[Nonviolenza] Ogni vittima ha il volto di Abele. 79



 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 79 del 18 settembre 2014

 

In questo numero:

1. Alcune iniziative per la pace: dal 21 settembre al 2 ottobre, al 19 ottobre, al 4 novembre, al 25 novembre

2. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

3. Possiamo fermare la guerra. Ma non bastano le fiaccole e gli stendardi: occorre la nonviolenza (2002)

4. Gilgamesh e Aschenbach sull'orlo del cratere (con undici proposte pratiche per impedire la catastrofe) (2002)

5. I compiti dell'umanita' nell'eta' atomica (2002)

 

1. INIZIATIVE. ALCUNE INIZIATIVE PER LA PACE: DAL 21 SETTEMBRE AL 2 OTTOBRE, AL 19 OTTOBRE, AL 4 NOVEMBRE, AL 25 NOVEMBRE

 

Una manifestazione nazionale per la pace a Firenze il 21 settembre; la Giornata internazionale della nonviolenza il 2 ottobre; la marcia Perugia-Assisi il 19 ottobre; l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele" di commemorazione nonviolenta di tutte le vittime di tuttte le guerre il 4 novembre; il 25 novembre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Sono alcune delle iniziative di pace dei prossimi mesi.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

3. HERI DICEBAMUS. POSSIAMO FERMARE LA GUERRA. MA NON BASTANO LE FIACCOLE E GLI STENDARDI: OCCORRE LA NONVIOLENZA (2002)

 

La guerra in Iraq e la partecipazione italiana ad essa vengono preparate con accelerazione crescente. Ma opporci al suo scatenamento e' possibile oltre che necessario. il nostro potere di oppositori della guerra e' grande, ma dobbiamo deciderci a usarlo.

Le iniziative in programma nei prossimi giorni sono buone e giuste, e' importante che siano partecipate quanto piu' possibile. Ma non bastano.

Occorre uscire dalla subalternita': non dobbiamo sentirci minoranza lagnosa che impotente protesta, ma forte maggioranza che puo' e deve sconfiggere i guerrafondai stragisti e fuorilegge.

Ma per uscire dalla subalternita' dobbiamo uscire anche dalle ambiguita'.

E per uscire dalle ambiguita' che ci indeboliscono, screditano e persino ridicolizzano, occorre fare una scelta preliminare e indispensabile: la scelta di essere non solo oppositori della guerra, ma anche costruttori di pace e di giustizia.

Ma per inverare questa scelta occorre un passo decisivo: la scelta della nonviolenza.

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Se, e solo se, facciamo questa scelta, la scelta della nonviolenza, e ridefiniamo il sentire e l'agire del movimento per la pace intorno a questa scelta, la scelta della nonviolenza, allora e solo allora la nostra azione puo' essere concreta ed efficace.

Siamo onesti: fare i cortei o appendere le bandiere servira' pur a qualcosa, ma e' poco.

Nel '91, nel '99 e nel 2001 ci spolmonammo a furia di cortei, con esito risibile (anzi: molti cortei furono decisamente controproducenti ed autolesionistici).

E le bandiere e gli stracci di pace sono una buona trovata pubblicitaria, un buon promemoria collettivo, ma nulla piu'. Beninteso: la pubblicita', ovvero il rendere pubblico il nostro sentire, va benissimo, ma rischia di essere recuperata assai facilmente dalla societa' dello spettacolo.

Occorre altro, e per realizzare questo altro che occorre, occorre la scelta della nonviolenza.

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E l'altro che occorre e' questo:

1. Addestrarci tutti alla nonviolenza: subito, a livello di massa, investendo tutti i nostri formatori, per malmessi e inadeguati che siano, in un lavoro che deve cominciare subito dove non e' cominciato, e continuare a marce forzate dove cominciato e' gia', di formazione di massa ai valori, alle tecniche, alle strategie della nonviolenza: tutte e tutti, qui e adesso.

2. Studiare e preparare delle azioni dirette nonviolente vere (non le sciocchezzuole spacciate sotto questo nome che della nonviolenza non hanno ne' il rigore morale ne' la forza materiale) per contrastare l'apparato bellico.

Nel '99 l'unica azione che fu pensata e realizzata in Italia con questa logica di contrasto nonviolento concreto della macchina bellica fu quella delle mongolfiere della pace, ovvero il progetto di bloccare i decolli dei bombardieri ostruendo lo spazio aereo di decollo antistante e sovrastante le piste di partenza degli aerei stragisti. Se avessimo persuaso migliaia di persone a quell'azione, avremmo potuto materialmente bloccare per giorni e forse per settimane i bombardieri che partivano dal territorio italiano, e dare una indicazione a livello internazionale di come la nonviolenza puo' (valorizzando favorevoli circostanze come quelle date in Italia dalla vigenza dell'art. 11 della Costituzione e da un ancor vasto sentire democratico) affrontare e sconfiggere operativamente, sul terreno, la macchina bellica piu' potente del mondo.

Ahime', non fummo ascoltati, e quell'iniziativa potemmo realizzare solo per poche ore e con un piccolissimo numero di partecipanti. Ma questa e' la via: azioni dirette nonviolente fatte da amici della nonviolenza preparati e adeguati, consapevoli e saldi, che contrastino concretamente la macchina bellica e la sconfiggano sul terreno.

Le iniziative meramente simboliche non servono a granche' se non a soddisfare il narcisismo, le facciano altri. Gli amici della nonviolenza devono essere capaci di condurre la loro lotta contro la violenza con efficacia reale.

3. Preparare una campagna di disobbedienza civile di massa in difesa della pace e della legalita' costituzionale che miri a bloccare la catena di comando del potere politico e amministrativo che la partecipazione italiana alla guerra decidesse. Anche qui, occorre assoluta chiarezza e disciplina nell'iniziativa: tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente tutti i termini della campagna che deve essere anch'essa rigorosamente nonviolenta, tutti devono aver partecipato alla sua elaborazione discussione e preparazione, tutti devono aver partecipato a incontri di preparazione e chiarimento e addestramento di se stessi, tutti essere coscienti dei rischi che personalmente si corrono, tutti accettare di attenersi rigidamente alle regole condivise, tutti essere disposti a personalmente subire rappresaglie e persecuzioni, tutti persuasi ad agire esclusivamente in modo nonviolento. Occorre anche per questo un forte addestramento alla nonviolenza.

4. Lanciare subito la parola d'ordine dello sciopero generale contro la guerra e in difesa della legalita' costituzionale, e iniziare a prepararlo, nelle menti e negli animi, ma anche organizzativamente e logisticamente. Si tratta di porsi l'obiettivo di paralizzare il potere politico fuorilegge e stragista, di sollevare il paese in una serena ma ferma prova di forza radicata nel rispetto della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, in difesa della pace e della vita di tutti gli esseri umani; in esplicita e dichiarata difesa della legalita' costituzionale e del diritto internazionale; in esplicita e dichiarata difesa dell'umanita'.

5. Denunciare quel governo, quel parlamento e quel capo dello stato che decidessero la partecipazione italiana alla guerra come golpisti e stragisti, per aver violato (e non sarebbe la prima volta, per molti di loro) l'articolo 11 della Costituzione; chiedendo il loro arresto per violazione della Costituzione (cui hanno giurato fedelta' e di cui il capo dello stato dovrebbe essere supremo garante) e crimini contro l'umanita'. Ma anche per realizzare questa iniziativa, che deve essere di massa e non simbolica ma concretamente effettuata da piu' persone possibile, rivolta a tutte le forze dell'ordine e a tutte le istanze del potere giudiziario, occorre che il movimento per la pace abbia una posizione limpida, senza ambiguita' alcuna: una posizione nonviolenta di difesa della legalita' democratica, di difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, di difesa della pace, della verita' e della giustizia, di difesa della (e fedelta' alla) Costituzione della Repubblica Italiana. Gli sciocchi e i vanesi che fanno l'elogio dell'illegalitarismo sono effettualmente complici dei guerrafondai. Nessuna ambiguita' e gigioneria sono ammissibili se vogliamo davvero cercar di fermare la guerra.

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Ma perche' tutto cio' sia possibile occorre una scelta preliminare, che a tutti coloro che vogliono battersi contro la guerra dobbiamo chiedere di fare, adesso, e veramente "senza se e senza ma": la scelta della nonviolenza, senza di cui si restera' impotenti a fare le sfilate, i tedofori e gli sbandieratori, o peggio i manichini nei salotti televisivi, mentre gli aerei porteranno l'orrore e la morte in Iraq.

E' questa l'ora della decisione.

 

4. HERI DICEBAMUS. GILGAMESH E ASCHENBACH SULL'ORLO DEL CRATERE (CON UNDICI PROPOSTE PRATICHE PER IMPEDIRE LA CATASTROFE) (2002)

 

Quando fu scatenata la prima guerra del Golfo scrivemmo che i bombardamenti cruentissimi su alcune delle piu' antiche citta' del mondo, la', tra il Tigri e l'Eufrate, su alcuni dei luoghi in cui la civilta' umana mosse i primi passi, erano anche l'equivalente siimbolico dell'uccidere i progenitori, del recidere le radici, dell'annichilire la civilta' umana tutta, ab ovo.

Un'intrapresa la cui follia criminale e' ad ognuno evidente. Dove fu scritto il codice di Hammurabi, dove per la prima volta Gilgamesh incontro' il dolore e la morte, nella patria da cui tutti pellegrini proveniamo, il

portare la morte definitiva, la devastazione senza scampo, lo scempio fin delle tombe, la fine irreversibile.

Lo diciamo in timore e tremore: nell'orrore e nella catastrofe del 1991 fummo comunque, noi genere umano, fortunati: non si scateno' un conflitto planetario, altre forze distruggitrici oltre quelle cola' agenti (e tra esse assassina l'italiana aviazione) non si scatenarono.

Ma ora una nuova guerra del Golfo si prepara, ed il suo principale promotore ha gia' detto che e' nel novero delle possibilita' l'uso delle armi nucleari, non piu' solo l'uranio impoverito che gia' tanta strage ha provocato ma le testate atomiche tout court, ovvero lo scatenamento di un conflitto senza confini e senza regole, in cui l'intera civilta' umana e' messa in pericolo.

Vi e' qualcosa in questa follia che ricorda non solo il terribile ciclo tebano, ma anche truci miti nordici: il crepuscolo degli dei; e dolenti emblemi della fine di una cultura, quella occidentale, come Aschenbach a Venezia.

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C'e' una poesia di Primo Levi, io la sentii leggere da Ernesto Balducci a Viterbo, seduto al suo fianco, un giorno in cui tra le lacrime - commemoravamo appunto Primo Levi, che da poco ci aveva lasciati orfani - in molti giurammo a noi stessi che avremmo proseguito la sua lotta, che mai piu' avremmo permesso che tornasse Auschwitz, che tornasse Hiroshima. In quella poesia, La bambina di Pompei, il grande testimone della dignita' umana concludeva: "Potenti della terra padroni di nuovi veleni, / Tristi custodi segreti del tuono definitivo, / Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo. / Prima di premere il dito, fermatevi e considerate".

Io non so se tra i potenti della terra vi sia qualche persona la cui mente, non dico la cui anima, non sia del tutto offuscata; qualcuno che si renda conto a quale distretta siamo giunti, su quale "crinale apocalittico" tutti ci troviamo. Se vi e', e' il momento di rivelarsi, di agire, di fare quanto e' in potere di chi governa le relazioni internazionali o comunque su esse puo' influire per via diplomatica, politica ed economica, affinche' la guerra non si dia. Domani potrebbe essere troppo tardi.

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Ma devo essere sincero, non ho mai avuto nessuna fiducia nei potenti. Mai, nessuna.

E quindi questa incombenza e' nostra: siamo noi, gente semplice, persone senza potere, che dobbiamo impedire la guerra.

E per impedire la guerra dobbiamo muovere da due convinzioni: che quand'anche le nostre forze fossero spaventosamente inadeguate, tutte dobbiamo suscitarle e investirle nel compito dell'ora: impedire la guerra.

E massime noi che godiamo di molti privilegi e che dobbiamo adesso spenderli senza risparmio per questo compito che l'intera umanita' concerne: impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera.

Noi che viviamo in uno dei paesi il cui orientamento avra' un peso enorme nel decidere lo scatenamento o meno della guerra; noi che siamo parte di quella porzione ridottissima dell'umanita' la cui opinione e' "opinione pubblica", conta; noi che abbiamo strumenti di comunicazione potentissimi (anche questo computer su cui sto scrivendo, che non e' neppure mio ma che uso da anni; anche questa posta elettronica che ci consente di parlarci fra tanti ad un costo risibile); ebbene, noi piu' di altri abbiamo un dovere grande: impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera.

Se sapremo far vincere in italia il rispetto della legalita' costituzionale che ripudia la guerra; se sapremo costringere il potere esecutivo e il potere legislativo e il capo dello stato a riconoscere e quindi proclamare che il popolo e la legge, la Repubblica insomma, impediscono all'Italia di avallare e di aderire alla guerra; allora questo avra' un peso e potra' indurre altre popolazioni a chiedere ai loro governanti un analogo pronunciamento.

In Italia e' possibile, oltre che necessario. E' la legge fondamentale del nostro ordinamento che lo afferma, quella legge che "hanno scritto i pugni dei morti": la Costituzione figlia della Resistenza; quell'articolo 11 che la guerra ripudia; impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera.

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Ma come riuscirci?

No, non sara' facile, e gia' troppi errori abbiamo fatto.

Si tratta di conquistare casa per casa, persona per persona, la maggioranza del popolo italiano ad un pronunciamento esplicito: impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera.

No, non sara' facile, e di contro vi sara' una propaganda tanto menzognera quanto abile che cerchera' di convincere ancora una volta che la guerra e' igiene e belta'.

Si tratta allora di elaborare modalita' di azione adeguate, ma esse discendono dalla chiarezza e nettezza di posizioni, necessitano della forza della verita', altrimenti non riusciremo a impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera.

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E per dirlo una volta di piu', questo a nostro modesto avviso occorre:

I. Sul piano della consapevolezza:

a) ricordare incessantemente a tutti che la guerra consiste sempre di omicidi di massa, consiste dell'uccisione di tanti esseri umani;

b) ricordare incessantemente a tutti che una guerra come quella che si va preparando puo' rapidamente evolvere in guerra nucleare e in guerra mondiale, senza fronti e senza frontiere, mettendo in pericolo l'umanita' intera;

c) ricordare incessantemente a tutti, e soprattutto ai nostri decisori politici, che la legge fondamentale dello stato italiano proibisce la partecipazione italiana a questa guerra ed anzi vincola l'Italia ad opporsi ad essa.

II. Sul piano delle scelte di principio:

d) ricordare incessantemente a tutti che occorre opporsi al terrorismo, alle dittature e alle guerre, e che ci si puo' opporre efficacemente ad uno dei tre elementi solo se ci si oppone anche agli altri due, poiche' terrorismo, dittature e guerre si alimentano reciprocamente;

e) convocare tutti coloro che vogliono difendere il diritto alla vita di tutti gli esseri umani, la legalita' costituzionale e il diritto internazionale, la pace e il futuro dell'umanita', ad un impegno limpido ed intransigente contro la guerra;

f) ma questo impegno contro la guerra sara' credibile e quindi persuasivo e quindi efficace solo se sara' davvero limpido ed intransigente, e per essere tale esso deve consistere nella scelta teorica e pratica dell'accostamento alla nonviolenza come opposizione la piu' rigorosa alla violenza. Non e' piu' ammissibile alcune ambiguita' da parte di alcuno, i cialtroni e i mascalzoni devono essere allontanati dal movimento per la pace con la massima chiarezza.

III. Sul piano delle cose da fare con la massima urgenza:

g) una campagna immediata e capillare di accostamento, formazione e addestramento alla nonviolenza per tutte le persone che vogliono impegnarsi per la pace;

h) la preparazione di azioni dirette nonviolente per cercar di bloccare operativamente la macchina bellica; azioni dirette nonviolente cui possono partecipare solo persone adeguatamente preparate, rigorosamente disciplinate, fedeli fino in fondo alla nonviolenza;

i) la preparazione di una campagna di massa a livello nazionale di disobbedienza civile che miri a bloccare la catena di comando politica ed amministrativa di quei poteri golpisti e stragisti che cercassero di precipitare l'Italia in guerra con cio' infrangendo la Costituzione cui pure hanno giurato fedelta';

l) la preparazione di uno sciopero generale che si ponga come obiettivo le dimissioni di quel governo, di quel parlamento e di quel capo dello stato golpisti e stragisti che decidessero la partecipazione dell'Italia alla guerra;

m) una campagna di presentazione di denunce penali a carico dei golpisti e stragisti, da presentare massivamente a  tutte le istanze giudiziarie ed a tutti gli apparati delle forze dell'ordine, affinche' vengano arrestati, processati e  puniti secondo la legge quei governanti, quei legislatori e quel capo dello stato golpisti e stragisti che decidessero di violare la Costituzione decidendo la partecipazione italiana alla guerra.

*

Il tempo e' poco, molto cio' che occorre fare. E' necessario cominciare subito.

E per cominciare lanciamo un appello ancora al governo, al parlamento, al capo dello stato: dicano subito, dicano chiaro, dicano forte, che il nostro paese e' ancora uno stato di diritto fondato sulla Costituzione dellla Repubblica Italiana che "ripudia la guerra"; dicano subito, chiaro, forte all'Unione Europea, all'Onu, al governo americano che l'Italia per sua legge fondamentale non partecipera' a questa guerra, che l'Italia per sua legge fondamentale a questa guerra si oppone.

Lo dicano subito, lo dicano chiaro, lo dicano forte. Senza equivoci e senza sotterfugi. Ancora rivolgiamo loro questo appello.

Ma noi tutti frattanto prepariamoci, nessuna attesa e' piu' ammissibile, un difficile compito ci attende: difendere la legalita' costituzionale e il diritto internazionale, la democrazia e la civile convivenza, la pace e la civilta' umana, impedire la guerra, fare quanto in nostro potere per salvare innumerevoli vite umane.

 

5. HERI DICEBAMUS. I COMPITI DELL'UMANITA' NELL'ETA' ATOMICA (2002)

[Il seguente articolo e' apparso nel fascicolo di dicembre 2002 del mensile dell'Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo) "Amici dei lebbrosi"; l'Aifo e' un'associazione umanitaria che invitiamo tutti i nostri interlocutori a sostenere...]

 

Quando ci viene posta la domanda se il pericolo atomico esista ancora, la nostra risposta e': esso non abbandonera' mai piu' l'umanita'. Occorre sapere che da quell'agosto 1945 fino alla fine della civilta' umana questa minaccia sempre incombera' su tutti noi esseri umani presenti e venturi, e sempre e sempre dovremo lottare contro di essa.

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Lo colse e lo seppe dire in modo ineguagliabile Guenther Anders, il grandissimo filosofo che dedico' l'intera sua vita a lottare contro gli orrori di Auschwitz e di Hiroshima affinche' non potessero ripetersi mai piu'.

Ha scritto, tra altri indimenticabili testi, una breve riflessione dal titolo Tesi sull'eta' atomica, la cui lettura a noi pare imprescindibile (per i lettori italiani la traduzione perfetta di Renato Solmi e' disponibile nella rete telematica...).

Scrive Anders:

"Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa.

Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda 'Come dobbiamo vivere?' si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?' Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l'apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi".

Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.

Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo".

Cosi' l'incipit di questo fondamentale saggio, ma tutto il testo e' da leggere e meditare.

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Ma anche un altro grande uomo di pace, Ernesto Balducci, seppe cogliere ed enunciare le novita' tremende e ineludibili dell'eta' atomica: in un discorso che tenne nel 1981, e che poi riprese come introduzione in quel magnifico suo manuale scolastico che e' La pace. Realismo di un'utopia, Balducci ci parlava delle "tre verita' di Hiroshima", e scriveva:

"Le condizioni di fatto sono radicalmente mutate. L'umanita' e' entrata in un tempo nuovo nel momento stesso in cui si e' trovata di fronte al dilemma: o mutare il modo di pensare o morire. Essa vive ormai sulla soglia di una mutazione, nel senso forte che ha il termine in antropologia.

Non serve obiettare, contro il dilemma, che la mutazione non e' avvenuta e noi siamo vivi! Non e' forse vero che l'abisso si e' spaventosamente allargato dinanzi a noi? D'altronde le mutazioni non avvengono con ritmi serrati e uniformi. In ogni caso si puo' gia' dire, con fondatezza, che si sono andate generalizzando alcune certezze in cui e' facile scoprire il riflesso del messaggio di Hiroshima e dunque un qualche inizio della mutazione.

La prima verita' contenuta in quel messaggio e' che il genere umano ha un destino unico di vita o di morte. Sul momento fu una verita' intuitiva, di natura etica, ma poi, crollata l'immagine eurocentrica della storia, essa si e' dispiegata in evidenze di tipo induttivo la cui esposizione più recente e piu' organica e' quella del Rapporto Brandt. L'unita' del genere umano e' ormai una verita' economica. Le interdipendenze che stringono il Nord e il Sud del pianeta, attentamente esaminate, svelano che non e' il Sud a dipendere dal Nord ma e' il Nord che dipende dal Sud. Innanzitutto per il fatto che la sua economia dello spreco e' resa possibile dalla metodica rapina a cui il Sud e' sottoposto e poi, piu' specificamente, perche' esiste un nesso causale tra la politica degli armamenti e il persistere, anzi l'aggravarsi, della spaventosa piaga della fame. Pesano ancora nella nostra memoria i 50 milioni di morti dell'ultima guerra, ma cominciano anche a pesarci i morti che la fame sta facendo: 50 milioni, per l'appunto, nel solo anno 1979. E piu' comincia a pesare il fatto, sempre meglio conosciuto, che la morte per fame non e' un prodotto fatale dell'avarizia della natura o dell'ignavia degli uomini, ma il prodotto della struttura economica internazionale che riversa un'immensa quota dei profitti nell'industria delle armi: 450 miliardi di dollari nel suddetto anno 1979 e cioe' 10 volte di piu' del necessario per eliminare la fame nel mondo. Questo ora si sa. Adamo ed Eva ora sanno di essere nudi. Gli uomini e le donne che, fosse pure soltanto come elettori, tengono in piedi questa struttura di violenza, non hanno piu' la coscienza tranquilla.

La seconda verita' di Hiroshima e' che ormai l'imperativo morale della pace, ritenuta da sempre come un ideale necessario anche se irrealizzabile, e' arrivato a coincidere con l'istinto di conservazione, il medesimo istinto che veniva indicato come radice inestirpabile dell'aggressivita' distruttiva. Fino ad oggi e' stato un punto fermo che la sfera della morale e quella dell'istinto erano tra loro separate, conciliabili solo mediante un'ardua disciplina e solo entro certi limiti: fuori di quei limiti accadeva la guerra, che la coscienza morale si limitava a deprecare come un malum necessarium. Ma le prospettive attuali della guerra tecnologica sono tali che la voce dell'istinto di conservazione (di cui la paura e' un sintomo non ignobile) e la voce della coscienza sono diventate una sola voce. Non era mai capitato. Anche per questi nuovi rapporti fra etica e biologia, la storia sta cambiando di qualita'.

La terza verita' di Hiroshima e' che la guerra e' uscita per sempre dalla sfera della razionalita'. Non che la guerra sia mai stata considerata, salvo in rari casi di sadismo culturale, un fatto secondo ragione, ma sempre le culture dominanti l'hanno ritenuta quanto meno come una extrema ratio, e cioe' come uno strumento limite della ragione. E difatti, nelle nostre ricostruzioni storiografiche, il progresso dei popoli si avvera attraverso le guerre. Per una specie di eterogenesi dei fini - per usare il linguaggio di Benedetto Croce - l'"accadimento" funesto generava l'"avvenimento" fausto. Ma ora, nell'ipotesi atomica, l'accadimento non genererebbe nessun avvenimento. O meglio, l'avvenimento morirebbe per olocausto nel grembo materno dell'accadimento.

Queste tre verita' non trovano il loro giusto contesto nella cultura e nella pratica politica ancora dominanti. Il pacifismo che esse prefigurano e' anch'esso di tipo nuovo, non in continuita' con quello tradizionale".

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E con chiarezza cristallina nella sua lettera ai giudici del 1965, il priore di Barbiana, don Lorenzo Milani, seppe descrivere la situazione presente: "A piu' riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che e' in gioco la sopravvivenza della specie umana. (Per esempio Linus Pauling premio Nobel per la chimica e per la pace). E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?".

La riflessione morale odierna non puo' piu' eludere i temi che la tecnologia atomica, le armi di sterminio di massa, la contaminazione dell'ambiente pongono alla coscienza umana; si veda ad esempio il fondamentale libro di Hans Jonas, Il principio responsabilita'.

Le armi atomiche, come tutte le armi di distruzione di massa, sono nemiche dell'umanita'. Tutte le armi, in quanto intese a ferire ed uccidere esseri umani, sono nemiche dell'umanita'.

Cosicche' un impegno a tutti e' richiesto oggi, se l'umanita' intera, oltre che l'umanita' che e' in noi stessi individualmente considerati, ci sta a cuore: opporci alle armi: al loro uso, al loro commercio, alla loro produzione.

Se la memoria non mi inganna fu Einstein a dire una volta che non sapeva con quali armi sarebbe stata combattuta la terza guerra mondiale, ma quanto alla quarta era certo che sarebbe stata combattuta con le clave. Se vogliamo impedire stragi immani e un regresso alla preistoria tra dolori indicibili per la superstite umanita', dobbiamo impedire le guerre, e per impedirle dobbiamo impegnarci tutti per il disarmo.

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Ma opporsi alle guerre, agire il disarmo, richiede un impegno ulteriore, anzi due:

a) un impegno di costruzione della pace e di gestione esclusivamente civile dei conflitti, che e' possibile ad una sola condizione: la scelta della nonviolenza;

b) un impegno a pensare e inverare modelli di difesa - dei territori, delle societa' e dei diritti - che siano alternativi a quelli militari e che siano non meno ma piu' efficaci: questi modelli esistono gia', sono quell'insieme di esperienze storiche e di proposte operative che chiamiamo difesa popolare nonviolenta, verso cui occorre orientare al piu' presto la politica della difesa del nostro e di ogni paese.

Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe. Gandhi lo colse molto prima di Hiroshima; dopo Hiroshima ogni coscienza illuminata lo sa.

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Alcune letture particolarmente utili sono le seguenti:

- Guenther Anders, Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, Torino 1961 (con in appendice le Tesi sull'eta' atomica);

- Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima, ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'Ombra, Milano 1992;

- Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 1964, 1994;

- Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato, Milano 1983;

- Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna 1979, 1984; Il terzo assente, Sonda, Torino-Millano 1989;

- Adriano Buzzati-Traverso, Morte nucleare in Italia, Laterza, Roma-Bari 1982;

- Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi, Milano 1981, Bompiani, Milano 1988; La coscienza delle parole, Adelphi, Milano 1984;

- Documenti del processo di don Milani, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1969 (raccolta di materiali più volte ristampata dallo stesso e da altri editori);

- Theodor Ebert, La difesa popolare nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984;

- Hans Jonas, Il principio responsabilita', Einaudi, Torino 1990, 1993;

- Robert Jungk, Gli apprendisti stregoni, Einaudi, Torino 1958, 1982;

- Domenico Gallo, Dal dovere di obbedienza al diritto di resistenza, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1985;

- Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996;

- Enrico Peyretti, Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, in "La nonviolenza e' in cammino", n. 390 del 20 ottobre 2002;

- Giuliano Pontara, Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995;

- Arundhati Roy, Guerra e' pace, Guanda, Parma 2002;

- Bertrand Russell, L'autobiografia, 3 voll., Longanesi, Milano 1969, 1971;

- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, 3 voll., Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997;

- Edward P. Thompson, Opzione zero, Einaudi, Torino 1983;

- Simone Weil, L'Iliade poema della forza, in Eadem, La Grecia e le intuizioni precristiane, Rusconi, Milano 1974;

- Virginia Woolf, Le tre ghinee, La Tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1987.

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Alcuni film particolarmente interessanti sono i seguenti:

- Stanley Kubrick, Il dottor Stranamore, 1963;

- Akira Kurosawa, Sogni, 1990; Rapsodia d'agosto, 1991;

- Alain Resnais, Hiroshima mon amour, 1959.

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Alcuni riferimenti particolarmente utili sono i seguenti:

- Centro di ricerca per la pace di Viterbo, e-mail: nbawac at tin.it

- IPPNW, sito: www.ippnw.org

- Movimento Nonviolento, sito: www.nonviolenti.org

- Peacelink, sito: www.peacelink.it

 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 79 del 18 settembre 2014