Telegrammi. 705



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 705 dell'11 ottobre 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Ogni persona non accecata

2. Carla Biavati: L'immagine del volto di un soldato morto

3. Francesco Comina: Una giornata funesta

4. Francesco Pistolato: Un apparato costosissimo e mortifero

5. Giovanni Sarubbi: Un giorno di lutto

6. Un appello a tutte le persone di retto sentire e di volonta' buona per un 4 novembre dalla parte di Abele

7. "Azione nonviolenta" di ottobre 2011

8. La "Carta" del Movimento Nonviolento

9. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. OGNI PERSONA NON ACCECATA

 

Ogni persona ragionevole e non accecata vede queste due cose.

La prima: che l'Italia sta partecipando a due guerre. Due guerre assassine come tutte le guerre. Due guerre terroriste e stragiste, imperialiste e razziste, colonialiste e mafiose, in Afghanistan e in Libia. La generalita' della popolazione italiana neppure se ne accorge, ma la tragica realta' e' che il nostro stato sta assassinando degli innocenti.

La seconda: che in Italia un colpo di stato razzista sta da anni attuando una feroce persecuzione nei confronti di migranti e viaggianti. Dalla legge Turco-Napolitano fino all'ultimo decreto Maroni si e' progressivamente realizzato un colpo di stato razzista che ha riaperto i campi di concentramento, ha violato i fondamenti stessi della democrazia e della civilta' giuridica, ha fatto morire innumerevoli innocenti, ha costretto alla clandestinita' ed alla schiavitu' innumerevoli esseri umani innocenti che - in fuga da dittature, guerre, violenze economiche politiche e sociali, miseria e fame - in Italia speravano di trovare protezione per le loro vite, rispetto per la loro dignita', umana solidarieta'. La generalita' della popolazione italiana neppure se ne accorge, ma la tragica realta' e' che il nostro stato sta perseguitando, favoreggiando la schiavizzazione e facendo morire degli innocenti.

Ogni persona ragionevole e non accecata vede queste due cose.

*

Ripetiamo una volta ancora cio' che occorre dire, cio' che occorre fare.

Cessi immediatamente la partecipazione dello stato italiano alle guerre assassine in Afghanistan e in Libia.

Cessi immediatamente la persecuzione razzista dello stato italiano nei confronti di migranti e viaggianti.

Siano abrogate immediatamente le misure anomiche e disumane del colpo di stato razzista.

Cessi immediatamente il colossale infame sperpero dei pubblici denari per le armi, gli armigeri, le guerre e le stragi.

Si dimetta il governo della guerra e del razzismo, delle uccisioni e delle persecuzioni.

*

Il 4 novembre in tutte le citta' d'Italia, nel ricordo di tutte le vittime di tutte le guerre, realizziamo una giornata di azione nonviolenta contro la guerra e contro il razzismo, contro tutte le uccisioni e contro tutte le persecuzioni.

Vi e' una sola umanita'.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

2. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. CARLA BIAVATI: L'IMMAGINE DEL VOLTO DI UN SOLDATO MORTO

[Ringraziamo Carla Biavati (per contatti: carlabiavati at interfree.it) per questo intervento in forma di lettera.

Per un profilo di Maria Carla Biavati dall'ampia intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 255 riprendiamo la seguente notizia biobibliografica "Maria Carla Biavati nasce il 18 luglio 1954, coniugata, parla inglese, diploma odontotecnico. Diploma in psicologia sistemica presso l'Associazione di ricerca sulla psicologia sistemica (Arps) di Bologna. Si e' specializzata al recupero dei giovani in disagio attraverso lo studio della metodologia elaborata dal professor Olivenstein del centro "Marmottan" di Parigi. Ha lavorato per nove anni al recupero di giovani con problemi di inserimento sociale e tossicodipendenza presso il centro di accoglienza dell'Opera Padre Marella a Bologna; lavora da diciassette anni per la Cooperativa Sociale A.D.A. come responsabile delle attivita' assistenziali. E' stata candidata tre volte alle elezioni comunali a Bologna, per i Verdi, per la lista Di Pietro - Occhetto e per la lista civica "Altro Appennino". Ha fatto parte, fin dall'inizio, della rete di formazione alla nonviolenza, un organismo nazionale di formazione e diffusione della cultura nonviolenta che ha lavorato negli anni '70 e '80 in tutta Italia fornendo corsi e training tematici a centinaia di associazioni. E' formatrice mediante il metodo del training nonviolento. Ha frequentato il corso di laurea per operatori di pace fondato dal professor Alberto L'Abate dell'Universita' di Firenze. Ha collaborato e partecipato ai programmi di formazione degli obiettori di coscienza dell'associazione Gavci, della Caritas e dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, preparandoli al servizio civile all'estero (Bosnia, Kossovo, ecc.). Ha partecipato alle iniziative internazionali dei Beati i costruttori di pace in Bosnia (1992 Marcia dei 500, e 1993 Mir Sada, piu' altri tre interventi in Bosnia), in Kossovo (1999 I Care), in Congo (2001 Simposio internazionale per la pace in Africa) dove ha iniziato un rapporto con le realta' dell'associazionismo femminile congolese, si e' recata in Palestina per molti anni con le associazioni Berretti Bianchi Onlus, Ipri - rete Ccp, Interventi civili di pace, partecipando a numerose conferenze a Gerusalemme, Betlemme, Bilin e facendo monitoraggio ed interposizione nonviolenta in diversi progetti nella West Bank e nella striscia di Gaza (dal 2002 al 2009). Ha collaborato per tre anni, dal 1994 al 1996, ad un progetto dell'ong Ics di adozione a distanza a Mostar Est, dove si recava ogni mese per consegnare gli aiuti con l'Associazione "il Cerchio" di Modena. Ha iniziato ad interessarsi della situazione in Kossovo e, dopo numerosi viaggi di studio, ha collaborato alla realizzazione del progetto Campagna per una soluzione nonviolenta del conflitto in Kossovo come assistente del professor Alberto L'Abate, con il quale ha organizzato diversi training di formazione. Nel dopoguerra ha lavorato a percorsi di riconciliazione con padre Lush Gjergji, sacerdote cattolico kossovaro (1993-2004). Fa oggi parte dell'Associazione Berretti Bianchi Onlus di cui e' vicepresidente, associazione che opera in zone di conflitto con piccoli interventi, attualmente in Palestina e Iraq, e con progetti di integrazione sociale (migranti e Romanesc) in Italia. Ha partecipato a New Delhi alla fondazione del coordinamento mondiale di associazioni per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, Nonviolent Peaceforce, sostenuta da numerose associazioni di tutto il mondo dal sudest asiatico all'Africa, dal sud America all'Europa. E' cofondatrice della Rete Corpi civili di pace, per la realizzazione dei Corpi civili di pace in Italia e in Europa. Ha partecipato per alcuni anni alle riunioni e al coordinamento del Network europeo per i Servizi civili di pace ( Encps). Attualmente collabora e fa' parte del direttivo di Ipri - Rete Ccp, e lavora al progetto Interventi civili di pace co-inanziato dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri (Dgcs del Mae) che vede coinvolte molte Ong in otto regioni italiane nella diffusione della cultura di pace e nella diffusione dei metodi di intervento nonviolento nei conflitti. Insieme al Centro "Sereno Regis" di Torino ed all'Associazione francese Man ed al Movimento Nonviolento ha lanciato una campagna internazionale per una soluzione del conflitto israelo-palestinese che proponeva l'invio di una forza Internazionale d'intervento civile in Israele e Palestina, per uscire dalla logica della guerra, rinforzare lo spazio del dialogo e creare le condizioni per una soluzione politica del conflitto. Tuttora a termine della campagna partecipa e supporta le iniziative di resistenza civile denominate "Grassroot nonviolent resistence" in alcune zone della Palestina (Bilin, Al Masara, ecc.). Ha partecipato a numerose conferenze italiane ed europee sul ruolo della societa' civile nella prevenzione dei conflitti armati, tra cui quelle del ciclo voluto dal Segretario Generale dell'Onu per rafforzare il ruolo della societa' civile nello sviluppo di azioni efficaci nella prevenzione dei conflitti armati e per rafforzare le relazioni tra la societa' civile, l'Onu e le organizzazioni regionali mondiali come l'Unione Europea. E' stata membro del Comitato per la Difesa Civile Nonarmata e Nonviolenta. (Dcnanv) nel biennio 2005-2006. Ha collaborato alla realizzazione di alcune pubblicazioni sulla nonviolenza attiva: Guida all'azione diretta nonviolenta, a cura di Enrico Euli e Marco Forlani, supplemento al n. 33 di "AltrEconomia", novembre 2002, "Missioni di pace all'estero: prevenire i conflitti", con il contributo di Maria Carla Biavati; Celebrazione di San Massimiliano, obiettore e martire. Un Santo antico e moderno. Atti del Convegno-pellegrinaggio al Santuario "Madonna della Pace" di Albisola Superiore (Savona), 4 maggio 2003, a cura di padre Angelo Cavagna, "Conflitti moderni e Corpi civili di pace", di Maria Carla Biavati; Atti del Seminario "L'Evoluzione del principio costituzionale del sacro dovere di difesa della patria alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale: La Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta", Organizzato dall'Ufficio per il Servizio Civile, Comitato di Consulenza per la Difesa Non Armata e Nonviolenta, Roma, Istituto Sturzo, 19 maggio 2005, "Hand out", di Maria Carla Biavati, vicepresidente dei Berretti Bianchi Onlus; Il nostro Iraq, di Maurizio Cucci, stampato nel 2006 con il patrocinio del Comune di Firenze, il sostegno della Commissione Pace e della Presidenza del Consiglio del Comune, grazie all'interessamento del Consigliere Pierluigi Ontanetti, "Introduzione", con la collaborazione di Maria Carla Biavati; Per un futuro senza guerre, di Alberto L'Abate, Liguori, Napoli 2008, "Il modello dell'essere umano e la ricerca per la pace", con il contributo di Maria Carla Biavati; L'Europa e i conflitti armati, a cura di Alberto L'Abate e Lorenzo Porta, University Press, Firenze 2008, "I cittadini promuovono la resistenza nonviolenta, la difesa e l'intervento in zona di conflitto, quale via per progredire nella cultura di pace", di Maria Carla Biavati; "Rivista di Interventi Civili di Pace", n 4, 2009, "Come realizzare i Corpi civili di pace", di Maria Carla Biavati"]

 

... Quando mi hai invitato a scrivere una testimonianza per il 4 novembre a ricordo di tutte le vittime dei conflitti, mi e' immediatamente apparsa una immagine tra tutte.

E' l'immagine del volto di un soldato italiano morto durante la campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale.

Era una notte di venti anni fa e non riuscivo a dormire; avevo tanti problemi in famiglia, sul lavoro ed anche nelle associazioni in cui militavo.

Mi sentivo stremata e molto sola.

Essere svegli la notte ci fa sentire ancora piu' soli guardando i nostri cari che dormono abbandonati ai loro sogni che li nutrono e li  allontanano dal presente, dal reale, dal tempo.

Io non ci riuscivo, non trovavo la sicurezza necessaria per lasciarmi andare al sonno.

E mentre girovagavo tra le stanze ho guardato la foto in prima pagina che ritraeva quel soldato.

All'inizio non volevo sedermi e leggere il giornale o l'articolo ma quegli occhi perduti in un dolore insopportabile mi chiamavano, mi imploravano a non passare oltre.

Ho preso il giornale e tenendolo sulle ginocchia ho guardato, finalmente ho visto.

E' durato parecchio, minuti, forse ore.

Solo molto dopo ho letto che quelle immagini erano state ritrovate all'apertura degli archivi sulla guerra conservati nell'Unione Sovietica e secretati per quasi sessant'anni.

Quella in particolare mostrava alcuni soldati, presunti disertori uccisi insieme alle famiglie di contadini che li avevano ospitati  condividendo con loro il pochissimo che avevano.

Era uno delle migliaia di uomini dichiarati dispersi e mai ricordati.

Mai durante gli anni dell'oblio colpevole che nascondeva negli armadi con le ante messe al muro le testimonianze dei crimini di quel conflitto.

Quell'uomo perduto mi parlava, mi chiedeva parole e riconoscimento.

Ho elaborato a lungo, ma da quella lunga notte non ho piu' dubitato.

La nonviolenza come cambiamento morale e modello di vita non mi e' piu' sembrata una opzione da giudicare attraverso successi o consensi.

Ho trovato non la soluzione ai problemi che sussitono ancora oggi, ma la spinta ad andare avanti.

Avanti anche per quell'uomo, per quelle persone, per quella enorme parte di umanita' che come una moltitudine infinita mi sostiene e mi abbraccia ricordandomi mentre li riconosco e li ricordo.

Ecco, e' questa opportunita' che mi gratifica e mi nutre.

Essere al lavoro per dare senso, pace e riconoscimento vero e amorevole alla loro vita non finita.

 

3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FRANCESCO COMINA: UNA GIORNATA FUNESTA

[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: francesco.comina at gmail.com) per questo intervento.

Francesco Comina (Bolzano, 1967), giornalista professionista, scrittore. Ha fondato il Centro per la Pace del Comune di Bolzano, di cui oggi e' il coordinatore delle attivita' culturali. E' stato il promotore del progetto politico altoatesino "Pace e Diritti - Insieme a Sinistra". Per un anno (2008) e' stato anche assessore provinciale e vicepresidente della Regione Trentino Alto Adige dove ha portato avanti l'azione nonviolenta anche sul piano istituzionale. Nell'ambito di questo impegno ha fatto pubblicare, come Regione Trentino Alto Adige, il libro di Johan Galtung, La trasformazione nonviolenta dei conflitti con mezzi pacifici. Oltre a collaborare con "Mosaico di Pace", a curare la rubrica "Nonviolenza attiva" per il Notiziario della Rete Radie' Resch e a scrivere sui giornali della provincia di Bolzano, fa parte del comitato editoriale della casa editrice il Margine di Trento. Ha scritto vari libri fra cui ricordiamo: Non giuro a Hitler. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser (San Paolo, 2000); con Martin Lintner e C. Fink, Due mondi, una vita. La testimonianza di Luis Lintner (Emi 2004); con Marcelo Barros, Il sapore della liberta' (La Meridiana 2005); con Arturo Paoli, Qui la meta e' partire (La Meridiana, 2005); Il monaco che amava il jazz. Testimoni e maestri, migranti e poeti (Il Margine 2006); Sulle strade dell'acqua. Dramma in due atti e in quattro continenti (Il Margine 2008); con Eduardo "Mono" Carrasco, Inti Illimani. Storia e mito (Il Margine, 2010); Il cerchio di Panikkar (Il Margine 2011). Ha anche contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e ad AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna 1999. Si veda anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 288]

 

In Alto Adige il 4 novembre e' sempre stata una giornata funesta. Lo fu (per i tedeschi)  il giorno in cui avvenne l'armistizio, lo fu per il calcolo delle vittime, ma ancora di piu' lo fu per il lungo conflitto nazionalistico che ebbe momenti drammatici nello scontro fra i due popoli. Il fascismo celebro' i fasti della vittoria con l'armamentario della supremazia e della denigrazione. Il monumento alla Vittoria del Piacentini, nella piazza omonima di Bolzano, ha sempre rappresentato il simbolo della persecuzione fascista contro il popolo tedesco. Sul frontone campeggia la frase dell'imperialismo e dell'offesa: "Hic patriae finae sista. Hinc ceteros excoluimus lingua, legibus, artibus". "Qui sono stati posti i confini della patria. Da qui abbiamo istruiti gli altri (i barbari) nella lingua, nel diritto e nelle arti". L'opera di italianizzazione forzata del Sudtirolo aveva nei simboli il potere dell'orgoglio e dell'imposizione culturale, ma politicamente avveniva con le delibere e con le campagne di sradicamento violento: l'immissione nel tessuto sociale di Bolzano di migliaia di operai provenienti dalle province italiane, l'obbligo di parlare in tutto il territorio soltanto in lingua italiana, la nomina di maestri e insegnanti che andassero ad insegnare nelle scuole solo l'italiano, il divieto assolto del tedesco anche come lingua veicolare (grandiosa la resistenza operata dal canonico Gamper che lancio' l'idea delle Katakombenschulen, le scuole delle catacombe, ossia la diffusione di lezioni in lingua tedesca nel nascondimento delle cantine, delle soffitte, dei sotterranei). Ma il momento piu' drammatico si ebbe nel 1939 quando Mussolini e Hitler firmarono a Berlino il cosiddetto Accordo delle Opzioni in cui si obbligavano i cittadini di madrelingua tedesca del Trentino Alto Adige e del Bellunese ad optare per l'Italia o la Germania, ossia se rimanere tedeschi e dunque emigrare nel Reich oppure se rimanere in Alto Adige e perdere totalmente il diritto alla lingua e alla cultura. Fu una decisione che ebbe effetti brutali sulla popolazione, divisa fra una opzione e l'altra e manipolata dalla propaganda nazista che dava la caccia ai traditori, i Walsche, gli italianacci imbastarditi. Di qui l'abbraccio a Hitler come liberatore nei confronti del persecutore fascista Mussolini (ci furono alcuni uomini e donne che si ribellarono a questa logica e fecero l'obiezione all'opzione, alcuni finirono nei lager, emblematico il caso di Josef Mayr-Nusser che disse no a Hitler e mori' il 24 febbraio del 1945. Fu costretto all'arruolamento nelle SS perche' si era dichiarato contro le opzioni).

Dopo la guerra il monumento alla vittoria e' diventato il cuore del conflitto etnico fra nazionalismi contrapposti, fra le destra italiana che ogni anno il 4 novembre teneva i suoi comizi per rivendicare l'italianita' del territorio e la destra tedesca che non perdeva l'occasione di contromanifestare. Dopo la promulgazione della quietanza liberatoria nel 1992 per lo statuto di autonomia, che metteva fine ad una lunga stagione di tensioni, la piazza com il relativo monumento alla vittoria hanno lentamente perso la forza simbolica che avevano avuto nel passato, anche se il tentativo di depotenziamento avviato dal sindaco Salghetti nel 2001 che aveva deciso per il cambio del nome della piazza (da piazza Vittoria a piazza Pace) venne travolto da un referendum voluto da Alleanza Nazionale per ripristinare immediatamente il vecchio nome. E cosi' nel giro di un anno si passo' da piazza Vittoria a piazza Pace e di nuovo a piazza Vittoria. Con nuove tensioni e nuove derive nazionalistiche.

Il 4 novembre quest'anno la Fondazione Michael Gamper, insieme al Centro Pace e al contributo di storici altoatesini organizzera' un convegno a Bolzano sul tema "Alto Adige e riconciliazione" in cui per la prima volta si ricordera' un passaggio della complessa vicenda altoatesina praticamente sconosciuto dalla storiografia e rimosso dalla politica, un passaggio che forse da' nuova luce alle "lotte" autonomistiche, non motivate da una preoccupazione violenta (la minaccia degli attentati, l'esasperazione della popolazione) ma da una ricerca nonviolenta.

Qui sotto il racconto del giorno in cui Magnago, Obmann della Svp e presidente della Provincia di Bolzano, ando' dal nipote di Gandhi, Rajmohan, per perlustrare l'ipotesi di una via diplomatica e nonviolenta alla querelle.

*

Quando Magnago ando' da Gandhi

C'e' anche una radice nonviolenta nella costruzione dell'autonomia altoatesina. Gli storici non se ne sono occupati piu' di tanto, i politici l'hanno fatta passare sotto silenzio, l'opinione pubblica cade dalle nuvole. Eppure c'e' di mezzo perfino il nipote di Gandhi. Magnago si affido' a lui per perlustrare l'ipotesi nonviolenta del conflitto, che rafforzasse la strategia politica, nel contenzioso con Roma. Da allora, sono parole dello stesso Magnago, "si creo' un clima distensivo, che ci dette maggiore coraggio".

E' una pagina di storia che va riletta e approfondita con passione, soprattutto in questo settembre 2011 in cui il movimento nonviolento celebra cinquant'anni di vita e in cui si ricorda la prima marcia per la pace Perugia-Assisi (il 25 settembre migliaia di persone si sono messe in marcia da tutta l'Italia per ricordare Aldo Capitini, il padre della nonviolenza italiana, sulle strade che da Perugia portano alla rocca di Assisi).

Gli esperimenti altoatesini con la verita' risalgono al 1968. E' un anno cruciale. La Svp si trova impantanata nella querelle con Roma sull'assetto da dare alla provincia. Se non si riesce a mettere in moto un processo virtuoso con il governo per arrivare alla stesura di un pacchetto per l'autonomia, si rischia grosso. Fin dalla cosiddetta notte dei fuochi del giugno '61 una serie di atti dinamitardi avevano causato esplosioni in rifugi, caserme dei carabinieri, crolli di tralicci, atti drammatici come la cosiddetta strage di Cima Vallona.

L'Alto Adige era una polveriera accesa. O la politica affrettava i passi diplomatici o l'opzione violenta sarebbe apparsa ahime' come l'approdo ultimo alle aspettative disattese e alle frenesie di chi avrebbe voluto l'autodeterminazione.

E' a quel punto che si apre lo spiraglio nonviolento. L'Obmann della Svp viene a conoscenza che nella fortezza di Caux in Svizzera e' attivo un centro per il Riarmo morale (oggi ancora attivo sotto altro nome: "Initiatives of Change"), un centro internazionale per la diplomazia popolare. Vi era impegnato il nipote del Mahatma Gandhi, Rajamohan, docente all'universita' di New Delhi. Ogni anno il centro dedicava delle sessioni a conflitti in corso per trovare delle soluzioni alternative ed elaborare strategie di pace e nonviolenza. Prima del '68 si era occupato della situazione in Zimbabwe, in Tunisia, si era occupato del Vietnam, dell'Angola. Ma in quell'anno aveva deciso che fosse doveroso occuparsi della polveriera sudtirolese. Aveva invitato il presidente della Provincia e Obmann del partito, il vescovo della diocesi Joseph Gargitter insieme ad una delegazione di politici e amministratori della Democrazia cristiana.

Le cronache di Caux raccontano di un intervento, fatto in assemblea da Magnago, in cui l'Obmann chiedeva l'aiuto internazionale e concludeva dicendo: "Lo spirito di lavoro costruttivo che ha permesso di confrontarci, noi e gli esponenti del mondo italiano insieme agli amici di tutto il mondo qui convenuti a Caux, ci consente di sperare in una chiusura del contenzioso con Roma e l'apertura di una nuova fase di liberta' per il Sudtirolo".

Il vicepresidente del Consiglio regionale, Armando Bertorelle, saluto' quelle parole con grande partecipazione lasciandosi andare ad un intervento in tedesco, quasi a sottolineare che da allora sarebbe iniziato il disgelo. Un disgelo che porto', l'anno dopo, all'accoglimento da parte della Svp delle 137 norme che avrebbero formato l'ossatura portante del nuovo statuto di autonomia (1972).

"Ricordo molto bene quelle conferenze a Caux", mi ha raccontato alcuni anni fa l'ex sindaco di Bolzano Giorgio Pasquali, anch'egli presente a quell'incontro. "Sul lago vicino a Ginevra c'era questo luogo molto bello, suggestivo, questa fortezza che una volta era un grande albergo. E venivano organizzati questi incontri internazionali, che avevano come finalita' quella di arrivare ad un metodo di risoluzione nonviolenta per le controversie fra minoranze. Era un ambiente laico, ma rispettoso delle differenze religiose. Mantenemmo i contatti a lungo. Non dimentichiamo che nel '68 venivamo dalla lunga stagione dinamitarda e quindi c'era un grande interesse da parte degli osservatori internazionali sullo specifico caso altoatesino".

Il senatore della Svp Karl Mitterdorfer mi racconto' della presenza di Rajmohan Gandhi e del suo carisma: "Era interessante come, improvvisamente, i preconcetti e i pregiudizi dall'una e dall'altra parte cominciarono ad affievolirsi. Il nipote di Gandhi comincio' col chiedere ai referenti dell'una e dell'altra parte il luogo da cui provenivano e si scopriva che tutti avevano radici al di fuori di Bolzano, eppure vivevano in Sudtirolo come uomini e donne che cercavano una casa, una patria, una Heimat e dunque tutti condividevano una cosa comune. E su questo si inizio' a lavorare per stemperare i rancori, i pregiudizi, i preconcetti culturali, ideologici, politici".

Monsignor Gargitter rimase molto affascinato dagli incontri svizzeri, che erano frequentati anche dal cardinale di Vienna Franz Koenig.

Riuscii a raccogliere alcuni ricordi di Silvius Magnago nei giorni del suo novantesimo compleanno: "A Caux imparammo a capire che bisognava sviluppare le trattative per arrivare ad una soluzione. Si creo' un clima distensivo e questo e' un fatto importante, sia psicologicamente che culturalmente, mentre non so sul piano politico. Direi che in Svizzera riuscimmo a rivedere un poco le nostre posizioni per aprirci alla disponibilita' nuova a dialogare per venirci incontro".

Subito dopo la prima marcia Perugia-Assisi del settembre 1961, il padre della nonviolenza italiana, Aldo Capitini (di cui e' appena uscita una bellissima monografia scritta da Fabrizio Truini per il Margine dal titolo "Aldo Capitini, la forza della nonviolenza") disse: "Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nella solidarieta' che suscita, nelle proteste e nelle denunce, e' un grande risultato della marcia".

L'autonomia altoatesina si regge anche su questa grande forza della verita' che e' la nonviolenza attiva, ossia il coraggio di trasformare la realta' senza forza, senza violenza, ma con la determinazione, il dialogo e l'arte della diplomazia. Il rombo della notte dei fuochi, cinquant'anni fa, veniva rotto dalla brezza leggera della nonviolenza italiana, che iniziava la sua lunga marcia fra Perugia e Assisi. Anche in Alto Adige si capi' che bisognava fare i conti con il satyagraha gandhiano.

 

4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FRANCESCO PISTOLATO: UN APPARATO COSTOSISSIMO E MORTIFERO

[Ringraziamo Francesco Pistolato (per contatti: fpistolato at yahoo.it) per questo intervento.

Francesco Pistolato e' insegnante di scuola media superiore. Ha cominciato a interessarsi attivamente al pacifismo e alla nonviolenza nel 2004, impegnandosi per arrivare alla costituzione, realizzatasi nel 2007, del Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Pace "Irene" dell'Universita' di Udine. Il suo contributo principale consiste nel diffondere la cultura di pace e nonviolenza fungendo da ponte tra le aree di lingua tedesca, italiana e spagnola. Attualmente si sta dedicando allo studio dell'opera di Ekkehart Krippendorff, di cui ha tradotto in italiano Lo Stato e la guerra (Gandhi Edizioni, 2008) e pubblicato in spagnolo una biografia intellettuale ("Revista de Paz y Conflictos," n. 4, 2011, pp. 55-79, disponibile in rete alla pagina web http://www.ugr.es/~revpaz/numeros/rpc_n4_2011_completo.pdf ). Cfr. anche l'intervista apparsa nel n. 313 dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino"]

 

La storiografia e' concorde: la prima guerra mondiale fu un'inutile strage, che ne provoco' poi altre: dall'epidemia di spagnola, che dilago' per il penoso stato delle popolazioni dopo la guerra, alla seconda guerra mondiale, scatenata da un criminale che si era fatto strada fondandosi sul risentimento dei tedeschi per le eccessive riparazioni imposte loro dai vincitori. Noi celebriamo l'anniversario di una vittoria che, si dice, ci permise di terminare l'unificazione dell'Italia. Questo stesso risultato sarebbe stato possibile se ci fossimo astenuti dall'entrare in guerra: l'Austria, di cui fino a poco prima eravamo alleati, era disposta a concederci, in cambio della nostra non belligeranza, piu' o meno tutto quello che poi ottenemmo con la forza e centinaia di migliaia di vittime, nostre e altrui. Al Brennero le nostre truppe arrivarono non combattendo, ma approfittando dello sbandamento delle truppe nemiche (v. per questo e molti altri episodi poco gloriosi del nostro esercito Italiani, brava gente? di Angelo Del Boca, Neri Pozza, 2005) e occupando un territorio da secoli abitato pressoche' esclusivamente da gente di lingua tedesca.

Il 4 novembre e' anche la festa delle forze armate, un'occasione per un possente esercizio di retorica che ha il fine di impedire ogni riflessione critica sull'essenza e la funzione dell'esercito. Come Ekkehart Krippendorff magistralmente spiega in Lo Stato e la guerra (Gandhi Edizioni, 2008), la funzione primaria dell'esercito e' quella di tutelare il potere esistente, anche contro l'interesse dei cittadini della nazione che si pretende di difendere. Per convincere il popolo che armarsi fino ai denti e sacrificare la propria vita e' cosa buona e giusta, l'apparato politico-militare adotta una quantita' di strategie, tese sostanzialmente a ingannare i cittadini. La ricorrenza del 4 novembre e' l'emblema di una politica di presa in giro del popolo con tragiche conseguenze. L'impiego delle forze armate italiane nelle due guerre mondiali e nelle cosiddette operazioni di pace dei nostri giorni mai, o a voler concedere il beneficio del dubbio, assai di rado (nel caso dell'interposizione in Libano?), ha qualcosa che ne giustifichi la celebrazione; l'unica differenza e' che una volta si moriva per niente, oggi si parte per l'Afghanistan per avere un sostanziale aumento di stipendio e se non si torna, si ha la qualifica immeritata di eroe, misera consolazione per la famiglia e ancor meno per la vittima, che e' vittima due volte: dell'inganno statale e della propria incapacita' di comprendere che uno stipendio accresciuto in una dubbia azione di guerra e' denaro guadagnato sulla pelle altrui e talvolta sulla propria.

E' tempo di proporre una riflessione critica sulle forze armate e la proposta di farlo in occasione del 4 novembre e' quanto mai opportuna. Se non siamo pronti o non riteniamo possibile rinunciare all'esercito, se la nonviolenza di cui questo foglio si fa portavoce non ci convince fino in fondo, non e' questa una buona ragione per non interrogarci sulle vere finalita' di questa ricorrenza e sul senso di un apparato costosissimo e mortifero, che manteniamo sottraendo risorse a finalita' civili e sociali, senza poter lontanamente opinare sul suo utilizzo.

 

5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. GIOVANNI SARUBBI: UN GIORNO DI LUTTO

[Ringraziamo Giovanni Sarubbi (per contatti: redazione at ildialogo.org) per questo intervento.

Su Giovanni Sarubbi da un'ampia intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 307 riprendiamo la seguente notizia autobiografica: "Sono direttore del sito www.ildialogo.org, ho 59 anni, sono lucano di nascita e napoletano di adozione, ho un diploma in Teologia presso la Facolta' Valdese di Teologia di Roma. Ho partecipato a vari libri con piu' autori e ho scritto per molte riviste nazionali sui temi della pace e del dialogo interreligioso. Curo la giornata del dialogo cristiano-islamico, giunta alla sua [decima] edizione del prossimo 27 ottobre [2011]. Per la Emi ho scritto il libro Spirito per la collana Le parole delle fedi"]

 

Il 24 agosto scorso abbiamo pubblicato sul nostro sito www.ildialogo.org un appello di padre Alex Zanotelli contro le enormi spese militari italiane che la legge finanziaria non ha per nulla toccato. Hanno toccato i trasporti, gli asili nido, la sanita', le pensioni, ma gli armamenti no. Bisogna, secondo il governo, continuare a prevedere spese militari ingenti con cifre da capogiro.

Dal 24 agosto ad oggi ci sono state quasi 13.000 persone che hanno aderito all'appello di padre Alex. Molte di queste si stanno organizzando sui territori per passare dalla firma virtuale alla vita reale. E' segno che qualcosa si sta rompendo nella coscienza del popolo italiano e che le immonde spese militari sono viste sempre piu' per quelle che sono: mostruosita', spese che producono morti e distruzioni.

Ma cio' nonostante c'e' chi ancora ci scrive per giustificare la guerra. "La guerra - ci hanno scritto in una delle ultime lettere che abbiamo ricevuto - non e' un male assoluto perche' le guerre spesso servono ad interrompere altre guerre o regimi nefasti". Ovviamente, come un disco rotto che ripete sempre la stessa musica, viene citata "la disfatta di Hitler, che non sarebbe avvenuta senza l'intervento della gigantesca macchina bellica degli angloamericani". E si ha persino la spudoratezza di citare l'attuale guerra contro la Libia, chiaro esempio di guerra coloniale per l'accaparramento del petrolio, come esempio di "uso positivo della guerra". Viene giustificata persino la guerra infinita avviata da Bush nel 2001 ed ancora in corso che e' costata innumerevoli morti e distruzioni incalcolabili.

E chi scrive si presenta di solito come "saggio" e dice di non essere ne' fascista ne' reazionario, dei veri e propri guerrafondai in pantofole che pero' continuano a parlare, come Mussolini, di potere e di partecipare alle guerre per avere "un posto al tavolo delle trattative" dove potersi sedere per spartirsi le prede conquistate. Altro che "guerre per la pace"!

Quando leggo queste lettere non riesco a trattenere un senso di nausea e di disgusto profondo. Pensare che qualcuno in grado di leggere e scrivere possa produrre simili mostruosi testi mi fa star male. Come e' possibile che si possa essere cosi' biechi, cinici, crudeli e assassini? Si', assassini, perche' non e' assassino solo colui che materialmente uccide ma anche chi giustifica l'omicidio. Pensare che si possa giustificare la guerra in presenza di armi di distruzioni di massa in grado di distruggere la Terra, se fosse possibile, sette volte, mi provoca il vomito ed un'angoscia profonda. Questa e' l'umanita'? A questo siamo ridotti? La storia nulla ha insegnato?

E come si puo' giustificare il male assoluto della guerra con le menzogne piu' spudorate, perche' di menzogne si tratta? Ma delle menzogne che servono di solito a far scatenare le guerre nessuno parla, nessuno le conosce, nessuno le divulga, continua a girare e a prevalere l'idea della inevitabilita' della guerra vissuta come una sorta di calamita' naturale, un terremoto, un alluvione contro il quale l'umanita' nulla puo'.

Uno dei miei nonni ha partecipato alla prima guerra mondiale ed e' stato ferito proprio a Caporetto. Per tutta la vita ha portato nel suo corpo una scheggia di proiettile che non poteva essere estratta per il posto dove si era conficcata. E ricordo quando io ragazzo gli chiedevo qualcosa della guerra, di come gli ufficiali piemontesi erano soliti usare le loro armi contro i tantissimi contadini del sud, come lui, che rifiutavano di uscire dalle trincee e andare all'assalto delle linee nemiche a massacrare altri contadini ma con una divisa diversa addosso. E ricordo quando alla mia domanda sul fatto che fosse peccato uccidere rispondeva che "in guerra non e' peccato", e mio padre confermava. Cosi' gli dicevano i cappellani militari.

Poi crescendo ho letto il "Tu non uccidere" di don Primo Mazzolari ed il mio rifiuto della violenza e delle guerre si e' fatto via via piu' maturo e cosciente. E mi sono reso conto, a mie spese, che nonviolenti non si nasce ma si diventa, e che la via della nonviolenza e' lunga e dura.

Il 4 novembre allora non c'e' nulla da festeggiare. Il 4 novembre e' un giorno di lutto perche' per quella pretesa vittoria contro l'Austria nella prima guerra mondiale furono sacrificate le vite di centinaia di migliaia di ragazzi poco piu' che sedicenni, quella che e' passata alla storia come la generazione del '98, di cui mio nonno faceva parte.

L'unica guerra buona e' quella che non viene mai combattuta, perche' non provoca morte e distruzioni.

Faccio mia allora la proposta del "Centro di ricerca per la pace" per un 4 novembre di lutto e non di festa e mi impegno a promuovere azioni nonviolente che dicano un fermo no alla violenza e alla guerra.

 

6. REPETITA IUVANT. UN APPELLO A TUTTE LE PERSONE DI RETTO SENTIRE E DI VOLONTA' BUONA PER UN 4 NOVEMBRE DALLA PARTE DI ABELE

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Intendiamo riproporre quest'anno in tutta Italia per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele", iniziativa che a Viterbo realizziamo dal 2002 e che gia' negli scorsi anni si e' diffusa in alcune altre citta'.

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

*

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

7. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI OTTOBRE 2011

[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]

 

E' uscito il numero di ottobre 2011 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

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In questo numero: Ultima fermata: Val di Susa, di Luca Giusti; Venti anni di azioni colorate ed intelligenti, a cura di Luca Giusti; Tecnoscienza, democrazia e comunita' locali, di Elena Camino e Angela Dogliotti Marasso; Un solido sgabello a tre gambe, Luca Giusti intervista Alberto Perino; Davanti alla ruspa e sopra l'albero, Nanni Salio intervista Turi Vaccaro; Una tradizione di resistenza, a cura di Claudio Giorno; Alex, il sudtirolese amico dei valsusini, alle origini del movimento, Luca Giusti intervista Claudio Giorno; Alla ricerca dell'informazione perduta, redazionale; Spreco, pericolosita' e banalita' del Tav, di Tiziano Cardosi; Discordie in gioco: capire e affrontare i conflitti ambientali, di Elena Camino e Angela Dogliotti Marasso; In movimento verso il satyagraha, di Giorno Barazza.

Le rubriche: Mafie e antimafie. Infiltrazioni criminali e denaro sporco in Valle?, a cura di Roberto Rossi; Educazione. Giochi di ruolo e formazione nonviolenta, a cura di Gabriella Falcicchio; Libri. Le ragioni del no e le ragioni del si'. Leggerne la storia per capire il movimento, a cura di Sergio Albesano; Musica. ... e corre, corre la locomotiva, a cura di Paolo Predieri; Cinema. Tre pellicole per raccontare il vero volto dello "sviluppo", a cura di Enrico Pompeo; Religioni e nonviolenza. Le preghiere dei Notav e lo sviluppismo cattolico, a cura di Enrico Peyretti; Il calice. Andare lentamente, a cura di Christoph Baker.

In copertina: La forza della verita'.

In seconda: Indice.

In terza di copertina: Tabella riassuntiva.

In ultima: L'ultima di Biani, E la democrazia?.

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Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 32 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

9. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 705 dell'11 ottobre 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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