Telegrammi. 1267



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1267 del 7 maggio 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Gratitudine e sostegno alla ministra Cecile Kyenge. Un appello

2. Un incontro a Viterbo sulla buona politica e i diritti umani

3. Alcuni testi del mese di settembre 2001 (parte seconda)

4. Per una cultura antimafia: l'esempio di Giuseppe Puglisi...

5. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'

6. Tre tesi sulla violenza

7. Cantata a contrasto del terrorista e dell'uomo di pace, pietrificati entrambi. Solo la nonviolenza puo' sciogliere l'incantesimo e salvare l'umanita'

8. Crescono le adesioni a sostegno della proposta di legge per la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza

9. Sei risposte

10. Canzone della strada che tutti sappiamo dove va a finire

11. Appunti sul che fare

12. Come opporsi alla guerra, in sette punti e una postilla

13. Le lettere non spedite di Baldino Graziano: Il pianto col bilancino

14. Chiamare una guerra "giustizia infinita"

15. Tre ambiguita' nel movimento pacifista. Una riflessione dall'interno per aprire una discussione urgente

16. La "Carta" del Movimento Nonviolento

17. Per saperne di piu'

 

1. INIZIATIVE. GRATITUDINE E SOSTEGNO ALLA MINISTRA CECILE KYENGE. UN APPELLO

 

Finalmente una ministra impegnata per i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Finalmente una ministra fedele alla Dichiarazione universale dei diritti umani ed alla Costituzione della Repubblica Italiana.

Finalmente una ministra che dice cose vere e giuste, semplici e chiare, che ogni persona ragionevole e decente condivide.

*

Le giuste proposte

Che ogni persona che e' nata in Italia deve avere i diritti di ogni persona che e' nata in Italia.

Che ogni persona ha diritto a votare nel luogo in cui vive, lavora, paga le tasse, contribuisce al bene comune.

Che una persona puo' essere perseguita penalmente solo se commette un effettivo reato, non per il solo fatto di esistere.

Che i campi di concentramento vanno aboliti.

Che tutti gli esseri umani fanno parte dell'umanita'.

Che vi e' una sola umanita' in un unico mondo casa comune dell'umanita' intera.

*

Gratitudine e sostegno

Tutte le persone di retto sentire e di volonta' buona esprimano gratitudine alla ministra Cecile Kyenge per cio' che ha detto e per le leggi che intende promuovere, leggi necessarie ed urgenti.

Tutte le persone di retto sentire e di volonta' buona sostengano la ministra Cecile Kyenge nelle sue iniziative legislative in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

*

Per la dignita' del nostro paese e dell'umanita'

Cessi la persecuzione razzista in Italia.

Torni l'Italia al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana e della Dichiarazione universale dei diritti umani.

*

Un appello

In tutta Italia si esprima il sostegno delle persone civili e delle associazioni democratiche alla ministra Cecile Kyenge e alle leggi che intende realizzare:

- scrivendo al governo e al parlamento affinche' deliberino al piu' presto quelle proposte di legge;

- scrivendo ai mezzi d'informazione per esprimere apprezzamento e sostegno alla ministra e alle sue proposte;

- chiedendo agli enti locali di approvare ordini del giorno a sostegno delle proposte della ministra Kyenge;

- informando e sensibilizzando su queste proposte tutte le persone sollecite del bene comune, della democrazia, dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

*

Appello promosso dall'associazione "Respirare" di Viterbo

Viterbo, 6 maggio 2013

L'associazione "Respirare" e' stata promossa a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute, la difesa dell'ambiente, il rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

 

2. INCONTRI. UN INCONTRO A VITERBO SULLA BUONA POLITICA E I DIRITTI UMANI

 

Si e' svolto lunedi' 6 maggio 2013 a Viterbo un incontro di riflessione sulla buona politica, i beni comuni, la solidarieta' e i diritti umani di tutti gli esseri umani.

All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani".

Nel corso dell'incontro si e' fatto uso del metodo del consenso e si e' riflettuto (esplorandole praticamente) sulle modalita' comunicative che rispettano e valorizzano la dignita' umana e promuovono la partecipazione democratica di tutte le persone.

 

3. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2001 (PARTE SECONDA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di settembre 2001.

 

4. PER UNA CULTURA ANTIMAFIA: L'ESEMPIO DI GIUSEPPE PUGLISI...

[Riproponiamo qui una scheda che redigemmo e diffondemmo lo scorso anno.

Giuseppe Puglisi, sacerdote cattolico, dal 1990 alla guida della parrocchia di san Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo, un quartiere dominato dal potere mafioso; dal 1990 al 1993 un impegno sereno e inflessibile per i diritti e la dignita', per aiutare chi ha bisogno e promuovere la civile convivenza; la sera del 15 settembre 1993, mentre rincasava, con un colpo di pistola alla tempia un killer mafioso lo uccide. Opere su Giuseppe Puglisi: F. Anfossi, Puglisi. Un piccolo prete tra i grandi boss, Edizioni Paoline, Milano 1994; F. Deliziosi, "3 P". Padre Pino Puglisi. La vita e la pastorale del prete ucciso dalla mafia, Edizioni Paoline, Milano 1994; Bianca Stancanelli, A testa alta. Don Giuseppe Puglisi: storia di un eroe siciliano, Einaudi, Torino 2003; cfr. anche Saverio Lodato, Dall'altare contro la mafia. Inchiesta sulle chiese di frontiera, Rizzoli, Milano 1994; segnaliamo anche i contributi (molto interessanti) pubblicati in "Una citta' per l'uomo", nel fascicolo 4/5 dell'ottobre 1994 e nel fascicolo 1/2 dell'aprile 1995...]

 

Tra l'8 e il 10 maggio 1993 il papa visita la Sicilia occidentale: ad Agrigento, dinanzi a centomila fedeli, tiene un forte discorso contro la mafia.

Vi era gia' stato undici anni prima, nel novembre 1982, dopo le uccisioni di Pio La Torre in aprile e di Carlo Alberto dalla Chiesa in settembre; dopo l'omelia "di Sagunto" del cardinal Pappalardo che divenne quasi una bandiera e un grido di battaglia: ma allora nei discorsi effettivamente pronunciati da Giovanni Paolo II la parola "mafia" non comparve mai; i brani del testo diffuso alla stampa in cui si faceva riferimento alla mafia non vennero letti, ufficialmente per motivi di tempo.

Ma il 9 maggio 1993, sotto il tempio della Concordia nella Valle dei templi di Agrigento, la voce di Wojtyla risuono' alta e forte: "Dio ha detto: non uccidere! L'uomo, qualsiasi agglomerazione umana o la mafia, non puo' calpestare questo diritto santissimo di Dio. Nel nome di questo Cristo crocifisso e risorto, di questo Cristo che e' vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Per amore di Dio. Mafiosi convertitevi. Un giorno verra' il giudizio di Dio e dovrete rendere conto delle vostre malefatte".

Don Pino Puglisi, parroco nel quartiere Brancaccio, che giorno per giorno contendeva alla mafia quel lembo di terra, quel pezzo di societa', le anime (sia consentito a noi laici usare tal termine per intendere: la dignita' e i diritti) e le vite  della gente, della sua gente, si', don Pino Puglisi si sara' sentito confortato ed orgoglioso per le parole del papa.

La mafia, invece, non ama le parole, soprattutto non ama quella parola che la designa e l'accusa. Anche la Chiesa, avra' ruminato qualcuno, non era piu' quella di una volta. Quella di una volta era quella dell'eminenza reverendissima il cardinal Ruffini e della sua lettera pastorale  del 1964 dal titolo Il vero volto della Sicilia.

Ma c'era, c'era sempre stata, anche un'altra chiesa: anzi, altre chiese, che per affermare i valori attestati dalla loro religione contro la mafia si erano battute ed avrebbero continuato a farlo, a costo del martirio. E questa altra tradizione ora emergeva e trovava ad un tempo ascolto e voce nelle parole del pontefice cattolico.

(E sia detto qui solo per inciso, non essendo questo il luogo per sviluppare un cosi' impegnativo tema: nella chiesa cattolica avrebbero naturalmente continuato a scontrarsi culture diverse e posizioni fin opposte: il costante sostegno vaticano ad Andreotti, ad esempio, pare a noi confliggere flagrantemente con la testimonianza dei cristiani impegnati contro la mafia).

*

Don Pino Puglisi era parroco di san Gaetano, a Brancaccio, dal 1990. Ed aveva fatto la sua scelta. L'aveva fatta con naturalezza, per coerenza, per convinzione, perche' era un prete, ed era naturale che un prete facesse certe cose e non altre: che cercasse di alleviare le sofferenze della gente intorno a lui, che si impegnasse per realizzare servizi educativi e sociali; che indirizzasse al vero ed al bene; che si prendesse cura degli ultimi. E che denunciasse il male; che contrastasse il male; che non scendesse a patti col male. Una persona normale, un prete come si deve. Ma era a Brancaccio.

Perche' Brancaccio e' la borgata in cui quando lo Stato decide di aprire un commissariato di pubblica sicurezza, a quarantott'ore dall'inaugurazione la mafia lo fa saltare in aria. Perche' a Brancaccio, ottomila abitanti, non ci deve essere ne' la scuola media ne' il cinema ne' la palestra, perche' a Brancaccio sia chiaro a tutti: qui e' la mafia che comanda, qui essa esercita la sua signoria territoriale.

E questo piccolo parroco cosa fa? Proprio quella le contende: contende alla mafia la signoria territoriale, contende alla mafia la risorsa decisiva, contrasta alla mafia il territorio, si pone nei fatti come contropotere, organizza la vita civile. Facendo le cose semplici, le cose logiche, le cose normali, fa la rivoluzione. A Gomorra don Pino Puglisi porta la Sierra Maestra. Tre anni di insurrezione evangelica, tre anni di rivoluzione delle coscienze, tre anni di lotta per la scuola e per l'assistenza, per i bisogni e per i servizi, per i diritti e per la luce, per il pane e le rose. La dittatura mafiosa lo ferma il 15 settembre 1993.

*

E' uno dei tanti paradossi di questa vicenda pirandelliana e kafkiana che e' la lotta per la vita e per la morte tra la mafia e l'umanita', il fatto che da assassinato don Pino Puglisi venga riconosciuto: la sua morte lumeggia (certo: di tragica, gelida luce) la sua vita e la sua azione: si capisce adesso quanto efficace fosse quella tenace costante testarda lotta fatta di piccole cose semplici, di quotidiani gesti netti, di sollecitudine per gli altri, di attenzione ai bisogni concreti; si capisce adesso la vittoria grande che Pino Puglisi aveva costruito giorno per giorno senza impettite parate, senza proclami e senza spot, senza le arti del truccatore e dei tecnici del suono e delle luci; si capisce adesso che nel quartiere Brancaccio un uomo, senza parere, facendo le cose ovvie e minute, stava rompendo il consenso alla mafia, stava organizzando la Resistenza, ogni giorno una barricata, ogni giorno un Gavroche. Il 15 settembre uccisero don Pino Puglisi e ci fecero conoscere la sua lotta e la sua strategia, ci fecero sapere che un prete li aveva sconfitti e umiliati proprio li', sul piazzale dell'appello. Uccidendolo ci rivelarono un segreto: che saranno gli uomini di pace, quelli del discorso della montagna, che spezzeranno la dittatura mafiosa...

 

5. SOLO LA NONVIOLENZA PUO' SALVARE L'UMANITA'

 

Il dolore, che tutti ci accomuna. Il dolore lacerante e inestinguibile ogni volta che un essere umano perde la vita.

E la facolta' di pensare, che tutti ci accomuna. La facolta' di unirci, l'umanita' intera, contro il male e la morte.

Che vi siano al mondo esseri umani resi cosi' disperati e alienati da essere disposti a uccidere ed essere uccisi: questa e' la logica che presiede a tutti gli eserciti e a tutti i terrorismi, a tutte le guerre e a tutte le stragi.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

6. TRE TESI SULLA VIOLENZA

 

I. Chiunque ancora propugni la tesi che possa esistere una "violenza giusta" e' complice degli assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanita'.

II. Chiunque ancora ritenga che i suoi fini particolari, sia pur nobilissimi, possano essere al di sopra del fine di salvare la civilta' umana dal pericolo della distruzione, mette a repentaglio la vita dell'umanita' intera.

III. Chiunque non abbia capito che anche l'uccidere un solo uomo equivale ad affermare la liceita' di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo.

Mohandas Gandhi e Guenther Anders queste cose le capirono e le dissero molto tempo fa.

Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare il mondo. Occorre decidersi. "Lo tempo e' poco omai che n'e' concesso" (Dante, Inferno, XXIX, 11).

 

7. CANTATA A CONTRASTO DEL TERRORISTA E DELL'UOMO DI PACE, PIETRIFICATI ENTRAMBI. SOLO LA NONVIOLENZA PUO' SCIOGLIERE L'INCANTESIMO E SALVARE L'UMANITA'

 

Ecco, mi ascolti adesso?

Lo senti adesso il mio dolore, lo senti

quanto male faceva e io urlavo ed urlavo sotto le torture e tu

eri troppo distratto per sentirmi?

Ecco, mi ascolti adesso, adesso che e' troppo tardi, che sono morto e morto

nella morte trascinando i tuoi cari?

Ecco, mi ascolti adesso?

 

Ecco, adesso ti vedo,

ti vedo e tu svanisci ed io

io non ti vedo piu'.

Ma avrei voluto fermarti, avrei voluto

fermarti e fermare la mano

che a scorpioni e frustate ti ha allevato

nell'odio e nel dolore che porta all'abisso dell'orco.

 

Ecco, fossi venuto

un poco prima, mi avessi

detto parole di pane, parole di luce

un poco prima, forse

forse in pianto mi si sarebbe sciolto

il sale dell'umiliazione che accieca i miei occhi, e forse

saremmo oggi vivi

e io e i tuoi cari. Eri tu

che dovevi salvarli salvandomi.

 

Ecco, ora che e' tardi per salvarti la vita

ora che e' tardi per salvare i miei cari

anche dai miei le scaglie cadono occhi

ora

che e' tardi.

 

Uccisi per parlarti in un sussurro

 

Ma quel gran rombo tutti rende sordi

 

Uccisi per colpire gli empi simboli

di un empio potere che disumana,

che ha disumanato anche me

 

Ma quelli che uccidesti non erano

simboli, erano

uomini e donne di carne e di osso

di pianto e di riso, ed ora sono fumo

 

Cercavo una strada da aprire alla giustizia

di furia, a tentoni, battendo la testa nel muro

 

Ma per la giustizia vi e' una sola strada

salvare tutte le vite, tutte le vite salvare

salvare

tutte le vite

salvarle tutte

le vite umane.

 

Commisi l'orrore ma tu

cosa facesti tu, cosa facesti

 

Nulla seppi fare per fermarti

del sangue che tu hai sparso anche le mie

sono lorde mani.

 

Perdonami, figlio, perdonami.

 

Perdonami, perdonami, padre.

 

8. CRESCONO LE ADESIONI A SOSTEGNO DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA FORMAZIONE E L'ADDESTRAMENTO DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA CONOSCENZA E ALL'USO DEI VALORI, DELLE TECNICHE E DELLE STRATEGIE DELLA NONVIOLENZA

 

Tra i parlamentari che hanno gia' espresso attenzione e adesione ci sono il vicepresidente del Parlamento Europeo Renzo Imbeni, i senatori Achille Occhetto, Natale Ripamonti, Francesco Martone, Anna Donati, Nedo Canetti; i deputati Marida Bolognesi, Paolo Cento, Elettra Deiana, Titti De Simone, Giorgio Panattoni, Aldo Preda, Vincenzo Siniscalchi, Giovanni Russo Spena, Tiziana Valpiana, Luciano Violante; i parlamentari europei Giuseppe Di Lello, Luisa Morgantini, Giovanni Pittella (oltre al gia' citato Renzo Imbeni);

La presentazione ufficiale della proposta di legge, sottoscritta da vari senatori e deputati di diverse forze politiche, e' prevista per la seconda meta' di settembre.

In occasione della presentazione della proposta di legge si terra' a Roma anche una conferenza cui parteciperanno i parlamentari presentatori, illustri personalita' della peace research e della nonviolenza, cattedratici universitari di prestigio internazionale.

La bozza della proposta di legge e due dossier documentari di approfondimento possono essere richiesti al "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo (e-mail: nbawac at tin.it).

La bozza dell'articolato di legge su cui si sta costruendo il confronto, la convergenza e il consenso e' la seguente:

Art. 1. (Formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza). Si dispone che nei percorsi formativi, addestrativi e di aggiornamento delle forze dell'ordine sia prevista l'inclusione della conoscenza e dell'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza.

Art. 2. (Disposizioni e provvedimenti attuativi e regolamentari). Si demanda al Ministro dell'Interno, d'intesa con gli altri ministri interessati alla definizione dei percorsi formativi ed educativi ed alla formazione e gestione delle forze dell'ordine, di emanare le disposizioni ed i provvedimenti attuativi e regolamentari entro il termine di mesi sei dall'approvazione della legge.

Tali disposizioni e provvedimenti devono essere comprensivi della definizione di un percorso formativo obbligatorio standard per tutto il personale delle forze dell'ordine.

Art. 3. (Consulenza di esperti). Per l'approntamento della specifica normativa, la definizione della qualificazione dei docenti, la predisposizione della manualistica relativa, si prevede di avvalersi della consulenza sia dei docenti e ricercatori esperti in materia di peace research e di formazione alla nonviolenza, sia dei responsabili delle strutture formative e addestrative delle forze dell'ordine attualmente operanti.

Art. 4. (Finanziamento). Per il finanziamento di tale attivita' formativa, addestrativa e di aggiornamento alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza, si prevede di incrementare il budget a disposizione per la formazione, l'addestramento e l'aggiornamento delle forze dell'ordine in ragione sia della necessaria inclusione nei ranghi del personale docente di nuove figure specificamente qualificate (eventualmente attraverso rapporti di convenzione con Universita' o istituti di ricerca e di formazione), sia dell'acquisizione o predisposizione di specifica manualistica (ed a tal fine si puo' far riferimento alle piu' qualificate e prestigiose pubblicazioni anche in lingua italiana gia' esistenti in tale ambito di studi), sia di ogni altro adempimento e strumentazione si rendessero necessari.

 

9. SEI RISPOSTE

[Il testo seguente e' la sintesi delle risposte per un'intervista radiofonica]

 

1. Alla domanda se nel mondo oggi ci sia posto per la pace rispondo che oggi nel mondo non vi e' piu' posto per la guerra.

Poiche' la guerra qui e adesso mette a rischio l'esistenza del genere umano, la pace e' la necessita' fondamentale a cui tutto il resto deve essere subordinato.

Cosicche' occorre fare ogni sforzo per far cessare le guerre in corso, per impedire che altre se ne aggiungano, per prevenire ogni escalation bellica.

2. Ma la pace non e' una stasi, ne' piove dal cielo: la pace si costruisce.

Quando i quattro quinti dell'umanita' devono vivere col 20% delle risorse mondiali mentre un quinto degli esseri umani rapina e consuma e dissipa e distrugge l'80% delle risorse, questa e' una violenza strutturale inaccettabile. E' la guerra divenuta quotidianita'.

3. Occorre quindi risolvere le ingiustizie.

Ma occorre risolverle con gli strumenti della democrazia, del diritto, della solidarieta'. Chi aggiunge ingiustizia a ingiustizia, chi aggiunge violenza a violenza, coopera con i malvagi che si illude di contrastare, se ne fa scimmia e servo, degrada il mondo vieppiu'.

4. L'impegno per la pace deve essere limpido, o non e'.

Se non vi e' coerenza tra mezzi e fini non vi e' impegno per la pace. La pace si costruisce con la pace, la democrazia si difende con la democrazia, la dignita' umana si promuove rispettandola in tutti gli esseri umani.

Vi e' un solo modo di contrastare efficacemente la violenza: ed e' la nonviolenza.

5. Circa vent'anni fa il compianto padre Balducci ci parlo' delle "tre verita' di Hiroshima": che l'umanita' ha un unico destino di vita o di morte; che la guerra e' uscita per sempre dalla sfera della razionalita'; che l'aspirazione alla pace e l'istinto di conservazione vengono a coincidere.

Occorre quindi il ripudio assoluto della guerra in tutte le sue forme (inclusa la guerriglia, il terrorismo, l'omicidio del singolo, lo sfruttamento servile, l'omissione di soccorso, un'organizzazione della societa' e delle relazioni - tra gli stati, tra i popoli, tra singoli soggetti economici, politici, culturali, e fin tra individui - che de facto condanna degli esseri umani alla fame, agli stenti, alla morte).

6. Occorre il riconoscimento dell'altro nell'unico mondo che abbiamo.

Il fatto che la superficie terrestre non sia illimitata ci impone il dovere dell'universale convivenza, ci impone il dovere dell'accoglienza da parte di tutti gli esseri umani nei confronti di tutti gli esseri umani.

 

10. CANZONE DELLA STRADA CHE TUTTI SAPPIAMO DOVE VA A FINIRE

 

E questa e' la strada che tutti conosciamo

e che porta a piazza della morte.

 

Il volto sfatto, gli occhi neri di pece

grida il dio televisione che ha sete di sangue

che ha sete di sangue di oceani di sangue

e cantano lieti i fedeli in processione

 

lungo la strada che tutti conosciamo

e che porta a piazza della morte.

 

L'uomo di scienza si e' molto affaticato

tra i suoi lambicchi e sopra i testi sacri

e il distillato delle sue ricerche

e' che ora basta spingere un bottone:

 

s'apre la botola che tutti conosciamo

si capitombola a piazza della morte.

 

Non e' forse il nostro un paese libero?

Esistendo paia di scarpe non abbiamo forse due piedi?

Non e' bello che all'ora di cena

il presidente parli alla nazione?

 

Ci esorta a progredire nella marcia

trionfale verso piazza della morte.

 

Forse che non abbiamo ragione di essere indignati?

Forse che non e' chiaro, diciamolo forte,

che il Signor Dio (il Vero Dio, il Nostro)

e' dalla nostra parte ed e' imbattuto?

 

E allora giu', a capofitto, per il corso conosciuto

che mena certo a piazza della morte.

 

E non e' forse dalla nostra il diritto?

E il medagliere olimpico piu' colmo?

E chi le guida le macchine da corsa?

Chi mangia piu' carne di tutti?

 

La scriviamo noi la segnaletica stradale

e tutta dice: a piazza della morte.

 

Noi, noi siamo i migliori, i nostri elenchi

del telefono sono i piu' massicci, espettorano

le nostre ciminiere piu' in alto

delle nuvole. E blindate abbiamo le porte.

 

Lungo la strada che tutti conosciamo

che porta dritti a piazza della morte.

 

Ogni casa un cortile, in ogni garage

due automobili, in ogni stanza

uno schermo, in ogni mensola

un fucile a pompa.

 

Questa e' la strada, la strada che amiamo

e proprio in fondo e' piazza della morte.

 

La carne umana si vende a un tanto al chilo

gli affari sono affari, schizzano i tassi

del colesterolo; i decreti, gli assegni, i ribassi

sono serviti alla mensa dei gangster

 

che sanno bene quale sia la strada

che ti ritrovi a piazza della morte.

 

E adesso si fa sera e sono stanco

di batter la grancassa e sventolare

eroico il vessillo della patria

ma nondimeno seguito a marciare

 

lungo la strada solita che sorte

sappiamo bene, in piazza della morte.

 

11. APPUNTI SUL CHE FARE

[Le note seguenti costituiscono la traccia di un'intervista radiofonica]

 

1. Personalmente ritengo che la cosa di gran lunga piu' urgente e piu' necessaria sia condurre un'opera di chiarificazione concettuale e di illimpidimento morale e politico sia da parte del movimento per la pace rispetto alla societa' ed alla cosiddetta opinione pubblica in generale, sia e prelimininarmente all'interno dello stesso movimento che si impegna per la pace  e che si oppone al terrorismo, alla guerra ed a quella guerra strutturale che opprime i quattro quinti dell'umanita' e che e' l'ingiustizia globale.

2. In questo senso tra le iniziative dei prossimi giorni e delle prossime settimane ritengo di particolare rilevanza, e le uniche utili, sia quelle di responsabilizzazione individuale che quelle di mobilitazione collettiva che vanno nel senso della nonmenzogna e della nonviolenza.

E ad esempio:

- tra le iniziative ad adesione individuale segnalo quella promossa da Enrico Peyretti di invio di lettere al presidente della Repubblica recanti sia la richiesta al capo dello stato di opporsi alla guerra che aggiungerebbe orrore a orrore, sia la dichiarazione personale di rifiutare il proprio consenso a una nuova catastrofe bellica.

- Tra le iniziative a cavallo tra impegno individuale e azione collettiva c'e' la proposta formulata da Alessandro Marescotti di Peacelink, la principale rete telematica pacifista, di costruire una rete di collegamenti di persone, gruppi, iniziative diffuse contro il terrorismo e contro la guerra, che abbiano come discriminante la scelta della nonviolenza.

- C'e' poi la proposta dei "Berretti Bianchi" per un incontro e un'iniziativa comune dei movimenti nonviolenti.

- E tra le iniziative per cosi' dire di massa c'e' ovviamente il 14 ottobre la marcia Perugia-Assisi e in preparazione di essa l'assemblea detta "dell'ONU dei popoli'" che la marcia prepara nella riflessione, nella discussione, nella proposizione e nell'approfondimento.

3. Personalmente, e come "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, invece non vediamo bene iniziative ambigue e pericolose come quella preannunciata a Napoli per il 27 settembre da ragazzi irresponsabili che evidentemente non si rendono conto del rischio di creare le condizioni per nuove violenze, e di esporre di nuovo tante persone ad un grave pericolo per la loro incolumita' fisica.

4. E qui vengo al nocciolo di questa azione di chiarificazione che dobbiamo condurre: sintetizzando credo di poter dire che a mio avviso occorre:

a) affermare con chiarezza e senza equivoci di sorta che l'opposizione al terrorismo, alla guerra e all'ingiustizia globale deve essere nonviolenta; se non e' nonviolenta e' subalterna e quindi complice della violenza;

b) opporsi ad ogni atteggiamento razzista, sciovinista, fondato sul pregiudizio (ad esempio occorre rifiutare tanto il pregiudizio antiamericano quanto quello antiarabo: sono i responsabili dei crimini che vanno contrastati e perseguiti, non i popoli innocenti e vittima dei poteri oppressivi: al riguardo mi e' sembrato molto lucido l'appello delle femministe afghane di "Rawa" allo stesso tempo contro la dittatura, contro il terrorismo e contro la guerra);

c) opporsi ad ogni atteggiamento autoritario, maschilista, dogmatico, militarista: che riproduce la cultura della guerra;

d) fare un'autocritica onesta e profonda sia sugli errori catastrofici del movimento pacifista italiano nel 1999, sia sugli errori catastrofici della leadership del movimento contro la globalizzazione neoliberista negli ultimi mesi (errori che hanno portato a creare irresponsabilmente le condizione per l'orrore di Genova);

e) credo che il movimento per la pace abbia bisogno di illimpidirsi: separandosi da chi propugna posizioni ambigue, contrastando tutti coloro che ancora delirano di guerre giuste e di violenza necessaria. La violenza non e' mai necessaria, nessuna guerra e' mai giusta poiche' essa consiste sempre - diceva Gandhi - nel realizzare omicidi di massa: ed ogni uccisione di esseri umani e' sempre e comunque un crimine inammissibile;

f) Il movimento per la pace e la giustizia globale, per essere tale, e per essere quindi persuasivo, deve fare la scelta della nonviolenza: affermando il diritto a vivere e la dignita' di ogni essere umano;

g) chi pensa di battersi contro il terrorismo, contro la guerra e contro l'ingiustizia globale, e tuttavia non fa la scelta della nonviolenza e della nonmenzogna, da se stesso depaupera e offusca la sua azione, e non e' nostro compagno di lotta, ma nostro avversario.

5. Infine, se mi viene chiesto come concretamente opporsi alla guerra qualora essa avesse inizio e coinvolgesse il nostro paese, sostengo che dovremmo fare quello che non sapemmo fare adeguatamente nel 1999. Tre cose:

- l'azione diretta nonviolenta, per difendere la legalita' costituzionale, per cercar di salvare le concrete vite umane delle vittime della guerra, per contrastare operativamente la guerra e i suoi apparati; azione diretta nonviolenta che puo' essere condotta solo d apersone adeguatamente preparatesi e intransigentemente salde nella scelta della nonviolenza e della nonmenzogna;

- la disobbedienza civile (quella vera, limpida e coraggiosa, non le idiozie spacciate sotto questo nome nei mesi scorsi), da promuovere a livello di massa facendo appello alla responsabilita' individuale di tutti i cittadini e al loro dovere di difendere lo stato di diritto e l'ordinamento giuridico che la guerra viola e denega;

- lo sciopero generale contro la guerra, come manifestazione efficace di noncollaborazione che espliciti il ripudio assoluto di dare il proprio consenso alla violenza stragista ed ai poteri ad essa corrivi.

 

12. COME OPPORSI ALLA GUERRA, IN SETTE PUNTI E UNA POSTILLA

 

1. Illimpidendo noi stessi.

Interrogandoci sulle nostre ambiguita', sulle nostre complicita', sui nostri privilegi, sulle nostre menzogne, e depurandocene. Da Mohandas Gandhi a Danilo Dolci tutte le grandi lotte nonviolente sono cominciate con il raccoglimento interiore, l'esame e la purificazione di se'.

*

2. Col ripudio assoluto della violenza.

Che implica separarci nettamente, preliminarmente ed intransigentemente dai violenti e dagli ambigui. Far comunella con loro, o illudersi di poter percorrere insieme con loro un pezzo di strada, significa imboccare la strada sbagliata, e diventare loro complici.

*

3. Preparandoci all'azione diretta nonviolenta.

Per contrastare la guerra praticamente, operativamente, e non solo simbolicamente, non solo a chiacchiere. L'azione diretta nonviolenta contro la guerra o e' concreta o non e'.

Questo richiede una preparazione rigorosa, training di formazione, un'autentica persuasione alla nonviolenza, la profonda introiezione dei suoi valori, lo studio sistematico delle sue tecniche.

Ed occorre essere intransigenti nello stabilire che ad una azione diretta nonviolenta contro la guerra possono partecipare solo le persone che hanno fatto la scelta della nonviolenza, e che ad essa intendono attenersi fino in fondo; gli altri, i non persuasi, non possono partecipare poiche' sarebbero di pericolo per se' e per gli altri, e farebbero fallire irrimediabilmente l'azione nonviolenta anche solo con una parola sbagliata.

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4. Preparando la disobbedienza civile di massa.

La quale disobbedienza civile e' una cosa seria che richiede serieta' di comportamenti e piena responsabilita', consapevolezza e preparazione.

Essa e' quindi il contrario delle iniziative equivoche ed irresponsabili che personaggi stolti e fin inquietanti hanno recentemente preteso di spacciare sotto questa denominazione.

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5. Preparando lo sciopero generale contro la guerra.

E giovera' ripeterlo pari pari: preparando lo sciopero generale contro la guerra.

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6. Ripudiando tutte le culture sacrificali.

Occorre affermare la dignita', l'unicita' e il valore assoluto di ogni vita, la propria  e l'altrui.

Chi pensa che si possa sacrificare anche una sola vita umana, ha gia' sancito in linea di principio la liceita' di ucciderci tutti, ed e' quindi complice della logica degli assassini.

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7. Affermando la nonviolenza in tutte le sue dimensioni, anche come nonmenzogna e come noncollaborazione al male.

Mentire e' gia' disprezzare e denegare gli altri esseri umani in cio' che degli esseri umani e' piu' proprio: la facolta' di capire, la ragione. La nonviolenza e' sempre anche nonmenzogna.

Chiave di volta della nonviolenza e' la consapevolezza che occorre togliere il consenso ai facitori di male. Occorre esplicitamente noncollaborare con essi. La nonviolenza e' sempre negazione del consenso all'ingiustizia e alla violenza.

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Postilla. Lo scatenamento di una guerra globale come quella che gli abominevoli attentati terroristici dell'11 settembre hanno innescato puo' provocare la fine della civilta' umana. E' bene non dimenticarlo mai.

Opposizione alla guerra e salvezza dell'umanita' vengono quindi a coincidere. Ma solo la nonviolenza puo' opporsi coerentemente e concretamente alla guerra. E dunque solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Un movimento per la pace che non scelga la nonviolenza non e' un movimento per la pace.

 

13. LE LETTERE NON SPEDITE DI BALDINO GRAZIANO: IL PIANTO COL BILANCINO

 

Vostra grazia illustrissima,

il fatto che in questi giorni molti valentuomini, amicissimi di vostra grazia come dell'umile mia persona, e per vero dire eccellenti uomini di lettere e di mondo, si soffermino appena ad esprimere pieta' per le vittime delle stragi terroristiche e subito si affrettino ad aggiungere la condanna degli Stati Uniti d'America come sentina di ogni nequizia, mi pare rivelatore non solo di un diffuso ed enorme errore politico ma anche e soprattutto di una inquietante e profonda inadeguatezza morale: come se non si potesse piangere le vittime innocenti di New York senza bisogno di aggiungere altro; come se esse non fossero degne di pianto di per se'.

Trovo, ahime', assai sconsolante questo diffuso atteggiamento, e me ne cruccio. Vi leggo una sorta di inconscio ed onnivoro pregiudizio antiamericano sciovinistico e come razzistico, e l'eredita' di una sorta di stalinismo tanto piu' profondo quanto piu' irriflesso (che affetta molto piu' facilmente chi non e' mai stato un militante comunista, di quelli onesti che con lo stalinismo quindi hanno dovuto farci i conti e combatterlo davvero).

Ora, poiche' io non ho dubbi o ambivalenze di giudizio sui crimini commessi dall'imperialismo, quello americano come gli altri, e poiche' ho passato tutta la mia vita cosciente a lottare contro i poteri assassini (tra essi includendo tutti gli eserciti), ed ogni volta che ho potuto il mio braccio e il mio cuore ho messo al servizio della lotta degli oppressi per la giustizia e la dignita' umana, penso di poter dire il mio orrore per la strage in America, e di dover piangerne le vittime, senza bisogno di aggiungere subito l'elenco - banalizzato e strumentale, e quindi reso inautentico e degradato - delle vittime dei crimini della Cia, della Nato e di tutti gli imperialismi passati, presenti e futuri.

Se si piange una vittima la si piange per se stessa, altrimenti un pianto col bilancino, col misurino, non e' piu' pianto, ma ipocrisia.

Di vostra grazia illustrissima sono e mi professo l'umilissimo, obbedientissimo e devotissimo servitore

Baldino Graziano

 

14. CHIAMARE UNA GUERRA "GIUSTIZIA INFINITA"

 

Chiamare una guerra "giustizia infinita"

vuol dire: "questa guerra

non finira' giammai".

 

Invece finira':

con il genere umano.

 

15. TRE AMBIGUITA' NEL MOVIMENTO PACIFISTA. UNA RIFLESSIONE DALL'INTERNO PER APRIRE UNA DISCUSSIONE URGENTE

 

Affinche' l'impegno del movimento pacifista contro il terrorismo e contro la guerra possa essere limpido e coerente, adeguato ed efficace, occorre una chiarificazione in noi stessi.

Occorre prendere coscienza di ambiguita' presenti in consistenti filoni della cultura che si dichiara pacifista ma che contraddicono col loro argomentare ed agire il fine che pure proclamano di perseguire.

Occorre un salto di qualita': passare dal pacifismo generico, dal pacifismo strumentale, dal pacifismo dimidiato e subalterno, alla nonviolenza. Sola la scelta della nonviolenza consente un'azione per la pace nitida, persuasa e persuasiva, concreta.

Indico tre ambiguita' su cui occorre riflettere, su cui occorre decidere, su cui occorre tracciare delle linee di demarcazione per evitare obnubilamenti, menzogne, vergogne, complicita', orrori.

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I. La prima ambiguita' e' di non essere limpidi nella condanna e nel ripudio della violenza.

Eppure dopo Auschwitz ed Hiroshima, dopo i gulag e la Cambogia, dovrebbe essere chiaro a tutti cio' che Gandhi sapeva gia' prima dell'atomica, e che Albert Einstein e Bertrand Russell dissero alto e forte nel loro appello: e' in gioco l'esistenza dell'umanita', la violenza conduce all'annientamento.

Cosicche' non esiste piu' ne' guerra giusta ne' violenza legittima, ma un solo imperativo: salvare l'umanita', e quindi disarmare tutti, e tutti i conflitti affrontare col dialogo e la consapevolezza di essere un'unica famiglia umana.

E dunque dobbiamo essere netti e intransigenti: partecipa del movimento che coerentemente si impegna contro la guerra e contro il terrorismo, che concretamente si impegna nell'edificare la pace e la giustizia, solo chi fa la scelta preliminare ed irrinunciabile del ripudio della violenza.

*

II. La seconda ambiguita' e' nella stereotipata e pregiudiziale intolleranza, e l'ambivalente ipocrisia, nei confronti degli Stati Uniti d'America e della cultura e popolazione nordamericana.

Che certo non sono un modello di costumi e di societa' sostenibile, ma che non sono solo imperialismo e consumismo. Sono anche, dovendo dirlo di scorcio, Walt Whitman e Herman Melville, Leonard Peltier e Martin Luther King, Louis Armstrong e Woody Allen, Noam Chomsky e Adrienne Rich, Mumia Abu Jamal e naturalmente Emily Dickinson. America e' il genocidio dei nativi americani e la stupidita' assassina di pressoche' tutti i suoi presidenti degli ultimi cent'anni, il complesso militare-industriale stragista e la narcotizzazione hollywoodiana. Ma America sono anche tante persone e tanti movimenti che contro tutto cio' si sono battuti.

Cosicche' e' insensato omologare potenti e popolazione, carnefici e vittime, poteri economici e tradizioni culturali, lobbies vampiresche e movimenti per i diritti civili, in un'unico stereotipo, e fare di tutt'erbe un fascio: alla stessa stregua noi italiani saremmo per forza tutti mafiosi e fascisti.

Analogamente e' schizofrenico detestarne l'egemonia culturale per la sua carica consumistica e manipolatrice ed andare in brodo di giuggiole per i prodotti che quell'egemonia culturale impone: e' un esempio perfetto di efficacia dell'apparato pubblicitario e della sua potenza di manipolazione il successo di massa e la ricezione acritica di un libro di documentazione giornalistica interessante ed utile ma sostanzialmente mediocre come "No logo"; e' un esempio perfetto di questa egemonia culturale che le televisioni italiane, ripetitrici in sedicesimo di quella barbarie che Guenther Anders esule in America aveva gia' colto e denunciato decenni fa, abbiano imposto come simboli e portavoce del movimento che si oppone alla globalizzazione neoliberista personaggi grotteschi e irresponsabili, e che sarebbero ridicoli se non fossero inquietanti, come chi fa i proclami di guerra in tv o chi spedisce pallottole a un ministro.

Infine, e' irragionevole ragionare per schemi di tipo razzista: "i tedeschi", "gli amerikani", "gli islamici": e Averroe'? L'islam che salvava la vita degli intellettuali cristiani quando nell'Europa cristiana la Chiesa cristiana li faceva bruciare sul rogo? E Malcolm X? E Cesar Chavez? E Allen Ginsberg? E Dietrich Bonhoeffer? E i fratelli Scholl? Ed Heinrich Boell? Ed Hannah Arendt? Stiamoci attenti coi pregiudizi e le semplificazioni.

E dunque dobbiamo essere netti e intransigenti: nel movimento per la pace non puo' esserci spazio per culture ed atteggiamenti razzisti e totalitari, autoritari e dogmatici, acritici e intolleranti. Essere corrivi con simili culture ed atteggiamenti equivale ad essere complici della violenza dei potenti e degli assassini.

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III. La terza ambiguita' e' nello sguardo che non riusciamo a rivolgere su noi stessi.

Eppure dovremo fare i conti con la nostra ignavia, col nostro parassitismo, con la nostra superficialita', con la nostra ipocrisia, con la nostra complicita'.

Due anni fa non riuscimmo a impedire che l'Italia partecipasse alla guerra illegale e stragista nei Balcani. E non riuscimmo a difendere la legge fondamentale del nostro paese, il patto costitutivo del nostro ordinamento giuridico. Altrove ho detto quali siano state a mio avviso le scaturigini di quella nostra catastrofe morale e politica (le ambiguita' del pacifismo parastatale e parassitario, e quelle ancora piu' gravi dell'antimilitarismo a sua volta militarista, violentista, irresponsabile e peggio), qui ripeto solo che c'era un solo modo per opporsi alla guerra: fare la scelta limpida e consapevole della nonviolenza, e forti di questa scelta praticare una stategia coerente di contrasto operativo della guerra, fondata su tre pilastri: l'azione diretta nonviolenta, la disobbedienza civile (che e' il contrario delle idiozie che sotto questo nome spacciano deliranti e mascalzoni), lo sciopero generale contro la guerra.

Una discussione onesta sulla vicenda di due anni fa ancora dobbiamo farla.

E pochi mesi fa una leadership di persone in maggioranza serie e brave ma nell'insieme obnubilata e irresponsabile ha portato allo sbaraglio centinaia di migliaia di persone generose a Genova costruendo le condizioni perche' venissero massacrate. Per ottenere visibilita' sui mass-media si e' follemente agito esponendo al pericolo di gravi lesioni e di morte centinaia di migliaia di esseri umani, da parte di una leadership subalterna e di fatto resa complice di una scellerata strategia di provocazione fatta crescere per mesi il cui effetto di impaurimento, umiliazione, disorientamento, sconvolgimento, e in alcuni casi vera e propria terrorizzazione di molti ragazzi in divisa, e fin di eccitamento dei verosimilmente pochi ma tragicamente scatenati sadici criminali purtroppo presenti tra le forze dell'ordine, era cosi' evidente che occorreva essere ciechi o in abissale malafede per non rendersene conto. E le conseguenze sono state terribili.

Una discussione onesta su questo aspetto della catastrofe di Genova ancora deve cominciare.

E qui non e' in discussione il fatto che le violenze commesse da personale delle forze dell'ordine siano comunque inammissibili e comunque ingiustificate e comunque illecite e comunque criminali: cio' e' ovvio; e che i responsabili di esse vadano perseguiti col massimo rigore: cio' e' ovvio, necessario, urgente, e la legislazione vigente lo prevede e lo impone. Chi ha commesso violenza, e chi lo ha consentito, deve essere sottoposto a processo e punito, tanto piu' se ha abusato di un pubblico ufficio, di un potere conferitogli dallo stato.

Ma dobbiamo avere l'onesta' di esaminare anche questo altro aspetto della questione: i catastrofici errori della inadeguata leadership del movimento che si oppone alla globalizzazione neoliberista; e chi scrive queste righe lo predica invano fin dai tempi di Praga, dove gia' era chiarissimo quali sarebbero stati gli esiti omicidi provocati da una condotta peggio che ambigua: sciagurata.

E dunque dobbiamo essere netti e intransigenti: prima di fare la predica agli altri dobbiamo esaminare ed invigilare noi stessi; chi vuol essere operatore di pace non puo' permettersi atteggiamenti irresponsabili, ragionamenti capziosi, condotte acritiche.

*

Solo la scelta della nonviolenza, la coerenza della nonviolenza, la forza della nonviolenza, consentira' al movimento che lotta per la giustizia globale di proseguire il suo cammino.

Solo la scelta della nonviolenza costruisce la pace e consente la convivenza.

Solo la scelta della nonviolenza: deve valere nei rapporti tra le persone, deve valere nei rapporti tra le culture e le religioni e le societa', deve valere nei rapporti tra le istituzioni, tra gli stati, nelle relazioni internazionali.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

17. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1267 del 7 maggio 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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