Telegrammi. 715
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- Date: Fri, 21 Oct 2011 00:32:46 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 715 del 21 ottobre 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Sei tesi e due postille
2. Un appello del Movimento Nonviolento, di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele
3. Sergio Bergami: Un pellegrinaggio
4. Elena Buccoliero: Un'amara sorpresa
5. Franco Cambi: Riflessioni minime sulla guerra e la pace
6. Stefano Lucarelli: Lo spreco
7. Adriana Perrotta Rabissi: Il potere ipnotico della guerra
8. Rita Petti: Per costruire un futuro umano
9. Il 20 ottobre si e' svolto a Viterbo un incontro su "Scegliere la nonviolenza. Opporsi alla guerra"
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: SEI TESI E DUE POSTILLE
I. Chi non riesce a vedere il massacro in corso provocato dalla guerra e dal razzismo, e da esso distoglie l'attenzione, del massacro e' complice.
II. Occorre uscire dalla subalternita': chiunque si fa dettare l'agenda politica dai mass-media della societa' dello spettacolo, ovvero dagli apparati ideologici dei poteri dominanti, riprodurra' all'infinito il circuito perverso che impedisce la fuoriuscita dal disordine costituito.
III. Se non si difendono i diritti umani di tutti gli esseri umani, e innanzitutto degli esseri umani che subiscono le piu' gravi violenze -la guerra onnicida, la persecuzione razzista, il maschilismo schiavista e femminicida, la rapina economica che provoca desertificazione e morte per fame -, di quale politica e di quale giure si va cianciando?
IV. La biosfera ha dei limiti. Il meccanismo di base del modo di produzione capitalistico cozza contro di essi. La giustizia sociale, e quindi la concreta difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, e quindi la prosecuzione della civilta' umana, si puo' realizzare soltanto con la scelta di una gestione socializzata della struttura e della sovrastruttura, della sfera della produzione e della riproduzione sociale, gestione socializzata che implichera' non solo una drastica redistribuzione delle ricchezze a beneficio della stragrande maggioranza dell'umanita' oggi esclusa dall'accesso finanche ai beni primari, ma anche una rigorosa difesa della natura vivente, e quindi una decisa rinuncia al consumismo onninquinante ed onnidistruttivo.
V. Ogni persona pensante sa che la lotta di liberazione delle oppresse e degli oppressi o sara' nonviolenta o non sara'.
VI. E quando diciamo che la lotta di liberazione dell'umanita' non potra' che essere nonviolenta intendiamo altresi' dire che essa deve essere femminista, ecologista, socialista e libertaria. Per un'umanita' di persone tutte diverse, e tutte eguali in diritti; un'umanita' fraterna e sororale; un'umanita' che rispetti e si prenda cura dell'unica casa comune che abbiamo, e quindi di tutto il vivente.
*
Postilla prima. Gli insipienti e gli irresponsabili che dicono che la scelta tra violenza e nonviolenza e' questione astratta evidentemente non hanno mai subito violenza, quindi evidentemente sono sempre stati nel campo del privilegio, che e' il campo degli oppressori. Nulla e' piu' atrocemente concreto della violenza. Nulla e' piu' necessario della nonviolenza.
Postilla seconda. E ad uso di tante persone ipnotizzate dai demagoghi di turno vorrei tornare a dire anche questa ovvieta': che la nonviolenza non e' il mero non esercitare la violenza; poiche' il contrario della violenza e' semplicemente la civilta', la dignita', il retto intendere e il responsabile condursi, il civile convivere: ovvero il normale dovere di ogni persona decente. La nonviolenza e' qualcosa di piu': e' la lotta contro la violenza. Chi non coglie questo, non sa di cosa parla.
2. INIZIATIVE. UN APPELLO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, DI PEACELINK E DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO PER IL 4 NOVEMBRE: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE
[Riproponiamo il seguente appello]
Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".
Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.
Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
*
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
*
A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
*
Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Peacelink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
Centro di ricerca per la pace di Viterbo
per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. SERGIO BERGAMI: UN PELLEGRINAGGIO
[Ringraziamo Sergio Bergami (per contatti: serberg at libero.it) per questo intervento.
Sergio Bergami e' presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione (Mir). Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente scheda: "Presidente del Mir e' attualmente Sergio Bergami, nato a Padova nel 1955. Laureato in filosofia vive ed insegna nella sua citta' natale. Obiettore di coscienza nel 1978 svolge il servizio civile tra il 1979 e il 1981 nel Movimento Internazionale della Riconciliazione (Mir). Terminato il servizio civile continua la militanza come responsabile della sede di Padova del Mir dal 1984. Tra i promotori del Comitato Italiano del Decennio per l'educazione alla nonviolenza ed alla pace per i bambini del mondo (2001-2010) continua a seguirne le attivita'. Ha curato assieme ad altri le pubblicazioni del Comitato italiano ed in particolare l'edizione italiana del Programma per l'educazione alla nonviolenza ed alla pace. Collabora con la Regione Veneto per le iniziative di formazione degli obiettori di coscienza prima e dei volontari in servizio civile poi e dei responsabili degli Enti di Servizio Civile. Relatore a svariati corsi di formazione per obiettori di coscienza organizzati dalla Regione Veneto, dal Comune di Padova, dal Comune di Venezia, dal Comune di Vicenza, da altri enti (Caritas, ecc.) Relatore a corsi di formazione per responsabili di Enti. Ha collaborato presso il Ministero dell'Istruzione, Universita' e Ricerca alla stesura delle Linee guida sull'Educazione alla Pace"]
Basta fare una breve ricognizione fino al monumento ai caduti della propria citta': c'e' in ogni citta' ed in ogni piu' piccolo paese d'Italia. Contare e confrontare il numero dei morti della prima e della seconda guerra mondiale e delle guerre ad essa collegate (guerra di Spagna, guerra partigiana) E' impressionante il numero dei morti della prima grande guerra mondiale. Gia' solo questo dato numerico deve farci riflettere su quanto vere furono le parole del papa di allora che parlo' di "inutile strage".
Nella regione dove vivo le tracce della Grande Guerra sono numerose perche' molto parte di essa si combatte' qui sulle montagne del Veneto e lungo il Piave. Visitiamo gli ossari, specie quelli dei nostri nemici di allora: austriaci e tedeschi che allora erano definiti barbari (basta vedere le scritte ancora presenti sul Montello) e con i quali oggi invece condividiamo molto a partire dalla stessa moneta. Ecco, questo vero, doloroso pellegrinaggio che ci puo' far conoscere i nomi e soprattutto le eta' di tanti giovani morti sui vent'anni, ci puo' aiutare a ripudiare le guerre che l'Italia di oggi sta facendo contro i musulmani. Potremo scoprire tra breve che anche con loro (i terribili "infedeli") condividiamo in realta' molto.
4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ELENA BUCCOLIERO: UN'AMARA SORPRESA
[Ringraziamo Elena Buccoliero (per contatti: elena.buccoliero at fastwebnet.it) per questo intervento.
Elena Buccoliero e' nata nel 1970 a Ferrara, dove tutt'ora vive. Si e' avvicinata alla nonviolenza e al Movimento Nonviolento nell'incontro con Daniele Lugli, Mao Valpiana e successivamente altri amici conosciuti nel Movimento. Da oltre dieci anni fa parte del Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento. Collabora ad "Azione Nonviolenta", la rivista fondata da Aldo Capitini subito a ridosso della prima Marcia. A Ferrara per sette anni, insieme a Daniele Lugli e ad altri amici, ha animato le iniziative della Scuola della Nonviolenza che ha riunito nel tempo centinaia di persone interessate. Da sempre lavora in ambito educativo. Attualmente divide il suo tempo tra l'Ufficio del Difensore civico della Regione Emilia-Romagna, dove si occupa di comunicazione, ricerca, tutela dei minori, e il Tribunale per i Minorenni di Bologna dove e' giudice onorario dal 2008. Si occupa in particolare di bullismo e violenza nella scuola. Su questo tema ha contribuito a realizzare strumenti didattici, ricerche, audiovisivi e percorsi formativi, a disposizione di insegnanti, studenti, genitori, operatori. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 365]
Qualche anno fa alcuni docenti di un liceo mi hanno proposto di partecipare ad una gita scolastica come conduttrice di laboratori con gli studenti. Lo scopo della scuola era proporre una gita che fosse un po' momento di socializzazione - ci trovavamo in montagna, in novembre, in mezzo alla neve, e per mezza giornata gli studenti potevano fare sci di fondo, ciaspole, slittino ed altro... - e un po' sperimentazione consapevole della classe come gruppo.
A noi adulti spettava proporre un metodo di lavoro e un tema. La scelta cadde da una parte sul laboratorio di narrazione, dall'altra sugli eventi della prima guerra mondiale - le trincee passavano non lontano da li'.
Avevo ripassato per loro gli eventi di quella guerra preparando delle schede di lavoro sugli aspetti essenziali, per dare un contesto nel quale inserire personaggi ed eventi fantastici, e avevo avuto cura di inserire il tema della diserzione, come obiezione ad uccidere o anche come rifiuto di morire. L'ordine dato di uccidere i propri compagni, qualora questi voltassero le spalle al nemico per cercare di scappare, doveva essere inaccettabile per dei sedicenni uniti da un vincolo di cameratismo affettuoso, e anche l'obbligatorieta' dell'arruolamento ero sicura scatenasse l'insofferenza tipica della loro generazione verso tutto cio' che e' obbligatorio.
Con amara sorpresa mi sono dovuta accorgere di quanto la realta' fosse lontana dalle mie previsioni: i ragazzi erano affascinati dalla guerra.
Questi simpatici giuggioloni che trovavano faticoso stare seduti troppo a lungo in una saletta riscaldata e confortevole - o in piedi camminando nella neve, o in qualsiasi condizione -, ascoltando storie di guerra e immaginandosi in quel contesto provavano un brivido di piacere. Un po' come se dicessero: "Ecco, quella generazione aveva qualcosa di importante per cui lottare, aveva un motivo per investire la propria vita ed eventualmente anche per perderla. La nostra non ha spina dorsale".
E in me il disagio di essere una tra i tanti adulti di cosi' poca capacita' nell'indicare alternative appassionanti.
Anche per me il dispiacere di riscontrare come pur tra notizie di storia l'idea della guerra restasse di carta, una carta assorbente che non fa passare il dolore.
5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FRANCO CAMBI: RIFLESSIONI MINIME SULLA GUERRA E LA PACE
[Ringraziamo Franco Cambi (per contatti: cambi at unifi.it) per questo intervento.
Franco Cambi, illustre pedagogista, e' professore ordinario di pedagogia generale all'Universita' di Firenze. Dal sito del Dipartimento di scienze dell'educazione e dei processi culturali e formativi dell'Universita' di Firenze riprendiamo la seguente scheda (aggiornata al 2007): "Franco Cambi, professore ordinario di pedagogia generale, direttore del Dipartimento di Scienze dell'educazione (poi anche dei Processi culturali e formativi) dal 1994 al 2000 e dal 2003 al 2006. Presidente dell'Irre-Toscana dal 2002 al 2005, poi Commissario straordinario e rieletto presidente nel 2006. Dirige la rivista "Studi sulla formazione" e collane di studi pedagogici presso Armando, Carocci, Clueb, Unicopli. I suoi campi d'indagine sono stati articolati su molti fronti e ha all'attivo la pubblicazione di circa sessanta volumi, piu' numerosissimi articoli. Sul fronte della pedagogia generale si e' impegnato in una difesa e promozione della filosofia dell'educazione, quale disciplina 'fondante' del pedagogico - si veda Manuale di filosofia dell'educazione, 2000, presso Laterza; come pure ha coltivato un'analisi-di-struttura del discorso pedagogico (Il congegno del discorso pedagogico - Clueb, 1986 - e Metateoria pedagogica - Clueb, 2006) sottolineandone la complessita', categoria alla quale ha dedicato diversi interventi; inoltre ha mantenuto costante uno studio dei classici contemporanei - Gentile, Dewey, il "marxismo pedagogico", il neopragmatismo - e un'analisi di alcune categorie del pedagogico (la formazione, la differenza, l'intenzionalita'), nonche', via via, una sempre maggiore attenzione ai problemi del soggetto e della sua formazione personale (vedi L'autobiografia come metodo formativo - Laterza, 2002 e Abitare il disincanto - Utet, 2006). Sul fronte storico-pedagogico, dopo studi su La pedagogia borghese nell'Italia moderna 1915-1970 (La Nuova Italia, 1974), su Antifascismo e pedagogia (Vallecchi, 1980), su La 'scuola di Firenze' da Codignola a Laporta (Liguori, 1982), si e' impegnato nella ricostruzione della storiografia pedagogica in Italia, dopo il 1945, e nella stesura di una Storia della pedagogia (Laterza, 1995) oltre che di molti saggi su vari autori e argomenti. Ha coltivato anche la letteratura per l'infanzia e gli studi filosofici. Gli studi della prima sono rivolti ai classici (a cominciare da Collodi), ai classici contemporanei (Rodari) e alla fiaba, analizzata sotto vari aspetti. Gli studi filosofici sono stati relativi al razionalismo critico (di Banfi e della sua scuola), all'empirismo critico di Preti e a figure e modelli del neostoricismo". Precedentemente, dal sito della Facolta' di scienze della formazione dell'Universita' di Firenze avevamo gia' ripreso la seguente scheda che anch'essa riproponiamo: "Dal 1987 Franco Cambi e' professore ordinario di Pedagogia generale; ha svolto il suo insegnamento presso gli Atenei di Lecce, di Siena e di Firenze. La sua formazione scientifica si e' compiuta a Firenze sotto la guida di Giulio Preti, per la filosofia, e di Lamberto Borghi, per la pedagogia (con quest'ultimo si e' laureato con una tesi sull'evoluzione del "discorso pedagogico" in Italia dal Risorgimento agli anni Sessanta del XX secolo), cosi' come quella didattica, lavorando sia alla Facolta' di Lettere sia a quella di Magistero. E' stato ed e' tuttora direttore del Dipartimento di scienze dell'educazione e dei processi culturali e formativi dell'Ateneo fiorentino ed e' tuttora coordinatore del Dottorato in "Metodologie della ricerca pedagogica. Teoria e storia". Dal 1997 e' membro del Consiglio Direttivo dell'Irrsae-Toscana e attualmente e' presidente dell'Irre-Toscana. Da piu' di dieci anni fa parte del consiglio direttivo del Cirse; inoltre dirige l'Unelg-Toscana. Ha svolto ricerche a livello nazionale finanziate a piu' riprese dal Mpi, poi dal Murst; ha diretto una ricerca - per conto della Regione Toscana - su "La Toscana e l'educazione dal Settecento ad oggi", con altri colleghi, su "L'educazione professionale in Toscana"; ha coordinato una ricerca, finanziata dal Murst, su "Neopragmatismo americano e teoria pedagogica", e ne coordina un'altra, sempre finanziata dal Miur, su "Intenzionalita' e ricerca educativa: tra teoria pedagogica e pratica formativa". Dal 1998 dirige la rivista semestrale "Studi sulla formazione". E' direttore scientifico dell'Archivio della pedagogia italiana del Novecento. Inoltre, dirige diverse collane editoriali: presso Le Lettere, La Nuova Italia, Carocci, Unicopli, ed altre case editrici. Dal punto di vista scientifico i suoi ambiti di ricerca sono stati i seguenti, svolti in contemporanea e tuttora in corso: studio di modelli teorici della pedagogia e loro tipologia attuale; epistemologia pedagogica contemporanea; storia della pedagogia italiana, europea, occidentale; problemi emergenti di pedagogia sociale; storia dell'educazione, delle istituzioni educative e storia dell'infanzia; metodologia della ricerca storico-educativa; letteratura dell'infanzia; storia della filosofia contemporanea in Italia; aspetti della teoreticita' filosofica attuale. Tra le opere di Franco Cambi pubblicate in volume: La pedagogia borghese nell'Italia moderna, Firenze, La Nuova Italia, 1974; La ricerca in pedagogia, Firenze, Le Monnier, 1976; Metodo e storia. Biografia filosofica di G. Preti, Firenze, Grafistampa, 1978; Antifascismo e pedagogia 1930-1945, Firenze, Vallecchi, 1980; La "scuola di Firenze" da Codignola a Laporta, Napoli, Liguori, 1982; Razionalismo e praxis a Milano, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1983; Collodi, De Amicis, Rodari, Bari, Dedalo, 1985; Il congegno del discorso pedagogico, Bologna, Clueb, 1986; La sfida della differenza, Bologna, Clueb, 1987; Storia dell'infanzia nell'Italia liberale, (con S. Ulivieri), Firenze, La Nuova Italia, 1988; L'educazione tra ragione e ideologia, Milano, Mursia, 1989; L'infanzia nella societa' moderna, (con L. Trisciuzzi), Roma, Editori Riuniti, 1989; Infanzia e violenza, (con S. Ulivieri), Firenze, La Nuova Italia, 1990; Rodari pedagogista, Roma, Editori Riuniti, 1990; La ricerca storico-educativa in Italia, Milano, Mursia, 1992; I silenzi dell'educazione, (a cura, con S. Ulivieri), Firenze, La Nuova Italia, 1994; Tra scienza e storia, Milano, Unicopli, 1994; La formazione. Studi di pedagogia critica, (a cura con E. Frauenfelder), Milano, Unicopli, 1994; Liberta' da... L'eredita' del marxismo pedagogico, Firenze, La Nuova Italia, 1994; Storia della pedagogia, Bari, Laterza, 1995; Vito Fazio Allmayer: dall'attualismo allo storicismo critico, Palermo, Fondazione Fazio Allmayer, 1996; Il bambino e la lettura, (con G. Cives), Pisa, Ets, 1996; Mente e affetti nell'educazione contemporanea, Roma, Armando, 1996; I saperi dell'educazione, (a cura, con P. Orefice, D. Ragazzini), Firenze, La Nuova Italia, 1996; Fondamenti teorici del processo formativo, (a cura, con P. Orefice), Napoli, Liguori, 1997; Il processo formativo tra storia e prassi, (a cura, con P. Orefice), Napoli, Liguori, 1997; Nel conflitto delle emozioni, (a cura di), Roma, Armando, 1997; Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, Roma, Armando, 1998; La Toscana e l'educazione, (a cura di), Firenze, Le Lettere, 1998; Itinerari nella fiaba, (a cura di), Pisa, Ets, 1999; Manuale di filosofia dell'educazione, Bari, Laterza, 2000; Erasmo da Rotterdam, Le buone maniere dei ragazzi, Roma, Armando, 2000; L'arcipelago dei saperi, (a cura di), Firenze, Le Monnier, 2000 e 2001 (6 voll.); Pedagogia generale (con E. Colicchi, M. Muzi, G. Spadafora), Firenze, La Nuova Italia, 2001; La questione del soggetto tra filosofia e scienze umane, (a cura di), Firenze, Le Monnier, 2001; Mostri e paure nella letteratura per l'infanzia di ieri e di oggi, (a cura di), Firenze, Le Monnier, 2001; Intercultura: fondamenti pedagogici, Roma, Carocci, 2001; (a cura di), La progettazione curricolare nella scuola contemporanea, Roma, Carocci, 2001; L'autobiografia come metodo formativo, Roma-Bari, Laterza, 2002; Formare alla complessita', (con M. Callari Galli e M. Ceruti), Roma, Carocci, 2003; Saperi e competenze, Roma-Bari, Laterza, 2004. Lavori in preparazione: Lo storicismo critico. Modelli e figure; Cultura e pedagogia nell'Italia liberale. Dal positivismo al nazionalismo; Capire la politica". Tra i libri e le riedizioni recenti: con Firrao Francesco P.; Rossi Gaetana, Discontinuita' storiche. Dal Medioevo al Novecento, Armando, 2004; Manuale di filosofia dell'educazione, Laterza, 2005; con Piscitelli Maria, Complessita' e narrazione. Paradigmi di trasversalita' nell'insegnamento, Armando, 2005; L'autobiografia come metodo formativo, Laterza, 2005; Le pedagogie del Novecento, Laterza, 2006; con Rossi Gaetana, Paesaggi della fiaba. Luoghi, scenari, percorsi, Armando, 2006; Metateoria pedagogica. Struttura, funzione, modelli, Clueb, 2006; Incontro e dialogo. Prospettive della pedagogia interculturale, Carocci, 2006; con Tamburini Fabio, Educazione e musica in Toscana, Armando, 2006; con Toschi Luca, La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, Apogeo, 2006; Abitare il disincanto. Una pedagogia per il postmoderno, Utet, 2006; con Gattini Franca, La scienza nella scuola e nel museo, Armando, 2007; con Bugliani Adriano, Mariani Alessandro, Ortega Y Gasset e la "Bildung", Unicopli, 2007; con Staccioli Gianfranco, Il gioco in Occidente. Storia, teorie, pratiche, Armando, 2007; con Barsantini Leonardo, Polverini Daniele, Formare alla scienza nella scuola secondaria di secondo grado, Armando, 2007; Pensiero e tempo. Ricerche sullo storicismo critico: figure, modelli, attualita', Firenze University Press, 2008; Odissea scuola. Un cammino ancora incompiuto, Loffredo, 2008; Introduzione alla filosofia dell'educazione, Laterza, 2008; con Landi Sandra, Rossi Gaetana, L'immagine della societa' nella fiaba, Armando, 2008; con Dell'Orfanello M. Grazia, Landi Stefano, Il disagio giovanile nella scuola del terzo millennio, Armando, 2008; Manuale di storia della pedagogia, Laterza, 2009; con Landi Sandra, Rossi Gaetana, La magia nella fiaba. Itinerari e riflessioni, Armando, 2010; con Certini Rossella, Nesta Romina, Dimensioni della pedagogia sociale, Carocci, 2010; La cura di se' come processo formativo, Laterza 2010; Cultura e pedagogia nell'Italia liberale (1860-1921). Dal positivismo al nazionalismo, Unicopli, 2010]
1. L'aggressivita' e' un dato biologico. Ma la nostra specie ha in toto trascritto e rielaborato e oltrepassato il biologico. Vive ormai nel simbolico e nella comunicazione. Perche' non ha oltrepassato la bruta aggressivita'? Anzi, l'ha resa intraspecifica e all'ultimo sangue, uscendo dalle pratiche animali? Forse proprio la simbolizzazione della guerra e della lotta ha incorporato la guerra stessa come necessita' e perfino come valore. Tale processo va studiato e de-legittimato e reinventato.
2. L'appello di Benedetto XV contro l'"inutile strage", ripreso poi dai papi successivi, e' stato un preciso incipit: va costantemente rilanciato come obiettivo pedagogico collettivo e frontiera della coscienza individuale. Con pratiche e teoriche e operative. Che oggi conosciamo e possiamo/dobbiamo applicare. Tipo "dialogo", tipo "risoluzione dei conflitti" etc. Valide a livello di vissuto e di politica.
3. Ripensiamo alle guerre, di ieri e di oggi, come tragedie e come barbarie. Illuminiamone le efferatezze e i dolori, le perdite di vite e di beni: de-legittimandole, denunciandone le atrocita', i lutti, le ingiustizie e le scie orrende che lasciano dietro di loro. Ripensiamo anche, e collettivamente, la Grande Guerra (1914-'18) come strage e inutile, come puro delirio europeo montato dagli imperialismi, dentro un'Europa che fasificava se stessa: non come unita' vissuta nell'idea di cultura greco-cristiano-borghese e nella comunione spirituale, bensi' come conflitto di etnie, classi, interessi che, invece di confrontarsi, si combattevano all'ultimo sangue. Ripensare la Grande Guerra puo' essere un vero buon esercizio per la pace.
6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. STEFANO LUCARELLI: LO SPRECO
[Ringraziamo Stefano Lucarelli (per contatti: latramadeigesti at libero.it) per questa intervista.
Stefano Lucarelli, narratore di teatro civile, nasce a Roma nel 1963 e inizia la sua attivita' artistica disegnando fumetti in seguito pubblicati nel 1982 sull'inserto Satyricon de "la Repubblica" e sul "Mago". Prosegue collaborando con "Orient Express", "Il Messaggero", e l'"Avvenire". Approfondisce la scrittura per immagini misurandosi con lo studio del linguaggio cinematografico presso il Laboratorio Cinema '91 di Roma realizzando tre cortometraggi e infine nel 1993 allestisce il suo primo lavoro teatrale in forma di monologo. In seguito aderisce stilisticamente e artisticamente con convinzione al teatro civico o "civile", "perche' col tempo le ragioni etiche di un teatro destinato a sensibilizzare, a chiedere attenzione, ad accogliere la poetica spesso soffocata del vivere, hanno preso il sopravvento e direzionato i testi alla ricerca di una linea, una traccia quasi, che potesse allargarsi in una trama dove i gesti tornassero protagonisti di un senso". "Credo che nella formula del teatro racconto o teatro civile si trovi tutto il fascino e l'avventura che la parola racchiude quando esce dal contesto dell'attore che recita ed entra in quello dell' autore che parla... Storie che, tra immagini e testimonianze, segnano la presenza di un respiro che il narratore puo' liberare dagli abiti dell'interpretazione. E allora quella voce, sola e cauta, che tiene il silenzio innalzandolo a suono, si mostra in scena sperimentando un percorso trasparente. E cosi' inizia un viaggio che e' un andare, un tornare e un ripartire come per cercare non piu' il centro dell'anima ma il suo perimetro. Col tempo mi e' venuto anche congeniale lavorare in luoghi diversi dal palcoscenico cercando quell'altrove dove il teatro sa proporsi addosso, comunicando a pelle, in modo tattile, tra vicoli, borghi, piazze, cantine e case per concedere a chi ci capita una serata per sentire 'due chiacchiere con un tale che e' arrivato da queste parti', cosi': seduti, appoggiati o appena indaffarati, con un solo faro a disegnare un cerchio chiaro". Sito: http://picasaweb.google.com/latramadeigesti]
Penso al freddo. Penso alla paura. Al canto sommesso che l'accompagna. al compagno in trincea che ha lasciato la casa senza sapere se ritornera'. Penso ad un ordine. Improrogabile. Poi penso allo schianto. Il silenzio successivo. Una parte di te che si e' separata. All'invocazione alla mamma prima di morire.
Altrimenti il niente. Solo e soltanto il niente. E allora penso allo spreco.
La grande guerra, cosi' come fu chiamata e poi ne e' arrivata un'altra non meno grande e non meno distruttiva, e' stata l'apoteosi dello spreco.
Uno spreco in bianco e nero che ce lo fa pensare lontano.
Fino agli anni '50 in Italia e per buona parte in Europa la guerra e' sempre stata presente: in ogni famiglia c'era un reduce di qualcosa o un figlio perso sui fronti, sostenuta da tutta una retorica anche canzonettistica del fronte. E' stata fatta oggetto di meraviglia, di adrenalinico cameratismo, ma non rimaneva che lo spreco. Un fare la guerra che metteva in campo tanta carne quanta ce n'era da tritare.
La seconda guerra mondiale, poi, inaugura la pellicola a colori e l'attacco indiscriminato ai civili che ancora oggi e' in auge: di combattere con bombe e missili uomini e donne innocenti (se mai possono essere definiti colpevoli uomini costretti ad indossare una divisa), colpevoli di avere una etnia divera, una fede diversa, un dialetto diverso.
Resta la paura negli occhi. Resta il corpo esanime tra le braccia di una madre incredula. Resta per chi ha potuto una pieta'. Mentre a loro, a tutte le madri che non hanno potuto avere il conforto di un corpo restituito ad un ultimo abbraccio, dedico il mio piu' commosso pensiero.
7. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ADRIANA PERROTTA RABISSI: IL POTERE IPNOTICO DELLA GUERRA
[Ringraziamo Adriana Perrotta Rabissi (per contatti: adriana.perrotta at gmail.com) per questo intervento.
Adriana Perrotta ha insegnato Italiano e Storia nelle medie superiori, e' socia della Libera Universita' delle Donne di Milano, per la quale ha svolto attivita' di docenza; e' socia della Rete Nazionale Lilith (base dati di genere femminile). Ha svolto attivita' di ricerca, documentazione, organizzazione di seminari e convegni nel Centro di studi storici sul movimento di liberazione delle donne in Italia di Milano (ora Fondazione Badaracco), per il quale ha costruito, insieme a Beatrice Perucci, Linguaggiodonnna, il primo thesaurus di genere in limgua italiana. Si occupa di storia del femminismo italiano, di scritture a firma femminile e delle rappresentazioni culturali inscritte nella lingua italiana, con particolare attenzione agli stereotipi linguistici sessisti. Ha pubblicato saggi e articoli su riviste nazionali e internazionali sulla scrittura delle donne, sul femminismo e sul linguaggio sessista. Suoi articoli sono presenti in monografie dedicate a quesi argomenti. Attualmente e' redattrice della rivista on line "Overleft. Rivista di culture a sinistra". Cfr. anche una piu' ampia scheda biobibliografica in "Voci e volti della nonviolenza" n. 386]
L'occasione della riflessione e' costituita dai "festeggiamenti" del 4 novembre, ma purtroppo l'occasione per certi discorsi e' ormai quotidiana.
Non credo che la ricorrenza, con la sua vuota retorica e la pompa istituzionale, sia poi cosi' presente nei cuori e nelle menti delle persone, soprattutto dei giovani uomini e delle giovani donne, per non parlare dei ragazzi e delle ragazze.
Si e' senz'altro appannata la memoria di questa data, ma non a causa di un'evoluzione positiva dei valori e dei costumi, per cui, senza rinunciare al conflitto, anima della democrazia, si rinuncia alla guerra, in nome di altre forme di risoluzione, ma al contrario perche' la guerra e' ormai esperienza quotidiana, diretta o indiretta di tutti noi, abitanti di questi sciagurati tempi.
Dove poi la guerra guerreggiata non c'e', perche' la si esporta altrove, si "gioca alla guerra", a causa dell'interiorizzazione di immagini belliche come pratiche indispensabili per raddrizzare torti, porre fine a ingiustizie, rafforzare identita' pericolanti e ricompattare fratellanze in crisi, lusingare narcisismi, riconfermare nei rispettivi ruoli tradizionali e patriarcali uomini e donne.
Nulla infatti piu' della guerra rimette a posto il "disordine sociale" creatosi rispetto ai compiti e alle funzioni di genere, nulla quindi, in ultima istanza, risulta piu' rassicurante dinanzi ai veloci cambiamenti di mentalita', atteggiamenti, comportamenti e costumi.
Paradossalmente e' proprio questo il potere ipnotico della guerra su uomini e donne, non si spiega altrimenti la facilita' con la quale moltitudini di persone si lasciano manipolare dai propri governanti e condurre a guerre sanguinose, pur conoscendone i rischi e gli orrori.
Gli uomini - guerrieri - rischiano la vita per la difesa di valori, persone, beni, ideali civili e/o religiosi, riconquistando una centralita' e un'autorita' che sentono messa in crisi dai tentativi di sottrarsi alla permanente subordinazione sociale e culturale da parte delle donne; le donne in trepida attesa del ritorno dei loro "eroi", da curare nel fisico e nello spirito, trovano riparo in queste attivita' dalle fatiche di conquistare un'autonomia di pensiero e azione e dal senso di impotenza che spesso grava sulle spalle di chi intraprende questo percorso, esterno agli schemi di genere socialmente accettati.
Il destino femminile, interiorizzato nell'educazione di genere, ritorna a essere risorsa sociale, collettiva e individuale, fattore di esaltazione e riconoscimento sociali, altrimenti negati.
Purtroppo concorrono all'incantamento nei confronti della guerra anche le narrazioni costanti del nostro passato collettivo e individuale, che pongono l'accento soprattutto su eventi bellici, pur mostrandone gli orrori, ma presentandoli come ineliminabili, quasi fossero tratti di specie, oscurando il fatto che molti conflitti furono risolti attraverso mediazioni, dialoghi, scambio di pensieri e parole tra uomini, e anche donne.
Innamoramento per la guerra, dicevo, mi sembra sia proprio questa una delle molle che ha determinato i fatti occorsi durante la manifestazione del 15 ottobre a Roma, con la conseguenza che la violenza in piazza tende a emarginare ogni altra forma di risoluzione dei conflitti, criminalizzando proteste sociali - nelle varie forme in cui si esprimono, comprese le manifestazioni - collettive o individuali, organizzate o spontanee, e in questo giova sempre a chi detiene il potere in quel momento.
Non sono d'accordo con la semplicistica distinzione tra "buoni manifestanti" educati che non disturbano, e cattivi (anche se so benissimo che esistono provocatori, infiltrati, o anche semplici teste calde).
Ma non penso proprio che chi ha "giocato alla guerra" sabato abbia giovato al movimento di protesta che sta crescendo in tutto il mondo.
Io credo che una soluzione oggi sia proprio il confluire in "luoghi comuni" di tutti i frammenti di movimento mondiale, ciascuno con le proprie caratteristiche, tempi, modi... Confluire per me significa, oltre che indire manifestazioni unitarie e contemporanee in molti luoghi, mantenersi in relazione, contrastare l'ordine del discorso nazionale e internazionale in vista di nuove possibilita' di convivenza.
8. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. RITA PETTI: PER COSTRUIRE UN FUTURO UMANO
[Ringraziamo Rita Petti (per contatti: adele99 at interfree.it) per questo intervento.
Rita Petti e' nata a Siena. Diplomata presso l'Istituto d'Arte "Duccio di Boninsegna", laureata in Lettere con indirizzo artistico. Storica dell'Arte, catalogatrice professionale di beni culturali, pittrice e scultrice. Docente di Storia dell'Arte e Storia della Moda e del Costume. Conduce specifiche esperienze nel campo del disegno naturalistico e dell'illustrazione, della grafica e della decorazione d'ambiente, scultura e microfusione di metalli, recupero di antiche tecniche artistiche pittoriche e decorative anche con finalita' didattiche (video per la mostra di Duccio, Palazzo Squarcialupi, Siena 2003). Costumista, progettista e realizzatrice dei costumi di alcune comparse per il Corteo Storico del palio di Siena. Nel 2001 ha curato l'immagine grafica del progetto "Le Feste del Sole" (Euromed-Unesco). Autrice del drappellone per il palio di Siena del 2 luglio 2005. Redattrice di pubblicazioni, saggi e schede storico-artistiche. Ha partecipato con sue opere a progetti ed iniziative collettive. Ha curato personalmente l'allestimento e l'immagine di mostre ed esposizione temporanee. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private. Segretario provinciale con delega alla scuola secondaria di secondo grado e precariato nella Flc Cgil di Siena dal 2009 al 2011 quando e' subentrato l'impegno politico come segretario comunale Pd, consigliera comunale e presidente della Commissione consiliare Cultura e Scuola]
Ritualita' e regole desemantizzano il reale e ci assuefanno privandoci della dimensione umana. Strategie di rimozione che trovano nel numero e nella regola prassi di oggettivazione che ci fanno disconoscere il bene e accettare inquietanti ossimori quali guerra giusta, missili intelligenti, bersagli legittimi. L'etica umana non puo' essere pensata in termini economici e ricondotta al numero ne' al pragmatismo della legge. Il tentativo di rendere asettica la morte inferta o subita, la ritualita' con cui si normalizza il suo accadere presentano l'orrore della negazione della vita come inevitabile impedendo che, attraverso l'empatia, ne possiamo percepire l'orrore. Penso alla ritualita' e al protocollo che regolano l'esecuzione di una condanna a morte, una paradossale amplificazione della violenza nel tentativo di dissimularla e ingannare il naturale senso di colpa, giustificare la violenza e contribuire alla sua proliferazione.
La morte, violenta e procurata da un conflitto, mi e' sorta alla vista in modo inaspettato nella vita nonostante si fosse affacciata alla mia logica altre volte in precedenza. Avevo ventotto anni (e quindi e' stata una riflessone "tardiva") quando sono andata a Pocol per vedere la lapide che segnava la sepoltura di Eugenio Petti, mio zio, che, dalla Val di Chiana, era andato a morire, ventisettenne, contadino e giovane padre, nella guerra di trincea del primo conflitto mondiale, una delle prime inconsapevoli vittime, ferito a morte dopo pochi giorni di combattimento senza conoscere il perche', senza avere tempo di capire. Uno tra tanti, uno di tanti. Cento, mille, sono numeri cattivi che liquidano con una parola una lunga serie di addendi: uno piu' uno piu' uno, una vita piu' una vita... non piu' vita. Le vittime non si possono sommare, non si possono enumerare: la gravita' non si pesa con un'elencazione numerica. Il paradosso e' affermare: "fortunatamente solo uno!" quando uno e' il mondo.
Le nostre modalita' di vita rifuggono il dolore, la presa di coscienza del reale e tutto cio' che puo' indurre sofferenza, viviamo con falsi obiettivi in una realta' virtuale in cui riusciamo ad abitare fino a che non veniamo folgorati dalla forza dirompente del vero che ci puo' rendere vivi e consapevoli. Dovremmo renderci disponibili a incontrare il dolore, quello che fa crescere e che ci tocca nel profondo, che attraverso le viscere risale alla testa e ci fa capire.
Le vittime non sono solo ricordo, sono memoria, sono nel presente la vertigine dell'esistente, l'occasione di percepire e apprezzare la vita per costruire un futuro umano.
9. INCONTRI. IL 20 OTTOBRE SI E' SVOLTO A VITERBO UN INCONTRO SU "SCEGLIERE LA NONVIOLENZA. OPPORSI ALLA GUERRA"
Giovedi' 20 ottobre 2011 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un incontro di riflessione sul tema: "Scegliere la nonviolenza. Opporsi alla guerra".
L'incontro faceva parte della preparazione dell'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele" che si svolgera' il 4 novembre.
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Einaudi, Torino 1945, Mondadori, Milano 1968, pp. 192.
- Emilio Lussu, Un anno sull'Altipiano, Einaudi, Torino 1945, 1981, pp. 214.
- Giuseppe Fiori, Il cavaliere dei Rossomori. Via di Emilio Lussu, Einaudi, Torino 1985, pp. IV + 404.
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 715 del 21 ottobre 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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