[Nonviolenza] Telegrammi. 2187



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2187 del 5 dicembre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre

2. Hic et nunc, quid agendum

3. Sull'orlo dell'abisso. Una lettera aperta al presidente del Consiglio dei ministri (16 novembre 2015)

4. Dalle parole ai fatti. Una lettera al Presidente della Repubblica (28 novembre 2015)

5. Con gli occhi aperti. Ancora una lettera al presidente del Consiglio dei ministri (3 dicembre 2015)

6. Johan Galtung: Il giornalismo di pace funziona?

7. Nanni Salio: Caos climatico

8. Nanni Salio presenta "Etiche dell'ambiente" a cura di Marcello Andreozzi

9. Nanni Salio presenta "Terrorismo occidentale. Da Hiroshima ai droni" di Noam Chomsky con Andre Vltchek

10. In memoria di Giovanni Bollea, di Louise Bryant, di Fritz Lang, di Ferruccio Magnani, di Nelson Mandela, di Armando Montanari, di Wolfgang Amadeus Mozart, di Lewis Nkosi, di Cesare Piva, di Abraham Polonsky, di Christina Rossetti, di Gershom Scholem, di Agostino Sette, di Sri Aurobindo, di Wladyslaw Szpilman, di Phillis Wheatley, di Silvio Zavala

11. Segnalazioni librarie

12. La "Carta" del Movimento Nonviolento

13. Per saperne di piu'

 

1. REPETITA IUVANT. CONTRO TUTTI I TERRORISMI, CONTRO TUTTE LE GUERRE

 

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni uccisione e' un crimine.

Non si puo' contrastare una strage commettendo un'altra strage.

Non si puo' contrastare il terrorismo con atti di terrorismo.

A tutti i terrorismi occorre opporsi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

La guerra e' il terrorismo portato all'estremo.

Ogni guerra consiste di innumerevoli uccisioni.

La guerra e' un crimine contro l'umanita'.

Con la guerra gli stati divengono organizzazioni terroriste.

Con la guerra gli stati fanno nascere e crescere le organizzazioni terroriste.

A tutte le guerre occorre opporsi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Un'organizzazione criminale va contrastata con un'azione di polizia da parte di ordinamenti giuridici legittimi.

La guerra impedisce l'azione di polizia necessaria.

Occorre dunque avviare un immediato processo di pace nel Vicino e nel Medio Oriente che consenta la realizzazione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali, democratici, rispettosi dei diritti umani.

Occorre dunque che l'Europa dismetta ogni politica di guerra, di imperialismo, di colonialismo, di rapina, di razzismo, di negazione della dignita' umana di innumerevoli persone e di interi popoli.

Occorre dunque una politica europea di soccorso umanitario, di pace con mezzi di pace: la politica della nonviolenza che sola riconosce e promuove e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

La violenza assassina si contrasta salvando le vite.

La pace si costruisce abolendo la guerra.

La politica della nonviolenza richiede il disarmo e la smilitarizzazione.

La politica nonviolenta richiede la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Si coalizzino tutti gli stati democratici contro il terrorismo proprio ed altrui, contro il terrorismo delle organizzazioni criminali e degli stati.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per l'indispensabile aiuto umanitario a tutte le persone ed i popoli che ne hanno urgente bisogno.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per contrastare le organizzazioni criminali con azioni di polizia adeguate, mirate a salvare le vite e alla sicurezza comune.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per la civile convivenza di tutti i popoli e di tutti gli esseri umani.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Cominci l'Italia.

Cominci l'Italia soccorrendo, accogliendo e assistendo tutte le persone in fuga dalla fame e dall'orrore, dalle dittature e dalla guerra.

Cominci l'Italia cessando di partecipare alle guerre.

Cominci l'Italia uscendo da alleanze militari terroriste e stragiste come la Nato.

Cominci l'Italia cessando di produrre  armi e di rifornirne regimi e poteri dittatoriali e belligeranti.

Cominci l'Italia abrogando tutte le infami misure razziste ancora vigenti nel nostro paese.

Cominci l'Italia con un'azione diplomatica, politica ed economica, e con aiuti umanitari adeguati a promuovere la costruzione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali e democratici dalla Libia alla Siria.

Cominci l'Italia destinando a interventi di pace con mezzi di pace, ad azioni umanitarie nonviolente, i 72 milioni di euro del bilancio dello stato che attualmente ogni giorno sciaguratamente, scelleratamente destina all'apparato militare, alle armi, alla guerra.

Cominci l'Italia a promuovere una politica della sicurezza comune e del bene comune centrata sulla difesa popolare nonviolenta, sui corpi civili di pace, sulla legalita' che salva le vite.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Ogni vittima ha il voto di Abele.

Alla barbarie occorre opporre la civilta'.

Alla violenza occorre opporre il diritto.

Alla distruzione occorre opporre la convivenza.

Al male occorre opporre il bene.

Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre.

Salvare le vite e' il primo dovere.

 

2. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM

 

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

3. REPETITA IUVANT. SULL'ORLO DELL'ABISSO. UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (16 NOVEMBRE 2015)

 

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

il moltiplicarsi e l'estendersi delle abominevoli stragi compiute dalle organizzazioni terroriste tragicamente dimostra l'assoluta necessita' ed urgenza di strategie di contrasto adeguate ed efficaci. Strategie di contrasto che non ripetano gli sciagurati errori che hanno consentito e fin favoreggiato la nascita e la crescita delle organizzazioni terroriste.

*

Alcuni dati di fatto

Credo che alcuni dati di fatto siano ormai evidenti a chiunque:

- le guerre che hanno devastato e destrutturato alcuni stati - dalla prima guerra del Golfo ad oggi - hanno creato le condizioni per l'affermarsi, l'estendersi e il radicarsi di organizzazioni criminali di inaudita ferocia;

- i bombardamenti a tappeto che diversi stati eseguono da anni senza soluzione di continuita' sui territori e sulle popolazioni cui l'Isis ha imposto la sua dominazione schiavista, terrorista e genocida non solo non hanno sconfitto l'organizzazione criminale, ma ne hanno rafforzato la propaganda;

- i governi di alcuni paesi democratici continuano sciaguratamente ad essere complici e protettori di regimi e potentati che in vario modo sostengono - finanziandole ed armandole, e finanche fiancheggiandole militarmente - le organizzazioni terroriste;

- pensare di contrastare il terrorismo con la guerra e' una triplice assurdita': in primo luogo perche' la guerra e' essa stessa terrorismo e stragismo portati all'estremo; in secondo luogo perche' aggiungendo stragi a stragi essa favorisce la propaganda e il reclutamento da parte delle organizzazioni terroriste; in terzo luogo perche' con essa gli stati stessi divengono organizzazioni terroriste e stragiste.

*

Alcune cose che occorre fare

Che fare dunque per far cessare i massacri, per recare soccorso agli innocenti, per arrestare i criminali?

Alcune cose sono talmente evidenti che e' fin troppo facile elencarle:

- occorre far cessare la guerra in Siria, ed a tal fine occorre promuovere un accordo tra il governo di Damasco e tutte le opposizioni - civili e militari - disponibili a una trattativa che miri a ripristinare un ordinamento giuridico statuale sull'intero territorio ed a realizzare uno stato di diritto, democratico e rispettoso dei diritti umani;

- occorre far cessare il caos negli altri paesi in cui regimi e milizie si fronteggiano nella destrutturazione degli ordinamenti giuridici inabissandosi nella barbarie, ed a tal fine occorrono adeguati interventi diplomatici, politici ed economici, forti azioni umanitarie di soccorso alle popolazioni e di ricostruzione delle infrastrutture civili, rilevante presenza di corpi civili di pace, un'opera di disarmo generalizzato;

- occorre far cessare il traffico di armi: meno armi sono disponibili, piu' vite umane si salvano; meno armi sono disponibili, piu' i conflitti si smilitarizzano e si civilizzano; meno armi sono disponibili, piu' cresce il rispetto della dignita' umana, la fiducia nei rapporti sociali, la democrazia;

- occorre far cessare tutti gli interventi di carattere bellico per poter avviare un'azione di polizia contro i criminali assassini: guerra ed azione di polizia (anche internazionale) sono incompatibili;

- occorre che i criminali assassini appartenenti alle organizzazioni terroriste siano catturati, processati e condannati secondo gli standard legali internazionalmente accettati, nel rispetto dei diritti umani inerenti ad ogni essere umano.

Non sono cose facili, la situazione e' complessa e resa assai instabile da molti fattori e molte dinamiche, non esistono soluzioni semplici ed immediate, ma proprio per questo occorre iniziare subito ad operare nella giusta direzione: la direzione della pace e dei diritti umani, del salvare le vite come primo dovere comune dell'umanita' intera.

*

La scelta di fondo

Non mi nascondo e non le nascondo che in queste proposte e in questo ragionamento sono implicate scelte etiche e politiche, necessariamente concrete e coerenti, assai impegnative, ed a mio parere assolutamente ineludibili: in primo luogo l'urgente necessita' del disarmo e della smilitarizzazione dei conflitti e delle relazioni a livello globale (con le sue ovvie conseguenze: lo scioglimento delle alleanze militari belligene; la progressiva e drastica riduzione delle spese militari ed il connesso trasferimento delle risorse verso strutture e interventi di pace e di solidarieta' - la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale...).

Per dirla in breve: scegliere la nonviolenza come unica politica adeguata.

Alla nonviolenza infatti ci invitano le menti e le esperienze piu' luminoso del nostro tempo.

Ed alla nonviolenza ci invita il filo conduttore, la "corrente calda", della Costituzione della Repubblica Italiana quando nei suoi "principii fondamentali" vincola lo stato italiano alla difesa dei diritti umani, all'accoglienza delle persone oppresse, al ripudio della guerra.

Lei che ha studiato la figura e l'opera di Giorgio La Pira, che proviene da quella Firenze in cui assai vivo e' tuttora il magistero di Ernesto Balducci e di Lorenzo Milani e di tante altre insigni figure di educatori alla pace, e che ha espresso vivo consenso all'impegno di pace dell'attuale pontefice cattolico, ha l'opportunita' in virtu' del suo rilevante incarico pubblico - ed alla luce di un profondo esame di coscienza - di dare una svolta alla politica italiana nello scenario internazionale scegliendo finalmente la pace e la nonviolenza, adoperandosi quindi per il bene comune dell'umanita' in un mondo ormai unificato.

*

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

e' evidente che non e' possibile nelle poche righe di una lettera aperta svolgere le articolate argomentazioni che alle brevi conclusioni sopra esposte mettono capo.

E tuttavia mi sembrava utile proporle queste essenziali riflessioni e - se me lo consente - questi sinceri consigli.

Come molte persone (e vorrei dire, se non suonasse retorico: come tutte le persone coscienti della gravita' della situazione in cui oggi si trova l'umanita') sono assai preoccupato delle scelte e dei proclami di alcuni ministri italiani che in questi giorni e mesi hanno detto cose davvero non meditate ed in flagrante conflitto con la legge fondamentale del nostro stato; e sono ancor piu' angustiato dal fatto che il nostro paese continua a partecipare a inammissibili guerre, continua a rifornire di armi regimi belligeranti e violatori dei diritti umani, continua a far parte di alleanze militari responsabili di crimini gravissimi; continua a sperperare risorse ingentissime a fini di morte (in ultima analisi a questo servono le spese militari: ad alimentare un apparato il cui fine ultimo e' fare la guerra, che sempre e solo consiste dell'uccisione di esseri umani).

L'Italia e' una democrazia. Esiste lo strumento del voto. Ed esiste anche lo strumento della franca parola, della libera discussione, dell'azione civile, del buon esempio.

Glielo dico sinceramente: ben poco, o quasi nulla, di cio' che sta facendo il suo governo condivido; ma se il suo governo decidesse finalmente di inaugurare una politica di pace, di disarmo, di smilitarizzazione, di nonviolenza, una politica concretamente e coerentemente orientata a salvare le vite invece di sopprimerle, ebbene, apprezzerei e sosterrei queste iniziative nonviolente di pace con tutto il cuore.

Ogni vittima ha il volto di Abele. Salvare le vite e' il primo dovere.

La civilta' umana e' sull'orlo dell'abisso. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

Ringraziandola per l'attenzione, voglia gradire distinti saluti.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Viterbo, 16 novembre 2015

 

4. REPETITA IUVANT. DALLE PAROLE AI FATTI. UNA LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (28 NOVEMBRE 2015)

 

Egregio Presidente della Repubblica,

in questi giorni lei ha saputo dire in piu' di un'occasione le parole di pace che era necessario dire.

E proprio perche' quelle giuste parole non restino inascoltate, occorre chiarirne le ineludibili conseguenze e chiamare le altre istituzioni dello stato ad un agire coerente con esse e con la legge fondamentale dell'ordinamento giuridico italiano, la Costituzione della Repubblica.

Mi sembra che lei abbia inequivocabilmente convocato il nostro paese a un impegno concreto e coerente in difesa della pace e della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

La pace e' infatti l'indispensabile prerequisito per poter sconfiggere il terrorismo ed inverare il rispetto, la difesa, la promozione dei diritti umani.

Ebbene, questo impegno richiede una politica adeguata, una politica che attualmente chi governa l'Italia purtroppo, al di la' delle enunciazioni di principio talvolta lodevoli, effettualmente non svolge.

E valga il vero:

- l'Italia sta partecipando alle guerre in corso sia rifornendo di armi e cooperando con regimi e poteri assassini, sia con la presenza diretta delle proprie forze armate;

- l'Italia e' tragica protagonista del mercato di morte piu' scellerato: con la produzione e il commercio di armi poi utilizzate per menar strage nel mondo;

- l'Italia continua a far parte di inammissibili alleanze militari con soggetti che hanno commesso crimini di guerra e contro l'umanita';

- l'Italia persevera nella complicita' con regimi violatori dei diritti umani;

- l'Italia sperpera enormi risorse del pubblico erario per immani e insensate spese militari (72 milioni di euro al giorno), commettendo un duplice male: sottraendo di fatto questi ingentissimi fondi ad opere civili e di pace, e destinandoli de facto a fini di guerra e di morte (poiche' le armi e le forze armate a questo sono costitutivamente intese: alle uccisioni e alla guerra, che sempre e solo consiste nella strage di esseri umani);

- l'Italia non ha ancora abrogato le tante infernali misure razziste che radicalmente violano la dignita' e i diritti di tante persone innocenti nel nostro paese: dai campi di concentramento alle deportazioni, ad innumerevoli altre vessazioni, fino all'effettuale favoreggiamento da parte delle istituzioni dell'economia illecita e dei poteri criminali che organizzano e praticano il barbaro sfruttamento schiavista di tante vittime innocenti;

- l'Italia reca insieme agli altri paesi dell'Unione Europea (e piu' di altri, essendo un paese di primo arrivo) una gravissima responsabilita' nel provocare la morte di innumerevoli migranti in fuga dalla fame e dalle guerre, persone la cui vita sarebbe salva se fosse loro consentito di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese, e che invece si vedono costrette ad affidarsi agli scellerati trafficanti mafiosi per sfuggire all'orrore in un nuovo orrore precipitando.

*

Egregio Presidente della Repubblica,

occorre che alle sue nobili parole - che peraltro invitano a realizzare semplicemente quanto previsto e disposto dalla Costituzione italiana, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani - seguano da parte del Governo, del Parlamento, delle articolazioni tutte della pubblica amministrazione per quanto di loro competenza, atti ad esse coerenti, atti che inverino l'appello a salvare le vite e a rispettare la dignita' umana, appello che lei ha autorevolmente, reiteratamente, nitidamente espresso a nome dell'intero popolo italiano.

Non restino mera retorica le sue parole di pace e di amore all'umanita'; diventino reale politica dello stato italiano: una politica nonviolenta, la politica nonviolenta necessaria e urgente, la politica nonviolenta che sola puo' salvare il nostro paese e l'umanita' intera dalla catastrofe della guerra e della barbarie.

Voglia gradire distinti saluti ed auguri di ogni bene.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Viterbo, 28 novembre 2015

 

5. REPETITA IUVANT. CON GLI OCCHI APERTI. ANCORA UNA LETTERA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (3 DICEMBRE 2015)

 

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che per contrastare e sconfiggere il terrorismo globale dell'Isis la guerra aerea attuale che provoca ulteriori stragi e devastazioni e' peggio che inutile, e che in primo luogo occorrerebbe promuovere la pace in Siria e in Libia (e non solo) ricostituendo la sovranita' territoriale e le articolazioni amministrative, le strutture e le funzioni essenziali, di un ordinamento giuridico non totalitario, ovvero la presenza degli stati che le guerre euroamericane hanno destrutturato scommettendo sul fatto che il caos e la barbarie fossero giovevoli ai disegni economici e politici dei governi occidentali (e naturalmente e' avvenuto quel che sempre avviene quando si allevano mostri). Mi sembra che di questo anche lei sia consapevole.

*

Per contrastare il terrorismo globale dell'Isis occorre un'operazione di polizia internazionale guidata dall'Onu, ma perche' essa possa darsi e' prerequisito essenziale che l'alleanza euroamericana cessi di fare la guerra, di commettere stragi, di eseguire e alimentare crimini contro l'umanita', di agire come dittature imperiali terroriste e di favoreggiare altri regimi e poteri criminali dittatoriali e terroristi. Mi sembra che anche di questo lei sia consapevole.

*

Se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che l'Isis esiste innanzitutto grazie al primario sostegno della Turchia e dell'Arabia Saudita.

E' la Turchia che offre al territorio controllato dall'Isis l'unico canale reale e sostanziale di approvvigionamento e di scambio di merci: il confine con la Turchia e' l'unica via aperta di ingresso e di uscita per e dai territori che l'Isis controlla, l'unica effettiva via di transito di tutti i rifornimenti materiali e di tutti i membri dell'organizzazione terrorista.

Ed e' in Arabia Saudita che e' gia' al potere il regime totalitario e schiavista che i terroristi dell'Isis impongono nei territori che controllano, il modello di societa' cui si ispirano.

Per contrastare il terrorismo globale dell'Isis occorre contrastare con adeguati strumenti diplomatici, politici ed economici i regimi e le politiche al potere in Turchia e in Arabia Saudita, che del terrorismo dell'Isis sono gli evidentissimi complici e protettori, finanziatori e ispiratori.

A questo impegno vorrei esortarla.

*

Se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che per contrastare il terrorismo occorre innanzitutto disarmare tutti gli assassini, e per disarmare realmente tutti gli assassini occorre cessare di produrre e di mettere in circolazione le armi con cui si realizzano le stragi e si sostengono le dittature, le mafie, tutti i poteri e gli apparati uccisori.

A questo impegno vorrei esortarla.

*

Se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che il terrorismo si contrasta con la pace e la democrazia, con gli aiuti umanitari per salvare tutte le vittime, con un'operazione di polizia che e' l'esatto contrario della guerra, con il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, con politiche nonviolente che abbiano come fine primario il bene comune dell'umanita'.

A questo impegno vorrei esortarla.

*

Se aprissimo gli occhi vedremmo che ogni vittima ha il volto di Abele.

Se aprissimo gli occhi vedremmo che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

l'Italia revochi immediatamente le forniture militari ai regimi dittatoriali, belligeranti e complici del terrorismo come l'Arabia Saudita.

L'Italia si adoperi nell'Unione Europea per un'immediata, concreta, efficace azione comune affinche' il governo della Turchia desista dalla sua attuale politica violatrice dei diritti umani e complice del terrorismo.

L'Italia cessi di partecipare alle guerre ed alle coalizioni che guerre e stragi preparano, fomentano, alimentano, commettono.

L'Italia soccorra, accolga ed assista tutte le vittime in fuga dalle guerre e dalle dittature, dalla fame e dalle devastazioni, ed abolisca quindi immediatamente le sciagurate misure razziste attualmente vigenti nel nostro paese.

Ogni vita umana e' un valore infinito. Non esistono guerre giuste. Salvare le vite e' il primo dovere di ogni persona, di ogni organizzazione sociale, di ogni ordinamento giuridico.

Forte del dettato, del mandato della Costituzione della Repubblica italiana, si opponga coerentemente e concretamente alla guerra, alle stragi, al terrore: con la scelta della pace, con la forza della democrazia, con il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, con il riconoscimento dei diritti di tutti gli esseri umani, con la politica necessaria e urgente per l'umanita' intera: la politica della nonviolenza.

*

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

in questi giorni lei ha piu' volte espresso la convinzione che occorre opporsi alla barbarie promuovendo la cultura (in primo luogo il diritto universale all'istruzione, in primo luogo la difesa dei diritti delle bambine e dei bambini); che occorre opporsi al terrore promuovendo il rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani; che la guerra e le stragi di cui essa consiste non sono mai la via giusta; che occorre operare per la pace, la democrazia, la giustizia sociale, la legalita' che salva le vite. Questo sentire e' certamente condiviso da ogni persona sollecita del pubblico bene.

Ma tragicamente l'azione reale del governo da lei presieduto non e' ancora ispirata a questi giusti convincimenti, ed anzi per piu' versi li viola orribilmente.

Renda coerenti il suo dire e il suo fare. Impegni il suo governo ad agire con gli occhi aperti. Collochi l'Italia dalla parte della pace, dalla parte delle vittime, dalla parte dell'umanita'.

Ringraziandola per l'attenzione, distinti saluti ed auguri di ogni bene.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Viterbo, 3 dicembre 2015

 

6. RIFLESSIONE. JOHAN GALTUNG: IL GIORNALISMO DI PACE FUNZIONA?

[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" riprendiamo e diffondiamo (traduzione di Miky Lanza).

Johan Galtung, nato a Oslo in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research e una delle piu' autorevoli figure della nonviolenza. Oltre che fondatore nel 1959 dell'"International Peace Research Institute" di Oslo, consigliere presso le Nazioni Unite, professore onorario in numerose universita', tra cui la Princeton University e la Freie Universitaet di Berlino, attualmente titolare della cattedra di 'Peace Studies' presso l'Universita' delle Hawaii, Galtung ha dato vita nel 1964 al "Journal for Peace Research" e nel 1987 e' stato insignito del "Right Livelihood Award" (il cosiddetto 'Premio Nobel alternativo per la pace'). Fondatore e direttore di "Transcend", un'organizzazione internazionale per la risoluzione nonviolenta dei conflitti che opera in tutto il mondo, e' il rettore della Transcend Peace University. Una bibliografia completa degli scritti di Galtung e' nel sito della rete "Transcend", il network per la pace da lui diretto, cui rinviamo: www.transcend.org. Tra le opere di Johan Galtung: Imperialismo, Rosenberg & Sellier, Torino 1983; Ambiente, sviluppo e attivita' militare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Ci sono alternative!, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1987; Palestina/Israele: una soluzione nonviolenta?, Sonda, Torino-Milano 1989; Buddhismo. Una via per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Storia dell'idea di pace, Satyagraha, Torino 1995; (con Daisaku Ikeda), Scegliere la pace, Esperia, Milano 1996; I diritti umani in un'altra chiave, Esperia, Milano 1997; La trasformazione nonviolenta dei conflitti, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2000; Pace con mezzi pacifici, Esperia, Milano 2000; Affrontare il conflitto. Trascendere e trasformare, Plus, Pisa 2008]

 

In breve: no. Gli avvenimenti di Parigi hanno innescato un giornalismo di guerra; non si e' osservato alcun giornalismo di pace. Dubitare che la violenza anti-Is funzionera' non e' giornalismo di pace, solo giornalismo di guerra con degli interrogativi.

Il giornalismo di pace fu concepito negli anni '60 come reazione a un negativismo sulle notizie estere focalizzate sui protagonisti e le persone e i paesi d'elite. Non quindi per propugnare la pace ma come giornalismo riguardante la pace; cosi' come il giornalismo di guerra non e' appoggio alla guerra, ma un indispensabile giornalismo sulla guerra, il riferire quel che accade, e chi sta vincendo. Puo' essere ben fatto o no, e sovente diviene propaganda per un contendente, nei media nazionali piu' che in quelli locali e globali (con un'accentuazione anglo-americana, comunque).

Sicche', il giornalismo di pace non e' mai stato un sostituto del giornalismo di guerra. L'idea era di avere l'uno e l'altro, a vicendevole complemento. I media soffrono di un cattivo giornalismo non professionale, che riferisce solo un versante degli avvenimenti in corso, solo quello negativo, la violenza, e solo quel che fanno attori d'elite in paesi d'elite; piu' qualche leader in qualche altro paese.

Si prenda un'epidemia come metafora. Dev'essere riferita; l'eziologia, la letalita', dov'e' iniziata, come si diffonde, la prognosi. Pero', se questo e' quanto, sentiamo che ci manca qualcosa. Possiamo chiamarlo giornalismo sanitario e considerare quanto riferito dell'epidemia come null'altro che un distorto giornalismo patologico. I giornalisti si chiederebbero ovviamente anche "quale sia la causa originaria", "che genere di virus, microrganismo", "come possiamo proteggerci", "come possiamo fermarla?".

E, al governo: "che cosa state facendo o state per fare in merito?".

Le risposte possono variare dal controllo del traffico, alla quarantena, a una vaccinazione per evitare il contagio, a un maggior rafforzamento immunitario a lungo termine con migliore alimentazione ed esercizio. Ci sentiremmo tutti messi terribilmente alla sprovvista da un giornalismo che ometta questa seconda parte per darsi al flagello di un'epidemia, figuriamoci poi d'una pandemia.

Eppure, cio' e' appunto quel che manca per il flagello della guerra. Il concetto di "cause radicali" e' infine arrivato - e' gia' qualcosa; ma non quali siano e come affrontarle. E' arrivata la parola "soluzione", ma non il suo contenuto. Ci siamo avviati, ma serve molto di piu'.

Due cause radicali della guerra sono il trauma, ferite lasciate da violenze passate che portano alla vendetta; e il conflitto, obiettivi incompatibili perseguiti dai contendenti, che conducono alla frustrazione dovuta agli obiettivi bloccati e all'aggressione. Le parole per i rimedi sono ben note: conciliazione per i traumi e soluzione per i conflitti. Ma non come attuarle.

Particolarmente non negli Usa. Con 248 interventi militari in altri paesi per ragioni qualsiasi - a partire da Jefferson in Libia 1801-5 ("Stati di Barberia") - gli Usa mostrano preferenza per la guerra rispetto alla soluzione del conflitto, e hanno causato traumi ovunque. Il consiglio Usa ad altri di conciliarsi e risolvere puo' vedersela con un "e voi allora, Usa". E poi, la perizia nella violenza facilmente inibisce quella nella conciliazione e soluzione. "Per chi ha un martello, il mondo sembra un chiodo" (Mark Twain).

Siamo di fronte ad alcune versioni semplificate, dilettantesche. Non l'esplorazione penosa eppur necessaria del trauma, di quel che e' avvenuto, di quel che si sarebbe potuto fare, di cooperazione futura; piuttosto il rito delle scuse, del perdono e delle strette di mano, "adesso siate buoni amici".

Inoltre, invece di esplorare gli obiettivi di tutti gli attori di un conflitto - senza escluderne nessuno con qualche "anti" come in anti-comunismo, -terrorismo, -jihadismo, -americanismo -, e invece di esplorare che genere di cambiamenti potrebbero realmente produrre i loro obiettivi se legittimi e compatibili, possiamo ritrovarci con nulla piu' che un compromesso che non soddisfa nessuno. Ne' accettabile ne' sostenibile.

Dobbiamo aggiungere qualche causa fondamentale di pace positiva come l'equita' - cooperazione per benefici reciproci e uguali - ed empatia per l'armonia, mettersi nei panni dell'altro, per la conciliazione e la soluzione al fine di eliminare le cause originarie della guerra. Nessuna di esse e' un punto forte nella politica estera Usa. Difficile quindi per loro come per un cammello passare attraverso la cruna di un ago?

Una sessione del congresso dell'Associazione Nazionale Usa della Comunicazione a Las Vegas il 19-22 novembre 2015 e' stata sul giornalismo di pace; una buona mossa. Le quattro relazioni erano sull'uso della radio per il giornalismo di pace, sul giornalismo dei servizi speciali sulla vita quotidiana e le sue tematiche, e due articoli sull'Ucraina. Le relazioni documentavano quanto il "giornalismo di pace" sia presente negli Usa: discussione ben informata, casi di studio affascinanti, ma carenti in quanto a pace nel senso di conciliazione, soluzione, equita' ed empatia.

La Radio, nello spazio pubblico piu' che nella comunicazione per internet, e' un medium per la comunicazione in entrambe le direzioni, i mattoni della mediazione, con altri in ascolto. Come in The Voice of Peace di Abie Natha per il Medio Oriente; ma non sono state menzionate soluzioni concrete. Ne' per Radio Brod (radio che trasmetteva dal "battello della pace") al largo della costa jugoslava negli anni 1990, o per Radio Okapi in Congo. Eppure, gia' la loro stessa esistenza fu positiva.

Il giornalismo dei servizi speciali, focalizzato sull'individuo, la famiglia e la comunita', esplora come questi temi vengono "affrontati, ignorati, ostacolati, valorizzati". E soprattutto, risolti; ma non sono stati forniti esempi. Un'eccellente opportunita' per chi sta in alto per condividere con la gente comune una cultura di soluzione generale, che non sostituisca gente e media con la politica.

Due articoli molto documentati hanno presentato fatti relativi al processo ucraino, e i cambiamenti nel discorso generale, ma i fatti da soli non sono soluzioni. C'e' bisogno del valore concreto della pace, e che il giornalismo esplori vie d'uscita per uno stato - appropriatamente chiamato Ucraina - al confine, fra due nazioni nemiche; l'una appoggiata dall'Occidente, l'altra dalla Russia. Il federalismo suggerisce "Uno stato/due nazioni"; il non-allineamento e la neutralita' evidenziano il ruolo di "due grandi potenze". Queste soluzioni avrebbero potuto essere esplorate, ma non lo sono state.

Tuttavia, stiamo procedendo dal nulla verso qualcosa. Quali "cause radicali" siano da rimuovere e costruire e' un tema principale del giornalismo di pace per il dialogo. Inoltre, c'e' gia' in campo una rivista eccellente, The Peace Journalist, del Center for Global Peace Journalism, e Peace Journalism Insights della Park University, Parkville, Missouri, Usa.

Guardiamo indietro: poco o nulla. Guardiamo in avanti: sempre piu' spazio mediatico per la pace.

 

7. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: CAOS CLIMATICO

[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" riprendiamo e diffondiamo.

Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore nella facolta' di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della cultura nonviolenta in Italia; e' il fondatore e presidente del Centro studi "Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed emeroteca specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org). Tra le opere di Nanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago, Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la pace, vol. I. Le ragioni e il futuro,  vol. II. Gli attori principali, vol. III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G. Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001]

 

Raccogliendo l'invito di Vandana Shiva, e' bene parlare di caos climatico piuttosto che di cambiamento climatico globale. Il sistema climatico terrestre e' complesso e non ne abbiamo una  conoscenza esaustiva. I mutamenti in corso sono imprevedibili e possono oscillare dal riscaldamento globale a una neoglaciazione. Tuttavia, c'e' un ampio consenso tra gli scienziati sul fatto che questi cambiamenti sono di natura antropica, indotti dall'attivita' umana.

In breve, continuando a emettere gas climalteranti (prevalentemente anidride carbonica e metano) stiamo modificando la composizione chimica dell'atmosfera. E' un gigantesco esperimento in corso, ma non abbiamo un pianeta di riserva qualora l'esperimento si riveli disastroso.

Alcuni dati sono sufficientemente noti: la concentrazione di CO2 in atmosfera e' passata da meno di 350 ppm (parti per milione) di prima della rivoluzione industriale a oltre 400 ppm e continua inesorabilmente a crescere di circa 2,5 ppm all'anno. La temperatura media del pianeta e' cresciuta di 1 grado centigrado e continuando con lo stesso andamento nelle emissioni, raggiungera' i 2 gradi centigradi fra due o tre decenni e superera' lo soglia catastrofica di 3-4 grdi centigradi a fine secolo.

Alcuni fenomeni associati al caos climatico sono anch'essi ben conosciuti: scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari; progressivo aumento del livello dei mari; crescita degli eventi estremi in frequenza e intensita' (siccita', alluvioni, uragani). Questi fenomeni stanno minacciando gia' adesso numerose popolazioni rendendo difficile la loro sopravvivenza e contribuendo, insieme alle guerra, alla crescita incontrollabile dei flussi migratori.

Che cosa possiamo aspettarci dall'appuntamento di Parigi, la Cop 21, ventunesima conferenza delle parti indetta ogni anno dalle Nazioni Unite, a partire dal 1995?

Gli attentati del 13 novembre sembrano essere stati progettati per contribuire a sviare l'attenzione e impedire la partecipazione attiva dei movimenti di base. La copertura mediatica della COP 21 e' molto modesta, ben al di sotto di quanto e' avvenuto per gli attentati. Ancora una volta e' il giornalismo di guerra che imperversa per creare un "clima di paura", assai diverso da quello che sarebbe necessario. Al caos climatico si aggiunge il caos della politica internazionale, creando un gigantesco caos sistemico, che comprende crisi economica, finanziaria, alimentare, esistenziale.

Le cause immediate di tutto cio' sono da individuarsi in un modello economico e di sviluppo basato sul dogma della crescita illimitata del Pil e sul massiccio e crescente uso dei combustibili fossili per sostenere la crescita economica.

L'inversione di rotta e' possibile, come documentano molti studi e i lavori di un gran numero di autori, che qui riassumiamo sinteticamente:

1. energie rinnovabili di origine solare, societa' a bassa potenza pro capite, efficienza energetica:

2. agroecologia e alimentazione vegetariana/vegana per ragioni non solo etiche nel confronto dei nostri fratelli minori, ma per ridurre drasticamente le emissioni provocate dalla zoo-agroindustria;

3. riforestazione per assorbire parte delle emissioni di CO2 e riequilibrare il ciclo dell'acqua;

4. economia autocentrata, stazionaria, su piccola scala, per ridurre l'impatto dovuto alla circolazione di beni su scala globale;

5. chiusura dei cicli ecologici nella produzione di beni;

6. processi decisionali autenticamente democratici, partecipativi, ben diversi dalle attuali democrazie oligarchiche.

7. riconversione produttiva e intellettuale del complesso militare-industriale-scientifico-corporativo per impedire le guerre e risolvere in maniera nonviolenta le controversie internazionali.

Queste misure sono tutte possibili e realistiche, anche se non dobbiamo aspettarci che verranno discusse e prese in seria considerazione dalla Cop 21. I decisori sono proprio i principali responsabili dell'attuale situazione e difendono innanzitutto i loro interessi, a cominciare da quelli finanziari, dell'industria petrolifera e delle armi. E' soprattutto compito dei movimenti di base avviare questi processi di transizione.

Il cambiamento, se avverra' prima che sia troppo tardi, comporta una profonda trasformazione di stili di vita e visioni del mondo, di senso dell'esistenza. Dobbiamo imparare da quelle culture, soprattutto indigene ma non solo, che in passato e ancora oggi, hanno realizzato societa' piu' armoniose ed eque, capaci di trasformare i conflitti in maniera nonviolenta e in grado di produrre felicita' invece che limitare l'attenzione al solo prodotto interno lordo.

La vita sul nostro pianeta dura da miliardi di anni e la presenza della nostra specie da centinaia di migliaia. Questo esperimento non terminera' con la scomparsa della nostra specie, che si sta dimostrando incapace di assumere un ruolo cosciente nel processo evolutivo. Simili ai dinosauri potremo scomparire per lasciar posto a una diversa figura umana: dall'homo economicus all'homo gandhiano nonviolento, quanto meno per pure esigenze evolutive, come gia' e' avvenuto in passato, quando abbiamo scoperto di essere mortali e per non impazzire abbiamo creato delle narrazioni culturali che durano tuttora.

Ma ora, la posta in gioco e' ancora piu' ambiziosa. Siamo di fronte a una sfida mortale che la natura stessa ci sta ponendo: evolvere o perire. Dobbiamo passare da una societa' ad alto tasso di violenza e di atteggiamenti psico-sociopatici a un insieme di comunita' in grado di sviluppare capacita' relazionali empatiche con tutti gli esseri viventi, nella consapevolezza della nostra finitezza individuale e del desiderio di una vita piena e felice, inserita nel grande e misterioso divenire cosmico.

 

8. LIBRI. NANNI SALIO PRESENTA "ETICHE DELL'AMBIENTE" A CURA DI MARCELLO ANDREOZZI

[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" riprendiamo e diffondiamo]

 

Matteo Andreozzi (a cura di), Etiche dell'ambiente. Voci e prospettive, Led edizioni, Milano 2015, pp. 432, euro 43.

Il libro e' una raccolta di saggi presentati nel Laboratorio Didattico di Etica dell'Ambiente tenuto nell'anno accademico 2011-2012 presso l'Universita' di Milano, rielaborati e arricchiti con i contributi di altri autori. Emerge un quadro assai ricco di tutte le principali scuole di pensiero, rigorosamente declinate al plurale, poiche' il dibattito e le ricerche sono in continua evoluzione. E' un panorama ben piu' ricco di quello degli anni 1980, quando iniziai a occuparmi di questa tematica.

Nella prima parte, numerosi autori rispondono alla domanda "perche' studiare le etiche dell'ambiente?" ripercorrendo ognuno la propria storia personale che li ha condotti a questa scelta.

Greta Gaard ricorda "l'ultima delle battaglie familiari all'ora di cena: la conversazione conclusiva che mi avrebbe accordato la liberta' alimentare all'eta' di undici anni, e che mi avrebbe spinta a studiare le etiche dell'ambiente. 'E se venissi da te, ti strappassi il braccio, e me lo mangiassi', dissi, praticamente urlando, a mio padre. 'Cosa ne penseresti? Che genere di persona mi renderebbe?'. Fortunatamente, resto' in silenzio. 'Non lo capisci? Non ho intenzione di mangiare Pookie (il nostro bassotto), non ho intenzione di mangiare le tue braccia e le tue gambe, e non ho intenzione di mangiare neanche quelle di nessun altro'. Anche se, ovviamente, all'epoca non la pensavo in questi termini, questa conversazione fu l'inizio ufficiale della mia etica dell'ambiente" (pp. 69-70).

Holmes Roston III rievoca la sua giovinezza in Virginia "... non avevo elettricita', prendevo l'acqua da una cisterna all'esterno, zappavo il giardino..." e ci invita a diventare "persone a tre dimensioni. La vita totalmente urbana (e mondana!) e' unidimensionale: si ha bisogno di sperimentare sia l'urbano, sia il rurale, sia il selvaggio, per non perdere questi privilegi" (p. 73).

Nella seconda parte, Umanita' e ambiente, Silvia Roberti discute il principio responsabilita' di Hans Jonas, che ha portato alla formulazione del principio di precauzione. Non vengono tuttavia presi in considerazione i lavori di Silvio Funtowicz e Jerry Ravetz sulla "scienza postmoderna" e quelli di Nassim Nicholas Taleb sul rischio e la teoria del "cigno nero", che contribuiscono ad avvalorare ulteriormente le tesi di Jonas.

La terza parte affronta il difficile rapporto tra "Animali umani e non-umani", che Matteo Andreozzi e Leonardo Caffo definiscono "uno dei piu' complessi - e ancora da esplorare - terreni di ricerca in cui la riflessione teorica e le pratiche di vita si intrecciano in un unico e inevitabile sentiero, tutt'altro che privo di difficolta'" (p. 193) A partire dai lavori di Peter Singer, Massimo Filippi esamina criticamente i molti specismi e antispecismi che caratterizzano il dibattito del rapporto uomo-ambiente.

La quarta parte e' dedicata al rapporto Societa' e natura. Silvia Varengo parla di societa' ecologica a partire dal lavoro di Murray Bookchin, mentre Matteo Andreozzi e Adele Tiengo discutono i diversi approcci degli ecofemminismi. Vengono richiamati i lavori di autrici come Karen J. Warren e Val Plumwood che esaminano il rapporto tra ecofemminismi e vegetarianesimo. In particolare, la Warren sostiene che il "vegetarianesimo morale", nato in occidente, non puo' essere esteso universalmente, per esempio a societa' indigene come gli Inuit o altre ancora. E' un tema che richiede di essere approfondito sia in chiave antropologica sia alla luce degli sviluppi ulteriori delle societa' umane ed e' un altro esempio dell'incompletezza delle teorie in generale e di quelle etiche in particolare.

La quinta e ultima parte e' dedicata al rapporto tra "Ecologia e Wilderness". Matteo Andreozzi e Guido Dalla Casa riprendono i temi dell'ecologia profonda introdotti da Arne Naess e successivamente da George Session e Bill Devall e da una folta schiera di altri importanti studiosi, tra i quali spicca Gary Snyder. Vengono esaminati criticamente sia i presupposti teorici sia gli sviluppi successivi che sovente hanno dato luogo a incomprensioni e valutazioni errate.

Nel saggio successivo, Marco Andreozzi parte dall'"etica della terra" di Aldo Leopold, "un nome che difficilmente uscira' mai dal dibattito delle environmental ethics" (p. 329) e riprende alcuni aspetti del pensiero di Leopold, quanto mai precursori e attuali, evidenziando che non ci si puo' attendere che un autore illustri tale etica "a tutti sistematizzandola in modo rigoroso, la si deve sviluppare in comunita', anche se in modo sempre sommario (perche' la conoscenza non sara' mai completa) e approssimativo (perche' l'evoluzione non si ferma mai)" (p. 334). Viene inoltre presentata la "rivisitazione rigorosa" fatta da John Baird Callicott delle diverse obiezioni che sono state mosse alla formulazione proposta da Leopold, in particolare rispetto alle questioni morali su cui essa si fonda. Rispondendo ad alcune delle critiche che gli furono mosse, Leopold osserva: "dato che la natura ha generato almeno una specie capace di comportamento morale, Homo Sapiens, essa non e' amorale" (p. 357). E' questo un tema di grandissima portata, che dovrebbe essere discusso e ampliato prendendo in considerazione gli studi di "ricerca per la pace", e le teorie della nonviolenza, in particolare secondo la scuola di pensiero sviluppata da Johan Galtung.

Nell'ultimo saggio, Valori selvaggi, Roberto Peverelli ripercorre gli sviluppi della wilderness soprattutto negli Stati Uniti. Sarebbe interessante e utile vedere anche le concezioni di natura selvaggia che si sono sviluppate storicamente sia nelle culture indigene delle diverse aree del mondo, in molti casi ancora presenti, sia in culture millenarie come l'India e la Cina. Un lavoro ancora da fare in termini comparativi.

Una immagine suggestiva e ricca di implicazioni etiche e' quella del "fiume della vita", della natura come fonte perenne di vita e al tempo stesso come "gigantesco mattatoio: distruzione incessante, disordine, morte" (p.386). E' il flusso continuo di energia neghentropica di origine solare che contrasta la tendenza dei sistemi verso l'entropia e la morte. Si apre cosi' uno squarcio, che andrebbe indagato piu' a fondo, con l'aiuto delle conoscenze sviluppate nel campo dell'ecologia, del concetto quanto mai controverso di "sviluppo sostenibile".

Le etiche dell'ambiente sono dunque un capitolo fondamentale che richiede un incessante lavoro critico indispensabile per affrontare i grandi temi sui quali si interroga l'umanita'.

 

9. LIBRI. NANNI SALIO PRESENTA "TERRORISMO OCCIDENTALE. DA HIROSHIMA AI DRONI" DI NOAM CHOMSKY CON ANDRE VLTCHEK

[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" riprendiamo e diffondiamo]

 

Noam Chomsky con Andre Vltchek, Terrorismo occidentale. Da Hiroshima ai droni, Ponte alle Grazie, Milano 2015, pp. 232, euro 16.

In tempi come questi, di frenesia, paura e follia e' utile, sin dal titolo di questo libro, riflettere sul fatto che i terrorismi internazionali sono due: quello dall'alto, degli Stati, prevalentemente, ma non solo, occidentale, e quello dal basso, dei ribelli e degli insorti ovunque nel mondo.

Gia' in molti altri suoi lavori Chomsky ha denunciato l'ipocrisia con cui nei media e nel dibattito politico si considera terrorismo solo "quello che gli altri fanno a noi" e non "cio' che noi facciamo agli altri".

In questa sua nuova denuncia e' aiutato dal dialogo con Andre Vltchek, infaticabile viaggiatore in ogni angolo del mondo, che con i suoi reportage giornalistici e i documentari ci obbliga a vedere quello che l'informazione dominante nasconde. E' la violenza quotidiana, diretta e strutturale, dei bombardamenti, dei droni e della miseria estrema che colpisce centinaia di milioni di persone prive delle piu' indispensabili risorse per vivere, a cominciare dal cibo.

Il dialogo si sviluppa nello spazio e nel tempo, per vedere e non dimenticare gli orrori della guerra e del "terrorismo occidentale", di cui raramente parlano i media.

Il viaggio nel tempo parte dall'"eredita' di sangue del colonialismo", mentre quello nello spazio ci accompagna un po' ovunque: dalla Russia all'India e alla Cina, dall'America Latina al sudest asiatico e si conclude con una riflessione sul "declino della potenza americana".

 

10. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI GIOVANNI BOLLEA, DI LOUISE BRYANT, DI FRITZ LANG, DI FERRUCCIO MAGNANI, DI NELSON MANDELA, DI ARMANDO MONTANARI, DI WOLFGANG AMADEUS MOZART, DI LEWIS NKOSI, DI CESARE PIVA, DI ABRAHAM POLONSKY, DI CHRISTINA ROSSETTI, DI GERSHOM SCHOLEM, DI AGOSTINO SETTE, DI SRI AUROBINDO, DI WLADYSLAW SZPILMAN, DI PHILLIS WHEATLEY, DI SILVIO ZAVALA

 

Ricorre oggi, 5 dicembre, l'anniversario della nascita di Giovanni Bollea, della nascita di Louise Bryant, della nascita di Fritz Lang, della scomparsa di Ferruccio Magnani, della scomparsa di Nelson Mandela, della scomparsa di Armando Montanari, della scomparsa di Wolfgang Amadeus Mozart, della nascita di Lewis Nkosi, della scomparsa di Cesare Piva, della nascita di Abraham Polonsky, della nascita di Christina Rossetti, della nascita di Gershom Scholem, della nascita di Agostino Sette, della scomparsa di Sri Aurobindo, della nascita di Wladyslaw Szpilman, della scomparsa di Phillis Wheatley, della scomparsa di Silvio Zavala.

*

Anche nel ricordo di Giovanni Bollea, di Louise Bryant, di Fritz Lang, di Ferruccio Magnani, di Nelson Mandela, di Armando Montanari, di Wolfgang Amadeus Mozart, di Lewis Nkosi, di Cesare Piva, di Abraham Polonsky, di Christina Rossetti, di Gershom Scholem, di Agostino Sette, di Sri Aurobindo, di Wladyslaw Szpilman, di Phillis Wheatley, di Silvio Zavala, proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Marina Montesano (a cura di), Federico II e l'Italia normanno-sveva, Rcs, Milano 2015, pp. 168, euro 5,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

*

Riletture

- Abdelfattah Kilito, L'autore e i suoi doppi. Saggio sulla cultura araba classica, Einaudi, Torino 1988, pp. VI + 138

- Abdelfattah Kilito, L'occhio e l'ago. Saggio sulle "Mille e una notte", Il melangolo, Genova 1994, pp. 140.

 

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

13. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2187 del 5 dicembre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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