[Nonviolenza] Telegrammi. 2103



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2103 dell'11 settembre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Oggi a Venezia ed ovunque in Italia la "marcia delle donne e degli uomini scalzi". E necessaria un'aggiunta nonviolenta

2. In memoria di Eugenie Niboyet, di Theodor W. Adorno, delle vittime del golpe cileno e delle vittime dell'attentato alle torri gemelle

3. Verso la "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre

4. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

5. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre

6. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

7. Enrico Peyretti: Liberta' come dovere

8. Enrico Peyretti: Dalla guerra di religione alla religione della pace

9. Enrico Peyretti: Madre Grecia e figlia Europa

10. Enrico Peyretti: Dialogo sulla guerra

11. Enrico Peyretti: L'aria puzza di guerra

12. Enrico Peyretti: Tunisi: delitto e opportunita'

13. Enrico Peyretti: Assassinare eticamente tre ragazzi che saltellano visti dai droni

14. Segnalazioni librarie

15. La "Carta" del Movimento Nonviolento

16. Per saperne di piu'

 

1. HIC ET NUNC. OGGI A VENEZIA ED OVUNQUE IN ITALIA LA "MARCIA DELLE DONNE E DEGLI UOMINI SCALZI". E NECESSARIA UN'AGGIUNTA NONVIOLENTA

 

L'appello promosso da personalita' della solidarieta', della cultura e dello spettacolo affinche' l'11 settembre si manifesti in tutte le citta' d'Italia in solidarieta' con i migranti e contro il razzismo merita di essere accolto e sostenuto.

Facciamo ovunque  dell'11 settembre un giorno di testimonianza e di impegno per salvare le vite.

*

Il testo dell'appello ed i primi firmatari

"E' arrivato il momento di decidere da che parte stare. E' vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo e' sempre piu' complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia e' necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorita' per poter prendere delle scelte.

Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. E' difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identita' per poter sperare di trovarne un'altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e sperare che arrivi integro al di la', in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno.

Sono questi gli uomini scalzi del XXI secolo e noi stiamo con loro. Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure, minacce, ma e' incivile e disumano non ascoltarle.

La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civilta'. E' l'inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non e' in alcun modo accettabile fermare e respingere chi e' vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano.

Non e' pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie. Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.

Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le liberta' di tutte e tutti.

Dare accoglienza a chi fugge dalla poverta', significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.

Venerdi' 11 settembre lanciamo da Venezia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi. In centinaia cammineremo scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. Ma invitiamo tutti ad organizzarne in altre citta' d'Italia e d'Europa.

Per chiedere con forza i primi tre necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:

1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature;

2. accoglienza degna e rispettosa per tutti;

3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti;

4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino.

Perche' la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme.

L'appuntamento e' venerdi' 11 settembre alle 17 a Lido S. Maria Elisabetta a Venezia".

Primi firmatari: Lucia Annunziata, don Vinicio Albanesi, Gianfranco Bettin, Marco Bellocchio, don Albino Bizzotto, Elio Germano, Gad Lerner, Giulio Marcon, Valerio Mastrandrea, Grazia Naletto, Giusi Nicolini, Marco Paolini, Costanza Quatriglio, Roberto Saviano, Andrea Segre, Toni Servillo, Sergio Staino, Jasmine Trinca, Daniele Vicari, don Armando Zappolini (Cnca)

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Un'aggiunta nonviolenta

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

2. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI EUGENIE NIBOYET, DI THEODOR W. ADORNO, DELLE VITTIME DEL GOLPE CILENO E DELLE VITTIME DELL'ATTENTATO ALLE TORRI GEMELLE

 

Ricorre oggi, 11 settembre, l'anniversario della nascita di Eugenie Niboyet (Montpellier, 11 settembre 1796 - Parigi, 6 gennaio 1883), l'anniversario della nascita di Theodor W. Adorno (Francoforte, 11 settembre 1903 - Zermatt, 6 agosto 1969), ma anche l'anniversario del golpe in Cile del 1973, l'anniversario della strage delle torri gemelle a New York del 2001.

*

Anche nel ricordo di Eugenie Niboyet, di Theodor W. Adorno, delle vittime del golpe cileno e delle vittime dell'attentato alle torri gemelle proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

3. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA" DEL 2 OTTOBRE

 

Occorre fare del 2 ottobre una manifestazione mondiale contro tutte le guerre e contro tutte le uccisioni.

La Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi, e' infatti la migliore delle occasioni per far emergere nitida e forte la volonta' dell'umanita' cosciente che chiede pace, disarmo, smilitarizzazione, democrazia, giustizia, solidarieta', rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, tutela dell'unico mondo vivente casa comune dell'umanita'.

La nonviolenza ci convoca ad assumerci le nostre responsabilita'.

In ogni citta', in ogni paese, in ogni consesso civile, in ogni scuola, il 2 ottobre si celebri la Giornata internazionale della nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

4. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

5. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE

 

Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".

Ovunque si realizzino iniziative.

Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.

Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.

Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.

 

6. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

7. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LIBERTA' COME DOVERE

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti dell'8 gennaio 2015.

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

 

La liberta' di parola, la "parresia", liberta' ebraica-greca-evangelica-illuminista, qualita' di ogni cultura e spiritualita' umana che cerca una verita' della vita, questa liberta' e' il nostro tesoro, il nostro orgoglio, e soprattutto il nostro dovere, piu' ancora che un diritto.

E' un diritto di tutti, anche di chi non lo rispetta perche' offende la propria dignita' umana nel colpire la vita altrui. E' un diritto che e' stato offeso e deve essere difeso. Ma difeso in uno spirito opposto alla vendetta, che e' la logica degli assassini di Parigi.

Ovviamente non esiste alcuna scusa ne' alcuna possibile comprensione per costoro. Alla universale deprecazione, condanna, solidarieta' con le vittime e col giornalismo, vogliamo aggiungere questa sensibilita' alla liberta' come dovere.

L'eta' dei diritti e' il tempo storico e civile di cui siamo figli, il tempo storico che amiamo e difendiamo. Lavoriamo per il suo sviluppo quando cerchiamo di integrare il senso dei diritti con la coscienza dei doveri. Lo facciamo alla scuola di Mazzini, di Gandhi, di Simone Weil, di ogni grande e viva coscienza, e della coscienza evangelica.

Rivendichiamo la liberta' come dovere, non solo come diritto. La liberta' non e' sconfinata, non e' totalitaria. La liberta' ha la sua misura e il suo valore nella giustizia, nel diritto e nella liberta' dell'altro. La liberta' dell'altro non e' solo un limite alla mia liberta', ma una componente essenziale: nessuno e' davvero libero se non siamo tutti liberi. Non e' liberta' quella che ci si prende a spese degli altri.

Non e' liberta' vendicare un'offesa con un'offesa, una violenza con una violenza. Neppure e' liberta' giusta, ma licenza violenta, che muove violenza, il disprezzare l'islam con una "satira senza limiti" (di cui e' stato oggi rivendicato un presunto diritto), causa prossima del crimine di Parigi. Chi si sente offeso si fa simile e peggiore degli offensori col restituire un male peggiore.

L'Occidente che vuol essere civile e libero non dovra' ripetere la stoltezza di rispondere al terrorismo con la guerra, che ne e' gemella e nuova matrice. La vera risposta al terrorismo e' la difesa civile dei valori civili.

Gli assassini di Parigi, credendo di vendicare una bestemmia, hanno bestemmiato nel massimo dei modi, gridando il nome grande di Dio nell'atto di uccidere figli di Dio. In realta', non difendevano Dio, ma di Dio si servivano per rendere sacro, assoluto, il loro odio. Quell'omicidio e' una bestemmia, e la loro bestemmia e' omicidio. Hanno sparato bestemmie come hanno sparato pallottole. Dovranno render conto a Dio, offeso nelle vittime, e non solo alla societa' umana.

E' gia' successo nelle guerre di religione, in cui l'Europa bestemmio' usando un falso dio armato e omicida, diviso e contrapposto. Uscendo da quelle guerre sfiancata e dissanguata, coperta di peccato religioso, l'Europa comincio' ad impiantare la convivenza su basi umane, laiche: basi che non strumentalizzano Dio per sacralizzare i poteri politici, ma nemmeno bandiscono la liberta' interiore degli animi di accogliere da Dio uno spirito alto di bonta' e di giustizia, e di esprimerne pubblica gratitudine, senza offesa per alcuna altra aperta concezione di vita.

Oggi l'Europa, col fenomeno in se' positivo dell'incontro dei popoli e delle civilta', di umanita' plurale coabitante, rischia nuove guerre di religione, sia ad opera di un islam violento, che non e' l'islam dei musulmani buoni, spirituali, poveri, religiosi e giusti, sia ad opera di una religione atea occidentalista, orgogliosa di se', con pretesa di superiorita': quella superiorita' su base razzista, militare, economica, con cui l'Europa peggiore ha offeso il resto del mondo per secoli, fino a ieri e oggi.

Su giornali di destra si legge oggi l'accusa offensiva e falsa all'islam come tale, non ai suoi violenti interpreti, che sono imitatori dei violenti crociati cristiani e dei violenti colonizzatori. Si torna a citare Oriana Fallaci, per la quale la sola civilta' giusta e' la nostra, superiore, e l'integrazione e' impossibile. Dall'impossibile integrazione e dialogo umano nasce solo la guerra tra culture, che è un crimine come quello di Parigi.

Un direttore capace di diffamare scrive che "Allah e' il capo dei terroristi": che ragione c'e', e quale calcolo, nell'aggiungere violenza mentale alla violenza armata omicida? nel rinfocolare la provocazione sconsiderata?

Altri giornali, di una laicita' razionale, danno spazio a voci musulmane serie, civili, morali.

Ora la liberta' di stampa e di espressione viene rivendicata senza distinguerla dal disprezzo irridente e sommario di una tradizione umana degna, come l'islam. Il disprezzo non e' critica e non e' liberta'. Nulla giustifica la strage di Parigi contro "Charlie Hebdo". Ma neppure si puo' giustificare totalmente la provocazione insistente verso soggetti gia' agitati e disponibili alla violenza, e l'offesa verso musulmani umili, religiosi, che non rispondono con la violenza. Ricordiamo che vignette, parole e idee razziste, di scherno per i popoli aggrediti, per le donne merce di conquista, per i resistenti massacrati, correvano anche sui giornali del colonialismo italiano, e non era liberta', non era diritto, ma una caduta della civilta', male seme di male.

La reazione all'offesa e' stata criminale, intollerabile, ma l'offesa all'islam e al profeta - non solo ai musulmani violenti - c'e' stata, non doveva esserci. Se, per condannare i crociati, alcuni infamano Cristo, noi cristiani siamo offesi con lui: noi non dobbiamo vendicarci, e quelli non dovevano offendere. Se un cristiano risponde con violenza, fa male, ma quelli pure avrebbero fatto male provocandolo.

 

8. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DALLA GUERRA DI RELIGIONE ALLA RELIGIONE DELLA PACE

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 12 gennaio 2015]

 

La guerra di religione e' la peggiore di tutte. La religione della pace e' la piu' vera e la piu' grande, la piu' aperta e liberante, e puo' unire le piu' differenti forme di autentica umanita'.

Oggi siamo tra il terribile pericolo di quella guerra e la opportunita' di questo bene.

Chi ha sempre ripudiato la guerra, i suoi dolori e le sue vergogne, sa bene che l'attribuirsi un mandato divino assoluto per conquistare, dominare, uccidere - come fu nelle crociate, come fu nel "Gott mit uns" nazista, e in troppi altri casi, fino al mito della propria civilta' con diritti superiori, fino all'islamismo violento - e' bestemmia per chi ha fede in Dio, e' offesa alla dignita' uguale e inalienabile di tutti i membri della famiglia umana (cfr. Dichiarazione universale dei Diritti Umani, Preambolo, che riassume tutte le spiritualita' e le etiche umane), e' stoltezza che assolutizza cose umane relative e mutevoli.

Siamo nel pericolo di una guerra mondiale mossa da ignobili e superbi interessi di dominio, ma rivestita di abusati motivi di religione, di civilta', di una umanita' che pretende escludere altra umanita'. La guerra di religione spinge al peggio delle offese, dei dolori, dei danni alla qualita' umana di tutti.

Percio', oggi, nel pericolo grande, sono anzitutto le religioni sincere, sono le culture umanistiche e civili, sono tutte le persone con senso umano, che devono stabilire e rafforzare tra loro rapporti di dialogo, rispetto e stima, nella varieta' delle forme e delle spiritualita' - tanti raggi della medesima luce - sulla base della comune umanita' in continuo cammino di correzione e di umanizzazione.

Uscire dai particolarismi, dalle identita' chiuse, impaurite, minacciose; uscire verso gli altri, nella famiglia umana intera, che oggi piu' di prima comunica e si unifica materialmente; uscire dalle autogiustificazioni ostinate; uscire verso il perdono delle offese, il perdono generoso in attesa della reciprocita'; uscire verso la liberta' e la giustizia per tutti; uscire verso il culto della pace giusta: queste sono le condizioni e le opportunita' del grave momento, per avere non solo le possibilita' minime della vita, ma anche una fioritura nuova di umanesimo aperto alle aspirazioni umane piu' grandi di verita' e di bene.

E' facile dire questo. Ma tutti sappiamo che, dopo le parole, utili a svegliare le nostre coscienze, tocca ad ogni cultura, ad ogni spiritualita', ad ogni persona, correggere le proprie piccinerie cattive, le proprie superbie pericolose, il proprio orgoglio chiuso.

Tocca a tutti ricordare e perseguire cio' che ci fa umani, la vocazione umana universale al vero, al buono, al bello.

Ognuno ha da far questo su di se'. Io ho da farlo su di me.

 

9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: MADRE GRECIA E FIGLIA EUROPA

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 12 febbraio 2015]

 

Ecco, ora l'antica Madre sapiente e democratica, e povera, si confronta con la Figlia, piuttosto decadente, con una storia violenta di conquistatrice, certamente con buona educazione civile, finalmente pacificata all'interno, ma arrogante, e ricca, di una ricchezza all'insegna della "inequita'" (neologismo di papa Francesco).

La necessita' del piu' debole e' dovere e legge per il piu' forte.

Un patto leonino (da favole famose di Esopo e Fedro) non obbliga, non deve essere rispettato, perche' consiste nella volonta' del forte imposta al debole. Anche se il debole e' colpevole.

Nuova favola istruttiva - C'era una volta una famiglia in cui i genitori avevano speso male i loro soldi, si erano caricati di debiti, e i bambini soffrivano la fame. Punire i genitori, o sfamare i bambini? si chiedevano parenti e vicini di casa. I bambini si fecero sentire tanto che li convinsero: prima legge e primo dovere e' dimenticare debiti e crediti, e aiutare chi ha bisogno.

Prima della Grecia e dell'Europa, un'altra grande civilta' di giustizia aveva inventato il Giubileo (anche se non lo pratico' bene): ogni cinquanta anni si annullano i debiti, perche' la vita vale di piu', e il creditore non deve diventare padrone del debitore, ne' accumulare troppo.

Vorra' l'Europa - cioe' noi - diventare civile e giusta?

 

10. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DIALOGO SULLA GUERRA

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 17 febbraio 2015]

 

- Cosa dovremmo fare moralmente in Libia, far cessare il massacro tra le tribu' anche con la forza militare, oppure dirci che non e' affar nostro e che si massacrino pure?

- Il problema e' serio e grave. La nonviolenza non lo respinge, anzi. Non si puo' dire che la medicina non serve a niente quando si lascia arrivare il malato alla soglia della morte. Quando la politica e la cultura e la morale lasciano incancrenire un conflitto, questo diventa guerra, mortale, inguaribile, a stento curabile con cure palliative. E' vero. Bisogna pensarci prima. La nonviolenza non e' la crocerossa, che arriva dopo e raccoglie i morti. E' la prevenzione della guerra. I conflitti sono naturali, dinamiche della vita: vanno gestiti con l'intelligenza della nonviolenza, prima che degenerino in guerra. Tutte le guerre sono errori, conseguenze di errori: anche l'intervento in Libia di Sarkozy e Berlusconi nel 2011 fu errore stupido, concausa di questa situazione: vedi intervista di Prodi, "Il Fatto", 15 febbraio. "Il dolore segue l'errore come il carro segue il bue" (Buddha).

- Ma, che fare quando scoppia la guerra?

- Aiutare le vittime a fuggire, come dal vulcano che scoppia, come dal terremoto.

- Allora, la guerra e' catastrofe naturale inevitabile?

- No, e' azione umana, come l'opera del pazzo o del criminale che spara per strada, per fini suoi.

- Allora posso sparare al pazzo o criminale?

- Se davvero tutti i mezzi sono esauriti, e se cio' sembra risolutivo (complotto fallito di ottanta alti ufficiali contro Hitler) anche Gandhi lo ammetterebbe, come Bonhoeffer. Ma non posso costruire e usare l'atomica, che crea tutte le guerre successive e sta sul mondo come minaccia totale. Quella guerra '39-'45 fu vinta dal potere di sterminio che voleva Hitler, ereditato dai vincitori. Il guaio e' che quel diavolo e' legione, e' incarnato in strutture e culture (complesso militar-industrial-ideologico).

- Allora cosa resta da fare?

- Anche quei diavoli si possono cacciare: Matteo 17,21 e Marco 9,29. Voi traducete queste parole evangeliche in termini morali-politici. Cio' vuol dire anche imparare con vergogna e umilta' a lavorare per evitare la prossima guerra. Sapendo che anche questo e' avvenuto, non solo le guerre ci sono state, ma anche le non-guerre: si veda il libro di Anna Bravo, "La conta dei salvati. Storie di sangue risparmiato" (Laterza). Non tutti i malati guariscono, ma può guarire la societa' che fa ammalare, e la "economia che uccide" (come la definisce Francesco), uccide anche con il preparare sempre altre guerre.

Con pena, senza rassegnazione, Enrico

 

11. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: L'ARIA PUZZA DI GUERRA

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 20 febbraio 2015]

 

In questi giorni l'aria puzza di guerra, di sangue, di bombe, di minacce, di sferragliare di armi e scalpitare di ministri.

Ci scambiamo analisi su jihadisti armati e finanziati per calcoli oscuri da potenze petroliere, su stragi esibite in rete, su precedenti storici, su fondamentalismi religiosi e abusi di religione, ecc. Sapevamo gia' che nessuno e' innocente. Nessuno ha titolo per scagliare la prima pietra. Ma le pietre, e cose ben peggiori, volano. Che fare?

Tutto bisogna pensare. Qualcuno immagina, sul lontano mirabile precedente di Francesco d'Assisi, che, per esempio, un notabile musulmano, un vescovo cristiano, una donna leader pacifista, vadano insieme a chiedere di fare visita agli uomini vestiti di nero, per parlare con loro, a viso aperto. Potrebbe aggiungersi un portavoce dei popoli, che sono sempre le vittime della guerra nel diritto di vivere. Se si potesse appena appena parlare, un piede sarebbe gia' fuori dall'inferno. Difficile, rischioso, certamente. Forse sbloccante. Ma tutto va pensato.

E la politica? Incerta, vede impossibile l'inerzia e impossibile far guerra alla guerra. Si chiede la copertura dell'Onu, come se questa signora potesse assolvere preventivamente i sanguinosi peccati di guerra. Poi c'e' anche chi esorta a non esser timidi nel far guerra, che, a parer suo, regna perennemente sulla storia ed e' unica madre di tutte le cose nuove.

Una via d'uscita, l'unica che possa proseguire oltre il primo passo o l'impasse, e' tornare ad imporre, ognuno a se stesso, il "non uccidere" che arriva dappertutto, dai tempi piu' lontani, nonostante che le guerre lo svuotino a proprio uso.

Questa regola e' triste quando diventa necessario invocarla, ma e' bella, come il primo umile gradino della difesa effettiva della vita, quando ci tutela, tutti. Andando al campo degli uomini neri, dovremmo dire: "Noi non vi uccidiamo. Troppo, fin dal lontano passato, abbiamo ucciso, come ora fate voi. E allora vi chiediamo: uccidere, basta! Ditelo voi a noi, diciamolo insieme". Subito parleremo di vite umane, di terre, di popoli, sciogliendo l'ossessione della conquista, condividendo i tesori e il cibo che la terra ci da'. Se una maschera si aprira', ci sara' dentro un uomo, una donna, che ha le stesse gioie e speranze e angosce di noi tutti. Se potra' rilassare lo spasimo della paura feroce, sara' una persona uguale a noi. Nella parola e nell'ascolto, pur in faticoso cammino, la guerra e' fugata. Se potremo parlare, mangiare qualcosa insieme, potremmo vedere insieme cio' che e' comune nelle religioni, nelle culture, cio' che e' comune negli interessi.

Ma questo possiamo intanto farlo davvero, nelle nostre citta' multietniche: possiamo vedere nelle nostre religioni (islam e cristianesimo) che cosa hanno in comune, quali riferimenti di storia e di umanita', quali progetti di umanizzazione stanno curando, quale tessuto sociale costruiscono, e imparare cosi' che le differenze (anche quelle che non accettiamo per noi) arricchiscono e non accaniscono. Lo stesso potremo fare delle nostre culture: letterature, musica, arti, manufatti (che sono sempre piu' fatti insieme). Ci sono iniziative avviate, per fare che l'abitare qui, con gli stessi problemi, sia un abitare insieme. Queste azioni sono nella possibilita' di ogni cittadino, sul territorio prossimo, per integrare ghetti ed emarginazioni, che non diventino covi di risentimento e violenza.

La politica agisca a smontare quei processi storici, dalle crociate in qua, fino alle logiche di potenza di appena ieri, su quelle terre, che alimentano di semi tossici e taglienti la convivenza dei popoli.

Soprattutto, l'opinione pubblica e la politica devono ridurre drasticamente produzione, possesso, circolazione degli armamenti, che viaggiano per mano di mercanti senza coscienza, ma anche per l'azione cinica degli stati, che lo permettono per secondi fini.

Blocco delle armi, indagini sui movimenti di capitali, sorveglianza delle emittenze di messaggi bellicosi, sono cosa da fare, ma anzitutto occorrono azioni positive: comunicazione tra le culture, tra le religioni, dialogo nel quotidiano, condivisione costruttiva dei comuni problemi esistenziali.

Il mondo globalizzato non ha solo i gravi problemi della tensione fra le differenze, ma anche la bella opportunita' di una umanita' che avvicina tutta la varieta' dei suoi colori e delle sue note: a noi fare della pericolosa frizione un concerto vivibile, un'armonia. Col tempo, ma presto.

L'opposizione alla guerra non e' un'altra guerra, ma la costruzione di culture e costumi, e anche leggi, e relazioni umane, che compongano la vita di ognuno col suo vicino. Ma la riflessione continua.

 

12. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: TUNISIA: DELITTO E OPPORTUNITA'

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 21 marzo 2015]

 

I terroristi "islamoidi" (falsificatori dell'Islam) pur di uccidere cristiani, che chiamano "crociati", uccidono in modo vile e indiscriminato innocenti, come e' accaduto anche a Tunisi il 18 marzo.

Dio non ama la violenza, nessuna violenza. La sua parola per tutti e': "Non uccidere". Tutti siamo sue creatore e figli, ugualmente amati e protetti da lui.

L'odio deve essere spento con l'amore e la verita', senza opporgli nuovo odio, che e' dare ragione ai violenti col farsi loro imitatori.

Questi delitti oggi offrono ai cristiani una opportunita' provvidenziale: le voci cristiane piu' spirituali e autorevoli, dei vescovi, dei patriarchi, del papa, dei rappresentanti di tutte le chiese, dei monaci e dei laici consapevoli, rinnovino pubblicamente e sinceramente la confessione e la penitenza, davanti a Dio, per le "crociate". Esse furono guerre "cristianoidi", guerre ingiuste, mascherate con l'abuso del nome di Dio ("Dio lo vuole" gridavano Pietro l'Eremita e il papa Urbano II), percio' furono tradimento della comune umanita', della nonviolenza di Gesu', del suo amore per tutti, amore coraggioso fino a morire condannato alla croce, ma vincitore della morte.

Oggi i terroristi che falsificano l'Islam commettono lo stesso peccato dei cristiani che allora falsificarono il Vangelo, quando gli interessi feudali e militari intrupparono anche povera gente, anche bambini, andarono a fare massacri di ebrei e di "infedeli" musulmani, e ad imporre conquiste feudali in Siria, Libano, Palestina, col pretesto di riprendere in mano cristiana il Santo Sepolcro.

Anche le conquiste successive, come il colonialismo e lo sfruttamento economico, mosse da ideologie nazionaliste, razziste, capitaliste, vollero pretendere una giustificazione nella "civilta' cristiana", con ulteriore offesa sia al Vangelo, sia alle altre religioni e civilta'.

Non per paura, non per odio e disprezzo, ma per pura verita', oggi i cristiani rinnovino questa confessione, chiedano perdono a Dio, pregandolo che guarisca il cuore violento dei terroristi "islamoidi".

La fede armata e offensiva e' un peccato davanti a Dio: e' bestemmia attribuire al Clemente e Misericordioso dell'odio verso alcuni esseri umani.

I cristiani sinceri vogliono amicizia e fraternita', convivenza civile, nella giustizia e nella pace, nella stima reciproca delle tradizioni culturali e spirituali, con tutti i musulmani sinceri.

Noi ricordiamo che san Francesco di Assisi, nel 1219, a Damietta in Egitto, durante la crociata, passo' nel campo musulmano, per far visita al sultano Melek-el Kamil, fu accolto con rispetto e amicizia, e resto' forse due settimane in colloquio col sultano, trattando da amico quel "nemico". Non si sa tutto, ci sono leggende su quei giorni, ma e' certo che l'incontro fu buono, e che Francesco lascio' memoria e testimonianza di un "Vangelo senza spada".

Oggi e' data ai cristiani l'opportunita' ed e' rivolto loro l'appello a dare ai fratelli musulmani la stessa testimonianza di san Francesco.

 

13. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ASSASSINARE ETICAMENTE TRE RAGAZZI CHE SALTELLANO VISTI DAI DRONI

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 7 maggio 2015]

 

Una delle "uccisioni mirate" americane ha ucciso un americano (e con lui l'italiano Giovanni Lo Porto, entrambi prigionieri di Al Qaeda), ma gia' 38 cittadini occidentali negli ultimi anni.

Questa volta, per un attimo, l'opinione pubblica Usa "ha compreso in che modo il resto del mondo giudica i droni". Ma la realta' di luoghi come Pakistan e Yemen "e' troppo lontana per essere capita dagli americani"; appaiono "luoghi misteriosi e deumanizzati" (era gia' cosi' per il Vietnam, per dichiarazione successiva di Mc Namara), dove le vite di civili innocenti non sono da considerare. Non solleva dubbi il fatto che "nel decennio dei droni le organizzazioni terroristiche si sono rafforzate" (Rafia Zakaria, Dawn, Pakistan, in "Internazionale", 30 aprile, pp. 26-27).

Il programma "permette alla Cia di uccidere senza dover sapere chi sono le persone colpite". Dunque le uccisioni non sono mirate, ma molto casuali.

Nel 2012 un alto ufficiale americano ha detto che per la Cia "tre ragazzi che saltellano a gambe divaricate potrebbero essere dei terroristi in fase di addestramento". L'organizzazione non governativa "American civil liberties union" ha citato in giudizio la Casa Bianca. L'amministrazione Obama "sembra molto compiaciuta di aver fatto la scelta saggia, etica e responsabile (alternativa a guerre estenuanti) di uccidere persone di cui non si conosce l'identita'". Infatti, bersaglio dei droni non sono singoli terroristi, ma una casa, un mezzo di trasporto "associato a sospetti terroristi". La Nsa e la Cia sostengono che "le operazioni con i droni devono continuare altrimenti molti statunitensi moriranno". Adam Schiff, della commissione del Congresso che vigila sui servizi segreti (i quali nel 2016 costeranno 53,9 miliardi di dollari) fa capire che "gli Stati Uniti non smetteranno di uccidere i loro obiettivi anche senza sapere se si tratta davvero di nemici" ("The Guardian").

 

14. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Lucien Goldmann, Il dio nascosto. La visione tragica in Pascal e Racine, Lerici, 1961, Laterza, Roma-Bari 1971, pp. 640.

- Lucien Goldmann, Introduzione a Kant, SugarCo, Milano 1972, Mondadori, Milano 1975, pp. 190.

- Lucien Goldmann, L'illuminismo e la societa' moderna, Einaudi, Torino 1967, 1979, pp. 144.

- Lucien Goldmann, Marxismo e scienze umane, Newton Compton, Roma 1973, pp. 296.

- Lucien Goldmann, Scienze umane e filosofia, Feltrinelli, Milano 1961, 1981, pp. 176.

 

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

16. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2103 dell'11 settembre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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