Voci e volti della nonviolenza. 394
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 394
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- Date: Thu, 11 Aug 2011 06:54:40 +0200 (CEST)
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 394 dell'11 agosto 2011
In questo numero:
1. Sette domande a Ferdinando Imposimato
2. Mao Valpiana: Per prepararsi alla marcia Perugia-Assisi
3. Una lettera di Angela Giuffrida
4. Sette domande a Silvano Tartarini
5. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
1. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A FERDINANDO IMPOSIMATO
[Ringraziamo Ferdinando Imposimato per questa intervista.
Ferdinando Imposimato e' una delle figure piu'illustri della vita civile del nostro paese. Giudice istruttore dei piu' importanti casi di terrorismo (caso Moro, attentato al papa, omicidio del presidente del Csm Vittorio Bachelet e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione), si e' occupato anche di processi contro mafia e camorra e di sequestri di persona; eletto al Senato della Repubblica (1987 e 1994) e alla Camera dei Deputati (1992), per tre legislature e' stato membro della Commissione Antimafia. E' presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riportiamo per stralci la seguente scheda: "Ferdinando Imposimato (Maddaloni - Caserta -, 9 aprile 1936), avvocato penalista, magistrato, senatore ed attualmente Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. Si e' impegnato nella lotta alla mafia e camorra, nella lotta contro il terrorismo: e' stato il giudice istruttore dei piu' importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro (1978), l'attentato a papa Giovanni Paolo II (1981), l'omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Vittorio Bachelet, e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione. Si occupa anche della difesa dei diritti umani. Dopo essersi laureato in giurisprudenza all'Universita' di Napoli nel 1959, nel 1962 diventa vicecommissario di Polizia e viene destinato prima a Brescia e poi a Forli'. Un anno dopo torna a Roma come funzionario del Ministero del Tesoro, ove lavora per un anno. Nel 1964 diventa magistrato. Quale giudice istruttore istruisce alcuni tra i piu' importanti casi di terrorismo tra cui il processo Aldo Moro, l'attentato al papa, l'omicidio dei presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, la strage di Piazza Nicosia. E' lo scopritore della pista bulgara in Europa e delle connessioni internazionali del terrorismo. E' il primo a parlare delle connessioni del terrorismo italiano con servizi segreti stranieri e della presenza nel caso Moro del Kgb. Si occupa di processi contro mafia e camorra. Tra gli altri istruisce il caso di Michele Sindona, il banchiere siciliano legato a Cosa Nostra, accusato di bancarotta fraudolenta per il fallimento di banche italiane e straniere. Nel 1981 istruisce il processo alla banda della Magliana, una agenzia criminale legata a Cosa Nostra, al terrorismo, a finanzieri, a usurai, costruttori, politici ed amministratori. Nel 1983, il fratello Franco viene ucciso per vendetta trasversale. Nel 1984 viene designato come rappresentante dell'Italia a Strasburgo per i problemi del terrorismo internazionale con abuso delle immunita' diplomatiche e redige la mozione finale approvata all'unanimita' dai rappresentanti dei 16 paesi dell'Europa. Nel 1986, lasciata la magistratura, diviene consulente legale delle Nazioni Unite nella lotta alla droga. Si reca piu' volte, per incarico dell'Onu, nei paesi dell'America Latina per i programmi di rafforzamento del sistema legale dei paesi afflitti dal narcotraffico. Prepara per conto delle Nazioni Unite diversi programmi di addestramento dei giudici colombiani, boliviani, peruviani ed ecuadoriani. Ad un programma che si svolge in Italia, partecipano, tra gli altri, Giovanni Falcone, Gianni De Gennaro, Rosario Priore, Giancarlo Caselli ed il generale dei Carabinieri Mario Mori. Si occupa di diritti umani e dei principi del giusto processo in America Latina, ove svolge una importante missione in Peru'. Nel 1987, come indipendente di sinistra, Imposimato viene eletto al Senato della Repubblica, e nel 1992 alla Camera dei Deputati. Nel 1994 viene eletto di nuovo al Senato. Per tre legislature e' membro della Commissione Antimafia. Presenta numerosi disegni di legge sulla riforma dei servizi segreti, sugli appalti pubblici, sui trapianti, sui sequestri di persona, sui pentiti, sul terrorismo, sulla dissociazione. E' stato membro della Suprema Corte di Cassazione, dove raggiunge il grado di Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte. E' direttore dell'osservatorio dell'Eurispes sulla criminalita' organizzata in Italia. E' impegnato in attivita' di volontariato e di solidarieta'. Nel 1984 viene designato dalla rivista francese 'Le Point' Uomo dell'anno - giudice coraggio, e riceve il premio dedicato a Carlo Alberto Dalla Chiesa per avere proseguito le sue battaglie al servizio della giustizia nonostante le minacce ricevute e l'assassinio del fratello. Nel 1985 il 'Times' di Londra gli dedica una intera pagina definendolo 'lo scudisciatore della mafia'. La rivista 'Reader's digest' gli dedica un servizio per le sue inchieste su terrorismo e mafia. Nel 1985 un libro dell'Onu lo sceglie, nell'Anno della gioventu', come 'simbolo della giustizia'. Nel 1986 scrive sei soggetti cinematografici per la Rai, radiotelevisione italiana. I film vengono prodotti da una coproduzione tra le televisioni di Italia, Francia, Germania, Austria e Spagna. Si tratta di sei storie giudiziarie, dal titolo Il giudice istruttore, che raccontano alcune delle inchieste condotte da Imposimato. In esse e' ricorrente il problema della fallacia della giustizia per la inafferrabilita' della verita' reale e la contraddizione tra verita' processuale e verita' reale. Tra gli interpreti, diretti dal regista Florestano Vancini, ci sono Erland Josephson, l'attore prediletto dal regista Ingmar Bergman, che interpreta la parte del giudice Imposimato, Daniel Gelin, Horst Bucholz, Capucine e Vittorio Gassman. Federico Fellini, amico fraterno del giudice, gli propone di scrivere soggetti cinematografici su temi giudiziari. Ma il progetto non va a termine per la morte del regista. Ha pubblicato diversi libri tra cui: Terrorismo internazionale; Corruzione ad alta velocita'; Vaticano. Un affare di Stato; La grande menzogna. Alcuni libri non sono stati editi in Italia, ma sono stati tradotti e diffusi all'estero, come: Un juge en Italie. Il blog di Ferdinando Imposimato e': http://ferdinandoimposimato.blogspot.com/". Tra le opere recenti di Ferdinando Imposimato: (con Giuseppe Pisauro e Sandro Provvisionato), Corruzione ad alta velocita'. Viaggio nel governo invisibile, Koine' Nuove Edizioni, 1999; Terrorismo internazionale. La verita' nascosta, Koine' Nuove Edizioni, 2002; Vaticano. Un affare di Stato, Koine' Nuove Edizioni, 2003; La grande menzogna, Koine' Nuove Edizioni, 2006; (con Sandro Provvisionato), Doveva morire, Chiare lettere, Milano 2008]
- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi 50 anni?
- Ferdinando Imposimato: Creare una cultura della pace e della tolleranza contro la cultura della guerra "preventiva" e dell'imperialismo americano che ci ha portato solo disastri, morti e distruzione di beni e dell'ambiente. La guerra in Iraq e' stata decisa prima dell'11 settembre 2011 ed e' stata costruita una orribile messinscena per dimostrare, con l'aiuto di media asserviti, che la guerra era necessaria per la lotta al terrorismo. Lo stesso e' accaduto per la guerra all'Afghanistan, che non e' una "guerra giusta".
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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?
- Ferdinando Imposimato: Il bisogno di porre fine a guerre insensate che sono all'origine della gravissima crisi mondiale che ci affligge. La diffusione della culura del dialogo e della solidarieta' internazionale verso i paesi piu' bisognosi e piu' disperati.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?
- Ferdinando Imposimato: La nonviolenza in Italia stenta ad affermarsi perche' costretta a misurarsi con l'esaltazione quotidiana della cultura della morte e della violenza, nei film e nelle trasmissioni tv. La culura della nonviolenza deve essere insegnata ricordando gli insegnamenti di Tucidide, secondo cui la guerra, oltre ad essere moralmente spregevole, spesso ha un esito diverso da quello previsto dai suoi assertori: La Libia ne e' un esempio lampante.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?
- Ferdinando Imposimato: Insegnare i principi della Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti umani nelle scuole, nelle universita' e nella società civile, sempre, senza dare l'impressione di essere "solo" pacifisti: la pace deve essere sempre associata alla giustizia e alla verita', oltre che alla solidarieta' come prescrive l'art. 2 della Carta costituzionale.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?
- Ferdinando Imposimato: I fatti di Londra dimostrano che le ingiustizie e le diseguaglianze portano verso la rivolta. E che la violenza non si batte con la forza e con la repressione, ma con la giustizia sociale.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?
- Ferdinando Imposimato: Sull'informazione sull'ingiustizia delle guerre in corso e sulla necessita' di battersi per la fine della guerra.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?
- Ferdinando Imposimato: Direi che la nonviolenza e' il rifiuto della forza bruta, della prepotenza e della prevaricazione; essa e' necessaria per risolvere i problemi. direi che la violenza e' stata sempre all'origine di maggiori ingiustizie, come e' avvenuto per il terrorismo. E che solo la nonviolenza, premessa della concordia, puo' salvarci dal baratro in cui stiamo precipitando.
2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: PER PREPARARSI ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]
Approfondire la conoscenza del pensiero, delle iniziative e della figura di Aldo Capitini, e' il modo migliore per prepararsi alla Marcia Perugia-Assisi.
Ad un giovane che volesse farlo, consiglierei di iniziare con la lettura di un bel testo autobiografico di Capitini: "Attraverso due terzi di secolo".
3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. UNA LETTERA DI ANGELA GIUFFRIDA
[Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida43 at inwind.it) per questa lettera di risposta a una richiesta di intervista.
Angela Giuffrida, gia' docente di Filosofia, ha avviato una riflessione critica sul sistema concettuale dominante che ha portato all'elaborazione di una nuova teoria della conoscenza, contenuta nel saggio Il corpo pensa. Umanita' o femminita'?, pubblicato nel 2002 da Prospettiva Edizioni, e applicata nel saggio La razionalita' femminile unico antidoto alla guerra, pubblicato a marzo del corrente anno da Bonaccorso editore. "E' in atto nel panorama culturale internazionale uno slittamento verso un diverso paradigma interpretativo che non ha trovato adeguata definizione. La teoria del corpo pensante risponde a tale necessita'. Non si arresta alla denuncia dei limiti e delle lacune del sapere convenzionale ma, evidenziando i meccanismi mentali sottesi, indica la via del loro superamento. Per promuovere la transizione da una impostazione mentale che coarta la vitale creativita' della specie ad una che la favorisce, Angela Giuffrida ha promosso corsi di studio e seminari, ha partecipato a convegni e ha scritto numerosi articoli"]
Penso che la guerra, non solo quella guerreggiata, dipenda dall'assetto cognitivo che da alcuni millenni governa il mondo. L'ho dimostrato nei miei saggi, servendomi delle ricerche scientifiche piu' avanzate che confermano in pieno le mie tesi, e lo ripeto costantemente negli articoli che poche persone coraggiose pubblicano. Per questo motivo mi e' impossibile rispondere alle domande cosi' come sono poste. Naturalmente non ho niente contro la marcia Perugia-Assisi, ne' contro altre manifestazioni che evidenziano il desiderio di pace di buona parte della popolazione mondiale, dico pero' che esse non sono sufficienti per realizzarlo, cosi' come non lo sono i vari movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia e nel resto del mondo. Nel mio saggio La razionalita' femminile unico antidoto alla guerra ho dedicato un capitolo al pensiero della nonviolenza ed ho mostrato come l'impostazione mentale maschile abbia ostacolato anche grandi personaggi come Gandhi, Capitini, King, a cui il persistente idealismo ha impedito di elaborare proposte efficaci. A conclusione del capitolo citato cosi' ho scritto: "... per quanto la nonviolenza sia, come afferma giustamente Peppe Sini, 'un insieme di insiemi che si nutre del confronto con le esperienze concrete di lotta contro la violenza (l'ingiustizia, la menzogna, eccetera) e di molteplici e fin fortemente contraddittorie tradizioni di pensiero e azione', rimanendo il sistema di pensiero sempre il medesimo, non sara' possibile bandire la violenza dal mondo, nonostante la sincerita' e la generosita' di chi si spende per realizzare un obiettivo cosi' nobile". L'impegno prioritario di chi ama la nonviolenza non puo' che essere, quindi, la sostituzione di un apparato concettuale in guerra permanente contro la vita, con uno favorevole ai viventi, adatto a garantire loro la sopravvivenza e l'evoluzione, nel che consiste, io credo, la nonviolenza piu' autentica.
4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A SILVANO TARTARINI
[Ringraziamo Silvano Tartarini (per contatti: berrettibianchi at virgilio.it) per questa intervista.
Silvano Tartarini e' stato in passato segretario della Lega per Il Disarmo Unilaterale e ha fatto parte per alcuni anni del Coordinamento politico della Campagna Osm-dpn. Nel 1990 lancio' l'iniziativa dei Volontari di pace in Medioriente unitamente ad Alfonso Navarra della segreteria della Ldu e a Francesca Piatti dei Verdi di Milano. A questa iniziativa si unirono subito, tra gli altri, Alberto l'Abate - che ne fu poi l'animatore - e Francesco Tullio. Ha partecipato a varie iniziative in Iraq e nella Repubblica Federale Yugoslava, dove fu poi aperta una ambasciata di pace. Nel 1998 ha preso l'iniziativa che ha portato alla costruzione dei Berretti Bianchi, di cui e' attualmente segretario. Ha redatto un primo testo sui compiti delle "ambasciate di pace" nel 1992 e ha partecipato alla stesura di un resoconto sull'esperienza dei "Volontari di pace in Medioriente" (Quaderni della Dpn, n. 21, 1993). Ha curato la pubblicazione "Don Giorgio Pratesi - Ricordo di un uomo di pace" ( Quaderni Berretti Bianchi Onlus, dicembre 2010). Sostiene la necessita' di una sinergia su un progetto condivido tra i gruppi nonviolenti e pacifisti in genere, come pre-condizione per uscire dal militare. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 345]
- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?
- Silvano Tartarini: Forse di essere stato un riferimento per la pace, con il quale non si era sempre d'accordo, ma che comunque c'era. Poiche' la democrazia e' partecipazione e il fatto, purtroppo, di poter esserci solo per trovarsi insieme agli altri, ma non certo per decidere alcunche', ci ha spesso tenuti lontano da questa manifestazione.
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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?
- Silvano Tartarini: Spero il ricordo di Capitini, della prima marcia, perche' altre cose di rilievo non le ho trovate. E si' che avrebbero dovuto esserci. Ma non ci sono. Si sarebbe dovuto citare almeno la necessita' di uscire dal militare e di costruire strumenti alternativi come le ambasciate di pace e i corpi civili di pace. Senza citare questi strumenti non vedo come si possa promuovere una riflessione seria su una attualita' oggi cosi' in sofferenza e sulle prospettive dell'impegno per la pace in Italia e nel mondo.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?
- Silvano Tartarini: Oggi la nonviolenza non e' piu' una parola cosi' ignota, e se non un'ampia cultura nonviolenta, una possibilita' di una forte diffusione di una cultura nonviolenta si sta facendo strada. Purtroppo i vari gruppi e gruppetti nonviolenti non hanno tutti le stesse idee e non operano che in bassa sinergia. Ci sarebbe bisogno di piu' organizzazione per diffondere il modo positivo di essere della nonviolenza. Manca questa coscienza o se c'e' non c'e' come forte necessita'. Vorrei dire che, oggi, non basta amare, ma che l'amore deve essere anche convinto di quel che vuole. Ma e' solo un modo di dire. Si puo' dire in tanti altri modi. L'essenza del problema e' che dobbiamo uscire dal militare e per farlo non possiamo aspettare tempi biblici, ma dobbiamo fare sinergia e incamminarci assieme su un progetto nonviolento condiviso.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?
- Silvano Tartarini: Credo un grosso ruolo, se solo il Movimento Nonviolento e gli altri gruppi nonviolenti lo volessero e ne avessero la convinzione e la forza. In primo luogo bisognerebbe prendere atto che i nostri livelli organizzativi sono ancora assolutamente inadeguati a costruire serie risposte di pace. E questo e' il problema dei problemi. Non porselo vuol dire "saltare" la pace. Poi e prima c'e' il progetto da condividere. Non e' necessario che ci sia tutto e tutto perfetto, basta che ci sia l'essenziale per incamminarci verso l'uscita dal militare. Se si vuole questo non solo non e' difficile da individuare, ma direi che e' gia' scritto nelle cose.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?
- Silvano Tartarini: In Italia il "soprassalto referendario" certo, anche se unito ancora oggi a troppi segnali negativi, dall'economia al sociale, a troppa ignoranza che si lega con l'indifferenza; poi la primavera araba, mi pare che meriti una giusta attenzione; potrebbe contribuire molto ad allentare piu' avanti una realta' di violenza e quindi avvicinare la nonviolenza.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?
- Silvano Tartarini: Su un solo dato e l'ho già detto: lavorare per costruire un piu' alto livello organizzativo di autonomia politica al servizio della pace e della nonviolenza. Noi Berretti bianchi stiamo da tempo riflettendo e lavorando su questo. Ma per ottenere questo, bisogna essere disposti a rinunciare anche a qualcosa di quello che ci sembra nostro. Se vogliamo crescere bisogna anche saper rinunciare alle scarpe che cominciano ad andarci strette.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?
- Silvano Tartarini: Per don Sirio la nonviolenza era lotta come amore, si puo' anche dire che la nonviolenza e' una verita' innamorata, una dignita' che cammina con noi, quando c'e'. Perche' non sempre c'e'. Perche' bisogna amarsi molto per amare gli altri e per sentirsi parte di tutti e di tutto. Dovremmo coltivarla come si fa con l'insalata e tenercela cara perche' quando arrivano le tempeste della vita e' essenziale avere una dignita' a cui attaccarsi. Per continuare a vivere in serenita', ovviamente.
5. TESTI. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSlZlONE AL FASCISMO
[Nuovamente riproponiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960, disponibile anche nel sito www.aldocapitini.it e nel sito www.nonviolenti.org
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org]
Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
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Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
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Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
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Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori.
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Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Numero 394 dell'11 agosto 2011
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