Coi piedi per terra. 766



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 766 del 7 maggio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di novembre 2001 (parte seconda)

2. Aspetti psicologici dell'impegno nonviolento (con tre appendici)

3. L'ora della resistenza nonviolenta

4. La scomparsa di Ernst Gombrich, un maestro

5. Processare gli assassini

6. Fermare la guerra con la forza della legalita', della democrazia, della nonviolenza

7. Un colpo di stato

8. Fermare la guerra e ripristinare la vigenza del diritto internazionale per lottare contro il terrorismo

9. Cessate il fuoco

10. Sulle macerie

11. Il pulpito del Criticone: uomini e cani

12. La questione fondamentale

13. Vieri Marzi

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2001 (PARTE SECONDA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2001.

 

2. ASPETTI PSICOLOGICI DELL'IMPEGNO NONVIOLENTO (CON TRE APPENDICI)

[Questo testo e' un capitolo del nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra"...]

 

1. Premessa

Rispetto ad altre forme di impegno culturale, politico o sociale, la scelta della nonviolenza ha, secondo la nostra interpretazione, alcune caratteristiche peculiari:

a) si fonda sulla ragione e non sull'entusiasmo: naturalmente valorizza le emozioni ma sempre ricondotte ad un impegno critico;

b) implica una limpida rigorizzazione del ragionamento e della condotta: richiede una severa coerenza intellettuale e morale, e quindi necessariamente anche una grande capacita' di ascolto ed una incondizionata disponibilita' ad apprendere;

c) non offre garanzie ne' consolazioni: ne' certezze di vittoria o di salvezza, ne' autorita' ed automatismi che fungano da cinture di sicurezza; tuttavia, facendo appello a un forte sentimento di integrita' personale intimamente connesso al piu' vasto slancio di solidarieta' e di riconoscimento della comune umanita', consente di gestire le ansie e relativizzare gli scacchi in una piu' profonda ed insieme piu' ampia prospettiva di impegno orientato al bene comune ed all'affermazione della propria dignita' (bene comune e dignita' personale intesi come un inscindibile insieme);

d) propone un impegno di lotta che non terminera' che con la morte: ma questa lotta (contro l'ingiustizia, contro la violenza, contro la menzogna; e quindi: contro la sofferenza, contro il male, contro la morte stessa) e' ineludibile, ed e' coessenziale alla nostra vita di senzienti e pensanti;

e) impone quindi una dialettica tra coscienza e mondo esterno (naturale e culturale) particolarmente impegnativa: ad ogni passo chiede di assumere responsabilita', di giudicare, e quindi di agire; ad ogni passo ci impone un difficile confronto tra liberta' e regole, tra creativita' e necessita', tra dovere morale e condizioni (e codificazioni) date.

In breve, la scelta della nonviolenza richiede studio, preparazione, addestramento, disponibilita' a soffrire, saldezza nel perseverare in cio' che e' giusto ad una analisi onesta, e saldezza nel perseverare in una condotta costantemente benevola, leale e responsabile anche di fronte a condotte scorrette, inique e violente da parte di altri. Infine richiede altresi' una ridiscussione costante della propria condotta ed una continua reinterpretazione e reinvenzione di regole, orizzonti, abitudini, percorsi di ricerca; rileggendo incessantemente la propria esperienza cosi' come faceva Gandhi che non casualmente intitolo' la sua autobiografia "storia dei miei esperimenti con la verita'".

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2. Una sintetica definizione preliminare

2.1. Per nonviolenza intenderemo qui un insieme di valori morali, di tecniche di lotta e di proposte politiche organizzate in una coerente, seppur aperta e sperimentale, teoria-prassi.

2.2. Definiamo tale teoria-prassi col termine di nonviolenza, ed usiamo tale grafia per distinguerla dalla mera assenza di violenza (la quale assenza di violenza e' peraltro concettualmente una nozione assai ambigua e sfuggente, e praticamente una condotta semplicemente impossibile) ed indicarne invece la natura positiva e l'impegno attivo; col quale termine di nonviolenza traduciamo due distinti termini gandhiani: ahimsa (che potremmo tradurre liberamente come ripudio della violenza, opposizione alla violenza; che designa la nonviolenza dal punto di vista concettuale, come valore morale e come oggetto logico-ontologico); e satyagraha (che potremmo tradurre liberamente come forza della verita' o anche adesione alla verita'; che designa la nonviolenza dal punto di vista operativo e metodologico, come campo di condotte empiriche, di tecniche pratiche, di orientamenti strategici; ma anche come inveramento effettuale di una scelta morale che per esser tale non puo' restare inoperante nel mero ambito teoretico ma richiede di essere realizzata ed autenticata in un impegno personale immediato, politicamente ed esistenzialmente qualificato).

2.3. La nonviolenza cosi' definita si fonda su un ragionamento, una scelta e una condotta improntati a responsabilita', verita', amore, apertura all'umanita'.

2.4. La nonviolenza cosi' definita si caratterizza per alcuni precisi principi: rifiuto di uccidere e di provocare lesioni fisiche; rifiuto della menzogna; rifiuto di commettere ingiustizia, di subire ingiustizia, di collaborare con l'ingiustizia; coerenza tra mezzi e fini; esemplarita' della condotta e coscienza del costante riflesso educativo dei nostri atti; compiere solo quelle azioni su cui si possa fondare la civile convivenza.

2.5. La nonviolenza cosi' definita si realizza nel conflitto (e non nella quiete); nella comunicazione (e non nella solitudine); nella trasformazione (ne' nella conservazione, ne' nella distruzione); i tre termini indicati: conflitto, comunicazione, trasformazione, costituiscono per la nonviolenza una necessaria unita'.

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3. Scelte morali e coesione psicologica

Poiche' la nonviolenza e' eminentemente opposizione all'ingiustizia, chi la sceglie sa di impegnarsi in una lotta consapevole e quindi intransigente, meditata e quindi assai impegnativa sotto molti profili.

Occorre dunque che chi abbraccia l'impegno nonviolento sia cosciente che cio' implica che dovra' sostenere il peso psicologico di una scelta di lotta che puo' esporre a molti rischi, a condizioni di solitudine e di incomprensione; che impone la rinuncia a vari privilegi, e implica la possibilita' di trovarsi in condizioni di difficolta'.

Occorre quindi avere la capacita' di una adeguata elaborazione dei sentimenti a queste situazioni esistenziali e sociali connessi; la capacita' di una adeguata gestione dell'ansia; la capacita' di efficacemente esercitare il controllo e l'incanalamento costruttivo dell'aggressivita'; un atteggiamento non represso e non repressivo.

E' ragionevole che prima ancora di impegnarsi nella lotta nonviolenta si sia riflettuto su tutto cio' e si sia realisticamente valutata la propria disponibilita' e capacita' a tutto cio'.

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4. La nonviolenza in quanto comunicazione

La nonviolenza e' eminentemente comunicazione; questo implica:

a) il riconoscimento dell'altro, il puntare sulla sua umanita';

b) interpretare la lotta come disvelamento, cooperazione, atto di amore al bene e all'umanita';

c) antiautoritarismo ed antidogmatismo, ovvero atteggiamento critico ed autocritico, contestazione radicale del "principio d'autorita'" (anche verso se stessi).

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5. La scelta nonviolenta nel vivo del conflitto

La nonviolenza si realizza esclusivamente nel conflitto, essa valorizza il conflitto e dove occorre lo suscita. La nonviolenza non e' passivita', fuga, quieto vivere; essa e' azione, impegno, responsabilita' di fronte alle sfide e agli appelli che la realta' pone. L'amico della nonviolenza porta nel conflitto convincimenti profondi, obiettivi ponderati, capacita' operative concrete. Questo implica:

a) vivere positivamente la scelta del conflitto;

b) la consapevolezza che l'azione nonviolenta e' sempre anche educazione (ed autoeducazione),

c) la capacita' di ridefinire i problemi;

d) la capacita' di far evolvere le situazioni e i conflitti;

e) la capacita' di ascolto e cooperazione anche con l'avversario rispetto a fini sovraordinati che entrambe le parti condividono o apprezzano;

f) la capacita' di contestualizzazione di principi, analisi, scelte.

Con particolar riferimento a se stessi, tutto questo implica inoltre:

g) rifiuto della subalternita' e del vittimismo;

h) essere consapevoli della propria forza che e' inerente alla propria integrita' (ovvero alla propria onesta' intellettuale e morale);

i) capacita' di mantenere costantemente l'iniziativa.

Con particolar riferimento alla controparte tutto quanto precede implica altresi':

l) non minacciarne l'annientamento in quanto essere umano;

m) offrirgli sempre una soluzione onorevole del conflitto.

Con particolar riferimento al rapporto tra antagonisti nel conflitto:

n) percepirlo e presentarlo anche come occasione di incontro;

o) costantemente mirare ad umanizzare la relazione attraverso un forte impegno comunicativo e propositivo;

p) percepire e presentare il rapporto non in termini di esclusione e di annullamento dell'altro, ma di compresenza e di impegno comunque comune, evidenziando che un conflitto e' sempre anche un atto cooperativo, e che le sue dinamiche sono congiuntamente costruite dalle parti;

q) puntare con la propria azione alla piu' ampia corresponsabilizzazione possibile;

r) saper sempre distinguere l'oggetto contro cui si combatte dalla persona o le persone con cui si combatte, e prefiggersi costantemente un rapporto costruttivo con la parte avversa, riconoscendone le ragioni, offrendo proposte di onesto e valido compromesso, non schiacciandola mai in situazioni insostenibili e senza alternative;

s) mirare costantemente a ridurre la violenza, a ricercare terreni di intesa, a costruire rapporti di fiducia.

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6. Valori e comportamenti nonviolenti

a) La noncollaborazione con l'ingiustizia: che della proposta nonviolenta e' la chiave di volta, infatti l'idea centrale della nonviolenza come forma di lotta contro l'ingiustizia e' che il potere ingiusto per realizzare il suo dominio ha bisogno della complicita' o almeno della passivita' delle sue vittime; il primo passo della presa di coscienza e della lotta nonviolenta e' appunto la rottura della complicita', la cessazione della passivita' dinanzi all'ingiustizia.

b) La nonuccisione e il rifiuto di provocare lesioni fisiche agli avversari: tale scelta ha spesso anche l'effetto di ridurre la violenza dell'avversario, e comunque costituisce gia' essa sola una rilevante umanizzazione del conflitto e riduce consistentemente la violenza complessiva indicando concretamente altresi' una diversa e piu' civile gestione del conflitto.

c) La nonmenzogna: essa e' ugualmente fondamentale, ed implica altresi' il rifiuto del segreto, della sorpresa, del sotterfugio; e' eminentemente democratica, rinforza la nostra autorevolezza morale, favorisce la costruzione della fiducia (e incidentalmente ci mette al riparo dai provocatori).

d) La coerenza tra mezzi e fini: ribaltando la massima secondo cui il fine giustifica i mezzi, la nonviolenza afferma che i mezzi violenti corrompono anche i fini migliori; e' di grande efficacia la similitudine gandhiana per cui tra mezzi e fini intercorre lo stesso rapporto che tra il seme e la pianta.

e) Il principio responsabilita': ognuno deve sentirsi responsabile di tutto; ognuno deve avere a cuore le sorti di tutti; ognuno deve sentire la solidarieta' con l'umanita' intera; ognuno deve agire in modo che la sua condotta e la logica che la ispira possa essere ripetuta e riutilizzata in ogni circostanza analoga ed essere sempre moralmente valida (e possa quindi, per cosi' dire, essere istitutiva di una legislazione universale, echeggiando la formula kantiana).

f) Ogni azione e' anche educazione: quindi ogni azione deve essere motivata, comprensibile, coerente con il fine del riconoscimento e della promozione della dignita' umana.

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7. Dialettiche della nonviolenza

La nonviolenza come tanta parte della cultura contemporanea richiede la capacita' di fronteggiare situazioni caratterizzate da indeterminazione, contraddizione, complessita'; richiede quindi un atteggiamento critico e creativo.

In particolare a noi sembra che l'adesione alla nonviolenza implichi altresi' la capacita' di sostenere psicologicamente una scelta che ha caratteristiche esistenziali fondamentalmente connotate da duplicita' e dinamismo, e richiede pertanto un notevole "spirito di finezza", ovvero una duttilita' ed un'attenzione, un atteggiamento di apertura e di interpretazione, che e' del tutto incompatibile con atteggiamenti rozzi ed autoritari, prepotenti o servili, predicatori e dogmatici. La nonviolenza e' rivoluzione aperta, e richiede una personalita' ironica e paziente, serena e tenace, combattiva ed antiautoritaria. Indichiamo qui di seguito alcuni profili psicologici implicati dalla scelta dell'impegno nonviolento:

a) rinnovamento, ma anche ritrovamento;

b) rottura, ma anche fedelta';

c) apertura, ma anche approfondimento;

d) ricerca, ma anche saldezza;

e) responsabilita' come impegno personale nella dimensione collettiva;

f) dialettica tra coscienza (come autonomia morale e responsabilita' personale) e legge (come regole sociali);

g) essere ad un tempo dei persuasi (e' la bella formula di Aldo Capitini) ed insieme dei perplessi (e' la non meno bella formula di Norberto Bobbio).

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8. Un problema persistente: la violenza

Ovviamente la nonviolenza si contrappone alla violenza, ribadirlo e' fin tautologico.

Ma questo non risolve tutti i problemi, poiche' la violenza e' comunque una realta', ed il lottare contro di essa implica evidentemente un certo grado di esercizio della forza, che intende certo essere anche persuasiva, ma che nondimeno e' altresi' coercitiva. Inoltre non e' banale porre il problema che se il fine della nonviolenza e' quello di contrastare la violenza, ovvero di ridurla per quanto possibile, cio' implica necessariamente non una sorta di astensione assoluta dall'azione, ma agire nel modo piu' radicalmente contrario alla violenza, ovvero nel modo piu' efficace e coerente possibile.

Qui si aprono numerosi problemi degni di discussione, su cui ha spesso particolarmente insistito nelle sue fini e rigorose analisi Giuliano Pontara, ma che nessuno dei grandi protagonisti delle lotte nonviolente ha mai eluso, da Gandhi a Lanza del Vasto, da Aldo Capitini a Martin Luther King, da Danilo Dolci a Lorenzo Milani, a molti altri. Le impostazioni sono state molto varie, e le risposte anche. A titolo d'esempio e per un primo accostamento rinviamo a Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino; e ad AA. VV., Violenza o nonviolenza, Linea d'ombra, Milano.

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9. Un'ipotesi etico-politica

9.1. Il nostro approccio alla nonviolenza non e' di tipo essenzialista, o metafisico; non implica un fondamento religioso o ontologico. Il nostro, quello che qui proponiamo, e' un approccio meramente razionale. Naturalmente altri studiosi e soprattutto molti attivisti della nonviolenza, hanno approcci diversi, in cui il riferimento religioso o metafisico e' assolutamente determinante. Il nostro approccio e' piu' modesto e limitato; tuttavia proprio per questo esso presenta forse il vantaggio di essere piu' agevolmente discutibile - ed eventualmente accoglibile - in quanto non presuppone l'accettazione di questioni di principio talmente cruciali, peculiari e impegnative per cui diviene impossibile addivenire ad un accordo se si muove da diverse posizioni filosofiche, religiose, politiche, esistenziali. Abbiamo la presunzione di ritenere che l'approccio da noi proposto consente di discutere la nonviolenza a partire da posizioni anche molto diverse e - cio' che piu' conta - mantenendole (ovviamente, con la nonviolenza arricchendole ed eventualmente approfondendole qualora essa venisse accolta ed integrata nel proprio sistema di idee generali); abbiamo la speranza che l'approccio da noi proposto sia compatibile con diverse posizioni religiose (ateismo compreso), con diverse posizioni politiche (nell'ampio campo che va dal liberalismo al comunismo, dalle varie proposte democratiche, personaliste, socialiste, fino all'anarchia), con diverse posizioni filosofiche e morali (gli studi di Giuliano Pontara, in particolare, hanno apportato decisivi contributi in questo ambito).

9.2. Detto questo, vorremmo tuttavia aggiungere due specificazioni ulteriori che in qualche misura contribuiscono a fondare il nostro approccio, che proponiamo come ipotesi di lavoro ma alle quali almeno noi siamo molto legati, e che sono le seguenti:

a) un'etica della felicita' sobria;

b) un fondamento gnoseologico fallibilista.

9.2.1. La prima, un'etica della felicita' sobria: e' resa particolarmente necessaria dalla consapevolezza ecologica; dall'esigenza di una giusta ripartizione delle risorse e dalla cognizione della loro scarsita' ed esauribilita'; dall'impegno al riconoscimento ed alla promozione dei diritti umani per tutti gli esseri umani. La scelta della nonviolenza non e' una scelta masochista, ma di liberazione; la sua prospettiva e' la felicita' umana per quanto essa sia realizzabile nel quadro di una condizione biologica caduca e peritura. La felicita' possibile e generalizzabile e' una felicita' sobria, e quindi saggia, rispettosa degli altri e della biosfera, conviviale, accogliente, sollecita, sensibile.

9.2.2. Il secondo, un fondamento gnoseologico fallibilista: che e' indispensabile cuore della democrazia: la coscienza della nostra fallibilita' e' l'assioma su cui fondiamo il nostro atteggiamento razionale e ragionevole tanto in ambito teoretico quanto in ambito pratico, nella logica, nella morale, nella politica; senza questa consapevolezza non si da' democrazia, non si danno piene liberta', non si danno uguaglianza e diversita'. La pretesa di infallibilita' e' sempre antiscientifica, immorale, antidemocratica, totalitaria; coercitiva e coatta sul piano della psicologia come su quello del diritto, sul piano sociale come su quello esistenziale; essa lede radicalmente lo sviluppo della cultura e la civile convivenza, e denega la dignita' personale. Poiche' nelle aree culturali di prevalente riferimento per le persone maggiormente impegnate per la pace e la liberazione frequentissimamente dominano visioni del mondo chiuse, rigide, con pretese onniresponsive, ci permettiamo di insistere energicamente su questo punto: il nesso tra liberta' e fallibilita', la necessita' di un approccio fallibilista (non ci dilunghiamo oltre rinviando piuttosto al brillante agile libro di Dario Antiseri, Liberi perche' fallibili che segnaliamo in bibliografia).

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10. Per l'approfondimento, una bibliografia essenziale

10.1. Per un percorso minimo

- Giuliano Pontara, La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996 (particolarmente il capitolo secondo);

- Dario Antiseri, Liberi perche' fallibili, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995;

- Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985.

10.2. Per un approfondimento piu' rigoroso

- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, tre volumi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997;

- Immanuel Kant, Critica della ragion pratica, disponibile in varie edizioni;

- Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971;

- Theodor W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino;

- Giovanni Jervis, Manuale critico di psichiatria, Feltrinelli, Milano, piu' volte ristampato;

- Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991;

- Hans Jonas, Il principio responsabilita', Einaudi, Torino 1993;

- Franco Fortini, Una voce: comunismo, Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1990;

- Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino, piu' volte ristampato.

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11. Appendice prima. Una caratterizzazione della personalita' nonviolenta (da Giuliano Pontara)

Nel secondo capitolo che ha lo stesso titolo dell'intero volume La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996, Giuliano Pontara evidenzia dieci qualita' di quella che definisce la "personalita' nonviolenta" (contrapposta alla "personalita' autoritaria"), qualita' che cosi' elenca e descrive: 1. Il ripudio della violenza (su cui svolge un'analisi molto fine ed articolata che qui non possiamo adeguatamente riassumere ma alla quale rinviamo anche perche' e' assai caratteristica del modo di argomentare dell'autore); 2. La capacita' di identificare la violenza (ovvero di riconoscerla anche laddove si presenti mascherata o cronicizzata; "la capacita' di individuare la violenza a tutti i livelli, da quello personale a quello istituzionale, da quello individuale a quello strutturale, da quello internazionale a quello intergenerazionale. Altrettanto importante e' la capacita' di individuarla in tutte le forme che essa puo' assumere, e non soltanto in quelle piu' appariscenti della violenza armata"); 3. La capacita' di empatia (ovvero di identificazione con gli altri e in primo luogo con quelli che soffrono di piu'); 4. Il rifiuto dell'autorita' ("una persona nonviolenta ritiene che la responsabilita' per quello che fa non puo' essere addossata ad altri... fa dunque propria la massima di don Milani: l'obbedienza, in quanto tale, non e' una virtu'"); 5. La fiducia negli altri (che si contrappone alla logica militare: "Uno dei principi fondamentali della nonviolenza prescrive di impostare la conduzione di un conflitto in modo tale da fare appello ai lati migliori di coloro che ci si trova di fronte come oppositori, usando tecniche di lotta volte ad ingenerare in un numero sempre maggiore degli individui che costituiscono il gruppo oppositore una crescente fiducia nei confronti del gruppo nonviolento. Si tratta di un continuo tentativo di sostituire la spirale della sfiducia, propria della logica della violenza, con la spirale della fiducia); 6. La capacita' di dialogare, ovvero la disposizione al dialogo (qui Pontara svolge una efficace perorazione in favore del principio fallibilista, di cui riportiamo ampi stralci: "Un assunto che soggiace alla disposizione al dialogo e' l'accettazione del principio del fallibilismo. Questo principio ci dice che siamo tutti esseri mortali con poteri di conoscenza limitati onde nessuno puo' mai dirsi sicuro che quello che in un certo momento crede essere vero, in effetti sia tale: puo' benissimo darsi che sia falso. Il fallibilismo vale in primo luogo nel campo della scienza. Ma vale ugualmente nel campo delle credenze etiche. I nostri giudizi morali possono infatti essere distorti dai nostri piccoli interessi egoistici, o fondati su ipotesi empiriche false o su informazioni incomplete. Possono anche essere fondati su assunti di valore che non abbiamo visitato criticamente o tali per cui se esaminati criticamente saremmo stati disposti ad abbandonare. (...) Il fallibilismo in etica e' profondamente compatibile con l'avere delle profonde convinzioni morali (...). Un individuo fornito di una personalità nonviolenta... non vorra' escludere a priori la possibilita' di aver lui torto e l'avversario ragione. Per questo egli rifiuta metodi di conduzione dei conflitti che comportano la distruzione dell'avversario (...). Il fallibilismo abbraccia anche le credenze religiose ed essere fallibilista in religione e' pur sempre compatibile con l'avere una profonda fede religiosa (...). L'interiorizzazione del principio del fallibilismo e' dunque uno dei migliori vaccini contro tutte le forme di fanatismo...; e' altresi' fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni democratiche e costituisce un grande incentivo alla tolleranza (...). Il fallibilismo vale nei confronti di tutti i giudizi, anche quelli in cui si articola il fallibilismo stesso: non possiamo escludere che la credenza stessa per cui siamo tutti fallibili in effetti sia falsa. Ben poco pero' induce a credere che tale essa sia. Il contrario del fallibilismo e' il dogmatismo"); 7. La mitezza (che ovviamente si armonizzi con le altre qualità indicate); 8. Il coraggio; 9. L'abnegazione; 10. La pazienza.

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12. Appendice seconda. Alcuni schemi da Pat Patfoort

Pat Patfoort, biologa e antropologa, nel suo libro Costruire la nonviolenza, La Meridiana, Molfetta 1992, offre alcuni schemi che di seguito riportiamo con qualche minima abbreviazione, semplificazione e modifica (ovviamente senza entrare qui in una discussione di merito).

12.1. Scheda su atteggiamenti assunti nel conflitti: atteggiamento consueto o primitivo, ovvero violento (A); atteggiamento degno dell'uomo ovvero nonviolento (B):

I. A: reazione viscerale, impulsiva, inconscia, spesso più diretta; B: reazione di tutto l'essere umano, viscere, ma anche intelligenza, cuore, coscienza che mirano a controllare le emozioni. Spesso piu' indiretta (lungo termine).

II. A: superficiale; B: profondo.

III. A: da' importanza ai valori esteriori; B: da' importanza ai valori interiori.

IV. A: sfiducia o fiducia cieca; B: fiducia, comprensione, rispetto dell'altro, capacita' di perdonare, amore verso il prossimo.

V. A: diretto all'interesse individuale, interesse personale; B: diretto all'interesse comune delle parti, solidarieta'.

VI. A: norme; B: coscienza, senso critico, consapevolezza, senso di responsabilita', creativita'.

VII. A: ricette; B: soluzioni ad hoc.

VIII. A: centralizzazione; B: decentralizzazione.

IX. A. il conflitto e' un processo negativo (crea tensioni e stress, distruttivo per il rapporto, il risultato e' la cosa principale, si cerca la parte colpevole, si rimane impantanati nel passato); B: il conflitto e' un processo positivo (metodo vissuto positivamente, costruttivo per il rapporto, il processo e' importante quanto il risultato, cercare di capire cio' che e' successo, guardare al futuro).

X. A: il tempo necessario prima sembra insufficiente, dopo sembra eccessivo, si e' inconsapevolmente dominati dal tempo; B: il tempo necessario e' affrontato con pazienza, vi e' un controllo consapevole del tempo.

XI. A: abuso di potere, forme negative di potere; B: uso del potere, forme positive di potere.

XII. A: forme esteriori di forza, mancanza di fiducia in se stessi; B: forza interiore, fiducia in se stessi, umilta'.

XIII. A: mancanza di comunicazione o comunicazione poco chiara, pregiudizi; B: comunicazione chiara.

XIV. A: critica negativa, distruttiva; B: affermazione positiva piu' comunicazione concernente le difficolta' del rapporto (critica costruttiva).

XV. A: migliore/peggiore; B: differente.

12.2. Scheda su alcuni concetti aventi contenuti differenti nelle relazioni umane consuete (A), e nelle relazioni umane ispirate alla nonviolenza (B):

- autocontrollo: A. soppressione delle emozioni; B. espressione razionale delle emozioni in modo diverso;

- autorita': A. prendere, domandare; B. ricevere;

- comprensione: A. accordo; B. accettazione, consapevolezza;

- concessione: A. ci si avverte come perdenti, la parte incolpata; B. accettazione;

- pazienza: A. passiva, di attesa; B. attiva, costruttiva;

- potere: A. dall'esterno; B. dall'interno;

- spontaneita': A. immediata e frutto di reazione emozionale; B. comunicazione aperta, non corrotta;

- verita': A. fede cieca; B. fede consapevole, cosciente.

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13. Appendice terza ed ultima. Alcuni stralci dall'introduzione di Liberi perche' fallibili di Dario Antiseri

Riportiamo qui qualche brano dall'introduzione (pp. 9-10) del libro di Dario Antiseri, Liberi perché fallibili, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995. Ma consigliamo vivamente di leggere tutto il libro (peraltro breve e brillante). Segnaliamo anche un libretto di estratti popperiani curato sempre da Antiseri: Karl R. Popper, Come controllare chi comanda, Ideazione, Roma 1996; e l'assai utile piu' ampia antologia sempre per le cure di Antiseri, Karl R. Popper, Logica della ricerca e societa' aperta, La Scuola, Brescia 1989.

"C'e' un'infinita' di cose che noi non conosciamo; quello che conosciamo lo conosciamo tramite teorie scientifiche smentibili e attraverso teorie filosofiche criticabili (...). I nostri progetti nascono e crescono nell'incertezza, e - a motivo delle inevitabili conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali - possono addirittura risolversi in esiti contrari alle intenzioni di chi ha progettato.

(...) Ora, pero', siccome vivere e' risolvere problemi, diventa chiaro che, se noi vogliamo risolvere i problemi, e' necessario che gli altri siano liberi di proporre le loro alternative, liberi di avanzare le loro critiche, liberi di portare l'attenzione sugli esiti inattesi anche dei migliori progetti e di costruire progetti alternativi; se vogliamo che i problemi vengano risolti è necessario che gli altri - tutti gli altri - siano liberi di porre in azione le loro conoscenze...

(...) Il politeismo delle visioni del mondo e dei valori sta a base della societa' aperta.

Siamo, dunque, liberi. Condannati ad essere liberi perche' ontologicamente ignoranti.

La negazione della liberta', per altro verso, ha sempre un fondamento gnoseologico: la presunzione fatale di sapere, magari in modo assoluto e certo, quale sia il vero Dio; di conoscere i fondamenti incontrovertibili dei valori ultimi; di possedere il criterio per stabilire quale sia la societa' perfetta; di conoscere le leggi ineluttabili della storia umana nella sua totalita'; di sapere quali siano i bisogni essenziali degli altri, la loro felicita'.

La presunzione della nostra ragione e' la via della schiavitu'. La consapevolezza della nostra ignoranza e' la base della nostra liberta'. E liberi sono solo gli individui, giacche' nel mondo ci sono solo individui: solo l'individuo pensa, solo l'individuo ragiona, solo l'individuo agisce. E le nostre azioni hanno effetti intenzionali ed esiti inintenzionali. Non ci e' possibile nascondere le nostre paure, le nostre esitazioni e le nostre vigliaccherie piu' o meno grandi sotto la maschera di "azioni" di enti collettivi come la classe, la nazione e il partito. Ad agire sono soltanto gli individui. Responsabili siamo, dunque, solo noi".

Viterbo, 16/7/1999

 

3. L'ORA DELLA RESISTENZA NONVIOLENTA

 

I fatti sono i seguenti: un gruppo criminale realizza l'11 settembre una abominevole strage in piu' localita' americane, con l'intento - e' ragionevole supporre - di scatenare una conflagrazione mondiale.

La piu' grande potenza mondiale scatena una guerra contro un popolo poverissimo, gia' vittima di una guerra devastante ed oppresso da una feroce dittatura. Alle stragi compiute dai terroristi nuove stragi di innocenti si aggiungono per mano degli eserciti.

La guerra scatenata e' palesemente illegale e criminale, ma per convenienze diversificate ma convergenti vari stati del mondo la avallano, e l'Onu non sa opporsi.

Ignoti poteri criminali scatenano una nuova ondata terroristica con gli attentati che utilizzano le spore di antrace.

In varie parti del mondo si approfitta degli attentati dell'11 settembre e della guerra in corso, e del fatto che tutta l'attenzione dei mass-media e' concentrata su questo, per commettere altri crimini giganteschi forti dell'indifferenza, dell'ipocrisia e della complciita' altrui.

Le massime autorita' del nostro paese in violazione della Costituzione della Repubblica Italiana avallano la guerra e decidono che l'Italia partecipi all'intervento armato stragista in corso.

Questa serie di eventi puo' scatenare una conflagrazione mondiale: che per l'appunto e' ragionevole supporre fosse l'obiettivo dei terroristi dell'11 settembre, se quegli attentati hanno una matrice effettivamente connotata prevalentemente dal fanatismo omicida, suicida e onnicida.

*

Occorre dunque fermare la guerra. Ed occorre fermarla subito per tre ragioni precise:

- salvare tantissime vite innocenti;

- impedire una catastrofe che puo' mettere in pericolo la civilta' umana e la stessa biosfera;

- ripristinare la vigenza del diritto internazionale, della civilta' giuridica, delle relazioni internazionali fondate sui principi sanciti dallaCarta delle Nazioni Unite.

*

Come si puo' fermare la guerra?

Con la forza della legalita' e della nonviolenza.

Con la forza della legalita': in Italia con la forza cogente della Costituzione che questa guerra proibisce categoricamente.

Poiche' il governo, con la complicita' di una abborracciata quanto insipiente maggioranza parlamentare e con l'insensato avallo del capo dello Stato, ha violato la Costituzione e si e' reso complice di crimini di guerra e di crimini contro l'umanita', occorre che la magistratura persegua i responsabili di questa vera e propria eversione dall'alto. Subito, con la massima tempestivita' ed il massimo rigore. L'ora e' gravissima.

Con la forza della nonviolenza: finche' l'esecutivo, il parlamento ed il capo dello Stato non recederanno dal crimine commesso, occorre disporci ad essere noi, cittadini italiani, popolo sovrano, ad impegnarci in difesa dello stato di diritto, in difesa della legalita' costituzionale, in difesa del diritto internazionale, in difesa della Carta dell'ONU, in difesa degli esseri umani che nei prossimi giorni verranno assassinati dalla guerra, in difesa dell'umanita' in pericolo.

Occorre la scelta della nonviolenza, la limpidezza della nonviolenza, la forza della nonviolenza. Non possiamo limitarci alle suppliche e nemmeno alle iniziative meramente simboliche, per quanto visibili e  partecipate esse possano essere; occorre passare all'azione diretta nonviolenta, alla disobbedienza civile, allo sciopero generale.

- L'azione diretta nonviolenta per bloccare la macchina bellica italiana, la produzione di armi, la catena di comando di un governo fuorilegge;

- la disobbedienza civile per impedire ai potenti fedifraghi ed anomici di avvalersi di una complicita' diffusa, fosse pure solo per omissione, fosse pure solo come passivita';

- lo sciopero generale per difendere la democrazia con la forza della democrazia; per difendere lo stato di diritto con la forza del diritto.

*

Dinanzi a un governo fellone e fuorilegge, e' l'ora della resistenza nonviolenta.

Si', e' l'ora della resistenza nonviolenta.

 

4. LA SCOMPARSA DI ERNST GOMBRICH, UN MAESTRO

 

Pochi giorni fa e' deceduto a Londra Ernst Hans Gombrich, aveva 92 anni, era nato a Vienna nel 1909. Come pochi altri indimenticabili maestri a molti di noi ha insegnato a vedere; e questo ancora ci ha insegnato: lo splendore della dignita' umana, e la capacita' di scandagliarla senza lasciarsene abbagliare. Attoniti e commossi e reverenti lo salutiamo con un profondo inchino. Grazie, sir Gombrich, per tutto quanto ha avuto la liberalita' di donarci, e per l'amabilita' con cui lo ha fatto.

 

5. PROCESSARE GLI ASSASSINI

 

La guerra, spiegava Gandhi, consiste nell'eseguire omicidi di massa.

Questa guerra sta aggiungendo stragi a stragi, prosegue ed adempie gli intenti onnicidi della follia terroristica manifestatasi l'11 settembre. Questa guerra e' del tutto illegale secondo il diritto internazionale e la Costituzione italiana. I suoi responsabili, mandanti, esecutori e complici, devono essere denunciati e perseguiti secondo la legge.

Si faccia cessare la guerra, si salvino milioni di vite umane, si ripristini la vigenza del diritto.

E si perseguano i terroristi, tutti i terroristi, secondo i principi della civilta' giuridica, con un'operazione di polizia internazionale diretta dall'Onu, ed un tribunale penale internazionale.

Si contrastino tutti gli atti di terrorismo, quelli commessi dai gruppi criminali, e queli commessi dagli stati.

 

6. FERMARE LA GUERRA CON LA FORZA DELLA LEGALITA', DELLA DEMOCRAZIA, DELLA NONVIOLENZA

 

Della legalita': perche' questa guerra e' illegale e criminale. Ed i mandanti, i sicari e i fiancheggiatori di essa devono essere perseguiti, giudicati e puniti secondo la legge, cosi' come tutti i terroristi, gli stragisti, gli assassini. Cominciamo in Italia.

Della democrazia: con la mobilitazione dei popoli, delle coscienze e delle intelligenze, dell'umanita' che vuole vivere. Cominciamo in Italia.

Della nonviolenza: con l'azione diretta nonviolenta per bloccare la macchina bellica, con la disobbedienza civile alle decisioni degli assassini, con lo sciopero generale in difesa della legalita' e del diritto alla vita. Cominciamo in Italia.

Fermiamo la guerra per riaffermare la legalita' costituzionale e il diritto internazionale; fermiamo la guerra per salvare le vite umane in pericolo; fermiamo la guerra per contrastare davvero il terrorismo con una operazione di polizia internazionale sotto l'egida dell'Onu e un tribunale penale internazionale; fermiamo la guerra in nome dell'umanita'.

 

7. UN COLPO DI STATO

 

Proviamo a riassumere alcuni fatti caratterizzanti la situazione italiana odierna.

- Le recenti elezioni politiche, dopo le catastrofiche gesta dei governi della precedente legislatura, hanno portato al potere una coalizione di personaggi in rapporti con poteri occulti, mafia e corruzione, di persone di formazione neofascista, di razzisti e teppisti responsabili di infamie indicibili.

- Questo governo gestisce il G8 a Genova: ed e' un massacro (certo, anche per l'irresponsabilita' degli organizzatori della contestazione).

- Il governo in questi mesi approva e fa approvare dalla sua maggioranza parlamentare una serie di leggi stupefacenti, a dir poco scellerate e criminogene: si legalizzano i reati, si ostruisce l'attivita' della magistratura, si favoreggia sfacciatamente il boss della coalizione; e si progetta la sistematica demolizione di quel che resta dei servizi pubblici e dei diritti sociali, si preparano provvedimenti in aperta violazione di diritti umani fondamentali. Si arriva al punto di proclamare che occorre convivere con la mafia.

Poi avviene l'orrore dell'11 settembre, il mondo intero trema. A quelle stragi segue lo scatenamento insensato di una guerra illegale e criminale, che fa strame del diritto internazionale e della civilta' giuridica, azzera l'Onu, aggiunge stragi alle stragi, e sta provocando un'escalation verso una guerra mondiale che puo' mettere fine alla civilta' umana.

Il governo italiano non solo rinuncia ad impegnarsi per la pace e il diritto internazionale, ma decide di avallare la guerra, e addirittura di prendervi parte.

E qui si e' passati all'alto tradimento della Costituzione della Repubblica Italiana che all'articolo 11 questa guerra e la partecipazione italiana ad essa dichiara illegale e inammissibile.

Qui si e' passati al colpo di stato, che non cessa di essere tale per il mero fatto che un pezzo di opposizione parlamentare insipiente o irresponsabile o corrotta, e un capo dello Stato fedifrago, sono stati complici del golpe; o per il mero fatto che un crimine analogo fu commesso gia' due anni fa dal gabinetto D'Alema.

Questi ci sembrano essere i dati di fatto salienti della situazione italiana attuale. E quest'ultima costellazione di fatti: la violazione della Costituzione, la guerra, le stragi in corso, il pericolo per l'umanita' intera, ci sembra essere dirimente e ineludibile.

- C'e' o no materia perche' il potere giudiziario intervenga contro i golpisti?

- C'e' o no materia perche' il popolo italiano si levi in difesa della legalita', della Costituzione, dell'ordinamento giuridico, dello stato di diritto, delle istituzioni, della democrazia, della civile convivenza?

- C'e' o no materia per chiamare alla resistenza nonviolenta contro la guerra e in difesa delle leggi, e della fondamentale delle leggi italiane su cui tutto il nostro ordinamento si regge, la Costituzione della Repubblica Italiana?

- C'e' o no materia per chiedere l'impegno di tutte le persone di volonta' buona per la salvezza delle vite umane innocenti in pericolo, e sono milioni di vite umane; e per la salvezza dell'intera umanita' minacciata da una guerra che puo' provocare una catastrofe planetaria?

Lo chiediamo a chi ci legge, ma per quanto ci riguarda lo sosteniamo ad alta voce.

 

8. FERMARE LA GUERRA E RIPRISTINARE LA VIGENZA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PER LOTTARE CONTRO IL TERRORISMO

 

Occorre fermare la guerra e ripristinare la vigenza del diritto internazionale per lottare contro il terrorismo.

Fermare la guerra: far cessare le stragi, salvare le vite umane innocenti che stanno morendo sotto le bombe e di stenti.

Fermare la guerra: prima che diventi una conflagrazione mondiale senza fronti e senza regole, un terrorismo generalizzato che puo' mettere fine alla civilta' umana: sappiamo tutti che esistono armi di sterminio di massa sufficienti a distruggere la gia' intaccata biosfera non una ma piu' volte. Sappiamo tutti che dopo Hiroshima ogni guerra puo' essere l'innesco dell'apocalisse.

Fermare la guerra: perche' essa si sta trasformando hic et nunc in un genocidio. Perche' essa sta imbarbarendo il mondo. Perche' essa sta istigando tutti gli esseri umani del mondo alla pedagogia della violenza, alla legge del taglione, all'uccidere come supremo regolatore di ogni conflitto. Perche' essa sta rendendo ogni giorno piu' grande e piu' forte il terrorismo come pratica e come ideologia.

Riristinare la vigenza del diritto internazionale: perche' dove non vi sono leggi, c'e' una legge sola: quella della giungla, la legge del piu' forte che sbrana e divora il piu' debole.

Ripristinare la vigenza del diritto internazionale: perche' gli stati la smettano di essere imitatori e complici dei gruppi criminali; perche' gli stati la smettano di essere terroristi; perche' gli stati la smettano di uccidere gli esseri umani invece di difenderne la vita, la dignita', i diritti.

Ripristinare la vigenza del diritto internazionale: perche' senza di cio' l'umanita' e' destinata a soccombere sotto la furia delle armi, del terrore, della guerra.

Per lottare contro il terrorismo: che va affrontato e sconfitto con gli strumenti del diritto, della legalita', della democrazia.

Per lottare contro il terrorismo: che va perseguito per quello che e': un atto criminale di organizzazioni criminali; che va quindi combattuto con operazioni di polizia e procedure giudiziarie. In relazione alle stragi dell'11 settembre occorre dunque un'operazione di polizia internazionale sotto l'egida dell'Onu e un tribunale penale internazionale che giudichi e condanni i responsabili.

Per lottare contro il terrorismo: per affermare tutti i diritti umani per tutti, per ogni essere umano, per l'umanita' intera.

Consentiamo un futuro all'umanita': solo con la pace e' possibile.

 

9. CESSATE IL FUOCO

 

Si fermi subito la guerra, intervenga la diplomazia, si ripristini la vigenza del diritto internazionale, si assistano tutte le vittime, tutte. Si salvino tutte le vite umane che e' ancora possibile salvare.

E da parte nostra si lavori infine, con la tenacia e la persuasione e la capacita' che ci sono ancora mancate, a costruire alternative nonviolente di gestione e risoluzione dei conflitti; a fare ancor piu' della nonviolenza una grande risorsa morale, civile, politica, giuridica, a tutti i livelli della vita sociale, da quello dei conflitti individuali a quello dei conflitti internazionali, alle grandi questioni globali di un mondo sempre piu' interconnesso in cui sempre piu' l'umanita' intera si scopre unita da un unico destino di vita o di morte.

Abolire la guerra, abolire la miseria, distruggere le armi, contrastare tutte le violenze, costruire la pace e la giustizia: e' il compito dell'ora.

 

10. SULLE MACERIE

 

La parte piu' acuta e feroce della guerra, sembrerebbe, sta volgendo al termine; e la guerra sta entrando in una fase nuova, assai piu' limitata e meno sterminista: voglia il cielo che essa possa concludersi al piu' presto.

Il rapido evolvere della situazione non deve travolgere la capacita' di analisi e l'azione per la pace, piu' necessaria che mai.

Occorre svolgere, a noi pare, tre ordini di riflessioni.

Il primo: e' necessario che si proceda al piu' presto a soccorrere tutte le vittime; e' necessario ripristinare al piu' presto la vigenza del diritto internazionale; e' necessario che la guerra cessi.

Il secondo: occorre ancora fare luce sui responsabili delle stragi dell'11 settembre; occorre processare e punire tutti i responsabili della serie di massacri iniziata l'11 settembre e che tuttora continua: il fatto di aver rovesciato, a quanto pare, il criminale regime dei talebani, non rende legittima la guerra illegale e criminale promossa dagli Usa e sostenuta anche dall'Italia.

Il terzo: occorre al piu' presto approntare strumenti e criteri affinche' i conflitti presenti e futuri vengano affrontati e risolti con la forza della legalita', con l'affermazione dei diritti umani, con l'esercizio della democrazia, con le risorse della nonviolenza. A tal fine occorre tra l'altro che si avvii la formazione dei Corpi civili di pace; che si estenda la formazione per, e la predisposizione e l'adozione di, iniziative di peacekeeping e peacebuilding fondate sull'intervento civile e l'azione nonviolenta; che si lavori alla promozione della Difesa popolare nonviolenta. E molto altro ancora.

Frattanto: continuiamo ad opporci a tutti i terrorismi e a tutte le guerre; continuiamo a manifestare per la pace e la legalita', per il disarmo e per l'umanita'; continuiamo nell'impegno per la globalizzazione dei diritti, della giustizia, della solidarieta'.

 

11. IL PULPITO DEL CRITICONE: UOMINI E CANI

 

Dopo la geniale idea balenata e resa legge durante la precedente legislatura di riaprire i campi di concentramento in Italia pensavamo che difficilmente l'italico ingegno avrebbe potuto produrre qualcosa di ulteriore. Ed ovviamente sbagliavamo, per quel basilare principio della scienza sociale secondo cui al peggio non c'e' mai fine.

Il governo attuale promuove una legge che stabilisce che un essere umano ha diritto di muoversi sul pianeta terra a condizione che abbia un padrone che lo chiama.

Cosi' si faceva una volta con i cani, quando noi eravamo giovani, e la campagna era, per l'appunto, quella di una volta.

 

12. LA QUESTIONE FONDAMENTALE

 

La questione fondamentale (piu' ancora di quella che apre Il mito di Sisifo di Camus) e' se riconosciamo o no a tutti gli esseri umani il diritto a vivere.

Se si', ne discende l'illiceita' assoluta dell'uccidere altri esseri umani.

E la guerra, intrinsecamente consistendo della commissione di plurimi omicidi, e' quindi sempre inammissibile.

*

Poscritto: giova ricordarlo, poiche' addolora e indigna che esimie personalita', che ancora pochi mesi fa dichiaravano la loro opposizione assoluta all'abominevole pratica della pena di morte, abbiamo potuto farsi correi e fin corifei della guerra tuttora in corso, massiva esecuzione capitale di tanti innocenti; senza processo, senza ragione, senza pieta'.

 

13. VIERI MARZI

 

Apprendo la notizia della scomparsa di Vieri Marzi, uno dei protagonisti del movimento di psichiatria democratica, uno di quegli uomini di volonta' buona che vollero mettersi all'ascolto di chi piu' soffriva, e seppero lottare per abbattere la logica, i poteri e le strutture che condannavano alla reclusione, all'avvilimento, all'umiliazione, alla violenza ed all'annichilimento chi tra di noi piu' ha bisogno di aiuto, di incontro, di reciproco riconoscimento di umanita'.

Passano gli anni, se ne vanno - ahime', cosi' prematuramente (ma ogni decesso e' sempre prematuro) - i nostri maestri, e che la terra sia lieve al loro riposo: hanno ben meritato la nostra gratitudine.

Passano gli anni, e cio' che Franco Basaglia, Vieri Marzi e con loro tante e tanti altri coraggiosi e saggi uomini e donne hanno fatto e ci hanno insegnato, oggi subisce l'aggressione della barbarie che torna: e di noi che restiamo e' il dovere di resistere, di continuare nell'affermazione della dignita' di ogni essere umano, di continuare nell'ascolto di chi soffre, nella solidarieta' e nella cura di chi soffre, nel farci carico insieme della comune umanita'; nel contrastare le pratiche, le ideologie e le istituzioni della violenza; nel difendere "con il braccio e piu' col cor" ogni essere umano, mia sorella, mio fratello.

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Numero 766 del 7 maggio 2013

 

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