Archivi. 189
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- Date: Sun, 5 May 2013 07:05:06 +0200 (CEST)
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)
Numero 189 del 5 maggio 2013
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di agosto 2001 (parte sesta e conclusiva)
2. Per una cultura della pace: Jean Marie Muller
3. Una lettera per approfondire la riflessione
4. Un uomo libero
5. Verso la presentazione della proposta di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2001 (PARTE SESTA E CONCLUSIVA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2001.
2. PER UNA CULTURA DELLA PACE: JEAN MARIE MULLER
[Riproponiamo qui (riprendendo una nostra scheda gia' diffusa un anno fa) una sintesi da due opuscoli di Jean Marie Muller, uno dei piu' grandi studiosi della nonviolenza.
Jean Marie Muller e' nato nel 1939 a Vesoul in Francia, docente, ricercatore, tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento e fondatore del MAN (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Metodi e momenti dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999. Opere su Jean-Marie Muller: non conosciamo monografie italiane su Muller, ovviamente di lui si parla in vari libri concernenti la nonviolenza. Si veda inoltre il volume del MAN (Mouvement pour une Alternative Non-violente), Una nonviolenza politica, Movimento Nonviolento, Perugia 1977]
Da Jean-Marie Muller, Significato della nonviolenza (una sintesi)
Questo opuscolo, Jean-Marie Muller, Significato della nonviolenza, Edizioni del Movimento Nonviolento, Torino 1980, costituisce una sintetica e stimolante presentazione della nonviolenza come proposta di lotta.
Il testo di Muller e' del 1974, la traduzione italiana e' arricchita da una introduzione di Matteo Soccio che descrive la figura dell'autore, da una bibliografia essenziale in italiano, e da un indirizzario che, anche se non piu' utilizzabile vent'anni dopo, e' un commovente elenco di amici della nonviolenza italiani che hanno continuato a dare buona prova.
Il testo e' scandito in brevi paragrafi ognuno con un suo titolo, il che facilita la lettura (anche se non sempre questa forma espositiva e' la migliore). Di questa scansione ci serviremo liberamente nella sintesi dell'opuscolo che di seguito proponiamo con qualche nostro minimo commento.
1. Partire dai fatti: "non saremmo seri nella nostra riflessione sulla nonviolenza se non prendessimo sul serio la violenza"; si tratta di comprenderla: "essa e' molto spesso la ricerca di soluzioni concrete a dei problemi concreti", pertanto: "non potremmo accontentarci di una pura e semplice condanna di tutte le violenze quali che siano, da qualsiasi direzione provengano, ponendoci al di sopra della mischia e richiamandoci ad una innocenza che non puo' essere di questo mondo". Si trattera' quindi di esaminarla rigorosamente, per contrastarla efficacemente nel modo piu' rigoroso, appunto con la lotta nonviolenta.
2. La violenza e' distruzione: "non bisogna lasciarsi ingannare - scrive Ricoeur -. Il volto della violenza, il fine che essa persegue implicitamente o esplicitamente, direttamente o indirettamente, e' la morte dell'altro". Il richiamo alla riflessione di Ricoeur ci pare assai pertinente, e vorremmo aggiungere anche l'Elias Canetti di Massa e potere (un'opera fondamentale).
3. Le tre violenze: di seguito Muller riprende la nota distinzione delle "tre violenze" nel loro rapporto genealogico cosi' come indicato da Helder Camara, il grande vescovo brasiliano, eroico difensore dei diritti umani che ci ha abbandonato da poco.
a) la prima violenza e' la violenza delle situazioni di ingiustizia;
b) "la seconda violenza e' quella che nasce dalla rivolta degli oppressi quando essi tentano di liberarsi dal giogo dell'oppressione che li schiaccia";
c) "la terza violenza e' la violenza della repressione, essenzialmente legata alla violenza d'oppressione per mezzo della quale i ricchi ed i potenti spezzano i movimenti di liberazione dei poveri".
Dom Helder Camara, e padre Balducci riprendendone la riflessione, esprimevano opposizione a tutte le violenze, ma ovviamente spiegavano che cio' che occorreva innanzitutto era abolire la prima violenza, abolita la quale le altre sparivano di conseguenza. Sulla stessa linea di pensiero Muller nota che "se la nonviolenza condanna e combatte innanzitutto la violenza degli oppressori, essa pero' viene a rimettere in questione anche la violenza degli oppressi. Liberare i poveri, vuol dire anche liberarli dalla loro violenza". Sulla stessa linea di riflessione Giuliano Pontara rilevava che i sostenitori della nonviolenza non si limitano a condannare la violenza, ma praticano e propongono la nonviolenza come una forma di lotta concreta ed efficace contro la violenza. Vorremmo aggiungere questa definizione: la nonviolenza e' una teoria-prassi di liberazione che degnifica, ovvero umanizza, chi ne partecipa nel suo stesso farsi.
4. La necessita' del conflitto e la gestione nonviolenta dell'aggressivita': al riguardo Muller svolge alcune considerazioni ispirate a concretezza e coscienza di alcune acquisizioni fondamentali del pensiero del Novecento.
Muller e' esplicito: "non si tratta di reprimere l'aggressivita' dell'uomo, ma di metterla in opera", aggiungendo che non e' fatale che l'aggressivita' si manifesti con la violenza, bisogna saperla disciplinare, controllare, utilizzare in modi piu' costruttivi della violenza. l'aggressivita' va incanalata affinche' si manifesti in creativita', solidarieta', impegno per la dignita', la giustizia, la verita'.
Inoltre, passando dal piano psicologico a quello sociologico: "bisogna dunque accettare questa realta' del conflitto", anzi: la strategia della nonviolenza promuove il conflitto contro l'ingiustizia. Chi pretende di cancellare il conflitto dalla societa', propugna una societa' totalitaria.
5. L'importanza dei mezzi: "non e' soltanto un problema morale, e' anche un problema di efficacia. Una delle caratteristiche della nonviolenza e' precisamente di affermare che, se la scelta dei mezzi viene dopo (e' seconda) rispetto al fine da conseguire, non e' tuttavia secondaria, e' anzi essenziale alla effettiva realizzazione di quel fine. Gandhi diceva: il fine e' nei mezzi come l'albero nel seme".
E Muller propone di esaminare il significato della nonviolenza ponendoci successivamente a tre livelli diversi:
a) il livello personale;
b) il livello delle relazioni interpersonali;
c) il livello delle relazioni sociali e politiche.
6. Sul piano personale: "la violenza e' il segno di una certa assurdita' del destino umano", la nonviolenza ci colloca in "un dinamismo della speranza che ci libera dalla fatalita' della violenza". E citando ancora Ricoeur: "Colui che chiama crimine un crimine e' gia' sulla via del senso e della salvezza".
7. Sul piano delle relazioni interpersonali e' la scelta del dialogo rispetto alla violenza. A noi pare assolutamente evidente che solo sulla scelta del ripudio della violenza si puo' fondare una societa' giusta.
8. Sul piano delle relazioni sociali e politiche, Muller evidenzia che la nonviolenza e' azione, impegno morale che si concretizza nella pratica, ed incisivamente scrive che "l'azione nonviolenta e' una prova di forza". "Un'azione nonviolenta non e' una dimostrazione d'amore. Essa e' molto piu' precisamente una dimostrazione di forza. La nonviolenza, non e' l'amore, ma piuttosto la ricerca di tecniche e di metodi di lotta compatibili con l'amore, compatibili con il rispetto della verita'". Si potrebbe dir diversamente, e si potrebbe discutere la forzatura e l'ellissi, ma il senso e' chiaro. La nonviolenza e' lotta, lotta come amore e amore come lotta.
9. La strategia dell'azione nonviolenta: "il principio essenziale di questa strategia e' il principio di non-cooperazione; io lo chiamerei meglio: principio di non-collaborazione. Esso si fonda sulla seguente analisi: la forza dell'ingiustizia nella societa' deriva dalla complicita' che la maggioranza dei membri di questa societa' apporta a questa ingiustizia". Ed e' davvero questo il cardine della proposta della nonviolenza: si tratta di rompere la complicita'.
10. Che fare:
10.1. L'analisi: innanzitutto occorre la denuncia dell'ingiustizia e l'analisi della situazione concreta.
10.2. La protesta pubblica: quindi passare alla protesta pubblica (ma sempre nelle azioni di protesta pubblica rispettare il principio della "pacificazione della parola"); tra le azioni di protesta pubblica, lo sciopero della fame e' una delle piu' specifiche della nonviolenza (e qui Muller segnala che lo sciopero della fame "non e' nonviolento se diventa un ricatto nei confronti dell'avversario").
10.3. L'azione diretta nonviolenta: dopo aver esaurito le possibilita' del dialogo, le possibilita' del negoziato, bisogna passare all'azione diretta nonviolenta.
Replicando ad una retorica diffusa, Muller scrive opportunamente: "Bisogna dunque rovesciare i termini e non dire che il negoziato e' un mezzo per risolvere il conflitto, ma che il conflitto e' un mezzo per risolvere il negoziato. E' proprio perche' il negoziato non e' possibile che il conflitto e' necessario per rendere possibile il negoziato e per creare le condizioni in cui il dialogo e il negoziato saranno possibili".
11. I mezzi dell'azione diretta nonviolenta: qui Muller propone alcuni esempi, ovviamente tutt'altro che esaustivi:
a) lo sciopero;
b) il boicottaggio;
c) la disobbedienza civile.
12. La violenza e' l'arma dei ricchi: Muller e' incalzante nella concretezza delle sue argomentazioni: "la capacita' di violenza degli oppressori sara' sempre smisuratamente piu' grande della capacita' di violenza degli oppressi".
13. La nonviolenza e' possibile, allora essa e' preferibile: "molti conflitti si sono sviluppati in un crescendo di violenza dall'una e dall'altra parte; non e' facile, a partire di la', tentare di intravvedere una soluzione nonviolenta. Ma noi potremmo almeno metterci d'accordo su questa ipotesi di lavoro: se la nonviolenza e' possibile, allora essa e' preferibile".
Ed e' detto magnificamente, e vorremmo aggiungere: se la nonviolenza e' possibile, allora essa e' necessaria.
E si potrebbe dir anche: se la nonviolenza e' necessaria, allora essa e' anche possibile.
E noi sappiamo che la nonviolenza e' possibile. E noi sappiamo che la nonviolenza e' necessaria.
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Da Jean-Marie Muller, Momenti e metodi dell'azione nonviolenta (uno schema)
L'opuscolo di Jean Marie Muller, Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1981, riprende un capitolo dell'ampia opera di Muller, Strategia della nonviolenza, Marsilio, Padova 1975, e precisamente il capitolo settimo (pp. 73-99).
E' un lavoro utile, che si affianca a quelli di Charles C. Walker (Manuale per l'azione diretta nonviolenta), di Aldo Capitini (Le tecniche della nonviolenza), di Alberto L'Abate (Addestramento alla nonviolenza), ed all'opera fondamentale di Gene Sharp, (Politica dell'azione nonviolenta, in tre volumi, presso le Edizioni Gruppo Abele).
Il testo di Muller si articola secondo la seguente scansione:
1. Analisi della situazione: "e' essenziale che prima di decidere l'azione si abbia una conoscenza esatta della situazione in cui s'inserisce quell'ingiustizia che si vuole denunciare e combattere".
2. Scelta dell'obiettivo: "la scelta dell'obiettivo e' essenziale poiche' da essa soltanto puo' dipendere la riuscita o l'insuccesso del movimento. Converra' scegliere un obiettivo preciso, limitato e possibile".
3. Primi negoziati: "conviene entrare al piu' presto possibile in contatto diretto con l'avversario, prima di portare la controversia sulla pubblica piazza, allo scopo di tentare tutto cio' che e' possibile per risolvere il conflitto senza dover ricorrere alla prova di forza. Si tratta allora di far conoscere ai rappresentanti della parte avversa le conclusioni a cui l'analisi della situazione ha condotto e di far valere le rivendicazioni del movimento precisando l'obiettivo che questo ha deciso di raggiungere. Sin da questo momento e' importante dar prova della piu' rigorosa cortesia nei confronti dell'avversario. (...) Il clima che si instaurera' durante questi primi negoziati determinera' in buona parte il clima di tutto il conflitto. (...) Questi primi negoziati devono permettere alle due parti di conoscersi meglio. (...) Ma dev'essere chiaro che il movimento non si accontenta in nessun momento di promesse, ma che aspetta invece delle decisioni. Esso accettera' di sospendere la sua azione solo quando avra' raggiunto un accordo definitivo che metta fine al conflitto".
4. Appello all'opinione pubblica. "In seguito al fallimento dei primi negoziati, bisognera' sforzarsi di far esplodere l'ingiustizia di fronte all'opinione pubblica con tutti i mezzi di informazione di cui puo' disporre il movimento".
Muller qui annota tra l'altro che "e' molto importante mantenere l'iniziativa dell'informazione e vigilare affinche' il senso dell'azione non venga ne' deformato ne' falsificato"; annota inoltre che "si tratta di mettere l'opinione pubblica di fronte alle proprie responsabilita', ma non si tratta di colpevolizzarla".
Muller indica quindi tutta una serie di metodi di manifestazione pubblica (ovviamente riportando anche esempi storici significativi):
- comunicati;
- petizioni;
- sfilata;
- marcia;
- sciopero della fame limitato.
5. Invio di un ultimatum: "di fronte al fallimento degli ultimi tentativi di negoziato, diventa necessario fissare all'avversario un ultimo termine al di la' del quale saranno date disposizioni di ricorrere all'azione diretta"; ovviamente l'ultimatum, ultimo tentativo di soluzione negoziata prima di ricorrere all'azione diretta nonviolenta, dovra' essere reso pubblico.
6. Azioni dirette nonviolente: qui Muller propone la seguente classificazione:
6.1. Azioni dirette di non-cooperazione: e tra queste segnala (con dovizia di riferimenti ad esperienze storiche di resistenza nonviolenta):
- l'hartal: un giorno di sciopero generale restando a casa;
- il rinvio di titoli e di decorazioni;
- lo sciopero;
- il boicottaggio:
- lo sciopero degli affitti;
- il rifiuto collettivo dell'imposta;
- l'obiezione di coscienza;
- lo sciopero della fame illimitato;
- lo sciopero generale.
6.2. Azioni dirette d'intervento: e tra queste Muller segnala:
- il sit-in;
- l'ostruzione (impedire col proprio corpo la circolazione su una via pubblica);
- l'usurpazione civile (nel proprio lavoro ignorare le istruzioni dall'alto e seguire invece le indicazioni del movimento di resistenza);
- l'usurpazione delle funzioni governative e il governo parallelo: "quando tutto un paese e' abbandonato all'arbitrio di un governo che intende imporre il dominio rinnegando tutti i principi della vita democratica, non si tratta piu' soltanto di opporsi a una legge particolare, si trattera' di opporsi al governo. Converra' percio', allo scopo di bloccare i meccanismi del governo e di paralizzarlo, estendere la disobbedienza civile alle leggi che, pur non essendo di per se stesse ingiuste, servono nondimeno ai progetti del governo". Allora "nella misura in cui la disobbedienza civile avra' potuto essere organizzata su scala nazionale, i leader del movimento di resistenza potranno essere considerati come rappresentanti dell'autorita' legittima del paese".
Ovviamente questo e' solo un sunto che vale come invito a leggere l'intero opuscolo, ed altrettanto ovviamente una lettura adeguata di questo opuscolo richiederebbe la lettura integrale del libro di cui esso costituisce un capitolo. Chi scrive queste righe ritiene che mai si debba correre il rischio di ridurre le tecniche nonviolente a mere formule organizzative ed operative, esse devono essere sempre coerenti a, e per cosi' dire illuminate da, scelte di valore, teoriche ed esistenziali, precise e rigorose, appunto quell'insieme di scelte gnoseologiche, etiche e politiche su cui si fonda la nonviolenza.
3. UNA LETTERA PER APPROFONDIRE LA RIFLESSIONE
Caro Baiocchi,
ho letto il suo messaggio nel sito del Movimento Nonviolento, e la ringrazio di tutto cuore per l'attenzione e per l'interlocuzione (sebbene la pregherei in futuro di scrivere anche direttamente all'indirizzo del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo - nbawac at tin.it - che ho l'onore di dirigere e che coordina l'iniziativa della proposta di legge per la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza, proposta di legge oggetto di questo nostro carteggio).
La ringrazio sia per questo suo primo intervento, che domani pubblicheremo nel nostro notiziario quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" [questa lettera di Peppe Sini e' del 26 agosto, il fascicolo del notiziario cui si fa riferimento e' ovviamente questo che state leggendo -ndr-] come un graditissimo ed utile contributo alla riflessione comune, e la ringrazio per il fatto che leggera' con attenzione la nostra proposta. E' un atteggiamento non solo di squisita gentilezza ma di verace responsabilita', che apprezzo molto.
Credo che leggendo la nostra proposta di legge avra' modo di notare come certe sue opinioni e preoccupazioni trovino in essa un adeguato riscontro ed una persuasiva risposta, e potra' verificare come la nonviolenza sia non solo un insieme di valori, ma anche di tecniche e di strategie, per conoscere tutti i quali occorre lo studio. A questo mondo nulla si conosce senza studio.
Personalmente sostengo da anni (anche in frequenti incontri con i dirigenti, i funzionari ed il personale della questura della citta' in cui vivo, Viterbo, nella cui Provincia ho avuto importanti compiti istituzionali come pubblico amministratore) che sarebbe utilissimo che le forze dell'ordine venissero formate e addestrate anche alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza.
Mi occupo di questi temi da decenni; da decenni tengo corsi di formazione in merito presso istituzioni pubbliche, enti assistenziali e di servizio sociale, istituti scolastici; ed in preparazione di questa proposta di legge ho altresi' effettuato non solo molte consultazioni di esperti ma anche uno studio personale e non superficiale sugli attuali istituti e percorsi formativi delle varie polizie presenti in Italia.
La pregherei di credermi: questa proposta puo' costituire un contributo importante alla formazione delle forze dell'ordine perche' possano svolgere in modo sempre piu' efficiente e coerente il loro compito cosi' come disposto dalla legislazione vigente fondata sulla Costituzione della Repubblica Italiana, architrave del nostro ordinamento
Le saro' quindi assai grato se sia lei personalmente, sia insieme ai soci della struttura associativa che presiede, non solo vorrete esaminare la proposta di legge (la cui prima bozza, del 17 agosto, vi abbiamo inviato da alcuni giorni) ma vorrete altresi' darci un contributo di idee, anche critico naturalmente, affinche' la si possa ulteriormente migliorare.
Naturalmente avro' vivo piacere di ricevere comunque sue nuove lettere, e gradirei molto se lei volesse scrivere una sua piu' approfondita ed ampia opinione, sia in merito alla proposta che piu' in generale in riferimento alla nonviolenza, da poter pubblicare anch'essa sul nostro notiziario "La nonviolenza e' in cammino".
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Entriamo nel merito
Giustamente la sua lettera richiede che fin d'ora io entri nel merito delle questioni che lei pone, ed in particolare che le fornisca quelle ulteriori informazioni necessarie per poter cogliere come e perche' la formazione alla nonviolenza sia, a parere mio ma anche di molte illustri personalita' istituzionali ed intellettuali, cosi' opportuna e fin necessaria per le forze dell'ordine (ma anche, va da se', per tutti i cittadini: naturalmente le forze dell'ordine, essendo investite di una cosi' rilevante funzione pubblica come e' quella di garantire il rispetto della legalita' e la sicurezza di tutti, possono trarne un'utilita' di gran lunga maggiore nel loro stesso operare).
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Una dichiarazione di Gandhi per abolire l'esercito e mantenere la polizia
Personalmente mi occupo dei problemi della democrazia e della legalita', ed anche specificamente dell'ordine pubblico, da molti anni.
Ma anche tutti i grandi protagonisti della nonviolenza se ne sono occupati e se ne occupano con profonda consapevolezza ed attenzione, e ad esempio lei avra' gia' letto quel testo di Gandhi del 1940 in cui il fondatore della nonviolenza ebbe a scrivere che nello stato che lui prefigurava ed auspicava prevedeva l'abolizione dell'esercito ma il mantenimento della polizia.
Il testo di Gandhi glielo ho inviato nella raccolta di materiali dal titolo "Alcuni ulteriori materiali di documentazione..." del 24 agosto.
Ho segnalato questa dichiarazione perche' credo sia sufficiente a rendere conto del fatto che anche la figura piu' rappresentativa della nonviolenza era tutt'altro che un sottovalutatore o uno spregiatore dell'importanza della funzione delle forze dell'ordine.
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La nonviolenza, la formazione alla nonviolenza e la sperimentazione della nonviolenza, sono gia' una legge dello Stato: dal 1998
Lei si chiede, in prima approssimazione, se la formazione alla nonviolenza sia giovevole per il personale preposto a pubbliche funzioni.
Ebbene, la legge dello stato le ha gia' risposto di fatto da anni, e ha risposto di si'.
Nell'ordinamento legislativo italiano la nonviolenza c'e' gia'; la formazione alla nonviolenza e la sperimentazione della nonviolenza, sono gia' previste da una legge dello stato.
Lo abbiamo ricordato all'inizio del testo della "prima bozza" della proposta di legge che abbiamo diffuso il 17 agosto, che cito testualmente: "Nella legislazione italiana il termine, ed il concetto, di "nonviolenza" e' entrato con la legge 8 luglio 1998, n. 230, che all'art. 8, comma 2, lettera e) attribuisce all'Ufficio nazionale per il servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito di predisporre, d'intesa con il Dipartimento per il coordinamento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta". Del resto e' almeno dalla legge 772 del 1972 che la prassi della formazione alla nonviolenza per operatori di servizi pubblici di utilita' sociale era riconosciuta e valorizzata de facto dalla legislazione italiana.
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La nonviolenza ha una storia concreta di lotte luminose e vittoriose contro la violenza, il crimine, l'ingiustizia, l'oppressione
Lei si chiede se la nonviolenza non rischi di essere una mera aspirazione, una teoria assai bella, ma inefficace nella pratica.
Ebbene, la storia dell'umanita' le ha gia' risposto, e le ha risposto che nella pratica la nonviolenza e' concreta ed efficace, ha gia' ottenuto luminose vittorie contro la violenza, ha gia' apportato contributi giganteschi al progresso della civilta' umana.
Infatti la nonviolenza non solo e' una straordinaria proposta intellettuale e morale, una grande conquista teoretica: ma e' anche e soprattutto un insieme di esperienze storiche straordinarie.
E' soprattutto nel XX secolo che la nonviolenza ha avuto uno sviluppo enorme, ma gia' nei secoli precedenti noi abbiamo avuto esperienze di impegno nonviolento che ancor oggi illuminano la coscienza morale, gli studi, la vita di moltissimi uomini e donne di buona volonta'.
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Qualche esempio del passato: Socrate, Gesu', Francesco
Quel Socrate che preferi' morire anziche' disobbedire alle leggi della citta' che pure lo condannava ingiustamente.
Quel Gesu' che preferi' rinunciare a difendersi dall'ingiustizia, e subire la sorte piu' terribile, pur di testimoniare fino in fondo il suo messaggio d'amore.
Quel Francesco d'Assisi le cui vicende e le cui scelte ancora ci commuovono tutti.
E noti che ho fatto degli esempi che valgono indipendentemente dalle convinzioni filosofiche e religiose di ciascuno di noi. Socrate ateniese, Gesu' di Nazareth, Francesco d'Assisi, costituiscono ancor oggi degli esempi per tutta l'umanita'.
E di esempi del passato se ne potrebbero fare molti altri.
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Nel XX secolo
Nel XX secolo la nonviolenza si e' dispiegata meravigliosamente: troppi sarebbero gli esempi da fare:
- tutti sanno che e' stato soprattutto grazie a Mohandas Gandhi che l'India ha raggiunto l'indipendenza senza andare incontro a un mostruoso bagno di sangue;
- tutti sanno che negli Stati Uniti d'America Martin Luther King ha avuto un ruolo decisivo nell'impegno contro il razzismo istituzionalizzato;
- tutti sanno quale grande contributo, a livello mondiale, ha dato Danilo Dolci contro la mafia e per lo sviluppo;
- tutti sanno quali grandi lotte nonviolente abbia condotto vittoriosamente Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto per il bene di tutti;
- tutti sanno dell'eroismo di Cesar Chavez, di Marianella Garcia, di Chico Mendes e di tanti altri martiri nonviolenti che anche se sono stati assassinati hanno saputo portare alla prima e piu' grande vittoria, la coscienza della propria splendente dignita', intere popolazioni prima orribilmente calpestate, sovente senza voce e senza speranza.
- Ma tutti dovrebbero sapere anche come in Danimarca la resistenza nonviolenta della popolazione sconfisse il piano genocida nazista salvando la vita a moltissime persone ebree; ne da' conto la grande pensatrice Hannah Arendt in quel suo libro che dovrebbe essere letto in tutte le scuole intitolato La banalita' del male;
- e tutti dovrebbero sapere anche quanto fu efficace la resistenza nonviolenta in Norvegia contro il nazismo;
- e tutti dovrebbero sapere anche come persino singole persone in modo assolutamente non violento salvarono migliaia di vite umane: persone come Dimitar Pesev, persone come Giorgio Perlasca, che al male piu' orribile seppero opporre la semplicita' del bene, la grande forza che il bene ha quando anche una sola persona si erge contro la violenza.
Un illustre studioso italiano, che per me e' anche un amico e un maestro, il professor Enrico Peyretti, ha redatto una eccellente rassegna bibliografica in cui elenca centinaia di libri che riferiscono di un numero enorme di esperienze storiche concrete e fondamentali in cui la nonviolenza ha saputo lottare contro la violenza e vincere. A coloro che credono che la nonviolenza nella sua lotta contro la violenza sia per forza condannata alla sconfitta, queste centinaia di esempi storici dimostrano che la verita' e' un'altra: la nonviolenza molte volte ha sconfitto la violenza.
E un ultimo esempio vorrei fare: l'esempio dell'esperienza del movimento di liberazione delle donne, che senza armi e senza violenza ha realizzato forse il cambiamento piu' importante di tutta la storia dell'umanita': ha ottenuto il riconoscimento della piena dignita' di persona umana delle donne a pari titolo con gli uomini: oggi per noi questa e' una cosa ovvia, la nostra legge fondamentale lo dice con chiarezza. Ma non si dimentichi che in Italia fino alla Liberazione le donne non avevano mai avuto il diritto di voto. Ebbene, la lotta delle donne, che tuttora prosegue, e' il piu' fulgido esempio di una lotta per la conquista dei diritti umani per tutti condotta senza armi e senza violenza. E in molte parti del mondo gia' vittoriosa.
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E veniamo adesso alla formazione delle forze dell'ordine
Consideri con me questi semplici fatti e vedra' con me che gia' oggi la nonviolenza ha una parte importante, anche se non riconosciuta perche' non dichiarata, nella formazione e nell'addestramento delle forze dell'ordine.
Gia' nei vostri studi odierni molti elementi di nonviolenza sono impliciti:
a) perche' lo richiede la Costituzione della Repubblica Italiana, che e' il fondamento del nostro ordinamento giuridico: si potrebbero citare tanti articoli, praticamente pressoche' tutti quelli dall'1 al 54; qui cito ad esempio soltanto gli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 8, 10, 11, da 3 a 51, 53 e 54 (ed anche l'art. 52, cosi' come viene letto oggi alla luce delle recenti disposizioni normative che chiariscono che la patria si difende anche - e meglio, aggiungiamo noi - senza armi): sono articoli della Costituzione che configurano altresi' una vera e propria carta programmatica della nonviolenza; sono articoli della Costituzione alla quale tutti i rappresentanti pubblici, tutte le autorita' pubbliche, tutti i pubblici dipendenti, devono essere fedeli.
b) perche' lo richiede il sentire morale: chi sceglie di impegnarsi in difesa della legalita', della civile convivenza, della democrazia, a tutela dell'incolumita', della sicurezza, dei diritti e della dignita' di tutti, ha fatto anche una scelta morale (di cui deve essere consapevole e che deve altresi' approfondire con gli studi e la riflessione); ha fatto la scelta di difendere l'umanita' nelle concrete persone che incontra nel territorio in cui vive; ha fatto la scelta dell'impegno responsabile per garantire benessere e rispetto a tutti gli esseri umani che nel territorio in cui opera si trovino.
c) perche' lo prevedono anche i manuali che gia' oggi si utilizzano nelle scuole di polizia. Io ho avuto l'occasione di leggerne alcuni, faccio un solo esempio: quello del testo stampato dal Ministero dell'Interno per l'educazione civica: cito il libro di Guglielmo Strata, Corrado Giove, Doriano Ricciutelli, Educazione civica, Torino 1986, sesta edizione 1991: e' un manuale pubblicato dal "Ministero dell'Interno, Dipartimento della P. S., Direzione Centrale per gli Istituti di Istruzione" (come recita in bella evidenza la copertina) in cui le idee della nonviolenza sono fortemente presenti; e' un manuale su cui hanno studiato tante persone che al termine del corso sono entrate a lavorare nella Polizia di Stato.
Come si vede, gia' oggi la nonviolenza e' una richiesta invocata per cosi' dire in re ipsa dal quadro legislativo, dal fondamento etico, e dal curriculum studiorum cui si informano, e su cui si formano, gli appartenenti alle forze dell'ordine italiane.
E' bene che questo richiesta invocata, questa esigenza implicita, questo vero e proprio appello alla nonviolenza nella formazione delle forze dell'ordine si espliciti, si statuisca, divenga impegnativo ed efficace per tutti. A questo serve la legge che noi auspichiamo.
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Le molte dimensioni della nonviolenza, ed occorre studiarle
Sulla nonviolenza come insieme di valori teoretici, morali e civili, di proposte ontologiche, logiche ed assiologiche, esiste una letteratura scientifica cospicua in forma di trattatistica sistematica.
Esiste anche una poderosa letteratura di testimonianza, di riflessione teorica ed esistenziale, di ricognizione storiografica.
Esiste anche una teoria e prassi di ricerca, di educazione e di formazione, che ha coinvolto i nomi piu' illustri della riflessione etica, giuridica, psicologica, pedagogica, terapeutica, politologica e sociologica contemporanea.
Esiste altresi' una importante pubblicistica programmatica e progettuale.
Ed infine esiste ormai anche una rimarchevole, ed in taluni casi eccellente, manualistica sulle tecniche e le strategie della nonviolenza.
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Alcune letture fondamentali
- Sul piano della riflessione etica si pensi ai contributi ad esempio di Ernesto Balducci, Norberto Bobbio, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Lorenzo Milani, Jean Marie Muller, Giuliano Pontara; ma anche di Gustavo Gutierrez, di Hans Jonas, di Primo Levi, di Emmanuel Levinas, di Franca Ongaro Basaglia, di Vandana Shiva, di Simone Weil, di Virginia Woolf. E si potrebbero aggiungere molti, molti altri nomi.
- Per quanto concerne l'educazione e la formazione si pensi ad esempio al grande lavoro di Angela Dogliotti Marasso, di Lamberto Borghi, di Antonino Drago, di Paulo Freire, di Johan Galtung, di Grazia Honegger Fresco, di Alberto L'Abate, di Mario Lodi, di Giuliana Martirani, di Maria Montessori, di Daniele Novara, di Pat Patfoort, di Enrico Peyretti, di Giovanni Salio, di Valentino Salvoldi, di Giovanni Scotto, di Gene Sharp, di Francesco Tonucci. E ancora si potrebbero aggiungere molti, molti altri nomi.
- E vi sono manuali eccellenti sulle tecniche e le strategie della nonviolenza: si vedano ad esempio le opere di Capitini, L'Abate e Sharp citate nella bibliografia inclusa nella nostra "prima bozza" della proposta di legge diffusa il 17 agosto. Manuali che potrebbero essere utilizzati tout court in tutte le scuole di polizia.
Di alcuni di questi autori, di alcuni di questi testi, sia interventi e presentazioni, sia sintesi e stralci, pubblichiamo con una certa costanza nel nostro notiziario quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" cui mi permetto di rinviare per non appesantire ulteriormente questa lettera forse gia' troppo ampia.
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La legalita' e la democrazia: sono valori fondamentali che con la nonviolenza si difendono efficacemente, mentre con la violenza vengono distrutti
Vede, caro Baiocchi, a me sta molto a cuore la legalita', perche' dove non c'e' il diritto c'e' l'arbitrio, la violenza, la barbarie, il "bellum omnium contra omnes" (la guerra di tutti contro tutti).
Ed a me stanno molto a cuore le istituzioni della democrazia, che di essa democrazia sono per cosi' dire la struttura portante; e mi stanno cosi' a cuore perche' so, come diceva all'incirca Winston Churchill, che la democrazia e' una forma di governo che ha tantissimi difetti, ma tutte le altre forme di governo fin qui sperimentate dall'umanita' sono peggiori.
Cosicche' lei vede che su questo punto fondamentale le nostre opinioni dovrebbero essere unanimi.
Io aggiungo che la difesa della legalita', della democrazia, della pubblica sicurezza, dell'incolumita' e dei diritti di tutte le persone, questa difesa che e' la funzione specifica che la legislazione italiana attribuisce alle forze dell'ordine (ma che e' anche un dovere di tutti i cittadini), si garantisce meglio con un personale piu' preparato, piu' adeguato, piu' attrezzato, piu' saldo, piu' consapevole: ed a tal fine la formazione e l'addestramento alla conoscenza e all'uso della nonviolenza offrono un contributo che ritengo semplicemente fondamentale e assolutamente indispensabile.
In uno stato di diritto le persone singole ed associate rinunciano all'esercizio della violenza delegando allo stato il monopolio di essa, come sa chiunque abbia studiato giurisprudenza o sociologia. Proprio per questo e' ancor piu' necessario che lo stato non abusi di questa prerogativa; proprio per questo chi concretamente detiene il monopolio della violenza legittima deve conoscere tutte le forme di intervento che consentano di evitare l'uso della violenza. Poiche' la violenza e' sempre distruttiva, e' sempre produttrice di dolore, e' sempre lesione contro concreti esseri umani. Conoscere la nonviolenza per le forze dell'ordine e' un dovere ed una necessita', uno strumento prezioso per la riflessione e per l'azione.
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In guisa di commiato, sperando di sentirci di nuovo presto
Caro Baiocchi,
mi perdoni se nel risponderle sono stato eccessivamente facondo, o tedioso, ma ho attribuito alla sua lettera l'importanza che mi pare essa meriti, ed ho voluto cogliere il ragionamento e l'interlocuzione da lei proposti per valorizzarli per quanto mi era possibile.
Augurandole ogni bene, voglia gradire i miei piu' cordiali saluti.
4. UN UOMO LIBERO
Per Libero Grassi, dieci anni dopo
Si chiamava Libero,
e lo era davvero.
Per questo lo uccisero, per questo
non morira' mai la sua memoria.
5. VERSO LA PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA
Crescono, sia nelle istituzioni che nella societa' civile, l'attenzione e le adesioni alla proposta di legge che prevede per tutto il personale delle forze dell'ordine la formazione e l'addestramento alla conoscenza e all'uso dei valori, le tecniche e le strategie della nonviolenza.
Entro settembre avverra' il deposito della proposta di legge, ed in quell'occasione si terra' una conferenza stampa alla quale prenderanno parte i senatori e i deputati presentatori (la raccolta delle sottoscrizioni e' ancora in corso, il punto di riferimento in Parlamento e' il senatore Achille Occhetto che per primo ha espresso il suo impegno), ed illusti personalita' della nonviolenza: hanno gia' dato la loro disponibilita' a partecipare figure prestigiose come Lanfranco Mencaroni (dell'Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini), Nanni Salio (dell'IPRI e del Centro Domenico Sereno Regis), Mao Valpiana (direttore di "Azione Nonviolenta"), e siamo in attesa di alcune altre conferme.
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)
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Numero 189 del 5 maggio 2013
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