[Nonviolenza] Una persona, un voto. 246



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UNA PERSONA, UN VOTO
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Per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone che risiedono in Italia
Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
Numero 246 del 14 novembre 2017

In questo numero:
1. Il Senato approvi la legge sullo "ius soli / ius culturae"
2. "Una persona, un voto". Un appello all'Italia civile
3. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
4. La Casa Internazionale delle Donne contro ogni ipotesi di sfratto
5. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
6. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre
7. Vladimiro Oglianovi: Chi ben comincia
8. Vladimiro Oglianovi: Racconti dell'orrore
9. Vladimiro Oglianovi: Storie nere del dottor Burganza. Come nacque l'equipe

1. APPELLI. IL SENATO APPROVI LA LEGGE SULLO "IUS SOLI / IUS CULTURAE"

Non e' possibile che un bambino ovvero una bambina, un ragazzo ovvero una ragazza, nati in Italia, cresciuti in Italia, che studiano in Italia, che vivono nella comunita', nella lingua e nella cultura italiane, possano essere ritenuti alieni: sono con tutta evidenza cittadine e cittadini italiani ancor prima di aver compiuto i diciotto anni, quando la legge vigente gia' riconosce loro il diritto di decidere di essere cittadini italiani con una semplice dichiarazione personale.
Perche' quindi continuare a umiliare e perseguitare dei bambini?
Perche' quindi continuare a negare la flagrante realta' che chi nasce e vive in Italia e' un cittadino italiano?
Ad eccezione di un'infima minoranza di pervertiti, nessuno in Italia vuole essere un persecutore di bambini.
Ad eccezione di un'infima minoranza di razzisti, nessun senatore potrebbe in scienza e coscienza negare il suo voto a una legge che prende atto della realta' e riconosce a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, un diritto che loro appartiene: il riconoscimento giuridico del fatto inconfutabile che sono parte del popolo italiano, che sono cittadini italiani.

2. INIZIATIVE. "UNA PERSONA, UN VOTO". UN APPELLO ALL'ITALIA CIVILE

Un appello all'Italia civile: sia riconosciuto il diritto di voto a tutte le persone che vivono in Italia.
Il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui.
Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.
Una persona, un voto. Il momento e' ora.

3. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

4. REPETITA IUVANT. LA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE CONTRO OGNI IPOTESI DI SFRATTO
[Attraverso la mailing list delle "Donne in nero" riceviamo e diffondiamo questo comunicato del direttivo della Casa Internazionale delle Donne]

La Casa Internazionale delle Donne contro ogni ipotesi di sfratto
Casa Internazionale delle Donne via della Lungara 19
#lacasasiamotutte
La Casa Internazionale delle Donne, patrimonio della citta' di Roma e risorsa per tutte le donne e' oggi a rischio di sfratto da parte del Comune.
Da oltre trent'anni questo luogo, unico in Europa, rappresenta un punto di riferimento delle donne italiane e straniere e del femminismo internazionale. La Casa e' da tutti apprezzata e riconosciuta per la sua capacita' di autogestione e per avere mantenuto in ottimo stato un bene pubblico frequentato annualmente da oltre 30.000 persone, di essere luogo di offerta di servizi sociali e culturali, di svolgere azioni di accrescimento delle capacita' delle donne. Tutto questo e' il frutto del lavoro volontario e dell'impegno quotidiano e gratuito di centinaia di donne e di decine di associazioni.
Per decenni questo luogo e' stato salvato, conservato, restaurato, reso vivo e frequentato, sottratto al degrado cui sono andati incontro tanti beni pubblici della nostra citta'. Anche la Casa corre ora oggi il pericolo di chiusura cui sono andate incontro tante associazioni e realta' sociali di Roma.
Il debito che ci viene attribuito dall'Amministrazione non tiene conto del valore dei servizi che vengono offerti. In tal senso la Casa Internazionale delle Donne, fin dal 2013, ha iniziato un'interlocuzione con il Comune di Roma il quale, dopo avere verificato la qualita' dei servizi, proponeva una valutazione del loro valore economico dell'ordine di 700.000 euro annui.
Con questa Giunta la Casa aveva avviato un confronto per risolvere il problema del debito e la definizione di un affitto realmente sostenibile, salvaguardando e rilanciando il valore della Casa e il suo futuro al servizio della cittadinanza. Per questo la lettera di richiesta di rimborso immediata, in mancanza del quale "si procedera' all'attivazione, senza ulteriore comunicazione, sia della procedura coattiva; in sede civile, per il recupero del credito, sia della procedura di requisizione del bene in regime di autotutela" e' giunta del tutto inattesa.
La Casa Internazionale delle Donne ha risposto alla comunicazione del Comune chiedendo con urgenza alla Sindaca e alle Assessore competenti di riaprire l'interlocuzione e di sospendere il termine perentorio di pagamento.
La Casa Internazionale delle Donne e' molto grata per la solidarieta' ricevuta da tantissime donne e uomini, associazioni e Istituzioni. Queste testimonianze confermano il valore e l'apprezzamento di cui la Casa gode non solo nella citta' di Roma ma in tutto il Paese.
Il direttivo della Casa Internazionale delle Donne

5. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

6. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE

Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".
Ovunque si realizzino iniziative.
Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.
Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.
Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le violenze.

7. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. VLADIMIRO OGLIANOVI: CHI BEN COMINCIA

Mi piacerebbe poter dire che la mia cattiva fama e' frutto di un equivoco, ma sarebbe una tale castroneria che pure uno come me si vergogna a dirla, e io non mi vergogno di niente.
Comincio' per caso: stavamo giocando a bocce, e la colpa fu delle bocce: se giocavamo a pallone non gli avrei sfondato il cranio, ma con una boccia, una volta che l'hai tirata con tutti i sentimenti e hai colpito il bersaglio e' fatta.
Poi feci la fesseria delle fesserie: scappai. Ci ho ripensato mille volte: se fossi restato li' magari una soluzione si trovava, potevamo sotterrare il cadavere e acqua in bocca, figurarsi se i ragazzi non me la davano una mano. Invece fuggii e loro lasciarono li' quel fagotto che rantolava e sanguinava e se ne tornarono dentro l'osteria a farsi un altro mezzo litro e una gazzosa (che poi e' un modo di dire, di mezzi litri a quel tempo ce ne facevamo sei per uno in un par d'ore) e dissero all'oste che nel campo da bocce c'era un morto, e l'oste chiamo' i carabinieri e i carabinieri fecero l'inchiesta e siccome nessuno aveva visto niente e l'unico che era sparito ero io mi cucirono addosso la responsabilita' del fatto di sangue. Se ero restato li' non era successo niente, potevamo sotterrare la salma e fine della partita; oppure potevamo lasciarla li', rientravo pure io nell'osteria e nessuno mi avrebbe mai accusato di niente. Invece feci la fesseria delle fesserie. Sono errori che si fanno da giovani. Poi li paghi per tutta la vita. Ma io non e' che mi lamento della vita mia, eh.
Il resto fu la logica conseguenza. La sera avevo fame, e vorrei vedere voi dopo aver girovagato per i campi tutto il resto della giornata, cosi' entrai in quella villa per  vedere se trovavo da mangiare un boccone. Sfortuna volle che ci fosse l'allegra famigliola perche' era domenica ed erano venuti a passarla in campagna. Se se ne erano restati in citta' adesso ancora campavano. Invece no. La gente di citta' a noi del paese non ci e' mai piaciuta. Vengono qui e gli pare di essere i padroni del mondo. Cosi' gliel'ho fatto vedere che non erano i padroni del mondo. A tutti e quattro (cinque col regazzino piccolo, che pero' non conta perche' non l'ho ammazzato io, e' morto da solo quando l'ho buttato giu' per le scale). Se se ne fossero stati buoni e zitti campavano ancora, e invece cominciarono ad abbaiare come che mi videro entrare dalla finestra, tutte quelle storie per un vetro rotto. Se la sono proprio cercata. La gente di citta' non sa combattere: loro erano in quattro e io ero da solo, invece basto' che io afferrassi la ragazzina e tirassi fuori la lama, e tutti agnellini, sissignore, tutti agnellini: quando erano tutti e quattro legati (il sor padrone e il rampollo adolescente li feci legare dalla signora, poi la signora dalla signorina, poi la signorina la legai io, poi mi misi a mangiare quel che c'era e il resto fu l'ovvia conseguenza. Che fessi, dico io. Il pargoletto lo trovai al primo piano quando mi misi a dare uno sguardo in giro se c'era qualche cosa di valore, visto che c'ero.
Il difficile non e' procurarsi la roba di valore, e' ruscire a venderla. Io a quel tempo non conoscevo nessuno del giro. Caricai sulla macchina dell'allegra famigliola ormai defunta quel po' di robetta che si poteva vendere, e mi diressi in citta': era la prima volta che guidavo una macchina, ma alla fine e' come il motorino e il trattore.
Prima d'allora in citta' c'ero stato solo per andare al cinema o al supermercato o da una di quelle. Pero' non ci voleva molto a capire che se avessi girato di notte prima o poi avrei trovato un cliente. Invece era quasi l'alba e la benzina stava per finire e io avevo girato duecento bar e bevuto altrettanti caffe' e niente avevo combinato. All'epoca ero uno ingenuo, oggi lo so che troppi caffe' fanno male. Insomma, mi venne una gran voglia di sfogarmi di tutta la rabbia che ci avevo, poi mi servivano i liquidi - nel senso delle svanziche, dico - perche' non e' puoi pagarti un albergo lasciando sul bancone due fedi o qualche posata d'argento, e siccome non conoscevo nessuno pensai di unire l'utile al dilettevole e mi diressi in periferia dove sapevo che c'erano quelle signore. Adesso non mi ricordo piu' bene, ma fini' male prima ancora della prestazione perche' quella voleva essere pagata prima e a me non mi andava di darle i soldi che tanto poi avrei dovuto riprendermeli, cosi' la strozzai subito. Nella borsetta c'era una miseria, ma meglio di niente.
Poi lasciai la macchina nel parcheggio dietro la stazione e presi il primo treno in partenza, dormii per tutto il viaggio. Ormai il piu' era fatto.

8. FOTOGRAFIE. VLADIMIRO OGLIANOVI: RACCONTI DELL'ORRORE

Io quelli che scrivono i racconti dell'orrore proprio non li capisco.
Intanto scrivono orrore con l'acca. Ma davanti alla o l'acca non ci va. L'acca si mette davanti alla i e alla e, e solo certe volte, per esempio per distinguere uno che s'inchina da uno che sta in Cina. Sia chiaro: io non m'inchino davanti a niente e nessuno, era solo per fare un esempio. E poi saltano la e alla fine, che e' un errore di grammatica. E uno che non sa neppure come si scrivono le parole fa lo scrittore? E andiamo, e' la fine del mondo.
Non mi voglio mettere a fare il professore, a me i professori mi fanno schifo, apposta diedi fuoco alla scuola media, ce lo sanno tutti. Pero' pure senza fare il professore, certe cose le so pure io, per esempio che orrore si scrive orrore.
E poi c'e' bisogno di inventarle le storie dell'orrore? Si vede subito che chi le scrive e' un bamboccio che ha campato tutta la vita senza mai uscire di casa. Come minimo e' malato, ci avra' la sifilide o la tubercolosi. Ma pure la sifilide per prendertela il naso fuori da casa ce lo dovevi mettere, e mica solo quello. E allora e' tbc sicura. Esci di casa, bamboccio, e te lo faccio vedere io l'orrore senza l'acca.
Facciamo a capirci: lo so pure io che un motivo per scrivere quei libri c'e', e sono i soldi. I soldi sono il motivo di tutto. Io se non facevo il delinquente sarei stato comunista, ma siccome fo il delinquente il comunista non lo posso fare, perche' mica mi va di regalare agli altri la roba che rubo io. Andassero a rubare pure loro se la vogliono, no? Invece di stare sempre li' a lamentarsi della societa'. Ma quale societa'? E' ognuno per se', possibile che nessuno lo capisce? E' che non capisce un colpo nessuno, nessuno, neanche se lo paghi. E io non pago proprio nessuno.
Che dicevo? Non mi ricordo piu'. Ah, quelli che leggono i libri del terrore. Io non li capisco. Intanto perche' che c'e' da leggere nei libri che gia' non hanno detto al giornale radio? Ce l'avete la radio sulla macchina? Se non ci avete neppure la radio, di che volete parlare? Siete troppo pezzenti. E mi fa specie che gente pezzente come voi vuole leggere i libri dell'orrore, vi dovrebbe fare orrore la vita che fate, vi dovrebbe. Ve lo dico io. Vendete la macchina e compratevi una rivoltella, ecco il consiglio che vi posso dare, e ve lo do' gratis.
Se non facevo il delinquente facevo il comunista, ve lo dico io.

9. RACCONTI GIALLI. VLADIMIRO OGLIANOVI: STORIE NERE DEL DOTTOR BURGANZA. COME NACQUE L'EQUIPE

A quel tempo lavoravo col dottor Burganza nel ramo rapine.
Nell'equipe (noi la chiamavamo equipe, e certe volte per scherzo "equipe 84") c'eravamo il dottor Burganza, io, Cicorietta e Mammolone. Non lo dite a me che Cicorietta e Mammolone non sono nomi da combattimento adatti a dei rapinatori con gli attributi; cento volte gliel'ho detto che dovevano scegliersi un altro soprannome, ma li chiamavano cosi' gia' da prima e ci erano affezionati. Cicorietta perche' era il figlio del figlio di Peppe Cicoria, che al paese se lo ricordavano ancora tutti di fama perche' era l'uomo piu' forte del mondo, spaccava una damigiana con una testata e faceva a corse coi treni. Mammolone perche' era il fratello di Mammoletta che era morto come era morto; Mammolone era un po' sovrappeso. Io? Adesso mi chiamo Yanez ma da ragazzo mi chiamavano Bestemmione, indovinate perche'. Il dottor Burganza un soprannome non ce l'aveva perche' non era del paese, al paese ci era venuto ad abitare che aveva gia' passato la quarantina che a quei tempi uno era considerato vecchio, e faceva il maestro di musica della banda del paese ma tutti lo sapevano che non campava di quello e se si era comprato il villone che si era comprato non era certo dirigendo marcette. Si raccontava che era uno di quelli che ogni tacca che aveva inciso sul bastone (era zoppo) era un cristiano di meno. Dicevano pure che era stato prete, che era un vampiro, che da giovane aveva giocato nella Spal o nel Fanfulla e un sacco di altre storie. Al paese la gente aveva una fervida immaginazione a quel tempo, la televisione ce l'aveva solo il bar.
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Come nacque l'equipe
Come nacque l'equipe me lo ricordo bene. Io e Mammolone eravamo ragazzi e facevamo quelle stupidaggini che fanno tutti i ragazzi; una notte mentre lavoravamo in una cantina com'e' come non e' il padrone ci sorprese. Ancora mi chiedo com'e' stato possibile: la notte la gente perbene dovrebbe dormire, no? Oltretutto per venire nella cantina era pure dovuto uscire di casa. La gente e' strana. Il problema e' che ci riconobbe. A quel tempo non usava di mascherarsi. Ci tocco' ammazzarlo. Non tanto per quello che stavamo facendo nella cantina sua - avevamo preso qualche prosciutto, robetta cosi', poi ci eravamo fermati a mangiare e bere un po' - ma perche' si sarebbe capito che eravamo stati noi a fare tutti quei lavoretti che da qualche mese davano un po' di vita alle notti del paese; cosi' ci tocco' ammazzarlo. Ma quello prima di morire comincio' a strillare come se scannassimo un maiale. E ci volle parecchio tempo perche' ammazzare qualcuno a coltellate, soprattutto se non e' consenziente, non e' che lo fai in cinque secondi come con un mitra, ci vuole un sacco di tempo. E quello strillava. E piu' strillava e piu' gente svegliava per il paese. Cosi' ci tocco' finirlo in fretta, e per essere sicuri gli segammo la testa, che lo so che sembra una brutalita' gratuita ma vorrei vedere voi in un momento come quello con la fretta e tutto, e la rabbia che i due sacchi gia' pieni di prosciutti ormai toccava lasciarli li' perche' non si possono avere insieme le ali ai piedi e mezzo quintale di carne di porco sulle spalle, e l'apetto l'avevamo lasciato a distanza di sicurezza parcheggiato in un angolo buio della piazza per non dare nell'occhio, il paese e' piccolo, si sa. Insomma, fatto il servizietto di decollare il tizio, via a tutta callara che gia' le finestre s'aprivano, per fortuna l'illuminazione pubblica a quei tempi era quella che era, che ci volevano i raggi x per vederci a dieci passi, e noi eravamo svelti come la polvere.
Pero' erano svelti pure i canacci che ci venivano dietro perche' i randagi sono cosi', di notte girano per il paese e si accodano a tutto quello che si muove e se si muove in fretta mentre lo rincorrono abbaiano come addannati. Poi il paese e' piccolo e in mezzo minuto sei gia' in campagna, e all'ultima svolta dell'ultima casa in chi intruppiamo? in quel bietolone di Cicorietta che non l'ho mai capito che ci stava a fare in giro a quell'ora di notte, e siccome vedeva che fuggivamo comincio' a fuggire pure lui insieme a noi. E i cani sempre dietro. E facevano una cagnara che era proprio una cagnara. E ormai erano gia' due o tre minuti che correvamo e per fortuna che la strada era asfaltata perche' era buio pesto, pero' il rischio era grosso a restare sulla strada provinciale, se passava una macchina figurati se non ci riconoscevano. Ma lasciare la strada e buttarsi per i campi era peggio: non si vedeva un accidente, si rischiava come niente di rompersi le corna addosso a una pianta e si sarebbero lasciate tracce che pure un cieco le avrebbe viste. Mentre correvamo passammo davanti al giardino della villa del dottor Burganza, che stava sul cancello e ancora oggi mi chiedo che ci stesse a fare sul cancello a quell'ora di notte. Disse solo: "Entrate, imbecilli". E noi entrammo, sempre di corsa, come se fossimo la fanfara dei bersaglieri. Chiuse il cancello e i cani restarono fuori a fare la serenata. Allora usci' con un budello di gomma di quelli che si usano per annaffiare gli orti, e a forza di scudisciate sciolse l'orchestra canina, che si disperse nella notte. Ci fece entrare in un casotto che era di fianco alla villa e ci teneva la macchina e un sacco di ferraglia da film dell'orrore, e disse: "Restate qui e non fate casino". Ci chiuse dentro e spari'. Nel buio Cicorietta ci chiese che era successo. "Niente", dissi io. "E allora perche' correvamo?". "E che ne so io perche' correvi tu?". E tutti a ridere, ma a ridere cosi' di cuore, con tutto che eravamo sfiatati, che non riuscivamo piu' a smettere e sentivo le lacrime sgocciolare la faccia e i crampi allo stomaco. Quella frase, "E che ne so io perche' correvi tu?", ormai saranno vent'anni che ce la ripetiamo, ed ogni volta sono risate a crepapelle, giuro.
Per un bel pezzo non si senti' nessun rumore venire dalla strada. Poi sentimmo aprire la porta, si ripresento' il dottor Burganza e disse: "Seguitemi". E ci porto' nella villa. Adesso non sto a raccontarvi com'era la villa, magari un'altra volta. Ma certo era grossa da far paura. Ci porto' in una specie di scantinato dove c'era un biliardo, un biliardo vero come quelli nei bar. E da una parte una specie di bancone come quelli dei bar, solo piu' corto, e dietro una vetrinetta di bottiglie di liquori. Prese una bottiglia, quattro bicchieri, c'indico' un tavolino col panno verde sopra, e una volta seduti disse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Io, che sono sempre stato un tipo sveglio, risposi per tutti: "Niente, facevamo una passeggiata quando un branco di cani randagi ci ha aggredito". E il dottor Burganza: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". E io: "Niente, gliel'ho detto". E quello, sempre con lo stesso tono di voce: "Ho sentito, ma che ci facevate in giro a quest'ora?". Ne' io ne' gli altri due sapevamo che dire o che fare. Fu a quel punto che mi accorsi che Mammolone era tutto sporco di sangue di quando avevamo prima accoltellato e poi segato il collo al sor Bastiano. Mi guardai e vidi che io pure non ero da meno. Cicorietta invece era immacolato, a parte le macchie di sudore. Pure Mammolone se n'era accorto di come eravamo conciati, e adesso pure Cicorietta.
Azzardai: "Ci hanno aggredito i cani, ci hanno morso, guardate un po', se non era per lei, grazie, grazie davvero, adesso leviamo il disturbo". E quello: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Ci scoccammo un'occhiata tra me e Mammolone: noi eravamo in due e il dottor Burganza era solo, Cicorietta non si sarebbe certo impicciato, era un amico. Avevamo fatto trenta, potevamo fare trentuno. Ma il dottor Burganza era il dottor Burganza, all'epoca non lo conoscevo, io ero solo un ragazzotto, ma adesso che saranno vent'anni che ci lavoro lo so chi e'; disse ancora con lo stesso tono di voce inerte: "Che ci facevate in giro a quest'ora?", e nella mano adesso invece del bicchiere era apparso un ferro. Cicorietta, memore dell'avo e bramoso di compier atti di valore - forse pure per l'invidia che noi gia' eravamo zuppi di sangue e lui solo di sudore -, disse: "Siamo in tre". E il dottor Burganza, con la stessa voce: "Quindi due palle per uno, e non e' un'allusione oscena". Tacque un attimo per vedere l'effetto della battuta - non ci fu nessun effetto, non mi ricordo neppure se la capimmo subito -, poi aggiunse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?". Gli altri due guardavano me, ma a me non veniva in mente niente. Cosi' passo' un mezzo minuto o una mezz'ora, poi il dottor Burganza disse: "Bevetevi un altro bicchiere, vado a cercarvi qualche vestito pulito", si alzo' e lemme leme appoggiandosi al bastone con le tacche usci'.
Restati soli Cicorietta chiese: "Insomma, che diavolo e' successo?". E Mammolone: "Correvamo". E giu' risate. Isteriche e di cuore. Poi bevemmo e bevemmo ancora. Poi torno' il dottor Burganza con due paia di calzoni e di camicie, qualche asciugamani e strofinaccio, un secchio. Ci indico' una porticina dietro cui c'era un bagno da favola e disse: "I vestiti insanguinati nel secchio, lavarsi e rivestirsi. Torno tra mezz'ora, e il bagno deve essere uno specchio", e usci' di nuovo.
Quando torno' tutto era stato eseguito, si sedette e disse: "Che ci facevate in giro a quest'ora?".

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UNA PERSONA, UN VOTO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
Numero 246 del 14 novembre 2017
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com