Telegrammi. 654



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 654 del 21 agosto 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Opporsi

2. Sette domande a Enrico Mezzetti

3. Sette domande a Gianfranco Monaca

4. Sette domande a Franco Perna

5. Ben Ward, George West, John Pilgrim, David Downes: Ricordando Colin Ward (parte prima)

6. Si e' svolto il 20 agosto a Viterbo un incontro di riflessione e di testimonianza contro guerra e razzismo

7. La "Carta" del Movimento Nonviolento

8. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. OPPORSI

 

Opporsi alla guerra e al razzismo.

Opporsi agli eserciti e alle armi.

Opporsi alle uccisioni e alle persecuzioni.

Scegliere l'umanita'.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A ENRICO MEZZETTI

[Ringraziamo Enrico Mezzetti (per contatti: mezzettienrico at libero.it) per questa intervista.

Enrico Mezzetti, avvocato, protagonista a Viterbo e nell'Alto Lazio di fondamentali lotte per l'ambiente, la pace, i diritti umani; a lungo capogruppo della sinistra in Consiglio Comunale; fondatore nel viterbese della Lega per l'Ambiente (ora Lega Ambiente) e protagonista dell'opposizione alla costruzione della centrale nucleare a Montalto di Castro, animatore del movimento contro le servitu' militari, animatore dell'esperienza del Comitato in difesa della Costituzione, e' da sempre a Viterbo un punto di riferimento per tutti i movimenti democratici]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Enrico Mezzetti: La presa di coscienza che la pace e la nonviolenza sono valori diffusi che attraversano, trasformano e/o mettono in crisi grandi culture.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Enrico Mezzetti: L'Italia e', da anni, in guerra su piu' fronti. Le cronache (sia pure in forma reticente e mistificante) ce ne danno notizia quotidiana. Eppure (per pressoche' universale intesa) e' come se cio' non fosse e le voci di verita' scorrono come acqua sui vetri, sovrastate dalla forza dei fatti. La marcia del 25 settembre sara' in grado di contrapporre alla forza dei fatti la forza della ragione, della verita' e... della sua politica? Sara' in grado di prefigurare e di imporre un interlocutore politicamente credibile?

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Enrico Mezzetti: Mi piace la metafora del "fiume carsico". Ma e' solo un auspicio. Alla ferocia dell'ultimo decennio ed alla ideologia che la ha supportata e' stato veramente arduo contrapporre la cultura della nonviolenza.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Enrico Mezzetti: Risvegliare le coscienze. L'art. 11 della Costituzione calpestato. Le forze politiche desiderose di "rispettabilita'" internazionale che "rimuovono"; che stravolgono il significato delle parole, che chiamano "pace" la guerra; e "democrazia" "diritti umani" "comunita' internazionale" il massacro di innocenti. E' in grado il Movimento Nonviolento di aggredire tale sovrastruttura che e' diventata diffuso senso comune?

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Enrico Mezzetti: I movimenti delle donne; i diritti gay; i beni comuni; le energie alternative, l'uguaglianza davanti alla legge.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Enrico Mezzetti: Via dall'Afghanistan e dalla Libia. Accoglienza per gli immigrati e i rom.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la  nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Enrico Mezzetti: In estrema sintesi, intendo la nonviolenza come "dignita'" per se' e per gli altri. Sdegno per ogni prevaricazione. La nonviolenza e' molto piu' della semplice tolleranza; e' presa di coscienza della propria parzialita', e' curiosita' e rispetto per tutte le altre parzialita', e' ricerca di contaminazione.

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A GIANFRANCO MONACA

[Ringraziamo Gianfranco Monaca (per contatti: astensis at promotus.it) per questa intervista.

"Gianfranco Monaca, Asti 31 luglio 1934, Giac responsabilita' diocesana Asti 1950-54, seminario, ordinazione presbiterale Asti 1959, animazione pastorale e socio-culturale vari ambienti, pastorale migranti in Belgio (Seraing) e licence en sciences cathechese a Luouvain con Francois Houtart 1965-1970, rientro in Asti, animazione socio-culturale ambiente rurale, intanto laurea sociologia a Torino con Luciano Gallino, passaggio alla formazione/socializzazione giovani handicappati (Ial Cisl, poi comune di Asti) 1974-1990, direzione centro documentazione didattica musei civici Asti 1990-1999 (funzionario comunale), Pensione Inpdap. Attivita' volontariato editoria e grafica con Ldc Leumann catechesi e biblica per ragazzi, pubblicazioni varie storia locale, immigrazione, collaborazione a "Tempi di Fraternita'" (testi e immagini). Attivita' nell'Associazione culturale Tempi di fraternita' (onlus) prevalentemente sui temi della sicurezza sul lavoro, immigrazione, riscoperta e valorizzazione del pensiero alfieriano; in collaborazione con "Noi siamo Chiesa" promozione della memoria e dell'opera di Ernesto Buonaiuti". Molto attento alle realta' sociali, politiche e religiose, ha anche fatto diverse mostre personali e ricevuto numerosi riconoscimenti come artista (ha esposto la prima volta ad Asti nel 1952); dal sito www.astilibri.com riprendiamo il seguente piu' ampio profilo autobiografico: "Sono nato ad Asti il 31 luglio del 1934. Ho scoperto molto tardi che non era stata una giornata felice per l'Europa: il cancelliere austriaco Dollfuss fu assassinato quel giorno dai nazisti, allo scopo di prendere il potere in Austria. Penso che questo fatto abbia creato un clima avvelenato di paura e di insicurezza che ha condizionato in un modo o nell'altro la vita della gente in quegli anni. L'anno dopo la guerra in Africa Orientale per la conquista dell'impero, nel '36 la guerra di Spagna, nel '38 le leggi razziali, nel '39 l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista, poi della Francia, del Belgio, dell'Olanda... e l'entrata in guerra dell'Italia, per potersi sedere al tavolo della "pace" con qualche centinaio di morti e spartire con la Germania il bottino di guerra. Avevo cinque anni quando venne ad Asti Mussolini. Ricordo l'aspetto strano della citta' addobbata con grandi drappi neri e tricolore. Probabilmente in casa non se ne diceva un gran bene, perche' ricordo che mi tenevo nascosto al di sotto del davanzale del balcone e avevo paura di guardare, poi vinse la curiosita'. Il duce passava in piedi su una macchina scoperta, ma visto dall'alto non era niente di speciale e mi tranquillizzai. Ma furono pochi attimi. Poi vennero i tempi dei bombardamenti, degli sfollati, della resistenza. Mio fratello era partigiano e i miei genitori dovettero darsi alla macchia per non essere presi come ostaggi. Finche' non mi resi conto di queste cose non capii perche' in casa nostra si rideva cosi' poco. Riempivo lunghe ore di solitudine divorando i libri della "Scala d'oro" della Utet e tentando di disegnare i castelli e i cavalieri di cui pullulavano quelle letture. Mi mandarono a prendere qualche lezione di musica dal maestro Baroncini, ma non se ne fece niente; non era affar mio. Provarono con il professor Rosa e con la pittura e il disegno le cose andarono meglio, ma l'impegno nelle attivita' delle organizzazioni giovanili era cio' che mi gratificava di piu'. Dopo la maturita' classica all'Alfieri frequentai per un anno la facolta' di architettura a Torino, ma l'impegno sociale e politico mi attirava con maggiore forza, e piu' ancora il lavoro di riflessione filosofica e teologica e quello dell'intervento pedagogico. A diciannove anni decisi di intraprendere gli studi teologici, che portai a termine con successo. L'attivita' di animazione culturale e pastorale mi andava bene, mi pareva fosse esattamente quello che avevo sempre desiderato, purche' l'avessi potuta svolgere con creativita' e fantasia. Questo mi condusse a inventarmi percorsi nuovi e a vivere esperienze esaltanti: lavorai per cinque anni in Belgio tra gli emigrati nella cintura carbosiderurgica di Liegi e conseguii la laurea in scienze religiose all'universita' di Lovanio nel pieno del periodo della contestazione, con una tesi di cui fu relatore Francois Houtart, uno dei piu' vivaci teologi e sociologi del mondo, ancor oggi punta di diamante del rinnovamento conciliare, irriducibile oppositore del revisionismo e della normalizzazione. Pubblicai piu' tardi su questa esperienza "Come alberi che camminano" per l'Editrice Esperienze, a cura dell'Istituto per la Storia della Resistenza di Asti. Rientrato in Italia, mentre lavoravo al recupero e inserimento dei giovani handicappati (e ci lavorai fino al '91, dopo che la struttura passo' alla gestione comunale), avendo attivato alcuni corsi di formazione professionale speciale nell'ambito dello Ial-Cisl di Asti, preparai gli esami e mi laureai nel 1975 in Sociologia a Torino con una tesi sulle "Centocinquanta ore", istituite per legge nel 1973. Pubblicai "Bestiario intimo" per le Edizioni Omega, collaborai ad alcune collane dei Fratelli Fabbri e della Elledici, di argomento pedagogico. Su invito di Francesco Coppo ho fatto alcune mostre personali e ho partecipato a lungo, per le cortesi insistenze dello squisito amico Giovanni Arri jr, alle mostre collettive della Promotrice. Fu un antico e valente mio insegnante di esegesi biblica, Pietro Daquino, a coinvolgermi in alcune sue ricerche sulla storia locale e nella redazione della rivista "Il Platano". Forse era destino, visto che gia' nel '61 don Alfredo Bianco mi aveva chiesto una piccola collaborazione per la sua "Asti medioevale". Giovanni Boano, come presidente della Cassa di Risparmio di Asti, mi affido' il compito di "raccontare" il duomo, e ne nacque "Asti: un duomo, una citta'" nel 1988. Per la Cassa avevo gia' fatto "La storia di Asti, quasi una controstoria" e "Vittorio Alfieri", combinando insieme il testo e i disegni, ma senza produrre un "fumetto" come si intende di solito questo genere. Dal 1991 questo divento' il mio mestiere, essendo passato a dirigere il Centro per la documentazione didattica dei Musei Civici. La citta' mi si veniva presentando come un'immensa enciclopedia di tutti i saperi, e mi entusiasmava - e ancora mi entusiasma - scoprire e far scoprire dagli altri (i concittadini e i giovani innanzitutto) gli aspetti sorprendenti di cio' che frettolosamente si costeggia ogni giorno senza avvedersene. Che e', tutto sommato, una metafora della vita stessa. Cosi' ho "raccontato" la chiesa e il quartiere di San Secondo in "Asti: San Secondo dei mercanti". E subito dopo ho fatto con Saviolo "Attenzione immigrati", una serie di epigrammi disegnati di impegno sociale; nello stesso senso va la mia collaborazione con il mensile "Tempi di fraternita'", del quale curo particolarmente la pagina dedicata all'"Elogio della Follia" e che ha pubblicato "Grand Hotel Giubileo", una raccolta di umorismo grafico. Teologia, sociologia, storia, umorismo grafico e vita civile sono modi diversi per "incarnare" (con maggiore o minor successo, ma almeno ci provo) l'eterno nel quotidiano, come agitando senza sosta un barattolo in cui materia e spirito rischiano continuamente di separarsi depositandosi a differenti livelli"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Gianfranco Monaca: Ha generalizzato il concetto di pace sottraendolo alla gestione confessionale e a quella tecnocratico-politica, ha diffuso il concetto di nonviolenza a livello di base, ha raggiunto gli operatori sociali e culturali fino a capovolgere il concetto di "progresso" un tempo associato alla impossibilita' di fare a meno di un certo livello di violenza istituzionale. Ha contribuito a chiarire la differenza tra "forza" e "violenza". Ha aiutato i credenti a passare da un concetto dualista agostiniano di "peccato originale" (negativo) al concetto di "progetto creazionale" (positivo) (Mattew Fox, Original blessing).

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Gianfranco Monaca: Le liberazioni in corso dall'Asia all'Europa. Se sara' in grado di far camminare insieme i resistenti dal Tibet all'Egitto, alla Tunisia, ai palestinesi e israeliani, ai "clandestini" italiani, ai No-Tav, ai sans-papiers francesi, avra' segnato un bel punto a favore della democrazia sostanziale, segnando lo spartiacque dalla democrazia formale sbandierata dai poteri forti.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Gianfranco Monaca: Non sta attraversando un momento facile. Cresce la tentazione di farsi giustizia da se' in assenza di una politica credibile ed efficiente e di fronte all'arroganza dei ricchi sempre piu' ricchi.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Gianfranco Monaca: Aiutare la riflessione e marciando molto a contatto con chi non ha voce, sempre tentato di farsi sentire con gesti che fanno sempre il gioco dei "padroni" (che non aspettano altro).

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Gianfranco Monaca: La campagna dei quattro referendum ha dimostrato quanta strada si puo' fare.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Gianfranco Monaca: Riportando a galla i temi che sono continuamente in pericolo di restare sommersi e che si fa di tutto per oscurare: carceri, omicidi sul lavoro, connessione mafie-politica-imprese. Sono una fabbrica permanente di violenza.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la  nonviolenza?", cosa risponderebbe?

- Gianfranco Monaca: La politica. Non c'e' alternativa.

 

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A FRANCO PERNA

[Ringraziamo Franco Perna (per contatti: perfranco1 at hotmail.com) per questa intervista.

Franco Perna e' una delle figure storiche della nonviolenza in Italia, di grandissima autorevolezza morale. "Provengo da un ambiente contadino, costretto a lasciare la scuola a dieci anni per lavorare. In seguito (meta' anni '50) ho ripreso a studiare pur continuando a lavorare. Nel 1958 collaborai brevemente con Danilo Dolci e piu' tardi anche con Aldo Capitini. Emigrato all'estero nel '59, ho svolto attivita' di coordinamento a livello internazionale con vari organismi, tra cui il Mir (Movimento Internazionale della Riconciliazione), Ccivs (Coordinating Commitee for International Voluntary Service - Unesco),  Sci (Servizio Civile Internazionale), Fwcc - Europe & Middle East (Friends World Committe for Consultation - Quakers). Per alcuni anni ho anche collaborato, su base free-lance, con le istituzioni europee (Francia, Lussemburgo e Belgio), con le Nazioni Unite (Iran) e con il Consiglio Ecumenico delle Chiese (Africa). Sono andato in pensione nel 1993 e attualmente vivo in Italia (con alcuni mesi all'anno in Sud Africa) assieme alla mia compagna, Asma, e alla nostra bimba (Mira, quasi 5 anni)"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Franco Perna: Sono in sintonia con Mao Valpiana e desidero associarmi a quanto scritto da lui; detto cio', forse potrei aggiungere qualche commento telegrafico. La cosa piu' rilevante dalla prima marcia Perugia-Assisi e' la convinzione che tutti possono contribuire alla pace e alla nonviolenza, senza timore di usare questi termini nella vita di tutti i giorni.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Franco Perna: La prossima marcia contribuira' ulteriormente alla collaborazione, indispensabile, tra coloro che veramente vogliono promuovere la pace a tutti i livelli.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Franco Perna: Oggi la nonviolenza e' evidenziata dal lavoro di singoli o gruppi impegnati in progetti di giustizia sociale qua e la' nel mondo. Di tanto in tanto essa viene anche praticata efficacemente dalle masse, ma avrebbe bisogno di un maggior sostegno da parte dei media informatici.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini?

- Franco Perna: Nonostante i suoi limiti il Movimento Nonviolento (che conta solo qualche centinaio di soci) svolge un ruolo catalizzatore - assieme ad altri organismi - in questa nostra societa', ahime', politicamente e socialmente "appiattita".

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Franco Perna: Penso che le rivolte popolari in certi paesi arabi, pur tenendo conto di risvolti negativi e oppressivi di chi si ostina di rimanere al potere, siano molto significative anche per l'Italia.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Franco Perna: Continuare a intensificare il nostro lavoro di formiche, soprattutto nelle nostre realta' locali, promuovendo ogni iniziativa nonviolenta che mira alla giustizia sociale quale base essenziale per la pace.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Franco Perna: Piu' che dare una definizione teorica della nonviolenza, cercherei di coinvolgere tale persona in qualcosa di pratico, operando insieme, dove i metodi nonviolenti potrebbero essere utilmente usati e messi a buon fine per il bene comune.

 

5. MEMORIA. BEN WARD, GEORGE WEST, JOHN PILGRIM, DAVID DOWNES: RICORDANDO COLIN WARD (PARTE PRIMA)

[Da "A. rivista anarchica", anno 41, n. 364, estate 2011 (disponibile anche nella rete telematica al sito www.arivista.org))" riprendiamo la traduzione dell'opuscolo commemorativo "Remembering Colin Ward (1924-2010)".

Colin Ward (1924- 2010) e' stato uno straordinario militante, pensatore, educatore e saggista anarchico. Tra le opere di Colin Ward: Anarchy in Action,Allen & Unwin 1973, Freedom Press 1988 (trad. it.: Anarchia come organizzazione, Antistato, Milano, 1976 e ried. Eleuthera 2006); Streetwork: The Exploding School, con Anthony Fyson, Routledge 1973; (a cura di), Vandalism, Architectural Press 1973; Utopia, Penguin 1974; Tenants take Over, Architectural Press 1976; Work, Penguin Education 1978; Violence, Penguin Education 1979; Housing: An anarchist approach, Freedom Press 1983; (a cura di), British School buildings: Desing & Appraisals, Architectural Press 1977; The Children in the City, Architectural Press 1979; Penguin 1994 (trad. it.: Il bambino e la citta', L'Ancora del Mediterraneo 2000); (con Dennis Hardy), Arcadia for All: the Legacy of a Makeshift Landscape, Mansell 1986; When we Build Again, Lets have Housing That Works, Pluto Press 1985; (con Dennis Hardy), Goodnight Campers! The History of the British Holiday Camp, Mansell 1986; Chartres: the Making of a miracle, Folio Society 1986; (a cura di), A Decade Of Anarchy, selezione del mensile "Anarchy" 1961-1970, Freedom Press 1987; (con David Crouch), The Allotment: Its landscape & culture, Faber & Faber 1988; The Child in the Country, Hale 1988; Bedford Square Press 1990; Welcome Thinner City, Bedford Square Press 1989; (con Ruth Rendell), Underminig The Central Line, Chatto & Windus 1989; Talking Houses, Freedom press 1990; (con Tim Ward), Images of Childhood, Sutton 1991 (trad. it.: Dopo l'automobile, Eleuthera 1997); Influences: Voices Of Creative Dissent, Green Books 1992; New Town, Home Town: The Lessons of Experience, Gulbenkian Foundation 1993; Talking Schools, Freedom Press 1995; Reflected in Water, Cassel 1997 (trad. it: Acqua e comunita', Eleuthera 2003); (a cura di D. Goodway), Conversazioni con Colin Ward Eleuthera 2003; Anarchism, Oxford up 2004 (trad. it.: L'Anarchia, Eleuthera 2008). Alcuni materiali di e su Colin Ward sono nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 236 e in "Coi piedi per terra" n. 276]

 

Ricordando Colin Ward (1924-2010)

Con questo titolo e' stato pubblicato in Gran Bretagna, fuori commercio, un bel libretto che raccoglie gli interventi fatti nel corso del funerale (primo marzo 2010) e in una successiva giornata commemorativa tenutasi alla Conway Hall di Londra (10 luglio 2010).

Ciascuno degli intervenuti ha portato la propria testimonianza e dall'insieme traspare vivace la figura di un intellettuale al contempo curioso e stimolante, ricco di umanita', un anarchico a tutto tondo.

*

Il funerale, Ipswich, Londra, lunedi' primo marzo 2010

Colin Ward era un anarchico, un giornalista, autore di libri sull'architettura, sul lavoro, l'infanzia, l'istruzione, la storia sociale e molti altri temi importanti per chi aspira a un mondo migliore. Era un uomo tranquillo, di grande integrita', che si era guadagnato l'ammirazione e l'affetto di lettori in tutto il mondo, ed e' stato uno tra i pensatori piu' influenti della sua generazione.

Al suo funerale, il primo marzo 2010, parenti e amici furono invitati a ricordarlo e i loro discorsi costituiscono un primo capitolo di questa breve raccolta. Il 10 luglio dello stesso anno si tenne nella Conway Hall di Londra una riunione commemorativa, e nella seconda parte sono presentati i contributi offerti in quell'occasione. Infine l'opuscolo contiene una bibliografia scelta delle principali pubblicazioni di Colin.

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Ben Ward: Discorso di apertura

Buon giorno a tutti. Come sapete, oggi siamo qui per celebrare la vita di Colin e per salutarlo. Ero andato con lui a qualche funerale e lui diceva sempre che quelle erano occasioni liete, occasioni per ritrovarsi insieme con amici e familiari. Con quest'idea in mente, abbiamo organizzato un servizio che speriamo sarebbe piaciuto a Colin e che ci auguriamo faccia sorridere un poco anche voi.

Colin e' vissuto a Londra fino a quando ha compiuto 55 anni (tranne per i cinque anni di servizio militare tra il 1942 e il 1947) e i trent'anni successivi nel Suffolk. Dunque non si e' mosso tanto. Ma le sue idee, il suo spirito e la sua speciale personalita' hanno viaggiato in lungo e in largo.

Una delle sue frasi abituali, soprattutto quando gli veniva offerto un panino in piu' a pranzo o Harriet gli serviva una seconda volta una delle deliziose pietanze che gli preparava, era: "Pensiamo agli altri". Per circa un'ora ignoreremo questa sua esortazione e penseremo solo a lui.

Vorrei invitare George West a dire qualche parola. Per trent'anni George telefonava a Colin due volte alla settimana, ma il loro rapporto non si limitava a questo, come sentirete tra poco.

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George West: Un'amicizia dal ritmo stabile

Ho conosciuto Colin nel novembre del 1950. Facevamo lo stesso percorso per andare in ufficio, dalla stazione della metropolitana di Gant's Hill, la Shangri-la dell'Essex. Per sessant'anni abbiamo goduto insieme delle nostre esistenze complicate. Solo la poesia riesce a cogliere l'essenza di una persona, e io non sono un poeta. I miei ricordi non sono di vertici e abissi, ma di un'amicizia dall'andamento stabile. Colin era un uomo che non aveva in se' nessun malanimo, nessuna gelosia o invidia. Era una persona virtuosa? Non saprei dire, ma le sue azioni nascevano da quello stesso seme. E' cosi' che lo vedo ora, al presente, perche' ci siamo costruiti a vicenda e lui e' parte di me.

L'ufficio in cui lavoravamo non era grande, circa otto addetti che progettavano case popolari con impegno e passione. All'epoca in ufficio c'era un certo entusiasmo per coltivare piante di avocado. Colin e io pensammo di doverci provare anche noi, e la storia e' cominciata cosi'. Siamo andato dall'ortolano vicino, tra Davis Street e Oxford Street, un posto che sembra una cittadina.

La nostra idea era di comprare un avocado, toglierne tanti semi e far crescere tante piante. Ricorderete che nel 1950 l'avocado era un prodotto tra i piu' esotici. Riuscimmo a trovarlo e a comprarlo e ci dirigemmo trionfanti in ufficio. A una signora davanti a noi cadde la borsa. Colin si fece subito avanti, raccolse la borsa e la porse gentilmente alla donna. Aspetto' un po', poi disse: "Potrebbe dirmi grazie". E quella gli diede un pugno nello stomaco!

In ufficio tagliammo l'avocado e restammo proprio male scoprendo che aveva un unico seme. Erano giorni semplici e ingenui.

Bene! Celebriamo il ricordo di Colin, riconosciamo con gioia il nostro debito verso quell'uomo gentile.

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John Pilgrim: Un'influenza costante

"Per quanto certe siano le nostre aspettative

Il momento previsto puo' essere inatteso

Quando arriva. Viene quando siamo assorbiti da altre faccende diversamente urgenti".

Queste parole tratte da Assassinio nella cattedrale, hanno oggi un suono particolare. Stavo scrivendo il necrologio di un altro amico, John Rety, quando ho saputo che Colin Ward era morto. Sono entrambi presenti nella mia mente. Era stato John Rety, che allora dirigeva una rivista underground che si chiamava "Intimate Review", a chiedermi di andare al Malatesta Club.

"Corre voce", mi disse in tono cospiratorio, "che ci vadano gli anarchici. Vedi che cosa puoi scoprirci". Non avendo idea di che cosa fossero gli anarchici, ci andai con qualche trepidazione. Li' rimasi cosi' colpito da Philip Samson, che presi una copia di "Freedom". Poi, quando Colin lancio' "Anarchy", mi abbonai anche a quella rivista.

All'epoca avevo una bancarella di libri in Charing Cross Road. Un giorno ci passo' Colin Ward, si mise a esaminare gli scaffali della fantascienza e mi chiese di scrivere un pezzo sull'argomento per la sua rivista. In seguito, una versione riveduta di quell'articolo mi fece guadagnare una borsa di studio per adulti all'universita'. Questa importante svolta nella mia vita era stata un diretto risultato dell'intervento spontaneo e generoso di Colin.

E la cosa non si e' fermata li'. In un primo tempo avevo intenzione di studiare storia, ma su "Anarchy" leggevo articoli di quelli che conoscevo come il gruppo di sociologi di Colin. Jock Young, David Downes, Stan Cohen, Laurie Taylor, che poi sarebbero diventati personalita' di rilievo. Per questo poi scelsi di studiare sociologia e politica.

Colin mi ha costantemente influenzato. Quando mi chiesero di intervenire sul tema dell'anarchia a una conferenza a Hull, alla base del mio intervento scelsi il suo libro Anarchia come organizzazione.

Ci siamo rivisti quando mi sono trasferito nel Suffolk. Siccome aveva problemi di tempo, mi chiese di stendere un ricordo di Ron Fletcher, ex docente di sociologia a York e mio commissario esterno agli esami a Hull. "Non lo conoscevo bene", gli dissi. "L'ho solo visto salire in macchina una volta". "Sara' sufficiente" mi ha risposto. "E poi so che hai i suoi libri". Cosi' mi ha fatto ricominciare a scrivere. Si puo' dire che ha influenzato in modo decisamente diretto la mia vita.

La cosa piu' importante e' che Colin ha elaborato una teoria dell'organizzazione e di un auspicabile cambiamento sociale molto piu' sensata di certe idee calate dall'alto delle ideologie ufficiali. Non e' esagerato dire che le sue idee sulle abitazioni, sull'istruzione, sulle strutture non ufficiali della vita quotidiana hanno influenzato il pensiero di tante persone in tutto il mondo.

Sarebbe stato particolarmente giusto affidargli la cattedra di politica sociale alla London School of Economics. Era un autodidatta, avendo abbandonato gli studi senza diplomarsi, come il fondatore di quel dipartimento, Richard Titmus e, come quest'ultimo, ha lasciato un segno grazie al suo puro intuito.

Credo che Colin si troverebbe d'accordo con un altro personaggio di Assassinio nella cattedrale che dice:

"Non vedo nulla di definitivo nell'arte del governo temporale

Ma violenza, la doppiezza e la frequente malversazione

Hanno una sola regola: prendere il potere e tenerselo".

Non fa venire in mente qualcosa oggi?

Avevo qualche riserva sul fatto di citare due volte T. S. Eliot, ma credo che il meraviglioso eclettismo di Colin avrebbe preso la cosa per il verso giusto. Dopo tutto, era riuscito a ricavare molto del proprio pensiero sociologico da un teologo ebraico che si chiamava Martin Buber.

Non so bene come avrebbe reagito allo spettacolo di un conservatore, primo ministro in pectore, che canta le lodi del controllo operaio e del mutuo aiuto. Ho il sospetto che non l'avrebbe considerato un segnale del fatto che il mondo che auspicava stava per esserci regalato dal comitato centrale dei Tory. Le sue parole d'ordine erano federalismo, mutualismo, cooperazione e comunita'.

Colin ha detto che le sue idee provengono da Petr Kropotkin e da Gustav Landauer. L'understatement era un tratto tipico del suo carattere. La sua originalita' sta nei collegamenti che faceva, applicando le idee di coloro che l'avevano influenzato ai problemi pratici del ventesimo e del ventunesimo secolo. Riusciva ad essere preveggente in modo incredibile. Quarant'anni fa segnalo' l'approssimarsi dei problemi del caro casa. E ovviamente fu tra i primi a cogliere la crisi emergente dell'acqua.

Il suo genio stava nel creare connessioni. Aveva soprattutto una enorme fantasia in campo sociale. Ha detto Wright Mills: "La fantasia fa comprendere la storia e la geografia, e le relazioni tra entrambe nella societa'". Colin possedeva quel tipo di fantasia. Lo ha dimostrato in una trentina di libri e in un numero infinito di conferenze e articoli. La gente prendeva nota e le cose poi procedevano in modo diverso. Aveva avviato (o riavviato se preferite) una tradizione di ripensamento radicale di un sapere tradizionale.

Il mondo e' un posto migliore perche' ci ha vissuto uno come Colin Ward. Era e rimane un esempio per tutti noi.

*

Ben Ward: Com'e' stato avere un papa' come Colin Ward

Mentre io sono il suo unico figlio biologico, Colin, in realta', ha avuto un ruolo importante nella crescita di cinque figli in totale. Alan e Doug Balfour negli anni cinquanta e sessanta, Barney e Tom Unwin negli anni sessanta e settanta e me negli anni settanta e ottanta.

Ha contribuito in modi diversi al nostro benessere, aiutando Doug nel suo apprendistato da carpentiere, ha spinto Alan a fare ricerche e a scrivere sulla musica blues, si e' legato a Tom grazie al suo libro Anarchy in Action, e ha sostenuto Barney e me venendoci ad ascoltare quando suonavamo nei pub.

Colin era un genitore molto gentile, che non interferiva. Se i suoi figli tralignavano, invece di infuriarsi, di sgridarci o di darcele, lasciava che ci capitasse quello che doveva succedere in seguito alle nostre azioni. Se ci mettevamo in compagnie sbagliate, lasciava che ce la sbrogliassimo da soli, senza manifestare la sua disapprovazione e senza indurci cosi' a ribellarci ancora di piu'. E' probabile che certi personaggi che ci portavamo a casa, invece di farlo indignare, lo facessero sorridere.

Un buon esempio del carattere comprensivo e disponibile di Colin puo' essere questa storia che ha ricordato Barney, risalente alla meta' degli anni settanta.

Un pomeriggio Barney e Tom se ne erano andati a tirare qualche calcio al pallone al Wandsworth Park, nella zona sud-est di Londra, quando, lungo la strada, uno dei due riusci' a prendere in pieno una finestra sulla facciata di una casa. Salto' fuori il proprietario che li prese a male parole, pretendendo di farsi dire dove abitavano. I ragazzi glielo dissero, poi si affrettarono nel parco e rimasero a giocare fino a tardi, per rimandare il piu' a lungo possibile il momento terribile del rientro a casa e della musica che avrebbero dovuto ascoltare.

Raccolto tutto il coraggio per tornare, trovarono l'uomo al quale avevano rotto la finestra seduto a tavola con Colin e Harriet a bere vino rosso. Colin aveva scoperto che quel tizio fabbricava organetti e se l'era fatto immediatamente amico, presumibilmente dopo aver pagato i danni senza fare una piega. Riguardo alla finestra rotta, non gli usci' di bocca nemmeno una parola con i ragazzi.

Magari vi chiederete se Colin abbia mai partecipato alle nostre improvvisate partite di pallone. Avrebbe potuto, solo che nel suo corpo non c'era nemmeno un ossicino competitivo. Non era interessato a nessun tipo di sport o di gioco, ma se era costretto a parteggiare per qualcuno, si metteva sempre dalla parte dei piu' scalcinati, fingendo di tifare per squadre di calcio come l'Accriginton Stanley o la Hamilton Academical, probabilmente perche' in queste vedeva eterni combattenti... o forse semplicemente perche' gli piacevano i nomi.

Il suo modo di insegnarci la distinzione tra giusto e sbagliato era guidato dall'esempio e non dalle prediche. Per esempio, viveva molto semplicemente. Se qualcuno si prendeva il disturbo di cucinargli qualche pietanza, diceva sempre che era "deliziosa", talora ancor prima di averla assaggiata.

Quando viveva nel Suffolk meridionale, se doveva andare a Londra per un giorno, faceva a piedi un chilometro fino alla fermata dell'autobus, prendeva la linea per Ipswich e di li' il treno, invece di chiedere un passaggio fino a Colchester a me o alla mamma, rendendo cosi' il viaggio piu' breve e piu' economico.

Se certe volte qualcuno gli chiedeva come sarebbe ritornato da Hadleigh, dove c'era il posto piu' vicino per fare fotocopie, a circa cinque chilometri da casa, rispondeva che sarebbe andato a piedi, "come Dio ha voluto che andassi".

Era un appassionato camminatore e un entusiasta utente dei mezzi pubblici, per mangiare e bere non faceva mai il difficile, non si considerava superiore a nessuno. Qualita' che non ha imposto a noi, che pero' potevamo osservarle nel suo comportamento tutti i giorni. E poi gli piacevano tanto i gatti...

Non sareste sorpresi a sapere che ci ha aiutati tutti nei compiti a casa. Doug ricevette i suoi suggerimenti per un tema che doveva fare su Isambard Kingdom Brunel. Alan ha ereditato da lui lo stile accurato e i metodi per rendere gradevoli le presentazioni del suo progetto per il fiume Wandle nel 1960. Trent'anni dopo, ero sul punto di andare all'universita', ma non avevo deciso se studiare musica o filosofia. Quando gli espressi il mio dilemma, Colin ando' alla macchina da scrivere e torno' con questo messaggio: "Il mondo e' pieno di filosofi e pieno di musicisti. Ma chi preferiscono ascoltare tutti?".

Lasciava cosi' sottintendere che mentre la filosofia era una disciplina esoterica, accessibile solo a grandi cervelloni, la musica andava in realta' a beneficio di tutti.

Forse la qualita' che meglio riassume i miei ricordi di Colin e che per fortuna non perse mai, anche quando tutto stava cedendo in lui, era il suo senso dell'umorismo.

Posso immaginarmelo ancora alla sua macchina da scrivere o seduto a tavola, mentre riflette su qualcosa, con una sigaretta Craven A tra le dita, e poi io mi avvicinavo e di colpo la sua espressione cambiava, mi sorrideva e cercava di farmi ridere. Ogni volta che si presentava un mio amico, gli dava un soprannome, come "il Grande Pipe" o "Moore il Grande" e cercava di far ridere anche lui.

Infine, come nonno vero o acquisito, Colin era prima di tutto protettivo, preoccupato di tenere lontano dai piccini gli insetti molesti, i ragni e i topi, e poi, quando i nipoti erano ormai adolescenti e tendevano a imporsi nella conversazione, li lasciava fare, si sedeva da parte e sorrideva in silenzio.

Credo che siamo stati proprio fortunati a crescere accanto a una persona cosi' paziente e generosa, un vero uomo di pace.

*

David Downes: Nescafe' e una Craven A

Ho conosciuto Colin tramite Sue, mia moglie, che allora insegnava a Woodberry Down, una delle prime scuole onnicomprensive, dalla fine degli anni cinquanta fino al 1961.

Una sua collega era Frances Sokolov, e fu lei che ci presento' John Hewetson (un uomo fantastico il quale, dato che abitavamo a Bermondsey, divento' il nostro medico di famiglia per qualche tempo), Philip Sansom e Colin. Non avevo mai conosciuto persone come loro. Mettevano in discussione ogni manifestazione di conformismo e fu fin da subito chiaro che soprattutto Colin aveva un'idea fuori del comune non solo di come avrebbero dovuto essere la vita e la societa' per essere buone, ma che avrebbero potuto esserlo qui e ora. Discutevano animatamente di arte, scienza, musica, idee di cambiamento della societa', senza quella seriosa tetraggine che ero solito vedere nella sinistra. Avevano un grande senso del ridicolo, ma non si fecero beffe dei miei maldestri tentativi di ricerca sociologica sulla criminalita', ma li presero sul serio. Colin pubblico' qualche articolo e qualche recensione che scrissi sulla delinquenza, la giustizia e la scuola su "Anarchy", una rivista i cui articoli erano spesso scritti da lui e firmati con pseudonimi ispirati ai nomi delle vie dove aveva abitato. Quel periodico le cui vivaci copertine erano realizzate per lo piu' da Rufus Segar, non mancava mai di cogliere la fantasia e lo spirito dei tempi in cui vivevamo. Pur non potendo affermare di essere un anarchico fatto e finito, piano piano finii per rendermi conto che il senso del lavoro di Colin, coltivare e nutrire le idee anarchiche di mutuo aiuto e di iniziativa cooperativa alla base di ogni istituzione, era la migliore espressione di socialismo che conoscessi. Era inoltre una filosofia che si poteva vivere nel presente, senza aspettare qualche remota alba rivoluzionaria, invariabilmente falsa. Erano questi gli ideali che esprimeva con tanta eloquenza nei libri, dal suo primo del 1973, tanto acclamato e tradotto, Anarchy in Action, fino all'ultimo e bellissimo Anarchism: A Very Short Introduction, del 2004.

E' stato proprio un bel colpo di fortuna avere conosciuto Colin relativamente presto, ed e' stato un continuo piacere continuare a frequentarci, con i nostri figli, in qualche incontro che lui e Harriet organizzavano nella loro casa di Putney. Tra le tante belle qualita' di lui che apprezzavamo c'erano la sua generosita' e il suo senso dell'umorismo. Le sue idee hanno avuto sempre una certa risonanza, soprattutto in Italia, dove all'inizio degli anni novanta era stato un ospite d'onore a una conferenza sull'anarchismo a Bologna. Un'amica italiana che era venuta in Inghilterra per fare ricerche sul femminismo russo post-rivoluzionario era ansiosissima di conoscerlo. Dopo aver chiacchierato con lui per un certo tempo, se ne era andata con la mente che ribolliva di idee e con parecchi libri che Colin le aveva prestato o regalato, uno dei quali era l'edizione originale di La mia disillusione in Russia, con la firma di Emma Goldman. "Spero che ti ritorni indietro", dissi a Colin. "Certo che si'", mi rispose. E il libro fu restituito davvero, dopo qualche mese. Di un simile aiuto da Colin sono stati beneficiati innumerevoli visitatori e studenti, non ultima Judith Suissa, la figlia di Stan Cohen, che, solo pochi anni fa, ha scritto una tesi di dottorato, ora un libro, sulle idee anarchiche e l'istruzione.

Lo spirito di Colin era memorabile. Mi tormentavo da una decina di anni per trovare il titolo per un libro sul gioco d'azzardo. Colin se ne usci' subito cosi': "Che ne dici di Uno scemo e i suoi soldi?". Rimpiango di non averlo utilizzato: avrebbe venduto molte piu' copie. Durante una sua visita a Londra si fermo' a dormire da noi a Wandsworth: gli domandammo che cosa avrebbe gradito per colazione. La risposta fu: "Nescafe' e una Craven A".

Un raro elogio di Colin e' venuto da Stan Cohen, autore di saggi classici come Folk Devils and Moral Panics. Negli anni sessanta Colin aveva pubblicato alcuni suoi articoli su "Anarchy". Nella sua stanza alla London School of Economics Stan tiene una raccolta di fotografie formato cartolina di varie persone, un pantheon molto selezionato di figure che ammira: Samuel Beckett, Noam Chomsky, Nelson Mandela e, non ultimo, George Orwell. Un giorno, mentre le osservavo, gli chiesi di chi gli sarebbe piaciuto scrivere la biografia, se ne avesse avuto l'opportunita'. Anche se la sua foto non figurava tra quelle, mi rispose: Colin Ward.

 

6. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 20 AGOSTO A VITERBO UN INCONTRO DI RIFLESSIONE E DI TESTIMONIANZA CONTRO GUERRA E RAZZISMO

 

Sabato 20 agosto 2011 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un incontro di riflessione e di testimonianza contro guerra e razzismo.

L'incontro si e' svolto in preparazione della prossima marcia "per la pace e la fratellanza dei popoli" da Perugia ad Assisi del 25 settembre 2011, nel cinquantesimo anniversario della prima ideata e organizzata da Aldo Capitini (1899-1968), l'illustre filosofo fondatore del Movimento Nonviolento.

 

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

8. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 654 del 21 agosto 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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