[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 705



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 705 del 5 giugno 2015

 

In questo numero:

1. In memoria di Federico Garcia Lorca

2. Simone Scala: Renato Solmi e gli anni di "Discussioni"

3. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

 

1. MAESTRI. IN MEMORIA DI FEDERICO GARCIA LORCA

 

Ricorre oggi l'anniversario della nascita di Federico Garcia Lorca, che combatté il fascismo con la poesia e dai fascisti fu assassinato. Non muore la sua appassionata e luminosa poesia. Non muore la sua sincera e tenace lotta per un'umanita' di persone finalmente libere, eguali in diritti, solidali, felici della bellezza del mondo, felici di una vita finalmente fraterna e sororale, colma e degna, pienamente umana.

*

Nel ricordo di Federico Garcia Lorca proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. RICERCHE. SIMONE SCALA: RENATO SOLMI E GLI ANNI DI "DISCUSSIONI"

[Il testo che segue riproduce il secondo paragrafo del primo capitolo del lavoro di Simone Scala, "Renato Solmi a confronto con Th. W. Adorno e M. Horkheimer. Storia intellettuale ed editoriale di una mediazione culturale", tesi di dottorato in Teoria e storia delle culture e letterature comparate, Universita' degli studi di Sassari, a.a. 2011-2012 (il testo integrale e' disponibile on line nel sito http://eprint.uniss.it).

Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. E' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

 

Renato Solmi e' nato ad Aosta nel 1927. Figlio del poeta Sergio (1899-1981) e di Dora Martinet (1) (1899-1990), ha trascorso l'infanzia a Milano, citta' in cui ha svolto gli studi liceali e quelli universitari. Si e' laureato nel 1949 in lettere classiche con una tesi di storia antica su Platone in Sicilia (2).

Da un lato, l'ambiente intellettuale e antifascista della famiglia (la cui casa era frequentata da importanti letterati e artisti come il poeta Eugenio Montale, il pittore Domenico Baranelli o il critico letterario Giansiro Ferrata) ha consentito al giovane Renato di venire fin da presto in contatto con grandi esponenti della vita culturale nazionale, facendo nascere in lui un'intensa passione per la poesia. Ancora oggi, infatti, ricorda come il padre allora simpaticamente notasse la foga e l'intensita' con cui egli riempiva quaderni su quaderni di appunti e di versi poetici (andati persi o chiusi in qualche cassetto e comunque mai pubblicati). Dall'altro, pero', fu con i compagni di scuola e di universita' che fece le prime esperienze di attivita' intellettuale autonoma e militante. Come testimonia il suo amico Cesare Cases "sarebbe potuto essere un tipico 'figlio di papa' intellettuale', e invece non lo era affatto?" (3).

Tra il 1949 e la fine del 1951, infatti, partecipo' alla composizione e alla diffusione del "Foglio di discussioni" (che continuera' ad uscire fino al 1953), un giornaletto politico-culturale ideato da Delfino Insolera (1920-1987) e Roberto Guiducci (1923-1997). Pur collaborandovi fin dalle prime uscite, Solmi entro' a far parte della redazione affiancando i fondatori come terzo componente a partire dal quinto numero.

A questa rivista collaborarono giovani intellettuali, nati tra la fine degli anni Dieci e la fine degli anni Venti, mossi principalmente dalla volonta' di interrogarsi su problematiche e sollevare questioni che sentivano come fondamentali e urgenti per la propria formazione. Allo stesso tempo, pero', essi volevano liberarsi dalla rigidita' degli schemi politici e culturali in cui era costretta l'Italia delle prime fasi della guerra fredda. Come scrive lo stesso Renato Solmi nella premessa al volume uscito nel 1999 per la casa editrice Quodlibet che raccoglie l'edizione integrale della "rivistina" "la ricerca in comune della verita' che era un po' l'assunto di fondo del 'Foglio di discussioni', che, a sua volta, avrebbe dovuto servire a realizzarlo e a tradurlo in pratica, si sarebbe dovuta svolgere, pertanto, secondo un procedimento tipicamente socratico, caratterizzato, in primo luogo, dalla 'mancanza di presupposti' piu' completa" (4). Se forse si possono avanzare dei dubbi sulla totale mancanza di presupposti (o per lo meno sulla sua effettiva realizzazione), certo e' che la ricerca e l'apprendimento secondo l'insegnamento di Socrate, oltre che centrali per comprendere il funzionamento della rivista, costituiscono anche lo spirito e il metodo che animavano quei giovani, tra i quali vanno certamente ricordati - tra gli altri - Armanda Giambrocono Guiducci (1923-1992), Franco Fortini (1917-1994), Sergio Caprioglio (1928-1996), Luciano Amodio (1926-2001), Cesare Cases (1920-2005), Claudio Pavone (1920). Come si vede, se da un lato essi sono rappresentanti di storie, interessi ed esperienze diverse, cosi' come diverso e' stato il contributo di ciascuno alla rivista, dall'altro sono nomi che nel corso dei decenni successivi lasceranno il segno nella vita culturale italiana del Novecento, scrivendone alcune delle pagine piu' significative.

Proprio considerando le qualita' di coloro che parteciparono a questa esperienza, e' bene rivolgere l'attenzione su quel foglio ciclostilato in poche copie, distribuito a mano tra amici e conoscenti e la cui redazione si riuniva a turno nelle abitazioni dei vari membri. In generale, va evidenziato innanzitutto che - osservati a distanza di circa sessant'anni - quegli scritti hanno un valore sia storico-documentale che teorico di grande interesse per il livello di analisi che alcuni di essi raggiungono, probabilmente molto piu' profondo di quanto i lettori (se non gli stessi autori) allora riuscissero pienamente a comprendere data la diffusione assai limitata. Da questo punto di vista, infatti, ci renderanno possibile inquadrare per grandi linee il periodo storico-culturale in cui Solmi inizio' ad operare. Piu' in particolare, poi, sfogliare le pagine della rivista ci permettera' di individuare gli interessi e le idee principali di questa prima fase della vita civile e intellettuale di Renato Solmi. A tal fine utilizzeremo sia i suoi interventi risalenti a quegli anni, sia quelli in cui dalla prospettiva dell'oggi ricorda quel periodo centrale nella sua vita: "la storia di questa rivistina [...], della sua parabola e della sua interruzione finale, e' strettamente connessa a quella della mia vita personale, delle scelte a cui mi sono trovato di fronte in quel periodo decisivo della mia esistenza [...] a una folla di 'rimorsi' che non possono fare a meno di affiorare alla mia memoria e di farsi 'sentire' nel significato etimologico della parola, quando ripenso a cio' che avrei potuto essere o che avrei potuto fare" (5).

I principi e le idee che ispiravano questo gruppo di ragazzi, provenienti per la maggior parte da famiglie della media e grande borghesia cittadina, erano legati indubbiamente all'esperienza della Resistenza (a cui i piu' anziani tra loro avevano piu' o meno direttamente partecipato) e ad un progetto rivoluzionario per il superamento della divisione della societa' in classi (6). Tuttavia tali ideali si scontravano con la particolarita' della loro visuale e con una realta' in cui mancava il contatto diretto con la classe operaia o lavoratrice in genere e con i protagonisti delle sue lotte. Queste, agli occhi di quei giovani, apparivano sempre piu' sacrificate ad esigenze di realpolitik e di strategie politiche imposte dai vertici dei partiti proletari. In base a tale prospettiva, quindi, appare assolutamente appropriata la formula usata da Solmi secondo cui si era gia' di fronte ad una "alienazione socialista" (7), ovvero a quel crescente allontanamento dei gruppi dirigenti dalle masse e dai principi della lotta di classe che emergera' sempre piu' esplicitamente a partire dagli anni immediatamente successivi. Da cio' deriva chiaramente che il gruppo nella sua totalita' - per quanto limitato nel numero e nel peso effettivo rispetto al dibattito del tempo - mal sopportava le posizioni dei partiti ufficiali della sinistra ed in particolare del Partito comunista. Il loro fine principale, quindi, era dare vita ad un "organo di una libera discussione fra amici, fra soggetti liberi da qualsiasi condizionamento, disposti a seguire il ragionamento dove esso li porta, alla maniera di Socrate" (8). Volevano escludere per principio, al di la' dei risultati, ogni pregiudizio ideologico o concettuale che potesse condizionare il loro discorso, la loro discussione. Da questo punto di vista, bisogna considerare che probabilmente erano ancora partecipi ed in parte inebriati dall'atmosfera degli anni dell'immediato dopoguerra, "un'epoca relativamente felice di trapasso e di transizione, in cui ci si era liberati, bensi', del fascismo, e si poteva respirare per la prima volta, dopo tanto tempo, a pieni polmoni" (9). In questo senso, quindi, cercavano di emergere dalle dinamiche legate a temi e problemi sollevati dalla fase piu' acuta della guerra fredda in un'atmosfera soffocante e di chiusura, in quei "dieci inverni" che hanno dato il titolo al famoso ed importante saggio di Franco Fortini (su cui dovremo tornare ancora in seguito). Fu Roberto Guiducci che in modo particolare incarno' all'interno della redazione - anche da un punto di vista pragmatico e propagandistico che si contrapponeva (come dimostrano diversi interventi sul foglio) alla "conoscenza della verita con la V maiuscola" e alla "presunzione intellettualistica da 'primo della classe'" (10) di Solmi - un progetto politico/culturale che si scontrava con i dettami dei rappresentati intellettuali del mondo comunista ufficiale (italiano o sovietico), con l'autoritarismo e il dogmatismo staliniano.

Per sintetizzare, risulta illuminante seguire la definizione di questi giovani intellettuali che ci consegna Fortini: "un gruppo di persone che non sono o non si sentono legate da obblighi di disciplina formale verso il partito comunista ma che non di meno [...] non intendono far nulla che possa favorire gli avversari della classe lavoratrice; un gruppo che ha coscienza di non rappresentare solamente se stesso (intellettuali di scarsa o nulla esperienza politica diretta, ricchi ovviamente piu' di contraddizioni che di chiarezza, ecc.) bensi' una situazione diffusa largamente nella opinione di quanti siano o nei partiti politici di 'sinistra' o nelle loro immediate vicinanze e che raggiunge vaste zone di 'base' e quindi puo' essere politicamente determinante" (11).

Nella gia' citata introduzione al volume che raccoglie i "Fogli di discussioni", Renato Solmi sostiene che i collaboratori della rivista "i cui scritti mi sono parsi, retrospettivamente, piu' importanti e significativi, per la straordinaria incisivita' e pregnanza delle loro formulazioni, da un lato, e per l'attualita' e l'interesse che continuano a conservare anche per il lettore di oggi, dall'altro" (12) sono Luciano Amodio e Franco Fortini. Anche nella prospettiva che stiamo cercando di delineare in questa fase della ricerca, ed in modo particolare per ricostruire gli eventi centrali nella formazione intellettuale di Solmi, Amodio e Fortini appaiono come assai decisivi e fruttuosi per il futuro sviluppo del pensiero di Solmi stesso.

Il primo, compagno di banco di Solmi durante il ginnasio prima e il liceo poi (frequentati durante gli anni del fascismo), ha influito profondamente sul modo di pensare e sugli interessi di quest'ultimo (13). Persona di grande curiosita' e conoscenza letteraria e filosofica, Amodio era protagonista di profondi dialoghi e ragionamenti con Solmi, tanto che i loro incontri acquisivano propriamente l'intensita di "una festa intellettuale" (14). In modo particolare - rispetto alle testimonianze rilevabili dai suoi scritti sul foglio - la caratteristica principale degli interventi e il "grado eccezionale di assimilazione e di appropriazione [...] della terminologia e delle procedure della dialettica hegeliana, cosi' come essa viene applicata, dall'autore di questi scritti, all'esame dei problemi piu' disparati, e cioe' non solo di quelli propriamente filosofici e metodologici, ma anche a quelli politici organizzativi" (15). Insomma, Amodio - pur non essendo uno studioso di professione - si rivela come colui che grazie al suo realismo e alla sua concretezza guido' Solmi nello studio e nell'approfondimento della dialettica hegeliana impastata in modo originale con un marxismo non ortodosso e rivolta e applicata alla comprensione e all'interpretazione dei problemi legati anche all'attualita', come poi sara' evidente affrontando le opere successive di Solmi stesso: "direi che la maggior parte dei contribuiti di Amodio al 'Foglio di discussioni' presentino per l'appunto questo carattere, di spiegazione e ricostruzione dialettica dei problemi che vengono presi di volta in volta in esame, che si tratti della questione della bomba atomica, o dell'attualita' del marxismo, o del problema dei rapporti fra gli stati socialisti, o della natura stessa del metodo dialettico" (16).

Di diversa natura e' stato, invece, il contributo di Franco Fortini. Egli, di dieci anni piu' vecchio di Solmi, collaboro' alla rivista durante la seconda fase della vita di quest'ultima. Il suo impegno era orientato - oltre che ad affermare un'urgenza politica e militante e alla chiamata all'impegno civile e alla resistenza per il ceto intellettuale - a mantenere e a promuovere lo sviluppo di quel gruppo di giovani, riponendovi una speranza (probabilmente maggiore rispetto alle intenzioni effettive di altri partecipanti) che doveva fare i conti con le difficolta' di isolamento e marginalizzazione di una tale esperienza durante i primi anni Cinquanta: "Fortini coglie la novita' della tendenza che si esprimeva, quasi clandestinamente (lontano tanto dai partiti quanto dalle universita'), nella rivista [...]" (17). Sebbene, come afferma ancora Solmi nell'introduzione alla raccolta dei fogli di "Discussioni", Fortini fosse mosso dalla "preoccupazione quasi paterna di fare in modo che quel nucleo di forze e di persone animate da buone intenzioni e orientate approssimativamente nel senso giusto non andasse disperso" (18), cio' che avvenne e' in un certo senso uno scambio tra la nuova generazione e il rappresentante della vecchia (e delle sue speranze, illusioni e delusioni). Fortini, infatti, si sente in parte come "il vecchio che va a scuola dai figli" (19) e "tra gli insegnamenti che quei giovani - Ranchetti, Solmi, Guiducci, Amodio, Insolera - seppero trasmettere al quasi padre, piu' con l'esempio che con la teoria, infatti, metterei anche un modo di dialogare in cui la letteratura aveva un ruolo apertamente secondario: anche se i collaboratori del 'Foglio di discussioni' avevano ben presente quanto d'importante si andava scrivendo a quel tempo, e' sempre da domande sul mondo, sulla societe', che essi partono" (20).

Ed in effetti, per quanto pochi di numero (in tutto sei), gli interventi di Fortini pubblicati sulla rivista spiccano per la maturita' della riflessione politica e di quella estetico-culturale - due aspetti che, nei suoi scritti, molto spesso difficilmente possono essere separati. La sua attenzione, infatti, si rivolge soprattutto a tematiche quali il rapporto potere politica e cultura, arte e impegno dell'artista, organizzazione della rivista, teoria e funzione dell'arte. Un esempio in tal senso e' l'articolo "In che senso 'sconsacrare l'arte e la poesia'" (21), in cui Fortini controbatte ad un intervento di Solmi sulla funzione dell'intellettuale e il suo rapporto con il Partito (22 ) e, da un lato, ridimensiona alcune rigidita' di quell'interpretazione estetica che riduce la critica a sociologia volgare e limita l'arte esclusivamente alle sue componenti storico-culturali, interpretazione la cui origine puo' essere rintracciata nella prima critica di ispirazione marxista (come ad esempio in Plechanov) e, seppur in maniera meno evidente e piu' elaborata, anche in alcune teorie di Lukacs o, ancor di piu', dei suoi epigoni. Mentre dall'altro anticipa di qualche anno, rispetto alla diffusione in Italia, temi e posizioni che - per quanto riguarda ancora la riflessione estetica - saranno il cavallo di battaglia di critici e pensatori appartenenti o comunque vicini alla Scuola di Francoforte (Adorno e Benjamin soprattutto), ovvero la carica utopica e rivoluzionaria della poesia: "la resistenza che l'arte e la poesia oppongono continuamente ad una critica troppo orgogliosa di se' significa: che arte e poesia hanno una proposta d'uomo sempre diversa e maggiore e piu' ricca d'avvenire di quella che risulta dalla loro immagine critico-storica; che sono, alla lettera, insaziabili e incontestabili; e, in questo senso, maestre d'una accecante liberta', anticipi concreti su di essa" (23).

Rispetto al rapporto diretto del grande critico e poeta toscano con Renato Solmi, emerge un progressivo allontanamento, durante gli anni Cinquanta, del piu' giovane dal piu' esperto. E cio' sia per quel che concerne i legami personali, sia per le posizioni politico-intellettuali - come ad esempio rispetto al ruolo dell'intellettuale nella societa' e, piu' tardi, al movimento studentesco (24). Solmi, dunque, elaborera' nei confronti di Fortini un sentimento di riconoscenza posticipato, arrivando a capirlo solo piu' avanti negli anni. Infatti, se Amodio (l'amicizia con il quale, nonostante le normali e comprensibili divergenze, duro' ben oltre il periodo della gioventu') e' un compagno di viaggio da cui apprendere ma anche con cui confrontarsi per una crescita comune, Fortini rappresenta (in parte anche per questioni anagrafiche e di differenti esperienze) allora quasi una controparte il cui insegnamento e' stato recepito e profondamente apprezzato solo una volta che e' stata raggiunta una certa maturita' umana e intellettuale. Con le parole di Solmi stesso: "E anche se, ad allontanarmi da lui, sono state, in larga misura, circostanze oggettive e difficolta' di ordine pratico che erano del tutto indipendenti dalla buona o dalla cattiva volonta' di ciascuno di noi, mi rimane tuttavia il rimorso [...] di non avergli riconosciuto quella funzione di fratello maggiore, e quasi, per certi aspetti, di padre spirituale che egli aveva di fatto esercitato e che avrebbe potuto continuare ancora a lungo ad esercitare nei nostri confronti" (25).

Per sottolineare comunque il legame instauratosi tra i due, e' poi curioso notare che - come sostiene lo studioso Luca Lenzini - in La speculazione edilizia Calvino realizza le figure degli intellettuali Bensi e Cerveteri ispirandosi proprio a Solmi per il primo e a Fortini per il secondo (26).

Dal punto di vista redazionale, la rivista funzionava in modo che ad un "Avvio di discussione", in cui sinteticamente e in modo schematico veniva delineato un tema o un problema su cui dibattere (ad esempio Violenza e non violenza, Riflessioni sulla bomba atomica, Marxismo e religione), seguissero interventi, articoli, saggi piu' o meno lunghi, piu' o meno articolati, realizzati dai vari collaboratori, sia interni che esterni. Talvolta la discussione poteva protrarsi per piu' numeri, dare vita ad aspre polemiche o anche a scontri molto accesi tra i partecipanti. Per quanto concerne, piu' nel particolare, gli scritti di Solmi, questi ammontano in tutto a diciotto e sono limitati al periodo compreso tra il marzo 1949 e il novembre 1951 (come meglio vedremo in seguito, infatti, dal 1951 Solmi si trasferira' a Torino per lavorare presso la casa editrice Einaudi).

Dalla lettura dei suoi articoli sul "Foglio di discussioni" emerge che i temi da lui trattati riguardano principalmente la teoria e la filosofia politica; il legame tra cultura e politica e il grado di autonomia della prima rispetto alla seconda; il rapporto tra intellettuale (principalmente marxista) e Partito comunista. In generale si rileva che l'interesse di Solmi e' maggiormente rivolto verso la speculazione teorica e analitica piuttosto che verso la sintesi di una prassi politica/ propagandistica. Proprio tale inclinazione per la teoria e' alla base di una forte contrapposizione con Guiducci, il quale - a proposito della gia menzionata "conoscenza della verita' con la V maiuscola" - interviene con decisione sostenendo che "al metodologo Solmi pare non interessi una metodologia aderente ai problemi concreti e precisi, cioe' una metodologia rivoluzionaria. A lui piace dissentire, in ogni caso, ad ogni costo, a priori, anche quando ci si potrebbe chiarire in poche parole, perche' si e' interessati soprattutto a risolvere un problema pratico" (27). Si manifesta cosi' in maniera piuttosto acerba (acerbita' dettata probabilmente anche dalla giovane eta' dei protagonisti e dalla loro irruenza) e in negativo un aspetto caratteristico dell'attivita' intellettuale di Solmi e della sua militanza. D'altra parte e' questo anche un esempio di come procedesse la discussione interna alla rivista, ovvero in modo del tutto libero e senza nessun tipo di censura, ne' di autocensura. In questo senso, puo' essere interessante chiarire che, anche nelle modalita' organizzative e di funzionamento (ad es. il rapporto assolutamente paritario tra ciascun membro), "Discussioni" rappresentava un originale esperimento culturale che venne preso a modello da altre riviste nate negli anni immediatamente successivi. E' il caso, tra gli altri, di "Ragionamenti". Quest'ultima rivista - a cui peraltro Solmi non collaboro' in nessuna occasione - ne rappresenta in qualche modo una sorta di prosecuzione piu' organizzata, dato anche che sulle sue pagine scrissero molti dei partecipanti a "Discussioni", primi fra tutti Fortini e Guiducci, e che raggiunse una maggiore diffusione.

Dal nostro punto di vista, poi, e' bene soffermarci sul tema che maggiormente impegno' ed interesso' Solmi in questo periodo e che condiziono' piu' profondamente le sue scelte intellettuali successive: il legame tra politica e cultura nell'ambito di una prospettiva marxista e il rapporto tra struttura e sovrastruttura (tema peraltro assai dibattuto all'epoca). Che tale problema sia riconosciuto come centrale anche dallo stesso Solmi ancora oggi, emerge dalla scelta di inserire nella raccolta Autobiografia documentaria - in cui egli ha selezionato i testi piu' significativi della sua vita intellettuale - fra i suoi scritti pubblicati nella rivista, proprio quelli ad esso dedicati.

Ora non vogliamo tanto analizzare uno per uno e nel dettaglio i suoi interventi sulla questione, quanto piuttosto scorrerli rapidamente per rilevarvi le principali linee-guida che possono essere utili a ricomporre le idee cardine dell'autore. E' interessante, innanzitutto, notare come queste si formino intervento dopo intervento e maturino in base al progredire della discussione stessa, alla maniera dialogico-socratica appunto - come sottolinea piu' volte ancora lo stesso Solmi. Cosi' in principio, per quanto il legame fra politica e cultura sia assolutamente indissolubile, dagli scritti di Solmi emerge anche come sia necessario affermare la "autonomia relativa dei fenomeni culturali" (28). Ma sostenere che tale autonomia non sia assoluta da un punto di vista teoretico (ovvero che i fenomeni culturali sono comunque condizionati - se non determinati - dalla sfera economica e sociale), non significa che in sede pratica vada limitata la liberta' di ogni singola attivita culturale: "combattendo teoricamente la tesi della 'separazione metafisica' della cultura (almeno nel suo nocciolo essenziale) dal sostrato storico-sociale in cui sprofonda le sue radici [...], non ho niente in contrario che le sia concessa, in sede politica e giuridica, la massima autonomia di movimenti" (29).

In seguito alla risposta di Franco Fortini (il quale sosteneva come la questione centrale riguardasse non tanto i rapporti fra politica e cultura, quanto le modalita' di costituzione e determinazione del potere) (30), Solmi si propone un'analisi fenomenologica dei vari momenti che si concretizzano infine nel legame tra cultura e politica. Sottolinea, per prima cosa, come la politica (da intendersi qui fondamentalmente come i partiti politici o gli organismi governativi) sia in grado di condizionare oggettivamente la cultura mettendo in atto delle "sanzioni politiche", ovvero mediante una vera e propria "polizia culturale" (31): censura, divieto di pubblicazione, riduzione o eliminazione del sostegno finanziario, ecc. Nel momento in cui la cultura (soprattutto quella filosofica e letteraria, mentre per quella tecnico-scientifica il discorso e' relativamente differente) e' subordinata ad un ordine di partito o ad una direttiva governativa, cioe' ad una finalita' pratica e contingente, altro non e' che propaganda. Ma "fino a che punto, insomma, la propaganda e' cultura?" (32); e la propaganda ha necessariamente un significato negativo? Secondo il giovane Solmi, molto dipende dalle modalita' con cui la propaganda viene posta in essere o introdotta: "con l'impiego di motivi culturali eterogenei (appartenenti cioe' a formazioni culturali preesistenti, tuttora vive o in via di decomposizione) da cui vengano arbitrariamente dedotte conseguenze politiche immediate (la necessita' storica o ideale del regime vigente); oppure con la creazione ex novo di un'ideologia destinata ad integrare la prassi politica governativa (o di partito) su un piano piu' vasto" (33). Per Solmi solo il primo caso e' deleterio, mentre il secondo puo' assumere un carattere positivo in quanto si presenta come fondamentalmente nuovo e dinamico, il cui sviluppo non e' ancora stabilito e puo' dare frutti inaspettati. In modo piuttosto schematico, si puo' sostenere che il primo caso e' quello della dittatura, il secondo e' quello del superamento del regime dittatoriale. Ne emerge comunque che il rapporto tra propaganda e cultura puo' assumere contorni sfumati e si inserisce all'interno di un movimento dialettico: "ogni propaganda nasce dalla cultura e crea a sua volta nuova cultura" (34).

Il passaggio successivo riguarda la distinzione fra politicita' e partitarieta' della cultura, distinzione che permette all'autore - tra l'altro - di polemizzare con i dirigenti del Pci. Con politicita' della cultura, Solmi intende che "ogni creazione culturale affonda le sue radici nel sostrato storico-culturale in cui sorge" (35). La creazione culturale, quindi, porta il segno piu' o meno chiaro della realta' storica e sociale in cui e' stata realizzata. Allo stesso modo, pero', e' in grado di esercitare una certa influenza sulla societa' stessa, giungendo anche a prepararla al cambiamento. Si tratta evidentemente di un'impostazione riconducibile all'area storicistico-marxista che si contrappone all'idealismo di stampo crociano (teoria dei distinti) che godeva allora di un notevole seguito, anche tra le fila degli stessi intellettuali marxisti. In base al suo punto di vista ne consegue che "non esiste cultura apolitica" (36), semmai ci sono alcuni intellettuali politicamente attivi e altri passivi, alcuni consapevoli e altri inconsapevoli.

Partitarieta' della cultura, invece, "non significa soltanto assunzione, da parte dell'uomo di cultura, delle sue responsabilita' politiche, ma subordinazione totale dell'uomo di cultura all'uomo politico [...] insomma, dell'intellettuale al 'dirigente'" (37). In questo secondo caso, quindi, l'attivita' culturale e' sottomessa alle esigenze del Partito, e del tutto identificabile con esso. In tal senso la partitarieta' escluderebbe il riconoscimento dell'autonomia relativa delle forze che operano al di fuori del Partito stesso, mentre per Solmi "fra politici veri e propri e intellettuali politicamente consapevoli deve svolgersi un dialogo bilaterale" (38) e quindi una reciproca legittimazione. Cio' che qui viene affermato non e' il divieto per i dirigenti ("uomini di cultura prevalentemente dediti all'attivita' pratica e organizzativa" (39)) di indicare la via, esprimere critiche ecc., quanto il diritto degli intellettuali ("uomini politici prevalentemente dediti all'attivita' culturale" (40)) di intervenire in merito all'attivita' pratica e organizzativa. Insomma, Solmi rivendica il diritto di critica e - in ultima istanza - di partecipazione attiva anche per gli intellettuali nei confronti della direzione del Partito comunista non solo per cio' che concerne l'attivita' prettamente culturale, ma anche per quella politica, sul modello dell'intellettuale/politico incarnato da Gramsci.

Infine, agli intellettuali che "non hanno voluto chiudere gli occhi di fronte alle imposizioni e costrizioni piu' o meno esplicite a cui un uomo di cultura e' sottoposto all'interno del Partito comunista, e che tuttavia si sforzano di restare fedeli alla direzione profonda del movimento rivoluzionario" (41) non restano che due vie: o occuparsi di temi di studio e di ricerca che non contrastino con le indicazioni dei dirigenti; o rifugiarsi nell'isolamento "elitario" di piccoli circoli (anche se non esplicitato, ci pare che il riferimento possa essere ricondotto anche all'esperienza personale in "Discussioni"). La richiesta con cui Solmi conclude il suo intervento e' quella di un "mutamento profondo: una trasformazione radicale di metodi, destinata a ripercuotersi molto lontano, anche all'infuori del rapporto fra Partito e mondo della cultura" (42).

Va poi inserita nel percorso intrapreso da Solmi per giungere alla comprensione di questo problema, la sua critica alla dicotomia fra struttura e sovrastruttura, intesa comunemente (e soprattutto dalla linea "ortodossa" del materialismo storico) come il primato ontologico della materia sulla coscienza (ovvero della produzione materiale sugli altri aspetti della vita sociale) e quindi come l'antitesi tra passato e presente, necessita' e liberta', essere sociale e coscienza sociale. Solmi, da un lato, individua in tale posizione (sostenuta in questo caso da Cesare Cases, "in qualita' di ortodosso [...] per quanto non sappia se e come la mia feroce ortodossia possa inserirsi nelle tue considerazioni. Tuttavia tentar non nuoce" (43)) l'influsso e i residui del pensiero idealistico. Dall'altro, per lui la sovrastruttura e' "un insieme di strutture non meno solide e necessarie delle strutture propriamente economiche e tuttavia (come le strutture economiche) in corso di progressiva trasformazione" (44) e quindi inserita pienamente nella realta' storica. E, in quanto realta' storica, esercitante una data resistenza all'azione critica e trasformatrice.

Particolarmente interessante e' poi il rapporto di interazione reciproca tra i due elementi: "se si puo' parlare, in linea di massima, di un ritardo della superstruttura sulla struttura [...], si possono tuttavia dare, in un altro senso, anticipazioni ideologiche per cui determinate convinzioni, maturate in gruppi piu' o meno ristretti, e tradotte quindi in azione politica conforme, possono contribuire ad accelerare e a modificare il processo di trasformazione delle strutture" (45) (il caso limite e' l'utopia: seme sterile nell'immediato che puo' fruttificare in un futuro indeterminato piu' o meno lontano). Riassumendo il pensiero di Solmi, bisogna sottolineare che il ritardo va qui inteso nel senso di scompenso e inadeguatezza (ad esempio di un sistema filosofico rispetto agli sviluppi delle scienze naturali ecc.) ed e' quindi interno e non esterno al processo storico. L'influenza reciproca tra strutture e' data dal movimento storico e dall'energia trasformatrice in esso insita. Tale movimento appare, soggettivamente, come coscienza e come volonta' e ha come sede l'individuo concreto (allo stesso modo delle forze conservatrici e passive). Gli individui concreti sono inseriti in un determinato processo storico globale in cui si possono creare dei blocchi (46): un blocco storico passivo e un blocco storico attivo. La coscienza-volonta' e' frutto e manifestazione di una dinamica delle strutture storiche dal punto di vista marxista, materialista e non idealistico, la struttura puo' essere identificata con le forze economiche, mentre la superstruttura con fenomeni politici, ideologici, culturali, ecc. La presa di coscienza riguarda l'individuo come sua trasformazione radicale e duratura, totale, che e' - quindi - strutturale e superstrutturale a un tempo. Sarebbe opportuno limitare l'uso dei termini struttura e superstruttura solo al loro significato fenomenologico descrittivo - correndo il rischio pero' di incorrere nell'errore di Croce, ovvero in quello di non distinguere piu' infine tra i vari fenomeni e di disconoscere il primato della struttura economica (da intendere qui come il condizionamento esercitato dai fattori economici e dal sistema delle forze produttive sui fenomeni ideologici e sulle superstrutture in genere). In realta' la questione del rapporto struttura/superstruttura non e' di ordine metafisico, ma storico e pratico-programmatico (di studio e di determinazione). Alla teoria della circolarita' di Croce manca proprio questo aspetto, essendo limitata all'astrattezza speculativa "di distinguere, all'interno di questo processo [del processo storico], una serie di fattori o settori relativamente indipendenti (ossia di essere studiati separatamente) e di stabilire il carattere delle loro reciproche influenze e determinazioni" (47).

Infine, prendendo come spunto la critica alla "tesi del 'primato' storico e culturale della nazione russa in tutte le fasi della sua storia, dedotta retrospettivamente dall'attuale funzione di guida dell'Urss nei confronti della maggior parte del mondo progressivo, e', in altre parole, una dottrina della predestinazione del popolo russo ad assurgere all'alta funzione che avrebbe dovuto esercitare nel XX secolo" (48), Solmi intende criticare il rapporto tra intellettuali e direzione comunista in Unione Sovietica (ma appare chiaro come il discorso sia in realta valido anche per il Pci), per cui i primi aderiscono in modo acritico alle posizioni e alle direttive che provengono dai centri di potere accettandone di fatto la supervisione ideologica. Gli intellettuali dovrebbero avere il coraggio di criticare apertamente, anche per una strategia politica a lungo termine. Infatti, chi non lo fa "non si rende conto di favorire e accelerare, per quanto sta in lui, un processo di anchilosi politica e culturale che potrebbe essere arrestato e invertito da un comportamento opposto; e per malinteso senso del dovere, che gli impone di 'non fare il gioco dell'avversario', non vede come, contro le proprie intenzioni, finisce precisamente per farlo. [...] Noi crediamo che la colpa maggiore sia, oggi come sempre, il silenzio" (49).

Passati rapidamente in rassegna i principali interventi di Solmi sulla rivista, cerchiamo ora di trarne qualche indicazione generale relativamente alle sue idee, soprattutto nella prospettiva del suo impegno futuro. Pur intervenendo su una questione che aveva acquisito un ruolo prioritario nel dibattito intellettuale non solo in Italia (si tratta probabilmente di una vexata quaestio centrale per quello stesso torno di tempo e per diversi anni a seguire) (50), Solmi lo affronta con alcune note di originalita', sia nel metodo che nel merito. Innanzitutto, infatti, abbiamo gia' osservato come il suo discorso progredisca passo dopo passo alla ricerca della "verita'" per raggiungere una meta che - per quanto sia stata precedentemente determinata, almeno dal punto di vista tematico - puo' subire cambiamenti piu' o meno rilevanti in base a nuovi elementi ed idee che nascono durante il confronto dialogico. Quindi, pur restando su un livello prettamente teorico, Solmi cerca di scandagliare le differenti possibilita' e modalita' in cui il rapporto fra politica e cultura, ovvero del ruolo politico dell'intellettuale militante, si viene concretamente a realizzare, sia nell'ottica dell'uomo di cultura che in quella dell'uomo politico.

Da questo punto di vista, egli - molto pragmaticamente, nonostante tutto - non ritiene che tra i due ambiti vi debba essere una netta separazione, una totale autonomia dell'uno o dell'altro, ne' - d'altro canto - la subordinazione dell'intellettuale al politico. Anzi, ci pare che la polemica di Solmi sia fin da subito indirizzata all'acquisizione di un ruolo politico anche per l'intellettuale, mediante un profondo cambiamento nella relazione che intercorre tra i due soggetti in causa. Come vedremo immediatamente trattando del suo lavoro all'Einaudi, tutto cio' si tradurra' nel tentativo di realizzare un progetto politico complessivo che avesse contemporaneamente come fine e come punto di partenza il compito della cultura all'interno della societa' - ben inteso, una cultura critica.

*

Note

1. R. Solmi, Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007: "La donna di cui mio padre si era innamorato e che ha preso in moglie proveniva da una famiglia valdostana di avvocati e di uomini di legge, da cui erano usciti, nel corso di un secolo e mezzo, un esponente di primo piano del giacobinismo valdostano, divenuto poi luogotenente di Napoleone in Valle d'Aosta, un cospiratore carbonaro promotore della rivolta di San Salvario del marzo 1821, ed eletto poi deputato nelle file della sinistra ai tempi di Cavour, il fondatore o cofondatore della prima societa' operaia di Aosta, e un avvocato (mio nonno) che non aveva mai fatto mistero della sua militanza socialista", p. 780.

2. O. Mazzoleni, Un profilo politico-editoriale di Renato Solmi, in "Per il Sessantotto", n. 5, 1994, Pistoia.

3. C. Cases, Confessioni di un ottuagenario, Donzelli, Roma 2004, p. 92.

4. AA. VV., "Discussioni" 1949-1953, Edizione integrale con una premessa di Renato Solmi. Quodlibet, Macerata 1999, p. XXI.

5. Ibidem, p. XIX.

6. Ibidem, p. XXII.

7. Ibidem, p. XXIII.

8. Ibidem, p. XXVII.

9. R. Solmi, "Solmi, Montale e le 'stalle di Augia'", in: "Una Citta'", n. 152, dicembre 2007 - gennaio 2008.

10. AA. VV., "Discussioni" 1949-1953, cit., p. XXX.

11. Ibidem, p. 258. Si tratta dell'articolo "Eventualita' di una rivista" uscito in "Discussioni", III, 7-8, luglio-agosto 1951.

12. Ibidem, p. XXXIV.

13. Ibidem, p. XXXIV.

14. R. Solmi, Autobiografia documentaria, cit., p. 803 ("Discorso di commiato per Luciano Amodio", pp. 803-808).

15. AA. VV., "Discussioni" 1949-1953, cit., p. XXXV.

16. Ibidem, p. XXXVIII.

17. L. Lenzini, Un'antica promessa. Studi su Fortini, Quodlibet, Macerata 2013, pp. 136-137.

18. AA. VV., "Discussioni" 1949-1953, cit., p. XL.

19. L. Lenzini, cit., p. 136.

20. Ibidem, p. 137.

21 AA. VV., "Discussioni" 1949-1953, cit., p. 329. In: "Discussioni", IV, 1-2, gennaio-febbraio 1952.

22. Nota con l'indicazione dell'articolo di Solmi.

23. Ibidem, p. 330.

24. Ibidem, p. XLII.

25. Ibidem, p. XLII.

26. L. Lenzini, cit., p. 170, n. 26.

27. AA. VV., "Discussioni" 1949-1953, cit., p. 90, "Metodologia astratta e metodologia rivoluzionaria (risposta polemica all'articolo precedente di Renato Solmi)", "Discussioni", II, 2, febbraio 1950.

28. Ibidem, p. 147, "A proposito di un tentativo di 'superamento del marxismo'", "Discussioni", II, 9, settembre 1950.

29. Ibidem, p. 148.

30. Ibidem, p. 158, "A proposito della nota di Solmi sull'articolo di Motta", "Discussioni", II, 10, ottobre 1950.

31. Ibidem, p. 174, "Ancora sui rapporti fra politica e cultura (risposta a Franco Fortini)", "Discussioni", II, 11-12, novembre-dicembre 1950.

32. Ibidem, p. 175.

33. Ibidem, p. 202, "Nota sui rapporti fra cultura e propaganda (continuazione dal numero precedente)", "Discussioni", III, 1-2, gennaio-febbraio, 1951.

34. Ibidem, p. 204.

35. Ibidem, p. 233, "Politicita' e partitarieta' della cultura", "Discussioni", III, 5-6, maggio-giugno 1951.

36. Ibidem, p. 233.

37. Ibidem, p. 234.

38. Ibidem, p. 237.

39. Ibidem, p. 237.

40. Ibidem, p. 237.

41. Ibidem, p. 238.

42. Ibidem, p. 239.

43. Ibidem, p. 263, "Divagazioni su struttura e superstruttura (prima parte)", III, 9-10, settembre-ottobre; e "Divagazioni su struttura e superstruttura (II parte e fine)", III, 11, novembre 1952.

44. Ibidem, p. 242, "Note sulla questione del rapporto struttura-superstruttura", III, 7-8, luglio-agosto 1951.

45. Ibidem, p. 243.

46. Ibidem, p. 245.

47. Ibidem, p. 248.

48. Ibidem, p. 282, "Nazionalismo e internazionalismo nella cultura sovietica", III, 11, novembre 1951.

49. Ibidem, p. 287.

50. Si tratta, infatti, di una tematica che coinvolge tutto il cosiddetto "marxismo occidentale". Cfr. ad esempio: G. Bedeschi, Introduzione a Marx, Laterza, Bari 2008 (1981); E. J. Hobsbawm (a cura di), Storia del marxismo, Einaudi, Torino 1978-1982 e in particolare: O. Kallscheuer, Marxismo e teorie della conoscenza, IV volume, pp. 403-482; D. Fusaro, Bentornato Marx. Rinascita di un pensiero rivoluzionario, Bompiani, Milano 2010, p. 326. Per quanto riguarda l'Italia, uno degli interventi piu' significativi e' senz'altro quello di Vittorini sulle pagine de "Il Politecnico" (1947) in polemica diretta prima con Mario Alicata e poi (ma piu' significativamente) con il leader del Pci Palmiro Togliatti: E. Vittorini, Cultura e liberta'. Saggi, note, lettere da "Il Politecnico" e altre lettere. Nino Aragno, Torino 2001 e in particolare: "Suonare il piffero per la rivoluzione?", ivi, pp. 189-219.

 

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Numero 705 del 5 giugno 2015

 

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