[Nonviolenza] Ogni vittima ha il volto di Abele. 54



 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 54 del 26 ottobre 2013

 

In questo numero:

1. Un appello al parlamento italiano: faccia cessare le stragi nel Mediterraneo

2. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

3. Con Ungaretti e Quasimodo contro la guerra

4. Giuseppe Ungaretti: In memoria

5. Giuseppe Ungaretti: Veglia

6. Giuseppe Ungaretti: Destino

7. Giuseppe Ungaretti: Fratelli

8. Giuseppe Ungaretti: Sono una creatura

9. Giuseppe Ungaretti: In dormiveglia

10. Giuseppe Ungaretti: Pellegrinaggio

11. Giuseppe Ungaretti: San Martino del Carso

12. Giuseppe Ungaretti: Allegria di naufragi

13. Giuseppe Ungaretti: Solitudine

14. Giuseppe Ungaretti: Mattina

15. Giuseppe Ungaretti: Lontano

16. Giuseppe Ungaretti: Sempre notte

17. Giuseppe Ungaretti: Un'altra notte

18. Giuseppe Ungaretti: Girovago

19. Giuseppe Ungaretti: Soldati

20. Salvatore Quasimodo: Ed e' subito sera

21. Salvatore Quasimodo: Rifugio d'uccelli notturni

22. Salvatore Quasimodo: Dove morti stanno ad occhi aperti

23. Salvatore Quasimodo: Isola di Ulisse

24. Salvatore Quasimodo: Alle fronde dei salici

25. Salvatore Quasimodo: Giorno dopo giorno

26. Salvatore Quasimodo: Milano, agosto 1943

27. Salvatore Quasimodo: Uomo del mio tempo

28. Salvatore Quasimodo: Anno Domini MCMXLVII

29. Salvatore Quasimodo: Il mio paese e' l'Italia

30. Salvatore Quasimodo: Ai quindici di Piazzale Loreto

31. Salvatore Quasimodo: Auschwitz

32. Salvatore Quasimodo: Ai fratelli Cervi, alla loro Italia

33. Salvatore Quasimodo: Il muro

34. Salvatore Quasimodo: In questa citta'

35. Salvatore Quasimodo: Ancora dell'inferno

36. Salvatore Quasimodo: Epigrafe per i caduti di Marzabotto

37. Salvatore Quasimodo: Epigrafe per i partigiani di Valenza

 

1. INIZIATIVE. UN APPELLO AL PARLAMENTO ITALIANO: FACCIA CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO

 

Rivolgiamo un appello al parlamento italiano: faccia cessare le stragi nel Mediterraneo legiferando il diritto per tutti gli esseri umani ad entrare in Italia - ed attraverso l'Italia in Europa - in modo legale e sicuro.

Ogni essere umano ha diritto alla vita. Ogni essere umano ha diritto alla libera circolazione sull'unico pianeta casa comune dell'umanita' intera. Vi e' una sola umanita' e tutti gli esseri umani ne fanno parte.

 

2. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

3. INCONTRI. CON UNGARETTI E QUASIMODO CONTRO LA GUERRA

 

Nella terza giornata della "Settimana internazionale per il disarmo" la mattina di sabato 26 ottobre 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" si e' tenuto un incontro di lettura e commento di poesie di Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo contro la guerra e in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

La guerra e' nemica dell'umanita'.

Ogni essere umano ha diritto a non essere ucciso.

Per abolire la guerra e' necessario il disarmo.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

4. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: IN MEMORIA

Locvizza il 30 settembre 1916

 

Si chiamava

Moammed Sceab

 

Discendente

di emiri di nomadi

suicida

perche' non aveva piu'

Patria

 

Amo' la Francia

e muto' nome

 

Fu Marcel

ma non era Francese

e non sapeva piu'

vivere

nella tenda dei suoi

dove si ascolta la cantilena

del Corano

gustando un caffe'

 

E non sapeva

sciogliere

il canto

del suo abbandono

 

L'ho accompagnato

insieme alla padrona dell'albergo

dove abitavamo

a Parigi

dal numero 5 della rue des Carmes

appassito vicolo in discesa

 

Riposa

nel camposanto d'Ivry

sobborgo che pare

sempre

in una giornata

di una

decomposta fiera

 

E forse io solo

so ancora

che visse

 

5. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: VEGLIA

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

 

Un'intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d'amore

 

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

 

6. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: DESTINO

Mariano il 14 luglio 1916

 

Volti al travaglio

come una qualsiasi

fibra creata

perche' ci lamentiamo noi?

 

7. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: FRATELLI

Mariano il 15 luglio 1916

 

Di che reggimento siete

fratelli?

 

Parola tremante

nella notte

 

Foglia appena nata

 

Nell'aria spasimante

involontaria rivolta

dell'uomo presente alla sua

fragilita'

 

Fratelli

 

8. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SONO UNA CREATURA

Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

 

Come questa pietra

del S. Michele

cosi' fredda

cosi' dura

cosi' prosciugata

cosi' refrattaria

cosi' totalmente

disanimata

 

Come questa pietra

e' il mio pianto

che non si vede

 

La morte

si sconta

vivendo

 

9. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: IN DORMIVEGLIA

Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916

 

Assisto la notte violentata

 

L'aria e' crivellata

come una trina

dalle schioppettate

degli uomini

ritratti

nelle trincee

come le lumache nel loro guscio

 

Mi pare

che un affannato

nugolo di scalpellini

batta il lastricato

di pietra di lava

delle mie strade

ed io l'ascolti

non vedendo

in dormiveglia

 

10. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: PELLEGRINAGGIO

Valloncello dell'Albero Isolato il 16 agosto 1916

 

In agguato

in queste budella

di macerie

ore e ore

ho strascicato

la mia carcassa

usata dal fango

come una suola

o come un seme

di spinalba

 

Ungaretti

uomo di pena

ti basta un'illusione

per farti coraggio

 

Un riflettore

di la'

mette un mare

nella nebbia

 

11. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SAN MARTINO DEL CARSO

Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916

 

Di queste case

non e' rimasto

che qualche

brandello di muro

 

Di tanti

che mi corrispondevano

non e' rimasto

neppure tanto

 

Ma nel cuore

nessuna croce manca

 

E' il mio cuore

il paese piu' straziato

 

12. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: ALLEGRIA DI NAUFRAGI

Versa il 14 febbraio 1917

 

E subito riprende

il viaggio

come

dopo il naufragio

un superstite

lupo di mare

 

13. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SOLITUDINE

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

 

Ma le mie urla

feriscono

come fulmini

la campana fioca

del cielo

 

Sprofondano

impaurite

 

14. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: MATTINA

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

 

M'illumino

d'immenso

 

15. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: LONTANO

Versa il 15 febbraio 1917

 

Lontano lontano

come un cieco

m'hanno portato per mano

 

16. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SEMPRE NOTTE

Vallone il 18 aprile 1917

 

La mia squallida

vita si estende

piu' spaventata di se'

 

In un

infinito

che mi calca e mi

preme col suo

fievole tatto

 

17. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: UN'ALTRA NOTTE

Vallone il 20 aprile 1917

 

In quest'oscuro

colle mani

gelate

distinguo

il mio viso

 

Mi vedo

abbandonato nell'infinito

 

18. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: GIROVAGO

Campo di Mailly maggio 1918

 

In nessuna

parte

di terra

mi posso

accasare

 

A ogni

nuovo

clima

che incontro

mi trovo

languente

che

una volta

gia' gli ero stato

assuefatto

 

E me ne stacco sempre

straniero

 

Nascendo

tornato da epoche troppo

vissute

 

Godere un solo

minuto di vita

iniziale

 

Cerco un paese

innocente

 

19. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SOLDATI

Bosco di Courton luglio 1918

 

Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie

 

20. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ED E' SUBITO SERA

 

Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed e' subito sera.

 

21. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: RIFUGIO D'UCCELLI NOTTURNI

 

In alto c'e' un pino distorto;

sta intento ed ascolta l'abisso

col fusto piegato a balestra.

 

Rifugio d'uccelli notturni,

nell'ora piu' alta risuona

d'un battere d'ali veloce.

 

Ha pure un suo nido il mio cuore

sospeso nel buio, una voce;

sta pure in ascolto, la notte.

 

22. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: DOVE MORTI STANNO AD OCCHI APERTI

 

Seguiremo case silenziose

dove morti stanno ad occhi aperti

e bambini gia' adulti

nel riso che li attrista,

e fronde battono a vetri taciti

a mezzo delle notti.

 

Avremo voci di morti anche noi,

se pure fummo vivi talvolta

o il cuore delle selve e la montagna,

che ci sospinse ai fiumi,

non ci volle altro che sogni.

 

23. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ISOLA DI ULISSE

 

Ferma e' l'antica voce.

Odo risonanze effimere,

oblio di piena notte

nell'acqua stellata.

 

Dal fuoco celeste

nasce l'isola di Ulisse.

Fiumi lenti portano alberi e cieli

nel rombo di rive lunari.

 

Le api, amata, ci recano l'oro:

tempo delle mutazioni, segreto.

 

24. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ALLE FRONDE DEI SALICI

 

E come potevano noi cantare

Con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull'erba dura di ghiaccio, al lamento

d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento.

 

25. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: GIORNO DOPO GIORNO

 

Giorno dopo giorno: parole maledette e il sangue

e l'oro. Vi riconosco, miei simili, mostri

della terra. Al vostro morso e' caduta la pieta'

e la croce gentile ci ha lasciati.

E piu' non posso tornare nel mio eliso.

Alzeremo tombe in riva al mare, sui campi dilaniati,

ma non uno dei sarcofaghi che segnano gli eroi.

Con noi la morte ha piu' volte giocato:

s'udiva nell'aria un battere monotono di foglie

come nella brughiera se al vento di scirocco

la folaga palustre sale sulla nube.

 

26. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: MILANO, AGOSTO 1943

 

Invano cerchi tra la polvere,

povera mano, la citta' e' morta.

E' morta: s'e' udito l'ultimo rombo

sul cuore del Naviglio. E l'usignolo

e' caduto dall'antenna, alta sul convento,

dove cantava prima del tramonto.

Non scavate pozzi nei cortili:

i vivi non hanno piu' sete.

Non toccate i morti, cosi' rossi, cosi' gonfi:

lasciateli nella terra delle loro case:

la citta' e' morta, e' morta.

 

27. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: UOMO DEL MIO TEMPO

 

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

- t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

quando il fratello disse all'altro fratello:

"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,

e' giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

 

28. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ANNO DOMINI MCMXLVII

 

Avete finito di battere i tamburi

a cadenza di morte su tutti gli orizzonti

dietro le bare strette alle bandiere,

di rendere piaghe e lacrime a pieta'

nelle citta' distrutte, rovina su rovina.

E piu' nessuno grida: "Mio Dio

perche' m'hai lasciato?". E non scorre piu' latte

ne' sangue dal petto forato. E ora

che avete nascosto i cannoni fra le magnolie,

lasciateci un giorno senz'armi sopra l'erba

al rumore dell'acqua in movimento,

delle foglie di canna fresche tra i capelli

mentre abbracciamo la donna che ci ama.

Che non suoni di colpo avanti notte

l'ora del coprifuoco. Un giorno, un solo

giorno per noi, padroni della terra,

prima che rulli ancora l'aria e il ferro

e una scheggia ci bruci in piena fronte.

 

29. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IL MIO PAESE E' L'ITALIA

 

Piu' i giorni s'allontanano dispersi

e piu' ritornano nel cuore dei poeti.

La' i campi di Polonia, la piana di Kutno

con le colline di cadaveri che bruciano

in nuvole di nafta, la' i reticolati

per la quarantena d'Israele,

il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido,

le catene di poveri gia' morti da gran tempo

e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,

la' Buchenwald, la mite selva di faggi,

i suoi forni maledetti; la' Stalingrado,

e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.

I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,

dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!

Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.

Il mio paese e' l'Italia, o nemico piu' straniero,

e io canto il suo popolo e anche il pianto

coperto dal rumore del suo mare,

il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.

 

30. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AI QUINDICI DI PIAZZALE LORETO

 

Esposito, Fiorani, Fogagnolo,

Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?

Soncini, Principato, spente epigrafi,

voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,

Gasparini? Foglie d'un albero

di sangue, Galimberti, Ragni, voi,

Bravin, Mastrodomenico, Poletti?

O caro sangue nostro che non sporca

la terra, sangue che inizia la terra

nell'ora dei moschetti. Sulle spalle

le vostre piaghe di piombo ci umiliano:

troppo tempo passo'. Ricade morte

da bocche funebri, chiedono morte

le bandiere straniere sulle porte

ancora delle vostre case. Temono

da voi la morte, credendosi vivi.

La nostra non e' guardia di tristezza,

non e' veglia di lacrime alle tombe;

la morte non da' ombra quando e' vita.

 

31. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AUSCHWITZ

 

Laggiu', ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,

amore, lungo la pianura nordica,

in un campo di morte: fredda, funebre,

la pioggia sulla ruggine dei pali

e i grovigli di ferro dei recinti:

e non albero o uccelli nell'aria grigia

o su dal nostro pensiero, ma inerzia

e dolore che la memoria lascia

al suo silenzio senza ironia o ira.

 

Tu non vuoi elegie, idilli: solo

ragioni della nostra sorte, qui,

tu, tenera ai contrasti della mente,

incerta a una presenza

chiara della vita. E la vita e' qui,

in ogni no che pare una certezza:

qui udremo piangere l'angelo il mostro

le nostre ore future

battere l'al di la', che e' qui, in eterno

e in movimento, non in un'immagine

di sogni, di possibile pieta'.

E qui le metamorfosi, qui i miti.

Senza nome di simboli o d'un dio,

sono cronaca, luoghi della terra,

sono Auschwitz, amore. Come subito

si muto' in fumo d'ombra

il caro corpo d'Alfeo e d'Aretusa!

 

Da quell'inferno aperto da una scritta

bianca: "Il lavoro vi rendera' liberi"

usci' continuo il fumo

di migliaia di donne spinte fuori

all'alba dai canili contro il muro

del tiro a segno o soffocate urlando

misericordia all'acqua con la bocca

di scheletro sotto le docce a gas.

Le troverai tu, soldato, nella tua

storia in forme di fiumi, d'animali,

o sei tu pure cenere d'Auschwitz,

medaglia di silenzio?

Restano lunghe trecce chiuse in urne

di vetro ancora strette da amuleti

e ombre infinite di piccole scarpe

e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie

d'un tempo di saggezza, di sapienza

dell'uomo che si fa misura d'armi,

sono i miti, le nostre metamorfosi.

 

Sulle distese dove amore e pianto

marcirono e pieta', sotto la pioggia,

laggiu', batteva un no dentro di noi,

un no alla morte, morta ad Auschwitz,

per non ripetere, da quella buca

di cenere, la morte.

 

32. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AI FRATELLI CERVI, ALLA LORO ITALIA

 

In tutta la terra ridono uomini vili,

principi, poeti, che ripetono il mondo

in sogni, saggi di malizia e ladri

di sapienza. Anche nella mia patria ridono

sulla pieta', sul cuore paziente, la solitaria

malinconia dei poveri. E la mia terra e' bella

d'uomini e d'alberi, di martirio, di figure

di pietra e di colore, d'antiche meditazioni.

 

Gli stranieri vi battono con dita di mercanti

il petto dei santi, le reliquie d'amore,

bevono vino e incenso alla forte luna

delle rive, su chitarre di re accordano

canti di vulcani. Da anni e anni

vi entrano in armi, scivolano dalle valli

lungo le pianure con gli animali e i fiumi.

 

Nella notte dolcissima Polifemo piange

qui ancora il suo occhio spento dal navigante

dell'isola lontana. E il ramo d'ulivo e' sempre ardente.

 

Anche qui dividono in sogni la natura,

vestono la morte e ridono i nemici

familiari. Alcuni erano con me nel tempo

dei versi d'amore e solitudine, nei confusi

dolori di lente macine e di lacrime.

Nel mio cuore fini' la loro storia

quando caddero gli alberi e le mura

tra furie e lamenti fraterni nella citta' lombarda.

 

Ma io scrivo ancora parole d'amore,

e anche questa e' una lettera d'amore

alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi

non alle sette stelle dell'Orsa: ai sette emiliani

dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,

morirono tirando dadi d'amore nel silenzio.

Non sapevano soldati filosofi poeti

di questo umanesimo di razza contadina.

L'amore, la morte, in una fossa di nebbia appena fonda.

 

Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,

non per memoria, ma per i giorni che strisciano

tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.

 

33. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IL MURO

 

Contro di te alzano un muro

in silenzio, pietra e calce pietra e odio,

ogni giorno da zone piu' elevate

calano il filo a piombo. I muratori

sono tutti uguali, piccoli, scuri

in faccia, maliziosi. Sopra il muro

segnano giudizi sui doveri

del mondo, e se la pioggia li cancella

li riscrivono, ancora con geometrie

piu' ampie. Ogni tanto qualcuno precipita

dall'impalcatura e subito un altro

corre al suo posto. Non vestono tute

azzurre e parlano un gergo allusivo.

Alto e' il muro di roccia,

nei buchi delle travi ora s'infilano

gechi e scorpioni, pendono erbe nere.

L'oscura difesa verticale evita

da un orizzonte solo i meridiani

della terra, e il cielo non lo copre.

Di la' da questo schermo

tu non chiedi grazia ne' confusione.

 

34. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IN QUESTA CITTA'

 

In questa citta' c'e' pure la macchina

che stritola i sogni: con un gettone

vivo, un piccolo disco di dolore

sei subito di la', su questa terra,

ignoto in mezzo ad ombre deliranti

su alghe di fosforo funghi di fumo:

una giostra di mostri

che gira su conchiglie

che si spezzano putride sonando.

E' in un bar d'angolo laggiu' alla svolta

dei platani, qui nella metropoli

o altrove. Su, gia' scatta la manopola.

 

35. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ANCORA DELL'INFERNO

 

Non ci direte una notte gridando

dai megafoni, una notte

di zagare, di nascite, d'amori

appena cominciati, che l'idrogeno

in nome del diritto brucia

la terra. Gli animali i boschi fondono

nell'Arca della distruzione, il fuoco

e' un vischio sui crani dei cavalli,

negli occhi umani. Poi a noi morti

voi morti direte nuove tavole

della legge. Nell'antico linguaggio

altri segni, profili di pugnali.

Balbettera' qualcuno sulle scorie,

inventera' tutto ancora

o nulla nella sorte uniforme,

il mormorio delle correnti, il crepitare

della luce. Non la speranza

direte voi morti alla nostra morte

negli imbuti di fanghiglia bollente,

qui nell'inferno.

 

36. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: EPIGRAFE PER I CADUTI DI MARZABOTTO

 

Questa e' memoria di sangue

di fuoco, di martirio,

del piu' vile sterminio di popolo

voluto dai nazisti di von Kesserling

e dai loro soldati di ventura

dell'ultima servitu' di Salo'

per ritorcere azioni di guerra partigiana.

 

I milleottocentotrenta dell'altipiano

fucilati e arsi

da oscura cronaca contadina e operaia

entrano nella storia del mondo

col nome di Marzabotto.

Terribile e giusta la loro gloria:

indica ai potenti le leggi del diritto

il civile consenso

per governare anche il cuore dell'uomo,

non chiede compianto o ira

onore invece di libere armi

davanti alle montagne e alle selve

dove il Lupo e la sua brigata

piegarono piu' volte

i nemici della liberta'.

 

La loro morte copre uno spazio immenso,

in esso uomini d'ogni terra

non dimenticano Marzabotto

il suo feroce evo

di barbarie contemporanea.

 

37. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: EPIGRAFE PER I PARTIGIANI DI VALENZA

 

Questa pietra

ricorda i Partigiani di Valenza

e quelli che lottarono nella sua terra,

caduti in combattimento, fucilati, assassinati

da tedeschi e gregari di provvisorie milizie italiane.

Il loro numero e' grande.

Qui li contiamo uno per uno teneramente

chiamandoli con nomi giovani

per ogni tempo.

Non maledire, eterno straniero nella tua patria,

e tu saluta, amico della liberta'.

Il loro sangue e' ancora fresco, silenzioso

il suo frutto.

Gli eroi sono diventati uomini: fortuna

per la civilta'. Di questi uomini

non resti mai povera l'Italia.

 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 54 del 26 ottobre 2013