[Nonviolenza] Telegrammi. 1993
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 1993
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- Date: Fri, 22 May 2015 00:54:59 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1993 del 22 maggio 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. In poche parole, una volta ancora
2. Un appello per l'uscita dell'Italia dalla Nato
3. Peppe Sini: Non solo, occorre anche denunciare la Nato per crimini di guerra e crimini contro l'umanita', e ottenerne la condanna e lo scioglimento
4. Sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
5. Paolo Arena presenta "Un oscuro scrutare" di Philip K. Dick
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. IN POCHE PAROLE, UNA VOLTA ANCORA
Far cessare le stragi nel Mediterraneo: e' necessario.
Far cessare le stragi nel Mediterraneo: e' possibile.
Far cessare le stragi nel Mediterraneo: e' semplice.
Il modo, l'unico modo, e' che i governi europei - o almeno il governo italiano - finalmente riconoscano a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.
Questo devono decidere i governi europei - o almeno il governo italiano - per far cessare la strage di cui essi stessi sono i primi responsabili: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.
Questa e' la cosa semplice e giusta, necessaria ed urgente, legittima e doverosa che i governi europei - o almeno il governo italiano - devono fare: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. DOCUMENTI. UN APPELLO PER L'USCITA DELL'ITALIA DALLA NATO
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo il seguente appello del Comitato promotore "No guerra, no Nato" "per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un'Italia neutrale, per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra, per attuare l'articolo 11 della Costituzione"; appello il cui scopo ci sembra ovviamente condivisibile (mentre assolutamente non condivisibili sono talune posizioni di alcuni suoi sostenitori; come e' noto noi sosteniamo la necessita' della scelta della nonviolenza, senza la quale si resta subalterni ai - o complici dei - poteri violenti e assassini - ndr)]
L'Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realta' superiore che l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (Sipri) quantifica in 72 milioni di euro al giorno.
Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell'Alleanza, la spesa militare italiana dovra' essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.
E' un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un'alleanza la cui strategia non e' difensiva, come essa proclama, ma offensiva.
Gia' il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la Nato aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvo' il "Nuovo concetto strategico", ribadito ed ufficializzato nel vertice dell'aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in "risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza", per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l'aggressione militare.
La nuova strategia e' stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il "Nuovo concetto strategico" viola i principi della Carta delle Nazioni unite.
Uscendo dalla Nato, l'Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.
L'appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacita' di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.
La piu' alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato e' percio', di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.
L'appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell'Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.
Particolarmente grave e' il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L'Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.
L'Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranita': sarebbe cosi' in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.
3. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: NON SOLO, OCCORRE ANCHE DENUNCIARE LA NATO PER CRIMINI DI GUERRA E CRIMINI CONTRO L'UMANITA', E OTTENERNE LA CONDANNA E LO SCIOGLIMENTO
Condivido da sempre la richiesta che l'Italia esca dalla Nato, e chi legge questo foglio non lo ignora.
Non solo: occorre anche denunciare la Nato per crimini di guerra e crimini contro l'umanita', e ottenerne la condanna e lo scioglimento.
Una campagna di verita' sulla Nato, una campagna di informazione, di documentazione, di coscientizzazione, di mobilitazione contro la Nato, mi sembra assolutamente doverosa, e deve essere uno dei principali obiettivi su cui cercare di ricomporre il movimento per la pace in Italia: ma proprio per questo essa va condotta con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, ovvero su posizioni non ambigue, non superficiali, non subalterne a ideologie, prassi e poteri anch'essi militaristi quindi assassini.
Una campagna non solo per portare l'Italia fuori dalla Nato e cacciare la Nato fuori dall'Italia, ma anche per far processare in tribunale la Nato per i suoi crimini e in definitiva per abolirla, ebbene, deve essere nitida e intransigente nei suoi presupposti, ovvero nella scelta di operare per la pace con mezzi di pace, nella scelta di agire sempre per salvare le vite, nella scelta della nonviolenza come metodo, come processo, come progetto, come concreta coerenza tra i mezzi e i fini.
Per dirla in breve: un movimento di massa che voglia battersi contro la Nato deve scegliere l'azione nonviolenta, e deve battersi al contempo per la pace e per i diritti umani di tutti gli esseri umani, ponendo come primi obiettivi il disarmo e la smilitarizzazione; deve inoltre reggersi su tre pilastri che costituiscono altresi' tre fini inscindibili ovvero un unico, medesimo impegno: l'opposizione alla guerra e a tutte le uccisioni, l'opposizione al razzismo e a tutte le persecuzioni, l'opposizione al maschilismo e a tutte le oppressioni.
Opporsi alla Nato e' necessario e urgente.
Ricostituire un movimento per la pace nel nostro paese e' necessario e urgente.
Perche' questo sia possibile occorre la scelta della nonviolenza.
4. REPETITA IUVANT. SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
5. LIBRI. PAOLO ARENA PRESENTA "UN OSCURO SCRUTARE" DI PHILIP K. DICK
[Ringraziamo Paolo Arena per questo articolo.
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta.
Philip K. Dick (1928-1982), autore di racconti e romanzi di fantascienza (o di speculative fiction, o come altrimenti li si voglia catalogare), e' uno dei piu' interessanti narratori statunitensi della seconda meta' del Novecento]
Philip K. Dick, Un oscuro scrutare (A Scanner Darkly - 1977)
*
1. Trame
Il romanzo narra le vicende di un gruppo di persone nella California di un prossimo futuro.
Bob Arctor e' il padrone della casa in cui vivono anche Barris e Luckmann.
Sono dei tossici, assumono la cosiddetta sostanza M, droga di quel periodo detta anche "Morte", "Lenta Morte", "Mors Ontologica".
Le loro vite sono quelle tipiche dei cosiddetti Junkies: "sbattimenti" per rimediare soldi, ore di chiacchiere assurde ed insensate, paranoie, tempo scandito dalle assunzioni di droga, altre paranoie, svaghi e trastulli, disavventure, fatti psicotici sempre piu' frequenti.
Fred e' un poliziotto infiltrato che usa una speciale tuta per proteggere la propria identita'; la sua missione e' sorvegliare una casa covo di tossici, per cercare di risalire i flussi di Sostanza M fino a scoprire qualche fornitore importante o addirittura la misteriosa origine della droga. Nessuno conosce l'identita' di Fred, neanche la polizia, poiche' egli e' anche uno dei tossici della casa e deve proteggere il suo stato incognito: in pratica egli sorveglia se' stesso.
Bob Arctor si vede con una certa Donna, da cui e' attratto ma da cui deve comprare una grossa partita di droga per proseguire la sua indagine (e per drogarsi egli stesso). Barris e' alle prese continuamente con vicende surreali al confine della paranoia: strampalati (e presunti) sabotaggi, teorie del complotto, progettazione di marchingegni improbabili, metodi per rimediare soldi, sesso e altra droga.
Luckmann e' ai confini della psicosi mistica per il consumo di Sostanza M.
Accadono molti fatti strani nella casa e nel gruppo si diffonde il sospetto che ci sia una spia, un sabotatore, un sorvegliante: Barris agisce in maniera incomprensibile ed alterna lunghi e saccenti sproloqui pseudo-dotti ad atteggiamenti inquietanti nei confronti degli altri.
Bob Arctor e' Fred ma non puo' dirlo a nessuno: quando si reca nelle centrali di sorveglianza rivede la vita propria e degli amici in un atto profondamente dissociante, in differita, dietro uno schermo che separa due realta' in maniera sempre piu' netta.
Il gruppo ha inoltre perso di recente uno dei suoi membri: Jerry, precipitato in un abisso psicotico di parassitosi allucinatoria, manie suicide, profonda dissociazione, misticismo, definitiva pazzia.
Nei discorsi del gruppo si fanno sempre piu' frequenti le paure del destino che li attende: pazzia, reclusione in uno degli ambigui centri di recupero, morte violenta, arresto.
La Sostanza M provoca un progressivo stato di dissociazione della personalita' disconnettendo psichicamente e fisicamente i due emisferi del cervello fino a deteriorare gran parte delle capacita' mentali dei soggetti e creare doppie realta' che confondono i sensi e le azioni.
Bob/Fred interagisce con Donna per ottenere partite di droga sempre piu' grandi, che lei sembra poter ottenere con facilita'; nel frattempo perde il contatto tra le sue due identita' e si osserva dall'esterno sospettando sempre di piu' che l'altro se' stesso sia un pericoloso trafficante.
Il fatto che Fred indossi la cosiddetta Tuta disindividuante non aiuta: questa e' un velo che avvolge come una seconda pelle e che mostra tramite proiezione una combinazione sequenziale di aspetti "probabili" estratti da una banca dati: i poliziotti la usano tra loro per non compromettersi, ma questo causa una impossibilita' di riconoscersi e di rimanere ancorati alla propria identita'.
Fred viene visitato dai medici del dipartimento di polizia che rilevano in lui il grave progredire degli effetti della droga che e' costretto ad assumere durante la sua missione: egli potrebbe solo fingere di assumerla in realta', ma non ci riesce.
Fred/Bob e' affezionato ai suoi amici tossici: per quanto riesca ancora a percepirne lo stato di illegalita' e di pericolo e' anche consapevole della societa' in cui essi vivono ed in cui cercano sollievo con l'alienazione tossica; un mondo di plastica ed immagine, di finzione e consumo nel quale essi non sono che poveri naufraghi.
Il rapporto con Donna procede: i due si affezionano anche se Bob e' sempre meno presente poiche' scivola in stati percettivi in cui le diverse realta' si sovrappongono e confondono, finche' egli non decide di uscire dalla missione e disintossicarsi, prima soprattutto che Fred abbia abbastanza prove da incastrare gravemente Bob. Tra l'altro Donna e' un agente federale e sta usando Bob per un'altra missione.
Ormai ridotto ad un involucro di carne completamente svuotato Donna lo accompagna in una delle comunita' di recupero di cui si e' parlato e su cui girano strane storie: i criminali le usano per ripulirsi le fedine penali e sparire dalla circolazione, si dice che ai tossici succedano brutte cose eccetera, molti non ne escono piu'.
Mentre Bob e' dentro, si scopre quale fosse la vera missione che egli stava conducendo inconsapevolmente e per la quale era previsto che egli si compromettesse definitivamente: scoprire un pericoloso giro di terroristi che con l'aiuto della Sostanza M cercherebbero di destabilizzare la societa' americana e scoprire il segreto delle comunita' di recupero e della produzione di droga.
Bob e' devastato dalla droga e dal ricovero: le sue personalita' cancellate e sostituite, la sua vita ridotta a carne vuota e viva da reinserire nel processo produttivo (della droga) da un altro lato.
*
2. Lo stile
Colpisce duramente il lettore del primo Dick ritrovarsi in un'atmosfera (post)moderna gia' molto fuori dalla fantascienza di exploitation di venti anni prima, tutta carta stagnola, pistole a raggi, astronavi e viaggi spaziali. Approda pesantemente sulla terra quest'opera e getta le basi per la moderna science-fiction che sarebbe arrivata nel giro di qualche anno: metropolitana, umana e post-umana, tossica, psichedelica, libertaria, decadente, noir, sporca.
Lo stile e' a volte quello leggermente verboso ed intricato della letteratura (post)postmoderna: le interiorizzazioni inserite nel narrato senza discorso diretto virgolettato o corsivo, i disinvolti cambi di punto di vista, i "ralenti" descrittivi sul particolare in maniera quasi ossessiva (assonante con i fatti psicotici dei personaggi), l'uso di citazioni letterarie (spesso misteriose), l'intromissione di citazioni di testi scientifici, le divagazioni al limite della schizofrenia. E' un romanzo moderno e modernista nel senso americano del termine: la pasta materica e' quella del consumo di massa, i luoghi quelli della societa' americana/californiana delle highways, delle zone commerciali e di quelle residenziali degradate (palazzoni, oppure casette di plastica).
L'attenzione ai temi della contemporaneita' travestiti da fantascienza, la presenza di argomenti relativamente nuovi al di fuori delle ridicolizzazioni di certa narrativa di (basso) genere, la relativa novita' del punto di vista della narrazione (che tuttalpiu' farebbe pensare alle opere "indie", al mondo delle fanzine, alla microletteratura all'avanguardia da reading nei localini).
E' la lingua il fattore piu' scioccante dell'opera ed e' una lingua che riesce a caratterizzare pesantemente la visualizzabilita' dell'opera. Per quanto estreme e visionarie, ho sempre visualizzato le opere di Dick in base ad una certa estetica anni cinquanta e sessanta di plastiche lucide, alluminio, raggi laser, monitor-oblo', uomini medi in giacca e cravatta o in strane tute da viaggiatore spaziale. Un'estetica alla "Twilight zone", tipica di una fantascienza che spesso raccontava cose assurde accadute a persone normalissime, che siringava l'assurdo nelle normali vite del "mister nine-till-five" americano degli anni cinquanta e che cercava di collegare i due mondi (quello fictional e quello reale) tramite l'inserimento di dettagli della quotidianita' tirati a lucido in occasione del futuro: penso a Bradbury e Matheson, penso al cartone animato "The Jetsons" (i pronipoti); era ovvio che nel futuro una normale famiglia americana consumasse un normalissimo breakfast e si scapicollasse per andare a scuola e al lavoro: la differenza sarebbero stati i robot, il cibo in pillole, le macchine volanti eccetera. Stessi argomenti, lingua diversa.
La lingua di "Un oscuro scrutare" e' cio' che fa di Dick il Caronte tra due fasi di certa narrativa americana (un pugno di anni anni dopo ci saranno i Cyberpunks, "Transmaniacon" di Shirley e' del 1979), vedere questa trasformazione in Dick, questa disinvolta evoluzione che lo porta ad entrare nella letteratura contemporanea con improvvisa naturalezza e' sorprendente, considerando anche che nel 1977 Dick ha praticamente cinquant'anni.
Il linguaggio e' appropriato all'ambientazione: il mondo californiano di coloro che "sono rimasti indietro" ai margini della societa' in un ambiente simile a quello della cultura surf e garage di cui parleremo piu' avanti. C'e' turpiloquio, sessualita' esplicita, violenza verbale, decadenza e nichilismo; il mondo dei consumatori di droga e delle loro routine e' descritto con linguaggio competente, da interno, da sperimentatore: non come lo descrivevano per esagerazione compiaciuta gli scrittori di genere o "per sentito dire" certi altri narratori che ben lungi dall'essere "cattivi ragazzi" immaginavano il linguaggio dei tossici prendendolo dalla televisione, dalle conferenze rotariane, dai dispacci della polizia. In questo senso e' un romanzo "infiltrato" perche' proprio come un bravo agente in incognito si cala cosi' profondamente nel ruolo da non essere piu' distinguibile il suo essere finzione. La bravura con cui Dick rende le assurde questioni di questa gente "imparanoiata", le loro chiacchiere al limite dell'assurdo, le loro attivita' scombinate e senza senso, gli stati maniacali che insorgono (come le parassitosi allucinatorie), il focus tossico delle loro giornate e' la bravura di uno scrittore e di un utilizzatore di sostanze e di un appartenente a quella subcultura: non un "tossico che ha scritto libri" e nemmeno "scrittore che ha provato droghe come ricerca sul campo", ma uno scrittore ed un drogato.
C'e' la sporcizia delle case, i corpi che malfunzionano, i cervelli che friggono, le deiezioni degli animali, i lavelli pieni di piatti incrostati, i parassiti, le disfunzioni sessuali, le relazioni intossicate, le istituzioni corrotte ed ambigue e per raccontarlo ci vuole una lingua adeguata che venga dalla strada ma che sia letteraria, per uscire dalla narrativa di genere ed essere comprensibili senza essere concilianti, poiche' il borghese che avra' in mano un libro del genere riuscira' a leggere la societa' in cui vive meglio di qualunque benpensante che ascolti ad un pubblico dibattito qualche cittadino preoccupato (magari vicino ad una congregazione religiosa) di sicurezza, beneficenza, decoro urbano.
*
La societa' interna all'opera, il contesto esterno ad essa
Leggo in "Un oscuro scrutare" una societa' molto simile alla California degli anni settanta, per lo meno come la conosciamo attraverso il buon cinema, la letteratura, i documentari, le testimonianze delle controculture e delle culture di strada di quel periodo. L'opera e' del 1977, quindi in anni di riflusso e di fughe: ritorno al se' dopo la stagione dell'amore dei tardi sessanta, caduta nella droga ("epidemia" la definiscono a volte, piu' che altro riferendosi all'ondata di crack che arrivera' di li' a poco), di cedimento alle spiritualita' piu' esotiche o bizzarre (tra cui un famoso culto ufo-imprenditoriale californiano o certi pseudo-orientalismi estremi).
E' una California in pieni anni di piombo: la societa' piccoloborghese e benpensante sempre piu' esigua, spaventata ed asserragliata tra casa e tv, bombardata dalla propaganda anticomunista ed antideviante, in crisi finanziaria, culturalmente devastata, divorata dalla societa' dello spettacolo.
Una California pericolosa come ce la fa intuire Dick (gli stupri continui alle donne), e come la vediamo da certi film di tendenza non certo progressista (i polizieschi californiani tra gli anni sessanta e settanta, "Callaghan" e altri, telefilm compresi).
Ma soprattutto secondo me una California livida, decadente ed in cui la societa' dello spettacolo e' la societa' dello sfruttamento di classe in cui milioni di persone mantengono il benessere di miliardari irraggiungibili nascosti in ville faraoniche mentre nei bassifondi la gente crepa di fatica o criminalita'.
Vorrei citare alcuni esempi cinematografici che penso rendano l'estetica di cui parlo: "L'assassinio di un allibratore cinese" di Cassavetes, una California in mano alla malavita, locali sordidi, retorica del bravo cittadino al collasso finanziario che cede alla violenza; la trasposizione differita de "Il lungo addio" di Raymond Chandler fatta magistralmente da Robert Altman: una California di ville e locali favolosi in cui il cittadino comune puo' vivere degli avanzi, come lo stesso Marlowe, tentare il grande colpo di mano e prendersi con la forza la chiave del bel mondo, come Lennox, ed in cui miliardari al limite del divino vivono consumandosi nel vizio tra teli mossi dalla brezza marina, bottiglie costose, vizio e lussuria; una California raccontata in maniera desaturata, sbiadita, urbanamente jazz, depravata, edonista e vuota.
L'atmosfera socioculturale del mondo descritto (seppur travestito) da Dick e' questa: le strade invase di droga e violenza, il degrado ed il nichilismo hanno devastato le vite delle persone, la societa' istituzionale americana e' impotente contro i mega-trafficanti (forse connivente) che nell'opera si riveleranno poi essere gli stessi disintossicatori, ma nella realta' quelli furono gli anni dello strapotere dei cartelli sud e centroamericani della cocaina, letteralmente il carburante della Los Angeles degli anni settanta; l'allusione dell'autore al fatto che sia la stessa societa' dello psico-annientamento con le sue ramificazioni a gestire tutta la filiera della disumanizzazione (produzione, consumo, morte, riuso come lavoro o trasformazione in fertilizzante sociale, cioe' in figura/spauracchio utile alla propaganda) e' piuttosto avvincente e radicata nella realta'; il monopolio pseudo-religioso delle attivita' di disintossicazione in America (e altrove) dove si sostituisce il dio alla sostanza, si demoliscono i residui di personalita' eccetera.
La condizione della donna trova una spaventosa per quanto esilarante ed efficace trasposizione nell'opera. Non viene mai detta la parola "donna" (se non per il fatto che un personaggio si chiami Donna) ma sempre l'espressione "pollastrella" ("chick"): "chick" e' un termine da rivistina, da night-club, da chiacchiera al bar sulle avventure della notte precedente; l'insistenza con cui viene usato annulla completamente la figura femminile dal mondo in cui si svolge l'opera, esagerando un aspetto della vita reale che sicuramente era vigorosamente in corso in quegli anni (anni anche del femminismo certo, e Dick e' in genere attento alle figure femminili). Sul ruolo della donna nella letteratura che casualmente chiamiamo "di genere" andrebbe discusso (ed e' stato fatto in parte) lungamente: sia come autrice che come personaggio interno delle opere; questo atto dickiano e' potente, mi sembra di leggerlo come una provocazione molto forte, per quanto interna ad un mondo prettamente maschile, almeno negli USA e naturalmente senza sapere di preciso quante donne leggessero fantascienza; secondo me poche essendo un mondo nato proprio al maschile e quindi presentando ben pochi stimoli al discorso di genere - salvo poi l'interesse di intellettuali di calibro, ma questo e' un discorso a parte poiche' l'intellettuale di calibro ha sempre una sua consapevolezza, mentre qui parliamo di letteratura popolare per milioni di lettori, i cosiddetti common people.
Le "pollastrelle" sono quelle che sulle spiagge californiane si ungono al sole, indossano bikini microscopici, agiscono in film ormai mainstream come "Gola profonda" (1972) e sono regine/schiave della Nuova Societa' dello Spettacolo dove l'osceno ormai e' in scena e dove il Sistema martella con la pubblicita' il pubblico convincendolo a fare sesso, a desiderarsi, a consumare i corpi propri ed altrui in tutti i modi consentiti ed anche in quelli che non sono consentiti, perche' nella societa' del piacere e' tutto consentito compreso l'illecito, tres chic se a commetterlo sono i Padroni. La California che fa da attrattore a milioni di ragazze americane in cerca di fortuna nel mondo dello spettacolo senza alcun altro talento che quello che esso richiede: disponibilita' a cedere il controllo del proprio corpo. Pollastrelle, dunque: da provare per qualche serata e solo qualcuna ha un colpo di fortuna; per le altre c'e' l'abisso dell'anonimato, dello sfruttamento, della droga e poi la morte: stupri, omicidi - quel mondo orribile sicuramente esagerato dall'immaginario cinetelevisivo poliziesco ma in qualche modo radicato nella realta' metropolitana di un luogo pieno di esempi dell'umanita' peggiore come la Los Angeles degli anni settanta, un luogo in cui o si ha l'implacabile moralita' retro' del Marlowe Altmaniano, e cioe' il coraggio e l'integrita' di avere ancora un cuore seppure un po' indurito e di assumersi la responsabilita' di un atto estremo, oppure si e' carne da macello, bestie da divorare in un'orgia di sangue e coca.
Sono donne-mucca da party in bikini sulla spiaggia, donne-pollo petto o coscia, donne che cercano la propria occasione di farsi oggetto perche' il sistema le ha fatte cosi' e Dick lo racconta con una sola geniale trovata lessicale che e' tutt'altro che invenzione ma solo riferimento drammaticamente aderente al reale.
Gli intellettuali alla moda, le star del cinema, il mondo della finanza, la droga, la violenza, il delirio, il misticismo ambiguo, le pulsioni eccessivamente libertarie, l'edonismo individualista: la societa' californiana e' contemporaneamente Sharon Tate e la "Famiglia Manson", il disincanto di Hunter Thompson, le ultime estati felici dei ragazzi e la cultura surf di "Un mercoledi' da leoni", la plastica di Disneyland, lo champagne di Hollywood, le ville in collina e le casette dei poveracci, la cultura garage, le nottate bukowskiane: William Holden in "Sunset Boulevard" (di Wilder, primi cinquanta) e Sterling Hayden in "Il lungo Addio" (di Altman, primi settanta) sono forse lo stesso personaggio della stessa America ed il secondo e' la paradossale conseguenza del primo: un mondo che stava morendo e poi un mondo che e' morto ma ancora non lo sa; e come nel romanzo di Dick si agita ancora in un rictus post-mortem, uno spasmo bioelettrico di un corpo che ancora si muove ma che ha il cervello disfatto di un cadavere - come una pollastrella che continua a scuotere il corpo anche quando ha la testa tagliata.
Trovo molto della cosiddetta scena Freak in quest'opera e di quella subcultura oltre quella della contestazione, includente artisti e personaggi ben oltre ogni etichetta, popolari nei campus universitari e nei ritrovi non troppo alla moda tra Los Angeles e San Francisco, spesso intrecciata con la cultura dei drogati, dei drop-outs, di tutti coloro che rifiutano il sogno americano preconfezionato - una sorta di "ala creativa" che collega Frank Zappa a Gilbert Shelton (il fumetto "Freak Brothers") passando per certe mistiche demenziali o complottiste (R. Anton Wilson de "La trilogia degli illuminati", la "Chiesa del Subgenio"), la stampa underground, il rifiuto del consumo, l'integrazione di parti di umanita' che di certo non appaiono in televisione e che spesso sono letteralmente perseguitate (il movimento LGBT soprattutto a San Francisco, l'exploitation afroamericana al di fuori dei movimenti dei diritti civili, troppo militarizzati e gerarchici).
L'ambientazione di "Un oscuro scrutare" come si intuisce anche da una nota esplicativa dell'autore, celebra coloro che "giocarono" con qualcosa di pericoloso (la droga in questo caso, ma anche la liberta', il "power to the people") ed essuda anni settanta da ogni riga, libertarismo, spirito critico, voglia di socializzare, paura di essere stritolati tra le maglie di una societa' sempre piu' asfissiante.
La droga in "Un oscuro scrutare" e' solo un'altra forma di consumo. Non c'e' piu' quell'interesse per la psichedelia e per le possibilita' di alterazione dei propri stati di coscienza che traspare dal Dick degli anni sessanta. E' come se un velo fosse caduto e non fosse piu' possibile confondersi, caderci senza conoscere le conseguenze. Questo e' evidente da un semplice esempio: nonostante lungo la storia si parli continuamente di questa "Sostanza M", non se ne descrivono mai gli effetti se non in fase avanzata, quando la personalita' di Bob/Fred si disintegra e si sdoppia. Nessuno dei personaggi si fa "un viaggio", racconta cosa si provi, esalta l'effetto di questa o quella sostanza. Il romanzo si apre con una surreale scena di parassitosi allucinatoria, in genere associata all'intossicazione cronica da cocaina (i cosiddetti "Cocaine Bugs", "Bacherozzi da cocaina" potremmo dire), una fase paranoide estrema. La scena e' divertente fino ad un certo punto, ma e' prolissa, si fa sgradevole, desideriamo che finisca, ci grattiamo la testa, ci grattiamo la gamba, ci sembra di vedere qualcosa che si muove sul muro dello studio o sotto le coperte del letto dove stiamo leggendo.
Tutto cio' che sappiamo, e che i personaggi dicono spesso, e' che occorre avere sempre una scorta di Sostanza M ed assumerne regolarmente, altrimenti si sta male, si impazzisce senza possibilita' di recupero; ma si impazzisce anche se si interrompe l'assunzione. Alcuni mischiano la Sostanza M con altre droghe, ma non ne conosciamo gli effetti. E' come se avessero un timer dentro e fossero costretti ad ingurgitare pillole o ad iniettarsela come fosse un composto vitale che faccia parte naturalmente dei cicli vitali umani; Ma quanto e' diverso dal dover uscire per trascinarsi in un centro commerciale, in giro per locali ed eventi, per commissioni e faccende? Dick sa benissimo che un tossico ha una dipendenza, ma ne ha una sola: soddisfatta quella e' felice, non ha nessuna altra necessita'; e poco importa che questa felicita' sia una felicita' "negativa" cioe' il non sentire il dolore dell'astinenza piu' che il provare autentico piacere. Il vecchio Dick avrebbe celebrato gli effetti delle droghe psichedeliche persino nei loro aspetti piu' pericolosi (la pazzia: anzi avrebbe celebrato i pazzi da acido come nuovi profeti visionari, vicini alla vista del dio); questo Dick, piu' vecchio dei ragazzi che si sballano in quelle case disastrate, non si diverte piu', non ha piu' alcun beneficio dal drogarsi e forse si e' anche reso conto che non ne ricava piu' alcuno stimolo creativo.
In effetti questi drogati dickiani sono in grado di svolgere solo poche semplici funzioni vitali: procurarsi altra droga, pensare alla droga, aspettare la prossima assunzione di droga, rilassarsi tra una dose e l'altra: incapaci di creare riescono solo a frugare tra i rottami in cerca di qualcosa di convertibile in denaro. E' ben lontano dall'epifania tossica della fantascienza di pochissimi anni dopo, quando ormai i cyberpunks celebreranno l'alterazione della psiche (e dei corpi) come un fatto congenito della nuova umanita', ma e' quest'opera che fa da ponte: dando il via ad una certa estetica "scrap" (rottami), raccontando la droga come un fatto normale, narrando la mente che si disfa e basta, senza andare da nessuna parte, lo stordimento come sollievo dal dolore di esistere, e la coscienza che esce dal corpo; non un'opera che metta in allerta contro i pericoli delle droghe, ma un ricordo affettuoso degli ultimi, di quegli Ultimi che sono ancora piu' Ultimi degli Ultimi biblici, ulteriormente Ultimi per il fatto che oltre ad essere vittime del sistema siano anche ostinatamente brutti sporchi e cattivi e che quindi amarli sia ancora piu' difficile, ma forse sia una prova necessaria a cui la fantascienza debba sottoporsi, uscendo dai laboratori e dagli zainetti dei secchioni e finendo su tavolini di vimini accanto a lattine, cartine, banconote arrotolate, cucchiaini bruciacchiati, resti di cibo su piatti sporchi, ditate di sostanza indicibile spalmata sul divano, pile di dischi, di paperbacks di poesia.
La Sostanza M, la Lenta Morte e' "Mors Ontologica", morte del se': ma non e' forse quello che gia' subiamo ogni giorno con le nostre interiorita' strappate brano a brano dalla pubblicita', dalle rockstar, dal desiderio di trasformarci nelle personalita' che vediamo dietro gli schermi? La Lenta Morte non e' forse quella iniziata il giorno che siamo nati?
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Un Futuro Low-tech
Nella narrazione ha un ruolo importante la tecnologia, anche se essa e' sorprendentemente analogica e tutt'altro che spettacolare. Non ci sono computer, memorie, olo-cose e cyber-cose: tutto e' orientato alla sorveglianza audiovisiva, ma su nastro - Bob/Fred siede lungamente davanti ai monitor a scorrere avanti e indietro i nastri. Ci sono le audiocassette, i dischi, automobili convenzionali, rottami e nient'altro. E' tecnologia del potere, della sorveglianza e soprattutto del complotto, come il sistema di invio di messaggi segreti tramite le frequenze radio convenzionali - quasi a volerci far credere che ogni trasmissione dei media a cui assistiamo contenga nascosti saluti ad associazioni segrete e disposizioni subliminali al pubblico degli schiavi, come poi raccontera' Carpenter, ma di cui persiste ancora la convinzione nel milieu complottista.
E poi naturalmente c'e' il Cefalocromoscopio o Cefoscopio: un misterioso congegno con cui gli abitanti della casa erano soliti rilassarsi, ma che si e' rotto, forse per via di un sabotaggio. Cosa sia di preciso non viene detto ma dal nome ci sembra sia un oggetto di tecnologia un po' retro', come si usera' spesso in seguito in certa letteratura (fino ad arrivare al genere Steampunk, una sorta di retro-futuro che si ispira a Wells e Verne). Ci sembra di capire che il Cefoscopio sia un gingillo con cui alterare le proprie onde cerebrali o procurarsi qualche forme di piacere meditativo - forse con un certo tasso di assuefazione: forse e' una qualche techno-droga consentita con cui l'americano medio possa abbrutirsi fin dove la televisione non arriva, forse e' proprio una mega-televisione totalitaria che ti innesta la pubblicita' direttamente nel cervello assieme a scariche di piacere.
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La spaventosa tecnologia dello specchio
Non ci sono computer favolosi e congegni strabilianti nell'opera se non la cosiddetta Tuta Disindividuante, il dispositivo di travisamento usato dai poliziotti in incognito per non riconoscersi tra di loro in centrale e proteggere le loro identita' per le rispettive missioni.
La Tuta Disindividuante e' uno strato di speciale tessuto che avvolge interamente il corpo e che mostra come uno schermo assemblaggi generati elettronicamente di altre fisionomie attinte da una banca dati, combinandole in base a vaste probabilita' di modo che non possano mostrare, se non dopo molto tempo, la stessa combinazione. Le immagini cambiano velocemente, quindi a volte vedere qualcuno che le indossa e' come vedere lo sfarfallio di uno schermo un po' rotto su cui il canale perda continuamente la sintonia nei confronti dei canali contigui. Paradossalmente in alcune occasioni e' persino possibile intravedere proiettati i veri lineamenti dell'uomo che le indossa. Idea veramente interessante dell'autore, la Tuta gli occorre per creare ancora di piu' il senso di frantumazione dell'identita' degli abitanti di questa strana societa': se e' un fatto risaputo che il poliziotto infiltrato per lungo tempo rischia di immedesimarsi eccessivamente nel criminale che interpreta, in questo modo egli non puo' mai ritornare alla propria identita'; quando ha la propria faccia e' il criminale, quando indossa la tuta e' il poliziotto e cosi' la vera faccia della vera persona egli non puo' piu' vederla nemmeno allo specchio e nessuno puo' piu' riconoscerlo e quindi confermarne l'esistenza. In questa societa' riconoscersi e' l'unica salvezza, circondati come siamo di schermi, cartelloni pubblicitari, immagini di volti che ci dicono come dobbiamo essere. Lo specchio e' un tema classico di certa letteratura e l'essere umano da sempre ha lo specchio come unica possibilita' di vedere il proprio volto (quindi in un certo senso conosce meglio l'aspetto dell'altro da se'). Se anticamente gli specchi erano di metallo levigato e quindi distorcenti e quindi ispiratori di ipotesi fantasiose ed interessanti sul doppio se', sull'altro se', sul mondo riflesso (che abbiamo sempre il dubbio si tratti del vero mondo essendo il nostro quello riflesso), lo specchio della modernita' e' preciso e realistico, duplica in maniera esatta l'esistente, sembra avere come confine la propria cornice ma ha una bizzarra fisica (ottica) interiore misteriosa, moltiplica come la copula il numero degli uomini (Borges) ed e' il fondamento (tecnico e logico) di tutta la tecnologia di immagine della modernita' (e dell'antichita'): l'arte figurativa, la fotografia, il video, la sorveglianza, la duplicazione del mondo in genere: non e' forse il televisore uno specchio che mostra come noi ed il nostro mondo dobbiamo essere? Lo specchio moderno intrappola poiche' ci mostra come non possiamo non essere, ci impedisce di pensarci in altro modo e ci impone il dubbio di essere noi l'altro riflesso: porta e abisso, piatto e profondo, mondo e immagine del mondo. "Un oscuro scrutare" e molta altra narrativa dickiana e' un gioco si specchi che si frantumano e frantumano la realta' che riproducono, la intrappolano, ma la liberano in nuove possibilità di configurazione. E se l'occhio e' uno specchio, e lo specchio dell'anima, un oscuro scrutare e' di un occhio in un occhio, uno specchio di fronte ad uno specchio di cui non sappiamo quale dei due rifletta prima dell'altro ed in mezzo ai quali puo' forse crearsi un metaverso aperto ad ogni possibilita' ben oltre le realtà convenzionali.
Eppure in questo caso l'unica possibilita' rassicurante dello specchio, confermarci che esistiamo (anche se come sappiamo i vampiri non vengono riflessi dagli specchi), e' negata dalla tuta disindividuante: ci fidiamo dello specchio, ci mettiamo davanti ad esso ed esso ci dice che siamo qualcun altro, molti altri, non sappiamo chi. Specchio inteso anche quindi come spiarsi, come sorveglianza, come occhi segreti che ci scrutano e che si scrutano. Specchio-abisso e specchio moltiplicatore, poiche' in fondo quando la Sostanza M separa definitivamente i due emisferi del nostro cervello si vengono a creare due "io", speculari, forse capovolti reciprocamente, con il dubbio che la separazione sia anche stata in senso positivo/negativo e vero/falso: ma la sorpresa che ne riceviamo seguendo le vicende di Bob/Fred e' che entrambi paradossalmente sono lo stesso "io", solo sdoppiatosi passando attraverso lo specchio; dubbio eliminabile solo ad un funerale ebraico dove gli specchi della casa vengono coperti.
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Temi
Sono quindi questi i temi dell'opera: la sorveglianza, la paranoia, la disgregazione dell'identita' nella societa' del consumo e dell'annientamento, la sconfitta della societa' nei confronti di una tossicodipendenza che essa stessa produce e quindi la sconfitta della societa' nei confronti di se' stessa; si parla di persone di cui difficilmente la letteratura aveva parlato precedentemente, almeno con gli stessi termini. E' un romanzo in pieno riflusso, se vogliamo - sull'onda lunga infranta degli anni della contestazione e delle grandi speranze per il futuro, distrutte dalle pillole, dai centri commerciali, dallo sfruttamento dei corpi. E' un romanzo politico a suo modo, realistico, crudo, impegnato; lontano dalle distopie spazio-temporali, dalle avventure esotiche, dai grandi temi e dai massimi sistemi; e' finalmente un romanzo di strada e sulla strada, disinvolto, amareggiato ma pieno di rispetto per coloro che la societa' ha lasciato indietro senza possibilita' di recupero, poiche' non hanno piu' nulla, neanche la possibilita' di dirsi "io".
Parla dell'ambiguita' del sistema degli infiltrati, che aveva devastato i movimenti del ventennio precedente, parla dell'ipocrisia benpensante e forse della santita' di quelle anime sensibili che non sono in grado di sostenere il peso della societa' - santi tossici e pazzi, bellissimi e vivi, tormentati, gia' morti, infelici, brutti, cattivi ma trasparenti, puri come bambini, bisognosi piu' di ogni altro dell'amore di qualcuno, di poesia e di arte, di essere protagonisti di qualcosa.
Un romanzo moderno nella sua conclusione senza catarsi, aperta semplicemente alla prosecuzione dello stato di cose: prenderanno i federali Barris il terrorista? Scopriranno l'origine della droga? Ci sara' ancora in quel corpo svuotato abbastanza Bob Arctor da riuscire a consegnare il messaggio di quella scoperta nella comunita' di recupero dove si coltiva la pianta da cui si prepara la Sostanza M? Il suo sacrificio involontario sara' valso a qualcosa? La societa' riuscira' mai a mutare, ad aprirsi, a diventare quel mondo futuro ingenuo e "normale" di cui Dick parlava vent'anni prima?
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Fredric Jameson, Il post-moderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti, Milano 1989, pp. 110.
- Fredric Jameson, Le narrazioni magiche. Il "romance" come genere letterario, Lerici, Cosenza 1978, pp. 88.
- Fredric Jameson, L'inconscio politico, Garzanti, Milano 1990, pp. 384.
- Fredric Jameson, Tardo marxismo. Adorno, il postmoderno e la dialettica, Manifestolibri, Roma 1994, pp. 278.
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1993 del 22 maggio 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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