[Nonviolenza] Telegrammi. 1813
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- Date: Sun, 9 Nov 2014 23:12:22 +0100 (CET)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1813 del 10 novembre 2014
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. "La scuola necessaria". Un incontro di riflessione a Viterbo
2. Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
3. Alcuni testi da "In cammino verso Assisi" del mese di agosto 2000
4. Dimensioni della nonviolenza
5. Contro la violenza
6. Alcune proposte di definizione della nonviolenza
7. Per la scelta della nonviolenza
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. "LA SCUOLA NECESSARIA". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO
Si e' svolto domenica 9 novembre 2014 a Viterbo un incontro di riflessione su "La scuola necessaria: della pace, della dignita', dei diritti, della solidarieta'".
All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani".
Nel corso dell'incontro si e' fatto ampio riferimento a fondamentali riflessioni di Virginia Woolf, Lorenzo Milani, Hannah Arendt, Paulo Freire, Mario Lodi, Vandana Shiva.
2. INIZIATIVE. PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Viterbo si svolgeranno due iniziative.
- il 25 novembre la celebrazione istituzionale promossa dalla Prefettura;
- il 26 novembre presso la Sala Regia del Comune di Viterbo con inizio alle ore 16,30 un incontro pubblico promossa dall'"associazione Erinna - centro antiviolenza di Viterbo", incontro che avra' come tema centrale la presentazione della "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica", nota come "Convenzione di Istanbul", approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 e ratificata all'unanimita' dal Parlamento italiano nel giugno 2013 (e quindi legge dello Stato italiano dal 19 giugno 2013).
3. MATERIALI. ALCUNI TESTI DA "IN CAMMINO VERSO ASSISI" DEL MESE DI AGOSTO 2000
Riproponiamo qui ancora una volta alcuni testi apparsi sul nostro foglio "In cammino verso Assisi" nel mese di agosto 2000.
4. DIMENSIONI DELLA NONVIOLENZA
[Estratto dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui il seguente testo]
Dimensioni della nonviolenza: uno schema di analisi
0. Premessa
Molti equivoci sulla nonviolenza discendono dal fatto che con questo solo termine si intendono cose molto diverse; proveremo qui a proporre una tematizzazione sulle dimensioni della nonviolenza, ovvero sui vari aspetti che tale concetto implica.
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01. Una proposta di individuazione di quattro dimensioni della nonviolenza
La nonviolenza, secondo la nostra tematizzazione, e':
a) una opzione o posizione etico-politica;
b) un insieme di tecniche di lotta politica e sociale;
c) una strategia di azione trasformatrice;
d) un progetto di societa'.
Ovviamente a rigor di termini e' possibile parlare di nonviolenza anche in riferimento ad una sola di queste dimensioni, ma di fatto cio' puo' dar luogo ad equivoci profondi; vediamone alcuni.
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0.2. Due esempi di equivoci
Ad esempio e' possibile che le tecniche della nonviolenza siano usate da chi nonviolento non e': in questo caso le tecniche della nonviolenza possono essere utilizzate per scopi che nulla hanno a che vedere con la nonviolenza, e quindi chi le usa non puo' proclamarsi nonviolento solo perche' strumentalmente si avvale di tecniche particolarmente valorizzate dalla tradizione nonviolenta. Del resto, la nonviolenza non e' un sistema chiuso, e non ha ne' pretende il monopolio di tecniche di lotta che in gran parte ha scoperto riprendendole da precedenti e variegate esperienze: ad esempio, lo sciopero e' certamente una tecnica di lotta nonviolenta, ma ovviamente essa non e' esclusiva della nonviolenza. Segnaliamo en passant che e' comunque preferibile che anche movimenti sociali e soggetti politici non nonviolenti, utilizzino comunque, sia pur solo strumentalmente, le tecniche della nonviolenza anziche' forme di lotta violente: l'uso delle tecniche della nonviolenza comunque riduce la violenza ed umanizza il conflitto.
Un altro esempio: e' possibile che il progetto di societa' propugnato dalla nonviolenza sia condiviso da altre tradizioni di pensiero politico e sociale, in particolare dalle tradizioni che si richiamano al filone socialista e libertario nella tradizione del movimento dei lavoratori, o al filone comunistico delle tradizioni dei popoli oppressi che si richiamano a forme sociali ritenute originarie della loro cultura; ma la convergenza rispetto agli obiettivi finali ed al modello di societa' proposto non implica necessariamente identita' per quanto attiene alla strategia, alla tattica, alle forme organizzative, al programma operativo: molto spesso movimenti ordinati alla liberazione dell'umanita' hanno fatto uso di mezzi che contraddicevano flagrantemente quel fine, e fin troppo frequentemente essi hanno fatto un uso della violenza che di fatto li ha resi subalterni e talora omologhi ai poteri oppressivi contro cui lottavano in nome di un'umanita' di liberi ed eguali. Cosicche' e' evidente che la condivisione del medesimo progetto di societa' non e' sufficiente a qualificare come nonviolenta tout court un'organizzazione o un'iniziativa politica che ad esso miri.
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0.3. Ipotesi da discutere
Cercheremo adesso di caratterizzare ciascuna delle dimensioni della nonviolenza sopra indicate. Ovviamente la proposta di tematizzazione che formuliamo e' meramente orientativa, e le argomentazioni, specificazioni, articolazioni e referenze che rubrichiamo sotto l'una o l'altra delle dimensioni proposte possono agevolmente e proficuamente essere altrove trasferite. Al lettore chiediamo di tener conto del carattere proprio, ovvero della finalita' specifica di questo scritto: che e' di formulare alcune ipotesi da sottoporre a discussione.
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1. La nonviolenza come teoria-prassi etico-politica per la dignita' umana e la difesa della biosfera
1.1. coerenza tra mezzi e fini;
1.2. il principio responsabilita';
1.3. l'umanizzazione della lotta;
1.4. la compresenza dell'altro;
1.5. il rispetto per la vita;
1.6. per un'umanita' di eguali.
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2. La nonviolenza come metodologia di lotta e di gestione dei rapporti e dei conflitti
2.1. le tecniche della nonviolenza;
2.2. processi decisionali e modelli organizzativi;
2.3. comunicazione ed interazione;
2.4. l'azione diretta nonviolenta;
2.5. l'addestramento alla nonviolenza.
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3. La nonviolenza come strategia di trasformazione e di lotta contro l'ingiustizia
3.1. negare il consenso all'ingiustizia;
3.2. un approccio processuale (dinamico, trasformativo) e relazionale;
3.3. il programma costruttivo ed i fini sovraordinati;
3.4. la partecipazione di tutti e la condivisione;
3.5. realizzazione degli obiettivi ed inveramento dei principi nel corso stesso della lotta.
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4. La nonviolenza come progetto politico, economico, sociale
4.1. nonviolenza e politica, la politica della nonviolenza;
4.2. la proposta economica della nonviolenza;
4.3. il progetto di una societa' nonviolenta;
4.4. un'ipotesi antropologica.
5. CONTRO LA VIOLENZA
[Estratto dalla scheda su "Giuliano Pontara: le ragioni della nonviolenza" ripubblichiamo qui il seguente testo]
Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV., Dizionario di politica, Tea, Torino 1992:
1. il primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica della violenza. Secondo questo argomento, l'uso della violenza (...) ha sempre portato a nuove e piu' vaste forme di violenza in una spirale che ha condotto alle due ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella distruzione dell'intero genere umano";
2. il secondo argomento "mette in risalto le tendenze disumanizzanti e brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne fa uso diventa progressivamente sempre piu' insensibile alle sofferenze ed al sacrificio di vite che provoca;
3. il terzo argomento "concerne il depauperamento del fine cui l'impiego di essa puo' condurre (...). I mezzi violenti corrompono il fine, anche quello piu' buono";
4. il quarto argomento "sottolinea come la violenza organizzata favorisca l'emergere e l'insediamento in posti sempre piu' importanti della societa', di individui e gruppi autoritari (...). L'impiego della violenza organizzata conduce prima o poi sempre al militarismo";
5. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le istituzioni necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e integrali del movimento o della societa' che ricorre ad essa (...). "La scienza della guerra porta alla dittatura" (Gandhi)".
A questi argomenti ne vorremmo aggiungere altri due:
6. un argomento, per cosi' dire, di tipo epistemologico: siamo contro la violenza perche' siamo fallibili, possiamo sbagliarci nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni, e quindi e' preferibile non esercitare violenza per imporre fini che potremmo successivamente scoprire essere sbagliati;
7. soprattutto siamo contro la violenza perche' il male fatto e' irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati).
Agli argomenti contro la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo decisivo ragionamento: "I fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti che ogni condanna della violenza come strumento di lotta politica rischia di diventare un esercizio di sterile moralismo se non e' accompagnata da una seria proposta di istituzioni e mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro proposta dell'alternativa satyagraha o della lotta nonviolenta positiva, in base alla duplice tesi a) della sua praticabilita' anche a livello di massa e in situazioni conflittuali acute, e b) della sua efficacia come strumento di lotta" per la realizzazione di una societa' fondata sulla dignita' della persona, il benessere di tutti, la salvaguardia dell'ambiente.
6. ALCUNE PROPOSTE DI DEFINIZIONE DELLA NONVIOLENZA
[Estratti dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui i seguente brani]
Rompere la complicita'
Alla base della nonviolenza vi e' la consapevolezza che il potere ingiusto ed oppressivo si regge anche sulla complicita' delle vittime e degli indifferenti: la nonviolenza e' in primo luogo un appello a rompere la complicita' con l'ingiustizia, a toglierle il consenso, ad uscire dalla passivita', a prendersi la propria responsabilita', a lottare per la verita' e la giustizia.
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La nonviolenza e' lotta
E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perche' ogni essere umano sia riconosciuto nella sua dignita'; e' lotta contro ogni forma di sopraffazione; e' lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della diversita' di ognuno. E' la forma di lotta piu' profonda, quella che va piu' alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone nel modo piu' completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre violenza. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verita' e la giustizia deve lottare nel rispetto della verita' e della giustizia. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare altre persone. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensi' contrastare il male. E' lotta per l'umanita'. La nonviolenza e' il contrario della vilta'. E' il rifiuto di subire l'ingiustizia; e' il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me, sia di quelle contro altri. La nonviolenza e' lotta. E' lotta per la verita', e' lotta per la giustizia, e' lotta di liberazione e di solidarieta', e' lotta contro ogni oppressione.
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Otto brevi caratterizzazioni della nonviolenza
La nonviolenza e' forte: puo' opporsi efficacemente alla forza delle armi; puo' sfidare coerentemente i piu' grandi poteri del mondo.
La nonviolenza e' umile: non richiede attitudini eccezionali, pose monumentali, proclami retorici; non richiede ingenti risorse fisiche o finanziarie; richiede limpidezza di condotta ed assunzione di responsabilita'.
La nonviolenza e' concreta: interviene realmente nel conflitto; porta la pace e la giustizia nel suo stesso porsi; si oppone ugualmente alla vigliaccheria ed alla violenza; educa alla dignita' umana.
La nonviolenza e' coerente: e' l'unico modo coerente di lottare contro la violenza; e' l'unico modo coerente di affermare la dignita' di ogni essere umano; e' l'unico modo coerente per ridurre l'ingiustizia e il dolore nel mondo.
La nonviolenza e' il potere di tutti: poiche' tutti possono lottare con la nonviolenza, poiche' la nonviolenza fa appello a tutti, poiche' la nonviolenza rispetta la dignita' di tutti e di ciascuno.
La nonviolenza e' adesione alla verita', e' forza della verita': da Gandhi a Capitini gli amici della nonviolenza sanno che essa e' incompatibile con la menzogna, con i sotterfugi, con gli intrighi e le doppiezze: la nonviolenza e' l'amore per la verita' che irrompe nell'agire politico e sociale, e' il principio responsabilita' (il rispondere al volto dell'altro che muto e sofferente ti interroga - Levinas -, il farsi carico del mondo e dell'umanita' - Jonas -) che si rende operare autentico; e' la critica della ragion pratica che si fa movimento di solidarieta' e di liberazione.
La nonviolenza e' lotta come amore: lotta integrale contro l'ingiustizia e la menzogna, lotta integrale per la comunicazione e la dignita', lotta integrale contro la violenza; lotta integrale per i diritti umani, lotta integrale per un'umanita' di eguali, liberi e fraterni.
La nonviolenza e' utopia concreta, principio speranza, ortopedia del camminare eretti: abbiamo usato queste tre formule del filosofo Ernst Bloch per significare che la nonviolenza e' concreta azione e concreto progetto politico e sociale di dignita' umana e difesa della biosfera; che la nonviolenza e' inveramento della speranza in una lotta coerente e che nel suo stesso farsi e' liberante; che la nonviolenza e' affermazione ed istituzione del diritto e dei diritti, legalita' e democrazia in cammino.
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Necessita' dell'addestramento alla nonviolenza
La nonviolenza non e' ne' un atteggiamento spontaneo, ne' un banale "volersi bene"; bensi': a) una meditata scelta etico-politica di trasformazione delle relazioni personali e sociali, b) un insieme di tecniche di lotta rigorose ed assai elaborate, c) una strategia di lotta profondamente caratterizzata, d) un progetto di relazioni umane e politiche radicalmente alternativo a quelle dominanti. Quindi la nonviolenza non e' affatto "spontanea", va conosciuta e coltivata. Nessuno si sorprende se un soldato deve addestrarsi, nessuno si sorprende se un medico deve studiare: ebbene, la nonviolenza richiede un addestramento e uno studio non inferiori ma superiori a quelli richiesti al soldato ed al medico. Senza studio non e' possibile comprendere la nonviolenza; senza addestramento non e' possibile condurre l'azione nonviolenta. Proprio perche' la nonviolenza e' una proposta politica di lotta di liberazione che nel suo stesso farsi inveri la dignita' umana di ognuno e di tutti, essa richiede un impegno di conoscenza, di preparazione, di discussione, di consapevolezza e di capacita' critica e autocritica assolutamente superiore a quello richiesto in altre forme di organizzazione, in altri ambiti di studio, in altre proposte di azione.
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I diritti umani, presi sul serio
Scegliamo la nonviolenza perche' essa e' l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che si prefigge nel suo stesso svolgersi il rispetto dei diritti umani di tutti, non solo di coloro che partecipano all'azione, ma anche di coloro che la subiscono. La nonviolenza non rinvia la realizzazione dei diritti umani ad un futuro successivo alla conclusione della lotta, essa realizza i diritti umani nel corso stesso della lotta. La nonviolenza non nega umanita' agli avversari con cui lotta, essa riconosce l'umanita' degli avversari con cui lotta. La nonviolenza e' lotta intransigente per affermare la dignita' umana di tutti e per affermarla subito. Essa e' nei suoi metodi e nel suo svolgersi coerente con i suoi fini: poiche' il fine e' la dignita' umana e la liberazione dall'oppressione, la lotta nonviolenta nel suo stesso svolgimento deve realizzare la dignita' di tutti e prefigurare la liberazione di tutti. Per questo diciamo che la nonviolenza e' lotta come amore.
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La liberazione umana, subito
Inoltre scegliamo la nonviolenza perche' essa e' l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che realizza nel suo stesso farsi una forma autentica di democrazia diretta, rapporti egualitari e non gerarchici, che prefigura gia' nella sua organizzazione relazioni umane e sociali liberate e liberanti; perche' consente la partecipazione di tutti ed abolisce rapporti di potere e di oppressione. Per questo essa adotta il metodo del consenso, per questo essa non e' solo una forma di lotta ma anche una occasione di costruzione di rapporti umani solidali; per questo nella nonviolenza si richiede una piena limpidezza di comportamenti e una forte lealta' nei confronti di tutti, di sottoporre tutto alla discussione comune, e di scegliere sempre e solo gli obiettivi e le forme di lotta che tutti i partecipanti condividono.
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La nonviolenza e' gestione del conflitto
La nonviolenza e' gestione del conflitto, la cui esistenza essa riconosce e valorizza. La nonviolenza non e' una visioni idilliaca ed illusoria, quindi narcotizzante, dei rapporti sociali; ma la consapevolezza della conflittualita' degli ideali e degli interessi, delle situazioni esistenziali e delle relazioni sociali, dei rapporti economici e politici, degli assetti culturali e ideologici. Essa si propone di intervenire nel conflitto e di farlo umanizzando il conflitto, valorizzandone la dimensione morale e conoscitiva, gestendolo in modo da renderlo fecondo di rapporti umani piu' giusti, lottando incessantemente contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro l'inganno.
Si puo' essere nonviolenti solo nel conflitto, si puo' essere nonviolenti solo se si lotta per la giustizia. Gli indifferenti, coloro che chiudono gli occhi, chi se ne sta chiuso in casa sua, non e' nonviolento. La nonviolenza e' lotta integrale e intransigente contro l'ingiustizia. La nonviolenza e' il contrario della vilta', il contrario dell'egoismo, il contrario della passivita', il contrario del motto fascista "me ne frego". La nonviolenza e' quella specifica forma di gestione del conflitto che ripudia la violenza e si propone come fine precipuo di combatterla e di abolirla.
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La nonviolenza e' una scelta rigorosa
La nonviolenza e' la scelta intellettuale, morale e politica di compiere solo quelle azioni su cui si possa fondare una societa' giusta in cui sia riconosciuta la dignita' di ogni essere umano.
Questo implica il ripudio della menzogna: poiche' sulla menzogna, che e' scelta di confondere ed indurre gli altri all'errore, e' impossibile fondare una societa' giusta e degna.
Implica il ripudio della violenza: poiche' sulla violenza, che e' l'atto di negare dignita' e pienezza di umanita' a chi la subisce, e' impossibile fondare una societa' giusta e degna.
Implica il ripudio del privilegio: poiche' il privilegio, scaturiente dal fatto che ad altri qualcosa e' stato sottratto affinche' potesse darsi una gerarchia di poteri e condizioni, e' incompatibile col riconoscimento della comune fondamentale dignita' di ogni essere umano.
La nonviolenza e' quindi l'uscita dallo stato di irresponsabilita'.
E' l'uscita dalla solitudine, dal solipsismo, dall'egoismo: il riconoscimento che comune e' il dolore, e quindi occorre un impegno comune contro il dolore. Ed in primo luogo contro quel dolore che essendo prodotto dagli uomini e' compito degli uomini abolire: la violenza, l'oppressione dell'uomo sull'uomo.
E' rispondere al muto appello del volto dell'altro che ci si disvela nella sua radicale sofferenza e nella sua irriducibile alterita'.
E' sentirsi ognuno responsabile di tutto.
Pertanto la nonviolenza non e' quieto vivere o compiacenza: al contrario, la nonviolenza denuncia l'ingiustizia, suscita il conflitto, combatte senza requie la violenza e la menzogna, e' lotta intransigente e inesauribile.
Inoltre la nonviolenza non e' affatto masochismo, piacere di soffrire, gratificazione nell'essere vittima: al contrario, la nonviolenza e' il rifiuto di essere vittima. La nonviolenza e' lotta contro gli oppressori e contro la vilta'; e' lotta perche' le vittime cessino di essere tali. E' lotta come amore, e' volontà di felicita' condivisa.
La nonviolenza non e' una fede: essa non chiede giuramenti, non ha dogmi, non vuole ne' riti ne' vittime. Essa e' eminentemente ragione, comunicazione, umanita'; quindi apertura, critica, ricerca.
Riassumendo, la nonviolenza e' quella condotta che istituisce la civile convivenza: contrastando l'ingiustizia e non riproducendola; e' quella condotta che non nega valore all'umanita': riconoscendola, difendendola e promuovendola in ogni essere umano; e' quella condotta che non contraddice se stessa: affermando la coerenza tra mezzi e fini, la continuita' tra rigore logico e rigore morale, ripudiando e combattendo la violenza e la menzogna.
7. PER LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA
[Estratto dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui il seguente testo]
Premessa: necessita' di una scelta, la nonviolenza
Crediamo che il movimento per la pace, se vuol essere non solo un soggetto sociale che si oppone alla guerra quando essa si scatena, ma anche un soggetto politico e culturale che costruisce la pace con azione politica coerente, concreta e incessante, debba necessariamente fare la scelta della nonviolenza, ovvero di aprire e ispirare la propria riflessione e la propria iniziativa alla teoria-prassi della nonviolenza, teoria-prassi che nella storia del dibattito morale e dell'azione politico-sociale del nostro secolo e' uno dei maggiori contributi all'impegno di liberazione umana, di affermazione della dignita' umana.
Crediamo che sia necessario che si esca dagli equivoci, dalle confusioni, dalle immagini stereotipate e caricaturali della nonviolenza; crediamo che sia necessario che il movimento per la pace cessi di essere subalterno anche in questo ambito. Che si disponga a conoscere la nonviolenza per quello che essa e', e la smetta di subire la definizione mistificata e farsesca che della nonviolenza danno i signori della guerra e coloro che, consapevolmente o meno, cercano di scimmiottarli.
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Parte prima: alcune ipotesi di definizione
Proponiamo qui, ancora una volta, alcune ipotesi di definizione affinche' di esse si possa discutere con rigore concettuale, morale e politico.
1. La nonviolenza non e' un'ideologia di ricambio
Intendiamo dire che la nonviolenza non e' una ideologia da sostituire ad altre ideologie. Al contrario: ciascuna delle persone che si sentono impegnate per la pace, la giustizia sociale, la dignita' umana, mantenga ed approfondisca le sue opinioni politiche, o filosofiche, o religiose, o morali. La nonviolenza, per dirla con Capitini, e' una "aggiunta", una proposta di approfondimento, di rigorizzazione intellettuale e morale, di rendere piu' coerente dal punto di vista logico e morale la propria riflessione e la propria azione. Si puo' essere liberali e nonviolenti, socialdemocratici e nonviolenti, comunisti e nonviolenti; razionalisti e nonviolenti, idealisti e nonviolenti, materialisti e nonviolenti; cristiani e nonviolenti, musulmani e nonviolenti, buddhisti e nonviolenti; atei e nonviolenti; utilitaristi e nonviolenti, contrattualisti e nonviolenti; e cosi' via: tutte le opzioni etiche, filosofiche, politiche e religiose, che siano sinceramente ed autenticamente ispirate alla dignita' umana e alla promozione dei diritti umani, sono pienamente compatibili con la teoria-prassi della nonviolenza. La nonviolenza non e' una proposta ideologica concorrenziale, bensi' una proposta teorico-pratica di analisi critica e di azione concreta che puo' sposarsi con varie tradizioni culturali e che rispetta e valorizza le diversita'. La nonviolenza non chiede abiure, ma approfondimento.
2. La nonviolenza e' uno sforzo di illimpidimento nel nostro ragionare
Intendiamo dire che la nonviolenza ci chiede non una fede, ma un impegno critico; la nonviolenza e' l'impegno ad essere rigorosi nel nostro ragionamento, a prefiggerci la coerenza logica ed operativa tra cio' che vogliamo e cio' che facciamo, tra cio' che pensiamo e cio' che diciamo, tra cio' che siamo e cio' che vorremmo essere. La nonviolenza e' un appello alla ragione. Ed in quanto appello alla ragione e' un appello al riconoscimento della nostra ragione che implica il riconoscimento della ragione altrui, e delle ragioni altrui. La scelta della nonviolenza e' la scelta di sottoporre ad un'analisi critica rigorosa le nostre opinioni, le nostre ragioni, le nostre scelte, le nostre azioni, la nostra situazione, le nostre relazioni con gli altri. Quando diciamo illimpidimento intendiamo dire che questo appello al rigore logico e' anche un appello al rigore morale: fare luce sui nostri ragionamenti, sui nostri fini e sui nostri mezzi, sulle nostre motivazioni e sulle nostre conclusioni, implica anche sottoporre il nostro sapere, il nostro giudizio e il nostro agire ad un esame rigoroso e non fazioso: e' un esercizio a metterci in discussione ed a sottoporci a un giudizio; e' un esercizio utile per accorgerci dei nostri errori, dei nostri limiti, della complessita' dei problemi, del groviglio delle motivazioni, della difficolta' di stabilire quale sia l'azione giusta. E per fare qualche esempio: e' logicamente sostenibile lottare contro la guerra senza lottare contro la violenza? E' logicamente sostenibile affermare la dignita' umana se non la si rispetta nel rapporto concreto con le persone che abbiamo intorno o di fronte? E' logicamente sostenibile lottare per l'uguaglianza ed usare o avallare metodi che implicano gerarchia, privilegi, oppressione? La nonviolenza ci convoca ad essere onesti con noi stessi. Ha scritto una volta Tolstoj una riflessione che suona all'incirca cosi': "Non credero' mai alla buona fede rivoluzionaria di chi si fa vuotare il vaso da notte da qualcun altro". La nonviolenza e' quella teoria-prassi che ci chiede di essere limpidi nei nostri ragionamenti.
3. La nonviolenza e' una proposta di instaurare la coerenza tra cio' che diciamo si debba fare e cio' che concretamente facciamo
Siamo credibili quando diciamo di contrapporci all'ingiustizia, se poi nel nostro agire riproduciamo ingiustizia? I nostri proclami di solidarieta', di uguaglianza, di liberazione, sono credibili se la nostra condotta stessa li smentisce? La nostra lotta per la pace, la democrazia, la giustizia, i diritti umani, la liberazione dei popoli e delle persone, la salvaguardia dell'ambiente, puo' essere efficace se non permea la nostra concreta azione nella vita quotidiana, se non informa la nostra azione politica anche ai livelli del dibattito, dell'organizzazione, del concreto immediato suo svolgersi? La nonviolenza ci invita a vivere come vorremmo vivere; ci invita ad agire come crediamo che sia giusto agire. Ci chiede di contrastare l'ingiustizia cominciando da noi stessi, rompendo la nostra complicita' con l'ingiustizia. Chiediamo anche agli altri di fare qualcosa contro l'ingiustizia e la violenza, ma solo dopo aver cominciato noi stessi.
4. La nonviolenza e' la scoperta dell'altro nel suo esserci e nel suo essere irriducibile a noi, nel suo essere e restare diverso, nel suo diritto di essere altro
Dovrebbe essere ormai chiaro per tutti che l'uguaglianza tra gli esseri umani si fonda sulla loro diversita', e che lottare per l'uguaglianza implica lottare per il rispetto delle diversita': si riconosce piena uguaglianza ad ogni essere umano solo quando si riconosce ad ogni essere umano la sua unicita', la sua irriducibile diversita' da ogni altro. Questo implica assumere i diritti umani come base di ogni azione per la giustizia sociale; questo implica la consapevolezza che per promuovere l'uguaglianza occorre offrire ad ognuno cio' di cui lui, proprio lui, ha bisogno. La convivenza e la solidarieta' si fondano reciprocamente: i diritti e l'uguaglianza non esistono in astratto, esistono nella concreta azione solidale che rispetta ed aiuta, che riconosce e sostiene; vi e' una dialettica tra uguaglianza e diversita', se uno dei due termini e' negato anche l'altro si impoverisce e si trasforma nella caricatura di se stesso (o peggio ancora, diventa occasione di rinnovata oppressione).
5. La nonviolenza e' la scelta di praticare qui e adesso cio' per cui diciamo di batterci, di prefigurare qui e adesso il modello di relazioni sociali e di societa' che riteniamo meriti di essere costruito
Chi si sente impegnato per la pace, la democrazia, la giustizia sociale, la dignita' umana, la difesa della biosfera, deve agire in modo da realizzare questi valori nella sua stessa azione. Deve quindi rinunciare, per una necessita' di carattere logico, ovvero per una esigenza di rigore intellettuale (e quindi altresi' morale, e quindi politico), ad usare la violenza (incompatibile con la scelta della pace), ad agire in modo autoritario o subdolo (incompatibile con la democrazia), a perseguire privilegi (incompatibili con la giustizia sociale), ad opprimere, sfruttare o umiliare altri (incompatibilita' con il rispetto della dignita' di ogni essere umano), a danneggiare, contaminare, distruggere l'ambiente, ed a sottrarre, sperperare, esaurire risorse (incompatibilita' con la difesa della biosfera e con i diritti delle generazioni future).
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Parte seconda: quattro principi caratterizzanti della nonviolenza
In sintesi, caratterizzeremmo la scelta teorico-pratica della nonviolenza secondo i seguenti quattro principi.
1. Il principio della ragione
La nonviolenza e' la scelta, nel nostro agire politico e sociale, della ragione come criterio fondativo del nostro giudicare e del nostro operare; scegliere la ragione implica anche riconoscere la ragione degli altri, e quindi la democrazia come metodo deliberativo, il rispetto e la promozione dei diritti umani come fondamento della civile convivenza.
2. Il principio della lotta
La nonviolenza e' la scelta, nel nostro agire politico e sociale, della lotta come dovere morale di rottura della complicita' con la menzogna e l'ingiustizia; scegliere la lotta significa assumere un ruolo attivo e responsabile, passare dalla mera scelta intellettuale all'azione pratica, quindi dal piano conoscitivo al piano morale e politico.
3. Il principio della responsabilita'
La nonviolenza e' la scelta, nel nostro agire politico e sociale, della responsabilita', nel duplice senso: di rispondere all'appello dell'altro, senza pretendere di assimilarlo o annullarlo; di essere responsabili nei confronti degli altri e del mondo. Ha scritto don Milani nella sua indimenticabile Lettera ai giudici: "Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio di corresponsabili diretti: politici, scienziati, tecnici, operai, aviatori. Ognuno di essi ha tacitato la propria coscienza fingendo a se stesso che quella cifra andasse a denominatore. Un rimorso ridotto a millesimi non toglie il sonno all'uomo d'oggi. E cosi' siamo giunti a quest'assurdo che l'uomo delle caverne se dava una randellata sapeva di far male e si pentiva. L'aviere dell'era atomica riempie il serbatoio dell'apparecchio che poco dopo disintegrera' 200.000 giapponesi e non si pente. A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei rispondera' solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perche' pazzo. Dunque quel delitto non e' mai avvenuto perche' non ha autore. C'e' un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non e' ormai piu' una virtu', ma la piu' subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo ne' davanti agli uomini ne' davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto".
4. Il principio della comunicazione
La nonviolenza e' la scelta, nel nostro agire politico e sociale, della comunicazione come riconoscimento della comune umanita' anche con le persone con cui siamo in contrasto. La lotta nonviolenta si fonda sulla comunicazione, la comunicazione e' riconoscimento di umanita', appello all'umanita', prova di umanita'. La nonviolenza e' quindi lotta come amore; la nonviolenza e' primato della comunicazione, costruzione di ponti anche nel cuore del conflitto; in quanto lotta contro l'ingiustizia, nel suo stesso lottare la nonviolenza costruisce giustizia. Senza comunicazione non e' possibile lotta nonviolenta.
Parte terza: motivi tattici, strategici, teorici ed esistenziali della scelta della nonviolenza
La lotta nonviolenta umanizza il conflitto; la lotta nonviolenta riduce ipso facto la violenza (rispetto ad altre forme di lotta contro l'oppressione essa non raddoppia la violenza, ma se non altro la dimezza); la lotta nonviolenta e' appello alla ragione; e' esempio educativo; essa mobilita tutti, puo' essere praticata da tutti, e' "il potere di tutti"; la lotta nonviolenta e' limpida e coerente nei suoi fini e nei suoi mezzi; la lotta nonviolenta non abbrutisce chi la pratica; la lotta nonviolenta comunque riduce le sofferenze e migliora il mondo; la lotta nonviolenta e' un'alternativa necessaria.
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Marco Passavanti, Ippolito Desideri. Un gesuita tra i lama del Tibet, Il sole 24 ore, Milano 2014, pp. 214, euro 9,90.
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Riletture
- Christa Wolf, Un giorno all'anno. 1960-2000, Edizioni e/o, Roma 2006, pp. 592.
- Joerg Magenau, Christa Wolf. Una biografia, Edizioni e/o, Roma 2004, pp. 480.
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Riedizioni
- Frederick Taylor, Il muro di Berlino 13 agosto 1961 - 9 novembre 1989, Mondadori, Milano 2009, "Il Giornale", Milano 2014, pp. VI + 394, euro 7,60 (in supplemento al quotidiano "Il Giornale").
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1813 del 10 novembre 2014
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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