Telegrammi. 1385



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1385 del 2 settembre 2013

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Il padrone del mondo

2. La catena

3. Alcune cose che dovrebbe fare un governo italiano fedele all'articolo 11 della Costituzione

4. Pancrazio Sbrindelloni: Il tribolo tribale

5. Un incontro in memoria di Carlo Cafiero

6. Segnalazioni librarie

7. La "Carta" del Movimento Nonviolento

8. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. IL PADRONE DEL MONDO

 

Deve esserci qualcosa di tossico nell'aria che si respira a Washington.

Poiche' non riesco a trovare altra eziologia alla insensata convinzione dei presidenti che li' risiedono di essere i padroni del mondo e di avere diritto di vita e di morte su tutti gli esseri umani che evidentemente considerano loro sudditi, schiavi, bestiame, possedimenti.

Una tale follia, tragicamente, dispone di ogni sorta di armamenti e non esita a farne uso: da quel 6 agosto 1945 della bomba di Hiroshima fino ad oggi, ben pochi altri poteri criminali, e forse nessuno, hanno commesso tante stragi quante ne hanno fatte commettere gli inquilini della Casa Bianca.

Sarebbe bene che l'umanita' ne prendesse atto e vi ponesse rimedio.

La via e' semplice: si chiama nonviolenza.

 

2. HIC ET  NUNC. LA CATENA

 

L'annuncio del presidente statunitense Obama di voler fare altre stragi in Siria, dove di tutto c'e' bisogno fuorche' di stragi, suscita molte gravi considerazioni.

La prima di esse e' che fare nuove stragi in risposta a precedenti stragi ha una conseguenza evidente: che nuove stragi veranno commesse ancora e ancora in una catena incessante.

Occorre rompere la catena delle uccisioni, delle stragi, delle guerra: occorre scegliere la via della pace, del disarmo, della smilitarizzazione dei conflitti, del dialogo tra le parti, del rispetto per la vita, della civile convivenza, dell'integrale riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani: ed il primo di tutti i diritti e' il diritto a non essere uccisi.

Occorre la scelta della nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. SIMPLICISSIMUS. ALCUNE COSE CHE DOVREBBE FARE UN GOVERNO ITALIANO FEDELE ALL'ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE

 

Primo: far cessare immediatamente la criminale ed insensata partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in corso in Afghanistan.

Secondo: opporsi all'estensione del conflitto siriano e adoperarsi affinche' la comunita' internazionale si impegni per la pace e i diritti umani in Siria come ovunque, con interventi di pace con mezzi di pace, ovvero di autentico aiuto umanitario, interventi rigorosamente non armati e non violenti.

Terzo: avviare una persuasa e rigorosa politica di disarmo, poiche' solo il disarmo favorisce e consolida la pace; a cominciare dalla rinuncia ai famigerati cacciabombardieri F-35 si avvii finalmente una politica di pace con mezzi di pace, di disarmo e di smilitarizzazione.

 

4. INTERMEZZO. PANCRAZIO SBRINDELLONI: IL TRIBOLO TRIBALE

 

"Garantire i diritti del signor Berlusconi", solfeggiano i messeri suoi luogotenenti e i gentiluomini manutengoli suoi ed anche qualche buon uomo di spirito semplice.

E puntano gli acuminati indici contro noialtri popolaccio di famelici straccioni, per l'occasione insigniti del titolo di "tribali" (qualunque cosa con cio' si voglia dire).

E noi gente dappoco, di panni ruvidi e ruvide maniere, oltretutto ancora innamorati della bandiera rossa (ridiventata straccio, e dal piu' povero sventolata), cosa mai potremmo replicare a cotanti lorsignori?

*

Ci pare che il signor B. abbia avuto tre gradi di giudizio, e una condanna definitiva per frode fiscale.

E se non e' poco elegante rammemorarlo, in un altro processo tuttora in corso anche una condanna in primo grado per prostituzione minorile e concussione; e si e' in attesa dell'appello.

Non sono proprio bruscolini; sono condanne per gravi reati.

Condanne emesse da tribunali della Repubblica, in processi nei quali il signor B. ha goduto di ogni guarentigia.

*

Forse sarebbe il caso di cominciare a garantire i diritti della tanta povera gente che non ha mai commesso reati ed e' stata e continua ad essere massacrata in mille modi dalle politiche berlusconiane e dei complici suoi.

Forse sarebbe il caso di cacciare dal governo i complici e i caudatari del signor B.

Forse sarebbe il caso di sbrigarsi a cacciare dal parlamento - come vuole la legge - il capo, padrone e demiurgo della destra golpista e criminale.

Forse sarebbe il caso di decidersi ad abrogare le tante scellerate ed infami misure fasciste e razziste, criminogene e criminali, che i governi berlusconiani hanno imposto in questo paese provocando tante tragedie.

*

E adesso torniamo ai nostri riti tribali. La cui chiave, come e' noto, e' nei ritmi ossessivi (che invero poco si confanno a gente lenta, taoista ed internazionalista proletaria come noi).

 

5. INCONTRI. UN INCONTRO IN MEMORIA DI CARLO CAFIERO

 

Si e' svolto la mattina di domenica primo settembre 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro in memoria di Carlo Cafiero, il pensatore e militante anarchico nato a Barletta il primo settembre 1846 e deceduto a Nocera Inferiore il 17 luglio 1892.

Nel corso dell'incontro, nell'anniversario della nascita, e' stata ricordata la figura del generoso rivoluzionario ottocentesco e sono stati letti e commentati alcuni suoi scritti.

Concludendo l'incontro il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha evidenziato come la nonviolenza erediti e si nutra delle esperienze e delle aspirazioni di tutte le persone di volonta' buona che hanno lottato per la liberazione dell'umanita', per una societa' solidale, per la pace, l'uguaglianza di diritti, la condivisione dei beni e la comune responsabilita', la fraternita' universale. In questo orizzonte, in questa genealogia, la memoria di Carlo Cafiero, delle sue vicende e delle sue meditazioni, delle sue scelte generose e della sua azione costantemente volta al bene dell'umanita', ed anche dei suoi limiti ed errori e delle sue sofferenze, e' un patrimonio prezioso per l'umanita', ed una fonte di ispirazione per la nonviolenza in cammino.

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Un profilo di Carlo Cafiero

Dal Dizionario biografico degli italiani, volume 16 (1973), disponibile in rete nel sito www.treccani.it, riprendiamo il seguente profilo scritto da Pier Carlo Masini.

"Carlo Cafiero nacque a Barletta da Ferdinando e da Luigia Azzariti il primo settembre 1846. La famiglia, assai facoltosa, possedeva terre e traeva redditi dal commercio dei grani. Un fratello maggiore del C., Pietrantonio (1836-1911), politicamente conservatore, sara' deputato per tre legislature (la XVI, la XVII e la XIX).

Il C. segui' gli studi nel seminario di Molfetta, dove gli fu condiscepolo Emilio Covelli, piu' tardi suo compagno d'idee e di sventura. Il seminario di Molfetta aveva una tradizione scolastica prestigiosa (vi aveva studiato Andrea Angiulli e lo frequentera' anche Gaetano Salvemini), ma il C. ne usci', come i nominati, senza continuare la carriera ecclesiastica. A 18 anni e' a Napoli dove s'iscrive alla facolta' di giurisprudenza; laureatosi ed entrato in possesso d'un notevole patrimonio in seguito alla morte del padre, si trasferisce a Firenze, allora capitale del regno, per intraprendere la carriera diplomatica. Ma l'ambiente fiorentino non gli piace e altri interessi - per l'occultismo, l'etnologia, le civilta' orientali - lo attraggono. Dopo una sosta in Francia (1870) presso il pittore Giuseppe De Nittis, suo coetaneo e conterraneo, si reca a Londra dove i contatti culturali e la conoscenza diretta della condizione operaia in una societa' industriale lo avvicinano alle idee socialiste, in particolare all'Associazione internazionale dei lavoratori che a Londra aveva la sua sede con il Consiglio generale, fortemente influenzato da Marx e da Engels. Entra personalmente in contatto con il secondo che, allora incaricato dei rapporti dell'organizzazione con l'Italia, nella primavera del 1871, proprio nei giorni della Comune di Parigi, affida al C. la missione di recarsi in Italia per coordinare le file dell'Associazione e contrastare nel movimento operaio italiano l'influenza di Mazzini e di Bakunin.

Partito da Londra ai primi di maggio del 1871, il C. si ferma anzitutto a Firenze dove ha vecchie amicizie e, grazie ad esse, puo' introdursi nei circoli democratici. Conosce Luigi Castellazzo, presidente di una Societa' democratica internazionale che, fra l'altro, ha preso nettamente posizione a difesa della Comune di Parigi. Dopo un breve soggiorno nella natia Barletta, si reca a Napoli per stabilire rapporti diretti con la sezione dell'Internazionale che opera in quella citta' da alcuni anni. La sezione si trova in crisi a causa delle scorrettezze del suo presidente Stefano Caporusso, ora esautorato ed espulso. Il C. cerca di rimediare a questa situazione, ricollegando gli elementi migliori, fra i quali Carmelo Palladino, studente pugliese trapiantato a Napoli, quando il 20 agosto l'autorita' scioglie con decreto prefettizio la sezione. Il C. stesso viene arrestato, la sua casa perquisita con sequestro di carte e di documenti. Rilasciato dopo pochi giorni, mentre si istruisce il processo, il C. e' impegnato nella partecipazione al Congresso operaio di Roma (XII congresso delle Societa' operaie italiane, 1-6 novembre 1871), nel corso del quale guida la esigua pattuglia di opposizione alla maggioranza mazziniana, facendo sentire la voce dell'Internazionale e poi ritirandosi clamorosamente dall'assemblea. In questo periodo collabora al giornale "La Campana" di Napoli, uno dei piu' importanti fogli internazionalisti. Cura sempre la sua corrispondenza con Engels, anche se in seguito alla conferenza di Londra (settembre 1871) che ha dato un nuovo indirizzo - nel senso di una maggiore politicizzazione e centralizzazione - all'Associazione internazionale dei lavoratori, i rapporti fra il Consiglio generale di Londra e la sezione napoletana, influenzata da Bakunin e dai suoi amici, cominciano a guastarsi. Il C., rimasto in un primo tempo neutrale nella disputa, si sposta nei primi mesi del 1872 verso le posizioni di Bakunin e, dopo un incontro con questo in Svizzera, ne abbraccia completamente le idee. Da qui la rottura con Engels, giustificata con una lunga lettera nella quale per la prima volta il C. enuncia il suo orientamento anarchico (12-19 giugno 1872). Intanto in Italia da mesi si parla di un congresso che raccolga tutte le forze democratiche d'estrema sinistra, dai nascenti fasci operai ai circoli del Libero pensiero, dalle associazioni razionaliste alle sezioni dell'Internazionale. L'iniziativa e' patrocinata da Garibaldi, ma nel suo sviluppo viene a coordinarsi e poi a coincidere con la riunione di fondazione della Federazione italiana dell'Associazione internazionale dei lavoratori che si svolge a Rimini nei giorni 4-6 agosto 1872. Di questa "conferenza" costituente il C. e' il presidente (Andrea Costa il segretario) e il maggior ispiratore. La conferenza adotta una serie di risoluzioni politiche e organizzative, fra le quali la piu' importante e' quella che proclama la rottura col Consiglio nazionale di Londra e in pratica la secessione delle sezioni italiane. Il C. si reca come osservatore al congresso dell'Aia, promosso dalla maggioranza marxista, nel corso del quale e' decisa l'espulsione di Bakunin e di Guillaume e la condanna dei dissidenti. Il C. e' ora fra i piu' intransigenti fautori della scissione e torna in Svizzera presso Bakunin, a Zurigo, per poi partecipare insieme al congresso internazionale di Saint-Imier, nel Giura Svizzero, dove si costituisce la cosiddetta Internazionale "antiautoritaria" (16 - 17 settembre 1872). Egli entra contemporaneamente a far parte, insieme con Costa, Fanelli, Malatesta e Nabruzzi, di una organizzazione segreta, detta Alleanza internazionale, che era stata promossa da Bakunin fra gli intimi con speciali statuti e con compiti cospirativi.

Da questo momento la vita del C. si confonde con la storia del movimento internazionalista in Italia. Egli e' incaricato anzitutto dalla Federazione italiana di condurre un'inchiesta sulla condotta dell'internazionalista torinese Carlo Terzaghi, sospettato di essere in relazione con la polizia. Si reca a Torino, interroga il Terzaghi e i suoi accusatori e conclude con una relazione di condanna del Terzaghi che viene espulso dalle file della Federazione italiana.

In occasione del secondo congresso della Federazione italiana dell'Internazionale, convocato a Mirandola ma svoltosi a Bologna (15-16 marzo 1873), e' arrestato, sottoposto a interrogatori ma poi prosciolto in istruttoria. Nella seconda meta' del 1873 si reca in Svizzera e intrattiene stretti rapporti con Bakunin, aiutandolo finanziariamente per l'acquisto e la sistemazione della villa detta "La Baronata", presso Locarno. La villa avrebbe dovuto servire come rifugio per gli amici del rivoluzionario russo, impegnati nell'attivita' cospirativa in vari paesi d'Europa, ma controversie sull'impiego dei fondi messi a disposizione dal C. e sperperati con leggerezza dal Bakunin finirono per compromettere i rapporti fra i due. Questa vicenda personale si intreccia con la preparazione dei moti dell'agosto 1874 in Italia (Bologna, Toscana, Puglia), alla quale il C. partecipa con contributi finanziari e con impegno personale. Ma la crisi intervenuta nei suoi rapporti con Bakunin (mentre questi sta per partire per l'Italia) e il successivo fallimento dei moti lo distaccano per qualche tempo dal movimento attivo. Nell'autunno 1874 il C. e' a Pietroburgo, dove sposa davanti al console italiano di quella capitale Olimpia Kutusov, una giovane russa conosciuta in Svizzera, sembra per sottrarla, grazie all'acquisita cittadinanza italiana, alle persecuzioni e ai divieti delle autorita' russe che vorrebbero impedirle di lasciare il paese.

Tornato in Svizzera, procede a ulteriori vendite dei suoi averi e nel 1875 e' nuovamente in Italia, soggiornando via via a Milano, dove e' in contatto con il gruppo de "La plebe", a Bologna, dove visita gli internazionalisti detenuti per i fatti del 1874, a Firenze, a Roma. Le sue condizioni economiche, dopo tante elargizioni, sono critiche e deve, per vivere, lavorare come fotografo. Da Roma invia al "Bulletin de la Federation Jurassienne" di Chaux-de-Fonds una serie di corrispondenze, a firma "Gregorio", sulla situazione italiana, tratteggiando episodi e personaggi della cronaca del tempo.

A meta' del 1876, conclusisi quasi dovunque con verdetti assolutori i grandi processi per i fatti del '74, si inizia una nuova fase di ripresa per la Federazione italiana, con la preparazione e lo svolgimento di alcuni congressi regionali e del congresso nazionale di Firenze-Tosi: un congresso che, a causa delle misure repressive delle autorita', si tiene in aperta campagna e in forma quasi itinerante per sfuggire alle ricerche della polizia. Il C. partecipa ai lavori e contribuisce a orientare il movimento verso un nuovo impegno insurrezionale, nel senso della cosiddetta "propaganda del fatto": cioe' l'organizzazione di azioni dimostrative esemplari, capaci di attirare, indipendentemente dal loro successo, l'attenzione dell'opinione pubblica sul programma dell'Internazionale. Il C. e Malatesta vengono incaricati di affermare e illustrare questo indirizzo all'imminente congresso internazionale che si svolge a Berna dal 26 al 29 ottobre 1876. Un altro tema dibattuto in questo periodo e' la formulazione di un nuovo programma, in sostituzione di quello federalista-collettivista seguito nei primi tempi dell'Internazionale "antiautoritaria", ai tempi di Bakunin (che e' morto il primo luglio 1876, dopo che fra lui e il C. e' intervenuta una riconciliazione). La differenza consiste in un'accentuazione anarchica quanto ai problemi politici e in una impostazione dei rapporti economici che poco piu' tardi sara' definita "comunista" ("a ciascuno secondo i suoi bisogni", anziche' "a ciascuno secondo il suo lavoro"). Il C. e' il teorico di questo nuovo corso che elaborera' successivamente in modo organico in un discorso rimasto famoso.

Intanto tutto l'inverno fra il 1875 e il 1876 passa nella preparazione del moto insurrezionale progettato per la primavera nella zona appenninica del Matese, fra Caserta e Campobasso: zona prescelta oltre che per le sue caratteristiche geografiche che si prestavano alla guerra per bande, per la sua tradizione di rivolte contadine all'epoca del "brigantaggio".

Il movimento dovra' prendere l'avvio dal paese di San Lupo, in provincia di Benevento, dove il C. prende in affitto una casa col pretesto della villeggiatura. Qui, ai primi dell'aprile 1877, cominciano a convenire da tutta Italia, ma soprattutto dalla Romagna e dalla Toscana, gli internazionalisti che hanno aderito all'iniziativa. Le autorita', gia' a conoscenza del disegno insurrezionale, seguono discretamente i preparativi, col proposito di intervenire al momento piu' opportuno. Ma un intempestivo scontro a fuoco fra carabinieri e guerriglieri (due gendarmi restano feriti e uno di essi morira' successivamente) costringe i cospiratori raccoltisi a San Lupo a prendere anticipatamente la via dei monti. La formazione, nel corso di una rapida scorribanda, invade due paesi, Letino e Gallo in provincia di Caserta, e vi compie alcune azioni di propaganda (distruzione dei contatori del macinato, distribuzione del denaro trovato nelle casse comunali, proclamazione della fine del Regno d'Italia e annuncio di un nuovo mondo di giustizia e di liberta'), finche', braccata da forze militari e di polizia, rimasta a corto di viveri e battuta da una violenta bufera di neve, viene bloccata in una capanna ad alta quota. Tutti i componenti della banda sono arrestati.

Il C., che e' stato uno degli animatori del movimento e che, a turno con Errico Malatesta e con Pietro Cesare Ceccarelli, ha anche tenuto il comando della banda, e' imprigionato prima nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere e poi in quelle di Benevento. Durante la detenzione si applica alla traduzione e al riassunto del primo libro del Capitale di Carlo Marx, che ha potuto avere nell'edizione francese, curata dal Roy ed edita in dispense dal Lachatre. Si tratta di un lavoro di buona fattura che lascia trasparire, oltre la forma didascalica, la passione politica dell'autore. Al processo per i fatti del Matese che si celebra a Benevento nell'agosto 1878, il C., difeso dal giovane Francesco Saverio Merlino, ha modo di perfezionare l'opera di propaganda avviata sui monti del Matese con la simbolica occupazione di Letino e Gallo, pronunciando una accalorata autodifesa politica nel corso della quale illustra il significato dei "termini del nostro programma: comunismo e anarchia", intendendo per comunismo non distribuzione di proprieta' da privati a privati, ma messa in comune e uso collettivo dei beni e dei capitali, "nella federazione universa delle associazioni produttrici", e per anarchia l'opposto di gerarchia, di centralizzazione e di violenza, "uno stato verso cui tutta l'umanita' s'incammina".

Il C. e i suoi compagni vengono tutti liberati alla fine del processo, in parte per assoluzione, in parte per sopravvenuta amnistia. Il C. lascia quasi subito l'Italia per la Francia, dove prende dimora nel paese di Les Molieres, non lontano. da Versailles. Ha consegnato al Bignami il manoscritto de Il capitale compendiato che esce nella Biblioteca socialista nel 1879. L'autore ne invia due copie a Marx con una lettera di accompagnamento (23 luglio 1879), cui Marx risponde con benevoli apprezzamenti del lavoro, lodandone l'efficacia divulgativa e lamentando solo che nella prefazione non sia stata sufficientemente lumeggiata "la prova che le condizioni materiali necessarie alla emancipazione del proletariato sono spontaneamente generate dallo sviluppo della produzione capitalista".

La moglie Olimpia, dopo una drammatica fuga dalla Siberia, riesce a tornare in Svizzera. Il C. partecipa ora al movimento in Francia, stante la difficile situazione in Italia, dove, dopo l'attentato Passanante, e' in corso una dura repressione con nuovi processi contro gli affiliati all'Internazionale, che e' praticamente messa fuori legge.

Per aver preso parte a una riunione parigina, nel corso della quale e' malmenato un funzionario di polizia, e' espulso dalla Francia insieme con Malatesta (18 novembre 1879). Si reca prima a Ginevra, dove prende contatto col gruppo del "Revolte'", il periodico fondato e redatto da Pietro Kropotkin, poi a Berna, e infine si stabilisce a Lugano. La vendita della "Baronata" gli procura un po' di denaro con cui contrae un vitalizio con una compagnia di assicurazioni di New York.

Il periodo del soggiorno luganese del C. e' uno dei più intensi sotto il profilo politico. A Lugano si e' infatti raccolto un nucleo di internazionalisti esuli, fra i quali Gaetano Grassi, Florido Matteucci, Egisto Marzoli, Filippo Boschiero, insieme con altri fuorusciti di varie nazionalita'. Qui egli scrive il saggio Rivoluzione, pubblicato in pane su "La Revolution sociale" di Saint-Cloud (dal 20 febbriao al 31 luglio 1881), che e', per originalita' e organicita', il suo piu' importante lavoro teorico. Da Lugano si allontana nell'ottobre 1880 per prender parte al congresso della Federazione del Giura a Chaux-de-Fonds (9-10 ottobre), dove pronuncia il discorso su "Anarchia e comunismo", piu' volte ristampato. Presiede poi i lavori del congresso della Federazione socialista dell'alta Italia, svoltosi a Chiasso il 5 e 6 dicembre 1880, sostenendovi una linea contraria alla partecipazione alle elezioni sia politiche sia amministrative. Il congresso decide peraltro di partecipare, a scopo di agitazione, al movimento per il suffragio universale che sta per tenere a Roma il "comizio dei comizi", manifestazione nazionale che fa seguito a convegni e discorsi in molte citta' italiane. Il C., insieme con Cipriani, e' delegato da alcuni gruppi a parteciparvi ma, in seguito al rinvio della manifestazione dal 27 gennaio al 10 febbraio 1881, annuncia il ritiro della sua adesione.

A Lugano incontra spesso Anna Kuliscioff e si giova della sua collaborazione per preparare una ristampa dei Saggi di Carlo Pisacane, di cui ha ritrovato un esemplare presso la Biblioteca del liceo cantonale: iniziativa avviata, ma poi caduta. Legge e traduce per suo uso De l'autre rive di Alessandro Herzen.

In Italia si rafforzano le tendenze favorevoli alla partecipazione alle elezioni che trovano il loro punto di riferimento in Andrea Costa, ormai risolutamente avviato, fin dalla lettera "agli amici di Romagna" (luglio 1879), al superamento della tattica insurrezionale. Contro Costa si leva il C. con una veemente lettera agli internazionalisti Vittorino Valbonesi e Ruggero Moravalli, pubblicata sul giornale napoletano "Il grido del popolo", diretto da Francesco Saverio Merlino. Il C., Malatesta e Merlino sono ora i maggiori esponenti della tendenza rivoluzionaria e tutti e tre cooperano alla preparazione del congresso internazionale di Londra, ma il C. si limita a firmare per l'Italia la circolare di convocazione, senza poi partecipare alla riunione. Firma anche, insieme con il Malatesta e con l'internazionalista Vito Solieri, romagnolo esule a Londra, la circolare annunziante l'uscita del giornale "L'Insurrezione", che poi non sara' pubblicato. Le sue idee sono infatti in questo periodo decisamente "insurrezioniste", ma per un insurrezionismo sporadico, spontaneo, volontario, contro la rivoluzione organizzata o l'organizzazione della rivoluzione, come spiega in una lettera al "Grido del popolo", in preparazione del congresso di Londra.

Il 4 settembre 1881 il C. e' arrestato dalla polizia svizzera nella sua casa di Ruvigliana (Castagnola), presso Lugano, insieme con il giovane greco-rumeno Apostolo Paolides e con un gruppo di anarchici piemontesi, suoi ospiti. Rilasciato dopo breve detenzione, lascia la Svizzera e si stabilisce nell'inverno 1881-82 a Londra. In questa citta' vede spesso Malatesta e Kropotkin. Comincia ad accusare in questo periodo disturbi cerebrali e mentali che hanno riflessi sul suo comportamento.

Nella primavera del 1882 rientra in Italia e annuncia, fra la sorpresa generale, la sua adesione alla tattica elettorale. Prende contatto con Enrico Bignami e Osvaldo Gnocchi-Viani, redattori de "La plebe", ed invia una lettera ad Alcibiade Moneta, direttore de "La favilla" di Mantova, dichiarando che di fronte all'indirizzo preso dalla maggioranza dei socialisti egli ha deciso di aderirvi, per evitare l'isolamento e mantenere il contatto col movimento reale: "meglio fare un solo passo con tutti i compagni nella via reale della vita che rimanersene isolati a percorrere centinaia di leghe in astratto" (aprile 1882). Ma il 6 aprile, mentre si intrattiene in Galleria con lo Gnocchi-Viani e con l'avvocato Grilloni, viene tratto in arresto. In carcere si verifica il suo primo tentativo di suicidio (o di salasso del sangue?), con un taglio praticato col vetro di un flacone di medicinali. Prosciolto da ogni accusa, viene accompagnato dalla polizia al valico di frontiera di Chiasso, ma, per le sue peggiorate condizioni psichiche, vaga sprovvisto di mezzi e di orientamento, alla ricerca di alloggio. Respinto da vari alberghi per le condizioni pietose delle vesti e del portamento, si pratica ancora un taglio a scopo suicida: questa volta alla gola col vetro degli occhiali. Accorre in suo soccorso l'amico Emilio Bellerio, che lo ricovera nella sua casa di Locarno.

Il C. vi trascorre tutto il resto dell'anno 1882 e i primi mesi del 1883, salvo una breve parentesi di villeggiatura a Prato Sornico in Val Maggia. Alterna periodi di relativa quiete a periodi di agitazione e depressione. Ormai e' politicamente quasi inerte. Scrive solo qualche lettera agli amici. Interviene in una polemica sulla teoria del valore di Marx, in contrasto col Candelari, su "La plebe" (primo novembre 1882).

In occasione delle elezioni politiche dell'ottobre 1882, e' portato candidato-protesta a Corato, Firenze, Torino e in altri collegi, ma soccombe pur riportando numerosi suffragi. Scrive nell'occasione un commosso profilo di Emilio Covelli, anch'egli candidato-protesta, per il giornale "Tito Vezio" di Milano; invia una lettera d'incoraggiamento a Giuseppe Barbanti Brodano, candidato a Reggio Emilia; e poi, ad elezioni avvenute, rivolge ad Andrea Costa, eletto deputato, l'invito a entrare senza esitazioni e perplessita' in Parlamento.

Nel febbraio 1883, partito improvvisamente col treno dalla Svizzera, rientra in Italia e, sceso alla stazione di Firenze, si fa condurre in carrozza a Fiesole dove prende alloggio. Poco dopo esce di casa, come fuggiasco, e viene trovato nudo presso una cava dei monti circostanti. E' completamente pazzo. Ricoverato nel manicomio di S. Bonifacio, la diagnosi clinica conferma lo stato di follia. Nel corso della sua lunga degenza si abbandona ad una serie di stranezze e vaneggiamenti politico-religiosi, che in parte si riallacciano alla sua visione rivoluzionaria del mondo e in parte alle sue inclinazioni di mistico e di asceta.

Si recano a visitarlo alcuni vecchi compagni fiorentini come il Pezzi e il Grassi; viene in Italia anche la moglie Olimpia che si adopera per la liberazione del marito dal manicomio. Ottiene prima il trasferimento al manicomio di Imola nel luglio 1886 e due anni dopo, il 16 novembre 1888, in seguito a campagne di stampa e a procedure burocratiche, l'affidamento alla sua custodia. Cosi' il C. passa alcuni mesi a Imola, in una casa campestre presso il Santemo, circondato dalle cure della moglie e dei compagni. Fa anche una apparizione nell'estate del 1889 nella casa paterna a Barletta, accolto dal fratello e festeggiato da grande concorso di popolo. Ma, dopo un breve soggiorno durante il quale riprende l'ultimo contatto con la sua terra e la sua gente, il riacutizzarsi del male impone un nuovo ricovero, questa volta al manicomio di Nocera Inferiore. Olimpia rientra ancora una volta in Russia.

Il C. muore a Nocera Inferiore il 17 luglio 1892, per tubercolosi intestinale, all'eta' di 45 anni. Dopo la morte si diffonde nel movimento anarchico e in quello socialista il culto della sua memoria, affidato a scrittori, poeti, pittori e soprattutto alla piu' umile venerazione degli ambienti popolari, per l'esempio di dedizione materiale e morale che l'uomo aveva dato nei dodici anni in cui la sua esistenza si era consumata attraverso le travagliate vicende della Prima Internazionale in Italia.

Al di la' di questo aspetto umano, il contributo politico del C. e' rilevante poiche' egli visse intensamente nel proprio dramma personale due scelte del nascente movimento socialista in Italia: la prima fra marxismo e bakuninismo negli anni 1871-72, la seconda fra insurrezionismo e bakuninismo negli anni 1881-82. Sul piano della propaganda e della divulgazione egli dette altresi' un rimarchevole apporto, soprattutto col compendio del Capitale, favorendo la conoscenza del marxismo in Italia. Il suo pensiero, ancora da ricostruire compiutamente attraverso l'epistolario, la collaborazione ai giornali e gli interventi ai congressi, si colloca nella tradizione rivoluzionaria-libertaria italiana, soprattutto meridionale, inaugurata da Carlo Pisacane, cui il C. tanto spesso si richiama nei suoi scritti. Ma in lui e' altresi' forte l'influenza di Marx (mai ripudiata sul piano scientifico, anzi riaffermata anche negli ultimi scritti) e di Bakunin (nei cui confronti l'ammirazione del discepolo non gli impedi' franche critiche sul piano personale): dal primo egli mutuo' la critica all'economia capitalistica, dal secondo la polemica antiautoritaria e antistatale. Ma c'e' nel C. un netto segno di originalita' quando egli elabora una dottrina della "rivoluzione per la rivoluzione" non nel senso di una violenza gratuita e fine a se stessa, ma nel senso che la rivoluzione guadagna un risultato e un premio per il fatto stesso del suo incessante manifestarsi in fatti isolati e spontanei, irriducibili a una strategia generale per la conquista del potere e appunto per questo "anarchici" nel senso immediato della parola. In questa sua concezione modo e fine vengono a coincidere.

Quanto all'ultima conversione del C. verso la tattica elettorale si e' discusso quanto su di essa possa aver pesato la crisi psichica, nel cui quadro sicuramente si produsse, e quanto un ripensamento sulla tattica del movimento socialista durante l'inverno londinese del 1881-1882. E' probabile che il C. abbia consciamente o inconsciamente tentato, con la sua ultima sortita politica, di sfuggire a una contraddizione che intorno al 1882 stringeva il movimento anarchico fra la conclamata volonta' insurrezionale e la pratica impossibilita' di attuare, fra persecuzioni e provocazioni, questi propositi. E che abbia pagato questo tormento con la follia, nella cui lunga spirale egli continuo' a evocare fantasie e miti di una redenzione universale.

Fonti e bibliografia: Una bibliografia degli scritti di e sul C., a cura di G. Bosio e P. C. Masini, e' pubblicata su "Movimento Operaio" del giugno-settembre 1951 ed ora ristampata in appendice a C. Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione. Raccolta di scritti, a cura e con introduzione di G. Bosio, Roma 1970. Ma in questi ultimi venti anni le ricerche hanno portato alla luce molte lettere inedite del C. ed approfondito la conoscenza di importanti momenti della sua attivita', come si puo' ricavare da opere generali di storia del socialismo e dell'anarchismo: A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, I-III, Bari 1966; P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Milano 1969. Copiose notizie e documenti anche dall'edizione degli Archives Bakounine, publiees pour International Instituut voor Sociale Geschiedenis-Amsterdam par A. Lehning, A. J. C. Rueter, P. Scheibert, Leiden 1961 e ss. (finora usciti quattro volumi: i primi due dedicati all'Italia). Manca una biografia organica del C.: i profili usciti a cura di A. Lucarelli, L. Dal Pane e M. Cassandro, in occasione del centenario della nascita, hanno solo valore di contributi documentari; utili come testimonianze dirette alcuni scritti usciti durante la malattia e subito dopo la morte del C., come quelli di E. Zuccarini (in "La Rivendicazione" di Forli', 23 aprile 1887) e di G. Schiralli (Note su C. C., Trani 1892). Notizie e documenti si trovano in molti degli scritti di Max Nettlau, anche in articoli specifici, e soprattutto nella grande biografia di Bakunin ora ristampata in edizione anastatica: M. Nettlau, Michael Bakunin, I-II, London 1896-1899. Sempre utile la consultazione dell'opera di J. Guillaume, L'Internationale. Documents et souvenirs, I-IV, Paris 1905-1910 (con un bel ritratto)".

 

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Karl R. Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972, 1994, pp. XII + 736.

- Karol Wojtyla, Persona e atto, Rusconi, Milano 1999, pp. 768.

 

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

8. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1385 del 2 settembre 2013

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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