[Nonviolenza] Telegrammi. 2525



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2525 del 7 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia

2. 4 novembre: una dichiarazione del presidente di Pax Christi

3. Alcuni testi del mese di agosto 2016 (parte terza)

4. Malvolio Straccani: Una storia di fantasmi

5. Su cosa

6. Nel referendum di ottobre votiamo no al golpe bianco

7. Fermare la guerra

8. Una bozza di lettera da inviare ai parlamentari

9. Al sindaco di Viterbo, ancora una richiesta che torni visibile la lapide che ricorda Mariano Buratti

10. Malvolio Straccani: La morte del maggiordomo. Un racconto giallo

11. Segnalazioni librarie

12. La "Carta" del Movimento Nonviolento

13. Per saperne di piu'

 

1. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

 

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.

Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

 

2. DOCUMENTAZIONE. 4 NOVEMBRE: UNA DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE DI PAX CHRISTI

[Riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato]

 

Il 4 novembre - ha affermato il Presidente di Pax Christi, mons. Giovanni Ricchiuti, Vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti - e' il giorno in cui ricordare la fine della prima guerra mondiale, "inutile strage". Facciamo memoria dei tantissimi morti e il loro ricordo ci impegni sulla strada della pace e del ripudio della guerra.

Purtroppo - continua mons. Ricchiuti - oggi assistiamo ad una terza guerra mondiale a pezzi, come dice papa Francesco - e anche l'Italia ha un ruolo importante. Come tacere davanti all'aumento della vendita di armi italiane? Noi abbiamo la legge 185/90 che vieta di vendere armi a Paesi in guerra o che violano i diritti umani. E invece e' documentato che dall'Italia sono partite armi per l'Arabia Saudita, che sta bombardando lo Yemen. Ora c'e' anche un'inchiesta della Procura di Brescia. Speriamo che si faccia piena luce e che emerga tutta la verita'.

Mi lasciano senza parole - continua il presidente di Pax Christi - le risposte della Ministra Pinotti e del Ministro Gentiloni che sostengono che contro l'Arabia Saudita non c'e' nessun embargo dell'Onu e quindi... e' tutto  regolare. Arrivando anche a sostenere, come scusante, che ci siano altri Paesi che ne vendono piu' di noi.

Noi, come Pax Christi, insieme ad altri, abbiamo voluto con forza la legge 185/90 sul controllo della vendita di armi, e vogliamo che venga rispettata!

Cosi' come lascia senza parole la recente posizione dell'Italia all'Onu, lo scorso 27 ottobre: 123 nazioni hanno votato a favore di un Trattato di messa al bando degli ordigni nucleari per il 2017, e l'Italia invece ha votato contro! Questo e' molto grave!

Dobbiamo chiedere spiegazioni. Non possiamo accettare che si continuino a produrre i costosissimi F-35, destinati al trasporto anche di ordigni nucleari, non possiamo accettare la follia della guerra.

Lo avevamo gia' ricordato - continua mons. Ricchiuti - in un comunicato dei vescovi presidenti di Pax Christi, lo scorso 18 febbraio: "Il Concilio Vaticano II, "Gaudium et spes" al n. 80 afferma: "Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere citta' o di vaste regioni e dei loro abitanti, e' delitto contro Dio e contro la stessa umanita' e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato".

Il Concilio continua denunciando la corsa agli armamenti, che preparano gli interventi distruttivi. E' necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la corsa agli armamenti e' una delle piaghe piu' gravi dell'umanita' e danneggia in modo intollerabile i poveri; e c'e' molto da temere che, se tale corsa continuera', produrra' un giorno tutte le stragi, delle quali va gia' preparando i mezzi (n. 81).

Abbiamo negli occhi e nel cuore la tragedia del terremoto di questi giorni - conclude mons. Ricchiuti - e delle tante guerre in corso... Mosul, Aleppo e non solo. Chiedo che l'impegno a cui ci chiama papa Francesco diventi l'impegno non solo di Pax Christi e delle tante altre persone che lavorano per la pace, ma diventi un impegno prioritario di tutta la Chiesa: "Mentre il popolo soffre, incredibili quantita' di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si puo' credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?" (Francesco, 5 luglio 2016).

 

3. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2016 (PARTE TERZA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2016.

 

4. MALVOLIO STRACCANI: UNA STORIA DI FANTASMI

[Dal nostro vecchio amico Malvolio Straccani riceviamo e pubblichiamo quest'altra storia, che come capita spesso alle storie sotto 'l velame de li versi strani non parla solo di quello di cui sembra parlare]

 

E' vero, faccio l'agente immobiliare.

No, non "sono" un agente immobiliare, "faccio" l'agente immobiliare, e' solo un mestiere e non esaurisce la mia persona, per favore.

Come dite? Si', lo so gia', grazie. Lo dicono tutti.

Lo so anch'io che abbiamo fama di imbroglioni, certo, ma pensate che l'avvocato, il dottore che ti fa credere di saper tutto e ti manda al cimitero, l'usciere che se non gli allunghi un foglio frusciante e filigranato ti lascia ammuffire nella sala d'attesa, e l'amministratore del condominio, e il prete, il sindaco, il prefetto, il presidente di questo e di quello e ogni eccellenza de li mortacci loro, e il pusher che ti vende la roba, e che fa tanto l'amicone, siano fiori di campo ed esempi di virtu'? Ma andiamo, per piacere.

E' un lavoraccio, certo, e mille volte ho cercato di lasciarlo, ma me lo trovate voi un lavoro decente? No? E allora fatemi il piacere. La vita e' dura per tutti.

Vendere o affittare le case e' la cosa piu' difficile del mondo. Ogni appartamento ha le sue magagne, ve lo dico io, anche la reggia di Versailles. Lo so che non e' in vendita, certo, dicevo per dire. E allora che fai? Al cliente se gli dici subito quello che non va lo perdi appena hai aperto bocca; se glielo dici alla fine non solo l'affare sfuma ma se la prende pure e poi ti odia; se non glielo dici sei un cane e rischi una causa civile se non anche un procedimento penale; se glielo dici ma cerchi di non farglielo capire e' peggio che mai. Lo so io che fatica.

Sentite questa.

*

Era morto un tizio e i parenti volevano vendere. La casa non era male: vecchiotta ma ben tenuta, una famiglia come quelle di una volta ci si sarebbe trovata bene. Ma dove le trovi piu' le famiglie di una volta? Qui e' grasso che cola se sono due adulti e un paio di figli prima imbranati e poi sgallettati, e allora la casa e' troppo grossa. Se proponi di ricavarne due appartamenti i proprietari che l'hanno ereditata non ci vogliono spendere sopra una lira, quei pezzenti, e poi c'e' la questione dei servizi, insomma il solito bailamme. E tutto questo sarebbe ancora niente. E' che c'e' la storia del fantasma, e in paese la sanno tutti e se tu al cliente non gliela dici ci pensano i paesani a informarlo per filo e per segno.

Ora, intendiamoci: io sono una persona moderna e a certe scemenze non ci credo. Qui poi non solo c'era un fantasma, ma era pure negro (lo so che si dice "nero", non sono un razzista, sono un agente immobiliare, lo so come si deve parlare; ma tutti i paesani dicevano cosi': "il fantasma negro"; certo, lo so anch'io che era meglio se dicevano, che ne so, l'Omonero, ma da queste parti l'Omonero e' un'altra cosa). E adesso cari i miei sapientoni vorrei che voi mi diceste che c'entra un fantasma negro in un paese perso per le campagne etrusche dove un africano l'hanno visto solo in televisione. Ci ho pensato anch'io se si potesse farne un'attrazione turistica; ma per questo ci voleva almeno almeno il fantasma di Otello, o di Nelson Mandela, o di Ray Charles (o almeno fosse stato donna: una fantasma nera, andiamo, niente male, no?). No, il fantasma, e negro.

E va bene. l'agenzia mi affida la casa, il capo mi fa il solito discorsetto ruffiano (sei il nostro centravanti, puoi riuscirci solo tu, figurati se non ti viene il colpo di genio, e simili castronerie), e adesso la rogna e' mia.

Insomma, per cominciare vado a vedere la casa. Poi parlo al telefono coi proprietari ("Il povero babbo", frignano, e intanto negli occhi gli brilla la esse barrata del dollaro, ne sento il ronzio come un neon). Poi esploro il territorio e studio la fauna umana: al bar, in tabaccheria, dal barbiere, dal prete, dal benzinaio, all'edicola dei giornali (che poi, come anche la tabaccheria ed altre rivendite varie, sarebbe sempre il bar; nel paese c'e' solo il bar e un emporio in cui si trova ogni altra merce che non c'e' nel bar). E tutti a dirmi del fantasma negro. Non solo: a descrivermelo dettagliatamente, anche se nessuno lo ha visto di persona. Quando chiedo che ci sta a fare un fantasma negro in quella casa di vecchi agricoltori timorati di Dio, nessuno mi risponde, ma tutti danno l'impressione di saperla lunga, ammiccano con espressione maligna e le parole dicono una cosa e gli occhi il contrario - la gente e' fatta cosi', chi fa l'agente immobiliare lo sa che l'umanita' fa schifo. Sono anni che faccio questo mestiere, ci mancherebbe che mi faccio mettere nel sacco da questi bifolcacci restati al lume a petrolio e al basto di legno. Ma no, certo che c'e' la luce elettrica e che hanno le automobili, e' un modo di dire; insomma, se volete ascoltarmi state zitti, altrimenti non dico piu' niente e peggio per voi. Neanche a me me ne frega niente, che vi credete? Siete voi che mi avete chiesto... E' logico. Certo. Lo so pure io, forza. Come no? E adesso posso continuare? Bene.

Per farla breve, e certo che la faccio breve, il giorno dopo vado al Comune (il paesello e' solo una frazione), pago qualche caffe' e trovo uno che lavora all'anagrafe che dice che e' chiaro che non me l'hanno raccontata tutta, ma anche perche' la storia e' piuttosto ingarbugliata e ve ne sono diverse versioni. Ma quando gli chiedo ragguagli ulteriori mi dice che adesso proprio non puo' dirmi di piu' perche' ci sta scrivendo sopra un libro e pensa di pubblicarlo in autunno se tutto va bene e lei mi capisce, e sorride. Il pagliaccio. Siamo in aprile, che faccio, aspetto l'autunno? Accenno che ci potrebbe essere un ragionevole emolumento, e il vigliacco sorride con gli occhietti vispi e dice che non per meno di mille euro. Non lo strangolo solo perche' faccio un lavoro in cui si deve essere sempre civili (e non si deve mai litigare con i serpenti che lavorano negli uffici pubblici, sono tutti una mafia che meriterebbero la forca e se te ne inimichi uno hai smesso di lavorare per il resto dei tuoi giorni). Cosi' io sorrido, lui sorride, gli offro un altro caffe', lui rifiuta perche' se no non riesce a dormire ma accetterebbe volentieri un aperitivo. Sono tutti uguali. Tutti al muro bisognerebbe metterli. Sorrido e lo omaggio anche dell'aperitivo, poi ci lasciamo con l'impegno a sentirci di nuovo e auguri per il libro. Che se lo porti via la peste bubbonica.

Giunto a questo punto prendo la decisione. Si', quella. Certo che avete indovinato, e che ci voleva? Ho le chiavi della casa, nessuno si sbottona, che altro dovevo fare? Il lavoro e' lavoro.

*

Dunque la mattina dopo torno in quel maledetto paese, e proprio davanti alla casa sull'altro lato della strada e' gia' schierato il solito pubblico di fannulloni. Da quando faccio questo mestiere, ci fosse stata una volta, dico una sola, che tu vai a vedere una casa e non ti trovi il plotone degli sfaccendati gia' schierato, e che ci gode se tu arrivi col cliente, e cominciano a sghignazzare subito appena scendete dalla macchina e non la finiscono piu' finche' non ve ne andate, e di solito non si limitano neppure agli sghignazzi, c'e' sempre uno piu' spiritoso degli altri che dopo qualche minuto comincia a fare un verso che sembra un raglio, e continua a ragliare sul coro ridanciano (che s'esalta ed aumenta di volume ad ogni raglio) e tu sudi sette camicie per distrarre il cliente ma che vuoi distrarre in quel concerto di bestioni cachinnanti. Se poi il cliente e' una donna, allora fischiate e battute a doppio senso fioccano. Mi ricordo che i primi tempi ero cosi' ingenuo che chiamavo i carabinieri, che quando arrivavano si mettevano a ridere e a fare gestacci pure loro e poi - indovinate - cominciavano a controllare i miei documenti, i documenti della mia macchina e insomma la giornata era bella che persa e mi andava bene se non ci buscavo sopra una contravvenzione; allora imparai che mai e poi mai devi rivolgerti alle pubbliche autorita', se proprio proprio allora alla mafia locale, che sono sempre discreti ed efficienti (e sembra bizzarro perche' di solito il loro personale e' costituito proprio dai coreuti onocefali, ma quando e' questione di affari dismettono le amenita' e puoi farci conto). E certo che sono servizi che si pagano. Poi vi chiedete perche' dobbiamo mazzolare i clienti: e chi le paga tutte queste spese extra? Babbo Natale?

Ma insomma quella mattina ero solo, e quindi che ronfassero e ragliassero pure.

Ovviamente le cose di qualche valore gli inconsolabili parenti le avevano gia' saccheggiate tutte, e quel che avevano lasciato avevano sfasciato, ma sapevo che di solito lasciano li' tra ogni sorta di immondizia anche le carte e i ricordi piu' cari del defunto purche' privi di valore commerciale. A casa mia ho una caterva di diari, quaderni di poesie, album di ritagli, lettere d'amore e minatorie, collezioni di oscenita', che ho prelevato (per salvarle dalla distruzione, ovviamente, e consegnarle un giorno a un pubblico archivio a erudizione dell'umanita' futura, sebbene fin qui non ne abbia ancora avuto il tempo), prelevato, dicevo, da case che occorreva svuotare in fretta perche' il mercato ha i suoi tempi e non aspetta. Ma in questo caso, nisba. Neppure un indizio. Non che ci contassi. Sapevo gia' che bisognava che ci passassi la notte. E mi ero portato l'attrezzatura in macchina. Il pomeriggio avevo un altro impegno altrove, e poi non volevo che il pubblico non pagante svagasse il mio piano. Cosi' verso l'ora di pranzo me ne tornai in citta' e al paesello ci ritornai dopo cena, sul tardi. Ma la fregatura dei paeselli e' questa: che se alle undici di sera arriva una macchina, tutti escono dal bar e chi non era al bar si affaccia dalla finestra. E in quattro e quattr'otto tutto il paese si piazzo' davanti alla casa.

Io scesi con la sedia e il tavolo da campeggio e la sacca in cui avevo il thermos del caffe', i tramezzini (e non solo, se ti viene fame devi essere attrezzato sul serio), la torcia nel caso andasse via la corrente, un paio di riviste di quelle (di quelle, si') per avere qualcosa da leggere e da guardare, il giornale e un libro di Perry Mason, perche' mi piace farmi una cultura, anche giuridica.

Il benzinaio, che mi aveva in simpatia (quando tratto una casa in una zona, faccio sempre benzina nelle vicinanze, so cos'e' l'arte della diplomazia), mi si avvicina e mi dice Guardi dottore, che con tutto questo casino di gente il fantasma non si fa vedere mica. E io Grazie, ma non posso certo cacciarli. E lui Forse doveva venire verso le due o le tre. E io Ma la macchina la sentivano lo stesso. E lui Magari dormivano. E io E poi i fantasmi si fanno vivi a mezzanotte, se si puo' dire che si facciano vivi, e abbozzai uno spento sorriso. E lui Ma no, solo nei film, anzi piu' e' tardi e meglio e'. E io Ormai e' andata cosi'. E lui Gia'. E io Gia'. Ed entrai e mentre entravo scroscio' un applauso e qualcuno preso dall'entusiasmo grido' a squarciagola Evvai. Poiche' conosco l'arte delle pubbliche relazioni, mi fermai sull'uscio, mi voltai, levai le braccia in alto e unii le due mani in segno di vittoria, il che raddoppio' l'applauso. Poi entrai, accesi la luce, chiusi la porta e mi diressi in quella che doveva essere stata la sala da pranzo. E mi misi comodo.

Non so se vi e' mai capitato di passare la notte da soli in una casa disabitata che non conoscete. La prima regola e' scegliere accuratamente il posto: con la sedia accostata a un muro cosi' da avere le spalle coperte, senza intralci sui fianchi e con un tavolo davanti, e sul tavolo l'attrezzatura: la lampada da campeggio, la torcia elettrica, la prima chiave inglese, quella piu' grossa (quella piu' corta in tasca, e nell'altra tasca della giacca la scacciacani o qualcosa di meglio), le bevande e gli incarti mangerecci, e il pane degli angeli - cioe' quelle riviste che dicevo prima (si', quelle). E almeno un quotidiano sportivo per tenersi aggiornati. La seconda regola e' di non concentrarsi sull'ascolto dei rumori, la notta e' piena di rumori, e smetterla di guardarsi continuamente di qua e di la', e quando ci vengono cattivi pensieri azzannare pane e salame o un tramezzino tonno e pomodori. La terza regola e' di non cominciare subito a bere come addannati, perche' se bevi e' naturale che poi parte di quel liquido va evacuata, e se devi andare al gabinetto devi lasciare la munita fortificazione spalle al muro e tavolo innanzi, e tutta l'attrezzatura. E allora io consiglio un trucchetto con cui mi sono sempre trovato bene: ti devi portare un paio di bottiglie di plastica vuote di quelle da un litro e mezzo (e col tappo che si avvita), e se sei furbo ti porti anche un imbuto. E chi sta meglio di te?

Una volta un mio collega (ma duro' poco all'agenzia, ho saputo che poi fini' nella legione straniera o forse era un modo di dire per dire che l'avevano messo al gabbio, e certo che se lo meritava) mi disse che una notte in circostanze analoghe si era riletto tutto l'Inferno della Divina commedia, un'altra notte tutto il Purgatorio (il Paradiso no, perche' si annoiava, C'e' poco movimento, diceva). Sara'. Era uno che diceva un sacco di fesserie, si dava un sacco di arie, ciaveva una barbaccia bianca che pareva stoppa, e dicevano che da giovane era stato un capo dei comunisti in citta' ma non quelli tutti seri e beneducati del Picci', di quelli cattivi che volevano fare la rivoluzione, per farci che, poi, dico io.

Le risate e i ragli non durarono a lungo, verso l'una il silenzio della notte era interrotto solo di tanto in tanto da striduli strascicati grotteschi miagolii oppure da urla che volevano essere orrorifiche e finivano strozzate in laide deglutizioni o espettorazioni, seguiti subito dal solito coro di sghignazzi sguaiati. Verso le tre anche questa manfrina era finita. E ormai bisognava che il compare se c'era si facesse vedere presto, che' l'alba in aprile arriva a tutta birra quando meno te l'aspetti. Come, che ne so io dell'alba? E che vi credete che in citta' si dorme e basta? Poveri ingenui. E poi io abito in periferia.

Quando si fanno le notti in bianco si sa che c'e' un'ora che ti viene davvero sonno. Te ne accorgi perche' non solo devi sgranchirti, ti viene voglia di fischiare o di cantare, pensi che potresti ammazzare qualcuno se ti capitasse a tiro e poi potessi farla franca, e altri simili eleganti pensieri, e ti accorgi di essere vecchio, e per quanto ti bagni la faccia versandoti un po' d'acqua nel palmo della mano e poi portando sveltamente la mano sul viso e poi sul collo, e per quanto trangugi caramelle e caffe' bello caldo (per questo e' necessario il thermos), le palpebre ti si chiudono, e addio sogni di gloria. La cosa peggiore e' che se ti prende un colpo di sonno poi la mattina non sai piu' cosa hai visto nella veglia e cosa in sogno, e allora tutto il sacrificio e' stato inutile e ti senti un babbeo. Non so a voi, ma a me quando arriva il sonno mi fa questo effetto: mi sembra che la mia intera vita io l'abbia sprecata in cose stupide e squallide, me ne viene rabbia e nausea insieme, e mi dico che alla fine forse e' meglio farla finita che continuare cosi'. E ci resto depresso per tutta la settimana successiva, e di solito curo la depressione a forza di cognac col risultato che riprendo spirito ma non vigore, e piu' di una volta ho fatto ben magre figure: inciampando sui marciapiedi, andando a sbattere addosso ai muri e sporcandomi cosi' i vestiti (quando non si sdruciscono addirittura, e sono soldi che se ne vanno), parlando in modo incomprensibile, disgustando i miei interlocutori con la puzza dell'alito, cose cosi'. Per questo cerco di evitare di passare le notti in bianco in posti sconosciuti, se proprio proprio devo, allora che sia a casa mia davanti alla televisione che qualche cosa da vedere c'e' sempre per fortuna.

*

Intanto si saranno fatte le quattro e mentre sollevavo faticosamente la testa che evidentemente tenevo abbassata mi accorgo che dall'altra parte del tavolo c'e' un negro, seduto (ma seduto su cosa, che non c'era altra sedia che la mia?), che mi guarda fisso, lo sguardo un po' bovino, l'espressione assonnata - e penso che la mia non lo fosse di meno.

Buonasera, dico. Buonanotte, fa lui. Gia', buonanotte, dico io, ma ha notato che dire buonasera sembra gentile e dire buonanotte pare quasi un motto di scherno, un guanto di sfida? Ma come parla? risponde lui. Allora io, Non ci badi, era tanto per rompere il ghiaccio. E lui, Lei mi sembra uno strano tipo. Ed io, Ma anche lei... E lui, In effetti. E io, Appunto. E lui, E allora? E io, Ah, gia'. E lui, Gia'. E io, Gia'.

Eravamo arrivati a un punto morto, come si dice, ed arrivare a un punto morto in un dialogo con un fantasma ha qualcosa di buffo e di triste. Certo, certo che vado avanti, vedete che adesso la storia vi appassiona, eh, che vi dicevo?

Perche' e' qui? mi chiede lui.

Veramente sono qui per chiedere a lei perche' e' qui, rispondo affabile. Posso offrirle qualcosa? Aggiungo.

E lui, Vuole scherzare... E io, Non volevo offendere, mi scusi.

- No, non mi ha offeso, e' che sono uno spettro, ho smesso di mangiare e di bere.

- Capisco, e allora mi permetta di tornare al punto.

- Dica.

- Perche' e qui?

- Ma lei chi e', mi scusi; non mi pare di averla mai vista.

- Ha ragione, mi scusi lei. Il vecchio proprietario della casa e' deceduto, i figli vendono, io sono l'agente immobiliare e devo rendermi conto del valore di mercato dell'immobile, conoscerne le caratteristiche, al fine di presentarlo in modo adeguato ai clienti, lei capisce.

- Naturalmente.

- Ho saputo in paese che lei e' solito apparire in questa casa, avra' certo i suoi motivi che non discuto, ma certo questo incide sulla presentazione dell'immobile con tutte le implicazioni finanziarie e non solo che certo lei comprende.

- Comprendo.

- Ebbene, per farla breve, nessuno in paese ha saputo o voluto dirmi chi lei sia e perche' frequenti questa casa in questo paese, ne converra', fuori mano. Soprattutto tenendo conto della sua evidente origine etnica non tipica delle campagne dell'alto Lazio. Non vorrei essere frainteso, io non ho alcuna difficolta' ne' alcun pregiudizio, alcuni dei miei migliori amici sono neri, persone perbene, ammodo, squisite, e sono un grande ammiratore di Nelson Mandela, ho anche visto il film. Ma lei certo ammettera' che la sua presenza qui in un certo senso potrebbe essere definita una sorpresa.

- Una sorpresa, si'.

- Ecco, certo, lo dicevo anch'io. Cosicche' se fosse cosi' gentile da volermi dire chi e' e come si trova in questa casa e se si potesse magari addivenire a un accordo affinche' lei - se non le e' di troppo disturbo, certo - traslocasse altrove, e se avesse delle preferenze dica pure liberamente, sapesse quanti clienti la mia agenzia ha saputo far contenti...

- Lei parla tanto...

- E' uno degli strumenti del mestiere, e poi sono anche un po' assonnato e forse non sto dando il meglio di me.

- No, anzi.

- Grazie, grazie di cuore.

- E dunque vorrebbe sapere chi sono e perche' sono qui.

- Esattamente, certo, lei ha centrato il punto.

- Ma mi tolga prima una curiosita'.

- Ben volentieri.

- Ma lei crede davvero ai fantasmi?

 

5. SU COSA

 

Su cosa ricostruire il movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita'?

Sull'opposizione alla guerra e alle stragi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Contrastare i poteri assassini.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

6. NEL REFERENDUM DI OTTOBRE VOTIAMO NO AL GOLPE BIANCO

 

Nel referendum di ottobre votiamo no al golpe bianco, votiamo no allo stravolgimento della Costituzione, votiamo no alla deriva autoritaria; difendiamo la democrazia, difendiamo l'ordinamento repubblicano nato dalla resistenza antifascista.

 

7. FERMARE LA GUERRA

 

Fermare la guerra.

Salvare l'umanita'.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto.

 

8. UNA BOZZA DI LETTERA DA INVIARE AI PARLAMENTARI

 

Al/alla parlamentare ...

Oggetto: proposta di un impegno suo personale affinche' al piu' presto si addivenga alla discussione nelle competenti Commissioni parlamentari dei vari disegni di legge per la formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine

Gentile parlamentare ...,

le scriviamo per formularle la richiesta di un suo personale impegno affinche' al piu' presto si addivenga alla discussione nelle competenti Commissioni parlamentari dei vari disegni di legge per la formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine.

Come gia' sapra', dal 2014 sono state presentati sia al Senato che alla Camera vari disegni di legge che propongono la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza. Al Senato il disegno di legge n. 1515 recante "Norme di principio e di indirizzo per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia" presentato in data 10 giugno 2014 ed annunciato nella seduta pomeridiana n. 258 del 10 giugno 2014; il disegno di legge n. 1526 recante "Norme per l'inclusione della conoscenza e dell'addestramento all'uso delle risorse della nonviolenza nell'ambito dei percorsi didattici per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle forze di polizia" presentato in data 16 giugno 2014 ed annunciato nella seduta pomeridiana n. 263 del 17 giugno 2014; il disegno di legge n. 1565 recante "Norme per l'inclusione della nonviolenza nei percorsi formativi del personale delle forze di polizia" presentato in data 14 luglio 2014 ed annunciato nella seduta pomeridiana n. 279 del 15 luglio 2014; disegni di legge sottoscritti da numerosi senatori di varie forze politiche: Loredana De Petris, Luigi Manconi, Rita Ghedini, Valeria Fedeli, Paolo Corsini, Silvana Amati, Sergio Lo Giudice, Daniela Valentini, Rosa Maria Di Giorgi, Miguel Gotor, Elena Ferrara, Marco Scibona, Adele Gambaro, Marino Germano Mastrangeli, Daniele Gaetano Borioli, Maria Spilabotte, Erica D'Adda, Monica Cirinna', Manuela Serra, Francesca Puglisi, Pasquale Sollo, Francesco Giacobbe. Ed alla Camera il disegno di legge recante "Norme per l'inclusione della conoscenza e dell'addestramento all'uso delle risorse della nonviolenza nell'ambito dei percorsi didattici per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia" (atto Camera 2698) presentato il 4 novembre 2014; e il disegno di legge recante "Norme di principio e di indirizzo per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia" (atto Camera 2706) presentato il 5 novembre 2014; disegni di legge sottoscritti da deputati di varie forze politiche: Arturo Scotto, Celeste Costantino, Donatella Duranti, Giulio Marcon, Michele Piras, Stefano Quaranta, Massimiliano Bernini.

Ricordera' anche che gia' nel 2001 fu presentato al medesimo fine di istituire la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza un disegno di legge sottoscritto da decine di senatori di tutte le forze politiche (ed in particolare i senatori Occhetto, Acciarini, Baratella, Battafarano, Battaglia, Bonfietti, Boco, Calvi, Chiusoli, Cortiana, Coviello, Crema, Dalla Chiesa, D'Ambrosio, Dato, De Paoli, De Petris, De Zulueta, Donati, Falomi, Fassone, Filippini, Formisano, Liguori, Longhi, Malabarba, Marini, Martone, Murineddu, Pascarella, Petruccioli, Ripamonti, Salvi, Tessitore, Turroni, Veraldi, Vicini, Viserta, Zancan), sostenuto anche dall'attenzione e dall'apprezzamento di deputati e parlamentari europei (tra cui i deputati: Bandoli, Bimbi, Bolognesi, Cento, Cima, Deiana, De Simone, Grandi, Grillini, Luca', Lucidi, Panattoni, Pecoraro Scanio, Pinotti, Pisapia, Preda, Realacci, Rognoni, Russo Spena, Ruzzante, Siniscalchi, Tolotti, Valpiana, Violante; tra i parlamentari europei: Imbeni, Di Lello, Fava, Morgantini e Pittella); ma allora quel disegno di legge non giunse ad essere esaminato nelle competenti Commissioni parlamentari.

Le segnaliamo anche che vari altri senatori e deputati hanno espresso il loro sostegno all'iniziativa legislativa per la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; e che, sempre nel 2014, la stessa Presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini, trasmise alla competente Commissione Parlamentare, "affinche' i deputati che ne fanno parte possano prenderne visione", la documentazione a tal fine predisposta dal "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" che dal 2000 ha proposto al Parlamento di legiferare in tal senso.

Non vi e' bisogno di ripetere ancora una volta quanto sia opportuno che nel proprio percorso formativo e conseguentemente nella propria operativita' gli appartenenti alle forze dell'ordine possano disporre anche delle straordinarie risorse che la nonviolenza mette a disposizione di tutti gli attori sociali impegnati in situazione critiche per la sicurezza comune e la difesa dei diritti di tutti.

Con questa lettera vorremmo sollecitare il suo personale impegno affinche' quei disegni di legge giungano al piu' presto all'esame delle competenti Commissioni parlamentari e possano avere esito in un disegno di legge unificato ampiamente meditato e condiviso che possa divenire nel piu' breve tempo possibile legge dello stato.

Distinti saluti,

FIRMA

LUOGO, DATA

INDIRIZZO COMPLETO DEL MITTENTE

 

9. AL SINDACO DI VITERBO, ANCORA UNA RICHIESTA CHE TORNI VISIBILE LA LAPIDE CHE RICORDA MARIANO BURATTI

 

Al Sindaco del Comune di Viterbo

e per opportuna conoscenza:

alle assessore ed agli assessori del Comune di Viterbo

alle consigliere ed ai consiglieri del Comune di Viterbo

Oggetto: ancora una richiesta che torni visibile la lapide che ricorda Mariano Buratti all'ingresso del liceo intitolato al martire della Resistenza

Egregio Sindaco,

sono anni che la lapide che ricorda Mariano Buratti, posta all'ingresso del liceo al martire antifascista intitolato, continua ad essere invisibile poiche' il colonnato dietro cui si trova e' inaccessibile e coperto da teli.

Ripetutamente nel corso degli anni sia io che altri abbiamo chiesto che quell'area di pochi metri quadrati venisse ripulita, i teli tolti, e la lapide di Mariano Buratti resa finalmente di nuovo visibile.

Lo chiedo ancora una volta.

Quella lapide che ricorda il docente e l'eroe torturato ed assassinato dai nazifascisti deve essere visibile, memoria viva della citta', pietra di paragone, luogo di meditazione, fonte preziosa di ispirazione ad ogni persona di retto sentire e di volonta' buona.

Distinti saluti,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 9 agosto 2016

 

10. MALVOLIO STRACCANI: LA MORTE DEL MAGGIORDOMO. UN RACCONTO GIALLO

 

Mi hanno raccontato questa storia e adesso ve la racconto cosi', nuda e cruda, esordi' Salvatore Falabemi dopo aver sorseggiato il caffe'.

I commensali sapevano che ci teneva e finsero se non entusiasmo almeno benevola attesa. Dopotutto era lui che aveva offerto la cena, altrimenti chi di loro poteva permetterselo quel ristorante? Ma Salvatore Falabemi era il padrone, e non solo di quello, va da se'.

Capita in una villa, di quelle belle, antiche, che adesso se le comprano i cinesi per investimento, comincio'.

All'epoca ci viveva la solita famiglia aristocratica, se in Italia si puo' dire che ci siano ancora famiglie aristocratiche; che naturalmente aveva casa in citta' e quando andava in campagna - in villa, appunto - mandava avanti la servitu' che aiutasse il guardiano-giardiniere e la sua famiglia a predisporre l'accoglienza.

Ed a capo della servitu' il maggiordomo, che chiameremo il signor Gaspare. Che era uno che sapeva il suo mestiere.

Perche' "sapeva"?, interruppe Luisella che e' sempre inopportuna.

Perche' e' lui che muore, disse freddo Salvatore.

Ma allora stiamo parlando di un delitto?, esclamo' Fiammetta.

Quando qualcuno muore ammazzato..., convenne l'anfitrione.

Quindi - intervenne Ruggero - una volta tanto il maggiordomo e' la vittima invece che l'assassino.

Piano, piano, andiamo per ordine, concluse Salvatore.

E dunque: la servitu' arriva di prima mattina, i padroni e i loro ospiti arriveranno la sera per la cena. Si comincia a dare aria alle stanze, spolverare, e tutte quelle attivita' che si fanno in questi casi.

Di cui tu te ne intendi poco, disse Ruggero.

E qui ti sbagli, replico' Salvatore piccato, io so fare tutto e m'intendo di tutto. Intorno a questa allegra tavolata di bella gente, amici cari, quanti ci sono che sanno usare una macchina da cucire? Su, su, alzate le manine: nessuno? Io si'. E quanti sanno attaccare un bottone? Le signore, vedo, brave, brave, ma anch'io. E chi mi sa dire come si lucida l'argenteria? Solo io, a quanto pare. Signori miei, siete proprio una congrega di viziati, sull'isola deserta non durereste una settimana.

E tu invece?, lo stuzzico' Franco.

Io si', saprei procurarmi la carne e mandarla giu', fosse anche carne di serpente o di rospo o di assalonni.

Franco fece una smorfia, Assalonne era il suo cognome.

Andiamo avanti?, suggeri' Ruggero.

Andiamo avanti, si', disse Salvatore mentre fingeva di masticare una libbra di Franco.

*

Siamo una compagnia stranamente assortita, ne faccio parte anch'io. Ci ha messo insieme Salvatore e non so in base a quali criteri e con quali fini (quando fa qualcosa ha sempre uno scopo). Io mi ci trovo perche' una volta ho fatto una cosa per lui, e lui dice che sono un amico. Ma credo che mi inviti anche perche' non vuole perdermi d'occhio, ovvero farmi sentire che mi tiene d'occhio e che e' meglio che di quell'affare io non ne parli mai, ma neppure io ho alcuna intenzione di parlarne. Io sono Marcello Brighenti, e chi legge queste righe dubito che abbia mai sentito parlare di me, anche perche' quando mi presento a qualcuno non dico mai il mio vero nome, e naturalmente neppure Marcello Brighenti lo e'.

Perche' scrivo questa storia? Un po' di pazienza e tutto sara' chiaro.

*

Salvatore quando lo ho conosciuto io era gia' ricco, ma mi hanno raccontato che lo era diventato. E sappiamo tutti come si diventa ricchi. Ha fama di essere un affarista senza scrupoli, il che e' una tautologia, e di non dormire mai. Non so quante case abbia, ma credo che nessuno mai sia stato invitato a visitarlo in casa sua; e se organizza questi banchetti credo sia proprio per evitare incontri piu' confidenziali, che non siano per ragioni d'ufficio e quelli li fa in ufficio.

L'ufficio di Salvatore e' l'esatto contrario di quello che vi aspettereste, non so se mi intendete. Non e' un avaraccio, ma ci tiene a tenere un profilo basso quando e' sul lavoro, a presentarsi come una persona che non ostenta, uno pratico, senza orpelli.

Una volta mi disse: tutto sta nel non lasciare tracce.

Non so quanta gente ha fatto ammazzare.

*

Allora, andiamo avanti. I lavori procedono, il signor Gaspare sovrintende. Ad ognuno da' un compito, calcola i tempi, risolve intoppi, ripara personalmente alle altrui sbadataggini. Tutti gli vogliono bene, e' il loro capo e sa sempre che fare, e quindi tutti lo detestano.

E Luisella, l'oca: Ma insomma gli vogliono bene o lo detestano?

Salvatore le sorride enfatico, e prosegue: Amo, adoro i maggiordomi, arrivano dappertutto, sanno tutto, sanno fare tutto e soprattutto comandare, e sanno cos'e' la discrezione, non li vedi e sono li', ti serve una cosa e te la porgono senza bisogno di un gesto, di una parola. Gli assassini perfetti. Ma quel giorno per il signor Gaspare fini' male.

Lo trovarono seduto su una esagerata poltrona settecentesca, con un esagerato lago di sangue ai piedi, ruscellato dalla sua gola esageratamente squarciata, l'abito scandalosamente imbrattato di sangue. Ed aveva ancora i guanti bianchi. Ne' rasoio ne' altra lama nei dintorni, non era un suicidio. E d'altronde se mai si fosse voluto suicidare non lo avrebbe certo fatto in modo cosi' chiassoso e nella biblioteca della villa di sua signoria, andiamo, i maggiordomi hanno un codice, e uno stile.

Il cameriere Rosselli, che era andato a chiedergli ordini, lo aveva trovato in cosi' inappropriata condizione, e disse poi di essersi molto stupito, e che subito era andato dalla signora Bianchini, la governante, per riferire e chiedere ordini a lei che era - come dire - la seconda in comando. La gerarchia e' l'anima della servitu'. La gerarchia, la sapeva lunga il duce.

Salvatore, ma fai ancora il fascista alla tua eta', non ti vergogni?, lo interruppe Ludovico, che parla proprio lui che tutti sanno chi e'.

Ah, non e' fascismo, la gerarchia e' la gerarchia, non lo avete mai letto Dionigi l'Areopagita, bifolchi che non siete altro?

Ecco, io conosco Salvatore da un pezzo, ma certe sue uscite mi lasciano sempre di stucco. Ma sentite il seguito.

Quella testa vuota di Luisella fa: Ma Salvatore, dovresti dire lo pseudo-Dionigi, tutti sanno...

E lui, interrompendola: quello che tutti sanno non c'e' bisogno di ripeterlo, ma la gerarchia e' la gerarchia, punto.

E che altro vuoi dire? Comunque mi dissi che dovevo ricordarmi di vedere su internet chi era questo Dionigi e perche' usasse uno pseudonimo, io sono un appassionato di pseudonimi.

Ma Salvatore aveva gia' ricominciato.

Qualuno aveva ammazzato il povero signor Gaspare. A proposito: Gaspare era il cognome. E di nome volete sapere come faceva? Gasparo. Gasparo Gaspare, ditemi se non e' una cosa da strozzare i genitori, che poi puo' darsi pure che lo avesse fatto non appena le forze o l'acume glielo avevano consentito.

La signora Bianchini, che sa il fatto suo, convoco' tutta la servitu', informo' tutti ed impose a tutti il silenzio, si fece consegnare tutti i cellulari ed interdisse a tutti l'uscita dalla villa. Sara' stata l'ora di pranzo. Attese l'ora in cui di solito i signori avevano gia' effettuato la siesta e telefono' a sua signoria. Che fu molto contrariato dal contrattempo, ma apprezzo' la discrezione della quale peraltro non aveva mai dubitato, approvo' le decisioni della signora Bianchini, sposto' la scampagnata con famiglia ed amici a un noto albergo veneziano con rinomato ristorante (di cui per avventura sono io il proprietario) e diede alcune sobrie disposizioni alla governante per il prosieguo della giornata in attesa che arrivassero alcuni suoi incaricati, le disse, "per le pulizie straordinarie". Quando si viene chiamati vostra signoria ogni nodo si scioglie d'incanto.

Saranno state le sei del pomeriggio quando arrivarono gli incaricati delle pulizie straordinarie, due auto e un furgone con tre squadre con distinte mansioni. La squadra del furgone prelevo' il signor Gaspare e lo infurgono', puli' tappeti e legni pregiati, raccolse e infurgono' altresi' ogni bene del defunto (il tutto era ancora in una valigia, oltre agli oggetti di sua pertinenza abitualmente nella stanza assegnatagli nella villa, stanza da cui tutti gli effetti personali furono asportati), ed in mezz'ora si dileguarono. La squadra della prima auto, cinque signori taciturni tutti di taglie forti, con l'auricolare d'ordinanza e coi prevedibili rigonfiamenti sotto l'ascella, si disposero uno nella stanza da cui si controllano tutte le videocamere di sorveglianza, uno all'ingresso principale della villa, uno all'ingresso di servizio e gli altri due all'unico cancello di accesso al parco che circondava la villa, naturalmente dopo aver acceso l'impianto di elettrificazione del recinto (elettrificazione peraltro esplicitamente dichiarata sui cartelli che ogni due metri sia all'esterno che all'esterno avvertivano del pericolo di morte con tanto di disegno di teschio e  tibie).

Che cosa pacchiana, interruppe Ludovico che non capiva mai quando era il momento di star zitto.

La morte non e' mai pacchiana, sibilo' il narratore, e prosegui'.

L'altra squadra, di quattro signori con gli occhiali scuri, si sistemo' nel salone delle feste, si fece portare comode sedie e un lungo tavolo, bevande e stuzzichini, e si predispose a fare il suo lavoro.

La prima persona che ascoltarono fu la signora Bianchini, che confermo' l'elenco di tutta la servitu' presente o recentemente estinta che il signore che faceva le domande aveva gia' sul suo tablet.

E l'elenco era questo: oltre il signor Gaspare, defunto, la signora Bianchini, governante; il custode e giardiniere della villa con sua moglie e i suoi figli (quattro, di cui due giovani donne di diciotto e vent'anni e due marmocchi di sedici e tredici); due camerieri e quattro cameriere; due cuoche e due inservienti; un tuttofare; un autista e meccanico; altri due autisti che all'occorrenza facevano anche da operai. La famiglia del custode risiedeva li', in una linda casina di marzapane di fianco alle stalle, tutti gli altri erano arrivati quella mattina con due auto, un pulmino e un fuoristrada. Il signor Gaspare aveva guidato una delle auto, su cui aveva viaggiato la signora Bianchini. Gli autisti avevano guidato gli altri mezzi. Il tuttofare aveva viaggiato sul fuoristrada che era stato utilizzato per trasportare bagagli personali e masserizie varie, gli altri dipendenti chi sull'altra auto e chi sul pulmino.

*

- Lo ha ucciso lei il signor Gaspare?

- Santo cielo, no.

- E chi e' stato allora?

- Mio Dio, non lo so.

- Lasci stare il suo dio e il santo cielo, risponda solo alla domanda: chi e' stato?

- Misericordia, non ne ho idea.

- Non ne ha idea, ma avra' dei sospetti.

- Non intendo parlarne se non con sua signoria.

- Non le conviene fare la reticente, sa? Fino a qui si era comportata bene, continui a farlo.

- Non capisco cosa intendiate dire, signore.

- Lo capira', lo capira'. Sappia comunque che il principe ha affidato a me questa faccenda e che prima di andare a letto si aspetta che io riferisca che tutto e' stato chiarito e risolto. Avra' gia' notato che il signor Gaspare non ha lasciato alcuna traccia, e potrei sostenere senza tema di smentita che non e' mai stato qui, e che anzi aveva dato le dimissioni gia' da una settimana - vi e' un documento di suo pugno che lo attesta - e in quella circostanza aveva detto che si recava all'estero per una lunga gita. Se occorresse, ho il potere di organizzare analoga gita per altri membri dell'allegra comitiva. Mi sono spiegato?

- Si', signore.

- Non ho sentito bene.

- Sissignore, si'.

- Sua signoria non deve piu' essere disturbato finche' il mio lavoro qui non sara' finito, le e' chiaro.

- Esattamente, signore.

- Ho i pieni poteri, e a sua signoria sara' grato sapere che lei ha collaborato con me al meglio.

- Senza dubbio, signore.

- Bene. E adesso che ci siamo capiti, chi ha ucciso il signor Gaspare?

*

La racconti come se tu fossi stato li', proruppe Franco.

So come si raccontano i racconti, rispose Salvatore.

Ma c'eri o no?, insistette quello. Cambierebbe forse qualcosa?, prosegui' Salvatore. Direi di si', disse Franco. Ruggero annui', io non mossi muscolo. Luisella e Fiammetta si guardarono con l'espressione che in tutto il mondo significa: ma guarda che paio di babbei.

Lasciatemi continuare, disse allora Salvatore.

La persona che conduceva l'interrogatorio e che per semplicita' chiameremo naturalmente Mister Wolf resto' in silenzio in attesa della risposta. La signora Bianchini disse soltanto: Il cadavere e' stato trovato dal signor Rosselli, che piu' volte in passato era stato redarguito dal signor Gaspare.

- Redarguito perche'?

- Per condotte inappropriate.

- Donne?

- Per rapporti non consoni alle responsabilita' della funzione, si'.

- Cuoca o cameriera?

- Cameriera.

- Pupilla del signor Gaspare?

- Come osa?

- Ho detto soltanto pupilla, devo usare una terminologia piu' esplicita?

- Aveva una particolare benevolenza paterna nei suoi confronti, si'.

Mister Wolf si rivolse agli altri tre che sedevano con lui dal lato giusto del tavolo: Cherchez la femme, come in tutti i romanzi d'appendice.

- Signore, non si permetta.

- E invece mi permetto, gentile signora, e mi permetto anche di dirle che non credo che le storie d'alcova c'entrino alcunche' in questa faccenda. Si decida a vuotare il sacco.

- Signore, non so altro.

- Lo vedremo, e lo vedremo presto, per ora abbia la compiacenza di sedersi al mio fianco, e procediamo ad ascoltare cosa ha da dire il resto della masnada.

- Signore!

- E la faccia finita, le sto facendo un favore, non se ne accorge?

*

Ma parlavano davvero cosi', senza turpiloquio e blasfemie?, interruppe Ludovico, che aggiunse: Non mi sembra proprio credibile.

Mio buon amico, gli rispose l'anfitrione, temo proprio che tu debba frequentare ambienti alquanto discutibili se pensi che ogni colloquio debba essere speziato d'improperi.

E Ludovico: Frequento te...

Per quanto fosse facile, touche', replico' Salvatore sorridendo, e aggiunse: Ma frequenti anche altri ambienti meno raccomandabili, e se mi si passa l'espressione meno eletti (e si riferiva al fatto che Ludovico era senatore, e ovviamente lo era anche grazie ai voti che Salvatore procurava a lui come ad altri onorevoli di tutte le casacche per averli al suo servizio). Poi prosegui' con tono monocorde, quasi in falsetto (ed era il tono con cui chiudeva le conversazioni e dava gli ordini): Ma non credo tu mi abbia mai sentito usare un lessico non adeguato alla bisogna. E riprese il racconto.

Tutti furono ascoltati uno per uno, separatamente; ognuno disse dove si trovava, nessuno volle esimersi dal tessere le piu' alte lodi del defunto, le donzelle anche irrorando il loro dire di calde lacrime e lievi tocchi di fazzolettino per non rovinare il trucco. Nessuno avanzo' il minimo sospetto sui colleghi, era chiaro che si erano messi d'accordo, gli stessi giri di frase e finanche le stesse parole ("una si' squisita persona", "era come un padre per noi tutti") si ripetevano con sistematica regolarita'. Mister Wolf non volle strapazzare nessuno.

Poi convocarono tutto il gregge insieme e Mister Wolf tenne questo discorsetto: signore e signori, garantendovi a nome di sua signoria la massima - e dico massima - discrezione, io e la signora Bianchini esamineremo ora il contenuto dei vostri telefoni cellulari per verificare se possa esservi qualcosa di utile ai fini dell'indagine privata e riservatissima che stiamo conducendo per conto del principe vostro datore di lavoro. Abbiate fiducia che nessun vostro segreto verra' carpito e nessun danno ne avrete. Del resto quando siete stati assunti avete tutti firmato quella lettera che certamente ricorderete. E oggi capite perche'. Debbo chiedervi di non uscire dalla villa e di non cercare di comunicare con nessuno all'esterno; i cellulari vi saranno riconsegnati domattina e a chi vi avesse cercato nel frattempo direte che per questioni atmosferiche quest'oggi e questa notte qui non c'era campo. Un'ultima cosa: il signor Gaspare non e' mai venuto qui, ha dato le dimissioni una settimana fa, ha salutato tutti ed e' andato a godersi la meritata pensione all'estero, e da allora naturalmente nessuno di voi lo ha piu' ne' visto ne' sentito. Sono anche autorizzato da sua signoria a dirvi che ha deciso di fare un bel regalo a tutti voi, e nessuno ignora che di questi tempi avere un gruzzolo in banca e' una delle poche sicurezze della vita. E' tutto chiaro?

Tuti assentirono. Ma Mister Wolf si fece poi ripetere da ognuno di loro personalmente la filastrocca, e finche' non la ripeterono tutti in modo perfetto ("il signor Gaspare ha dato le dimissioni una settimana fa, ha salutato tutti ed e' andato a godersi la meritata pensione all'estero") non li mise in liberta'. Poi li mando' a cena e a nanna. E comincio' l'esame dei telefonini.

*

Salvatore Falabemi adesso sorrideva placido, e taceva.

E allora?, chiese Ruggero.

Che e' successo dopo?, fece eco Franco.

Esaminarono i cellulari, poi sia la squadra diciamo cosi' inquirente (cui era stata aggregata la signora Bianchini), sia quella di sorveglianza, fecero una cena frugale con panini e bibite (la signora biscotti e te'). Poi Mister Wolf telefono' a sua signoria e gli disse che tutto era risolto. Lascio' alla signora Bianchini una busta per ogni dipendente, una gran bella busta, e le diede alcune semplici istruzioni: che il giorno dopo tutta la servitu' si godesse un di' di festa in villa, telefonassero a chi volessero, apprezzassero la munificenza di sua signoria e non sperperassero il principesco cadeau, e per qualche giorno ripetessero a se stessi ogni mattina in gusa di preghiera quella formula magica che preservava le loro vite.

Verso mezzanotte torno' il furgone. Mister Wolf fece chiamare il signor Rosselli e la signorina Turchesi, e li invito' a salirvi sopra. La squadra di sorveglianza prelevo' le videocassette, e le due auto e il furgone sparirono nella notte. La signora Bianchini fece un ultimo giro di controllo, finche' non veniva assunto un nuovo maggiordomo era lei l'ufficiale in comando.

*

Insomma erano stati il cameriere e la cameriera, proruppe Luisella.

Veramente no, rispose ineffabile Salvatore.

Ma allora?, sbotto' Franco. E subito Ruggero: ma insomma, facci capire qualcosa. E anche Ludovico penso' che doveva dire qualcosa per partecipare al momento ma non gli venne in mente niente di brillante e preferi' restarsene zitto e annuire. Anch'io restai zitto, e del resto non avevo detto una parola per tutta la serata, e' mia regola di non parlare mai in presenza di piu' di una persona.

Allora Salvatore: Ma il resto della storia - il prima e il dopo, e la polpa e il succo, se non il nocciolo - Marcello (ma lui non disse Marcello, disse il nome con cui gli altri della tavolata mi conoscevano) la sa meglio di me, e siccome e' un mio amico, e gli devo un favore, adesso siamo pari, e se fossi in lui non perderei altro tempo, e non userei la stessa macchina con cui e' arrivato qui. E mi allungo' le chiavi della sua.

Sapevo bene che non avevo tempo da perdere, e che non dovevo neppure usare la sua macchina, cosicche' le chiavi le lasciai alla guardarobiera con un biglietto per Salvatore su cui avevo scritto solo una parola: Grazie.

Sono passato da un centro commerciale li' vicino, ho comprato forbici, rasoio e tinta, un completo classico, due soprabiti uno chiaro e uno scuro, un cappello e un berretto, due belle cravatte, un borsone e una valigia di lusso, uno specchio, un set da cucina con un coltello che se lo sai manovrare ci puoi scuoiare un bisonte, una bottiglia di alcol medicinale. Ho pagato ed ho messo tutto nel borsone. E via. Un taxi fino a una desolata stazione ferroviaria di periferia. Nel cesso puzzolente ho rasato la barba e tinto baffi e capelli, ho indossato il primo completo e il soprabito chiaro e il cappello, ho messo tutto il resto nel borsone e il borsone nella valigia. Ho preso un altro taxi e sono andato a un'altra stazione ferroviaria altrettanto squallida e deserta all'altro capo della citta'. Al cesso mi sono rasato del tutto e baffi e capelli, ho cambiato cravatta, ho messo il soprabito scuro e il berretto, la valigia e tutto il resto dentro il borsone, sono andato al cassonetto piu' vicino e ci ho svuotato le cose di piccola dimensione che erano dentro la valigia - il set da cucina (ho tenuto solo il coltello de luxe infilandolo nella cinta dei pantaloni) e gli attrezzi di barberia; camminando al buio poco piu' in la' in un altro cassonetto ci ho ficcato il soprabito chiaro, dopo altri due minuti di cammino in un angolo ho buttato il borsone vuoto, e dopo un altro paio di isolati in un altro cassonetto i vestiti che avevo indossato per cena, ancora qualche minuto di cammino e ho piazzato la valigia vuota e ben aperta su un mucchio di cartoni di qualche negozio vicino, qualcuno se la godra'. Giunto al cassonetto successivo mi sono tolto il soprabito scuro e l'ho lasciato li'. Poco dopo ho tirato il berretto dentro un giardino. Dopo un po' ho piantato il coltello in un'aiuola, dopo averne ripulito il manico dalle impronte con un fazzoletto. Sic transit gloria mundi. Alla prima piazza illuminata ho chiamato un tassi' e mi sono fatto portare a un'altra stazione ancora. E da qui un'altro tassi' e un'altra stazione. Sono salito su questo treno.

*

E qui mi hanno trovato gli amici del principe, e di Salvatore. Mi hanno chiesto se avevo un ultimo desiderio. Si', di raccontare questa storia, ho sempre voluto fare lo scrittore.

 

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Chiedo la parola. Testimonianza di Domitila, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 208.

*

Riedizioni

- Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco, Feltrinelli, Milano 2013, Rcs, Milano 2016, pp. 158, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

13. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2525 del 7 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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