movimenti, istituzioni e persone impegnate in difesa dell'umanita' e della biosfera, per la pace e il disarmo, contro tutte le violenze, per la liberazione comune e per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano e dell'intero mondo vivente.
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La carovana prende avvio il 20 novembre, "Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia", e si concludera' il 10 dicembre, "Giornata internazionale dei diritti umani"; al suo centro, cuore pulsante, il 25 novembre, "Giornata internazionale contro la violenza sulle donne", con la partecipazione alla manifestazione nazionale promossa dal movimento "Non una di meno" a Roma.
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Invitiamo tutte le persone di volonta' buona, tutte le associazioni impegnate per la pace, i diritti umani, la difesa della natura e della civilta' umana, tutte le istituzioni democratiche, ad aderire alla mobilitazione.
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Per contattare le donne della "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf-Italia): Antonia Sani: cell. 3497865685, e-mail: antonia.baraldi.sani at gmail.come Giovanna Pagani: cell. 3201883333, e-mail: gioxblu24 at gmail.com
14. RACCONTI CRUDELI DELL'INVERNO. VLADIMIRO OGLIANOVI: ENOLOGI
Tra noi, intendo col mio amico Cinciglione, ci chiamiamo enologi. Come quello, Veronelli. O era Veronesi? E giu' sghignazzate.
Pero' fa sempre la sua figura: sei alla stazione e un mammalucco ti chiede se il treno per la Cappadocia e' in orario, e tu che gli dici, che neppure sai dove sia la Cappadocia? Gli rispondi: Spiacente signore, sono un enologo, non un geografo o un cronometrista.
Anche quando ti portano in guardina, e capita di frequente: se c'e' uno nuovo che fa il verbale, quando ti chiede il mestiere, un conto e' proferire ubriacone, tutt'altro e' scandire e-no-lo-go.
Una volta un tizio mi disse: vorrebbe dire che lei e' un sommelier? Mi prenda un canchero se so che significa; ma gli risposi fiero: per servirla. Vi do una dritta: quando vi dicono qualche cosa che non capite, rispondete sempre cosi': per servirla. Funziona sempre. Le so tutte, io.
Con Cinciglione ci conosciamo da sempre, e ci stiamo pure simpatici. Almeno quando abbiamo bevuto. Quando hai sete e non hai un soldo nessuno ti puo' essere simpatico. Quando hai sete e non hai un soldo (e uno che ha veramente sete non ha mai un soldo, non e' vero?) pensi a una cosa sola: a come procurarti una trincata.
Una volta c'erano le cabine telefoniche: bastava un apriscatole o un martello. Adesso devi entrare per forza nei negozi o negli appartamenti e non sai mai che ci trovi. Io agli scippi sono contrario: il motorino non ce l'ho e non lo saprei neppure guidare, e lo scippo a piedi e' roba per i giovanotti magri come un chiodo, io peso centocinquanta chili e solo a pensarci ho gia' il fiatone. Meglio gli appartamenti. Io faccio cosi': piede di porco e coltello. Di giorno, che di notte non mi piace andare in giro, la notte e' fatta per starsene all'osteria. Prima suono il campanello di sotto, che per fortuna adesso ci hanno tutti il citofono. Se mi rispondono dico che ho sbagliato, se non rispondono aspetto cinque minuti e suono di nuovo, se non rispondono neppure stavolta, allora via, entro in azione. Mi faccio aprire il portone da qualcuno dicendo che devo mettere dei volantini nelle cassette delle lettere, poi trovo la porta giusta. Se c'e' una cosa che mi manda fuori dalla grazia di dio sono quelli che non mettono il nome sulla porta. Dico, sono dei cafoni di prima forza, non e' vero? Voi non v'immaginate quante volte ti devi fare tutti tutti i piani e non trovi la porta giusta e te ne torni in strada con le pive nel sacco (mi piace dire le pive nel sacco, che mi prenda un colpo se so che significa, pero' ho capito che vuol dire che hai preso una fregatura, ma a nessuno piace dire che ha preso una fregatura e allora le pive nel sacco). Che dicevo? Si', di quelli che non mettono il nome sulla porta, quei cafoni, quei buzzurri. E' per questo che mi porto l'accendino: gli do' fuoco a tutte le cartacce che ci hanno nelle cassette della posta di tutto il palazzo. E spacco anche il tasto dell'ascensore. Cosi' s'imparano a fare gli incivili.
Porto sempre il soprabito quando lavoro. Per forza, il piede di porco non e' che lo puoi portare esibendolo come un bastone da passeggio. Ci sono quelli che dicono di portarlo nella custodia di una canna da pesca o di un contrabbasso. Ma non facciamo i ragazzini, dico io.
Quando va bene un po' di roba si rimedia sempre: male che va mi bevo quello che c'e' nel frigorifero. Le cose che scasso non e' per vandalismo, e' strategia: se l'inquilino torna a casa e trova solo le bottiglie vuote ci arriva subito a capire che e' successo. Invece io spacco tutto e questo rende l'indagine parecchio piu' interessante, no?
Non me ne frega niente se mi arrestano, tanto fuori o dentro per me e' lo stesso. Quando sono dentro sniffo la colla. Costa poco ed e' meglio di niente. Una volta con Cinciglione abbiamo fatto a chi si ricordava piu' galere. Non mi ricordo chi ha vinto. E' che le cose me le ricordo poco, sono sempre un po' annebbiato, chissa' da che dipende, eh?
Pero' mica sarete venuti qui per sentirmi dire 'ste stupidaggini, no? Secondo me siete venuti qui per farvi raccontare di quella volta, quella che finimmo in televisione, ho detto bene? Lo sapevo, tutta la gente che mi offre da bere vuole che gli racconto quella storia. Ah, io non mi tiro indietro. Dispiacere mi dispiace, perche' quando devi ricordare una cosa triste e' sempre una cosa triste. Pero' non e' stata solo una cosa triste, e' stata pure una cosa divertente. Non per quel povero figlio, no, per quello e' stata triste, ma per altri aspetti, dico, e' stata divertente per altri aspetti, anche se per quello che c'e' morto per quello e' triste e a nessuno gli dispiace piu' che a me, che senza volerlo... come si dice? che insomma senza volerlo pero' c'ero, si', mi dispiace; li' per li' non ci pensi, e poi ti dispiace. Io voglio bene a tutti. E' stato un caso sfortunato. L'ha detto pure l'avvocato, pero' il giudice doveva fare il pavone, e allora massimo della pena, massimo della pena! Cretini, che se ci si trovavano loro finiva nello stesso modo, no? E' il destino, e contro il destino che si puo' fare? Niente. Uno deve morire e muore. Non dico di no, non dico di no, c'ero, lo so come e' andata, non c'e' bisogno che me lo dite voi.
E poi visto che eravamo in due avrebbero dovuto dividere la pena per due, no? Mezza a me e mezza a Cinciglione, magari a lui di meno perche' alla fine che faceva? Lo reggeva soltanto, che si potrebbe anche dire che lo reggeva per non farlo cascare, no? Che in effetti era ubriaco pure quello come una cucuzza, come noi del resto, e Cinciglione lo reggeva per non farlo cascare che magari se cascava si rompeva la testa e moriva lo stesso, pure senza lo sgarro sul collo. E ci tengo a dirlo: non fu una coltellata, no che non fu una coltellata, io li volevo pure querelare i giornali che lo scrissero ma l'avvocato me lo sconsiglio', che a dare retta agli avvocati non devi mai fare niente, devi buscare e basta, pero' i soldarelli li vogliono i signori avvocati, poi invece di difenderti ti dicono di non fare niente. Neppure lo tirai fuori il coltello, fu con la bottiglia rotta. Eravamo tutti ubriachi. Era di pomeriggio, a quell'ora all'osteria chi non e' ubriaco e' una spia. Pero' mi dispiace per quel ragazzo, anche se se l'e' cercata lui. Io neppure lo conoscevo. L'aggravante della rapina? Ma quale rapina? Ma se nel portafoglio c'erano si' e no diecimila lire? Chi se lo immaginava che era il figlio di ***? E adesso dite la verita': se non era il figlio di ***, mettiamo che era un bracciante, un immigrato, un ubriacone e basta, ci venivate qui a intervistarmi? Io dico di no.
Non e' che si potrebbe avere un altro goccio? Qui la bottiglia e' vuota.
Pero' fa sempre la sua figura: sei alla stazione e un mammalucco ti chiede se il treno per la Cappadocia e' in orario, e tu che gli dici, che neppure sai dove sia la Cappadocia? Gli rispondi: Spiacente signore, sono un enologo, non un geografo o un cronometrista.
Anche quando ti portano in guardina, e capita di frequente: se c'e' uno nuovo che fa il verbale, quando ti chiede il mestiere, un conto e' proferire ubriacone, tutt'altro e' scandire e-no-lo-go.
Una volta un tizio mi disse: vorrebbe dire che lei e' un sommelier? Mi prenda un canchero se so che significa; ma gli risposi fiero: per servirla. Vi do una dritta: quando vi dicono qualche cosa che non capite, rispondete sempre cosi': per servirla. Funziona sempre. Le so tutte, io.
Con Cinciglione ci conosciamo da sempre, e ci stiamo pure simpatici. Almeno quando abbiamo bevuto. Quando hai sete e non hai un soldo nessuno ti puo' essere simpatico. Quando hai sete e non hai un soldo (e uno che ha veramente sete non ha mai un soldo, non e' vero?) pensi a una cosa sola: a come procurarti una trincata.
Una volta c'erano le cabine telefoniche: bastava un apriscatole o un martello. Adesso devi entrare per forza nei negozi o negli appartamenti e non sai mai che ci trovi. Io agli scippi sono contrario: il motorino non ce l'ho e non lo saprei neppure guidare, e lo scippo a piedi e' roba per i giovanotti magri come un chiodo, io peso centocinquanta chili e solo a pensarci ho gia' il fiatone. Meglio gli appartamenti. Io faccio cosi': piede di porco e coltello. Di giorno, che di notte non mi piace andare in giro, la notte e' fatta per starsene all'osteria. Prima suono il campanello di sotto, che per fortuna adesso ci hanno tutti il citofono. Se mi rispondono dico che ho sbagliato, se non rispondono aspetto cinque minuti e suono di nuovo, se non rispondono neppure stavolta, allora via, entro in azione. Mi faccio aprire il portone da qualcuno dicendo che devo mettere dei volantini nelle cassette delle lettere, poi trovo la porta giusta. Se c'e' una cosa che mi manda fuori dalla grazia di dio sono quelli che non mettono il nome sulla porta. Dico, sono dei cafoni di prima forza, non e' vero? Voi non v'immaginate quante volte ti devi fare tutti tutti i piani e non trovi la porta giusta e te ne torni in strada con le pive nel sacco (mi piace dire le pive nel sacco, che mi prenda un colpo se so che significa, pero' ho capito che vuol dire che hai preso una fregatura, ma a nessuno piace dire che ha preso una fregatura e allora le pive nel sacco). Che dicevo? Si', di quelli che non mettono il nome sulla porta, quei cafoni, quei buzzurri. E' per questo che mi porto l'accendino: gli do' fuoco a tutte le cartacce che ci hanno nelle cassette della posta di tutto il palazzo. E spacco anche il tasto dell'ascensore. Cosi' s'imparano a fare gli incivili.
Porto sempre il soprabito quando lavoro. Per forza, il piede di porco non e' che lo puoi portare esibendolo come un bastone da passeggio. Ci sono quelli che dicono di portarlo nella custodia di una canna da pesca o di un contrabbasso. Ma non facciamo i ragazzini, dico io.
Quando va bene un po' di roba si rimedia sempre: male che va mi bevo quello che c'e' nel frigorifero. Le cose che scasso non e' per vandalismo, e' strategia: se l'inquilino torna a casa e trova solo le bottiglie vuote ci arriva subito a capire che e' successo. Invece io spacco tutto e questo rende l'indagine parecchio piu' interessante, no?
Non me ne frega niente se mi arrestano, tanto fuori o dentro per me e' lo stesso. Quando sono dentro sniffo la colla. Costa poco ed e' meglio di niente. Una volta con Cinciglione abbiamo fatto a chi si ricordava piu' galere. Non mi ricordo chi ha vinto. E' che le cose me le ricordo poco, sono sempre un po' annebbiato, chissa' da che dipende, eh?
Pero' mica sarete venuti qui per sentirmi dire 'ste stupidaggini, no? Secondo me siete venuti qui per farvi raccontare di quella volta, quella che finimmo in televisione, ho detto bene? Lo sapevo, tutta la gente che mi offre da bere vuole che gli racconto quella storia. Ah, io non mi tiro indietro. Dispiacere mi dispiace, perche' quando devi ricordare una cosa triste e' sempre una cosa triste. Pero' non e' stata solo una cosa triste, e' stata pure una cosa divertente. Non per quel povero figlio, no, per quello e' stata triste, ma per altri aspetti, dico, e' stata divertente per altri aspetti, anche se per quello che c'e' morto per quello e' triste e a nessuno gli dispiace piu' che a me, che senza volerlo... come si dice? che insomma senza volerlo pero' c'ero, si', mi dispiace; li' per li' non ci pensi, e poi ti dispiace. Io voglio bene a tutti. E' stato un caso sfortunato. L'ha detto pure l'avvocato, pero' il giudice doveva fare il pavone, e allora massimo della pena, massimo della pena! Cretini, che se ci si trovavano loro finiva nello stesso modo, no? E' il destino, e contro il destino che si puo' fare? Niente. Uno deve morire e muore. Non dico di no, non dico di no, c'ero, lo so come e' andata, non c'e' bisogno che me lo dite voi.
E poi visto che eravamo in due avrebbero dovuto dividere la pena per due, no? Mezza a me e mezza a Cinciglione, magari a lui di meno perche' alla fine che faceva? Lo reggeva soltanto, che si potrebbe anche dire che lo reggeva per non farlo cascare, no? Che in effetti era ubriaco pure quello come una cucuzza, come noi del resto, e Cinciglione lo reggeva per non farlo cascare che magari se cascava si rompeva la testa e moriva lo stesso, pure senza lo sgarro sul collo. E ci tengo a dirlo: non fu una coltellata, no che non fu una coltellata, io li volevo pure querelare i giornali che lo scrissero ma l'avvocato me lo sconsiglio', che a dare retta agli avvocati non devi mai fare niente, devi buscare e basta, pero' i soldarelli li vogliono i signori avvocati, poi invece di difenderti ti dicono di non fare niente. Neppure lo tirai fuori il coltello, fu con la bottiglia rotta. Eravamo tutti ubriachi. Era di pomeriggio, a quell'ora all'osteria chi non e' ubriaco e' una spia. Pero' mi dispiace per quel ragazzo, anche se se l'e' cercata lui. Io neppure lo conoscevo. L'aggravante della rapina? Ma quale rapina? Ma se nel portafoglio c'erano si' e no diecimila lire? Chi se lo immaginava che era il figlio di ***? E adesso dite la verita': se non era il figlio di ***, mettiamo che era un bracciante, un immigrato, un ubriacone e basta, ci venivate qui a intervistarmi? Io dico di no.
Non e' che si potrebbe avere un altro goccio? Qui la bottiglia e' vuota.
15. COME IN UNO SPECCHIO. PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l'umanita' intera s'interroga.
*
S'interroga sul crinale apocalittico in cui si trova.
S'interroga sulle scelte necessarie, sui compiti dell'ora.
S'interroga sull'alternativa tra l'universale inabissamento nelle spire del male e del vuoto o la salvezza comune.
S'interroga sull'alternativa tra la violenza che tutto riduce a niente e la nonviolenza che salva le vite.
Sente in quest'ora un appello e un kairos, un momento di verita'.
*
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a fermare la catastrofe della guerra nucleare che va preparandosi se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a fermare l'ecatombe razzista e genocida in corso se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a salvare il mondo vivente dall'inquinamento, dalla devastazione e dalla desertificazione se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a impedire l'inabissamento e l'annichilimento della propria storia, della propria civilta', della propria esistenza stessa se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che il maschilismo e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza, e che quindi il compito primo di ogni essere umano che voglia adoperarsi per la salvezza comune e' contrastare il maschilismo, la sua ideologia, le sue prassi, il suo sistema di dominazione che e' il fondamento primo di ogni struttura violenta.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si riconosce una e plurale.
*
Le donne che in tutto il mondo scendono in piazza in difesa dell'umanita'; le donne che ogni giorno oppongono una strenua resistenza alla violenza maschilista e patriarcale, gerarchica e militarista, imperialista e razzista, sfruttatrice e rapinatrice, schiavista e mafiosa; le donne che il 25 novembre, come il 14 febbraio, come l'8 marzo, fanno irrompere nello spazio pubblico dell'agora' la verita' e la luce della loro lotta a contrastare il regime fascista dei maschi, a rivendicare l'umanita' dell'umanita', a costruire la vita come dovrebbe essere, chiamano l'umanita' intera alla lotta per la liberazione comune.
Ad esse la nostra gratitudine, in esse la nostra speranza, con esse la nostra lotta per un'umanita' di persone libere ed eguali in diritti, responsabili e solidali, nella cura comune per il mondo vivente, nella condivisione dei beni e del bene.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
*
S'interroga sul crinale apocalittico in cui si trova.
S'interroga sulle scelte necessarie, sui compiti dell'ora.
S'interroga sull'alternativa tra l'universale inabissamento nelle spire del male e del vuoto o la salvezza comune.
S'interroga sull'alternativa tra la violenza che tutto riduce a niente e la nonviolenza che salva le vite.
Sente in quest'ora un appello e un kairos, un momento di verita'.
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Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a fermare la catastrofe della guerra nucleare che va preparandosi se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a fermare l'ecatombe razzista e genocida in corso se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a salvare il mondo vivente dall'inquinamento, dalla devastazione e dalla desertificazione se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che non riuscira' a impedire l'inabissamento e l'annichilimento della propria storia, della propria civilta', della propria esistenza stessa se non abolira' la violenza dei maschi.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si dice che sa che il maschilismo e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza, e che quindi il compito primo di ogni essere umano che voglia adoperarsi per la salvezza comune e' contrastare il maschilismo, la sua ideologia, le sue prassi, il suo sistema di dominazione che e' il fondamento primo di ogni struttura violenta.
Si guarda in uno specchio l'umanita' e si riconosce una e plurale.
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Le donne che in tutto il mondo scendono in piazza in difesa dell'umanita'; le donne che ogni giorno oppongono una strenua resistenza alla violenza maschilista e patriarcale, gerarchica e militarista, imperialista e razzista, sfruttatrice e rapinatrice, schiavista e mafiosa; le donne che il 25 novembre, come il 14 febbraio, come l'8 marzo, fanno irrompere nello spazio pubblico dell'agora' la verita' e la luce della loro lotta a contrastare il regime fascista dei maschi, a rivendicare l'umanita' dell'umanita', a costruire la vita come dovrebbe essere, chiamano l'umanita' intera alla lotta per la liberazione comune.
Ad esse la nostra gratitudine, in esse la nostra speranza, con esse la nostra lotta per un'umanita' di persone libere ed eguali in diritti, responsabili e solidali, nella cura comune per il mondo vivente, nella condivisione dei beni e del bene.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
16. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": 25 NOVEMBRE
Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne diciamo alcune semplici verita'.
Che sono le donne che mettono al mondo l'umanita'.
Che il gioco della guerra e' una follia dei maschi.
Che e' una follia dei maschi la brama di possesso, di potere, di rapina ed accumulazione, e la volonta' di avvelenare, devastare e distruggere tutto cio' che non si puo' rapire, asservire, possedere.
Che la stessa violenza che i maschi esercitano sulle donne la esercitano sull'intero mondo vivente.
Che la violenza maschile sta mettendo in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' e del mondo vivente.
Che il movimento di liberazione delle donne si oppone a tutte le violenze.
Che il movimento di liberazione delle donne e' rivolgimento accudente e amoroso verso l'intero mondo vivente.
Che il movimento di liberazione delle donne libera l'umanita' intera.
Che sono le donne che mettono al mondo l'umanita'.
Che il gioco della guerra e' una follia dei maschi.
Che e' una follia dei maschi la brama di possesso, di potere, di rapina ed accumulazione, e la volonta' di avvelenare, devastare e distruggere tutto cio' che non si puo' rapire, asservire, possedere.
Che la stessa violenza che i maschi esercitano sulle donne la esercitano sull'intero mondo vivente.
Che la violenza maschile sta mettendo in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' e del mondo vivente.
Che il movimento di liberazione delle donne si oppone a tutte le violenze.
Che il movimento di liberazione delle donne e' rivolgimento accudente e amoroso verso l'intero mondo vivente.
Che il movimento di liberazione delle donne libera l'umanita' intera.
17. IL PROGRAMMA POLITICO FONDAMENTALE DELL'UMANITA'
Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in tante citta' del mondo tantissime donne e con esse tanti uomini hanno detto la loro opposizione alla violenza.
Che sia questo il programma politico fondamentale dell'umanita'.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
Che sia questo il programma politico fondamentale dell'umanita'.
Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.
18. L'ASSASSINIO DI ENRICO DI CORNOVAGLIA A VITERBO
Nella citta' in cui vivo, che e' Viterbo, c'e' una chiesa, in piazza del Gesu', in cui nel 1271 durante la messa fu assassinato Enrico di Cornovaglia da Guido di Monforte alla presenza di Filippo III di Francia e di Carlo d'Angio'.
Fu un fatto di sangue cosi' sconvolgente che ancora ne resta memoria, molti anni dopo, nella Commedia dantesca.
Uccidere una persona nel luogo e nell'ora della preghiera, a Viterbo, a San Salvador o nel Sinai, sconvolge l'umanita' intera.
Pur assuefatta allo spettacolo osceno ed infinitamente reiterato dei crimini piu' efferati, pur vivendo nel mondo di Auschwitz e di Hiroshima, l'intera umanita' sente un di piu' di orrore quando un crimine - il crimine dei crimini, l'uccisione di esseri umani - si consuma in un luogo del sacro.
Le vittime innocenti della strage nella moschea di Rawda, come tutte le vittime di tutte le stragi, convocano l'umanita' intera a cessare di uccidere, a far cessare tutte lo uccisioni.
Ci convocano alla nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Fu un fatto di sangue cosi' sconvolgente che ancora ne resta memoria, molti anni dopo, nella Commedia dantesca.
Uccidere una persona nel luogo e nell'ora della preghiera, a Viterbo, a San Salvador o nel Sinai, sconvolge l'umanita' intera.
Pur assuefatta allo spettacolo osceno ed infinitamente reiterato dei crimini piu' efferati, pur vivendo nel mondo di Auschwitz e di Hiroshima, l'intera umanita' sente un di piu' di orrore quando un crimine - il crimine dei crimini, l'uccisione di esseri umani - si consuma in un luogo del sacro.
Le vittime innocenti della strage nella moschea di Rawda, come tutte le vittime di tutte le stragi, convocano l'umanita' intera a cessare di uccidere, a far cessare tutte lo uccisioni.
Ci convocano alla nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
19. LA STRAGE
Continua la strage dei migranti nel Mediterraneo.
E basterebbe una parola dei governi europei, anche di un solo governo europeo, a farla cessare.
Basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto alla vita.
Basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere qui in modo legale e sicuro.
Basterebbe riconoscere che siamo una sola umanita'.
E basterebbe una parola dei governi europei, anche di un solo governo europeo, a farla cessare.
Basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto alla vita.
Basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere qui in modo legale e sicuro.
Basterebbe riconoscere che siamo una sola umanita'.
20. RACCONTI INVERNALI DI UN'AMBIGUA UCRONIA. CHECCO ROSCIONI: SE LO DICE IL PARTITO
L'altra sera ero al bar con Pippalume che aspettavamo Dogarella e Fischiottone per giocare a quartiglio e c'era la televisione accesa, e alla televisione facevano vedere quel ladrone compare dei mafiosi che si portava a letto le regazzine che era tutto contento che aveva vinto le elezioni non mi ricordo dove e diceva che adesso vinceva pure le elezioni itajane, che era colpa dei comunisti se l'Itaja non andava ai mondiali, e che appena tornava al governo levava le tasse e dava lavoro a tutti. Pippalume che e' materiale come un mazzapicchio gia' cominciava a sacramentare che quello doveva stare in galera e che invece siccome era ricco in galera non ci andava mai, che se un giorno le elezioni le vinciamo noi poi lo andiamo a cercare a casa, gli leviamo pure le mutande e lo mandiamo ad abitare alle case popolari, che poi e' dove abitiamo sia io che Pippalume. Allora gli ho detto che io quello non ce lo volevo dove abito io, che dove abito io sara' pure lo schifo dello schifo ma almeno quello li' non c'e', e lui m'ha risposto quanto sei fesso, se vinciamo le elezioni noi delle case popolari andiamo ad abitare nelle ville sue che dopo espropriate diventano case del popolo e a lui gli diamo da scegliere l'appartamento che gli pare dove abitiamo noi adesso. E perche' quello che gli pare? Io gli lascerei quello proprio sopra la fogna che c'e' una puzza che solo lo zio Bozzagrone riesce ad abitarci. E Pippalume: No, questa sarebbe una crudelta', e noi non siamo come loro, noi siamo per la giustizia e per la misericordia. E io: lo dice il partito? E lui: lo dice il partito. E allora se lo dice il partito va bene cosi', pero' mi rode che quello si sceglie l'appartamento che gli pare, pero' chi se ne frega, che tanto la muffa e la puzza c'e' in tutti.
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 285 del 12 dicembre 2017
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