[Nonviolenza] La domenica della nonviolenza. 324



 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 324 del 21 giugno 2015

 

In questo numero:

1. Ricordando Bertha von Suttner

2. Verdiana Grossi: Bertha von Suttner

3. Enrico Peyretti presenta "Universalismo come pluralita' delle vie" di Pier Cesare Bori

 

1. MAESTRE. RICORDANDO BERTHA VON SUTTNER

 

Ricorre oggi, 21 giugno, l'anniversario della scomparsa di Bertha von Suttner, che all'impegno per la pace dedico' l'intera sua vita.

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Bertha von Suttner (Praga, 9 giugno 1843 - Vienna, 21 giugno 1914), scrittrice, straordinaria militante pacifista, ricevette il premio Nobel per la pace nel 1905. Opere di Bertha von Suttner: Giu' le armi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989; Abbasso le armi! Storia di una vita, Centro stampa Cavallermaggiore (Torino) 1996; Alfred Nobel, Bertha von Suttner. Un'amicizia disvelata - Carteggio 1883-1896, Moretti & Vitali, Bergamo 2013. Opere su Bertha von Suttner: Nicola Sinopoli, Una donna per la pace, Fratelli Palombi, Roma 1986. Su Bertha von Suttner segnaliamo anche i testi di Marta Galli (comprensivo di un'utile sitografia) e di Rosangela Pesenti apparsi rispettivamente nei nn. 850 e 845 de "La nonviolenza e' in cammino", l'ampio saggio di Verdiana Grossi ripubblicato in "Voci e volti della nonviolenza" n. 483 (che di seguito nuovamente riproduciamo), la voce di Giancarla Codrignani nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 514, l'articolo di Isabella Bresci in "Voci e volti della nonviolenza" n. 708, l'articolo di Annapaola Laldi nei "Telegrammi" n. 2012.

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Nel ricordo di Bertha von Suttner proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. VERDIANA GROSSI: BERTHA VON SUTTNER

[Riproponendo il seguente testo di Verdiana Grossi, "Convinzione e coerenza: uno stile di vita. Le origini di 'Giu' le armi!' di Bertha von Suttner attraverso le sue peregrinazioni" (1), nuovamente ringraziamo Francesco Pistolato, curatore del libro Per un'idea di pace, Cleup, Padova 2006 (ove il testo di seguito riportato si trova alle pp. 213-224), per avercelo messo a disposizione.

Verdiana Grossi insegna presso la facolta' di psicologia e di scienze dell'educazione dell'Universita' di Ginevra; formatasi negli Stati Uniti e in Svizzera, e' membro di diverse istituzioni internazionali legate agli studi di pace e ai diritti umani e consulente storica dell'International peace bureau di Ginevra. Tra le opere di Verdiana Grossi: Le pacifisme europeen, Bruylant, 1998]

 

Nel 2005 si celebra non solo il centenario del conferimento del Nobel per la Pace a Bertha von Suttner, ma anche i cento anni della teoria della relativita' ristretta di Albert Einstein. Nel 1905 Bertha von Suttner aveva 62 anni, Einstein 26. Bertha von Suttner non vide lo scoppio della prima guerra mondiale (mori' una settimana prima), ne' tantomeno la seconda e l'era atomica, ma si rese conto che la futura guerra sarebbe stata la piu' terribile che l'umanita' avesse mai conosciuta. Einstein vide ambedue le guerre mondiali. Esse influenzarono profondamente il suo destino personale, ed egli constato' tristemente l'irreversibile potere distruttivo delle armi nucleari. Queste due personalita' straordinarie condivisero una profonda preoccupazione in merito alla pace e al destino della razza umana. Ambedue sono per noi una fonte di ispirazione all'inizio del XXI secolo, segnato come il precedente dall'interminabile calamita' delle guerre.

Commemorare gli eventi significa anche valutare l'impatto sociale di una causa, il suo sorgere e gli atti che provoco'. Se questi ultimi sono stati buoni, allora continuano ad avere effetti positive su tutta l'umanita'. Ripercorreremo allora qui l'opera capitale di Bertha von Suttner: Giu' le armi!, risalendo alle sue origini e valutando il suo impatto storico fino ad oggi.

Verso la fine della sua vita, Bertha von Suttner decise di scrivere le sue memorie, poiche' era convinta di aver fatto qualcosa che valesse la pena di essere raccontata. Ella non si era limitata ad incontrare importanti personaggi, ma aveva anche partecipato "a un movimento che si era sviluppato fino ad assumere importanza storica" (2). Il movimento pacifista le dette anche "molti spunti per comprendere le questioni politiche" del suo tempo. I due volumi sulla sua vita, insieme a molti libri e a centinaia di articoli che scrisse e alla corrispondenza con persone di tutto il mondo, sono una fonte storica incomparabile per studiosi e giornalisti. Essi rispecchiano la vita di una donna che divenne una leader grazie alle sue qualita' di ostinazione, perseveranza e spirito d'iniziativa. La si poteva deridere, ammirare o odiare, ma non era possibile rimanere indifferenti di fronte a lei. Con il suo libro ella divenne infatti un simbolo del movimento pacifista, e l'attivismo svolse un ruolo centrale nella seconda parte della sua vita. Soprattutto, scrisse cosa ella era, cosa provava e cosa sapeva. Di lignaggio aristocratico, fu in un certo senso ripudiata dalla sua famiglia, e senti' di non appartenere a quel mondo, anche se in esso si sentiva perfettamente a suo agio. Creo' un mito personale di donna molto intelligente, grande lavoratrice, che viveva in un ambiente maschile, che la ammetteva nel suo ambito, la ascoltava e la accettava. Ancora oggi Bertha von Suttner attira l'interesse dei lettori, anche se le sue parole profetiche "Giu' le armi!" (Die Waffen nieder!) continuano ad essere difficili da mettere in pratica.

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Le origini di Die Waffen nieder!

Bertha von Suttner entro' nel movimento che avrebbe contribuito a modellare, e di cui sarebbe divenuta leader indiscussa, presentando come garanzia di sincero impegno per la pace il suo romanzo Die Waffen nieder!

A prima vista, nulla sembrava predisporre Bertha Felicita Sophia contessa Kinsky von Chinic und Tettau a divenire una delle maggiori pioniere del movimento internazionale della pace prima della prima guerra mondiale. Il suo nobile lignaggio, la sua formazione e il contesto sociale in cui era cresciuta l'avrebbero probabilmente resa un'impeccabile giovane nobildonna, se si fosse sottomessa alle convenzioni sociali della sua epoca. Ma lei non si sottomise. Per molti versi era una ribelle moderna e un tipo nuovo di donna: si rifiuto' di sposarsi se non per amore, si sposo' con un uomo piu' giovane e dovette lavorare per mantenersi e impegnarsi a fondo per raggiungere i suoi obiettivi (3). La pace non fu pero' per lei una scelta ovvia. Quando aveva 23 anni infatti la guerra austro-prussiana non la turbo' particolarmente e fu solo in eta' matura (aveva 46 anni) che scrisse il suo famoso romanzo (4).

Bertha Sofia Felicita von Kinsky era nata a Praga nel 1843. Suo padre, Franz Joseph conte Kinsky von Chinic und Tettau, era un luogotenente feldmaresciallo e ciambellano real-imperiale in pensione, morto all'eta' di 75 anni, prima che Bertha nascesse. Ella crebbe in un ambiente in cui una carriera militare costituiva un prerequisito per avere successo in societa'. La famiglia si sposto' a Bruenn, la capitale della Moravia, ove Bertha ricevette una solida educazione intellettuale, che le tornera' utile all'eta' di 30 anni, quando ancora non si era sposata. Oltre a padroneggiare la sua lingua madre, il tedesco, imparo' perfettamente il francese, l'italiano, l'inglese, sapeva suonare il pianoforte, cantare, e anche disegnare e dipingere. Dopo aver rotto tre fidanzamenti, lavoro' come istitutrice e dama di compagnia delle quattro figlie del barone Karl von Suttner. Allora la famiglia occupava un palazzo della Canovastrasse di Vienna. La sua occupazione le piaceva, ma si innamoro' del figlio piu' giovane, Arthur Gundaccar, e dovette andarsene.

Tramite un annuncio trovo' poi un impiego come segretaria presso Alfred Nobel, e lavoro' presso di lui a Parigi per breve tempo. Torno' poi a Vienna per sposare segretamente l'uomo che amava. La coppia si trasferi' nel Caucaso, dall'estate del 1876 al 1885, ove viveva la principessa Ekatarina di Mingrelia, loro amica. Dopo lo scoppio della guerra russo-turca del 1877, il Caucaso si trovo' in guerra, e Kutais fu invasa dai turchi. Sperimento' cosi' le tensioni politiche tra Costantinopoli, Vienna e Londra, e il fatto che l'impero austro-ungarico sostenesse la Turchia contro la Russia, rese probabilmente il loro paese natale sempre piu' inviso alla coppia (5). Vissero la' per nove anni, mantenendosi come scrittori e giornalisti. Scrissero sei libri e molti articoli. Lei dette anche lezioni di piano, di lingua e di disegno. Anche se la loro vita in quegli anni di esilio non era facile, seppero farne buon uso. Bertha von Suttner miglioro' la sua abilita' di scrittrice e giornalista, e rafforzo' il suo carattere, anche perche', per far accettare in Austria i suoi articoli, e poi anche per essere pagata, doveva insistere e persino litigare. Quegli anni pero' offrirono alla coppia la possibilita' di leggere, pensare, scrivere e studiare scienze, filosofia e storia, e di seguire gli eventi al crocevia fra tre imperi: l'ottomano, il russo e l'austro-ungarico. Fu per loro una scuola eccellente: di diplomazia, di solitudine e di vita. Bertha von Suttner si servira' di questa esperienza piu' tardi, quando si trovera' a contatto con il mondo della diplomazia, in particolare alle Conferenze de L'Aja del 1899 e del 1907.

Tornati a Vienna, ricevettero il perdono e poterono godere di un certo grado di accettazione da parte della famiglia. Furono poi in grado di ricominciare una nuova vita di scrittura e viaggi. Si recarono a Parigi, ove Bertha von Suttner, in casa di Alfred Daudet, senti' per la prima volta parlare dell'esistenza della International Arbitration and Peace Association. Rimase affascinata dall'idea. Tornata in Austria comincio' a raccogliere materiali sulla guerra, per scrivere un romanzo che descrivesse le sofferenze sul campo di battaglia. Si mise a leggere sulle atrocita' della guerra, incontro' generali, studio' cifre e bilanci dell'esercito. Apprese i dettagli del lavoro della Croce Rossa, e in un secondo momento avvio' una corrispondenza con Henri Dunant. Con l'aiuto di altre donne contribui' alla riabilitazione di Dunant, il quale nel 1901 ottenne, insieme con Frederic Passy, il Premio Nobel per la Pace, riconoscimento che fu istituito grazie all'influenza personale esercitata da Bertha von Suttner su Alfred Nobel e ad un'opera di convincimento di due anni.

Il romanzo Die Waffen nieder! fu pubblicato nel 1889, nel momento giusto e in un contesto favorevole. Innanzitutto c'erano le celebrazioni del primo centenario della rivoluzione francese, con molti festeggiamenti e l'esposizione universale a Parigi. In secondo luogo, era stato convocato il primo Congresso Universale della Pace, un'opportunita' per tutti i pacifisti del mondo di incontrarsi, e anche per i parlamentari, che costituirono l'Unione Interparlamentare. Questi due movimenti, quello popolare e quello politico, evolveranno parallelamente per alcuni anni. A Parigi nacque dunque un movimento pacifista organizzato. Pertanto Die Waffen nieder! comparve in un contesto generale estremamente favorevole, e questo ne determino' il successo. Nella sua introduzione all'edizione francese, il capitano francese Gaston Moch sottolineo' l'elogio ufficiale che ne aveva fatto il Ministro delle Finanze Dunajewski il 18 aprile 1890: "Signori, prendetevi alcune ore di tempo per leggere Die Waffen nieder!. Vergogna a tutti quelli che, avendolo letto, si sentono ancora in grado di muovere guerra!" (6).

Il libro divenne un bestseller del pacifismo, spesso paragonato a La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe per l'abolizione della schiavitu' (7) o al Ricordo di Solferino di Henri Dunant per la causa della Croce Rossa. Fu tradotto in 20 lingue, anche in retoromanzo, lingua parlata solo da 40.000 abitanti delle Alpi (8). Benche' si tratti di un romanzo, esso prende ispirazione dalla vita stessa di Bertha von Suttner e dalla sua esperienza in Europa centrale, dalla vita nella capitale Vienna e nel remoto Caucaso. Parigi aggiunge al romanzo la dimensione intellettuale de "la ville lumiere".

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Viaggi e attivismo

I viaggi della seconda parte della sua vita furono dedicati alla diffusione delle idee di pace. Bertha von Suttner era consapevole della sua capacita' di influenzare la pubblica opinione e di fornire cosi' un contributo personale. Da giornalista e scrittrice di successo, poteva servirsi dei suoi contatti sociali per indirizzarsi alle societa' viennese e berlinese. Nel 1891 fondo', la Oesterreichische Friedensgesellschaft, appena prima di partire per Roma per il terzo Congresso Universale della Pace, ove per la prima volta parlo' in Campidoglio. Da quel momento in poi dedico' tutte le sue energie per fondare nel 1892 il Bureau international de la paix, di cui fu nominata vice-presidente, la Deutsche Friedensgesellschaft e il mensile "Die Waffen nieder!", di cui divenne l'editrice. Nello stesso tempo continuava a coltivare la speranza che le Conferenze interparlamentari e i Congressi universali sulla pace cooperassero, anche tenendo i loro incontri contemporaneamente e nello stesso luogo. La sua rivista intendeva essere l'organo ufficiale delle Conferenze interparlamentari e del Bureau international de la paix di Berna, e delle Societa' della pace di Vienna e Berlino. A causa di difficolta' finanziarie pero', le pubblicazioni della rivista vennero interrotte nel 1899. In ogni caso, il fatto di farsi carico di un movimento agli inizi dimostra il suo acuto senso politico e strategico. Il suo grande sforzo fu di unire e rafforzare un movimento che aveva grande bisogno di coesione.

La sua precedente esperienza nel Caucaso le aveva permesso di acquisire un'ottica concreta e originale della politica europea e l'aveva aiutata a forgiare le sue idee politiche e sociali. Il suo compito consisteva nel convincere le classi dominanti, in particolare re, regine, imperatori e imperatrici, di schierarsi con la causa della pace. Qualche risultato lo ottenne, ma insufficiente per bloccare il montante nazionalismo estremo e l'aggressivita' delle politiche imperialistiche.

Nel 1898 contribui' a convincere lo zar Nicola II ad invitare i governi dei paesi industriali a partecipare ad una conferenza internazionale sul disarmo e sulla pace, che si tenne a L'Aja tra il maggio e il giugno 1899. I pacifisti accolsero la notizia con soddisfazione: finalmente i governi cominciavano a mostrare interesse per le loro idee. Una delegazione del Bureau international de la paix rappresento' il movimento per la pace a L'Aja. La baronessa von Suttner aveva l'incarico di occuparsi dei comunicati stampa. Il delegato americano a L'Aja, Andrew D. White, scrisse nella sua Autobiografia che "i pacifisti di tutte le nazioni" erano rappresentati in gran numero. Particolare impressione gli avevano fatto la baronessa von Suttner, autrice di Die Waffen nieder! e il pacifista William Stead (9), tra i pacifisti e giornalisti piu' attivi fra quelli presenti a L'Aja. Stead utilizzo' le colonne del quotidiano locale, il "Dagblad", per mantenere vivo l'interesse dei delegati, scrisse articoli per il "Manchester Guardian" e invio' un resoconto settimanale negli Stati Uniti, che veniva diffuso da New York a San Francisco. La sua speranza era che la Conferenza de L'Aja divenisse permanente e costituisse la base di un parlamento universale.

Bertha von Suttner divenne una delle piu' famose personalita' "non ufficiali" presenti a L'Aja e rappresento' il Bureau international de la paix con Frederic Passy. Riusci' a convincere uno degli sponsor, il conte Gurowski, a prendere in affitto una villa a Scheveningue, dal 30 maggio al 30 giugno 1899. In essa ella ricevette sia i delegati che i pacifisti di tutto il mondo (10). Ciascuno degli ospiti doveva registrare una frase su un fonografo... L'atmosfera era internazionale e molto promettente. La delusione arrivo' pero' dalla delegazione tedesca, che si rifiuto' di sottomettere le eventuali dispute ad un arbitrato obbligatorio. Fra gli altri pacifisti presenti a L'Aja vi erano il medico-fisiologo francese Charles Richet, il sociologo russo Jean Novicow, il banchiere polacco Jean de Bloch, autore di sette volumi sulla guerra futura, e il pittore britannico cosmopolita Felix Moscheles, dell'International Peace and Arbitration Association. Quest'ultimo osservo' che, per la prima volta, ogni giorno gli veniva richiesta la sua opinione su argomenti relativi al movimento per la pace, e che piu' di una volta si senti' trattato con rispetto (11).

Poco dopo la Conferenza de L'Aja pero', la scena internazionale fu occupata dallo scoppio di una serie di guerre: la guerra boera (1900), la spedizione cinese (1902), la guerra russo-giapponese (1905), la crisi del Marocco (1906), ecc. Nel 1907 molte illusioni erano svanite e la partecipazione dei pacifisti alla seconda Conferenza de L'Aja fu limitata. Le notizie si potevano leggere sui giornali, senza bisogno di recarsi a L'Aja (12).

Bertha von Suttner tuttavia partecipo' nel 1902 alla costituzione dell'Istituto della pace di Monaco e del Museo della guerra e della pace di Lucerna, viaggio' in lungo e in largo e incontro' molti dei leader del tempo: Edoardo VII, la regina Guglielmina, Theodor Roosevelt, ecc. Sapeva che se voleva essere ascoltata, era necessario che si rivolgesse ai politici. Pertanto si servi' di tutta l'influenza di cui disponeva per attirare la loro attenzione verso la pace. Viaggio' molto negli Stati Uniti, dapprima nel 1904, e poi nel 1912, quando riusci' a parlare a piu' di ventimila persone in una serie di incontri in varie parti del paese. Aveva 69 anni, ed era mossa dal dovere che avvertiva di orientare l'opinione pubblica contro la guerra.

Bertha von Suttner possedeva di certo una mente politica, pragmatica e tattica, ed era conscia dell'impatto che i media possono avere sull'opinione pubblica. Sapeva anche che il movimento per la pace aveva bisogno di finanziamenti. Il suo stretto rapporto con Alfred Nobel, con il conte Gurowski e con Andrew Carnegie evidenzia questa sua consapevolezza. Come detto, si servi' di un fonografo a L'Aja, scrisse molti articoli per la sua rivista "Die Waffen nieder!", tenne conferenze in giro per l'Europa e negli Stati Uniti, e invito' i musicisti a scrivere una musica che fosse "semplice, ritmica, come la Marsigliese, o l'inno nazionale austriaco", poiche' "non sono i musicisti del conservatorio che vogliamo influenzare, ma i popoli" (13). Si impegno' anche perche' venisse prodotta una pittura che mostrasse gli orrori della guerra, in modo tale da scioccare il pubblico. A convincerla di questa importanza della pittura e delle immagini (14) fu il suo incontro con il pittore russo Vaseli Werestchaguine a Vienna. Ella tento' di acquisire la collaborazione di Werestchaguine a "Waffen nieder!". Fu K. W. Diefenbach, con il suo "Per Aspera ad Astra", a fornirle un contributo per la rivista (15).

E' interessante notare che dal 1909 in poi Bertha von Suttner si concentro' sulla produzione di immagini e film per propagandare la pace. La versione cinematografica del romanzo Die Waffen nieder!, appena prima dello scoppio della prima guerra mondiale, aveva anche lo scopo di dare impeto alla propaganda pacifista. Il film e' stato proiettato in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita di Bertha von Suttner presso le Nazioni Unite a Ginevra nel giugno 1993 (16). In quell'occasione si vide che il film era piuttosto statico e non produceva l'impatto emozionale generato dal testo originale (17).

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L'attualita' del messaggio di Bertha von Suttner

Molti movimenti femminili ricordano oggi Bertha von Suttner. Ma le donne possono effettivamente identificarsi con lei? La risposta e' complessa. Considerando le cose dal punto di vista di oggi, la personalita' di Bertha von Suttner occupa un posto speciale nel contesto delle donne del suo tempo. Non sostenne direttamente il movimento femminile, ma segui' le sue attivita' con interesse e le incoraggio' (18). Talvolta ebbe l'impressione che le donne non lavorassero per la pace in modo adeguato, e disapprovo' gli intrighi presenti in quei movimenti. Benche' molte donne la ammirassero, soprattutto nei paesi scandinavi, quando ricevette il Premio Nobel per la Pace e fece i suoi viaggi in giro per gli Stati Uniti, Bertha von Suttner era una donna che operava a titolo individuale, al di fuori dei movimenti femminili e al servizio di un movimento che le dava la liberta' e l'indipendenza di promuovere "Die Waffen nieder!" e l'ideologia pacifista.

Forse Bertha von Suttner era piu' una mente politica che pensava di non aver bisogno di guadagnare diritti politici poiche', in un certo senso, li possedeva gia', anche se in modo informale. Occupava una posizione privilegiata. Era accettata come unica donna in un mondo di uomini. Partecipava come gli uomini a molti eventi ufficiali, come la Conferenza de L'Aja, ove aveva lo status speciale di giornalista, che aveva acquisito fondando la rivista "Die Waffen nieder!", che aveva anche lo scopo di appoggiare l'Unione Interparlamentare e i Congressi Universali della Pace. L'aver iniziato la sua carriera di pacifista al Campidoglio di Roma, ove per la prima volta aveva tenuto un discorso, le conferi' il coraggio e probabilmente l'autostima e la fiducia. Da quel momento era diventata uno dei conferenzieri piu' famosi del suo tempo, riconosciuta come scrittrice di livello e leader pacifista.

Se esaminiamo i risultati di un sondaggio condotto da un quotidiano tedesco sui propri lettori del 1903, per verificare chi fosse la donna piu' famosa, troviamo che Bertha von Suttner risulto' prima, con 154 voti, seguita dalla regina Carmen Sylva di Romania (142), le attrici Sarah Bernardt (139) e Eleonora Duse (132), e la scrittrice austriaca Maria Ebner-Eschenbach (74) (19). Bertha von Suttner non aveva pero' solo ammiratori, ma anche molti nemici, che ne facevano il bersaglio di riviste e quotidiani: Bertha die Judin, Friedens Bertha, Friedens Furie! Ad esempio, l'allieva di Sigmund Freud, Helene Deutsch, ne fece un ritratto estremamente negativo: "Aggressiva, ambiziosa, Bertha von Suttner non si concede mai riposo, e non assomiglia all'immagine, che si potrebbe avere, di una dolce signora influenzata dalla pace che pratica; l'esame psicoanalitico della sua personalita' mostra che il suo lottare per la pace non e' altro che una reazione alla propria aggressivita'..." E la Deutsch continuava, argomentando che la von Suttner trascurava o non riconosceva la lotta delle altre donne, in particolare quelle aderenti al movimento socialista, come Rosa Luxemburg (20), cui Helene Deutsch era vicina.

Bertha von Suttner era presa dalla sua missione di pace e fino alla fine della sua vita continuo' a scrivere e a tenere conferenze. Addirittura col passare degli anni il suo impegno aumento'. Dopo la morte del marito, avvenuta il 10 dicembre 1902, le sue attivita' pacifiste si intensificarono. Nel testamento Arthur Gundaccar von Suttner le chiedeva di "contribuire, nei limiti delle sue forze, a migliorare il mondo, a partecipare alla lotta per il bene, a far risplendere, inestinguibile, la torcia della verita'" (21).

Cosi' Bertha von Suttner continuava a scrivere instancabilmente, cercando di anticipare il futuro e di trasmettere il suo pensiero e il suo messaggio alla posterita': "E' agli esseri umani che ancora devono nascere che si indirizza il lavoro di noi che moriremo tra non molto. A loro affidiamo la nostra anima. Nascituri te salutant" (22).

Bertha von Suttner e' di fatto un personaggio che sfugge ad ogni classificazione. Vi sono un centinaio di descrizioni della sua vita, che ha attratto l'attenzione di eminenti storici e scrittori. La mostra organizzata dal Ministero degli Affari Esteri austriaco in occasione dei cento anni del conferimento del Premio Nobel per la Pace, rappresenta dettagliatamente la vita della donna che viene ricordata oggi.

L'aspetto che forse piu' colpisce quando si esamina la sua vita, e' come i contemporanei reagirono nei suoi confronti. Nessuno rimaneva indifferente. Chi la incontrava, provava subito un senso di rispetto. Gli uomini della sua cerchia - un'elite di pacifisti europei, tra cui generali, diplomatici e parlamentari - l'ammiravano molto. I gruppi socialisti la rifiutavano, vedendo in lei il leader di un movimento che anch'essi avrebbero voluto inglobare, quello dei pacifisti; i socialisti tuttavia sottolineavano che per raggiungere la pace era necessario innanzitutto realizzare cambiamenti sociali, di cui la von Suttner non teneva conto. Ella si identificava intellettualmente piu' con il positivismo e con il progresso della natura umana, che non con le teorie rivoluzionarie. Cio' spiega forse perche' enfatizzasse le qualita' di umanita', di abnegazione, e la convinzione di stare lottando per la giustizia e la cultura. Il suo approccio mostra chiaramente quali fossero le sue priorita', cioe' prima il disarmo, poi il miglioramento delle condizioni sociali: "Noi non diciamo che debba accadere questo o quello, o che questa o quella classe debba prendere il potere, e cosi' la guerra scomparira' sicuramente, o magari spontaneamente; diciamo invece: prima bisogna liberare il mondo dalla minaccia della guerra e della corsa agli armamenti, poi si potranno risolvere piu' facilmente ed equamente le altre questioni sociali" (23).

Probabilmente la sua opinione non era sbagliata. Il disarmo potrebbe portare anche ad una migliore distribuzione del benessere all'interno della societa' e a meno miseria, meno fame, meno analfabetismo.

Riformista moderata, accentro' la sua attenzione sulla strategia e suoi metodi per raggiungere la pace: disarmo, limitazione delle armi, arbitrato e federazione tra stati, cooperazione e sviluppo, anziche' sfruttamento: queste erano le vie secondo Bertha von Suttner per ottenere la pace.

Cosa farebbe oggi Bertha von Suttner?

Probabilmente difenderebbe le stesse cause di allora, ma vi includerebbe lo sviluppo di una cultura di pace e di nonviolenza, la difesa dei diritti umani, la limitazione delle armi e il controllo delle armi leggere, la sicurezza umana e altri aspetti del dibattito attuale. Sarebbe a favore dell'Agenda per il Millennio delle Nazioni Unite, ne sosterrebbe le idee, si opporrebbe agli stereotipi e all'odio, a favore della giustizia sociale e della pace.

Cosa direbbe oggi Bertha von Suttner?

Non arrendetevi! Mantenetevi saldi sulle vostre idee e lavorate duramente, piu' che potete, per farle vivere.

Direbbe che l'idea dell'Europa e' necessaria, ma non sufficiente, poiche' tutte le persone sono legate dalla stessa consapevolezza di appartenere ad una medesima umanita'. Bertha von Suttner vedeva la pace del mondo minacciata da molti pericoli, tra cui quello dell'americanizzazione globale: "un fenomeno ravvisato da alcuni dei nostri contemporanei piu' perspicaci. Qual e' la necessita' per gli uni di essere assorbiti dagli altri? Non e' meglio che le culture si compenetrino l'un l'altra e che si viva insieme, dopo aver realizzato un'unita' al maggior livello possibile? Questo e' lo scopo della societa' umana che lavora per il progresso" (24).

Pochi giorni prima della sua morte, avvenuta il 24 giugno 1914, lo scrittore Stefan Zweig la incontro' per le strade di Vienna. Lei lo supplico' di fare qualcosa per prevenire lo scoppio della guerra (25).

La vecchia baronessa von Suttner aveva sicuramente ragione. I suoi ultimi giorni furono senza dubbio tragici. Malata di cancro, sentiva probabilmente l'urgenza di agire di nuovo per prevenire lo scoppio di una guerra imminente. "Giu' le armi!", lo slogan del suo attivismo pacifico si rivelo' una missione impossibile da compiersi in un contesto nazionalistico, militarista e imperialista. Poco prima della sua morte aveva gia' previsto che le nuove guerre sarebbero state piu' distruttive che mai...

Nell'aprile del 1918 Stefan Zweig, che in qualche modo avvertiva l'obbligo morale di sostenere il testamento pacifista di Bertha von Suttner, tenne un discorso al Congresso Internazionale delle Donne a Berna. A proposito di Die Waffen nieder! disse: "La sua vita dimostra che lei viveva con coerenza la sua convinzione e che la sua convinzione era la sua vita" (26).

Era una donna animata da una sola idea, in definitiva, ma per essa lavoro' instancabilmente.

Gli archivi della Lega delle Nazioni presso la sede della Nazioni Unite di Ginevra, custodiscono il suo prezioso testamento, una delle piu' prestigiose fonti per la storia della pace prima dello scoppio della guerra nel 1914: la corrispondenza, i diari, i romanzi, le riviste e la collezione Suttner/Fried, cui vanno aggiunti gli archivi del Bureau international de la paix, di cui Bertha von Suttner era presidente onorario, e per la cui esistenza combatte' con grande energia.

E' responsabilita' di tutti noi, funzionari internazionali, diplomatici, studiosi e cittadini, di mantenere viva la memoria di coloro che operano per il bene comune e il futuro dell'umanita'. E' responsabilita' nostra sviluppare strategie per promuovere e difendere la pace in tutto il mondo. Come ha scritto il Ministro degli Affari Esteri austriaco Ursula Plasnik: "Bertha von Suttner non e' vissuta abbastanza a lungo per essere testimone delle guerre del XX secolo. Noi che sappiamo quali esperienze terribili siano state questi conflitti, abbiamo il dovere di ricordare e di continuare l'opera della sua vita" (27).

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Note

1. Questo testo trae ispirazione da due conferenze tenute dall'autrice all'inaugurazione della mostra Bertha von Suttner, una vita per la pace, organizzate dal Ministero degli Affari Esteri austriaco, per celebrare il centesimo anniversario del conferimento del Premio Nobel per la Pace a Bertha von Suttner: la prima presso l'Universita' di Udine, a Palazzo Antonini, inaugurata il 13 aprile 2005, e la seconda presso la sede dell'Onu a Ginevra, sotto gli auspici della Missione austriaca e di altre missioni permanenti, aperta il 6 dicembre 2005.

2. B. v. Suttner, Memoirs of Bertha von Suttner, vol. I, Boston-London, Ginn and Co. 1910, p. 3.

3. Si veda il libro di C. Goetz, Die Rebellin Bertha von Suttner: Botschaften fuer unsere Zeit, Elsdorf,  Klein und Elsinger 1996.

4. B. v. Suttner, Memoirs, op. cit., pp. 134-135.

5. Per il periodo trascorso da Bertha von Suttner nel Caucaso, si veda M. Enichlmair, Abenteuerin Bertha von Suttner. Die unbekannten Georgien-Jahre 1876 bis 1885, Wien, Roessner 2005, pp. 111-112.

6. Citazione di G. Moch in: Baronne de Suttner, Bas les armes! con una prefazione di M. G. Moch, Paris, Charpentier 1908, p. II.

7. Cfr. R. Braker , Weapons of Women Writers. Bertha von Suttner's Die Waffen Nieder! as Political Literature in the Tradition of Harriet Beecher Stowe's Uncle Tom's Cabin, "Austrian Culture", vol. 16, New York, Peter Lang 1995.

8. Il romanzo e' stato appena tradotto in giapponese da Kazuyo Yamane et al., Yokohama New Town, Kochi City.

9. Autobiography of Andrew Dickson White, vol. II, New York, The Century 1905, p. 260.

10. Kongelige Bibliotek, Copenhague, Frederik Bajer papers, von Suttner to Bajer, 30 marzo 1899.

11. F. Moscheles, "Impression at The Hague", in A History of the Peace Conference at the Hague, London, Alexander,  p. 11.

12. IPB, Suttner/Fried correspondance (S/F), Moch to Fried, 13 luglio 1907.

13. Bajer Papers, von Suttner to Bajer, 3 settemre 1900.

14. B. v. Suttner, Memoiren von Bertha von Suttner, Stuttgart, Deutscher Verlag 1909, pp. 280-286.

15. Die Waffen nieder, 1893, p. 94.

16. Die Waffen nieder. Bas les armes. Lay down your Arms. Bertha von Suttner (1843-1914) and other Women in Pursuit of Peace. Geneva, United Nations 1993.

17. Si tratta di un film prodotto dalla Nordisk Films e diretto da Dane Holge Madsen. E' reperibile presso il Danish Film Museum.

18. Si veda il suo articolo: Die Friedensbewegung und die Frauen, in "Die Waffen nieder! Monatschrift zur Forderung der Friedensbewegung", IV Jahrgang, 1895, pp. 254-257.

19. "La paix par le droit", n. 8-9,  August-September 1903, pp. 366-367.

20. H. Deutsch, Autobiographie, Paris, Mercure de France 1986, pp. 128-129.

21. "Extrait du testament d'A. Gundaccar de Suttner", in Baronne de Suttner, Lettres a' un mort, Geneve-Paris, Atar.

22. Ibid., p. 184.

23. Bertha von Suttner und der Kampf um die Vermeidung des Weltkrieges, I, Zuerich 1917, pp.  19-20, citato in A. Schou, The Peace Prize, Stockholm, Nobel Foundation 1950, p. 20.

24. Extrait du testament, op. cit., ibid., p. 175.

25. S. Zweig, Le monde de hier. Souvenirs d'un Europeen, Paris, Belfond 1982, p. 248.

26. B. v. Suttner. Katalog der Sonderaustellung im historischen Museum der Stadt Wien, Wien, Neues Rathaus 1950, p. 20.

27. Ein Leben fuer den Frieden. A Life for Peace, Austrian Museum for Economic and Social Affairs 2005, introduction.

 

3. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "UNIVERSALISMO COME PLURALITA' DELLE VIE" DI PIER CESARE BORI

[Dal sito di Peacelink riprendiamo il seguente testo di Enrico Peyretti del dicembre 2012 dal titolo originale "Pace tra le culture. La nonviolenza e l'universalismo spirituale" (e con il sommario: "Un modello interculturale: contemplazione, azione, devozione. 'Spirituale' e' piu' ampio che 'religioso'. Appello profetico e sostanza sapienziale. Pico e la 'dignita' dell'uomo'. La nonviolenza e' una via spirituale").

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68.

Pier Cesare Bori e' nato a Casale Monferrato il 3 febbraio 1937 ed e' deceduto a Bologna il 4 novembre 2012; docente universitario di filosofia morale, di storia delle dottrine teologiche, di diritti umani, ha insegnato nelle universita' di diversi continenti; ha lavorato nel campo dei diritti umani e collaborato con Amnesty International e varie esperienze ed iniziative pacifiste e nonviolente; figura di profonda spiritualita', uno dei maggiori maestri del pensiero nonviolento. Tra le molte opere di Pier Cesare Bori segnaliamo particolarmente: (con Gianni Sofri), Gandhi e Tolstoj. Un carteggio e dintorni, Il Mulino, Bologna 1985; Tolstoj oltre la letteratura, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; Per un consenso etico tra culture, Marietti 1991; L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1995; (con Saverio Marchignoli), Per un percorso etico tra culture, Carocci, Roma 1996, 2003; Pluralita' delle vie. Alle origini del Discorso sulla dignita' umana di Pico della Mirandola, Feltrinelli, Milano 2000; Universalismo come pluralita' delle vie, Marietti 1820, Genova-Milano 2004; CV 1937-2012, Il Mulino, Bologna 2012. Ha anche curato due importanti convegni di cui sono stati pubblicati gli atti: La pena di morte nel mondo, Marietti, Casale Monferrato 1983; e L'intolleranza: eguali e diversi nella storia, Il Mulino, Bologna 1985. Un'ampia bibliografia di Pier Cesare Bori (ovviamente da aggiornare) e' nel n. 112 del 5 febbraio 2001 de "La nonviolenza e' in cammino"]

 

Pier Cesare Bori, Universalismo come pluralita' delle vie, Marietti 1820, Genova-Milano 2004, pp. 217.

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Pier Cesare Bori (scomparso il 4 novembre 2012), docente di filosofia morale, studioso della nonviolenza, ha ricercato e praticato - con la presenza assidua di insegnamento e di rapporto umano, sia nell'Universita' sia nel carcere di Bologna, specialmente con i detenuti immigrati - un intenso lavoro di individuazione degli elementi comuni alle diverse vie spirituali (culture, religioni, etiche) dell'umanita'. Ha percorso la storia morale dell'umanita', con ampia informazione e riflessione sulle espressioni piu' varie delle sapienze umane.

In questo libro del 2004, Universalismo come pluralita' delle vie, raccogliendo tredici suoi saggi, Bori ricapitolava il percorso, fino a quel momento, della sua ricerca. Nel libro autobiografico postumo (CV, curriculum vitae, Il Mulino 2012), egli dice che il libro sull'Universalismo, con alcuni altri successivi, e' "espressione di una fiducia ritrovata, che mi spinge a intuire, o almeno a suggerire strade nuove".

Nel secondo saggio, che da' il titolo al libro, l'Autore propone un modello interculturale, gia' abbozzato altrove, che trae dalla Bhagavadgita, il libro chiave dell'induismo, amato da Gandhi, che ne faceva il proprio vangelo. Questa tradizione distingue, nella vita spirituale: contemplazione, azione, devozione.

La devozione - culto personale o fede in un Dio, insomma una rappresentazione religiosa di cio' che "sta per" la divinita' "intesa come potenza distinta essenzialmente dal mondo, ma non separata da questo quanto a realta' ultima" - e' un possibile, non necessario complemento di azione e contemplazione.

Bori ne trae uno schema quadripartito (p. 38 e ss.):

1 con rappresentazioni religiose

2 senza rappresentazioni religiose

A contemplazione A1 A2

B azione B1 B2

1 = religione, che comporta trasformazione etica di se' e del mondo

2 = ricerca intellettuale, non religione, ma produttrice di impegno pratico

Ogni cammino spirituale umano sembra poter essere ricompreso in questo paradigma. Qui "spirituale" e' piu' ampio di "religioso" e include anche "quegli orientamenti etici e contemplativi che non implicano una fede in una divinita' personale" (p. 39).

Sulla scorta di Albert Schweitzer, Bori individua la contemplazione come "atteggiamento 'monistico', volto a contemplare - teologicamente o filosoficamente - la realta' come necessaria, senza divaricazione tra essere e dover essere"; e individua l'azione come "l'atteggiamento 'dualistico' di chi, assumendo la divaricazione tra essere e dover essere - il male! - si assume anche il compito di superarla nella prassi, sia essa motivata religiosamente, sia essa un'etica laica" (p. 40-41).

Le diverse vie spirituali e religiose dell'umanita' si differenzierebbero per l'accentuazione dell'uno o dell'altro aspetto - contemplazione e azione - non per la presenza o assenza dell'uno o dell'altro. Cosi', induismo e buddhismo (questo con origine in A2: contemplazione non religiosa) coprirebbero attualmente le quattro possibilita'. Confucianesimo e taoismo si collocherebbero rispettivamente in B2 e A2 (azione e contemplazione non religiose). I monoteismi biblico e coranico nascerebbero in B1 (azione religiosa), ma p. es. il sufismo spazierebbe tra A1 e A2 (contemplazione religiosa e non religiosa), e la sapienza biblica (aspetto diverso da quello profetico) spazierebbe tra B1 e B2 (azione religiosa e non religiosa).

Nella Bibbia e nel Corano, Bori distingue un aspetto profetico da un aspetto sapienziale: l'appello profetico autoritario (pro-fezia significa parlare "al posto di altri", e questo ethos profetico sarebbe il carattere originario dei monoteismi) contiene nel suo centro stesso "una sostanza di razionalita' etica", cioe' di sapienza, in quanto "esige una corrispondenza necessaria tra il culto di Dio e la giustizia verso gli uomini" (p. 53). Si puo' leggere Isaia 1,11-17; Giovanni 4,23 e ss.; Corano 98,4 e ss.; 2,172.

Questi impegni etici sono richiesti anche dalla sapienza egizia, dalla razionalita' etica ellenistica, dalla cultura religiosa del Medio Oriente cristiano e persiano. C'e' una sapienza etica prima e dopo le rivelazioni profetiche. La novita' degli appelli profetici e' che la divinita' stessa si impegna a fare cio' che esige dagli uomini. Cio' non impedisce, ma semmai richiede che la parola profetica sia elaborata nel suo contenuto razionale immanente. Questo processo comincia nella Bibbia stessa e continua nella teologia, nella filosofia religiosa, nella stessa mistica. Max Weber parla del "grandioso razionalismo etico che scaturisce da ogni profezia religiosa" (p. 55).

Il modello monoteistico comporta un duplice dinamismo: quello che spinge verso la traduzione della profezia in sapienza etica; quello delle potenzialita' ulteriori dell'ispirazione profetica che ritorna e si rinnova nel tempo.

La versione sapienziale etica della profezia tende all'universalismo interculturale, mondano, secolare, della regola etica enunciata in un determinato contesto profetico religioso. Anche Pico della Mirandola, acutamente studiato da Bori (Pluralita' delle vie. Alle origini del Discorso sulla dignita' umana di Pico della Mirandola, Feltrinelli, Milano 2000), rintraccia un paradigma universale, reperibile in ogni tradizione a lui nota, che costruisce la "dignita' dell'uomo": trasformazione etica (azione); ricerca intellettuale (contemplazione); identificazione con la Realta' ultima (religione). I percorsi umani avrebbero dunque un parallelismo non contenutistico ma strutturale, che permetterebbe una convergenza finale e, intanto, un sostanziale consenso etico (pp. 43-44).

Ora, riferendo alla ricerca della nonviolenza queste riflessioni, a me pare che la nonviolenza sia sicuramente un atteggiamento e un orientamento che coinvolge progressivamente la persona in profondita'. Infatti, non basta, nell'esperienza, un atteggiamento strettamente pragmatico, proprio perche' la nonviolenza e' confrontarsi col male, nulla di meno; anzi, essa nasce proprio dal confronto col male-violenza (cfr Jean-Marie Muller, Aldo Capitini; vedi gli "esperimenti con la verita'" di Gandhi e di ogni grande lottatore nonviolento).

La nonviolenza e' dunque una via spirituale; e' anche contemplazione (riflessione, ricerca, individuazione del "bene" umano); e' azione (riforma di se', riforma di strutture e culture); non e' necessariamente religione in quanto esplicita "rappresentazione" religiosa, ma l'esperienza religiosa, sollecitata dalla nonviolenza a purificarsi da scorie di cultura violenta, contribuisce ad ispirare ricerca e azione, nei termini sapienziali razionali, sul terreno comune di ogni autentico cammino di liberazione.

 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 324 del 21 giugno 2015

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