Telegrammi. 622



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 622 del 20 luglio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Gli omicidi che non interessano a nessuno

2. Aldo Capitini: Chi non rispetta un altro

3. Danilo Dolci: Chi ha cominciato

4. Alcuni testi del mese di luglio 2006 (parte quarta)

5. I complici, gli arresi

6. Da una lettera di Masaccio Dellincerti all'amico suo Eusebio di Boncore

7. Una postilla

8. Se giovassero le cose ripetute

9. Il governo delle leggi e come la guerra porti il fascismo

10. Una necessaria aggiunta

11. Un indispensabile appello

12. Una regola, anzi due

13. Simone Weil

14. Divisi chi?

15. Alcune necessarie obiezioni

16. Carissimo Pinocchio

17. Vacanze romane

18. Dai loro frutti

19. Segnalazioni librarie

20. La "Carta" del Movimento Nonviolento

21. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: GLI OMICIDI CHE NON INTERESSANO A NESSUNO

 

Sono quelli degli afgani e dei libici massacrati dalle guerre imperialiste e razziste cui anche l'Italia criminalmente partecipa.

Sono quelli dei migranti e dei viaggianti fatti affogare nel Mediterraneo, schiavizzati e ammazzati di stupri e di botte sui margini delle strade e per le campagne italiane, torturati e tratti a morte nei campi di concentramento riaperti in Italia con la legge Turco-Napolitano e tuttora in funzione - abominevole funzione nazista.

E tale e' la brutale cecita', la feroce indifferenza del neofascismo di massa nel nostro paese, che se in quelle guerre muoiono anche degli italiani, come i quaranta giovani soldati nostri connazionali uccisi in Afghanistan, neanche questo scuote le coscienze, anzi: coloro che li hanno mandati a morire si collocano in prima fila ai funerali e dinanzi alle telecamere e vomitano un'oscena retorica assassina sulle loro stesse salme.

E tale e' la brutale cecita', la feroce indifferenza del neofascismo di massa nel nostro paese, che tra i migranti e i viaggianti perseguitati, schiavizzati, torturati, assassinati vi sono persone che del nostro paese sono assolutamente benemerite, e degne della pubblica riconoscenza assai piu', assai piu' di chi e' progredito nei pubblici onori.

*

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per far cessare queste stragi?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per far cessare l'illegale partecipazione italiana alle guerre terroriste e stragiste in Afghanistan e in Libia?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per far cessare la persecuzione razzista, abolendo tutte le misure naziste che da anni si sono accumulate con esiti sempre piu' barbarici nel corpus normativo del nostro paese in flagrante opposizione alla legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, la Costituzione della Repubblica Italiana?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - in difesa della legalita' che salva le vite?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - in difesa delle vite umane che guerra e razzismo giorno dopo giorno incessanti distruggono?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per riconquistare la dignita', la democrazia, la civilta'?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - perche' l'Italia torni ad essere uno stato di diritto, una repubblica democratica, un paese civile?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per i diritti umani di tutti gli esseri umani?

Cosa si attende ancora ad insorgere - con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza - per l'umanita' che e' una?

 

2. MAESTRI. ALDO CAPITINI: CHI NON RISPETTA UN ALTRO

[Da Aldo Capitini, Scritti filosofici e religiosi, Fondazione Centro Studi Aldo Capitini, Perugia 1998, p. 37.

Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org]

 

Chi non rispetta un altro, in realta' non rispetta nemmeno se stesso. Meglio e' essere offesi che offendere; bisogna ricambiare il male con il bene: noi non dobbiamo dare che il bene, la vita, l'amore, la luce, la vicinanza, l'atto infinitamente aperto.

 

3. MAESTRI. DANILO DOLCI: CHI HA COMINCIATO

[Da Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Roma-Bari 1974, p. 192.

Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Recentissimo e' il volume che pubblica il rilevante carteggio Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. i dvd di Alberto Castiglione: Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, e Verso un mondo nuovo, 2006. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.org, www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.inventareilfuturo.com, www.cesie.org, www.nonviolenti.org, www.fondodanilodolci.it]

 

Chi ha cominciato a rompere il silenzio pauroso - ed io fin che sono vivo, saro' con loro - trovera' altre vie: ho piena fiducia che la verita' sa comunque farsi strada.

 

4. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI LUGLIO 2006 (PARTE QUARTA)

 

Riproponiamo ancora altri testi apparsi sul nostro notiziario nel mese di luglio 2006.

 

5. HERI DICEBAMUS. I COMPLICI, GLI ARRESI

 

Scopro con sgomento che per certi signori se la Costituzione e' violata dal centrodestra e' un crimine abominevole, se e' violata dal centrosinistra e' una simpatica marachella.

Se la guerra la fa Berlusconi e' un orrore, se la fa Prodi e' una gran bonta'.

Se gli assassini hanno la camicia nera sono assassini, se hanno la camicia bianca o rosa o rossa sono eroi.

*

I piu' impudenti, o i piu' isterici, arrivano addrittura a sostenere che fare la guerra e' costruire la pace, che violare la Costituzione e' prova di responsabilita', che ammazzare la gente e' un dovere.

*

I piu' obnubilati - o peggio - giungono all'estremo delirio di sostenere che possa essere cosa da amici della nonviolenza sostenere la guerra, le stragi, i crimini.

*

A queste persone vorremmo chiedere di fare lo sforzo di rileggersi l'articolo 11 della Costituzione, che testualmente recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

Ed alle persone che pretendono di pervertire la nonviolenza fino al suo osceno rovesciamento in complicita' con gli omicidi di massa di cui la guerra consiste vorremmo chiedere di rileggersi la Carta del Movimento Nonviolento in cui Aldo Capitini scrisse che "Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione...".

*

Chi vuole arrendersi alla guerra e al fascismo puo' farlo, ma non pretenda di far credere che la guerra e il fascismo siano cose buone.

 

6. HERI DICEBAMUS. DA UNA LETTERA DI MASACCIO DELLINCERTI ALL'AMICO SUO EUSEBIO DI BONCORE

 

Quanto a molte osservazioni ragionevolissime e condivisibilissime che vieni svolgendo, ahime', a me sembra che abbiano ben poco a che vedere con l'oggetto della discussione odierna, che dal mio punto di vista, come sai, si condensa in tre punti:

- rispetto della legalita' costituzionale;

- contrarieta' a partecipare a una guerra illegale e criminale;

- richiesta di un intervento rigorosamente nonviolento in soccorso delle vittime.

 

7. HERI DICEBAMUS. UNA POSTILLA

 

Quanto scrive Marinella Coreggia conferma una cosa che tutti sappiamo: che l'automobilismo privato e' incompatibile sia con il rispetto e la difesa della biosfera, sia con il riconoscimento di uguali diritti a tutti gli esseri umani.

Sono cose che Dario Paccino scriveva molti anni fa, su cui molto ha riflettuto Ivan Illich, su cui nello scorso decennio ha scritto un bel libro Guido Viale, su cui da molto, molto tempo molti di noi si interrogano, e qualcuno ha gia' cominciato a fare delle scelte.

Chi scrive queste righe, per fare un esempio in corpore vili, e' arrivato ad essere un povero vecchierello - meglio: un vecchierello povero - senza aver mai preso la patente di guida e senza aver mai acquistato un motorino o un'automobile: per scelta politica, ovvero per esigenza morale. Per lo stesso motivo non ha mai preso un aereo. Per lo stesso motivo non ha mai avuto fiducia in chi (senza averne necessita': facendo eccezione quindi per chi ha un handicap, o ha altri seri motivi o doveri, ovvero autentici bisogni che rendono necessario l'uso dell'automobile privata) possiede una macchina, viaggia in aereo, et similia. Come affermo' quel buon ministro di Allende, il socialismo (scilicet: il contrario della barbarie) puo' arrivare solo in bicicletta.

 

8. HERI DICEBAMUS. SE GIOVASSERO LE COSE RIPETUTE

 

Riproponiamo in ordine cronologico alcuni interventi apparsi nelle ultime settimane sul nostro foglio, di cui la redazione - il Centro di ricerca per la pace di Viterbo - si assume la responsabilita' (ed e' per questo che ci pare non occorra riprodurre anche le firme con cui sono apparsi, del resto ogni lettore e lettrice puo' agevolmente rintracciarle).

La tesi che tutti li collega e' che nell'ormai assai prossimo voto parlamentare sul rifinanziamento della partecipazione militare italiana alla guerra afgana tre debbano essere i punti fermi:

a) il rispetto scrupoloso della Costituzione della Repubblica Italiana che ripudia la guerra;

b) la conseguente cessazione della partecipazione italiana alla guerra e l'avvio di un'iniziativa per la pace;

c) la scelta di un intervento in forme rigorosamente nonviolente in aiuto alle vittime della guerra, per il disarmo di tutte le parti in conflitto, a concreto sostegno del diritto della popolazione afgana a vedersi riconosciuti tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

 

9. HERI DICEBAMUS. IL GOVERNO DELLE LEGGI E COME LA GUERRA PORTI IL FASCISMO

 

In un denso capitolo di quel denso libro che e' Il futuro della democrazia (Einaudi, Torino 1984, 1991), Norberto Bobbio esamina una delle domande che percorrono tutta la storia del pensiero politico: "Qual e' il governo migliore, quello delle leggi o quello degli uomini?".

E dopo aver passato in rassegna con la consueta chiarezza ed equanimita' tutte le principali posizioni sostenute dai piu' illustri studiosi nel corso della vicenda umana, ed aver illustrato i pro ed i contra di ogni posizione, cosi' conclude: "Se poi, a conclusione dell'analisi, mi si chiede di abbandonare l'abito dello studioso e di assumere quello dell'uomo impegnato nella vita politica del suo tempo, non ho alcuna esitazione a dire che la mia preferenza va al governo delle leggi, non a quello degli uomini. Il governo delle leggi celebra oggi il proprio trionfo nella democrazia. Che cosa e' la democrazia se non un insieme di regole (le cosiddette regole del gioco) per la soluzione dei conflitti senza spargimento di sangue? e in che cosa consiste il buongoverno democratico se non, anzitutto, nel rigoroso rispetto di queste regole? Personalmente, non ho dubbi sulla risposta a queste domande. E proprio perche' non ho dubbi, posso concludere tranquillamente che la democrazia e' il governo delle leggi per eccellenza. Nel momento stesso in cui un regime democratico perde di vista questo suo criterio ispiratore, si rovescia rapidamente nel suo contrario, in una delle tante forme di governo autocratico, di cui sono piene le narrazioni degli storici e le riflessioni degli scrittori politici" (p. 193).

Non si potrebbe dir meglio.

E ci sembra necessario riproporre queste savie parole all'attenzione di chi ci legge proprio oggi che il governo attuale, seguendo le orme del governo golpista precedente, si appresta a nuovamente finanziare la prosecuzione dell'illegale e criminale partecipazione militare italiana alla guerra afgana, con cio' nuovamente violando - come gia' il governo golpista precedente - la Costituzione che la partecipazione italiana a quella guerra proibisce.

La guerra e la violazione della Costituzione sono una cosa sola: la decisione di contribuire a far morire persone la' implica la rottura della legalita' qui, e' un unico crimine: assassinio e  golpe ad un tempo.

E tutte le sirene della propaganda non riusciranno mai a occultare questa terribile verita'.

 

10. HERI DICEBAMUS. UNA NECESSARIA AGGIUNTA

 

E' inaccettabile e razzista una rappresentazione della tragedia mediorientale che consideri "Israele" (senza neppure distinguere tra governo, stato, popolazione - si sa che certe sottigliezze non interessano chi ha le fiaccole pronte) come responsabile unico di ogni nequizia. Ovviamente Ziegler - il cui impegno antirazzista e' nitido e forte, e di cui si legga a conferma almeno La Suisse, l'or et les morts, 1997, e Le bonheur d'etre suisse, 1993 - non si sogna neppure di sostenere qualcosa del genere, ne' del resto chi lo intervista, e' evidente; ma una stampa e un'opinione e una militanza (che pur si ritiene o si pretende "di sinistra") assai peggio che malaccorta si'. E non si accorgono di riprodurre un antico infame pregiudizio, e di continuare una lunga vicenda di atroce persecuzione.

*

Sia chiaro: sono del tutto evidenti, a me sembra, le gravi responsabilita' del governo di Israele.

L'occupazione dei territori su cui deve sorgere lo stato palestinese, e l'oppressione del popolo palestinese in molteplici forme esercitata, costituiscono una flagrante violazione non solo del diritto internazionale, non solo dei diritti umani, ma di ogni sia pur minima legalita'.

La guerra al Libano gia' tanto martoriato, come risposta agli attacchi terroristici, e' del tutto inammissibile: con la stessa insensata e scellerata logica, mutatis mutandis, qualunque stato in cui una della mafie italiane ha commesso un delitto potrebbe decidere di bombardare Roma, Palermo, Milano.

E per le persone della generazione di chi scrive resta incancellabile il ricordo degli eccidi in Libano commessi nel corso degli scorsi decenni da tante parti armate in conflitto, e per me personalmente resta indimenticabile quella denuncia di Primo Levi che nel 1982 si oppose all'operazione "Pace in Galilea" durante la quale avvennero le stragi di Sabra e Chatila compiute da milizie falangiste con la corresponsabilita' delle truppe israeliane che le stragi non impedirono, e chiese le dimissioni di Begin e di Sharon (cfr. ora Primo Levi, Conversazioni e interviste 1963-1987, Einaudi, Torino 1997, pp. 295-303; cfr. anche Idem, Opere, Einaudi, Torino 1988, vol. II, pp. 1171-1172).

*

Ma due cose ancora devono essere aggiunte, e decisive.

La prima: e' scandaloso non vedere che la popolazione israeliana di origine ebraica e' realmente minacciata di genocidio da regimi fascisti e movimenti armati presenti negli stati che la circondano; ed e' scandaloso non percepire che per persone vittime di una bimillenaria persecuzione con esiti genocidi Israele rappresenta davvero l'ultimo rifugio che esiste nel mondo.

La seconda: la pretesa degli europei di pontificare (pontificare, appunto) su cosa Israele debba o non debba fare, e' anche - non solo, ma anche - percepita da molte persone (ad esempio chi scrive queste righe) come la prosecuzione di un atteggiamento che per certi versi presenta ancora inquietanti analogie con quello dell'impero romano, dell'antiebraismo cristiano, del razzismo biologista sette-ottocentesco, dei pogrom zaristi, della violenza fascista, della Shoah, della continuazione dell'antisemitismo tanto nell'Europa occidentale quanto in quella orientale.

E per dirla tutta: ho sempre trovato sconvolgente e fin ripugnante che istituzioni cristiani pretendano di continuare a dare ordini alle persone di un popolo al cui cospetto esse istituzioni cristiane per gli orrori che hanno compiuto hanno perso per sempre - per sempre - il diritto di parola. Ho sempre trovato allucinante che i governi degli stati che hanno commesso o collaborato alla Shoah pretendano di decidere ancora loro se la popolazione israeliana di origine ebraica abbia o non abbia - come del resto la popolazione palestinese - il diritto alla legittima difesa della propria esistenza.

A me sembra evidente che la popolazione israeliana di origine ebraica sa e sente - come anche io sento e so (di un sapere non scientifico e astratto, certo, ma morale e per cosi' dire esistenziale) - che se essa venisse investita in forze da un'aggressione genocida, l'Europa dei potenti li lascerebbe uccidere tutti, tutti. Come dimostra senza possibilita' di smentita cio' che accadde negli anni della Shoah.

*

Dico queste cose perche' posso dirle senza doverci girare intorno: la mia solidarieta' con la lotta del popolo palestinese per il diritto ad avere una terra, uno stato, la liberta', e' piena - e data da quando ho raggiunto l'eta' della ragione. Ma e' piena e altrettanto longeva anche la mia solidarieta' con la popolazione ebraica dello stato di Israele nel suo diritto ad avere anch'essa una terra, uno stato, la liberta'. E sono persuaso che una solidarieta' strabica, ovvero dimezzata, non aiuta nessuno: l'unica solidarieta' autentica ed efficace e' quella che sostiene entrambi i popoli nei loro diritti, e che si oppone a tutti i razzismi, a tutte le uccisioni, a tutte le occupazioni, a tutti i terrorismi: di stato, di gruppo e individuali. Che si oppone a ogni guerra, che si oppone a tutte le violenze, che promuove il riconoscimento dell'umanita' di tutti gli esseri umani, che s'impegna per la convivenza dell'umanita' intera. Questa solidarieta' necessaria e urgente che si esprime nella scelta della nonviolenza, nel sostegno a quante e quanti in Israele e Palestina si battono con la forza della nonviolenza contro tutte le violenze e le ingiustizie.

E questo e' da chiedere alla comunita' internazionale degli stati nelle sue espressioni ed articolazioni cosi' come alla cosiddetta societa' civile internazionale: di sostenere le forze di pace nonviolente israeliane e palestinesi, di sostenere le forze di pace nonviolente del Medio Oriente tutto, di fare della scelta della nonviolenza la base di una nuova politica internazionale di solidarieta' e cooperazione affinche' a tutti gli esseri umani tutti i diritti umani siano riconosciuti, e innanzitutto quello a non essere uccisi.

 

11. HERI DICEBAMUS. UN INDISPENSABILE APPELLO

 

Nel riportare e diffondere la notizia che precede ci corre l'obbligo di chiarire la nostra posizione e di rivolgere un appello ai promotori dell'iniziativa li' annunciata.

Perche' un'iniziatva abbia caratteristiche rigorosamente nonviolente e perche' sia lecito a persone amiche della nonviolenza promuoverla e sostenerla e' necessario dal nostro punto di vista che per quanto e' in potere dei promotori e dei sostenitori:

- nessuna vita umana deve essere messa in pericolo;

- tutto deve avvenire nella massima trasparenza, pubblicamente e senza alcuna violenza o minaccia all'incolumita' fisica e alla dignita' umana di qualunque persona a qualunque titolo coinvolta;

- sia chiaro a tutti i partecipanti che la nonviolenza richiede un rigore morale assoluto e una responsabilita' che non ammette deroghe;

- occorre pertanto che tutti i partecipanti seguano regole di condotta rigide, semplici e chiare, note a tutti  e da tutti condivise, senza non dare alcuno spazio ad ambiguita', provocazioni, pericoli per l'incolumita' di alcuno.

*

A fini orientativi e documentari riportiamo di seguito le regole che furono alla base dell'azione diretta nonvioleta delle "mongolfiere della pace" che realizzammo ad Aviano nel 1999 (regole che abbiamo gia' piu' volte riproposto su questo notiziario).

Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta:

I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza.

II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno.

III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti; in particolare sottolineiamo la necessita' di essere pienamente informati e consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi.

IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza:

a) non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa);

b) spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza;

c) dire sempre e solo la verita';

d) fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina;

e) assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano;

f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui.

Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed e' altresi' assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.

*

Sottolineiamo la necessita' che alle prime avvisaglie che l'incolumita' personale di chicchessia possa essere messa in pericolo l'azione sia sospesa: Gandhi non esito' a sospendere campagne che mobilitavano finanche milioni di persone non appena da parte di persone impegnate nell'azione nonvioletta venivano compiuti atti di violenza.

Nella tragica storia dei movimenti per la pace abbiamo gia' avuto persone uccise anche per responsabilita' indiretta di scelte organizzative che non avevano saputo fare la scelta rigorosa della nonviolenza. Che simili lutti non accadano mai piu'.

*

Riproponiamo di seguito altresi' un ulteriore breve testo sulla necessita' dell'addestramento alla nonviolenza come necessaria condizione preliminare per poter partecipare a un'azione diretta nonviolenta (testo che riprendiamo da un piu' ampio articolo piu' volte ripubblicato su questo foglio, da ultimo nel n. 1197 a cui rinviamo per una lettura integrale che potrebbe essere utile a quanti si predispongono ad organizzare o prender parte a un'azione diretta nonviolenta).

Necessita' dell'addestramento alla nonviolenza.

La nonviolenza non e' ne' un atteggiamento spontaneo, ne' un banale "volersi bene"; bensi':

a) una meditata scelta etico-politica di trasformazione delle relazioni personali e sociali,

b) un insieme di tecniche di lotta rigorose ed assai elaborate,

c) una strategia di lotta profondamente caratterizzata,

d) un progetto di relazioni umane e politiche radicalmente alternativo a quelle dominanti.

Quindi la nonviolenza non e' affatto "spontanea", va conosciuta e coltivata. Nessuno si sorprende se un soldato deve addestrarsi, nessuno si sorprende se un medico deve studiare: ebbene, la nonviolenza richiede un addestramento e uno studio non inferiori ma superiori a quelli richiesti al soldato ed al medico.

Senza studio non e' possibile comprendere la nonviolenza; senza addestramento non e' possibile condurre l'azione nonviolenta.

Proprio perche' la nonviolenza e' una proposta morale, sociale e politica di lotta di liberazione che nel suo stesso farsi inveri la dignita' umana di ognuno e di tutti, essa richiede un impegno di conoscenza, di preparazione, di discussione, di consapevolezza e di capacita' critica e autocritica assolutamente superiore a quello richiesto in altre forme di organizzazione, in altri ambiti di studio, in altre proposte di azione.

 

12. HERI DICEBAMUS. UNA REGOLA, ANZI DUE

 

Imparammo alla scuola di retorica del nostro buon maestro Annibale Scarpante che a chi ti rivolge insulti e menzogne non mette mai conto di replicare. Abbiamo cose migliori da fare.

*

Questo foglio, che riceve centinaia e centinaia di testi ogni giorno e che ha uno spazio limitato, si attiene ferreamente alla regola di non pubblicare notizie false, di non pubblicare il turpiloquio, di non pubblicare cose illecite o immorali, di non pubblicare testi di autori la cui condotta ritiene riprovevole: ad esempio chi si e' reso responsabile, mandante o apologeta di gravi atti di violenza: costoro avranno spazio sulle televisioni, la carta stampata, i siti internet di tutto il mondo: qui no.

Nei limiti del possibile - e con un lavoro che costa molta fatica, e con esiti sempre insoddisfacenti - in tutti i testi che vi compaiono tutte le notizie vengono verificate e ove necessario corrette, tutte le cose false, sciocche o sconce vengono cassate, tutti i refusi e le sgrammaticature rettificati, tutto cio' che puo' dar luogo a querele cassato o riscritto in forma che protegga per quanto possibile gli incauti autori, ed infine tutto e' ricondotto alle caratteristiche grafiche rese necessarie dalla diffusione per posta elettronica.

 

13. HERI DICEBAMUS. SIMONE WEIL

 

"Dell'integrita' della sua vita non occorre dire nulla: parla da se'". Cosi Ingeborg Bachmann scrisse una volta di Simone Weil. Con le sue scelte, col suo pensiero, non si finisce mai di colluttare: poiche' sempre ti mette alla prova, ed e' forse la maestra che piu' amiamo.

 

14. HERI DICEBAMUS. DIVISI CHI?

 

Non c'e' alcuna divisione nel movimento per la pace.

Chi sostiene la guerra non e' parte di un movimento per la pace, per la contradizion che nol consente.

*

Ne' certo fanno parte del movimento per la pace gli squadristi, i totalitari, i signori che inveiscono contro i crimini americani e che tacciono su tutti gli altri.

C'e' un solo modo per costruire la pace: e' adottare la coerenza tra i mezzi e i fini. Questa buona, antica idea che Mohandas Gandhi amava spesso ricordare: che tra i mezzi e i fini c'e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta.

*

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

15. HERI DICEBAMUS. ALCUNE NECESSARIE OBIEZIONI

 

Il documento della Rete Lilliput - una delle maggiori e migliori esperienze di accostamento alla nonviolenza oggi attive in Italia - che sopra presentiamo contiene molte utili riflessioni e proposte; contiene altresi' alcune gravi ambiguita', e contiene infine alcune tesi decisamente non sufficientemente meditate e da chi scrive queste righe ritenute del tutto inaccettabili. Le principali e piu' flagranti di esse vorremmo qui segnalare.

*

E' del tutto inaccettabile l'idea - che in due luoghi de documento, seppur in forme implicite, sembra tornare - che la lotta armata e il terrorismo siano quasi una sorta di inevitabile conseguenza del bisogno dei popoli oppressi di resistere all'oppressione. Nessuno puo' contestare il diritto alla legittima difesa. Si puo' e si deve resistere all'oppressione, si puo' e si deve lottare per la dignita' e per la liberazione: ma si puo' e si deve farlo facendo la scelta della lotta nonviolenta.

*

E' del tutto inaccettabile la proposta di "avviare la trattativa interna alla Nato per la graduale riduzione della presenza militare italiana in Afghanistan", poiche' essa presuppone la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla illegale e criminale guerra afgana, partecipazione che la Costituzione della Repubblica Italiana esplicitamente proibisce. L'Italia deve cessare di partecipare alla guerra, solo dopo questo atto si puo' discutere del resto.

*

Ed e' del tutto inaccettabile che mai una volta si ricordi che la Costituzione della Repubblica Italiana proibisce la partecipazione italiana a una guerra come quella afgana e come quella irachena. Tale inammissibile reticenza e' gia' di fatto una forma di subalternita' - e quindi di effettuale quantunque inconsapevole complicita' - con i governi italiani che violando la Costituzione hanno deciso la partecipazione alla guerra e la prosecuzione di tale partecipazione.

*

E' del tutto inaccettabile l'idea di formulare un invito a lavorare "perche' l'Unione Europea sospenda il trattato commerciale con Israele": il governo di Israele certo e' responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, dei quali dovra' pur rispondere un giorno dinanzi a una corte di giustizia internazionale, ma lo sono del pari molti altri governi, da quello degli Usa a quello della Cina, fino a quello italiano che nel 1998 ha istituito dei campi di concentramento per migranti, strutture che flagrantemente violano sia la Dichiarazione universale dei diritti umani, sia la Costituzione della Repubblica Italiana, sia le basi stesse di ogni ordinamento giuridico democratico. Che in questo contesto si propongano atti di boicottaggio economico solo nei confronti dello stato di Israele - ovvero della popolazione israeliana - e' cosa inammissibile, cosi' come - mutatis mutandis - era inammissibile il decennale embargo dell'Onu nei confronti dell'Iraq con le conseguenze che tutti sappiamo (rafforzamento della dittatura, stragi ed inenarrabili sofferenze per la popolazione); cosi' come e' inammissibile il boicottaggio economico e la sospensione degli aiuti al popolo palestinese (un crimine che va a danno non solo del popolo palestinese e delle sue legittime istituzioni, ma anche del popolo e dello stato di Israele, e dell'umanita' intera).

*

Proporrei agli amici della Rete Lilliput almeno su questi punti un supplemento di riflessione e una conseguente piu' adeguata stesura di quel testo.

 

16. HERI DICEBAMUS. CARISSIMO PINOCCHIO

 

A leggere il decreto governativo (possibile che lo abbiamo letto solo noi?) sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero solo la lettura delle firme in calce rende intelligibile che e' del governo Prodi e non del governo Berlusconi.

Al contrario di quel che dicono i propagandisti - e gli insipienti che se ne fanno ignara ma clamorosa trombetta - non c'e' nessuna "exit strategy" dalla guerra afgana (e non e' casuale che la fraudolenta propaganda guerrafondaia utilizzi questo linguaggio da Un americano a Roma: ha la stessa funzione del latinorum nei Promessi sposi), c'e' al contrario un crescente, piu' grave coinvolgimento con l'ulteriore presenza e asservimento al comando americano e al servizio della guerra di unita' navali militari italiane.

Lo stesso disimpegno militare italiano dall'Iraq entro la fine del 2006 - deciso con l'autorizzazione del padrone americano - era stato gia' deciso e annunciato dal governo Berlusconi, persino in questo il governo Prodi e' in perfetta continuita' col governo precedente.

Come nel proseguire una guerra illegale e criminale, nel violare la Costituzione della Repubblica Italiana.

*

E dire che molti di noi avevano votato in aprile per la coalizione dell'Unione solo per potersi opporre alla coalizione golpista berlusconiana.

E dire che molti di noi hanno votato appena lo scorso mese per difendere la Costituzione della Repubblica Italiana, vincendo il referendum e respingendo il tentativo golpista.

Vedi come la guerra porta il fascismo, vedi come la verita' e' sempre la prima vittima, vedi come il dovere di resistere non puo' mai aver fine.

Resistere. Con la forza della nonviolenza, con la forza della verita'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

17. HERI DICEBAMUS. VACANZE ROMANE

 

Un'assemblea "senza se e senza ma" stende un documento contro la guerra dal cipiglio militarista, autoritario e patriarcale in cui ovviamente mai una volta ricorre la terribile parola "nonviolenza".

Quando apriranno i frigoriferi della Terza Internazionale?

Quando si capira' che la nonviolenza e' veramente "il varco attuale della storia"?

E' buffo che queste cose oggi le scriva solo il vecchio comunista antitotalitario e mai pentito che firma questo foglio.

 

18. HERI DICEBAMUS. DAI LORO FRUTTI

 

Con un consenso totalitario - 549 voti a favore, solo 4 voti contrari - la Camera dei Deputati ha approvato il decreto governativo che stabilisce la prosecuzione e l'intensificazione della illegale e criminale partecipazione militare italiana alla guerra afgana, violando la Costituzione della Repubblica Italiana.

*

E' il trionfo del partito dei golpisti e degli assassini.

Molte persone per questo continueranno a morire in Afghanistan, persone le cui vite potevano essere salvate se l'Italia avesse finalmente fatto la scelta di recedere dalla guerra, di opporsi alla guerra, di intervenire in modo nonviolento per aiutare la popolazione afgana.

*

E questo avviene mentre l'intero Medio Oriente e' in fiamma, ed e' sempre piu' evidente che la guerra e il terrorismo sono una stessa cosa; e solo la scelta della pace - la scelta del disarmo, la scelta della nonviolenza - puo' fermare la catastrofe che minaccia l'intera civilta' umana.

*

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

19. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Pierre Goldman, Memorie oscure di un ebreo polacco nato in Francia, Bompiani, Milano 1977, pp. 312.

 

20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

21. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 622 del 20 luglio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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