Nonviolenza. Femminile plurale. 389



 

==============================

NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

==============================

Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 389 del 9 luglio 2011

 

In questo numero:

1. Si e' svolto l'8 luglio a Viterbo un incontro su "La virtu' della lentezza"

2. Contro la guerra una proposta agli enti locali

3. "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice": Contro la guerra in Libia un appello ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu

4. "Azione nonviolenta" di luglio 2011

5. Rosangela Pesenti: L'imprevisto della storia siamo noi

6. Daniela Preziosi: A Siena tornano le donne di febbraio

7. Laura Colombo e Sara Gandini: Genova dieci anni dopo. Riflessioni sulle pratiche di lotta

8. "Unione donne in Italia" (Udi) di Napoli: Presa di coscienza sul problema dei rifiuti

9. Una lettera aperta delle Madri di Valle di Susa

 

1. INCONTRI. SI E' SVOLTO L'8 LUGLIO A VITERBO UN INCONTRO SU "LA VIRTU' DELLA LENTEZZA"

 

Venerdi' 8 luglio 2011 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un incontro di riflessione sul tema "Per la difesa della natura e dei diritti umani di tutti gli esseri umani e' necessario scegliere la virtu' della lentezza".

Contro il mito della velocita', un mito distruttivo e insostenibile tanto per l'ambiente quanto per la struttura biologica ed ontologica della persona umana, occorre scegliere la virtu' della lentezza che consente ascolto, comprensione, rispetto e accudimento reciproco, verifica e correzione degli errori, principio responsabilita', approccio nonviolento alle relazioni.

Nel corso dell'incontro sono state ricostruite alcune campagne nonviolente sia classiche che recenti (dalla "marcia del sale" di Gandhi alla lotta nel viterbese contro la Supercassia e per la riduzione dell'automobilismo privato, alla lotta contro il mega-aeroporto a Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo).

Il responsabile della struttura pacifista viterbese, che e' stato il suscitatore e il principale animatore della mobilitazione contro la Supercassia e di quella contro il mega-aeroporto, ha illustrato i ragionamenti fondamentali che hanno sostenuto queste iniziative, e come esse abbiano avuto fin dall'inizio un orizzonte globale: difendere la biosfera e i diritti umani di tutti gli esseri umani, agire in modo rigorosamente nonviolento.

Questi stessi criteri hanno sostanziato pressoche' tutte le autentiche iniziative ecopacifiste ed equosolidali degli ultimi decenni: la nonviolenza e' infatti la decisiva risorsa di cui l'umanita' dispone per salvare la natura e se stessa dal disastro; ed ogni iniziativa nonviolenta che protegge un luogo del mondo e i diritti umani di una per quanto piccola parte dell'umanita' contribuisce a difendere l'intero pianeta e l'umanita' intera, presente e ventura.

La scelta della lentezza, dell'ascolto dell'altro, del rispetto della natura di cui si e' parte; la scelta di non operare scelte distruttive o irreversibili; la scelta del collocarsi alla scuola del femminismo e nell'orizzonte dell'ecologia; la scelta - in una parola - della nonviolenza, costituiscono la chiave di volta per l'azione etica e politica odierna e futura in difesa dei beni comuni, del bene comune, dei diritti di tutti.

Un esplicito riferimento nel corso dell'incontro e' stato fatto a fondamentali riflessioni di Guenther Anders, Hannah Arendt, Murray Bookchin, Luce Fabbri, Ivan Illich, Hans Jonas, Emmanuel Levinas, Franca Ongaro Basaglia, Elinor Ostrom, Vandana Shiva, Colin Ward, Virginia Woolf.

L'incontro e' stato concluso con una dichiarazione di solidarieta' con la lotta nonviolenta della popolazione della Val di Susa e con tutte le popolazioni, i movimenti e le persone che lottano contro la folle corsa del consumismo onnidivorante; ed ovviamente con un appello contro la guerra e contro il razzismo: solo la pace salva le vite; siano riconosciuti tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

 

2. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.

*

"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.

Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.

Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.

Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.

Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Solo la pace salva le vite".

 

3. APPELLI. "RETE NO WAR" E "U.S. CITIZENS FOR PEACE & JUSTICE": CONTRO LA GUERRA IN LIBIA UN APPELLO AI MEMBRI NON BELLIGERANTI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU

[Dalle amiche e dagli amici di "U.S. Citizens for Peace & Justice" di Roma (per contatti: e-mail: info at peaceandjustice.it, sito: www.peaceandjustice.it), e da altre amiche ed altri amici ancora, riceviamo e diffondiamo]

 

Stop alla guerra Nato in Libia: scriviamo ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza Onu.

Campagna e-mail promossa dalla "Rete No War" e da "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome".

Alcuni paesi della Nato, in alleanza con alcune petromonarchie del Golfo, stanno conducendo da tre mesi in Libia una guerra illegale a sostegno di una delle due fazioni armate che si affrontano; una guerra fondata su informazioni false, portata pervicacemente avanti con vittime dirette e indirette; una guerra che continua malgrado le tante occasioni negoziali

disponibili fin dall'inizio.

Che fare? La pressione popolare nei confronti dei paesi Nato e' certo necessaria, ma non basta. Potrebbe essere utile, se attuata in massa, una campagna di e-mail dirette a paesi non belligeranti e membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, chiedendo loro di agire. Molti di quei paesi hanno gia' manifestato volonta' negoziali e potrebbero utilizzare come strumento di pressione questo appoggio popolare da parte di cittadini di paesi Nato. Gia' agli inizi di marzo, Fidel Castro chiede - invano - ai popoli e ai governi

di appoggiare la proposta di mediazione del Venezuela, approvata dai paesi dell'Alleanza Alba.

Per questa ragione i gruppi "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome" hanno consegnato un analogo appello ad alcune ambasciate a Roma.

Ecco come partecipare alla campagna, semplicemente, con una e-mail. Basta mandare il testo qui sotto (in inglese) nel corpo del messaggio agli indirizzi e-mail di: Russia, Cina, India, Sudafrica, Nigeria, Gabon, Bosnia Erzegovina, Libano, Colombia, Portogallo, Germania.

Per ulteriori informazioni su questa iniziativa, scrivete a: boylan at interfree.it o mari.liberazioni at yahoo.it oppure visitate i siti: www.radiocittaperta.it, www.disarmiamoli.org, www.peaceandjustice.it

*

e-mail delle rappresentanze dei paesi: ChinaMissionUN at Gmail.com, rusun at un.int, India at un.int, portugal at un.int, contact at lebanonun.org, chinesemission at yahoo.com, delbrasonu at delbrasonu.org, siumara at delbrasonu.org, bihun at mfa.gov.ba, colombia at colombiaun.org, pmun.newyork at dirco.gov.za,  perm.mission at nigerdeleg.org, aumission_ny at yahoo.com, presidentrsa at po.gov.za, info at new-york-un.diplo.de, dsatsia at gabon-un.org, LamamraR at africa-union.org, waneg at africa-union.org, JoinerDJ at africa-union.org, gabon at un.int, Nigeria at un.int, unsc-nowar at gmx.com

*

Nell'oggetto della e-mail scrivere:

Pleare stop Nato war in Libya. Appeal to non-belligerant members of the U. N. Security Council

*

Testo da inviare:

We appeal to non-belligerent members of the U. N. Security Council

to put an end to the misuse of U. N. Security Council Resolution 1973 to influence the internal affairs of Libya through warfare, by revoking it, and to press for a peaceful resolution of the conflict in Libya, backing the African Union's central role in this context.

We thank those countries that have tried, and are still trying, to work towards peace.

Our appeal is based on the following:

- the military intervention in Libya undertaken by some Nato members has now gone far beyond the provisions of Security Council Resolution 1973, and is based on hyped-up accounts of defenseless citizens being massacred by their government, while the truth is that, in Libya, there is an on-going and intense internal armed conflict;

- we are aware of the economic and geo-strategic interests that lie behind the war in Libya and, in particular, behind Nato support of one of the two armed factions;

- Nato military intervention in Libya has killed (and is continuing to kill) countless civilians, as well harming and endangering the civilian population, including migrants and refugees, in various other ways;

- the belief that, at this stage, only non-belligerent countries - and particularly those with U.N. Security Council voting rights - can

successfully bring a peaceful end to the conflict through negotiations and by implementing the opening paragraph of U.N. Security Council Resolution 1973, which calls for an immediate ceasefire.

Respectfully yours,

Name (or association)

Address (optional)

 

4. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI LUGLIO 2011

[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]

 

E' uscito il fascicolo di luglio 2011 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

*

In questo numero: La lunga marcia della nonviolenza, di Pasquale Pugliese; Lettera ad Aldo Capitini, nostro maestro e profeta, a cura del Cipax; Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza dei popoli, documento a cura della Tavola della pace e del Movimento Nonviolento; Fabrizio Truini: riscopriamo il pensiero di Aldo Capitini, intervista a cura di Luca Sticotti; L'Italia nonviolenta nel pensiero capitiniano, di Giuseppe Gagliano; Note sulla guerra in Libia: perche' avviene e come finira'?, di Johan Galtung; Dalla primavera araba alla primavera italiana?, di Gianluca Solera; Emergenza carcere: intervenire subito!, di Carmelo Musumeci; Il gabinetto di casa, la stanza piu' importante, di Giorgio Nebbia; Tutti a scuola di intercultura, di Laura Tussi.

Le rubriche: Mafie e antimafie. Il compagno P ci spiegava l'impresa mafiosa siciliana, a cura di Roberto Rossi; Osservatorio internazionale. La storia del blogger egiziano che obietta a guerra e militari, a cura di Caterina Bianciardi e Ilaria Nannetti; Educazione. Limiti e potenzialita' del sistema educativo (seconda parte), a cura di Gabriella Falcicchio; Per esempio. Il ruolo delle donne liberiane per deporre le armi e fare pace, a cura di Maria G. Di Rienzo; Servizio Civile. Nazionale, regionale o tutti e due?, a cura di Francesco Spagnolo; Cinema. Quattro pellicole per i referendum vinti, a cura di Enrico Pompeo; Libri. In dialogo per l'educazione, a cura di Sergio Albesano; Musica. Il premio Amnesty a Carmen Consoli, a cura di Paolo Predieri; Religioni e nonviolenza. La Convocazione ecumenica per una "pace giusta", a cura di Enrico Peyretti; Il calice. Radici nel vento, a cura di Christoph Baker.

In copertina: La lunga marcia...

In seconda: Indice.

In terza di copertina: Materiale disponibile.

In ultima: L'ultima di Biani, Guerre invisibili.

*

Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 32 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

5. RIFLESSIONE. ROSANGELA PESENTI: L'IMPREVISTO DELLA STORIA SIAMO NOI

[Ringraziamo Rosangela Pesenti (per contatti: cell. 3393335028, rosangela_pesenti at yahoo.it, www.rosangelapesenti.it) per averci messo a disposizione questo suo intervento apparso sul sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) in vista dell'incontro del 9 e 10 luglio di "Se non ora quando".

Rosangela Pesenti, laureata in filosofia, da molti anni insegna nella scuola media superiore e svolge attivita' di formazione e aggiornamento. Counsellor professionista e analista transazionale svolge attivita' di counselling psicosociale per gruppi e singoli (adulti e bambini). Entrata giovanissima nel movimento femminista, nell'Udi dal 1978 di cui e' stata in vari ruoli una dirigente nazionale fino al 2003, collabora con numerosi gruppi e associazioni di donne. Fa parte della Convenzione permanente di donne contro tutte le guerre, della Convenzione delle donne di Bergamo, collabora con il Centro "La Porta", con la rivista "Marea" e la rivista del Movimento di cooperazione educativa. Tra le opere di Rosangela Pesenti: Trasloco, Supernova editrice, Venezia 1998; (con Velia Sacchi), E io crescevo..., Supernova editrice, Venezia 2001; saggi in volumi collettanei: "Antigone tra le guerre: appunti al femminile", in Alessandra Ghiglione, Pier Cesare Rivoltella (a cura di), Altrimenti il silenzio, Euresis Edizioni, Milano 1998; "Una bussola per il futuro", in AA. VV., L'economia mondiale con occhi e mani di donna, Quaderni della Fondazione Serughetti - La Porta, Bergamo 1998; AA. VV., Soggettivita' femminili in (un) movimento. Le donne dell'Udi: storie, memorie, sguardi, Centro di Documentazione Donna, Modena 1999; "I luoghi comuni delle donne", in Rosangela Pesenti, Carmen Plebani (a cura di), Donne migranti, Quaderni della Fondazione Serughetti - La Porta, Bergamo 2000; "Donne, guerra, Resistenza" e "Carte per la memoria", in AA. VV., Storia delle donne: la cittadinanza, Quaderni della Fondazione Serughetti - La Porta, Bergamo 2002; Caterina Liotti, Rosangela Pesenti, Angela Remaggi e Delfina Tromboni (a cura di), Volevamo cambiare il mondo. Memorie e storie dell'Udi in Emilia Romagna, Carocci, Firenze 2002; "Donne pace democrazia", "Bertha Von Suttner", "Lisistrata", in Monica Lanfranco e Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne Disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003; "I Congressi dell'Udi", in  Marisa Ombra (a cura di), Donne manifeste, Il Saggiatore, Milano 2005; "Tra il corpo e la parola", in Io tu noi. Identita' in cammino, a cura dell'Udi di Modena, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, 2006]

 

Che cosa ci muove, piu' di mille donne, su una chiamata che non ha ancora un programma e delle mete precise?

Certamente la fiducia, che accordiamo a donne che hanno scelto di usare la propria visibilita', la posizione di piccolo o grande potere gia' raggiunta, a favore di tutte.

Certamente la speranza, di riuscire ad andare oltre le parole e trovare le azioni per mettere sul tappeto della politica un cambiamento radicale, con un passo per volta, ma radicale.

Certamente la determinazione, perche' molte di noi hanno cominciato tanti anni fa e sappiamo che continueremo la nostra lotta, nonviolenta, quotidiana, rivoluzionaria.

Certamente la tenerezza, per le ragazze e i ragazzi che cominciano adesso e noi sappiamo gia' che ci saranno momenti di scoraggiamento, ma proprio per loro testimoniamo che si puo' fare.

Certamente la saggezza, perche' sappiamo che fare rete tra donne migliora comunque la vita, di tutte e tutti.

Certamente la memoria, di tante donne, di tante lotte, di tante storie cercate scoperte ascoltate, di tanti eventi costruiti, e voglio ricordare l'ultimo, per me straordinario, il decennale di Punto G a Genova.

Vorrei che a Siena potessimo dire insieme alcune cose:

1. Che l'economia della riproduzione e' quella che tiene in piedi il mondo.

- La riproduzione biologica: crescere bambini e bambine; metterli al mondo, accudirli, educarli;

- la riproduzione domestica: tutto il lavoro di pulizia e manutenzione della casa e, a partire dalle case, di tutti i luoghi fino all'intera citta' e territorio. Sono lavori non riducibili, mai interamente meccanizzabili, totalmente indispensabili per vivere;

- la riproduzione sociale: sanita', scuola, pubblica amministrazione che significa anche assistenza, trasporti, comunicazione, gestione della vita collettiva.

Non a caso tutti questi lavori sono mortificati, mal pagati, addirittura cancellati dalla concezione "forte" del lavoro perche' sono svolti per la maggior parte dalle donne.

Rimandiamole a casa, ci dicono, cosi' lavorano lo stesso, ma sono fuori dall'ambito della considerazione economica.

Tutta questa economia non da' profitto, ma qualcosa di molto piu' importante: il benessere.

L'altra economia, quella che costruisce il profitto appropriandosi del lavoro umano, quella che gioca al massacro sulle risorse dell'ambiente e della specie, quella che stabilisce il valore delle merci non sull'utilita', ma sulla misura del profitto, oggi vuole presentare i conti del suo disastro proprio al mondo del lavoro, tutto.

I personaggi che hanno giocato con la finanza devastando le economie locali oggi vogliono di nuovo l'economia della riproduzione sottomessa gratuitamente alla logica della speculazione e il lavoro umano subalterno alle fantasie feudali di pochi.

Vorrei che insieme potessimo dire: noi donne non ci stiamo e con noi alzassero la voce anche gli uomini che vogliono cambiare strada.

*

2. Vorrei che tutte le donne che sostengono il patriarcato, che l'hanno sostenuto negandone l'esistenza o perche' pensano che la gerarchia sociale, la cooptazione invece della democrazia, il privilegio invece del diritto, siano cose buone e giuste perche' salvaguardano la loro vita e quella dei loro figli, le donne che sostengono il patriarcato non solo privatamente, dentro le famiglie, ma nei luoghi pubblici, nei luoghi dove si dovrebbe presidiare la democrazia, vorrei che queste donne facessero un passo indietro.

Non chiedo a nessuna di rinnegare la propria storia, ma semplicemente di non contribuire a sbarrare la strada a un'altra storia.

Non basta essere donne. C'e' una donna al ministero per l'istruzione e se avesse bisogno di aiuto le sarei vicina come a qualsiasi altra, ma oggi io la considero venduta al patriarcato, lei e' una donna che lavora contro di me, contro la mia intera storia, se lei fosse stata in quel posto quando io ero piccola oggi non sarei qui perche' sarei stata tra quelli che non hanno merito.

Conquistare dignita' e giustizia per noi significa restituire visibilita' anche alle donne che sono state qui prima di noi: ci sono eredita' da raccogliere, nomi e volti a cui restituire memoria e ci sono eredita' da rifiutare.

Non ci sono eredita' innocenti che noi possiamo prendere e usare per la nostra vita senza sapere da chi ci vengono, quali donne soprattutto, quali uomini anche, dove e quando hanno conquistato per noi i benefici di cui godiamo. E chi, dove quando e perche', li ha cancellati o riservati a pochi.

*

3. Voglio pari diritti e opportunita' per tutte le donne, la democrazia paritaria in ogni luogo, l'accesso a tutte le carriere, e per questo e' urgente la clausola di non sopraffazione tra i sessi. Ma non tutte le donne possono rappresentarmi, non qualsiasi donna solo perche' dichiarata tale all'anagrafe. E non e' la carriera di una donna che garantisce anche per me, oggi, se non si accompagna al diritto, di fatto, per tutte e alla garanzia delle procedure democratiche.

Non e' una meta vicina, ma voglio almeno vedere la strada.

Se la diversita' e' ricchezza voglio che abbia rappresentanza tutta quella differenza che non trova nemmeno rappresentazione. Le donne confinate nei lavori piu' duri e mal pagati: domestiche e operaie, badanti e inservienti, le insegnanti che resistono con il lavoro volontario all'abbrutimento della scuola, le operatrici ospedaliere che resistono al peggioramento del servizio sanitario, le impiegate degli sportelli pubblici mortificate dal nuovo modello aziendalista e tutte quelle che non posso nominare qui, ma che per me sono visibili, sempre.

Voglio le donne competenti, certo, ma anche quelle che hanno saputo dire di no a certe carriere, alle cooptazioni compiacenti, alle complicita' sorridenti, che hanno esercitato la competenza per conservare la propria dignita' anche nella solitudine, nell'emarginazione senza perdere mai la relazione con le altre donne.

Vorrei che questa nostra lunga storia, quella di chi e' stata cancellata, ma ha continuato a vivere, praticando forme di resistenza, le mille forme di resistenza che creativamente immettono nella vita cio' che la politica in Italia ha ferocemente cancellato, fossero finalmente rappresentate.

Sono disponibile al dialogo, com'e' stato per tutta la mia vita, ma non sono disposta a tacere se vedo la mistificazione, se ascolto belle parole che contraddicono scelte e pratiche di vita politica. Non sono disposta a tacere perche' non ho niente da perdere. Quello che io ho già perso l'abbiamo perso in moltissime e sul piano della dignita' e' stato sottratto a tutte.

Non posso avere dignita' se ci sono donne accanto a me che non hanno nessun diritto.

Molte di noi sanno usare le parole, le ho imparate anch'io, per questo ne conosco il potere deformante, la capacita' di manipolazione della realta', per questo il femminismo e' stato prima di tutto un pensiero situato, un pensiero che nasce li' dov'e' il mio corpo e lo rende visibile con tutta la sua storia.

Ricordiamoci che le donne non tornano mai a casa, e' una menzogna che ha deformato la storia, non sono mai tornate a casa le partigiane e nemmeno noi, generazione del femminismo, la verita' e' che ci hanno cancellate, ci hanno oscurate, derise, disprezzate, considerate reperti archeologici, ma noi siamo qui, accanto alle donne che si affacciano oggi alla vita e, come noi abbiamo fatto tanti anni fa, si chiedono dove sono le donne che hanno lottato perche' il mondo fosse piu' accogliente anche per loro.

Noi siamo qui perche' non ce ne siamo mai andate e possiamo costruire un altro pezzo di strada insieme.

*

4. Ho gia' lottato per la parita', ora si tratta di affermarla, ma non basta essere donne per volere un mondo migliore di questo. Io voglio di piu', voglio la giustizia, quella che abbiamo chiamato pari opportunita' e che deve cominciare con la nascita.

Questo non e' un paese per donne perche' e' un paese per pochi uomini e per le poche donne che ricavano privilegi dal sostenerli.

Tutti gli altri, uomini e donne che li guardano come rappresentanti anche dei loro interessi, sono vittime di un sogno, un brutto sogno venduto dalla disinformazione e dalla rete di piccole grandi complicita' che hanno sottratto a questo paese il valore della dignita'.

Vorrei da ognuna di noi un gesto, visibile li' dove la sua storia l'ha collocata, che dia un segnale chiaro e inequivocabile della scelta di un libero patto che oggi insieme possiamo cominciare a costruire.

So che e' un cammino ancora lungo, ma vorrei prendessimo fiato e questo pezzo potremmo farlo di corsa.

La storia non e' un percorso piano e lineare, vorrei che noi oggi segnassimo l'imprevisto.

 

6. INCONTRI. DANIELA PREZIOSI: A SIENA TORNANO LE DONNE DI FEBBRAIO

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 7 luglio 2011 col titolo e il sommario  "Siena, tornano le donne di febbraio. L'incontro si fa manifestazione 'Saremo una rete nel Paese'. In migliaia in arrivo, l'appuntamento dell'8 e 9 trasloca in piazza. Molte le giovani. 'Volevamo rivederci e ascoltarci. Ma siamo di nuovo tantissime'".

Daniela Preziosi, giornalista, scrive sul quotidiano "Il manifesto"]

 

Nelle intenzioni l'idea era di organizzare un momento "per confrontarci, per capire come andare avanti, e anche dove vogliamo andare", spiega Francesca Caferri. "Ma e' bastato far girare l'appello e le adesioni sono state subito moltissime. Significa che non e' vero che siamo sparite, il bisogno di parlare e farsi sentire non si e' affatto assopito. Qui a Siena saremo in tante, non sara' facile ascoltarsi. Ma ce la faremo". Francesca fa la giornalista, ha il pancione e un gran buon umore. E' una delle volontarie dell'ufficio stampa di "Se non ora quando". Le chiami e sono affogate nell'organizzazione, ma lo stile di tutte, le donne di "Snoq", e' attento, curato ovvero femminile, un'aria commovente anni '70 ma con gli agi di internet. Gli alberghi sono strapieni, e allora sul sito fioccano le offerte di divani e posti letto. Fra le indicazioni logistiche c'e' "portarsi un cappellino, la piazza e' all'ombra dalle 3 del pomeriggio".

Il secondo incontro delle donne del 13 febbraio, che fu una delle prime insorgenze della primavera italiana, si sta trasformando per forza di cose in una nuova manifestazione. Male non fara'. Intanto l'appuntamento dal complesso di Santa Maria della Scala e' spostato alla piazza del Duomo. Al momento i comitati dalle citta' sono piu' di centoventi, altrettante le associazioni, ma le singole, la vera anima di questo movimento, non si possono contare.

Tantissime soprattutto le giovani, e le precarie, fra le piu' determinate sin dall'inizio ad evitare di trasformare le ragazze dell'Olgettina (eravamo in quella fase dell'infinito sex-gate del presidente del consiglio) in un bersaglio, e la rivendicazione della "dignita' delle donne" di quella piazza in moralismo di ritorno. "Ci confronteremo, questo movimento non e' un monolite, noi in quei giorni abbiamo manifestato sulla base di un appello diverso", racconta Carla Fronteddu, 26 anni, un dottorato in filosofia politica a Siena sugli "effetti del discorso medico sulla soggettivita' femminile". Tant'e' che "qui abbiamo preferito chiamarci 'le donne del 13 febbraio'". Una mailing list di 200 nomi, una ventina di instancabili attiviste. Nella loro citta' si votava e quindi hanno subito sperimentato il rapporto con la politica. "Positivo, alla fine. Abbiamo incontrato tutti i candidati, quelli erano un po' distratti. Ma le donne, di tutti i partiti, ci hanno ascoltato. Sembrano intenzionate a costruire un'alleanza trasversale". Torneremo piu' avanti a chiedere come cammina questa relazione con la politica.

Che resta uno dei nodi del discorso. La costruzione "in autonomia e trasparenza", dice l'appello, di "un paese per donne". Di una "rete", ripetono in molte, capace di farsi ascoltare, capace di riscrivere l'agenda delle priorita' del paese. Certo all'orizzonte non c'e' un partito. Le donne di partito ci sono (attese Perina, Buongiorno, Turco, Bindi), e anche gli appetiti della politica, non necessariamente loro tramite. Berlusconi sta ancora al suo posto, ma la campagna elettorale e' iniziata e da mesi il comitato ci fa i conti. C'e' anche una donna di sindacato, Susanna Camusso, reduce da un duro scontro interno alla Cgil per la firma dell'accordo sulle regole contrattuali. I diritti e il lavoro saranno il centro del confronto, quindi l'accoglienza del suo discorso sara' una delle cifre per leggere il futuro cammino di questo movimento.

I lavori si aprono sabato con la proiezione di un video e l'intervento del comitato nazionale, poi l'economista Tindara Addabbo, Linda Sabbadini dell'Istat e Sabina Castelfranco della Stampa estera. Nel pomeriggio riattaccano i comitati. Le decisioni si prenderanno domenica: il busillis e' come andare avanti, come strutturare la "rete". Conclude la regista Cristina Comencini, da sempre front-woman del movimento.

 

7. RIFLESSIONE. LAURA COLOMBO E SARA GANDINI: GENOVA DIECI ANNI DOPO. RIFLESSIONI SULLE PRATICHE DI LOTTA

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente intervento del 5 luglio 2011.

Laura Colombo e Sara Gandini partecipano all'esperienza della Libreria delle donne di Milano, del cui sito internet www.libreriadelledonne.it sono "webmater"]

 

Siamo femministe, eredi di un movimento rivoluzionario che ha portato cambiamenti radicali in molti e decisivi livelli dell'esistenza femminile e, per questo motivo, il mutamento ha investito gli stili di vita di tutti, uomini e donne. Famiglie allargate, liberta' di scelta su salute, formazione, procreazione, imprese femminili, difesa della scuola, attenzione alla terra e all'ambiente, creazione sociale, volontariato: sono molte le parti della vita individuale e collettiva dove la liberta' e' tangibile. L'hanno conquistata e nutrita le donne, senza leggi che lo imponessero, e si e' trasformata in un vantaggio per tutti, in primis gli uomini. Un esempio chiaro e' il modo in cui oggi i padri sono in grado di occuparsi dei neonati e dei bambini piccoli, con tenerezza, competenza e soddisfazioni impensabili anche solo una generazione fa. Proprio all'interno delle famiglie le donne hanno aperto i conflitti che hanno cambiato radicalmente le relazioni fra i sessi, partendo dalla sessualita' per arrivare alla maternita' e alla genitorialita'.

Oggi le donne vanno ovunque, seguendo il loro desiderio con una liberta' e una sicurezza interiore data da anni di riflessioni e scambi tra loro. Stiamo parlando di cambiamenti lenti ma profondi, che a partire dalle relazioni hanno rivoluzionato il mondo e il modo di starci.

Ecco la prima grande lezione del femminismo: capire quanto sia fecondo partire dalle relazioni piu' prossime e radicarsi nella realta' piu' vicina per non perdersi nell'ideologia e operare grandi cambiamenti.

Sappiamo che la posta in gioco dei movimenti e' alta: creare un sentire allargato, un senso comune, perche' la gente abbia coscienza che il capitalismo non e' l'unica possibilita', l'unico modello di vita e di societa', tenendo aperto un dialogo tra una dimensione globale e un'azione in contesto. Per noi il punto essenziale e' una battaglia per il senso e per la liberta', dove il senso non e' governato dalla logica del profitto e la liberta' non si misura in termini di soldi. Dal senso che diamo a cio' che facciamo si arriva poi al linguaggio che segna le nostre vite. Per esempio, al Social Forum di Firenze del 2002, Vandana Shiva metteva in evidenza come il linguaggio delle multinazionali parli in termini di diritti (di sfruttamento delle risorse fondamentali della terra), mentre la gente parla di bisogni che trovano soddisfazione in armonia con la natura. Citava la campagna "lavarsi le mani" promossa a Johannesburg, sulla carta una cosa civile: chi non e' d'accordo per una maggior igiene? Invece ha provocato molti danni alle popolazioni e ha portato molto denaro nelle tasche delle multinazionali. Con i metodi tradizionali indiani le mani si puliscono da millenni. Con i saponi chimici e l'acqua inquinata si e' verificato il contagio di molte malattie. Se vogliamo portare avanti un'altra ipotesi del mondo, se vogliamo che la visione capitalistica non sia l'unico orizzonte possibile, non dobbiamo dimenticarci dei bisogni di donne e uomini in carne e ossa, non dobbiamo tagliar fuori le esperienze concrete e i saperi stratificati nel tempo.

Il femminismo e' un pensiero e una pratica quotidiana, un desiderio che porta cambiamenti e rivoluzioni, e' partire da se' per arrivare nel mondo: niente di piu' lontano dal potere e dalle sue logiche. Si tratta di conflitti di natura simbolica, vale a dire nel punto in cui la nostra esperienza viene interpretata e rappresentata. E' una questione di sguardo: la politica delle donne non pretende di ribaltare la realta' distruggendola, ma punta al cambiamento del rapporto di ciascuna, ciascuno con la realta'. La rivoluzione simbolica, cioe' lo sguardo nuovo, ha conseguenze profonde, non meno significative di quelle di una rivoluzione che mette a ferro e fuoco il sistema. Lo vediamo: la liberta' femminile e' stata passata da una generazione all'altra nelle famiglie, nelle scuole, nelle universita', nei luoghi del divertimento.

La liberta' femminile si puo' giocare anche in piazza quando la piazza diventa luogo di creativita', quando alla violenza si sostituisce la provocazione con fantasia. Pensiamo alle mazurke klandestine, in cui donne e uomini di diverse generazioni si riappropriano delle piazze con la musica e le danze tradizionali, attraverso organizzazioni spontanee, tramite internet, reinventando i luoghi di socialita' fuori dalle logiche del mercato. Pensiamo ai flashmob di strada, in cui la fantasia, il gioco, l'arte, la politica si incontrano e creano eventi pubblici in cui i soggetti reinventano spazi della citta' per colpire in modo nuovo l'immaginario. Pensiamo all'organizzazione di mostre e percorsi di riflessione che nascono da mille associazioni con l'esigenza di riprendersi in mano la cultura. Pensiamo all'Agora' del lavoro, luogo in cui si discute di lavoro partendo dalle esperienze concrete di uomini e donne di diverse generazioni.

Quando la lotta a livello dell'immaginario non diventa solo contrapposizione e sensazionalismo e il desiderio di politica non si limita al raggiungimento di visibilita' mediatica, la fantasia e il divertimento possono diventare l'ingrediente principale della lotta (femminista e non solo).

Le rivoluzioni avvengono innanzitutto dentro di noi, nella nostra mente e nelle forme della nostra immaginazione, come dice bene Rebecca Solnit in Speranza nel buio. Guida per cambiare il mondo. La trasformazione del mondo ne e' una conseguenza e si nutre dei sogni di liberta' e giustizia di tante donne e uomini. Rebecca Solnit fa molti esempi nel suo libro, in uno narra la vicenda di un'attivista che militava nel "Women Strike for Peace" (Donne in sciopero per la pace), il primo grande movimento antinucleare degli Stati Uniti che ottenne il Trattato per la limitazione dei test nucleari del 1963. Raccontava di come si sentisse stupida e inutile una mattina, mentre protestava sotto la pioggia di fronte alla Casa Bianca. Alcuni anni dopo le capito' di ascoltare il dottor Benjamin Spock che dichiarava di essersi convinto proprio allora a intervenire contro i test nucleari, per la pericolosita' dei materiali radioattivi che si ritrovavano nel latte materno e nei denti dei bambini: quel piccolo gruppo di donne appassionate e impegnate gli avevano fatto capire improvvisamente che anche lui doveva dedicare attenzione e impegno al problema. Il minimo comun denominatore di tutte le trasformazioni e' il fatto di avere inizio nella speranza e nell'immaginazione. Pensiamo anche a Naomi Klein, autrice di No logo, che ha saputo far comprendere al movimento No global americano il valore politico e l'efficacia degli atti simbolici e culturali, evitando cosi' la deriva della contrapposizione che conduce inevitabilmente allo scontro di piazza, come purtroppo e' avvenuto in Europa.

Ecco l'altra grande lezione del femminismo: il massimo di autorita' col minimo di potere. Ci vuole indipendenza simbolica per non cadere nelle trappole del potere, indipendenza che si acquisisce togliendo credito al dominatore. Lo hanno detto bene le donne della Libreria di Milano quando hanno nominato la caduta dal patriarcato nel Sottosopra rosso del 1996: "Il patriarcato e' finito, non ha piu' credito femminile ed e' finito. E' durato tanto quanto la sua capacita' di significare qualcosa per la mente femminile. Adesso l'ha perduta, ci accorgiamo che senza non puo' durare".

Per esempio, il movimento No Dal Molin e' nato per lottare contro la costruzione della base Nato a Vicenza, ma presto le donne hanno nominato il desiderio di non operare solo contro una visione politica e una strategia militare, soprattutto per la costruzione di un modello alternativo di citta', di societa', per l'affermazione di una diversa visione del mondo. Oggi il potere ha imposto con la forza la costruzione della base, tuttavia il movimento non rinuncia alla lotta politica perche' fiorisca una cultura alternativa a quella militare. Nel movimento No Dal Molin le donne hanno aperto conflitti con gli uomini, mettendo al centro della riflessione il fatto di essere uomini e donne con pratiche differenti, che non seguono la logica della contrapposizione. Anche il movimento No Tav ha subito un attacco frontale dal potere, che ha sequestrato i terreni occupati pacificamente per dare il via ai lavori della ferrovia. Ma le donne e gli uomini che stanno lottando sono forti delle ragioni del loro no - amore per il territorio, responsabilita' per il futuro e la salute, sviluppo non piegato al progresso - e sono consapevoli che le ragioni del si' sono ridotte alla rincorsa di potere e denaro. Per questo non si arrendono e fanno mosse che non stanno nel copione del contropotere. Lo si vede bene nel video della donna che fa un lungo discorso alle forze di polizia: con parole semplici ed efficaci richiama gli agenti in tenuta antisommossa alla sua e loro comune umanita', esortandoli a imboccare la strada della consapevolezza e della conoscenza. In questa vicenda possiamo anche toccare con mano come internet dia accesso ad altre pratiche, mentre i media mainstream mostrano solo gli scontri, le sfide, le pratiche piu' maschili, in modo funzionale al potere che vuole sottomissione, non creativita'.

A nostro avviso i movimenti hanno un taglio politico interessante quando ricercano forme di lotta con una forte impronta femminile. Come dicevamo, pensiamo al movimento No dal Molin e No Tav, al loro modo di prendere le decisioni, cercare pratiche pacifiche, rilanciare il desiderio che sia possibile cambiare il mondo senza la conquista del potere, l'invenzione piu' potente del femminismo. Invece non vediamo una vera linea rivoluzionaria quando si mettono in atto solo vecchi schemi di politica antagonista e ricerca della visibilita' nei media.

 

8. RIFLESSIONE. "UNIONE DONNE IN ITALIA" (UDI) Di NAPOLI: PRESA DI COSCIENZA SUL PROBLEMA DEI RIFIUTI

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente intervento dell'Udi di Napoli del 30 giugno 2011]

 

Nei rifiuti di Napoli e della Campania e' scritta una storia di fallimenti che ancora oggi stentano ad essere compresi dalla collettivita'. Le bonifiche mai avviate, la riapertura di discariche sature da tempo e in piu' l'utilizzo clandestino di cave in terreni privati, impossibile da quantificare, rappresentano un fenomeno rispetto al quale la politica e i singoli responsabili hanno colpe ancora da individuare e denunciare.

I rifiuti di Napoli e della Campania sono il paradigma del ciclo consumo/rifiuti assunto dalla civilta' occidentale: consumare per "essere" e poi buttare altrove i rifiuti. Lo fa consapevolmente o no la maggioranza degli italiani. Ci sono rifiuti che vanno non si sa dove: non ci sono solo l'incarto e la bottiglia di vetro, l'umido e il polistirolo (irriciclabile), la plastica e il metallo, cioe' materiali che piu' o meno vengono separati e raccolti. Ci sono i computer, le pile, gli oli che colano dagli scassi, i materiali di risulta delle demolizioni, i rifiuti industriali ed ospedalieri, rispetto ai quali solitamente le istituzioni presentano piani ufficiali, mentre ce n'e' un altro occulto che funziona senza regole, piu' economico ed immediato, dobbiamo dire purtroppo, con piena soddisfazione del decoro delle "Regioni virtuose".

E' noto, ormai, che la Campania, e non solo, e' stata resa disponibile dal boom industriale in poi al ciclo selvaggio del rifiuto tossico e allo sviluppo di un'economia terza e criminale.

Il contesto che ne viene fuori e' confuso, colluso, titanicamente compromesso. Che fare rispetto alll'inceneritore di Acerra, il distributore di diossina, che sorge sulle terre mai bonificate dalla Montefibre? Che fare di fronte all'intervento "azzeratore" dell'esercito e della protezione civile? Che fare di fronte ad una cittadinanza obbligata a guardare solo l'invasione delle strade "per l'emergenza rifiuti"?

Ce lo siamo chieste, noi dell'Udi di Napoli, ed abbiamo capito che ormai anche le ragioni profonde che reclamano un ripensamento della politica rispetto alla cura della terra, reclamano la liberazione dall'ulteriore circolo vizioso creato dalla quotidianita' del consumo, per poi poter ragionare della salute delle terre di tutte.

Abbiamo inaugurato una campagna che ancora chiamiamo "dei gesti responsabili", contrapposta al messaggio mediatico che ancora persiste e propaganda il modello inventato di un Sud che vende la propria salute e quella delle generazioni a venire, contrapposto ad un Nord virtuoso ed autosufficiente.

Abbiamo chiesto a tutte quelle che riuscivamo a raggiungere, di assumere con noi questi gesti responsabili, al Sud come al Nord ed in Europa.

Noi abbiamo parlato alle donne, ed ora alle donne ci rivolgiamo, perche' sono le donne che fanno quei gesti quotidiani di cura sui beni comuni. Le nostre interlocutrici sono le donne che hanno scelto nella vita di agire responsabilmente percorrendo una concezione della politica originale ed autodeterminata.

A queste donne chiediamo di essere con noi attraverso parziali e significativi gesti di cura del mondo, ascoltando le vittime-testimoni dello scempio compiuto: un ascolto che giunga fino alle madri dei bambini africani avvelenati dal rifiuto "moderno" dell'occidente opulento.

Individuare le responsabilita' istituzionali, attuali e sul danno compiuto, e' certamente storia che riguarda governo e magistratura, ma una parte importantissima riguarda le cittadine e in particolare quelle che come noi vogliono sottrarre il loro contributo all'economia che continua a compromettere il futuro e la salute della terra e delle loro terre.

1) Ridurre il volume dei rifiuti, riducendo gli imballaggi alla fonte, e' un passo fondamentale: ad esempio, con gli imballaggi, si smercia spesso un tipo di materiale irriciclabile: nel resto d'Europa il polistirolo e' ormai completamente sostituito con un derivato del mais.

2) Fermare i rifiuti tossici ed ospedalieri speciali: hanno percorsi individuabili. Gli assessorati competenti delle Regioni hanno spesso un conteggio parziale, e l'incongruenza con le bolle di carico rende ingiustificabile il movimento di terra.

3) All'ostruzionismo della Lega va sottratto il silenzio/assenso delle donne che abitano le "Regioni egoiste".

Il risarcimento dei danni prodotti da industrie del Nord, che peraltro non hanno mai bonificato i terreni inquinati, risiede anche nell'atto solidale di accogliere rifiuti che ostacolano attualmente la normalizzazione del ciclo.

Con un appoggio visibile e solidale, con l'apertura di una vertenza nazionale femminile sulla politica dei consumi a partire da Napoli, con le donne di tutta Italia si puo' cominciare anche riprogettare anche lo sviluppo.

 

9. RIFLESSIONE. UNA LETTERA APERTA DELLE MADRI DI VALLE DI SUSA

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo la seguente "Lettera delle Madri di Valle di Susa" del primo luglio 2011]

 

Caro Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napoletano e signora Clio, gentili donne del Parlamento italiano e del Parlamento europeo, religiose e missionarie, donne del volontariato,

Nell'autunno del 2005 al Presidio No Tav di Borgone, in Valle di Susa, nel pieno di una pacifica eppure determinata battaglia di democrazia e di civilta', nata un decennio prima per impedire lo sperpero delle risorse pubbliche e la distruzione di quelle ambientali, ricevemmo una lettera che cosi' cominciava: "Noi, madri di Plaza de Mayo, vicine e solidali alle madri di Valle di Susa...".

Vorremmo oggi poter riproporre quelle parole alte e forti, fatte di condivisione e piene di coraggio, ma la lettera di quelle Madri e' stata bruciata, piu' di un anno fa in un incendio doloso sul quale ancora oggi attendiamo di conoscere risposte e colpevoli (i mandanti e le ragioni ci sono purtroppo assai ben chiari). Quella lettera e' diventata cenere, insieme a moltissime altre preziose testimonianze e a un pezzo fondamentale della nostra storia, ma il suo significato e il suo valore restano per noi immutati, scritti nel cuore e percio' non suscettibili di oltraggi esterni.

E' per questa ragione che oggi siamo noi, madri di Valle di Susa, a riprendere quelle parole, forti di quel coraggio e rivendicandone la stessa dignita'.

Noi, madri di Valle di Susa, che da anni studiamo geologia, indaghiamo i segreti degli appalti, svisceriamo le leggi dell'economia, e approfondiamo temi apparentemente lontani dalla nostra vita, come i flussi di transito, l'inquinamento acustico, la radioattivita' della pechblenda, che da anni abbiamo imparato a trovare il tempo non solo per i figli, la scuola dei figli, i lavori di casa, quelli fuori casa, ma anche per la presenza nei Comitati e nei Presidi No Tav, che abbiamo marciato con il nostro futuro fra le braccia, in marce interminabili, sotto il sole di giugno e nel gelo di dicembre, che nell'attesa di uno sgombero, abbiamo vegliato attorno ad un fuoco, nelle antiche notti di Venaus e in quelle nuove di Chiomonte, preoccupate non gia' dei nostri nasi rotti, ma delle manganellate che sarebbero potute cadute sulle teste dei nostri figli, che abbiamo cucinato quintali di pasta e montagne di polenta per sfamare gli affamati di giustizia, e che non abbiamo saputo rifiutare una tazza di caffe' bollente a chi, protetto da uno scudo e in assetto antisommossa, ci e' sempre sembrato piu' una vittima inconsapevole, che un nemico da combattere, noi, che chiamiamo Madre la Terra e che ne esigiamo il rispetto dovuto alle madri, che facendo tesoro del passato non vogliamo ripetere gli errori di chi ha pensato di poter impunemente sacrificare la salute in nome del guadagno, l'onesta' in nome del profitto, la bellezza in nome del denaro, e che difendendo la nostra Valle da un'opera insostenibile dal punto di vista ambientale, umano, sociale ed economico, stiamo in realta' difendendo l'intera nostra Patria e proponendo un modello di sviluppo piu' degno per l'intera comunita' umana.

Noi, Madri di Valle di Susa rigettiamo le accuse che quotidianamente ci vengono mosse: accuse di violenza e di mancanza di rispetto nei confronti dello Stato e delle sue Istituzioni, che - vogliamo ricordarlo - e' una Repubblica democratica la cui base e' rappresentata da quella Costituzione nata dalla Resistenza alla quale le nostre stesse madri presero parte attiva, combattendo la loro guerra fra le mura domestiche, dentro alle fabbriche e sulle montagne, come staffette e come partigiane, e rivendichiamo il diritto di proseguire in modo pacifico e determinato la nostra lotta, convinte che la nostra tenace perseveranza possa essere un giorno premiata con il riconoscimento delle ragioni di un intero territorio che ha, come unica pretesa, l'ambizione di avere una vita a bassa velocita', ma ad alta qualita'.

*

Per adesioni scrivere a: Barbara De Bernardi -barbara.debernardi at istruzione.it, Maria Chirio -girich at alice.it

 

==============================

NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

==============================

Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 389 del 9 luglio 2011

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it