Telegrammi. 586
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- Date: Tue, 14 Jun 2011 00:23:27 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 586 del 14 giugno 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Una vittoria dell'umanita'
2. Mao Valpiana: Una vittoria del potere di tutti
3. Antonia Sani: Il mondo salvato dai ragazzini
4. Dopo la vittoria referendaria contro la follia nucleare una conferenza del professor Alessandro Pizzi il 15 giugno a Blera
5. Mao Valpiana: Ottantesimo e ultimo giorno di digiuno nonviolento collettivo a staffetta per opporsi alla guerra e al nucleare
6. Bia Sarasini intervista Saskia Sassen
7. Nadia Fusini presenta "Finnegans Wake" di James Joyce
8. Fabio Scuto presenta "Fuori dal tempo" di David Grossman
9. Simone Weil: L'incipit delle "Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale" (1934)
10. Per sostenere il Movimento Nonviolento
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UNA VITTORIA DELL'UMANITA'
La vittoria dei referendum odierni costituisce una gioia grande per quelli di noi che alcuni decenni fa si batterono contro il nucleare lungo un intero decennio fino alla vittoria referendaria del 1987.
Ed una gioia grande per quelli di noi che da anni si battono per il diritto all'acqua potabile nel nostro territorio come ovunque.
Ed ancora una gioia grande per quelli di noi che all'eversione dall'alto berlusconiana si oppongono da sempre.
E' una vittoria per l'umanita' intera, comprese le generazioni future.
Con il medesimo rigoroso impegno con cui ci si e' battuti contro il nucleare, per l'acqua bene comune e diritto umano, per l'uguaglianza di tutti dinanzi alla legge, ebbene, occorre battersi anche per far cessare le guerre cui l'Italia follemente e criminalmente partecipa; per far cessare la scellerata persecuzione razzista di migranti e viaggianti; per ripristinare pienamente nel nostro paese la legalita' costituzionale, la democrazia solidale e responsabile, e il rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UNA VITTORIA DEL POTERE DI TUTTI
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]
Gli italiani hanno scelto un futuro senza nucleare, con l'acqua pubblica, e la legge uguale per tutti. Una scelta di saggezza.
I temi ambientali, della salute, della giustizia, stanno a cuore alla maggioranza degli elettori.
Meno saggi quei politici che hanno perso la sintonia con il popolo e si sono posti fuori dal processo democratico, rifiutando la consultazione referendaria.
Qualcosa di profondo si sta modificando nel nostro paese. Questo ci spinge a proseguire il nostro impegno cinquantennale per la nonviolenza che e' "il potere di tutti".
3. RIFLESSIONE. ANTONIA SANI: IL MONDO SALVATO DAI RAGAZZINI
[Ringraziamo Antonia Sani (per contatti: antonia.sani at alice.it) per questo intervento.
Antonia Baraldi Sani, nata a Ferrara nel 1936, vive a Roma; e' docente di materie letterarie nella scuola secondaria superiore. E' tra i membri fondatori del Comitato nazionale "Scuola e Costituzione" (1985) e presidente del Crides (Centro Romano di Iniziativa per la Difesa dei Diritti nella Scuola), che rappresenta l'articolazione romana del Comitato Nazionale Scuola e Costituzione. Fa parte della Giunta Esecutiva dell'Associazione "Carta 89", fondata da F. Gentiloni, M.A. Manacorda, E. Garin, R. Luporini, F. Gianpiccoli, per la difesa della laicita' dello Stato; è membro della giunta della Consulta Romana per la Laicita' delle Istituzioni. E' stata presidente del "Comitato per la difesa e il rlancio della Costituzione" di Roma (1990-'97). E' tra i soci fondatori della "Associazione per la scuola della repubblica"(1999). E' stata consigliera circoscrizionale (Roma, II Circoscrizione) per due consiliature come rappresentante del Pdup, e, successivamente, come indipendente nelle liste del Pci (1981-1989). Ha fatto parte del Consiglio Scolastico Provinciale di Roma come insegnante di scuola superiore. Dal 2007 e' presidente della sezione italiana della Wilpf (Lega Internazionale di Donne per la Pace e la Liberta'). Collabora a vari quotidiani e periodici di ispirazione laica, tra i quali "Laicita'", "Ecole", "Alternative", "Italialaica (on line)", "Il paese delle donne", Critica liberale", oltre a raccolte di saggi]
Notte prima del voto sui quattro referendum.
Non so se e' stato fatto da noi tutto il possibile per invitare al "si'" come a una necessità inderogabile, ossia nella maniera piu' efficace a seconda di coloro con cui abbiamo scambiato informazioni.
Ma una cosa che mi rende allegra e' la percezione che questa volta sono tanti i giovani e le ragazze che hanno capito. In gioco non c'e' solo la materialita' dell'acqua e della salvaguardia dal nucleare, ma la gestione pubblica dei beni comuni.
E' questo l'aspetto importante colto dalle giovani generazioni: il pubblico potra' essere accusato di corruzione, inerzia, inefficienza, ma l'antidoto non e' il privato.
In questa marea montante di accaparramento dei posti di potere, di cancellazione dei principi di solidarieta' sociale con proposte di una "solidarieta' orizzontale" sinonimo di interessi privati sul terreno dei beni comuni, il fatto che in questi scenari di degrado dei valori etici i giovani, che piu' pagano i costi della crisi, si siano dimostrati aperti con entusiasmo all'affermazione del pubblico sul privato, disposti a un uso consapevole delle risorse energetiche, a un senso della legalita' che oltrepassa la discrezionalita' del giudice di turno per affermare l'eguaglianza di tutti davanti alla legge, non puo' che darci un'imprevista grande felicita' e speranza.
4. INCONTRI. DOPO LA VITTORIA REFERENDARIA CONTRO LA FOLLIA NUCLEARE UNA CONFERENZA DEL PROFESSOR ALESSANDRO PIZZI IL 15 GIUGNO A BLERA
Si svolgera' mercoledi' 15 giugno 2011, con inizio alle ore 17,30, presso la biblioteca comunale di Blera (Vt) una conferenza pubblica sul tema: "Ambiente, salute, energia: perche' rifiutare la follia nucleare".
La conferenza sara' tenuta dal professor Alessandro Pizzi, docente di fisica e matematica, una delle figure piu' autorevoli dell'ambientalismo scientifico e delle buone pratiche amministrative nell'Alto Lazio.
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Alessandro Pizzi, docente di fisica e matematica, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha promosso l'esperienza del corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei principali animatori del comitato che si oppone al mega-aeroporto a Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo; su sua iniziativa nel 2007 il congresso nazionale del Movimento Nonviolento ha approvato all'unanimita' una mozione per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio; e rilevanti relazioni ha tenuto in vari convegni scientifici sui temi della sostenibilita' ambientale, delle scelte economiche ecocompatibili, dell'energia, della giustizia globale. Si veda anche una recente intervista in "Coi piedi per terra" n. 340.
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Per ulteriori informazioni: la conferenza e' promossa dalla Cooperativa agricola "il Vignale", tel. 3475988431 - 3478113696: e-mail: ilvignale at gmail.com
5. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: OTTANTESIMO E ULTIMO GIORNO DI DIGIUNO NONVIOLENTO COLLETTIVO A STAFFETTA PER OPPORSI ALLA GUERRA E AL NUCLEARE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento]
Il voto referendario ha detto la parola definitiva per chiudere la strada al nucleare nel nostro paese. Non saranno costruite centrali nucleari in Italia. Il progetto scellerato di produrre energia atomica e' stato clamorosamente bocciato dagli elettori.
Opporsi al nucleare era una delle motivazioni di questo nostro digiuno a staffetta. L'opposizione popolare al nucleare e' stata vincente.
Resta l'altro obiettivo: opporsi alla guerra, far rispettare l'articolo 11 della Costituzione.
L'iniziativa del digiuno a staffetta viene interrotta, avendo raggiunto una parte dell'obiettivo, e ora bisogna trovare nuove forme per proseguire l'opposizione alla guerra.
Sono 167 le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno aderito al digiuno promosso dal Movimento Nonviolento "per opporsi alla guerra e al nucleare". C'e' chi ha digiunato anche se malato in ospedale, chi in una cella di convento o di carcere, chi ha partecipato ma ha preferito non farlo sapere pubblicamente e chi, non potendo aderire per vari motivi, lo ha fatto spiritualmente.
Questa iniziativa nonviolenta si e' protratta dal 27 marzo scorso fino alla consultazione referendaria del 12-13 giugno, in ogni parte d'Italia, da Trieste a Palermo, da Torino a Venezia, da Verona a Bari.
La nonviolenza e' contagiosa; abbiamo iniziato con un digiuno di 48 ore, proseguito per 80 giorni.
Un grazie di cuore a tutti coloro che in qualsiasi modo hanno partecipato e sostenuto questa iniziativa.
6. RIFLESSIONE. BIA SARASINI INTERVISTA SASKIA SASSEN
[Dal sito www.donnealtri.it riprendiamo il seguente articolo, gia' pubblicato sul "Secolo XIX", col titolo "Le citta', nuove tecnologie di guerra" e il sommario "Le citta' sono la zona di frontiera per tutte le sfide della globalizzazione: ambiente, razzismo, inasprimento delle disuguaglianze. Ora si aggiunge la guerra".
Bia Sarasini, prestigiosa giornalista, intellettuale femminista, ha diretto "Noi donne" ed e' cofondatrice del sito "DeA".
Saskia Sassen e' una prestigiosa sociologa olandese, docente in varie universita' americane. Tra le opere di Saskia Sassen: Citta' globali, Utet, Torino 1997; Fuori controllo, Il Saggiatore, Milano 1998; Le citta' nell'economia globale, Il Mulino, Bologna 1998; Migranti, coloni, rifugiati, Feltrinelli, Milano 1999; Globalizzati e scontenti, Il Saggiatore, Milano 2002; Una sociologia della globalizzazione, Einaudi, Torino 2008. Dal quotidiano "Il manifesto" riportiamo anche la seguente scheda del 2008 su Saskia Sassen: "La bibliografia di Saskia Sassen riempie molto piu' che uno scaffale. Tra libri, saggi e papers ha scritto di citta' globali, migranti, globalizzazione, classe operaia, femminismo. Nata in Olanda, ha studiato nel suo paese, per poi spostarsi in Italia, America Latina, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, dove insegna all'Universita' di Chicago. Il suo volume piu' noto e' Citta' globali, pubblicato in Italia da Utet. 'Sono partita da tre citta' globali - Tokyo, New York e Londra - ora oltre 40 metropoli possono essere definie globali', ripete divertita. In Italia sono stati pubblicati. Le citta' globali nell'economia globale (Il Mulino). Fuori controllo, Globalizzati e scontenti (entrambi dal Saggiatore), Migranti, coloni, rifugiati (Feltrinelli). Per il prossimo inverno e' prevista l'uscita, presso Einaudi, di Una sociologia della globalizzazione. Mentre per il 2008, dovrebbe uscire l'edizione italiana di Territory, Authority, Rights: From Medieval to Global Assemblages". Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2003 riprendiamo la seguente presentazione di Saskia Sassen (scritta da Benedetto Vecchi): "Saskia Sassen, olandese di nascita, ha passato la sua prima giovinezza in Argentina, trasferendosi poi in Italia per approdare, infine, negli Usa, dove insegna all'Universita' di Chicago e alla Columbia University di New York. Ma il suo nomadismo intellettuale la porta spesso in Italia, in Francia e in Inghilterra. Attivista da sempre nella "nuova sinistra" e' pero' poco incline al dogmatismo che caratterizza spesso il pensiero critico statunitense. Il suo nome e' divenuto famoso per un saggio sulle Citta' globali, una analisi particolareggiata del ruolo di New York, Londra, Tokyo nell'economia globale (il libro e' stato pubblicato dalla Utet). La tesi centrale del volume e' che in alcune citta' si sono concentrati alcuni servizi finanziari, legali, di progettazione organizzativa, di ricerca e sviluppo che sono indispensabili, per coordinarlo, a un processo produttivo disseminato potenzialmente in tutto il pianeta. Proprio per questi motivi, nelle citta' globali la 'polarizzazione sociale' raggiunge il suo acme. Saskia Sassen ha in seguito applicato questa griglia analitica a molte altre citta', come San Paolo, Miami, Singapore, Honk Hong nel libro Le citta' nell'economia globale (Il Mulino). Oltre a questo tema, uno degli argomenti da lei studiati e' la crisi delle sovranita' nazionali nell'economia mondiale (Losing control, tr. it.: Fuori controllo, Il Saggiatore) e le conseguenze sociali della globalizzazione economica (Globalizzati e scontenti, Il Saggiatore). Ed e' all'interno di questo argomento che e' maturato il suo interesse per il ruolo delle migrazioni nello sviluppo economico europeo (Migranti, coloni, rifugiati. Dall'emigrazione di massa alla fortezza Europa, Feltrinelli), dove il migrante diventa la figura simbolica della globalizzazione economica"]
Le guerre moderne sono asimmetriche, sostiene Saskia Sassen, che e' sociologa dell'Istituto Robert Lynd e co-presidente del Committee on Global Though della Columbia University, e collabora regolarmente con siti prestigiosi come OpenDemocracy.net e HuffingtonPost.com. Le differenti forze delle parti in gioco in una guerra asimmetrica, dice Sassen, portano oggi a risultati imprevisti e imprevedibili, rivelatori di equilibri inediti, dove la vittoria, quando c'e', non sempre e' del piu' forte.
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- Bia Sarasini: Lei ha scritto in un recente saggio, pubblicato nel suo sito saskiasassen.com, che le citta' sono fondamentali nelle guerre moderne, fino a diventare loro stesse una tecnologia di guerra. Cosa significa?
- Saskia Sassen: Le citta' sono la zona di frontiera per tutte le sfide della globalizzazione: ambiente, razzismo, inasprimento delle disuguaglianze. Ora si aggiunge la guerra. Perche' quando una potenza militare di tipo convenzionale, come gli Stati uniti o i Paesi della Nato, va in guerra, non si muove contro una forza altrettanto convenzionale, si trova invece contro combattenti irregolari. Buoni o cattivi che siano, non importa, il punto e' che non sono un esercito convenzionale, non hanno carri armati ne' aeroplani. Sono gli irregolari a trovare nelle citta' lo spazio adatto per confliggere con l'esercito convenzionale. Infatti la guerra dentro le citta' terrorizza Nato e Usa, le citta' non sono piu' la zona del relax del soldato. Diventa un corpo a corpo. Non c'e' piu' niente in mezzo, niente carri armati e neppure piani di volo. In questo senso la guerra asimmetrica - la guerra tra un esercito e forze irregolari - ha fatto della citta' un territorio nella mappa della guerra contemporanea. Inoltre le citta' che non sono ancora parte del teatro di guerra secondo le definizioni della guerra militare convenzionale, possono diventarlo. Basta vedere cosa e' successo con le bombe a Londra, Madrid, Bali dopo l'inizio della guerra in Irak.
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- Bia Sarasini: Si tratta di una conseguenza della globalizzazione?
- Saskia Sassen: Si' e no. Uno degli aspetti chiave, anche se non molto visibile, della globalizzazione e' lo sfaldarsi a poco a poco dell'unita' dello stato moderno, che nella sostanza e' uno specifico modello di organizzazione che tiene insieme territorio, autorita' e diritti. Un modello che la globalizzazione cambia, perche' il globale si trova proprio all'interno della nazionalita'. E la guerra asimmetrica si installa in questa tendenza, per cui la globalizzazione non e' la causa, ma la rende possibile. In un certo senso i combattenti irregolari fanno parte della nostra modernita' globale. Gli eserciti convenzionali no. Ce ne accorgiamo tutte le volte che i Ministri della difesa delle nostre democrazie liberali dicono: ci servono truppe e veicoli, carri armati leggeri. Pirati somali, societa' multinazionali, paradisi fiscali, insieme alle guerre asimmetriche, tutto fa parte della nostra modernita' globale.
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- Bia Sarasini: Per l'asimmetria delle guerre moderne cosa e' importante oltre la globalizzazione? Novita' nelle tecnologie e nelle strategie? O che altro?
- Saskia Sassen: Si', c'e' una svolta nelle tecnologie, negli obiettivi della guerra, nelle strategie di combattimento. Penso che ora e' piu' chiaro che siamo all'inizio di una nuova era, cominciata negli anni Ottanta. C'e' una grande confusione, non c'e' piu' un centro che tiene tutto insieme. Trovo anche molto importante che la guerra asimmetrica, e l'urbanizzazione della guerra che produce, rendano visibili i limiti della superiorita' delle potenze militari. Quando la scena della guerra e' nelle citta', l'esercito convenzionale e' soggetto a ogni tipo di costrizioni. Gli Usa hanno bombardato l'Irak per sei settimane, ma sul territorio del Paese, non sulle citta', cosi' e' cominciata quell'altra guerra. L'urbanizzazione della guerra rende complesse le forze di minore potenza. Perche' i combattenti irregolari male armati non necessariamente vincono ma la loro debolezza e' complessa perche' ostruisce la potenza militare con piu' forza in campo, e puo' perfino distruggerla. In conclusione non si puo' certo dire che gli Usa hanno vinto in Irak o in Afghanistan. Nella guerra asimmetrica non e' possibile l'armistizio. Se le grandi potenze combattono l'una contro l'altra come nella prima e nella seconda guerra mondiale, hanno anche il potere di dire a un certo punto, facciamo la pace. Questo sembra quasi impossibile in una guerra asimmetrica.
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- Bia Sarasini: Di che tipo e' la guerra in Libia? E una guerra moderna? E ribelli, fanno la differenza?
- Saskia Sassen: In realta' in Libia e' all'opera un formato misto. I ribelli contro il governo riportano chiaramente a una guerra asimmetrica. Ma dal momento in cui l'aviazione della Nato e' entrata in campo ci troviamo nel vecchio stile, da guerra del XX secolo. Nello stesso tempo la Nato non sarebbe intervenuta se non ci fossero stati i ribelli nella scena. Si dovrebbe aggiungere che Gheddafi e' davvero un leader insolito - si pensi all'enorme ingaggio di migliaia di mercenari trasportati su giganteschi C-30. Quella non e' neppure la guerra moderna. Temo che questo faccia proprio parte del nuovo paesaggio in cui ci troviamo. Anche gli Usa appaltano la guerra ai mercenari.
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- Bia Sarasini: Cosa pensa della "guerra umanitaria"?
- Saskia Sassen: E' un tema che mi interessa molto ma che non ho mai studiato. Non sono pronta a parlarne. Ma voglio dire che penso che, oltre il gioco diplomatico e lo stato delle relazioni internazionali fra gli Stati, dovremmo avere norme che proteggano la sicurezza degli umani.
7. LIBRI. NADIA FUSINI PRESENTA "FINNEGANS WAKE" Di JAMES JOYCE
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 10 maggio 2011 col titolo "Se amate le parole rileggete Joyce" e il sottotitolo "Una nuova traduzione del Finnegans Wake"
Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici, docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal 2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e' impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini: segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996; Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa. Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon, Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma 1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori, Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta, Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare, Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei Meridiani Mondadori).
James Joyce e' uno degli scrittori imprescindibili del Novecento]
Joyce era fatto cosi'. Era uno sfrontato, e non scherzava affatto quando affermo': "cosa chiedo ai miei lettori? che dedichino la vita a leggermi". Ho l'impressione che Luigi Schenoni l'abbia fatto davvero: ha passato la vita a leggere l'illeggibile Finnegans Wake. A leggerlo, e a tradurlo - impresa straordinaria di cui ora cogliamo postumo l'ultimo frutto: la traduzione dei capitoli tre e quattro del secondo libro del Finnegans Wake appena uscito da Mondadori (pp. 339 di testo a fronte e altre 400 circa di glossario, euro 11). La domanda tanto inevitabile, quanto pertinente e': si puo' ricreare in un'altra un testo che sfida la lingua in cui nasce, e la lingua in generale, e la comunicazione stessa; anzi, direi, addirittura l'espressione?
Joyce e' un genio - non v'e' chi ne dubiti. E il suo particolare genio e' linguistico; gioca con la lingua come nessuno. O come pochi altri. Per ricchezza e originalita' e' incomparabile la sua destrezza da giocoliere che lancia e riprende le parole, traffica con la loro intrinseca doppiezza e ambiguita'... Si' che qui, come gia' al cuore del suo libro piu' famoso, la vera ordalia non e' tanto la vicenda del pover'uomo Leopold Bloom, novello sfigato Ulisse, ne' la veglia funebre di Tim Finnegan, quanto l'odissea dello stile. E' il dramma dello stile che possiede Joyce, e' il dramma dello stile la sua passione. Di stile Joyce vive e di stile perisce.
In particolare, tale dramma e' in scena in questo inclassificabile libro che non a caso per tutto il tempo che lo scrive - quindici anni -- ebbe per titolo work in progress. Mentre per Stanislaus, fratello di Joyce, era un delirio, "l'ultimo delirio della letteratura prima della sua estinzione".
Ora, da che mondo e' mondo, la prima cosa che il lettore cerca e' la storia. E' sempre com'era da bambini; si legge per quello, per la storia... E che storia si racconta in questo libro? Io lettore lo apro e in inglese come in italiano subito mi disoriento, perche' mi accolgono parole e frasi perlomeno strane, forme linguistiche inusitate, mostruosita', ma anche meraviglie! Mi sgomento, ma anche fiuto una liberta', una danza metamorfica, che a volte si imbizzarrisce in una ridda di significati che implodono in fuochi d'artificio che spesso fanno cilecca, e io povero me lettore travolto, ammaliato, ne esco pero' anche frustrato, sono troppe le possibilita' di senso. E la mia mente ricade imbambolata da difficolta' che non si attendeva. Chi poteva pensare che le frasi si dovessero sfogliare come cipolle? Che esistessero portmanteau-word, mot-valise, parole-macedonia?
Come faccio a capire, se qualcuno non mi insegna come leggere questo tipo di scrittura? Ecco l'importanza della scuola! Perche', vedete, c'era una volta una scuola in cui si insegnava a leggere opere come Ulisse, come Finnegans Wake. C'era una scuola pubblica e c'erano professori e maestri, non per forza comunisti, ma abbastanza rivoluzionari da educare a comprendere che l'essere umano, ovvero parlante, puo' stare in molti modi dentro al suo elemento naturale, che e' la lingua; e farci molte cose, anche giocarci, e giocando scoprire magari la propria vocazione poliglotta. Joyce, irlandese di tendenze rivoluzionarie almeno in letteratura, amava e rispettava Sua Maesta' l'Inglese, ma era ben consapevole gia' ai suoi tempi che nelle isole britanniche erano ben piu' di una le lingue che si parlavano - il manx, l'irlandese, il gaelico, il gallese, e l'inglese era una delle tante... Sapeva che la lingua non e' un sistema chiuso; anzi, se mescola le lingue, quelle vive e quelle morte, se le contamina coi dialetti, se inventa neologismi, e' perche' per lui la lingua e' come la vita, e da vero scrittore, da fedele amante, ne difende la vocazione segreta, e cioe' la versatilita', la tendenza all'amalgama. Segreto ben noto prima di lui a Shakespeare, a Rabelais, a Sterne, e negli stessi anni suoi condiviso da Leiris, Breton, Gertrude Stein - che come lui lottano per una concezione dinamica della lingua, capace di rinnovare il sentimento del mondo.
Nel Finnegans Wake non e' soltanto Tim Finnegan, il muratore morto cadendo sbronzo da una scala, che bisogna vegliare, ma il linguaggio, perche' si apra a una internazionalizzazione quasi da esperanto, perche' non si provincializzi in usi proprii, stereotipati. E' a quest'invito che bisogna rispondere leggendo questo libro, che e' ormai una leggenda. Leggenda che la versione del poeta-traduttore Luigi Schenoni rinsalda, anzi amplifica; all'epica della creazione del capolavoro illeggibile aggiungendo l'epica della traduzione impossibile.
Agli audaci che si apprestano a leggere prometto una cosa certa: dalla lettura usciranno piu' intelligenti di prima, piu' vivi, piu' accorti, piu' ricchi... Ne ho la prova con i miei studenti.
8. LIBRI. FABIO SCUTO PRESENTA "FUORI DAL TEMPO" DI DAVID GROSSMAN
[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 giugno 2011 col titolo "Il pianto di Grossman davanti al muro dei figli perduti".
Fabio Scuto, giornalista, e' corrispondente de "La Repubblica" per il medio Oriente.
David Grossman, nato a Gerusalemme nel 1954, e' uno dei maggiori scrittori contemporanei, da sempre impegnato per la pace e i diritti umani; suo figlio Uri e' morto nella guerra del 2006. Tra le opere di David Grossman: Vedi alla voce: amore (1986); Il libro della grammatica interiore (1991); Ci sono bambini a zigzag (1994); Che tu sia per me il coltello (1998); tutti presso Mondadori. Cfr. anche il libro-intervista curato da Matteo Bellinelli: David Grossman, La memoria della Shoah, Casagrande, Bellinzona 2000]
Gerusalemme. In sordina, quasi senza alcun annuncio, esce in Israele in occasione della Settimana del Libro Ebraico, l'ultima fatica di David Grossman. Difficile definire Fuori dal tempo ("Nofel Mihutz Lazman", pp. 187) un "semplice" romanzo e infatti lui stesso lo definisce nel sottotitolo un "racconto a piu' voci". E' quasi una piece teatrale dove i personaggi, "voci" senza un nome, recitano per lo piu' monologhi in versi liberi, da cui, poco alla volta, si evince la trama. Una sera, un Uomo, il cui figlio e' morto cinque anni prima, decide di mettersi in cammino per andare ad incontrarlo "laggiu'". La Moglie tenta di dissuaderlo, ma invano, lui non vuole sentire ragioni, andra' "laggiu'". Al cammino dell'Uomo, si uniscono via via altri personaggi: il Duca, la Levatrice con il Calzolaio suo marito, il Vecchio Maestro di Calcolo, la Rammendatrice delle Reti da Pesca, tutti accomunati dal dolore di aver perduto un figlio o una figlia e di non essere riusciti a "parlarne". La marcia dei derelitti - che avviene in cerchio, sulle colline che circondano una citta' fantastica - e' documentata, per ordine del Duca, dallo Scriba delle Cronache Cittadine, che, come si rivelera' in seguito, ha anche lui perduto un figlio. Ma e' seguita da lontano anche da "Centauro": uno scrittore che dopo la morte del figlio non e' piu' riuscito ad alzarsi dalla scrivania, questa e' diventata parte del suo corpo, ma lui non e' piu' riuscito a scrivere una parola. Alla fine il gruppo giunge alla meta: su una muraglia compaiono, come su uno schermo plastico, bassorilievi a forma di volti e altre parti del corpo, nelle quali ai genitori sembra di riconoscere le sembianze dei propri ragazzi. Ma forse e' solo una suggestione: la muraglia scompare rapidamente e con essa le figure. All'Uomo-che-cammina resta solo la consapevolezza dell'inevitabilita' del distacco finale.
David Grossman continua a vivere nei personaggi dei suoi libri. Un filo diretto lega il bambino Momik di Vedi alla voce: Amore, il primo grande romanzo che gli diede notorieta' internazionale, all'Uomo che cammina in Fuori dal tempo. Entrambi devono misurarsi con un "laggiu'", misterioso e pericoloso, nel caso di Momik e' il luogo dove viveva la "bestia nazista", posto da cui non si torna e se si torna si rimane menomati nel corpo e nella mente; nel caso dell'Uomo-che-cammina e' il luogo dove si trovano i figli morti, separati per sempre da una muraglia invalicabile. Un'esperienza atroce che Grossman attraversa dal luglio 2006, quando nell'ultimo giorno di guerra suo figlio Uri mori' lungo il fronte con il Libano.
Fuori dal tempo e' un libro complesso, su piu' piani narrativi, su cui bisogna tornare piu' di una volta per coglierne il senso piu' profondo. E' un libro sofisticato e contemporaneamente uno dei piu' umani che Grossman abbia mai scritto, supera la barriera dell'intelligenza analitica per colpire direttamente quella emotiva. E' un viaggio nel profondo dell'animo umano che, se apparentemente si svolge in gruppo, in realta' e' un processo solitario di elaborazione di un lutto senza fine. Solo l'accettazione della morte del figlio - "la sua morte non e' morta" - riesce a ridare le parole a chi le aveva perdute.
9. MAESTRE. SIMONE WEIL: L'INCIPIT DELLE "RIFLESSIONI SULLE CAUSE DELLA LIBERTA' E DELL'OPPRESSIONE SOCIALE" (1934)
[Da Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale, Adelphi, Milano 1983, 1984, pp. 11-12.
Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Il presente e' uno di quei periodi in cui svanisce quanto normalmente sembra costituire una ragione di vita e, se non si vuole sprofondare nello smarrimento o nell'incoscienza, tutto va rimesso in questione. Solo una parte del male di cui soffriamo e' da attribuire al fatto che il trionfo dei movimenti autoritari e nazionalisti distrugge un po' dovunque la speranza che uomini onesti avevano riposto nella democrazia e nel pacifismo; esso e' ben piu' profondo e ben piu' vasto. Ci si puo' chiedere se esista un ambito della vita pubblica o privata dove le sorgenti stesse dell'attivita' e della speranza non siano avvelenate dalle condizioni nelle quali viviamo. Il lavoro non viene piu' eseguito con la coscienza orgogliosa di essere utile, ma con il sentimento umiliante e angosciante di possedere un privilegio concesso da un favore passeggero della sorte, un privilegio dal quale si escludono parecchi esseri umani per il fatto stesso di goderne, in breve un posto. Gli stessi imprenditori hanno perso quella credenza ingenua in un progresso economico illimitato che faceva loro supporre di avere una missione. Il progresso tecnico sembra aver fatto fallimento, poiche' ha apportato alle masse, in luogo del benessere, la miseria fisica e morale in cui le vediamo dibattersi; del resto non sono piu' ammesse innovazioni tecniche in nessun campo, o quasi, salvo nelle industrie belliche. Quanto al progresso scientifico, non si vede bene a che cosa possa servire accatastare ulteriormente conoscenze su un ammasso gia' fin troppo vasto per poter essere abbracciato dal pensiero stesso degli specialisti; e l'esperienza mostra che i nostri antenati si sono ingannati credendo nella diffusione dei lumi, poiche' non si puo' divulgare fra le masse che una miserabile caricatura della cultura scientifica moderna, caricatura che, lungi dal formarne la capacita' di giudizio, le abitua alla credulita'. L'arte stessa subisce il contraccolpo dello smarrimento generale, che la priva in parte del suo pubblico, e con cio' stesso lede l'ispirazione. Infine la vita familiare e' diventata solo ansieta', a partire dal momento in cui la societa' si e' chiusa ai giovani. Proprio quella generazione per la quale l'attesa febbrile dell'avvenire costituisce la vita intera vegeta in tutto il mondo con la consapevolezza di non avere alcun avvenire, che per essa non c'e' alcun posto nel nostro universo. Del resto, questo male, al giorno d'oggi, se e' piu' acuto per i giovani, e' comune a tutta l'umanita'. Viviamo un'epoca priva di avvenire. L'attesa di cio' che verra' non e' piu' speranza, ma angoscia.
10. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.
Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
11. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, 1976, pp. 424.
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
13. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 586 del 14 giugno 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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