[Nonviolenza] La domenica della nonviolenza. 335



 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 335 del 6 settembre 2015

 

In questo numero:

1. Ora

2. Benito D'Ippolito: Ballata per una Regina morta ammazzata sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno

3. L'11 settembre a Venezia ed ovunque in Italia la "marcia delle donne e degli uomini scalzi". E necessaria un'aggiunta nonviolenta

4. Verso la Giornata internazionale della nonviolenza del 2 ottobre

5. Bozza di lettera agli istituti scolastici

6. Bozza di lettera agli enti locali

7. Bozza di lettera alle associazioni democratiche

8. Bozza di lettera ai mezzi d'informazione

9. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

10. Verso la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

11. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

12. Cesare Pianciola ricorda Renato Solmi

13. Karl Marx: Frammento sulle macchine

14. Wlodek Goldkorn intervista Zygmunt Bauman

15. Giancarlo Bosetti presenta "Il demone della paura" di Zygmunt Bauman

 

1. IN BREVE. ORA

 

Accogliere tutti.

Abolire la guerra.

Salvare le vite.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Una sola umanita'.

 

2. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: BALLATA PER UNA REGINA MORTA AMMAZZATA SULLA STRADA TRA TUSCANIA E TARQUINIA NELL'ESTATE DEL DUEMILAUNO

[Nuovamente riproponiamo questo testo del 3 agosto 2001]

 

Ci sono cose che non sai come dirle

e allora le scrivi a righe interrotte.

 

Dilaniata dai randagi la salma

e' stata scoperta giorni addietro

di una giovane donna nigeriana

resa schiava in Italia e venduta

come carne e cavita' sulla strada

tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe

etrusche, le romaniche chiese, le ubertose

campagne che vanno alla maremma.

 

Leggo sui giornali gli impietosi

dettagli di cronaca nera, gli empi

segni di sempre da quando Caino

al campo invito' suo fratello.

 

Leggo sui giornali, i giornali locali

(non e' notizia da cronaca italiana

una persona annientata e abbandonata ai cani:

e' invece fatto

che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo

sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti

di petrolio pagine quotidiane).

 

E dunque leggo sui giornali locali:

dicono che si chiamasse Regina, venisse

dalla Nigeria, presa e recata

schiava in italia, dicono

chi l'abbia uccisa non sapersi.

 

E invece io so chi l'ha uccisa:

anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa

immota e deturpata. Io so

chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

 

E non solo l'eventuale fruitore di servigi

che in un raptus puo' averle torto il collo

a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

 

e non solo il racket che fornisce

carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi

che usciti di scuola o dall'ufficio

sulle loro carcasse di ferro perlustrano

i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

 

e non solo lo stato italiano che vede

tanto orrore per le sue strade

e non agisce per salvare le vite

concrete di esseri umani, non agisce

per far valere quella legge che vieta

nel nostro paese la schiavitu'

 

e non solo.

Io stesso mi sento le mani

sporche di sangue, io stesso che so

che a questo orrore resistere occorre

e che da anni non so fare altro

che spiegare come applicare

quell'articolo della legge 40

combinato con quell'altro articolo

del codice penale e come e qualmente

le istituzioni potrebbero salvare

la vita di tante Regine assassinate.

E nulla di piu' ho saputo fare.

 

E queste parole che ho aggiunto

avrei voluto tacerle.

 

3. REPETITA IUVANT. L'11 SETTEMBRE A VENEZIA ED OVUNQUE IN ITALIA LA "MARCIA DELLE DONNE E DEGLI UOMINI SCALZI". E NECESSARIA UN'AGGIUNTA NONVIOLENTA

 

L'appello promosso da personalita' della solidarieta', della cultura e dello spettacolo affinche' l'11 settembre si manifesti in tutte le citta' d'Italia in solidarieta' con i migranti e contro il razzismo merita di essere accolto e sostenuto.

Facciamo ovunque  dell'11 settembre un giorno di testimonianza e di impegno per salvare le vite.

*

Il testo dell'appello ed i primi firmatari

"E' arrivato il momento di decidere da che parte stare. E' vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo e' sempre piu' complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia e' necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorita' per poter prendere delle scelte.

Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. E' difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identita' per poter sperare di trovarne un'altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e sperare che arrivi integro al di la', in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno.

Sono questi gli uomini scalzi del XXI secolo e noi stiamo con loro. Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure, minacce, ma e' incivile e disumano non ascoltarle.

La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civilta'. E' l'inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non e' in alcun modo accettabile fermare e respingere chi e' vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano.

Non e' pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie. Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.

Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le liberta' di tutte e tutti.

Dare accoglienza a chi fugge dalla poverta', significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.

Venerdi' 11 settembre lanciamo da Venezia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi. In centinaia cammineremo scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. Ma invitiamo tutti ad organizzarne in altre citta' d'Italia e d'Europa.

Per chiedere con forza i primi tre necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:

1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature;

2. accoglienza degna e rispettosa per tutti;

3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti;

4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino.

Perche' la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme.

L'appuntamento e' venerdi' 11 settembre alle 17 a Lido S. Maria Elisabetta a Venezia".

Primi firmatari: Lucia Annunziata, don Vinicio Albanesi, Gianfranco Bettin, Marco Bellocchio, don Albino Bizzotto, Elio Germano, Gad Lerner, Giulio Marcon, Valerio Mastrandrea, Grazia Naletto, Giusi Nicolini, Marco Paolini, Costanza Quatriglio, Roberto Saviano, Andrea Segre, Toni Servillo, Sergio Staino, Jasmine Trinca, Daniele Vicari, don Armando Zappolini (Cnca)

*

Un'aggiunta nonviolenta

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

4. INIZIATIVE. VERSO LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA DEL 2 OTTOBRE

 

Occorre fare del 2 ottobre una manifestazione mondiale contro tutte le guerre e contro tutte le uccisioni.

La Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi, e' infatti la migliore delle occasioni per far emergere nitida e forte la volonta' dell'umanita' cosciente che chiede pace, disarmo, smilitarizzazione, democrazia, giustizia, solidarieta', rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, tutela dell'unico mondo vivente casa comune dell'umanita'.

La nonviolenza ci convoca ad assumerci le nostre responsabilita'.

In ogni citta', in ogni paese, in ogni consesso civile, in ogni scuola, il 2 ottobre si celebri la Giornata internazionale della nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

5. MATERIALI. BOZZA DI LETTERA AGLI ISTITUTI SCOLASTICI

 

Egregio dirigente scolastico,

come gia' sapra' il 2 ottobre ricorre la Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Mohandas Gandhi.

Con la presente la invitiamo a voler promuovere presso il suo istituto scolastico le iniziative di studio, di riflessione e di testimonianza che riterra' opportune.

Voglia gradire distinti saluti,

Firma

Luogo e data

Mittente, recapito postale, telefonico, e-mail

 

6. MATERIALI. BOZZA DI LETTERA AGLI ENTI LOCALI

 

Egregio Sindaco del Comune / Presidente della Provincia / Presidente della Regione,

come gia' sapra' il 2 ottobre ricorre la Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Mohandas Gandhi.

Con la presente la invitiamo a voler promuovere le iniziative che riterra' opportune per celebrare l'evento.

Voglia gradire distinti saluti,

Firma

Luogo e data

Mittente, recapito postale, telefonico, e-mail

 

7. MATERIALI. BOZZA DI LETTERA ALLE ASSOCIAZIONI DEMOCRATICHE

 

Cari amici, egregi signori,

come gia' saprete il 2 ottobre ricorre la Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Mohandas Gandhi.

Con la presente vi invitiamo a voler promuovere le iniziative di studio, di riflessione, di testimonianza e/o di mobilitazione che riterrete opportune.

Vogliate gradire distinti saluti,

Firma

Luogo e data

Mittente, recapito postale, telefonico, e-mail

 

8. MATERIALI. BOZZA DI LETTERA AI MEZZI D'INFORMAZIONE

 

Egregi signori,

come gia' saprete il 2 ottobre ricorre la Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Mohandas Gandhi.

Con la presente vi invitiamo a darne notizia ed a segnalare le iniziative che istituzioni, scuole, associazioni realizzeranno per l'occasione.

Vogliate gradire distinti saluti,

Firma

Luogo e data

Mittente, recapito postale, telefonico, e-mail

 

9. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

10. INIZIATIVE. VERSO LA GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

 

Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".

Ovunque si realizzino iniziative.

Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.

Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.

Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.

 

11. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

12. MEMORIA. CESARE PIANCIOLA RICORDA RENATO SOLMI

[Dal sito della bella rivista pedagogica "Ecole" (https://ecoleedit.wordpress.com) riprendiamo questo ricordo di Renato Solmi scritto da Cesare Pianciola li' pubblicato il 30 marzo 2015.

Su Cesare Pianciola dal sito del Centro di documentazione di Pistoia (www.centrodocpistoia.it) riprendiamo la seguente breve scheda: "Cesare Pianciola (Torino 1939) si e' laureato con Nicola Abbagnano e ha lavorato con Pietro Chiodi come assistente presso la cattedra di Filosofia della storia dell'Universita' di Torino. Docente di storia e filosofia nella Secondaria superiore fino al 1994 e di Analisi di testi filosofici dal 2001 al 2008 presso la S.I.S. di Torino, ha collaborato con articoli e recensioni a "Rivista di filosofia", "Quaderni piacentini", "Linea d'ombra", "Ecole". Fa parte del comitato editoriale de "L'Indice dei libri del mese" e del consiglio direttivo del Centro studi Piero Gobetti (al quale ha dedicato vari saggi, tra cui Piero Gobetti. Biografia per immagini, Cavallermaggiore, Gribaudo, 2001). Condirettore fino al 2011 del periodico "Laicita'", e' vicepresidente del Centro di Documentazione Ricerca e Studi sulla Cultura Laica "Piero Calamandrei". Ha studiato Marx (Il pensiero di Karl Marx. Una antologia dagli scritti, Torino, Loescher, 1971; Teoria marxiana, in Il mondo contemporaneo. IV. Storia d'Europa, Firenze, La Nuova Italia, 1981) e con Franco Sbarberi ha curato e introdotto la raccolta di inediti di N. Bobbio, Scritti su Marx. Dialettica, stato, societa' civile, Roma, Donzelli, 2014. Ha scritto anche su Hannah Arendt e sulla filosofia contemporanea italiana e francese".

Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. E' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

 

Scrivo con tristezza mentre le spoglie di Renato Solmi sono trasferite ad Aosta nella tomba di famiglia. Lo conoscevo da tempo immemorabile, a partire dalla comune frequentazione di Raniero Panzieri e dei "Quaderni rossi". Nel 1963 ci fu il suo licenziamento "politico" dalla casa editrice Einaudi, da cui poi la scelta di fare il professore di storia e filosofia nella secondaria superiore. Solmi, tra l'altro, e' stato un insegnante fortemente impegnato nel movimento per la democrazia della scuola e per la sua laicita'. Ricordo che promosse la pubblicazione del volume della "Serie politica" Einaudi (la "collana viola" curata da Luca Baranelli e Francesco Ciafaloni) Chi insegna a chi? Cronache della repressione nella scuola (1972), del quale era uno dei coautori. Partecipo' con la redazione torinese di "Rossoscuola" alla pubblicazione delle Cinque lezioni sul '68 (Torino, 1987), nel quale c'e' un suo intervento e una sua cronologia degli avvenimenti italiani. Nell'ottobre 1985 pubblico' su "Rossocuola" il Resoconto di un'inchiesta sulle materie e sui programmi del Liceo e intervenne con L'ora alternativa all'insegnamento della religione sulla rivista "Ex machina" nel 1987. Un contributo per i giovani al quale teneva moltissimo era la sua cura e introduzione a L'Abici' della guerra di Bertolt Brecht. Tutti questi scritti si possono rileggere nella sua Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004 (Quodlibet, Macerata 2007). Per l'ora alternativa all'insegnamento della religione cattolica aveva preparato percorsi e materiali di cui mi parlava spesso e che spero vedano la luce prima o poi. Non per ricordare il passato, ma per un uso attivo, rivolto al futuro, come avrebbe desiderato.

 

13. TESTI. KARL MARX: FRAMMENTO SULLE MACCHINE

[Dal sito www.doppiozero.com riprendiamo questo noto testo di Karl Marx, "Frammento sulle macchine", estratto dai Grundrisse der Kritik der politischen Oekonomie (Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica), Dietz Verlag, Berlin 1953, pp. 583-594, nella traduzione di Renato Solmi apparsa sui "Quaderni rossi", 4, 1964, pp. 289-300. La versione fu proposta a Renato Solmi da Raniero Panzieri, che nello stesso volume interviene sul brano dei Grundrisse]

 

Finche' lo strumento di lavoro rimane, nel senso proprio della parola, strumento di lavoro, cosi' come, storicamente e immediatamente, e' accolto e inserito dal capitale nel suo processo di valorizzazione, esso subisce solo una mutazione formale per il fatto che, ora, non appare piu' solo - dal suo lato materiale - come mezzo di lavoro, ma anche - e nello stesso tempo - come un modo particolare di esistenza del capitale determinato dal processo complessivo di quest'ultimo: come capitale fisso.

Ma, una volta accolto nel processo produttivo del capitale, il mezzo di lavoro percorre diverse metamorfosi, di cui l'ultima e' la macchina o, piuttosto, un sistema automatico di macchine (sistema di macchine; quello automatico e' solo la forma piu' perfetta e adeguata del macchinario, che sola lo trasforma in un sistema), messo in moto da un automa, forza motrice che muove se stessa; questo automa consistente di numerosi organi meccanici e intellettuali, in modo che gli operai stessi sono determinati solo come organi coscienti di esso. Nella macchina, e ancor piu' nel macchinario come sistema automatico, il mezzo di lavoro e' trasformato - nel suo valore d'uso, e cioe' nella sua esistenza materiale - in una realta' esterna adeguata al capitale fisso e al capitale in generale, e la forma in cui e' stato accolto - come mezzo di lavoro immediato - nel processo produttivo del capitale, e' tolta e trasformata in una forma posta dal capitale stesso e ad esso corrispondente.

La macchina non appare in alcun modo come mezzo di lavoro dell'operaio singolo. La sua differentia specifica non e' affatto, come nel mezzo di lavoro, quella di mediare l'attivita' dell'operaio nei confronti dell'oggetto; ma l'attivita' stessa dell'operaio e' posta ora in modo che si limita essa a mediare il lavoro della macchina, l'azione della macchina sulla materia prima; a sorvegliare questa azione e a proteggerla dalle perturbazioni. A differenza dello strumento, che l'operaio anima - come un organo - della sua propria abilita' e perizia, e il cui maneggio dipende quindi dalla sua virtuosita'. Mentre la macchina, che possiede abilita' e forza al posto dell'operaio, e' essa stessa il virtuoso, che possiede una propria anima nelle leggi meccaniche in essa operanti e consuma (come l'operaio mezzi alimentari) carbone, olio ecc. (matieres instrumentales) per mantenersi continuamente in movimento. L'attivita' dell'operaio, ridotta a una semplice astrazione di attivita', e' determinata e regolata da tutte le parti dal moto del macchinario, e non viceversa. La scienza, che costringe le membra inanimate del macchinario - grazie alla costruzione in cui sono inserite - ad agire funzionalmente come un automa, non esiste nella coscienza dell'operaio, ma agisce - attraverso la macchina - come un potere estraneo su di lui, come il potere della macchina stessa. L'appropriazione del lavoro vivo ad opera del lavoro oggettivato - della forza o attivita' valorizzante ad opera del valore dotato di esistenza propria -, che e' nel concetto stesso del capitale, e' posta - nella produzione basata sulle macchine - come carattere del processo produttivo stesso, anche nei suoi elementi materiali e nel suo movimento materiale.

Il processo produttivo ha cessato di essere processo di lavoro nel senso che il lavoro lo trascenda e lo comprenda come l'unita' che lo domina. Esso, il lavoro, appare invece solo come organo cosciente in vari punti del sistema meccanico nella forma di singoli operai vivi; disperso, sussunto sotto il processo complessivo del macchinario, esso stesso solo un membro, un anello del sistema, la cui unita' non esiste negli operai vivi, ma nel macchinario vivente (attivo), che appare di fronte all'operaio come un possente organismo rispetto alla sua attivita' singola e insignificante.

L'accrescimento della produttivita' del lavoro e la massima negazione del lavoro necessario e' - come abbiamo visto - la tendenza necessaria del capitale. La realizzazione di questa tendenza e' la trasformazione del mezzo di lavoro in macchinario. L'evoluzione del mezzo di lavoro a macchinario non e' accidentale per il capitale, ma e' la trasformazione e il riadattamento storico del mezzo di lavoro ereditato dalla tradizione in forma adeguata al capitale. L'accumulazione della scienza e dell'abilita', delle forze produttive generali del cervello sociale, rimane cosi' - rispetto al lavoro - assorbita nel capitale, e appare quindi come proprieta' del capitale, e piu' precisamente del capitale fisso, nella misura in cui esso entra nel processo produttivo come mezzo di produzione vero e proprio. Il macchinario appare cosi' come la forma piu' adeguata del capitale fisso, e il capitale fisso, se si considera il capitale nel suo rapporto a se stesso, come la forma piu' adeguata del capitale in generale. D'altra parte, in quanto il capitale fisso e' inchiodato alla sua realta' di valore d'uso determinato, esso non corrisponde (non e' adeguato) al concetto del capitale, che - come valore - e' indifferente ad ogni forma determinata di valore d'uso e puo' assumere o deporre ciascuna di esse come un'incarnazione indifferente. Per questo aspetto, e cioe' se si considera il capitale nel suo rapporto verso l'esterno, il capitale circolante appare come la forma adeguata del capitale rispetto al capitale fisso.

 

14. MAESTRI. WLODEK GOLDKORN INTERVISTA ZYGMUNT BAUMAN

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 15 giugno 2015.

Wlodek Goldkorn, intellettuale e giornalista, dopo aver lasciato la Polonia nel 1968 vive a Firenze; e' il responsabile del settore cultura del settimanale "L'Espresso", di cui e' stato anche corrispondente da New York; acuto saggista, si e' occupato di questioni internazionali e di cultura; negli anni Ottanta e' stato il fondatore e l'editore di riviste sull'Europa centrale e orientale, "L'ottavo giorno" e "L'Europa ritrovata"; ha collaborato anche con varie altre riviste, tra cui "Micromega", "Mondoperaio", "Limes", "Fine secolo". Opere di Wlodek Goldkorn: Uscire dal ghetto, Reverdito, 1988; (con Rudi Assuntino), Il guardiano. Marek Edelman racconta, Sellerio, 1998; (con Massimo Livi Bacci, Mauro Martini), Civilta' dell'Europa orientale e del Mediterraneo, Longo, 2001; La scelta di Abramo. Identita' ebraiche e postmodernita', Bollati Boringhieri, 2006.

Zygmunt Bauman, nato a Poznan in Polonia nel 1925, combatte' contro il nazismo, nel '68 perseguitato dal regime fu costretto a lasciare il suo paese; illustre sociologo, intellettuale democratico, ha insegnato a Varsavia, a Tel Aviv e Haifa, a Leeds; marito di Janina Bauman; e' il filosofo e sociologo noto per le profonde, cruciali riflessioni sulla "modernita' liquida"; e' oggi uno dei principali punti di riferimenti della ricerca sociologica e della riflessione morale e civile; le sue analisi e proposte costituiscono una fondamentale risorsa per l'impegno politico nonviolento per la pace, i diritti umani di tutti gli esseri umani, la difesa della biosfera. Tra le opere di Zygmunt Bauman: segnaliamo almeno Cultura come prassi, Il Mulino, Bologna 1976; Modernita' e Olocausto, Il Mulino, Bologna 1992, 1999; La decadenza degli intellettuali, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il teatro dell'immortalita', Il Mulino, Bologna 1995 (poi in seconda edizione col titolo Mortalita', immortalita' e altre strategie di vita, Il Mulino, Bologna 2012); Le sfide dell'etica, Feltrinelli, Milano 1996; La societa' dell'incertezza, Il Mulino, Bologna; Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari 1999; La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano 2000, 2008; Voglia di comunita', Laterza, Roma-Bari 2001; Modernita' liquida, Laterza, Roma-Bari 2002; La societa' individualizzata, Il Mulino, Bologna 2002, 2010; Intervista sull'identita', Laterza, Roma-Bari 2003; La societa' sotto assedio, Laterza, Roma-Bari 2003; Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari 2005; Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006; L'Europa e' un'avventura, Laterza, Roma-Bari 2006; Amore liquido, Laterza, Roma-Bari 2006, 2011; Lavoro, consumismo e nuove poverta', Citta' aperta, Troina (Enna) 2007; Homo consumens, Erickson, Trento 2007; Modus vivendi, Laterza, Roma-Bari 2007; Paura liquida, Laterza, Roma-Bari 2008; Consumo, dunque sono, Laterza, Roma-Bari 2008; L'arte della vita, Laterza, Roma-Bari 2009; Capitalismo parassitario, Laterza, Roma-Bari 2009, 2011; L'etica in un mondo di consumatori, Laterza, Roma-Bari 2010; Modernita' e ambivalenza, Bollati Boringhieri, Torino 2010; Vite che non possiamo permetterci, Laterza, Roma-Bari 2011; Il buio del postmoderno, Aliberti, Roma 2011; Cose che abbiamo in comune, Laterza, Roma-Bari 2012; "La ricchezza di pochi avvantaggia tutti" Falso!, Laterza, Roma-Bari 2013; Communitas, Aliberti, Roma 2013; Le sorgenti del male, Erickson, Trento 2013; Danni collaterali, Laterza, Roma-Bari 2013; (con David Lyon), Sesto potere, Laterza, Roma-Bari 2014; Il demone della paura, Laterza - Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma-Bari 2014; Babel, Laterza, Roma-Bari 2015 (con Ezio Mauro)]

 

Zygmunt Bauman, oggi uno dei pensatori piu' influenti del mondo, e' stato piu' volte esule. La prima volta, quando nel 1939, giovane ebreo, scappo' dalla Polonia verso la Russia, in condizioni simili a quelle dei profughi che, scampati alle guerre e alla traversata del Mediterraneo, sono in questo momento oggetto piu' delle nostre paure che di nostra solidarieta'. E la dialettica dell'integrazione ed espulsione dei gruppi sociali ai tempi della modernita' e' uno dei temi che piu' ha approfondito nelle sue opere. Con Bauman abbiamo parlato di quello che intorno alla questione profughi succede in questi giorni in Italia; tra una destra razzista e una sinistra che stenta ad affrontare le paure di una parte della popolazione.

- Wlodek Goldkorn: Sembra che non siamo in grado di far fronte alla questione immigrati.

- Zygmunt Bauman: Il volume e la velocita' dell'attuale ondata migratoria e' una novita' e un fenomeno senza precedenti. Non c'e' motivo di stupirsi che abbia trovato i politici e i cittadini impreparati: materialmente e spiritualmente. La vista di migliaia di persone sradicate accampate alle stazioni provoca uno shock morale e una sensazione di allarme e angoscia, come sempre accade nelle situazioni in cui abbiamo l'impressione che "le cose sfuggono al nostro controllo". Ma a guardare bene i modelli sociali e politici con cui si risponde abitualmente alle situazioni di "crisi", nell'attuale "emergenza immigrati", ci sono poche novita'. Fin dall'inizio della modernita' fuggiaschi dalla brutalita' delle guerre e dei dispotismi, dalla vita senza speranza, hanno bussato alle nostre porte. Per la gente da qua della porta, queste persone sono sempre state "estranei", "altri".

- W. G.: Quindi ne abbiamo paura. Per quale motivo?

- Z. B.: Perche' sembrano spaventosamente imprevedibili nei loro comportamenti, a differenza delle persone con cui abbiamo a che fare nella nostra quotidianita' e da cui sappiamo cosa aspettarci. Gli stranieri potrebbero distruggere le cose che ci piacciono e mettere a repentaglio i nostri modi di vita. Degli stranieri sappiamo troppo poco per essere in grado di leggere i loro modi di comportarsi, di indovinare quali sono le loro intenzioni e cosa faranno domani. La nostra ignoranza su che cosa fare in una situazione che non controlliamo e' il maggior motivo della nostra paura.

- W. G.: La paura porta a creare capri espiatori? E' per questo che si parla degli immigrati come portatori di malattie? E le malattie sono metafore del nostro disagio sociale?

- Z. B.: In tempi di accentuata mancanza di certezze esistenziali, della crescente precarizzazione, in un mondo in preda alla deregulation, i nuovi immigrati sono percepiti come messaggeri di cattive notizie. Ci ricordano quanto avremmo preferito rimuovere: ci rendono presente quanto forze potenti, globali, distanti, di cui abbiamo sentito parlare, ma che rimangono per noi ineffabili, quanto queste forze misteriose siano in grado di determinare le nostre vite, senza curarsi e anzi e ignorando le nostre autonome scelte. Ora, i nuovi nomadi, gli immigrati, vittime collaterali di queste forze, per una sorta di logica perversa finiscono per essere percepiti invece come le avanguardie di un esercito ostile, truppe al servizio delle forze misteriose appunto, che sta piantando le tende in mezzo a noi. Gli immigrati ci ricordano in un modo irritante quanto sia fragile il nostro benessere, guadagnato, ci sembra, con un duro lavoro. E per rispondere alla questione del capro espiatorio: e' un'abitudine, un uso umano, troppo umano, accusare e punire il messaggero per il duro e odioso messaggio di cui e' il portatore. Deviamo la nostra rabbia nei confronti delle elusive e distanti forze di globalizzazione verso soggetti, per cosi' dire "vicari", verso gli immigrati, appunto.

- W. G.: Sta parlando del meccanismo grazie a cui crescono i consensi delle forze politiche razziste e xenofobe?

- Z. B.: Ci sono partiti abituati a trarre il loro capitale di voti opponendosi alla "redistribuzione delle difficolta'" (o dei vantaggi), e cioe' rifiutandosi di condividere il benessere dei loro elettori con la parte meno fortunata della nazione, del paese, del continente (per esempio la Lega Nord). Si tratta di una tendenza intravvista, o meglio: preannunciata molto tempo fa nel film Napoletani a Milano, del 1953, di Eduardo De Filippo, e manifestata negli ultimi anni con il rifiuto di condividere il benessere dei lombardi con le parti meno fortunate del paese. Alla luce di questa tradizione era del tutto prevedibile l'appello di Matteo Salvini e di Roberto Maroni ai sindaci della Lega di seguire le indicazioni del loro partito e non accettare gli immigrati nelle loro citta', come era prevedibile la richiesta di Luca Zaia di espellere i nuovi arrivati dalla regione Veneto.

- W. G.: Una volta, in Europa, era la sinistra a integrare gli immigrati, attraverso le organizzazioni sul territorio, sindacati, lavoro politico...

- Z. B.: Intanto non ci sono piu' quartieri degli operai, mancano le istituzioni e le forme di aggregazione dei lavoratori. Ma soprattutto, la sinistra, o l'erede ufficiale di quella che era la sinistra, nel suo programma, ammicca alla destra con una promessa: faremo quello che fate voi, ma meglio. Tutte queste reazioni sono lontane dalle cause vere della tragedia cui siamo testimoni. Sto parlando infatti di una retorica che non ci aiuta a evitare di inabissarci sempre piu' profondamente nelle torbide acque dell'indifferenza e della mancanza dell'umanita'. Tutto questo e' il contrario all'imperativo kantiano di non fare ad altri cio' che non vogliamo sia fatto a noi.

- W. G.: E allora che fare?

- Z. B.: Siamo chiamati a unire e non dividere. Qualunque sia il prezzo della solidarieta' con le vittime collaterali e dirette della forze della globalizzazione che regnano secondo il principio "divide et impera", qualunque sia il prezzo dei sacrifici che dovremo pagare nell'immediato, a lungo termine la solidarieta' rimane l'unica via possibile per dare una forma realistica alla speranza di arginare futuri disastri e di non peggiorare la catastrofe in corso.

 

15. MAESTRI. GIANCARLO BOSETTI PRESENTA "IL DEMONE DELLA PAURA" DI ZYGMUNT BAUMAN

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 5 aprile 2014.

Su Giancarlo Bosetti dalla Wikipedia riprendiamo la seguente notizia: "Giancarlo Bosetti (Varedo, 20 aprile 1946) e' un giornalista e scrittore italiano. Laureato in Filosofia con Emilio Agazzi e Mario Del Pra all'Universita' Statale di Milano, inizia l'attivita' giornalistica nel 1969. Nel quotidiano l'"Unita'" e' stato capocronista, caporedattore e vicedirettore con la responsabilita' del settore culturale. Negli anni Ottanta ha portato sul giornale del Pci, poi del Pds, gli autori del pensiero liberale europeo e americano, con interviste e inchieste, sviluppando un'intensa collaborazione, tra gli altri, con Norberto Bobbio, Ralf Dahrendorf, Karl Popper, Giovanni Sartori, Isaiah Berlin, Amartya Sen, Robert Dahl. Proseguendo questo indirizzo di lavoro culturale liberalsocialista in forma autonoma, pur mantenendo responsabilita' nel quotidiano della sinistra, alla fine del 1993 ha fondato, insieme a Norberto Bobbio e Vittorio Foa (e con un gruppo di intellettuali in prevalenza filosofi, sociologi, politologi ed economisti) la rivista di cultura politica "Reset", di cui e' tuttora direttore. Ha lasciato "l'Unita'" nel 1999 e collabora attualmente, come editorialista, con "la Repubblica". Dal 1995 al 2003 ha tenuto corsi di sociologia della comunicazione e giornalismo alla Terza Universita' di Roma e poi dal 2003 al 2009 all'Universita' La Sapienza. Ha lavorato per anni alla confluenza dell'eredita' della sinistra italiana con una ispirazione laica, liberale e liberalsocialista. Ha contrastato con efficacia le interpretazioni e deformazioni conservatrici dei maggiori pensatori liberali, tipiche dello scenario italiano. Il suo lavoro con Popper - i due testi della "Lezione di questo secolo" e "Cattiva maestra televisione" - sono stati ripubblicati e tradotti in inglese (da Routledge), oltre che in diverse altre lingue, sulla base dell'edizione originale italiana. Negli ultimi anni, sulla rivista e con pamphlet polemici, ha sviluppato i temi della democrazia deliberativa, delle deformazioni mediatiche del discorso pubblico, del pluralismo politico e culturale. Ha preso a bersaglio soprattutto le posizioni conservatrici, etnocentriche e razziste, che ostacolano in Europa l'integrazione degli immigrati e il dialogo interculturale. E da ultimo ha attaccato in modo pungente anche la sordita' dell'estremismo laicista, che accusa di farsi assorbire dal conflitto con la Chiesa romana e di perdere di vista le novita' dell'epoca "postsecolare": la forza e la varieta' delle religioni sulla scena pubblica, il collasso delle ideologie politiche, il pluralismo delle culture nelle societa' europee. Opere di Giancarlo Bosetti: Socialismo liberale, Il dialogo con Bobbio oggi, raccolta di saggi scritta nell'anno del crollo del comunismo, Editrice l'Unita', 1989; Il legno storto, Cinque idee per ripensare la sinistra, Marsilio, 1991; La lezione di questo secolo, libro-intervista con Karl Popper, Marsilio, 1992; Sinistra punto zero, raccolta di saggi scritta con Bobbio, Lukes, Sartori, Veca, Walzer e altri, Donzelli, 1993; Cattiva maestra televisione, con scritti di Karl Popper e John Condry, I libri di Reset, 1994; A scopo di lucro, Conversazione sull'industria editoriale, con Franco Tato', Donzelli, 1995; Intervista sul pluralismo, con Robert Dahl, Laterza 2002; Democrazia deliberativa. Cosa e', con Sebastiano Maffettone, Luiss University Press, 2004; Giornali e tv negli anni di Berlusconi, con Mauro Buonocore, I libri di Reset, 2005; Cattiva maestra. La rabbia di Oriana Fallaci e il suo contagio, Marsilio, 2005; Spin. Trucchi e tele-imbrogli della politica, Marsilio, 2007; Il fallimento dei laici furiosi. Come stanno perdendo la scommessa contro Dio, Rizzoli, 2009"]

 

Zygmunt Bauman, Il demone della paura, Laterza, Roma-Bari 2014.

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Zygmunt Bauman, sociologo polacco trapiantato a Leeds, Inghilterra, e', prima che quel prolifico e amato scrittore che tutti conoscono, un grande lettore, un vorace esploratore della cronaca e della letteratura delle scienze sociali che descrive il nostro tempo, i cambiamenti che attraversiamo e percepiamo e le tendenze di cui abbiamo una cognizione ancora confusa. Se nei suoi saggi si e' rivelato il piu' efficace e originale inventore di linguaggio, quello della modernita' "liquida", quello che ha saputo meglio rappresentare la svolta dalla solidita' rocciosa dell'epoca industriale fordista alla instabile fragilita' dell'oggi, questo e' avvenuto grazie alle doti raffinate della sua scrittura e del suo eloquio, che riescono a conquistare il pubblico come solo i grandi narratori.

Siamo sospesi tra orrori e rischi. Bauman rende omaggio in modo esplicito alla molteplicita' delle sue infinite fonti, ma nel riferirne le scoperte e nel collegarle tra loro trova poi quasi sempre spunti per una sintesi che regala ai suoi lettori immagini e parole che marcano l'idea in modo permanente. Cosi' avviene anche in questo testo sulla "paura", che rielabora suoi lavori precedenti e vi aggiunge una sintetica rassegna antologica. Il tema hobbesiano della paura attraversa tutta la storia della teoria politica da Machiavelli ai giorni nostri, e' sia il nocciolo fondativo del potere assoluto del Leviatano sia la virtu' del principe che ne sappia governare gli effetti. In queste pagine troviamo quel genere di paura che alimenta e/o avvelena tanta parte della politica contemporanea. Del resto l'autore di Modernita' liquida, di Homo consumens e di La societa' individualizzata cominciava l'ultimo articolo apparso su "Repubblica" cosi': "Noi europei del XX secolo ci troviamo sospesi tra un passato pieno di orrori e un futuro distante pieno di rischi", paura di cose certificate dalla storia nel nostro passato e paura di cose incerte nel nostro futuro.

Perche' il presente e' schiavo della paura. Per Bauman la madre e il padre di tutte le paure che percorrono il nostro presente e' il declino, la scomposizione e la scomparsa dell'organizzazione economica, sociale, e anche politica, che andava sotto il nome di "fordismo", da intendersi come il sostrato industriale che reggeva l'intero edificio. Questa base irradiava sicurezze e solidita' nel corpo sociale. E cio' avveniva, si', anche grazie alla redistribuzione della ricchezza ad opera di uno Stato capace di provvedere alla copertura di molti bisogni, ma il "nucleo centrale" di quella forza irradiante era sopra ogni altra cosa la "protezione" che esso forniva, in forma di assicurazione collettiva contro le disgrazie individuali.

Fordismo e solidita'. Lo Stato e la societa' occidentale dell'epoca fordista, che si sono cominciati a incrinare negli anni Settanta del secolo scorso e che hanno poi subito i colpi della "fase uno" (anni Ottanta) e della "fase due" (gli anni correnti) della deregulation-individualizzazione, offrivano non solo una diretta manifestazione della loro forza stabilizzante nei confronti degli individui, ma anche il contesto di una solidarieta' operaia, sindacale, professionale, che scaturiva dall'organizzazione produttiva: la fabbrica fordista era la "esemplificazione dello scenario di modernita' solida in cui si stagliava la maggior parte degli individui privi di altro capitale". Quello era il luogo dei conflitti tra capitale e lavoro in una relazione, ostile, ma di "lungo termine". E questa caratteristica consentiva agli individui "di pensare e fare progetti per il futuro".

Esposti ai colpi del destino. Il conflitto era insomma un investimento ragionevole e un sacrificio "che avrebbe dato i suoi frutti", mentre la condizione attuale, la volatilita' globale dell'economia, fa apparire i tentativi di ripetere analoghi conflitti con analoghi strumenti un gioco nostalgico molto povero di senso. L'esaurirsi di quella fase, dovuta alla pressione di forze globali, e indipendente dalle politiche dei singoli Stati, ha trasformato la nostra vita, ci ha reso "societa' aperta", ma non nel senso popperiano di societa' libera, ma piuttosto nel senso di societa' "esposta ai colpi del destino".

Dal terrorismo al "diverso". Nei suoi scritti Bauman mette sempre generosamente in evidenza il debito nei confronti degli autori dai quali trae ispirazione: i piu' frequentemente citati sono Pierre Bourdieu (la precarieta' dappertutto), Manuel Castells (i flussi dell'economia globale che escludono irreversibilmente le "classi pericolose"), Ulrich Beck, Anthony Giddens ("la modernita' riflessiva", anche se la visione di Bauman e' molto piu' pessimistica della loro); e Robert Castel, il francese cui si deve tra i primi, insieme a Andre' Gorz, la scoperta che la "societa' del lavoro" volgeva al termine. In questa rassegna di paure, Castel e' presente con qualche sua bella pagina in cui il tema e' declinato in modo consapevolmente europeo: il paradosso e' che l'insicurezza e' molto diffusa nei Paesi sviluppati, che sono in realta' in migliori condizioni rispetto al mondo intero. E questo perche' insicurezza non e' solo "vivere nella giungla", ma dipendere da protezioni forti "che diventano fragili e dalla paura di perderle". Tutta la fenomenologia della paura si riaffaccia cosi' nei diversi segmenti della vita sociale degli ultimi decenni: il terrorismo, la criminalita' della vita urbana, le tendenze a recintare la comunita' di apparati di sicurezza, i rischi ambientali e della salute, e poi l'afflusso di Altri e Diversi, bersaglio prediletto dalle politiche della paura che hanno negli immigrati il piu' redditizio capro espiatorio.

Europa sociale unica speranza. Anche il capitale politico e' "liquido" e pronto a qualsiasi investimento e coglie con prontezza le possibilita' di profitti che la paura offre in misura crescente. Grandi investimenti si profilano di fronte allo scricchiolare della sovranita' di quel Leviatano che aveva costruito la sua forza e legittimazione proprio sulla paura (ma restituendo protezione e sicurezza). Sorprendente e discutibile la proposta dell'ungherese Frank Furedi che critica la sinistra per la diffusione della paura del riscaldamento globale e che sembra in realta' suggerirle proprio un investimento analogo a quello che la destra fa su sicurezza e incolumita' personale contro gli immigrati. Piu' ragionevole la risposta di Bauman e Castel: la vittoria sulle insidie della paura e' da cercare sopra i confini nazionali, in una Europa sociale e, a livello mondiale, nella creazione e nel rafforzamento di istituzioni internazionali capaci di controllare i rischi. Lungo cammino, ma senza alternative.

 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 335 del 6 settembre 2015

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