[Nonviolenza] Telegrammi. 2362
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- Date: Fri, 27 May 2016 22:01:43 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2362 del 28 maggio 2016
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Nessuno morirebbe nel Mediterraneo
2. Raniero La Valle: La Costituzione, i partigiani, i cattolici e il Santo Graal
3. Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre
4. Hic et nunc, quid agendum
5. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
6. Nel referendum di ottobre votiamo no al golpe bianco
7. Il "Comitato nonviolento per la revoca della decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. NESSUNO MORIREBBE NEL MEDITERRANEO
Le stragi nel Mediterraneo avvengono per decisione dei governi europei.
Se un qualunque governo europeo finalmente consentisse ad ogni essere umano di poter giungere qui in modo legale e sicuro, la strage cesserebbe.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
*
Se non fornissimo le armi ai dittatori, ai terroristi, alle organizzazioni mafiose.
Se non rapinassimo i popoli del sud del mondo, se non devastassimo e desertificassimo i loro paesi.
Se non riducessimo miliardi di esseri umani alla fame e alla disperazione, alla schiavitu' e all'inedia, al terrore e all'orrore.
Se riconoscessimo che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Se riconoscessimo che salvare le vite e' il primo dovere.
Se consentissimo ad ogni essere umano di muoversi liberamente su questo unico pianeta casa comune dell'umanita'.
Se permettessimo ad ogni essere umano di viaggiare in modo legale e sicuro e di scegliere dove vivere in sicurezza e serenita'.
Se ammettessimo che e' giusto che tutti gli esseri umani godano degli stessi diritti di noi europei.
Se prendessimo sul serio la Dichiarazione universale dei diritti umani; la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea; la Costituzione della Repubblica Italiana.
Se rompessimo ogni complicita' con i dittatori, i terroristi, le organizzazioni mafiose, i poteri schiavisti ed ecocidi.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
*
Se a tutte le persone in fuga dalla morte e dall'orrore consentissimo di porsi in salvo viaggiando in modo legale e sicuro.
Se soccorressimo, accogliessimo, assistessimo le persone che chiedono il nostro aiuto, che hanno diritto al nostro aiuto, che e' nostro dovere aiutare.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
*
Se il nostro governo non li facesse morire negando loro il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro, costringendo cosi' innumerevoli innocenti in fuga dalla fame e dalle guerre, dall'orrore e dalla morte, a gettarsi tra gli artigli delle mafie dei trafficanti per tentar di salvare le proprie vite.
Se i paesi europei non li facessero morire perseverando in una politica colonialista e razzista, militarista e maschilista, schiavista ed ecocida, di rapinatori e vampiri.
Se le istituzioni europee decidessero finalmente di prendere sul serio e rispettare i propri codici penali che condannano l'omicidio e l'omissione di soccorso.
Se il popolo italiano, i popoli europei, si battessero per ottenere subito il riconoscimento del diritto di ogni essere umano a giungere qui in modo legale e sicuro.
Se i nostri governi cessassero di fare ed alimentare le guerre, cessassero di essere complici e sicari dei poteri che rapinano interi continenti, cessassero di favoreggiare le mafie schiaviste.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
*
Sia riconosciuto subito il diritto di tutti gli esseri umani a giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
E per tutte le persone in pericolo di vita si appronti subito un servizio di trasporto pubblico e gratuito.
Ed in tutti i luoghi ove occorre, siano recati subito aiuti umanitari.
Si adotti finalmente la politica dell'umanita'.
Si adotti finalmente la politica della nonviolenza.
Si adotti finalmente la politica esatta dai grandi documenti giuridici dell'umanita'.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
*
Le stragi nel Mediterraneo avvengono per decisione dei governi europei.
Se un qualunque governo europeo finalmente consentisse ad ogni essere umano di poter giungere qui in modo legale e sicuro, la strage cesserebbe.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
2. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: LA COSTITUZIONE, I PARTIGIANI, I CATTOLICI E IL SANTO GRAAL
[Ringraziamo Raniero La Valle per averci messo a disposizione il testo del discorso tenuto a Lucca il 26 maggio 2016.
Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010; Quel nostro Novecento, Ponte alle Grazie, Milano 2011; Un Concilio per credere, Emi, Bologna 2013; Chi sono io, Francesco?, Ponte alle Grazie, Milano 2015]
Vorrei partire, come spesso amo fare, dai fatti accaduti negli ultimi giorni.
Il primo, del 20 maggio scorso, e' la presentazione del rapporto annuale dell'Istat, che ha compiuto ora novant'anni di vita. Questo rapporto ci racconta i dolori della situazione presente, con tutta la disperazione dei giovani, che sono arrivati a una disoccupazione del 25,7 per cento; pero' quest'anno ci racconta anche la storia di novant'anni da quando l'Istat ha cominciato a fare le statistiche, cioe' a partire dai nati nel 1926. La storia comincia cioe' dalla generazione dei partigiani, quelli che avevano venti, trent'anni nel 1945, i quali non solo hanno fatto la Resistenza e la Costituente, ma poi hanno rifatto l'Italia. Per dire di che si tratta, possiamo ricordare i partigiani di Reggio Emilia, che si vendettero un carro armato rimasto sulla piazza, per fare gli asili nido. Badate bene: non lo rottamarono, ci fecero un asilo nido, cosi' i partigiani e le partigiane diedero inizio a quella straordinaria esperienza pedagogica e sociale che poi doveva essere la scuola dell'infanzia di Reggio Emilia, oggi nota in tutto il mondo. Ebbene, quando la generazione dei partigiani ha governato l'Italia, il prodotto interno lordo e' cresciuto del 7 per cento all'anno, dall'agricoltura si e' passati all'industria e poi al terziario, nel 1963 si raggiunse la piena occupazione, si facevano un milione di figli all'anno, si scateno' la stagione dei diritti, e l'Italia, dal Nord al Sud, veniva invasa da frigoriferi, televisori e utilitarie, fino ai computer di oggi; e tutto cio' con quella Costituzione li'; e per questo i partigiani oggi, proprio come partigiani, difendono la Costituzione, e non come una cosa di parte; e quelli che oggi ci governano con i telefonini, dovrebbero sapere che a metterglieli in mano e' stata la generazione dei partigiani.
Un altro avvenimento che vorrei ricordare qui a Lucca, considerata "citta' bianca", e' il lamento che il papa ha rivolto il 6 maggio scorso ai leader europei, ricevendo il premio Carlo Magno: "Che cosa ti e' successo Europa - ha detto - un tempo paladina dei diritti dell'uomo, della democrazia e della liberta'"? Perche' oggi, invece, e' stanca e invecchiata, pronta ad alzare muri invece di costruire ponti.
Con questa denuncia il papa dimostrava un acuto senso della crisi. La stessa coscienza della crisi mostrava nei confronti dell'Italia qualche giorno dopo, il 16 maggio, parlando ai vescovi della Cei. "Anche in Italia - ha detto - tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d'epoca"; per i preti il contesto culturale e' molto diverso da quello in cui hanno cominciato il loro ministero, ed oggi - ha detto il papa - dobbiamo avvertire la durezza del nostro tempo: "quante persone incontriamo che sono nell'affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c'e' piu' posto per il fratello".
*
La prova del referendum in un Paese smarrito
Dunque c'e' uno smarrimento, i rapporti sono feriti. Tutti noi sentiamo questa inquietudine, questo sgomento che turba la societa' civile; la gente soffre, ha perso i punti di riferimento, si sente precaria, in balia di poteri e di forze che non puo' controllare. L'antipolitica non e' superficiale, e' un pensiero profondo, perche' viene da li', viene da questo sentimento di estraneita'. Perfino la terra non e' piu' affidabile: ci dicono che se sale di due gradi la temperatura, non avremo piu' nemmeno la terra sotto i piedi: ma la temperatura e' gia' salita di oltre due gradi! Non si possono fare progetti. Diceva Dietrich Bonhoeffer nelle sue lettere dal carcere: "Noi siamo cresciuti nell'esperienza dei nostri genitori e dei nostri nonni che l'uomo possa e debba progettare, costruire e plasmare la propria vita in prima persona, che la vita abbia uno scopo per il quale l'uomo deve decidersi e che poi possa perseguire con tutte le forze. Ma ora abbiamo imparato che non possiamo concepire progetti nemmeno per l'indomani" (Resistenza e resa, Edizioni paoline, p. 367).
Ebbene ora su questo smarrimento piomba la lacerazione del referendum per cambiare la Costituzione. A freddo, per un calcolo della casta politica, il Paese viene frantumato tra il si' e il no alla Costituzione; si aggiunge spaesamento a spaesamento, e si getta allo sbaraglio una cosa che ritenevamo sicura. E lo si motiva con argomenti volgari. Sicche' potremmo chiedere: Che cosa ti e' successo Italia, se ti fai dire che cambiano la Costituzione per diminuire le poltrone e per risparmiare al governo una fiducia? Questo infatti ha detto Renzi aprendo sabato scorso la campagna per il Si'.
Ma quanto costa rompere la fiducia? Gia' ne era rimasta poca, ma la Costituzione era tra le poche cose che ancora ci univa. Siamo infatti divisi su tutto, il sistema politico e le leggi elettorali ci hanno polarizzato in fazioni contrapposte, in due o tre aggregazioni nemiche che si odiano e si insultano senza mai veramente parlarsi, siamo divisi sull'euro, sull'Europa, sull'accoglienza ai profughi e sulla guerra alla Libia, ma almeno c'era la Costituzione che ci univa con la sua garanzia dei diritti, della pace, del protagonismo della grande platea dei cittadini.
Come ha scritto l'altro giorno sulla "Repubblica" Alfredo Reichlin, che e' uno dei padri nobili del Partito Democratico, quando si tratto' di ricostruire una nazione dopo la tragedia del fascismo e della guerra, cio' avvenne sull'idea della Costituzione come il necessario "stare insieme" degli italiani, di tutti gli italiani. "E cio' per l'assillo di far fronte alle sfide di quel tempo: le rovine di una guerra perduta, il rischio di una guerra civile, di una lacerazione tra Nord e Sud, ecc. Cosi' anche adesso, diceva, c'e' il bisogno e la necessita' di ritrovarsi in una "casa comune".
Invece la stiamo facendo a pezzi.
Rottamazione significa questo: fare a pezzi cio' che, vivendo, era unito.
*
Ci sarebbe una bella riforma da fare
Si dice pero' che la Costituzione era invecchiata. Era da venti anni, o addirittura da settanta, per chi non sa fare i conti, che volevano cambiarla. Era lenta, dicono, funzionava ancora e gettoni in un mondo digitale. Va bene, allora cambiamola. Ma si tratta di una Costituzione, cambiamola dunque per farci grandi cose, per esempio mettiamoci che la pace non e' solo un diritto, ma anche un dovere, come sta scritto nella Costituzione della Colombia. Mettiamoci che nei bilanci pubblici le spese sociali, le spese per la scuola, le spese per la sanita', non devono mai scendere sotto una certa soglia, devono crescere man mano che si riducono le spese militari, quelle della burocrazia e altre spese improduttive. Mettiamoci il reddito di cittadinanza. Mettiamoci che le banche servono agli Stati e non gli Stati alle banche. Mettiamoci che l'euro non vuol dire che non siamo piu' sovrani sulle decisioni dell'economia e della finanza. Mettiamoci che a Bruxelles decidono i popoli e non le Troike. Mettiamoci un'Europa unita nella giustizia e nel diritto, non nella lacrime e sangue dei disoccupati e dei poveri. Mettiamoci che tutti hanno diritto di asilo, i bambini nelle scuole e i profughi in Europa. Mettiamoci, come voleva fare Dossetti alla Costituente, che lo Stato riconosce come originario l'ordinamento giuridico internazionale, in modo che non soccomba alla sovranita' degli Stati. Mettiamoci, come chiedeva lo stesso Dossetti, il diritto alla resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri che violino le liberta' fondamentali e i diritti costituzionali oppure mettiamoci, come e' gia' scritto nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, "la ribellione contro la tirannia e l'oppressione".
E invece si butta a mare meta' della Costituzione per una riforma miserevole. Renzi ha messo in rete un sito il cui indirizzo web dice: "basta un Si'". Ma questo Si' è per fare una caricatura del Senato e una parodia di senatori, per togliere al governo l'incomodo di chiedere la fiducia a due Camere, per rendere piu' difficile presentare leggi di iniziativa popolare, per indebolire presidente della Repubblica e organi di garanzia, per mettere nelle mani dei prefetti il potere di supremazia dello Stato sulle Regioni, per far decidere a uno solo la dichiarazione dello stato di guerra, e, grazie alla legge elettorale pigliatutto detta Italicum, per dare il potere a un solo partito, e cosi' preparare un trono alla destra.
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I cattolici del No
E' per scongiurare questo pericolo che noi abbiamo costituito un movimento dei cattolici del No. E subito c'e' stata una polemica perche' altri cattolici e la stampa laica hanno detto: che cosa c'entra la fede con la Costituzione? Sostengono che la scelta tra l'uno e l'altro modello costituzionale non si fa come cattolici ma solo come cittadini, altrimenti ci sarebbe una caduta clericale, una regressione all'integrismo. Ma e' stato facile rispondere che la laicita' non vuol dire sterilizzare o nascondere la fede, che le societa' hanno anche una causazione ideale, e che l'ordine stabilito e fissato nel diritto ha bisogno di un punto di vista esterno che lo critichi per essere continuamente superato. Fare appello a dei mondi ideali, e anche alla fede, non e' integrismo, ed anzi crea un potenziale di laicita' perche' non accetta che le cose siano semplicemente come sono. C'e' un'anima nel diritto. La nostra Costituzione e' una cosa laica e profana, ma cio' non toglie che sia impregnata di valori cristiani. Il fatto che essa dichiari la Repubblica fondata sul lavoro, realizza il rovesciamento cristiano dei servi in signori. Il fatto di mettere al centro di tutto la persona umana, vuol dire che nulla puo' essere anteposto all'uomo, immagine di Dio; dire che la Repubblica rimuove gli ostacoli, anche economici e sociali, che impediscono alla vita di realizzarsi come umana, vuol dire vincolare il potere non solo alla giustizia, ma alla misericordia, e l'aver affermato, all'art. 8, la liberta' non solo della Chiesa ma di tutte le confessioni religiose, vuol dire avere anticipato il pluralismo religioso proclamato dal Concilio.
Questo fa si' che i cattolici sentano la Costituzione come un patrimonio loro, che ricordino con gratitudine i migliori di loro - De Gasperi, Moro, Dossetti, La Pira, Lazzati, Angela Gotelli - che l'hanno scritta insieme a Togliatti, Nenni, Basso, Calamandrei, Teresa Mattei. Questo fa si' che non l'abbiano mai considerata in contrasto con il Vangelo. Un'antitesi come quella enfatizzata da Renzi - ho giurato sulla Costituzione non sul Vangelo - e' una sorpresa per il cattolicesimo italiano.
Tutto cio' spiega perche' in questa campagna referendaria i cattolici del No siano scesi in campo per difenderla, per impedire, come hanno scritto nel loro appello, che se ne faccia strumento di una democrazia dimezzata.
Questo pero' non ha nulla a che fare con una mitizzazione o sacralizzazione del testo costituzionale. La sorpresa invece e' che la sacralizzazione e' venuta dall'altra parte. Cambiare la Costituzione e' presentato come un dovere sacro, sacra e' la sua immolazione. Sul Si' alla riforma Renzi ha deciso di giocare il tutto per tutto: pancia a terra per sei mesi, ha detto ai suoi del partito, diecimila banchetti per raccogliere le firme in tutta Italia, un esercito di attivisti che vada di porta in porta; e se il Si' non vince, ripete, me ne vado, rinuncio alla carriera politica; perche' non posso andare in tv e dire: non abbiamo vinto, ma i Si' sono arrivati al 45%. Senza il plebiscito, non rimane.
Ebbene, su questa scommessa, su questo gioco d'azzardo che si e' voluto imporre al Paese, occorre porsi alcuni quesiti e poi prendere delle decisioni politiche. Non parlo qui delle decisioni politiche che devono prendere i partiti, parlo delle decisioni politiche che dobbiamo prendere noi, cioe' che deve prendere il popolo: e' lui infatti in questo momento l'unico sovrano, perche' non c'e' piu' la sovranita' di un Parlamento delegittimato come non rappresentativo da una sentenza della Corte, ed e' in qualche modo sospesa la sovranita' della Costituzione che e' entrata in modalita' provvisoria.
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La minoranza cancellata
La prima questione da porsi e' se il plebiscito voluto da Renzi e' solo un modo ridondante di partecipazione alla campagna referendaria, o se rivela gia' la sostanza di cio' che sara' la nuova Costituzione.
Io credo che se la Costituzione dice: referendum, e il governo risponde: plebiscito, il sovvertimento costituzionale e' gia' avvenuto, non c'e' bisogno di aspettare per vedere come funzionera' il nuovo sistema. Quello che entra in funzione e' infatti un sistema in cui le minoranze non sono previste. Non si tratta del fatto che siano battute politicamente, ma del fatto che dal potere siano messe fuori del sistema, come non esistenti e non pervenute.
Che cosa dice infatti l'art. 138 della Costituzione? L'articolo 138 dice che se la maggioranza assoluta dei due rami del Parlamento cambia la Costituzione senza raggiungere pero' i due terzi dei voti, la minoranza, ovvero una minoranza di parlamentari, di Regioni o di cittadini, hanno ancora una possibilita' per opporsi attivando un referendum per l'accettazione o il rifiuto della riforma. E' chiaro dunque che il referendum costituzionale e' un'arma che dalla Costituzione e' messa in mano alle minoranze, in modo che sulle nuove regole possano davvero giocare tutte le loro carte le diverse parti del Paese. Ma se la maggioranza, per di piu' eletta con la legge che sappiamo, dopo aver dominato il Parlamento, gioca anche la seconda parte in commedia, mettendosi al posto della minoranza e trasformando il referendum predisposto ad uso della minoranza in plebiscito ad uso del governo, cio' significa che nella concezione della democrazia della nuova Costituzione, la minoranza non c'e'.
Del resto non solo in questo nella campagna elettorale di Renzi gia' si rivela la nuova Costituzione: diecimila comitati, mille professori, la tv tutta per lui ed i suoi, gli altri ridotti al silenzio, chi non e' con lui non e' un vero partigiano, non e' un vero professore, non e' un vero cittadino; la democrazia di questa Costituzione e' la democrazia in cui chi e' piu' gonfio pretende ed esercita tutto il potere; non finisce solo una Camera, ne finiscono due.
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Il potere come idolo
La seconda questione ci porta a chiederci perche' di questa modifica costituzionale si e' voluto fare una specie di santo Graal, cioe' un assoluto. E come se da questi nuovi cinquanta articoli della Costituzione dipendesse il destino della terra, il destino degli italiani e naturalmente il destino del presidente del Consiglio. C'e' la mitizzazione di questo evento. Non era mai successo, neanche quando la Costituzione fu scritta, che le alternative del dettato costituzionale venissero sacralizzate, presentate come irrinunciabili dall'una o dall'altra parte, benche' i costituenti non fossero certo agnostici ma cattolici o comunisti o socialisti o liberali.
Ma ora l'idolo e' saltato fuori, e non nel campo di quanti difendono la Costituzione del '48 ma nel campo di quelli che la vogliono rottamare. L'altare all'idolo e' la rottamazione stessa. Non ci sarebbe cosa piu' importante di questa: ce lo chiede la gente - dicono - ce lo chiedono i mercati, ce lo chiede l'Europa, basta un Si' e poi l'Italia riparte; e a questo supremo ideale tutto deve essere sacrificato, non solo i duecento senatori, non solo il Senato, non solo il pluralismo della rappresentanza immolato sull'altare dell'Italicum, ma la stessa carriera politica del riformatore, il suo destino politico e quello della sua squadra. Se non si vince, a ottobre si va via. Il sacrificio sara' compiuto. E poi, sottinteso, verra' la notte.
Perche' questa drammatizzazione? Perche' questo assoluto messo in alto come posta in gioco della partita? Perche' questa sacralizzazione dello scontro? Perche' questo sacrificio?
Se la riforma fosse la piccola riforma che si vuol far credere, se fosse solo qualche milione risparmiato per Palazzo Madama, la casta un po' piu' leggera, una fiducia in meno e un po' di fretta in piu', questa messa in scena non sarebbe credibile.
Ci deve essere di mezzo qualche altra cosa, ci deve essere quello che il No teme: l'arresto del ciclo della democrazia costituzionale inaugurato nel '900, il ritorno a statuti di tipo autoritario, poteri economici non vincolati da Stati di diritto, mercati non piu' turbati dalla contestazione delle utopie politiche, la chiusura del cerchio della globalizzazione monetarista. Insomma il potere nella sua versione postmoderna, postilluminista e postrivoluzionaria.
Se la posta in gioco e' questa, la drammatizzazione sacrificale e' del tutto comprensibile.
Cio' che e' meno spiegabile e' perche' gran parte del mondo politico e culturale italiano se ne sia fatta contagiare, cedendo ad una sorta di fatalismo costituzionale che non ha alcuna giustificazione.
E come se ci fosse una tacita accettazione del fatto che Renzi appartenga al nostro futuro, come se egli fosse stato tessuto dalle Parche nel nostro destino, sicche' scatta un principio di fatalita', per il quale si dice che la nuova Costituzione e' sbagliata, o addirittura orribile, e tuttavia bisogna votarla, perche' e' meglio di niente e perche' oggi non ci sarebbero alternative. Naturalmente non e' vero, ma questa e' la posizione espressa in tutti i format televisivi da molti intellettuali e politici, a cominciare da Cacciari; anche la "Civilta' cattolica" sembra piu' intimidita che persuasa.
*
Le alternative ci sono
Se cosi' stanno le cose quali sono le decisioni politiche da prendere?
La prima e' di votare No nel referendum costituzionale senza tenere affatto conto di qualsiasi cosa Renzi dica del proprio futuro. E cio' per tre ragioni.
La prima e' che per quanto possa essere importante la sorte politica del presidente del Consiglio e del governo, la Costituzione e' piu' importante. Essa non e' una variabile dipendente dalle incognite di vita del governo pro tempore, e merita di essere oggetto di una scelta in se' espressa con un Si' o con un No senza riserve mentali.
La seconda e' che quanto e' annunciato da Renzi sulla sua decisione di lasciare la vita politica se perde nel gioco d'azzardo referendario, non e' attendibile, perche' Renzi non ci ha abituato a credere alla verita' dei suoi annunci.
E la terza ragione e' che le cose andranno in tutt'altro modo: Renzi non se ne andra' affatto di sua volonta', altrimenti non avrebbe sacrificato la sua vita al potere. Se sconfitto al referendum, Renzi presentera' le dimissioni al capo dello Stato ma senza aver avuto una sfiducia del Parlamento, e aspettandosi percio' che il presidente della Repubblica lo mandi alle Camere per la verifica; cio' rimetterebbe Renzi in gioco e consegnerebbe la decisione al Partito Democratico e ai suoi alleati e clienti, se gli altri non si muovono.
L'altra decisione politica da prendere e' su cio' che dobbiamo fare dopo il referendum. Cio' che il popolo sovrano deve stabilire e' che non e' vero affatto che non ci siano alternative, ma che siamo noi stessi che le dobbiamo determinare.
Certo in un sistema giunto gia' a questo grado di desertificazione della democrazia, e' difficile vedere alternative gia' pronte. Ma la decisione da prendere e' appunto di ripopolare il deserto, di ripiantare gli alberi divelti, di irrigare le terre inaridite, il che vuol dire il ritorno dei cittadini alla politica, la reinvenzione dei partiti o di altri strumenti di partecipazione e di intervento, l'attivazione di nuovi coinvolgimenti di classi e culture diverse, la creazione di laboratori, scuole e centri di formazione politica; vuol dire riconoscere che un ciclo si e' chiuso ma solo perche' se ne deve avviare uno nuovo; ma per questo occorre rimettersi in movimento, pensare cose non ancora pensate ma anche osare cose gia' pensate e non attuate. Non e' vero infatti che in questi anni si sia fermata la riflessione, siano mancate l'analisi e le proposte di nuove prospettive politiche e costituzionali; basta pensare agli sviluppi della teoria del diritto e della democrazia di Luigi Ferrajoli, che gia' hanno avuto importanti influenze in America Latina. Si tratta di rifondare la democrazia, dare nuove regole al potere, dare nuovi diritti e compiti ai cittadini, sapendo, come diceva Dossetti alla fine della sua vita, che "la crisi globale nella quale siamo immersi non puo guarirsi in pochi anni o con qualche trovata di qualche sistema elettorale, puo' guarirsi con un grande sforzo collettivo di rieducazione e di riattivazione di tutto il tessuto sociale, prima che dell'espressione politica".
Questo e' il significato, ma anche il programma d'azione, del nostro No nel referendum.
3. REPETITA IUVANT. CONTRO TUTTI I TERRORISMI, CONTRO TUTTE LE GUERRE
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni uccisione e' un crimine.
Non si puo' contrastare una strage commettendo un'altra strage.
Non si puo' contrastare il terrorismo con atti di terrorismo.
A tutti i terrorismi occorre opporsi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
La guerra e' il terrorismo portato all'estremo.
Ogni guerra consiste di innumerevoli uccisioni.
La guerra e' un crimine contro l'umanita'.
Con la guerra gli stati divengono organizzazioni terroriste.
Con la guerra gli stati fanno nascere e crescere le organizzazioni terroriste.
A tutte le guerre occorre opporsi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Un'organizzazione criminale va contrastata con un'azione di polizia da parte di ordinamenti giuridici legittimi.
La guerra impedisce l'azione di polizia necessaria.
Occorre dunque avviare un immediato processo di pace nel Vicino e nel Medio Oriente che consenta la realizzazione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali, democratici, rispettosi dei diritti umani.
Occorre dunque che l'Europa dismetta ogni politica di guerra, di imperialismo, di colonialismo, di rapina, di razzismo, di negazione della dignita' umana di innumerevoli persone e di interi popoli.
Occorre dunque una politica europea di soccorso umanitario, di pace con mezzi di pace: la politica della nonviolenza che sola riconosce e promuove e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
La violenza assassina si contrasta salvando le vite.
La pace si costruisce abolendo la guerra.
La politica della nonviolenza richiede il disarmo e la smilitarizzazione.
La politica nonviolenta richiede la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Si coalizzino tutti gli stati democratici contro il terrorismo proprio ed altrui, contro il terrorismo delle organizzazioni criminali e degli stati.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per l'indispensabile aiuto umanitario a tutte le persone ed i popoli che ne hanno urgente bisogno.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per contrastare le organizzazioni criminali con azioni di polizia adeguate, mirate a salvare le vite e alla sicurezza comune.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per la civile convivenza di tutti i popoli e di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Cominci l'Italia.
Cominci l'Italia soccorrendo, accogliendo e assistendo tutte le persone in fuga dalla fame e dall'orrore, dalle dittature e dalla guerra.
Cominci l'Italia cessando di partecipare alle guerre.
Cominci l'Italia uscendo da alleanze militari terroriste e stragiste come la Nato.
Cominci l'Italia cessando di produrre armi e di rifornirne regimi e poteri dittatoriali e belligeranti.
Cominci l'Italia abrogando tutte le infami misure razziste ancora vigenti nel nostro paese.
Cominci l'Italia con un'azione diplomatica, politica ed economica, e con aiuti umanitari adeguati a promuovere la costruzione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali e democratici dalla Libia alla Siria.
Cominci l'Italia destinando a interventi di pace con mezzi di pace, ad azioni umanitarie nonviolente, i 72 milioni di euro del bilancio dello stato che attualmente ogni giorno sciaguratamente, scelleratamente destina all'apparato militare, alle armi, alla guerra.
Cominci l'Italia a promuovere una politica della sicurezza comune e del bene comune centrata sulla difesa popolare nonviolenta, sui corpi civili di pace, sulla legalita' che salva le vite.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Ogni vittima ha il voto di Abele.
Alla barbarie occorre opporre la civilta'.
Alla violenza occorre opporre il diritto.
Alla distruzione occorre opporre la convivenza.
Al male occorre opporre il bene.
Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre.
Salvare le vite e' il primo dovere.
4. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.
Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.
Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.
Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.
Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.
Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.
Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.
Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.
In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.
In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.
In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.
L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.
L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
5. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]
Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
6. REPETITA IUVANT. NEL REFERENDUM DI OTTOBRE VOTIAMO NO AL GOLPE BIANCO
Nel referendum di ottobre votiamo no al golpe bianco, votiamo no allo stravolgimento della Costituzione, votiamo no alla deriva autoritaria; difendiamo la democrazia, difendiamo l'ordinamento repubblicano nato dalla resistenza antifascista.
7. RIFERIMENTI. IL "COMITATO NONVIOLENTO PER LA REVOCA DELLA DECISIONE GOVERNATIVA DI INVIARE CENTINAIA DI SOLDATI ITALIANI ALLA DIGA DI MOSUL"
Si e' costituito il "Comitato nonviolento per la revoca della decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul".
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Il comitato si prefigge di:
1. opporsi all'invio di centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul, e quindi interloquire con il Governo, il Parlamento e il Presidente della Repubblica affinche' la decisione annunciata dal Presidente del Consiglio dei Ministri sia revocata dallo stesso governo, ovvero respinta dal parlamento, ovvero non ratificata e quindi vietata dal capo dello stato;
2. esprimere questa opposizione con l'unico scopo di salvare vite umane;
3. agire unicamente in forme e con metodi rigorosamente nonviolenti, assolutamente rispettosi della dignita' e dell'incolumita' di tutte le persone;
4. riaffermare l'opposizione a tutte le guerre e a tutte le uccisioni;
5. riaffermare l'impegno a difendere la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
*
Alle persone ed alle associazioni che vogliono impegnarsi in questa iniziativa per la revoca della decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul, il comitato propone:
a) di scrivere al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri, ai Parlamentari, al Presidente della Repubblica per chiedere che il governo receda da quella decisione;
b) di invitare altre istituzioni, associazioni, persone, mezzi d'informazione ad impegnarsi al medesimo fine;
c) di promuovere incontri ed iniziative di informazione e coscientizzazione al medesimo fine;
d) di esprimersi e di agire in modi esclusivamente nonviolenti, nel rispetto della verita' e della dignita' umana di tutti gli interlocutori;
e) di essere sempre assolutamente chiari nell'opposizione a tutte le guerre, a tutte le uccisioni, a tutte le violazioni dei diritti umani.
*
Il comitato non prevede formali adesioni e si configura come mero movimento d'opinione inteso allo scopo di far revocare l'irragionevole, illegittima e pericolosissima decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul.
Il comitato auspica che in ogni provincia d'Italia si costituiscano altri comitati nonviolenti per lo stesso fine e con le stesse modalita' di azione.
*
Per contatti: il Comitato ha sede presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: comitatononviolento at gmail.com; comitatononviolento at outlook.it; comitato_nonviolento at libero.it
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- AA. VV., Giuseppe Ungaretti: il sentimento del tempo, Cittadella, Assisi 1984, pp. 192.
- Giuseppe Faso (a cura di), La critica e Ungaretti, Cappelli, Bologna 1977, pp. 302.
- Leone Piccioni (a cura di), Per conoscere Ungaretti, Mondadori, Milano 1971, 1979, pp. 462.
*
Riedizioni
- Antonio Saccone, Ungaretti, Salerno, Roma 2012, Rcs, Milano 2016, pp. 304, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2362 del 28 maggio 2016
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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