Telegrammi. 655



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 655 del 22 agosto 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Per la critica della legge del taglione anche nelle relazioni internazionali

2. Sei domande a Nino Lisi

3. Sette domande ad Antonio Mazzeo

4. Ken Worpole, Harriet Ward, Stuart White, Peter Marshall: Ricordando Colin Ward (parte seconda)

5. La "Carta" del Movimento Nonviolento

6. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PER LA CRITICA DELLA LEGGE DEL TAGLIONE ANCHE NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

 

Ovunque poi continuino i massacri

li' e' la stessa umanita' che geme

e cio' che oggi profani, lo dissacri

per sempre: ogni omicidio resta seme

 

di infiniti altri. Altri acri

conflitti seguiranno, altre blasfeme

di stragi propagande, altri lavacri

di sangue e distruzioni e ad essi insieme

 

nuovi odi, nuovi orrori, nuove guerre

in un sempre piu' vasto cataclisma

divoratore di persone e terre

 

e vite e civilta', di scisma in scisma

l'umanita' sbranando - ah, Robespierre -

che rese cieca un barbaro sofisma.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SEI DOMANDE A NINO LISI

[Ringraziamo Nino Lisi (per contatti: ninolisi at alice.it) per questa intervista.

Nino Lisi fa parte della comunita' di base di San Paolo a Roma, del comitato di gestione di "Amistrada" (Rete di amicizia con le ragazze e i ragazzi di strada guatemaltechi), e di molte altre esperienze di solidarieta' e di pace; da sempre impegnato nel movimento delle comunita' cristiane di base, ne e' uno dei rappresentanti piu' noti in Italia]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Nino Lisi: Cinquant'anni sono un bel tratto di strada. Ed e' un gran traguardo essere riusciti per cosi' lungo tempo a tenere abbinata alla speranza/domanda di pace l'idea della nonviolenza, negando cioe' che la pace possa realizzarsi con mezzi che la negano in radice e rigettando quindi la pretesa che in caso di conflitto si possa eliminarlo con la forza annientando uno dei contendenti, invece che gestire e ridurre le ragioni della controversia. Un successo, dunque. Nel successo e' pero' insita un'insidia: la ripetitivita' puo' snaturare un evento in un rito, ottundendone il senso e sminuendone l'efficacia.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Nino Lisi: Sarebbe bene a mio avviso che si focalizzasse nel segnalare le forme piu' subdole di violenza, quelle che a prima vista non vengono individuate come tali e che sono poi all'origine delle deflagrazioni contro le quali ci mobilitiamo alla vigilia, quando ormai e' troppo tardi. Mi riferisco alla violenza dei grandi poteri economici e dei potentati finanziari, alla violenza insita nell'espansione capitalistica e nella sua assurda pretesa di una crescita illimitata in un mondo che per sua natura ha dei limiti, alla violenza dell'Occidente che persevera nell'intento di porsi ed imporsi come modello e misura al resto del mondo, nonostante i segni piu' che evidenti che il suo modello e' in crisi. A queste violenze quotidiane e sistematiche dovremmo opporci sistematicamente e quotidianamente, con le piu' disparate ed efficaci forme della  nonviolenza. Da subito, prima che sia troppo tardi, prima che nell'illusione di preservare il sistema occidentale dalla crisi la violenza deflagri.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Nino Lisi: Non saprei dire. Ho l'impressione che la cultura della nonviolenza come forma attiva di lotta per modificare l'ordine esistente delle cosa qualche passo avanti l'abbia fatto. Ma credo che si sia ancora lontani dalla massa critica necessaria per un'azione efficace.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Nino Lisi: L'ho detto prima: escogitare forme efficaci di opposizione alla subdola violenza dilagante del sistema imperniato sullo sviluppo capitalistico e sul dominio dell'Occidente sul resto del mondo.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Nino Lisi: La scelta strategica della maggioranza del popolo palestinese sotto occupazione di opporvisi con forme di resistenza nonviolenta.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Nino Lisi: Che e' la forma piu' efficace per opporsi alla violenza. Il Potere sa perfettamente come battere la controviolenza degli oppressi, ma ha ben scarsi mezzi di fronte alla nonviolenza.

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE AD ANTONIO MAZZEO

[Ringraziamo Antonio Mazzeo (per contatti: a_mazzeo at yahoo.com) per questa intervista.

Antonio Mazzeo e' peace-researcher e giornalista impegnato sui temi della pace, della militarizzazione, dell'ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalita' mafiose. Ha pubblicato alcuni saggi sui conflitti nell'area mediterranea, sulla violazione dei diritti umani e piu' recentemente un volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina (I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina, Edizioni Alegre, Roma). Ha ricevuto il "Premio Giorgio Bassani - Italia Nostra 2010" per il giornalismo. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 322]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Antonio Mazzeo: La Marcia Perugia-Assisi sin dalla sua prima edizione, 50 anni fa, e' stata l'appuntamento in cui si sono "contaminate" culture e visioni del mondo diverse ma che avevano come denominatore comune il rifiuto delle guerre e dell'uso delle armi, l'affermazione della pace e della giustizia sociale. Grazie alla Marcia e' stato possibile visibilizzare, socializzare e affermare nella cultura e nella societa' italiana repubblicana i principi e le pratiche della nonviolenza.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Antonio Mazzeo: L'appello dell'edizione di quest'anno della Marcia enfatizza particolarmente il clima d'ingiustizia sociale e la crisi strutturale ed economica che investe pesantemente la vita di miliardi di donne e uomini in tutto il mondo. Onestamente avrei pero' preferito che si desse maggiore rilevanza alle guerre e ai processi di riarmo in atto internazionalmente, avrei voluto un "No" chiaro e netto all'intervento militare italiano in Libia, un "No" alle guerre in Iraq, Afghanistan e Pakistan, un "No" al nucleare civile e militare e ai nuovi sistemi di morte. la Marcia e' un'occasione unica, irripetibile per dar voce e forza al popolo della pace, che per questa sua edizione 2011 poteva sicuramente essere utilizzata meglio.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Antonio Mazzeo: Purtroppo, ma vale anche per il piu' ampio movimento "no war", quella odierna e' per i movimenti nonviolenti una fase storica in cui sono piu' deboli e incapaci d'incidere sui grandi processi internazionali, nonostante la guerra sia divenuta sempre piu' globale e permanente. Spero di cuore che il 25 settembre possa rappresentare in Italia un primo momento collettivo di svolta per ridare il via ad una nuova fase di mobilitazioni, accanto e congiunti ai movimenti sociali che sicuramente occuperanno le piazze del paese nei prossimi mesi.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Antonio Mazzeo: Quello di mettere a disposizione il proprio patrimonio di idee, valori, azioni e forme di lotta, con piena disponibilita', senza voglie e bisogni inutili di protagonismo, cercando collaborazioni e alleanze con i soggetti sociali, gli studenti, gli ambientalisti e tutti coloro che ancora hanno la forza d'indignarsi per le ingiustizie, le sofferenze di donne e uomini, le sopraffazioni, le prevaricazioni, le guerre, la distruzione dell'ambiente e delle risorse naturali.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Antonio Mazzeo: Nonostante gli scenari siano densi di nubi, e si evidenziano all'orizzonte vecchie e nuove tragedie, ci sono segnali in controtendenza che ci consentono di nutrire speranze e desideri di esserci, opporci, resistere. Le campagne referendarie per l'acqua bene comune e contro il rilancio del nucleare, le occupazioni di istituti secondari e universita' contro la privatizzazione del sapere, le mille iniziative locali contro dissennati megaprogetti infrastrutturali e grandi opere, o contro le nuove basi di guerra e di morte, segnano momenti assai significativi di lotta nonviolenta. Ad essi si aggiungono le iniziative in tutta Europa di giovani, disoccupati e studenti per i diritti al lavoro, all'istruzione, alla salute, o le lotte dei popoli indigeni e dei movimenti sociali in America latina e in alcuni paesi asiatici contro lo strapotere delle transnazionali e per l'accesso alla terra e alle risorse naturali. Il pianeta e' sull'orlo del baratro, ma queste energie sviluppatesi al Nord come al Sud possono ancora impedire l'olocausto finale.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Antonio Mazzeo: Credo che si debba ripartire con le mobilitazioni diffuse contro vecchie e nuove operazioni di guerra e d'intervento militare (Libia, Afghanistan, Iraq ma penso pure al Corno d'Africa, dove si moltiplicano le spinte per un "intervento umanitario" a suon di missili e bombe), contro i nuovi piani di riarmo e militarizzazione del territorio (penso ai grandi centri-hub che le forze armate Usa, Nato e italiane stanno realizzando o ampliando in Italia, vedi Aviano-Vicenza, Camp Darby-Pisa, Napoli-Capodichino, Trapani-Sigonella, o all'avvio dei lavori per insediare a Niscemi, Caltanissetta uno dei quattro terminali terrestri del nuovo sistema Muos di telecomunicazione satellitare per le guerre convenzionali e nucleari del XXI secolo, ecc.). Ma bisognera' tentare di bloccare anche i piani di riconversione militare di complessi e centri di produzione industriale (vedi ad esempio quanto accade in Fincantieri o a Cameri-Novara con il programma per il cacciabombardiere F-35). Per i noviolenti sara' poi doverosa la partecipazione in prima persona alle iniziative sociali e sindacali per impedire le controriforme costituzionali in atto, contro le privatizzazioni selvagge e l'affermazione del modello socio-economico neoliberista che il governo, con il consenso di diverse forze "d'opposizione" sta implementando nel paese. E non dimenticare infine che dal Piemonte alla Sicilia continueranno le azioni e le proteste contro il dissennato modello "sviluppista" delle Grandi Opere, dilapidatrici di risorse finanziarie e generatrici di forti appetiti criminali.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Antonio Mazzeo: Direi che e' un modo "altro" d'intendere le relazioni tra donne e uomini, tra esseri viventi e con la natura, il territorio e le risorse, dove siano bandite la violenza, ogni forma di guerra, la sopraffazione, l'ingiustizia sociale, economica, ogni forma di discriminazione e asservimento. E per accostarsi ad essa chiederei l'umilta' di voler ascoltare e comprendere l'altro e di mettersi a servizio della vita contro la morte, contro ogni morte.

 

4. MEMORIA. KEN WORPOLE, HARRIET WARD, STUART WHITE, PETER MARSHALL: RICORDANDO COLIN WARD (PARTE SECONDA)

[Da "A. rivista anarchica", anno 41, n. 364, estate 2011 (disponibile anche nella rete telematica al sito www.arivista.org))" riprendiamo la traduzione dell'opuscolo commemorativo "Remembering Colin Ward (1924-2010)".

Colin Ward (1924- 2010) e' stato uno straordinario militante, pensatore, educatore e saggista anarchico. Tra le opere di Colin Ward: Anarchy in Action,Allen & Unwin 1973, Freedom Press 1988 (trad. it.: Anarchia come organizzazione, Antistato, Milano, 1976 e ried. Eleuthera 2006); Streetwork: The Exploding School, con Anthony Fyson, Routledge 1973; (a cura di), Vandalism, Architectural Press 1973; Utopia, Penguin 1974; Tenants take Over, Architectural Press 1976; Work, Penguin Education 1978; Violence, Penguin Education 1979; Housing: An anarchist approach, Freedom Press 1983; (a cura di), British School buildings: Desing & Appraisals, Architectural Press 1977; The Children in the City, Architectural Press 1979; Penguin 1994 (trad. it.: Il bambino e la citta', L'Ancora del Mediterraneo 2000); (con Dennis Hardy), Arcadia for All: the Legacy of a Makeshift Landscape, Mansell 1986; When we Build Again, Lets have Housing That Works, Pluto Press 1985; (con Dennis Hardy), Goodnight Campers! The History of the British Holiday Camp, Mansell 1986; Chartres: the Making of a miracle, Folio Society 1986; (a cura di), A Decade Of Anarchy, selezione del mensile "Anarchy" 1961-1970, Freedom Press 1987; (con David Crouch), The Allotment: Its landscape & culture, Faber & Faber 1988; The Child in the Country, Hale 1988; Bedford Square Press 1990; Welcome Thinner City, Bedford Square Press 1989; (con Ruth Rendell), Underminig The Central Line, Chatto & Windus 1989; Talking Houses, Freedom press 1990; (con Tim Ward), Images of Childhood, Sutton 1991 (trad. it.: Dopo l'automobile, Eleuthera 1997); Influences: Voices Of Creative Dissent, Green Books 1992; New Town, Home Town: The Lessons of Experience, Gulbenkian Foundation 1993; Talking Schools, Freedom Press 1995; Reflected in Water, Cassel 1997 (trad. it: Acqua e comunita', Eleuthera 2003); (a cura di D. Goodway), Conversazioni con Colin Ward Eleuthera 2003; Anarchism, Oxford up 2004 (trad. it.: L'Anarchia, Eleuthera 2008). Alcuni materiali di e su Colin Ward sono nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 236 e in "Coi piedi per terra" n. 276]

 

La riunione commemorativa, Conway Hall, Londra, sabato 10 luglio 2010

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Ken Worpole: Indirizzo di benvenuto e introduzione

Permettetemi di cominciare dando il benvenuto a voi tutti che siete convenuti numerosi nella Conway Hall questo pomeriggio, per ricordare la vita e le opere di Colin Ward, un amico, un collega (e coscienza politica) di tanti di noi qui presenti.

Ho conosciuto Colin nel 1973, quando venne a tenere una conferenza al Centre for Urban Studies di Islington, dove frequentavo un corso di formazione per insegnanti di Londra. A differenza di molti altri oratori, che tendevano a presentare il proprio sapere come frutto di dure ricerche, lo stile affabile e aneddotico di Colin all'inizio sembrava privo di serieta' e sostanza; eppure alla fine del suo contributo noi ci sentimmo sostenuti e confortati nel nostro lavoro di insegnanti... e completamente disarmati. La cosa piu' importante e' che riesco ancora a ricordarmi, quasi quarant'anni dopo, gran parte della conferenza, anche se una parte degli argomenti trattati ricomparve in un suo libro fondamentale, Il bambino e la citta', pubblicato nel 1978, e da allora continuamente ristampato. Il pubblico era rimasto completamente conquistato dall'entusiasmo di Colin per le consuetudini di vita per la strada e nei campi gioco, come per le tante nozioni pratiche e di socializzazione che vi si apprendono.

Dopo di che mi misi a frequentare Colin abbastanza regolarmente, spesso alle feste di "New Society" o di "New Statesman", poi negli ultimi dieci anni, come ospite, con mia moglie Larraine, a casa di Colin e Harriet a Kersey e piu' tardi a Debenham. Desidero qui rendere onore a Harriet Ward, che ha chiaramente garantito il sodalizio intellettuale, l'amore e un'ottima gestione domestica, offrendo cosi' a Colin lo spazio affettivo e fisico di cui aveva bisogno per scrivere in modo cosi' vasto e prolifico sui suoi numerosi interessi. In realta' la stessa Harriet e' una bravissima scrittrice e il libro in cui ricorda la figura di suo padre, Griffin Barry, A Man of Small Importance offre un ritratto vivace e acuto della cultura politica e personale della generazione rivoluzionaria dei suoi genitori, nei primi decenni del ventesimo secolo.

Per questo mi sento onorato che abbiano chiesto a me di presiedere a questo incontro di memorie e tributi, e invito con calore tutti quanti a condividere i ricordi di un uomo eccellente e un maestro per tanti.

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Harriet Ward: Com'era Colin negli anni sessanta

La prima volta che ho incontrato Colin e' stato nel 1965 al Garnett College di Roehampton, dove seguivamo entrambi un corso di aggiornamento annuale per insegnanti, rivolto in particolare a studenti di una certa eta' che volevano insegnare nei corsi di educazione permanente (e noi due avevamo entrambi "una certa eta'": io avevo trentaquattro anni e Colin quaranta). Io avevo due figli piccoli (che sono qui oggi) il cui padre era morto, cosi' sembrava che il lavoro piu' adatto nella mia situazione sarebbe stato l'insegnamento. Colin era li' (come mi disse poi) in parte perche' voleva cambiare dopo dodici anni dedicati all'architettura, ma anche per disporre di piu' tempo per scrivere.

Il corso era gia' in funzione dal precedente settembre, ma per qualche motivo non ci eravamo accorti l'una dell'altro fin quasi alla conclusione del trimestre estivo. Alle lezioni Colin sedeva verso il fondo dell'aula e prendeva appunti in silenzio, senza mai fare domande e senza farsi notare, e non si spostava mai alla fine dell'ora. A quell'epoca curava la pubblicazione di "Anarchy", come scoprii piu' tardi, e certe volte era impegnato a casa a mettere insieme i pezzi della rivista o a scrivere in fretta e furia qualche articolo per riempire uno spazio quando un articolo promesso non arrivava.

La prima cosa di lui che attiro' la mia attenzione fu una copia di "New Society" che teneva sotto il braccio: era una nuova rivista che avevo appena scoperto anch'io. Cosi' la nostra prima conversazione riguardo' alcuni articoli di "New Society" e mi resi conto immediatamente che avevamo un punto di vista simile sulla vita e, cosa che mi sorprese ancor piu', che Colin sapeva tante cose dell'ambiente della sinistra politica dal quale provenivo, anche sul tema dell'istruzione progressista, quando si arrivo' a parlarne nel corso.

Ma cio' che davvero mi stupi' di questa nuova conoscenza fu il suo contributo a una discussione seminariale sulla "educazione ambientale". A ognuno di noi era stato chiesto di illustrare a turno come strutturare una lezione sull'ambiente e noi, uno dopo l'altro, demmo risposte prevedibili, piuttosto scontate: una passeggiata in campagna (o in un parco, se avessimo dovuto insegnare in una situazione urbana) mostrando la flora e la fauna, le caratteristiche della Natura circostante (si noti che all'epoca se si parlava di "educazione ambientale", veniva in mente la campagna e un rapporto con la Natura). Quando pero' fu il suo turno, Colin lascio' tutti a bocca aperta con una presentazione affascinante, che ci fece arrossire imbarazzati per la nostra inadeguatezza e mancanza di fantasia.

La mia lezione seguira' il percorso di un seme di pomodoro, spiego', ricordando che quel seme attraversa il corpo umano senza essere digerito. Partiremo dalla sua origine dentro un pomodoro nell'orto di un vecchio pensionato, poi come pietanza nel pasto di famiglia, giu' nel sistema digerente... e di li' nel sistema fognario, dove puo' finire nelle acque di un fiume fino al mare... a ogni tappa del viaggio, ovviamente, ci sarebbero state indagini e discussioni.

Da quel momento capii che Colin era una persona speciale e decisi che avrei dovuto conoscerlo meglio. Cosi' lo cercai all'intervallo di pranzo e lo presentai all'unico altro studente interessante che avevo conosciuto, notando con piacere che si erano trovati simpatici. Intanto ogni conversazione con Colin aumentava il mio interesse per quell'uomo affascinante. E non solo per il suo intelletto! Ammiravo la sua spettacolare criniera di capelli grigi che ondeggiavano al vento. Grazie al mio sguardo d'aquila avevo anche notato peli di gatto sui suoi pantaloni: un altro eccellente indizio.

Ma si avvicinava la fine del trimestre!

Come avrei fatto a cementare quell'amicizia prima della conclusione del corso e prima che tornassimo alle nostre indaffarate esistenze?

Avevo saputo che Colin abitava a Fulham e avevo notato che veniva alle lezioni con i mezzi pubblici, mentre io ci andavo in auto, attraversando Londra da West Hampstead. Fulham era piu' o meno sulla strada (risate), cosi' mi feci avanti offrendogli un passaggio alla fine delle lezioni. Era sempre gradevolmente sorpreso dalla apparente coincidenza di trovarmi sul punto di partenza proprio mentre usciva dal portone della scuola... Non poteva sapere che me ne stavo seduta nel parcheggio sfogliando le mie carte finche', con la coda dell'occhio, non lo vedevo spuntare, e allora accendevo il motore. Colin, non sarete sorpresi nel saperlo, era del tutto ignaro delle astuzie femminili, anzi di ogni genere di astuzia.

Una volta arrivati davanti alla porta della sua abitazione, non ci volle molto per farmi invitare a bere una tazza di te' e conoscere gli amici anarchici con cui condivideva l'appartamento, Vernon Richards e Peta Hewetson, e i suoi gatti, ovviamente, e i due ragazzi che crescevano insieme, Alan e Doug Balfour, la cui madre era morta circa nello spesso periodo in cui era scomparso mio marito. Era stata la "compagna" di Colin, come usano dire gli anarchici, cosi' scoprii che anche lui, come me, era vedovo, in un certo senso.

La nostra relazione si approfondi' rapidamente in quei pomeriggi dopo la scuola al numero 33 di Elerby Street, grazie ai lunghi tormenti della donna che mi curava i bambini e che aspettava pazientemente che passassi e riprendermeli (si trattava dell'insostituibile Lily, che forse qualcuno dei presenti ricorda).

Alla fine fui io che feci il primo passo, quando mi resi conto che anche Colin era innamorato ma era troppo timido per dirlo. E avevo ragione! Lo era davvero! Eppure, eppure... quest'uomo assurdamente modesto era convinto che mi fossi sbagliata e che "mi sarei accorta" di avere scelto un partner non alla mia altezza, una volta che l'avessi conosciuto meglio.

Una volta mi porse timidamente un fascicolo di attestati, documenti presentati insieme alla sua domanda al Garnett College, che dichiaravano che sarebbe stato un ottimo insegnante (e qui devo spiegare che il corso che frequentavamo era destinato a laureati, il che non era un problema per me, ma Colin aveva dovuto pietire per essere ammesso, perche' aveva lasciato la scuola a quindici anni e aveva solo un paio di diplomi di scuole serali. Questo era il senso di quel fascio di carte rivolto "A chi di competenza").

Colin evidentemente sperava che quelle belle parole potessero servire a raccomandarlo anche come futuro compagno di vita. Le cito: "e' un piacere, anche se e' difficile farlo in modo adeguato, scrivere di un uomo di tali doti e di tale integrita', determinazione e capacita' qual e' il signor Colin Ward... Ci sono poche persone che sanno elaborare idee, soprattutto sulle questioni sociali ed economiche, per iscritto, come oratori e come conduttori di dibattiti, in un modo cosi' colto e autorevole, ma che sia anche divertente e piacevole".

Cosi' si esprimeva Anthony Weaver, Senior Lecturer di pedagogia del Jesus College di Oxford. Un altro senior lecturer, della Bartlett School di architetture, si dichiarava "personalmente in debito con [Colin] che mi ha insegnato tantissimo".

Ma l'argomento decisivo fu quello di Gabi Epstein, un socio dello studio di architettura Shepheard and Epstein, dove Colin aveva lavorato per dieci anni, dal 1952 al 1961. Tanto per cominciare, Gabi lo riempiva di lodi sperticate come "il nostro architetto piu' anziano... estremamente competente e di grande esperienza" eccetera eccetera. Parlo di lodi sperticate, perche' Colin non aveva mai avuto la qualifica di architetto, in sostanza era un disegnatore, come mi ripeteva sempre, anche se andava sui cantieri e trattava con le ditte appaltatrici. Poi Gabi si ricordo' che Colin faceva una domanda come insegnante e non come architetto, e continuava cosi': "La ragione per cui difficilmente potremo trovare un sostituto del signor Ward e' che, oltre a tutto quello che ho detto in precedenza, egli ha una grande influenza educativa nel nostro studio in generale. Credo di non avere mai conosciuto prima in vita mia qualcuno che sia cosi' competente su tanti argomenti... Se dovessi cercare un'universita' con un professore al suo interno, vorrei che quel professore fosse Colin Ward".

Nel corso degli anni ho sentito un numero infinito di storie divertenti su quello studio da Colin, e da George West, un altro collega di Colin e suo amico da una vita, che aveva lavorato li'. Pochi anni dopo il corso al Garnett College, Colin fece domanda per un posto alla Town and Country Planning Association, e quella volta l'altro socio, Peter Shepheard, si espresse in termini altrettanto calorosi per raccomandarlo: "Sinceramente mi risulta impossibile immaginarmi qualcuno che sia piu' adatto per questo lavoro di sostanza e interessante ecc. ecc. Ward e' un uomo di vaste letture e anzi, nel nostro studio si scherza nel tentativo di scoprire un argomento sul quale non sia informato, ma non ci siamo mai riusciti".

Sono certa che molti di voi riconosceranno il Colin che conoscevamo in queste parole di oltre quarant'anni fa. Ovviamente fu ammesso al Garnett College, ovviamente ebbe il posto alla Tcpa e ovviamente mi prese il cuore, non grazie alle parole di altre persone, ma con la sua persona (anche se avevo ancora il mio daffare per convincerlo che mi andava bene). Colin non era solo un gran cervello, ma una persona con tante qualita' domestiche, come avrei scoperto presto, e un uomo di famiglia per predisposizione naturale. Era anche, come sappiamo, la persona piu' gentile e piu' generosa che una potesse sperare di incontrare, senza un briciolo di ambizione personale o di vanita', lui che avrebbe avuto tanti motivi per cui vantarsi. Oh, me fortunata!

Non e' stata una navigazione tranquilla, pero'. Ci volle un anno per riorganizzare i nostri due menage familiari, sistemarci nelle scuole dove insegnavamo, trovare una casa in cui vivere. Quell'anno lessi tantissimi articoli di "Anarchy", ci scrissi perfino, e cosi' facendo scoprii che ero stata per tutta la vita un'anarchica senza saperlo (cosa che credo valga per altri che leggono i testi di Colin sull'anarchia: risulta tutto cosi' sensato).

Ci siamo sposati nel 1966 e abbiamo abitato fino alla fine del decennio al 19 di Schubert Road a Putney, insegnando in vari college e aggiungendo un figlio alla nostra famiglia, Ben. Lo pseudonimo usato da Colin su "Anarchy" quando stava a Fulham, John Ellerby, fu sostituito da uno nuovo, Frank Schubert, e il tavolo della nostra spaziosa cucina veniva sgombrato una volta al mese per montare le pagine della rivista.

Per Colin gli anni sessanta sono stati importanti tanto professionalmente quanto personalmente, perche' "Anarchy" e' stato il terreno di coltura per il filosofo anarchico di cui sentirete parlare tra pochi istanti. Per me quel decennio e' stato l'inizio di una relazione fantasticamente felice, che si e' conclusa all'inizio di quest'anno. Mi considero davvero fortunata per avere trascorso quarantacinque anni in compagnia di Colin.

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Stuart White: Colin Ward, come rendere l'anarchia rispettabile, ma non troppo

In un articolo del 1961, basato su un discorso rivolto a una scuola estiva anarchica, Colin si chiedeva: "Noi [anarchici] siamo abbastanza rispettabili?". E spiegava: "Non che mi interessi il modo in cui ci vestiamo, e se la nostra vita privata sia conforme alla norma statistica... ma penso alla qualita' delle nostre idee anarchiche: sono idee che meritano rispetto?".

Colin aveva un'acuta sensibilita' riguardo alle reazioni di molti, quando avevano a che fare per la prima volta con le teorie anarchiche: "Sembrano bellissime, ma sono sicuramente impraticabili". Egli vedeva come una reazione del genere portasse sbrigativamente ad accantonare le idee anarchiche in quanto non degne di una seria attenzione e voleva che le persone superassero quella prima reazione.

Come faceva? Con tre affermazioni plausibili.

La prima riguarda il pluralismo. Le societa' utilizzano varie tecniche per fare fronte alle necessita' e per risolvere i problemi. Si servono di tecniche di mercato o simili, che si basano sulla proprieta' privata, sulla concorrenza e sul perseguimento di un interesse individuale. Impiegano tecniche fondate sull'autorita', il comando, la burocrazia. C'e' poi una terza tecnica o un gruppo di tecniche basato sul mutuo aiuto e la cooperazione.

L'anarchia per Colin altro non e' che uno spazio sociale nel quale predominano queste ultime tecniche della reciprocita'. Uno spazio sociale nel quale si entra (e si esce) liberamente; nel quale le persone si relazionano alla pari e lavorano in modo cooperativo, per risolvere un problema, soddisfare un bisogno, o semplicemente esercitare la creativita' per il gusto di farlo.

E lo scopo del movimento anarchico e' di cercare di spingere e spronare la societa' verso un'ancora maggiore anarchia con questo significato.

Una volta che la concepiamo in questo modo, sosteneva Colin, vediamo che l'anarchia lungi dall'essere un'utopia irrealistica, fa gia' parte della nostra vita sociale. Questa e' la seconda affermazione importante di Colin: l'anarchia non e' solo nel futuro: e' parte del presente. In una certa misura, gia' ora risolviamo problemi e appaghiamo bisogni ricorrendo all'anarchia. Per esempio, l'anarchia e' gia' presente nei gruppi dei "dodici passi", i cui membri cercano di superare insieme un problema comune di dipendenza. I suoi principi si attuano nei centri ricreativi per disabili, nelle associazioni di mutuo soccorso, nel Royal National Lifeboat Institute, in Wikipedia, in migliaia di migliaia di spazi sociali liberi, ugualitari e cooperativi.

E' spesso presente in forme tanto ovvie che la diamo per scontata. Venendo qui, mi sono fermato da un giornalaio per chiedere la strada, e lui me l'ha indicata. Non me l'ha mica venduta e non ci sono leggi che lo obbligavano a darmi quelle informazioni. Me le ha date gratis e, in una situazione simile, io le darei gratis e il giornalaio le riceverebbe, spero, gratis. Ecco un bisogno che, in certa misura, la nostra societa' soddisfa in modo anarchico, sviluppando una regola di mutuo aiuto che stabilisce come comportarsi.

Ora, se l'anarchia e' gia' "in azione" nella nostra societa', se risolve problemi e soddisfa esigenze, puo' forse risolvere ancor piu' problemi e soddisfare ancor piu' esigenze.

Questo ci porta alla terza affermazione di Colin: la praticabilita' dell'anarchia. Colin puntava a dimostrare che l'anarchia e' in grado di soddisfare bisogni e di risolvere problemi laddove Stati e mercati normalmente falliscono o danno risultati scadenti. Per questo i suoi scritti sull'anarchia non avevano mai la forma di un'analisi concettuale, sullo Stato, sulla liberta' o altro, ma esprimevano l'impegno verso i reali problemi sociali - casa, scuola, trasporti, energia, alimentazione, acqua.

Io penso che in questo modo sia riuscito a cogliere il suo obiettivo e a dimostrare che le idee anarchiche siano "degne di rispetto".

Penso, pero', anche che sia importante vedere che l'anarchia di Colin resti molto impegnativa. Non e' facile da assimilare ad altri punti di vista, di destra come di sinistra.

Cominciamo dalla destra. Lo slogan della nuova coalizione di governo e' "Grande Societa' e non grande governo". Per un verso, sembrerebbe uno slogan che Colin non avrebbe potuto non sottoscrivere. Il messaggio di fondo non era appunto quello di auspicare una "grande societa'" come alternativa a un "grande Stato"?

In realta' la visione anarchica di Colin fa sollevare alcune dure domande nei confronti di quella coalizione e del suo programma di "grande societa'".

Per esempio, i testi di Colin ci inducono a chiederci: fino a che punto la "grande societa'" va applicata all'economia? E' un correttivo al "grande mercato" oltre che al "grande Stato"? Cosi', per esempio, significa controllo dei lavoratori nell'industria? Significa la sostituzione delle banche di commercio con istituti finanziari mutualistici? Significa affidarsi alla produzione per la comunita' in alternativa al mercato?

Ma la sfida, indubbiamente, e' rivolta anche alla sinistra. Come mai, chiede Colin, la sinistra vuole cosi' spesso che lo Stato intervenga per il popolo o sul popolo invece di fare in modo che il popolo agisca per proprio conto?

La sua critica si e' esercitata con grande efficacia sul problema della casa. Ma e' andato anche ben oltre.

Per esempio, molti a sinistra considerano la scuola pubblica uno strumento potenzialmente efficace di uguaglianza. Quando i bambini "vanno male" a scuola (male rispetto ai criteri scolastici), si interrogano se la scuola disponga di risorse sufficienti. O temono che magari le opportunita' per i piccoli siano inficiate da quanto avviene in famiglia ancor prima che varchino la porta della scuola. Dopo di che si mettono a riflettere su come lo Stato possa intervenire sulle famiglie per migliorare quelle opportunita'.

L'approccio di Colin era molto diverso: proponeva un modello di scuola molto piu' flessibile, una scuola con spazi accessibili per lo studio a qualsiasi eta', ma anche con la liberta' di apprendere all'interno della comunita'. Sosteneva la "modesta proposta" di non rendere obbligatoria la frequenza scolastica.

Per qualsiasi sostenitore della socialdemocrazia (quale io sono) si tratta di una posizione estremamente stimolante e impegnativa: non e' facile per un socialdemocratico, pur animato da ottime intenzioni, lasciare libere le persone fino a questo punto, col timore di come potrebbero usare quella liberta'. Colin lancia la sfida ai socialdemocratici, ponendo continuamente questa domanda: perche' non lasciarli fare? Perche' non fidarsi della responsabilita' e della competenza delle persone?

In sintesi, le idee di Colin continuano a sollevare interrogativi in chi coltiva idee convenzionali di destra come di sinistra. Per questo io credo che abbia centrato un obiettivo che era davvero difficile: ha reso l'anarchia rispettabile, ma non troppo rispettabile.

*

Peter Marshall: Colin Ward, seminatore di idee

Colin Ward era un deciso seminatore di idee libertarie, uno degli anarchici inglesi piu' influenti fin dalla fine della seconda guerra mondiale.

Io l'ho conosciuto all'inizio degli anni settanta, quando abitava in un quartiere meridionale di Londra: mi si presento' in braghette corte in una sera d'estate e mi invito' in cucina per discutere di William Godwin, il padre del movimento anarchico britannico. Avevamo un interesse comune nella figura della compagna di Godwin, Mary Wollstonecraft, ma anche nei temi della assegnazione e dell'uso dei terreni, della scuola e della creativita' del gioco dei bambini. Anarchy in Action (1973), il suo principale testo teorico, confermava la mia convinzione nella possibilita' pratica dell'anarchia, qui e ora. Apprezzavo il fatto che le sue critiche fossero invariabilmente positive e io ne ero stato in varie occasioni un beneficiario. Tutte le volte che ci trovavamo insieme alla radio per discutere di anarchia, ero sempre colpito dai suoi commenti equilibrati e sagaci.

Per me rappresentava il meglio della tradizione anarchica del nostro paese. Era diventato anarchico durante la seconda guerra mondiale, mentre era in servizio nell'esercito in Scozia; da allora era rimasto fermo nella sua convinzione sugli effetti dannosi del governo e dell'autorita' e sugli incalcolabili vantaggi di un struttura sociale federale e decentrata di comunita' autogestite. Come dichiaro' in un'intervista radiofonica nel 1968, era "un anarchico comunista nella tradizione di Kropotkin". Spiegava con molta chiarezza che la societa' anarchica e' "una societa' che si organizza senza autorita'" e che l'anarchia "e' una descrizione di una organizzazione umana radicata nell'esperienza quotidiana". Con queste convinzioni contribui' con Vernon Richards, Nicholas Walter e altri, a fare le riviste "Freedom" e "Anarchy", al centro delle riflessioni costruttive sull'anarchia in Inghilterra. Il suo libro Anarchy in Action, basato su una serie di articoli scritti per quelle riviste, ha visto molte traduzioni e ha raggiunto una cerchia di lettori ben piu' ampia dei soli sostenitori dell'anarchia.

In tutti i suoi scritti Colin rendeva onore al potenziale creativo, allo spirito di iniziativa e all'autonomia dei giovani e della gente comune, degli oppressi e degli emarginati dal potere coercitivo e dall'autorita'. Se "la liberta' per il luccio e' la morte per il pesciolino", non c'e' dubbio da quale parte si schierasse e quale liberta' volesse sostenere. Dimostro' lucidamente che per quanto uno Stato fosse tirannico, per quanto disperata fosse la situazione, non e' possibile soffocare negli esseri umani gli impulsi innati alla creazione e alla cooperazione.

Avendo lasciato la scuola a quindici anni per lavorare in uno studio di architettura, ed essendo in gran parte un autodidatta, Colin sarebbe il primo ad ammettere di non essere mai stato un teorico in senso astratto. Si considerava soprattutto un divulgatore e un propagandista delle idee anarchiche. Cio' nonostante, ha saputo applicare con grande originalita' la propria profonda sensibilita' libertaria e il proprio intuito a quelle che definiva "applicazioni" e "soluzioni" in un ampio spettro di argomenti, sulla casa, l'architettura, l'urbanistica, la politica sociale, l'assegnazione di terreni, l'occupazione di alloggi, la scuola, i trasporti, l'acqua. I suoi libri, molti scritti in collaborazione con altri autori, assumono tutti un netto punto di vista anarchico e trattano tutti delle relazioni tra le persone e gli ambienti in cui vivono, lavorano e giocano. Nei suoi scritti incoraggiava le tendenze al volontariato, alla cooperazione, alla democrazia all'interno della societa' e auspicava il massimo decentramento del potere di coercizione. Si teneva sempre in ombra, ispirandosi ampiamente alle opere di altri e citandole copiosamente, ma la sua calorosa umanita' traspare sempre nella prosa nitida e misurata delle sue pagine.

Nella sua maniera insieme affascinante e modesta, quando gli si chiese di scrivere un'autobiografia, presento' una raccolta di saggi suoi suoi maestri prediletti, che intitolo' Influences. Aveva fatto estese letture di testi anarchici e socialisti, e spesso riconosceva il proprio debito verso Godwin per le idee sull'educazione libertaria, verso Kropotkin per i concetti di mutuo aiuto e di umanizzazione del lavoro in reti federate di comuni autonome, verso Martin Buber per avere messo in luce il conflitto permanente tra quelli che definiva "principio sociale" e "principio politico", verso Gustav Landauer per ricordargli che lo Stato non e' un'entita' astratta ma "un certo rapporto tra esseri umani", verso Paul Goodman che aveva chiarito che una societa' libera e' un'estensione di "sfere di libera azione" gia' in essere, e infine verso Alexander Herzen, che l'aveva convinto della necessita' di operare per il cambiamento nel presente e non per un futuro immaginario che forse non verra' mai.

Anche se ammetteva l'influenza di queste tesi, le aveva fatte decisamente sue e ne spargeva i semi tutto intorno, anche su terreni che apparivano duri e sterili. Il suo metodo frammentario e gradualista, mettendo l'accento sulla messa in pratica di un'anarchia operante, ha contribuito a formare e a far riflettere una generazione anarchica da lui definita di "seconda ondata" o di "post-sinistra", che si e' sviluppata in tutto l'Occidente dalla fine del ventesimo secolo. Grazie al suo metodo del "fai da te", con la sottolineatura al mutuo aiuto e all'autosufficienza, continuano a nascere reti di associazioni volontarie e di cooperative, di istituzioni libertarie e diversi esperimenti di vita collettiva e comunitaria.

Colin sara' annoverato tra i grandi anarchici inglesi della seconda meta' del ventesimo secolo come quello che probabilmente ha piu' influenzato la politica sociale e la progettazione ambientale. E' caratteristico di quest'uomo lungimirante e generoso il fatto che alla fine della sua lunga e fertile esistenza, abbia scritto, alla conclusione della sua Very Short Introduction to Anarchism, che nel ventunesimo secolo "le migliori prospettive per l'anarchia si troveranno nel movimento ecologico".

Colin era un uomo di grande modestia e preferiva sempre sottovalutare il proprio importante contributo alle teorie sociali anarchiche. Come un vecchio saggio taoista, forniva un orientamento dall'ombra, cosi' che tutti potessero dire: "L'abbiamo fatto noi", senza rendersi conto del suo influsso benevolo e sorridente.

Finche' liberta', giustizia, gentilezza e convivialita' saranno considerate importanti valori, Colin restera' come "un seme sotto la neve" (per usare una delle sue frasi preferite), pronto a germinare dovunque ci sia disgelo nell'inverno della cultura occidentale.

 

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

6. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 655 del 22 agosto 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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