Telegrammi. 549



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 549 dell'8 maggio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Un messaggio nella bottiglia

2. Mao Valpiana: Quarantatreesimo giorno di digiuno nonviolento collettivo a staffetta per opporsi alla guerra e al nucleare

3. Giuliana Sgrena intervista Cherifa Bouatta

4. Simonetta Fiori intervista Gae Aulenti

5. Luisa Muraro: Della santita'

6. Per sostenere il Movimento Nonviolento

7. Segnalazioni librarie

8. La "Carta" del Movimento Nonviolento

9. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UN MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA

 

Distratti da mille sciocchezze, ed anche da cose importanti ma non cosi' importanti ed urgenti come le tre decisive, i nativi italiani non si avvedono di essere stati ridotti a complici di tre crimini di dimensioni immani.

Le guerre in Afghanistan e in Libia, cui l'Italia illegalmente, criminalmente partecipa; guerre che ogni giorno causano stragi e devastazioni.

La persecuzione razzista dei migranti da parte dell'Italia e dell'Unione Europea; persecuzione che da anni ha caratteri specificamente hitleriani.

La catastrofe ambientale provocata da un modello di sviluppo predatorio che devastando irreversibilmente la biosfera sta materialmente divorando il futuro della civilta' umana.

Tre crimini che hanno alla loro base un'ideologia precisa: l'ideologia del potere maschilista e patriarcale, l'ideologia che e' alla radice dell'esercizio del potere come violenza proprietaria e assassina.

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A fronte di questo indicibile orrore, la ex-sinistra politica organizzata ed istituzionale italiana di cedimento in cedimento si e' resa pressoche' integralmente complice, e complice giuliva, delle dominanti politiche naziste (i campi di concentramento, le guerre stragiste, lo sviluppismo onnidistruttivo). A conferma del fatto che sulle questioni cruciali cedere un poco e' capitolare del tutto.

Ma non meno catastrofica e' stata la parabola del cosiddetto associazionismo democratico: da quando - negli anni Ottanta - accetto' di lasciarsi schedare, aziendalizzare, finanziare ex alto e quindi rendere parassitario, parastatale e fiancheggiatore dello smantellamento del welfare state, e' stata una rovinosa caduta che tuttora continua, a livelli sempre piu' abissali.

E nulla mette conto di dire delle tronfie burocrazie del defunto movimento pacifista da se' medesime intombatesi sotto le loro ambiguita' e collusioni, la corruzione, puerilizzazione e subalternita' che pervasivamente hanno introiettato e propagato.

Quanto a certi fenomeni antipolitici scambiati per "il nuovo che avanza" e che invece sono non piu' che populismo fascistizzante, bastera' segnalare come su guerra e razzismo le posizioni da essi espresse siano a un dipresso le medesime della destra eversiva al potere.

Che poi in Italia vi siano tante brave persone e' fuor di dubbio, ma e' fuor di dubbio anche il fatto che il tempo che dovrebbero dedicare alla riflessione e alla lotta lo dedicano perlopiu' a lasciarsi narcotizzare dalla televisione, di bel nuovo ignari che dalla televisione - per dirla in breve - parlano sempre e solo gli assassini e i loro complici.

In questa scellerata passivizzazione di massa, in questa subalternita' totalitaria, in questa fuga dalla liberta' ovvero dalla responsabilita', in questa generalizzata resa che favorisce quei piu' scellerati crimini e' il sigillo della distretta dell'ora presente.

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Cosa resta?

Resta la nonviolenza.

Resta la nonviolenza. Ma anche qui occorrera' capirsi.

Non la nonviolenza fanciullesca e farfallona degli ingenui cosi' ingenui da autoproclamarsi "nonviolenti" (quando il buon Capitini - che sapeva di cosa parlava e che soprattutto ne aveva dato prova resistendo al fascismo - suggeriva di adottare la piu' modesta ma piu' rigorosa definizione di "amici della nonviolenza").

E non la caricatura della nonviolenza di chi pensa che essa coincida con le buone maniere a tavola.

E non la pseudo-nonviolenza di chi pensa che basti far l'elemosina al mendicante e non partecipare alle spedizioni squadriste per poter dimenticare che il proprio privilegio si regge sull'altrui schiavitu'.

La nonviolenza che resta, la nonviolenza che occorre, e' quella tragica e apocalittica della "compagnia della buona morte" di cui scriveva Piero Gobetti.

E' la nonviolenza delle barricate che eredita l'esperienza della Prima Internazionale, e' la nonviolenza del "partito dei fucilati" nella Resistenza europea contro il nazifascismo, e' la nonviolenza del movimento delle donne in lotta in questa immensa Ciudad Juarez, e' la nonviolenza della resistenza contadina negli infiniti sud del mondo, e' la nonviolenza delle reti di umanita' resistente fin entro i gulag e i lager che pervadono il pianeta.

E' la nonviolenza di Mohandas Gandhi e di Chico Mendes, di Martin Luther King e di Marianella Garcia, di Iqbal Masih e di Anna Politkovskaja.

E' la nonviolenza pensata e agita da Rosa Luxemburg, da Virginia Woolf, da Simone Weil, da Hannah Arendt, da Franca Ongaro Basaglia, da Germaine Tillion, dalle Madri di Plaza de Mayo, dalle Donne in Nero, da Vandana Shiva.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' il progetto politico necessario oggi alla salvezza dell'umanita'.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' la lotta politica necessaria oggi alla salvezza dell'umanita'.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' l'azione diretta nonviolenta che con la forza della verita' effettualmente contrasta la guerra, il razzismo, l'ecocidio.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' l'azione diretta nonviolenta piu' forte degli eserciti e delle armi, piu' forte della violenza delle mafie e dei regimi, piu' forte dei poteri assassini.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' l'azione diretta nonviolenta con cui qui ed ora dobbiamo far cessare la partecipazione italiana alla guerra, dobbiamo far cessare la persecuzione razzista dei migranti, dobbiamo far cessare la distruzione della casa comune dell'umanita' intera.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' l'azione diretta nonviolenta con cui qui ed ora dobbiamo imporre le dimissioni del governo della guerra e del razzismo, del governo della speculazione e dell'inquinamento, del governo del saccheggio e della corruzione, del governo del maschilismo e del patriarcato.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' l'azione diretta nonviolenta che nel suo farsi riconosce e invera i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Questa nonviolenza, la nonviolenza che occorre, e' l'azione diretta nonviolenta che si oppone concretamente alla violenza. O non e' nulla.

 

2. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: QUARANTATREESIMO GIORNO DI DIGIUNO NONVIOLENTO COLLETTIVO A STAFFETTA PER OPPORSI ALLA GUERRA E AL NUCLEARE

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

"Tu non uccidere" e' il comandamento scritto in modo indelebile nel cuore di ogni persona, in ogni luogo e in ogni tempo della lunga storia dell'umanita'.

La guerra e' un assassinio di massa. La guerra e' contro il comandamento scritto nel cuore di ogni persona.

Tutti sanno che uccidere e' male.

Tutti sanno che la guerra e' male.

Queste sono semplici verita', che hanno una forza in se', nel momento stesso in cui le diciamo. La nonviolenza e' forza della verita'.

Il digiuno che stiamo conducendo e' un gesto di nonviolenza attiva, e' un atto di speranza, e' un fatto concreto contro la guerra e la sua preparazione, contro il nucleare che uccide il presente e il futuro.

Sono piu' di 140 le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno finora aderito al digiuno promosso dal Movimento Nonviolento "per opporsi alla guerra e al nucleare".

Questa iniziativa nonviolenta prosegue dal 27 marzo scorso, e nuovi aderenti hanno gia' annunciato la loro partecipazione almeno fino a domenica 22 maggio. Ma altri ancora si stanno aggiungendo, e si proseguira' oltre. Si digiuna in ogni parte d'Italia, da Trieste a Palermo, da Torino a Venezia, da Verona a Bari.

La nonviolenza e' contagiosa; abbiamo iniziato con un digiuno di 48 ore, che sta proseguendo da 43 giorni.

Chi desidera aderire al digiuno lo puo' comunicare a: azionenonviolenta at sis.it (indicare nome, cognome, citta', giorno o giorni di digiuno).

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Di seguito l'elenco dei digiunanti aggiornato alle ore 21 del 7 maggio 2011.

Hanno finora digiunato a staffetta: Mao Valpiana (Verona), Caterina Del Torto (Ferrara - Verona), Elisabetta Pavani (Ferrara), Raffaella Mendolia (Mestre - Venezia), Lucia Grieco (Mestre - Venezia), Sergio Paronetto (Verona), Daniele Lugli (Ferrara), Maddalena Soffi (Verona), Domenico Letizia (Caserta), Alessandro Pizzi (Soriano - Viterbo), Luca Giusti (Genova), Massimiliano Pilati (Trento), Piercarlo Racca (Torino), Angela Dogliotti Marasso (Torino), Enrico Peyretti (Torino), Rocco Pompeo (Livorno), Caterina Bianciardi (Livorno), Mirella Martini (Mestre - Venezia), Vincenzo Benciolini (Verona), Gabriella Falcicchio (Bari), Albachiara Orlando e Stefano Daga (Oristano), Gavina Galleri (Cagliari), Giovanni e Graziella Ricchiardi (Torino), Mira Mondo (Condove - Torino), Claudia Pallottino (Torino), Evelina Savini (Jesi), Angela Genco (Jesi), Angela Liuzzi (Jesi), Pier Cesare Bori (Bologna), Marzia Manca (Cagliari), Tommaso Gradi (Ferrara), Laura Cappellari (Pedavena - Verona), Aurora Bedeschi (Ferrara), Marco Baleani (Gubbio), Silvana Valpiana (Verona), Claudia Capra (Brescia), Paolo Predieri (Brescia), Adriano Moratto (Brescia), Anna Zonari (Ferrara), Tiziana Valpiana (Verona), Marina Nardovino (Verona), Carmine Buro (Prato), Pier Cesare Bori (Bologna), Pietro Del Zanna (Poggibonsi), Pierpaolo Loi (Monserrato - Cagliari), Raffaele Ibba (Cagliari), Maria Erminia Satta (Tempio Pausania), Andrea Zanetti (Orvieto), Lucia Agrati (Roma), Claudia Bernacchi (Padova), Marzia Manca (Cagliari), Maria Elena Sulis (Cagliari), Ignazio Carta (Cagliari), Frate Antonio Santini (Trieste), Ettorina Rubino (Trieste), Massimiliano Brignone (Torino), Danilo Villa (Monza), Maria Grazia Misani (Monza), Stefano Panozzo (Padova - Bruxelles), Tiziana Cimolino (Trieste), Francesca Cimolino (Trieste), Arianna Salan (Verona), Beatrice Pascucci (Cesena), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Liliana Obad (Trieste), Gianfranco Aldrovandi (Guastalla), Paolo Predieri (Brescia), Pier Cesare Bori (Bologna), Giorgio Pellis (Trieste), Marzia Manca (Cagliari), Raffaele Ibba (Cagliari), Pietro Del Zanna (Poggibonsi), Marco Baleani (Gubbio), Paola, Giovanni, Benedetta Baleani (Gubbio), Alessandro Capuzzo (Trieste), Giorgio Pellis (Trieste), Anna Bellini (Ferrara), Claudia Pallottino (Torino), Massimiliano Brignone (Torino), Serena Pulcini (Trieste), Gloria Germani (San Casciano - Firenze), Teresa Piras (Iglesias), Edvino Ugolini (Trieste), Cristina Cometti (Milis - Oristano), Enrico Peyretti (Torino), Peppe Sini (Viterbo), Pasquale Dioguardi (Livorno), Mao Valpiana (Verona), Jolanda Spallitta (Alessandria), Enrico Gabbioneta (Sesto ed Uniti - Cremona), Raffaele Barbiero (Forli' - Cesena), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Anna Bellini (Ferrara), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Tiziana Cimolino (Trieste), Rosaria Totino (Trieste), Antonio Poce (Ferentino - Frosinone), Tiziana Valpiana (Verona), Alessandro Natalini (Perugia), Loretta Viscuso (Verona), Cinzia Picchioni (Torino), Raffaele Ibba (Cagliari), Teresa Gargiulo (Salerno), Liliana Obad (Trieste), Caterina Giustolisi (Firenze), Andrea Ferralasco (Genova), Paolo Predieri (Brescia), Loredana Caletti (Sesto ed Uniti - Cremona), Antonio Santini (Trieste), Luciano Ferluga (Trieste), Tonino Bisceglia (Varazze - Savona), Furio Semerari (Bari), Gabriella Falcicchio (Bari), Gianni D'Elia (Rivalta di Torino), Ettorina Rubino (Trieste), Alessio Di Florio (Casalbordino - Chieti), Andrea Salvoni (Barga - Lucca), Marzia Manca (Cagliari), Samuele Venturi (Castel San Pietro Terme - Bologna), Graziella Prendivoi (Trieste), Luca Dorizzi (Verona), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Anna Bellini (Ferrara), frate Antonio Santini (Trieste), Francesco Spagnolo (Roma), Adriano Moratto (Brescia), Francesco Montanari (provincia Pesaro-Urbino), Aldo Matzeu (Settimo San Pietro - Cagliari), Francesco Comina (Bolzano/Bozen), Pierpaolo Loi (Monserrato - Cagliari), Luca Alberghi (Faenza - Ravenna), Massimiliano Brignone (Barbania - Torino), Claudia Pallottino (Barbania - Torino), Cinzia Picchioni (Torino), Teresa Gargiulo (Castellamare di Stabia - Napoli), Giovanni Mannino (Acireale - Catania), Lorenzo Porta (Firenze), Massimiliano Pilati (Lavis - Trento), Raffaella Mendolia (Mestre - Venezia), Anna Pau (Settimo San Pietro - Cagliari), Saverio Ciarrocchi (San Benedetto del Tronto), Silvana Valpiana (Verona), Elena Buccoliero (Ferrara), Daniele Lugli (Ferrara), Maria Longhi (Vicenza), Saverio Ciarrocchi (San Benedetto del Tronto), Antonio Saulle (Trieste), Marco Iannelli (Roma), Paolo Predieri (Brescia), Franca Maria Bagnoli (Pescara), Antonio Santini (Trieste), Liliana Obad (Trieste), Maddalena Soffi (Verona), Michele Boato (Mestre), Maria Cossu (Mestre), Marzia Manca (Cagliari), Giusi Danelon (Trieste), Anna Bellini (Ferrara), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Anna Bravo (Torino), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Adalgisa Freddi (Marcheno - Brescia), Maurizio Grotta (Verona), Cinzia Picchioni (Torino), Graziella Prendivoi (Trieste), Anna Pau (Settimo San Pietro - Cagliari), Sandro Capuzzo (Trieste), Bruno Salvador (Treviso), Massimiliano Brignone (Barbania - Torino), Raffaele Ibba (Cagliari), Aldo Matzeu (Settimo San Pietro - Cagliari), Ignazio Carta (Cagliari), Maria Elena Sulis (Cagliari), Giovanni Chianchini (Chieti), Adriano Sincovich (Trieste), Daniele Taurino (Fiumicino - Roma), Tiziana Cimolino (Trieste), Pasquale Dioguardi, Rosaria Totino (Trieste), Silvana Valpiana (Verona), Marino Bergagna (Trieste), Francesco Lo Cascio (Palermo), Adriano Moratto (Brescia), Ettorina Rubino (Trieste), Raffaele Ibba (Cagliari), Teresa Gargiulo (Castellamare di Stabia - Napoli), Giovanni Mannino (Acireale - Catania), Paola e Marco Baleani (Gubbio), Marco Iannelli (Roma), Marzia Manca (Cagliari), Aldo Matzeu (Settimo San Pietro - Cagliari), Anna Pau (Settimo San Pietro - Cagliari), Tiziana Cimolino (Trieste), Saverio Ciarrocchi (San Benedetto del Tronto), Giovanni Chianchini (Chieti), Marco Iannelli (Roma), Antonio Santini (Trieste).

Proseguono: domenica 8 maggio: Serena Pulcini (Trieste), Giovanni Baleani (Gubbio - Pg), Aris Elezeri (Gubbio - Pg), Leone Faccio (Gubbio - Pg), Jyotis Medici (Pietralunga - Pg), Raydas Medici (Pietralunga - Pg), Daniela Medici (Pietralunga - Pg), Manuele Medici (Pietralunga - Pg), Jaimal Preta (Pietralunga - Pg), Maria Cossu (Mestre - Venezia), Michele Boato (Mestre - Venezia); lunedi' 9 maggio: Mirella Mancini (Mestre - Venezia), Pasquale Dioguardi (Livorno), Gianluca D'Andrea (Potenza), Rosaria Totino (Trieste); martedi' 10 maggio: Oriana Gorinelli (Rivalta di Torino), Serena Lapel (Trieste); mercoledi' 11 maggio: Tiziana Volta (Brescia), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Adalgisa Freddi (Marcheno - Brescia), Anna Bellini (Ferrara), Elisa Tessarotto (Trieste); venerdi' 13 maggio: Rocco Altieri (Pisa); mercoledi' 18 maggio: Franco Perna (Padenghe sul Garda); domenica 22 maggio: Franco Perna (Padenghe sul Garda).

Evelina Savini (Jesi), Angela Genco (Jesi), Angela Liuzzi (Jesi) porteranno avanti il digiuno a staffetta, alternandosi, fino alla fine della guerra; Gianluca D'Andrea e Pasquale Dioguardi digiuneranno tutti i lunedi'; Oriana Gorinelli digiunera' tutti i martedi'; Anna Bellini, Adalgisa Freddi, Marco Palombo e Marco Rizzinelli digiuneranno tutti i mercoledi'; Rocco Altieri, Paola e Marco Baleani, Teresa Gargiulo, Raffaele Ibba e Giovanni Mannino digiuneranno tutti i venerdi'; Marco Iannelli digiunera' tutti i venerdi' e i sabato; Giovanni Cianchini digiunera' tutti i sabato. Alessandro Natalini e Marzia Manca digiuneranno un giorno a settimana.

 

3. RIFLESSIONE. GIULIANA SGRENA INTERVISTA CHERIFA BOUATTA

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente intervista originariamente apparsa sul quotidiano "Il Manifesto" del 5 maggio 2011 col titolo "La rivolta e' permanente e nessuno puo' fermarla" e il sommario "Algeria. Verso il cambiamento. Pensando al resto del mondo arabo, al ruolo degli islamisti, al sangue versato negli anni 80. Intervista a Cherifa Bouatta, attivista per il cambiamento del sistema. 'Le dittature erano considerate una fatalita', ma ora non fanno piu' paura'. 'Gli integralisti sono fuori da queste dinamiche, ma anche nell'88 era andata cosi''. 'Il cambiamento avverra' anche qui, sono sicura. Per ora siamo in una fase pre-rivoluzionaria'".

Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo, sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo liberatore Nicola Calipari. Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese. Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista". Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004; Fuoco amico, Feltrinelli, Milano 2005; Il prezzo del velo, Feltrinelli, Milano 2008.

Cherifa Bouatta, prestigiosa intellettuale femminista, e' docente di Psicologia all'Universita' di Algeri e portavoce dell'Osservatorio sulle violenze contro le donne in Algeria. Cfr. anche "La nonviolenza e' in cammino" n. 307]

 

Incontriamo Cherifa Bouatta, psicologa, femminista e portavoce dell'Osservatorio sulle violenze contro le donne in Algeria a Napoli, dove ha partecipato, insieme ad altri esponenti della "primavera araba", a un convegno sul Mediterraneo organizzato da Sel.

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- Giuliana Sgrena: L'Algeria e' in rivolta, ma l'evoluzione e' diversa rispetto ad altri paesi arabi.

- Cherifa Bouatta: La storia e' diversa. Quello che succede nel mondo arabo e' vissuto dagli algerini come qualcosa di straordinario perche' rimette in causa quella che era considerata una sorta di fatalita': le dittature al potere nel mondo arabo. Anche se tra i vari regimi ci sono differenze, sono tutti totalitari. Il fatto che oggi questi regimi siano considerati da abbattere e' rivoluzionario in se'. Abbiamo vissuto a lungo con l'idea che l'unica alternativa fosse tra dittatura e integralismo, ma ora abbiamo l'impressione che sia possibile dire: ne' l'una ne' l'altro. D'altronde anche in Egitto e Tunisia non c'erano rivendicazioni islamiste, le parole d'ordine erano "uguaglianza, giustizia sociale, dignita'".

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- Giuliana Sgrena: Dunque le dittature sono diventate vulnerabili.

- Cherifa Bouatta: Queste rivoluzioni hanno messo fine alla paura della dittatura. I dittatori avevano inculcato l'idea di essere invincibili, questo movimento rivoluzionario ha invece mostrato la loro fragilita'. L'idea che Mubarak potesse cadere era impensabile, non solo perche' era al potere da 30 anni durante i quali aveva represso il suo popolo, ma anche perche' aveva dominato la geopolitica della regione ed era il gendarme dell'area, sostenuto da Usa, Europa e Israele. Nonostante questo e' caduto, alimentando la speranza negli altri popoli arabi.

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- Giuliana Sgrena: E questo ha favorito il contagio.

- Cherifa Bouatta: Non credo che la situazione sia identica in Algeria, Tunisia, Egitto e Arabia Saudita: sono tutti paesi arabo-musulmani, ma ognuno ha la propria storia. Per l'Algeria parlerei di una fase pre-rivoluzionaria, perche' il paese e' in rivolta permanente, ma sono convinta che anche qui il cambiamento verra'. La rivolta riguarda tutto il territorio, tutte le categorie sociali, ma occorre considerare la specificita' dell'Algeria: chiunque prenda il potere si richiama alla guerra di liberazione nazionale. Per il regime politico e' la sacralizzazione della legittimazione storica. Tuttavia quello che e' successo negli anni '80 ha fatto tremare le fondamenta del partito unico e questa e' un'esperienza unica nel mondo arabo-musulmano. L'insurrezione popolare degli anni '80 ha obbligato il regime a rivedere la sua visione della societa' e per calmare la rivolta ha proceduto a un'apertura democratica: pluripartitismo, liberta' di organizzazione e di espressione. Le elezioni anticipate hanno permesso l'emergere e la vittoria degli islamisti del Fronte islamico di salvezza (Fis).

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- Giuliana Sgrena: Al quale e' stato pero' impedito di arrivare al potere.

- Cherifa Bouatta: Allora si e' presentata una scelta drammatica per i democratici: interruzione del processo elettorale o teocrazia. Dico teocrazia perche' gli islamisti prima di arrivare al potere avevano presentato il loro programma che si basava su "la soluzione e' l'islam", i principi di uguaglianza e di giustizia sociale erano considerati contrari alla religione. Ali Belhadj, numero due del Fis, sosteneva che la democrazia e' peccato, che la sovranita' e' di Dio e non del popolo. Cosi' dopo la vittoria elettorale hanno cominciato a "moralizzare la societa'". Per far rispettare l'applicazione dei precetti religiosi hanno creato milizie che picchiavano le donne, molte sono state uccise perche' ritenute "di facili costumi", intervenivano nelle universita' per "correggere" gli studenti. Il progetto politico del Fis era l'instaurazione di un regime totalitario e l'interruzione del processo elettorale era qualcosa di antidemocratico.

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- Giuliana Sgrena: Una scelta che molti democratici algerini hanno sostenuto e pagato con lo spargimento di molto sangue.

- Cherifa Bouatta: L'idea dei democratici che avevano sostenuto l'interruzione del processo elettorale era impedire una deriva totalitaria. E' vero che questa scelta ha diviso la sinistra, ma l'interruzione del processo elettorale c'e' stata ed e' stata sostenuta dai democratici algerini. Ne sono seguiti massacri collettivi, all'inizio hanno preso di mira intellettuali - giornalisti, scrittori, artisti, insegnanti -, non era violenza cieca ma mirata contro potenziali leader del movimento democratico algerino. Poi il terrorismo ha colpito tutti, con massacri e violenze contro le donne per ferire l'identita' degli algerini, il patriarcato nel quale gli uomini difendono l'onore controllando la sessualita' delle donne. A quel punto c'e' stato chi si e' organizzato.

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- Giuliana Sgrena: Dopo tanti orrori, con il senno di poi, si puo' ritenere oggi che un'altra strada fosse percorribile?

- Cherifa Bouatta: Allora si riteneva che nell'esercito ci fosse un ramo repubblicano che poteva salvare le basi della democrazia, una visione condivisa da molti democratici algerini. Alla luce di quel che e' successo poi, ci si puo' chiedere se il colpo di stato dei militari serviva a difendere la repubblica o solo i loro interessi. E' una questione che si pone oggi alla luce di quello che il regime e' diventato, un'altra dittatura. E' vero che restano alcune delle conquiste dell'88: ci sono partiti dell'opposizione marginalizzati e minoritari ma esistono, cosi' come esistono molte associazioni e la liberta' di espressione. Ed esiste, a differenza di altri paesi arabi, l'idea della rivendicazione sociale e politica. E' quello che spiega perche' in Algeria le rivolte sono permanenti, la repressione non riesce a fermarle perche' i sindacati autonomi sono forti nella societa' e non si limitano a rivendicazioni corporative, sono nel Coordinamento per il cambiamento e la democrazia che vuole cambiare il sistema.

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- Giuliana Sgrena: E oggi queste forze chiedono che l'esercito torni nelle caserme...

- Cherifa Bouatta: Oggi non si puo' piu' parlare di sostegno alle istituzioni, ne' al potere politico, ne' all'esercito, ne' all'assemblea nazionale eletta, c'e' realmente uno scarto tra istituzioni e societa'. Nessuno nella societa' oggi crede che ci siano delle istituzioni su cui appoggiarsi per le proprie rivendicazioni di cambiamento. Al contrario le lotte attuali chiedono un cambiamento totale e radicale del regime al potere: tutte le istituzioni sono ritenute obsolete. Anche un partito dell'opposizione come il Rcd (Raggruppamento per la cultura e la democrazia) che aveva appoggiato l'interruzione del processo elettorale e sostenuto l'intervento dell'esercito oggi chiede un cambiamento radicale del sistema.

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- Giuliana Sgrena: Si puo' dire che l'islamismo in Algeria e' stato sconfitto, superato?

- Cherifa Bouatta: Oggi l'islamismo non e' un potere che si combatte, gli islamisti sono invisibili, non giocano un ruolo nelle dinamiche politiche. Non posso dire che non esiste piu' un pericolo islamista, l'islamismo e' invisibile ma non credo sia scomparso. Nelle dinamiche attuali in primo piano sono i giovani - studenti e disoccupati - che rifiutano le politiche tradizionali. Per la prima volta dopo vent'anni gli studenti sono riusciti a fare una marcia ad Algeri.

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- Giuliana Sgrena: Si puo' parlare allora di rivolte post-islamiste?

- Cherifa Bouatta: Non so, certo gli islamisti non sono all'interno di queste dinamiche ma abbiamo visto quello che e' successo nell'88: gli islamisti non c'erano ma poi sono riusciti a recuperare la rivolta dei giovani. E ancora oggi il Fis rivendica la propria esistenza e il regime attuale non e' del tutto contrario a un ritorno sulla scena politica del Fis. E poi vi e' la corrente salafita, all'interno della quale vi e' un movimento salafita pacifico (salafiya silmiya) che non predica la violenza ma la pedagogia per costruire una societa' islamista, sostenendo che questa scelta e' frutto della lezione tratta dall'esperienza del Fis. Quindi non si puo' parlare di post-islamismo, forse di post-islamismo violento. Nel frattempo sulla scena politica algerina sono ricomparsi vecchi personaggi (l'ex segretario del Fln Mehri e il leader del Ffs Ait Ahmed) che cercano di orientare il cambiamento. Ma soprattutto sono nati comitati che cercano una convergenza tra diversi movimenti, come il Coordinamento per il cambiamento e la democrazia che riunisce i partiti dell'opposizione, associazioni, democratici, giovani, donne. Anche se ha gia' subito una scissione perche' alcuni si rifiutano di lavorare con partiti, sostenendo che sono responsabili di una politica fallimentare rispetto al cambiamento. Questa scissione ha costituito un nuovo coordinamento, le associazioni di donne sono presenti in entrambi con rivendicazioni femministe e di cambiamento del sistema.

*

- Giuliana Sgrena: Con queste rivolte si puo' dire che gli algerini hanno vinto la paura che le proteste possano riportare al caos e ai fatti luttuosi degli anni '90, come paventato dal regime?

- Cherifa Bouatta: La paura esiste ancora ma e' piu' degli adulti, i giovani non sono condizionati da questo panico. Nella rivolta, generalmente non violenta, ci sono stati anche atti violenti come la distruzione di simboli dello stato, immolazioni, ma sono ben lontani dalle barbarie del decennio nero. Gli studenti che hanno affrontato i poliziotti dicevano: "Vogliamo il cambiamento ma non vogliamo violenza, siamo pacifisti".

 

4. RIFLESSIONE. SIMONETTA FIORI INTERVISTA GAE AULENTI

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente intervista originariamente apparsa sul quotidiano "La Repubblica" del 3 maggio 2011 col titolo "Gae Aulenti. Dall'utopia al narcisismo, il tradimento degli architetti" e il sommario "Il racconto degli ideali di una generazione di progettisti che doveva ricucire il tessuto nazionale a confronto con il presente. 'Da un certo punto in poi e' mancata la scuola che creava intellettuali e non solo tecnici'. 'Negli anni 0ttanta la politica ha rinunciato alle regole e le citta' sono cambiate'".

Simonetta Fiori e' giornalista e saggista, scrive per le pagine culturali del quotidiano "La Repubblica".

Su Gae Aulenti dalla Wikipedia riprendiamo per stralci la seguente voce: "Gaetana (Gae) Aulenti (Palazzolo dello Stella, 4 dicembre 1927) e' un architetto e designer italiano. Nata in provincia di Udine, da famiglia di origini pugliesi per parte di padre, si laureo' in architettura al Politecnico di Milano nel 1953, dove consegui' l'abilitazione alla professione. Gae Aulenti si forma come architetto nella Milano degli anni Cinquanta, dove l'architettura italiana e' impegnata in quella ricerca storico-culturale di recupero dei valori architettonici del passato e dell'ambiente costruito esistente... Dal 1955 al 1965 fa parte della redazione di "Casabella - Continuita'" sotto la direzione di Ernesto Nathan Rogers. Sul fronte universitario e' assistente prima di Giuseppe Samona' (dal 1960 al 1962) presso la cattedra di Composizione Architettonica all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e poco dopo (dal 1964 al 1969) di Ernesto Nathan Rogers presso la cattedra di Composizione Architettonica al Politecnico di Milano, facolta' di Architettura. Di se stessa dice di vedere la sua architettura in stretta relazione ed in interconnessione con l'ambiente urbano esistente, che diviene quasi la sua forma generatrice, cercando, con questo, di trasferire nel suo spazio architettonico la molteplicita' e l'intensita' degli elementi che vanno a definire l'universo urbano. Dal 1974 al 1979 e' membro del Comitato direttivo della rivista "Lotus International", poi fa esperienze artistiche e dal 1976 al 1978 collabora con Luca Ronconi a Prato al Laboratorio di Progettazione Teatrale. Partecipa alla vita d'accademia e nel 1984 viene nominata Accademico corrispondente dell'Accademia Nazionale di San Luca - Roma, mentre dal 1995 al 1996 e' presidente dell'Accademia di Belle Arti di Brera - Milano. Fra le sue opere sia architettoniche, che di design, si ricordano il Museo d'Orsay con il tema floreale delle lunette della volta (1980-86) o la lampada "Pipistrello" della Martinelli Luce (1963), che ha richiami Art Nouveau..."]

 

"Se mi piace la bandiera italiana?". Gae Aulenti, protagonista del design internazionale, incurva la virgola delle sopracciglia: "Scusi, ma che domanda e'?". La casa-bottega di Brera, un palazzetto settecentesco sventrato e ricostruito in un unico spazio interrotto da strette scale di ferro, racconta oltre mezzo secolo di storia nazionale. Le agende del suo lavoro insieme a Rogers e Samona', la collezione della rivista "Casabella", i prototipi della lampada pipistrello, tra gli oggetti forse il piu' amato. Di lei e' stato scritto che e' il primo architetto ad aver dimostrato che l'architettura e' un sostantivo di genere femminile. Da Tokyo a Buenos Aires, da San Francisco a Parigi e Barcellona, non c'e' grande citta' che non porti un suo segno. E' un personaggio-simbolo della Milano razionale e colta, la citta' degli illuministi, dei Verri e del Beccaria, la citta' della Resistenza, dell'antifascismo, della classe operaia nel secondo dopoguerra, ma le sue origini affondano nel Mezzogiorno, nelle campagne di Calabria e Puglia, figlia della borghesia di Trani nata per caso in Friuli. Una doppia radice sintetizzata in quel bisillabo Gae che e' la forma breve di Gaetana, regalo della nonna pugliese.

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- Simonetta Fiori: Lei come si definirebbe?

- Gae Aulenti: Mi sento un'italiana, e basta. Ho forse avuto la fortuna di non vivere in un solo luogo, notando le differenze tra culture e regioni sideralmente distanti. Mio padre lascio' la Puglia per andare a studiare a Ca' Foscari, e nel 1927 arrivai io. Ma poi d'estate ci immergevamo nel verde e nell'azzurro del Mezzogiorno, dove partecipavo a rituali contadini che hanno lasciato un'impronta nelle mie visioni. Se dovessi indicare l'essenza dell'italianita', vado a cercarla nella diffusa qualita' del paesaggio: ovunque la nostra testa riposa sulla bellezza. Un'armonia che sa di eterno. Se ne avverte costantemente la durata della storia.

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- Simonetta Fiori: Nessun contrasto tra le due radici?

- Gae Aulenti: Non direi. Sul finire degli anni Quaranta approdai in una Milano che intrecciava diversi caratteri regionali, idiomi, parlate espressive nutrite dai dialetti. Una trama di grande qualita', che in qualche modo rispecchiava la nostra identita' nazionale, che si nutre di differenze. In questo siamo unici, diversi da tutti gli altri popoli. Mi verrebbe da dire che l'italianita' e' un'aspirazione, piu' che una condizione acquisita una volta per tutte. Questo incrocio di storie differenti ti obbliga costantemente a interrogarti.

 

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- Simonetta Fiori: Al Politecnico, appena ventenne, l'incontro con Ernesto Nathan Rogers. Che Italia progettavate di costruire?

- Gae Aulenti: Intanto dovevamo ricostruirla. Milano portava le ferite dei bombardamenti. E' una delle ragioni per cui m'iscrissi alla Facolta' di Architettura. L'idea principale era quella della continuita' storica e culturale, fisica e concettuale. Bisognava costruire nel rispetto del "tessuto" d'un luogo, del suo ordito piu' profondo, senza rotture ne' traumi. Brodskij dice che nella cultura italiana opera un telaio che tesse la sua essenza piu' profonda, generata dalla piega d'un paesaggio o dalla facciata d'un palazzo. Il nostro dovere di architetti consisteva nel trovare le tracce piu' nascoste di questa trama.

 

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- Simonetta Fiori: Chi riusci' meglio in questa ricerca?

- Gae Aulenti: Un esempio puo' essere la Torre Velasca, simbolo della citta' insieme al Duomo e al Castello Sforzesco. Negli anni Cinquanta Rogers ed Enrico Peressutti la progettarono in continuita' con il passato - la forma della torre - e nel rispetto di un'idea precisa della citta'. Naturalmente questa scuola italiana era aperta a un vasto intreccio di suggestioni internazionali.

 

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- Simonetta Fiori: Oggi pero' non manca il respiro cosmopolita.

- Gae Aulenti: Quel che manca e' la scuola italiana, e sappiamo il disastro. Rogers ci ripeteva spesso che il dovere di un architetto era di essere un intellettuale prima che un professionista.

 

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- Simonetta Fiori: Cosa intendeva?

- Gae Aulenti: Posso leggerle un passo di Vitruvio? "L'architetto sappia di lettere, sia perito nel disegno, erudito nella geometria, conosca molte, molte istorie, diligente ascoltatore di filosofi, s'intenda di sentenze giureconsulti, non sconosca lastrologia e le leggi del cielo". Ho reso l'idea? Oggi si costruisce senza regole, l'architetto tende ad autorappresentarsi, incurante dell'integrazione con l'identita' urbana.

 

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- Simonetta Fiori: Quando e' cambiato il volto delle nostre citta'?

- Gae Aulenti: Quando l'Italia ha smesso di essere amministrata, ossia un quarto di secolo fa. E' negli anni Ottanta che la politica ha rinunciato a definire le regole, e gli architetti ne hanno approfittato, in nome di un principio sbagliato e illusorio: ossia che l'assenza di regole avrebbe favorito invenzione e creativita'.

 

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- Simonetta Fiori: E' vero il contrario?

- Gae Aulenti: La regola severa ti costringe all'essenza. Il risultato di questo malinteso e' sotto i nostri occhi: le citta' sono sfasciate. E l'architettura sembra virare in decorazione. Faccia attenzione a molte nuove costruzioni: non c'e' piu' una linea retta. Vanno di moda le geometrie inclinate, per delle stupidaggini. Tanti piccoli Gehry, che scopiazzano rinunciando all'essenza.

 

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- Simonetta Fiori: La buona architettura nasce dalla buona urbanistica.

- Gae Aulenti: In quegli anni sono venute meno entrambe: il risultato immediato ha vinto sulla lunga scadenza. E l'architettura italiana ha cominciato a perdere prestigio nel mondo.

 

*

- Simonetta Fiori: In che cosa si distingueva un architetto italiano?

- Gae Aulenti: Dalla capacita' di disegnare tutto, dal piccolo oggetto alla casa che deve ospitarlo. Un confronto con lo spazio che includeva urbanistica, architettura, design.

 

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- Simonetta Fiori: Dietro l´invenzione del design c'era la trasformazione dell'Italia da paese contadino a paese industriale. Lei come comincio'?

- Gae Aulenti: La prima cosa che feci fu una sedia a dondolo, marchio Poltronova. Ero totalmente persa. Ma allora si lavorava a contatto con gli operai, non c'era differenza tra produttore e design. Passavo le giornate in fabbrica, pigliando strisce di legno e intrecciandole. Il nostro lavoro era insieme molto artigianale e molto intellettuale, in una trama di corrispondenze con il cinema e il teatro. Oggi ci si interroga meno sulla funzione dell'oggetto, sul suo rapporto con la vita e la societa'.

 

*

- Simonetta Fiori: Per questo e' tramontato il made in Italy?

- Gae Aulenti: Quaranta anni fa i grandi designer erano anche grandi architetti. Oggi sono per lo piu' decoratori, avendo rinunciato al rapporto con l´insieme.

 

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- Simonetta Fiori: Lei ha conosciuto le burocrazie di tutto il mondo, dall'americana alla francese, dalla tedesca alla spagnola. In che cosa siamo diversi?

- Gae Aulenti: In Italia puoi vincere un concorso e rimanere senza lavoro se nel frattempo decade l'amministrazione che l'ha bandito. Altrove non e' cosi'. A Parigi vinsi la gara per il musee d'Orsay con Giscard d'Estaing, ma lo realizzai nell'era di Mitterrand, che veniva a trovarmi in cantiere. Prevedo l'obiezione: ma quella e' la burocrazia francese, lo Stato forte. No, e' accaduto anche nella piu' fragile Spagna: per costruire il museo nazionale della Catalogna ci sono voluti diciotto anni e non so quante amministrazioni. Pero' ce l´abbiamo fatta.

 

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- Simonetta Fiori: Come architetto donna s'e' mai sentita discriminata?

- Gae Aulenti: Appena arrivata a Parigi, al primo incontro ufficiale dopo aver vinto la gara, mi domandarono perplessi "Ou' est Monsieur Aulenti?". Pensavano fossi la moglie. In Italia ho sempre fatto finta di niente. Aiuta.

 

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- Simonetta Fiori: Le piace il nostro tricolore?

- Gae Aulenti: Mi viene una risposta vigliacca, che pero' cancello.

 

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- Simonetta Fiori: La dica.

- Gae Aulenti: Ho sempre preferito la bandiera rossa, ma e' troppo facile. La verita' e' che non ci ho mai pensato.

 

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- Simonetta Fiori: E lo stellone repubblicano?

- Gae Aulenti: Non me lo chieda. Dei simboli non ci si chiede mai il perche'.

 

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- Simonetta Fiori: Forse non si conoscono molto. L´Italia ha una simbologia dimessa.

- Gae Aulenti: E se le dicessi che e' una cosa positiva? Noi siamo una nazione con tante storie e tante culture, che alimentano invenzione e non ortodossia.

 

*

- Simonetta Fiori: Accade spesso che la sua austerita' sia enfatizzata come un tratto molto poco italiano.

- Gae Aulenti: Non sono sicura che l'esuberanza sia un tratto nazionale ne' un carattere meridionale. Se penso alla grande letteratura siciliana, dov'e' questa esuberanza? Non e' del principe di Salina, piuttosto del personaggio di don Calogero Sedara, esponente della piccola borghesia in ascesa. Forse la gestualita' pittoresca e' una cifra italiana piu' recente. Gli esempi pubblici non mancano.

 

*

- Simonetta Fiori: Che cosa non le piace oggi di Milano?

- Gae Aulenti: Non riesco piu' a leggerla, a interpretarne il movimento e il filo conduttore. I mezzi pubblici ricoperti di pubblicita' contribuiscono a questa confusione. Prevale un senso di disordine che non e' solo estetico ma civile.

 

5. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: DELLA SANTITA'

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso sul quotidiano "Metro" del 5 maggio 2011 col titolo "La santita' di Wojtyla".

Luisa Muraro, una delle piu' influenti pensatrici femministe, ha insegnato all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997". Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo la seguente breve notizia biobibliografica aggiornata "Luisa Muraro, profonda conoscitrice del femminismo delle origini, e' tra le fondatrici della Libreria delle Donne di Milano (1975) e nel 1984 della Comunita' filosofica Diotima. Ha lavorato al concetto della differenza, favorendone la divulgazione e contribuendo a renderlo imprescindibile anche nel dibattito politico e filosofico italiano. Autrice di molte monografie, ha pubblicato numerosi saggi e articoli, ospitati in riviste accademiche, ma anche in quotidiani e riviste indirizzate al grande pubblico. Tra le sue pubblicazioni: La signora del gioco. Episodi della caccia alle streghe, Milano, Feltrinelli, 1976; Maglia o uncinetto. Racconto linguistico-politico sulla inimicizia tra metafora e metonimia, Milano, Feltrinelli, 1981; L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 1991; Lingua materna, scienza divina. Scritti sulla filosofia mistica di Margherita Porete, Napoli, D'Auria, 1995; Le amiche di Dio, Napoli, D'Auria, 2001; Il Dio delle donne, Milano, Mondadori, 2003; Guglielma e Maifreda, Milano, La Tartaruga, 1985, 2003; Al mercato della felicita'. La forza irrinunciabile del desiderio, Milano, Mondadori, 2009; Hipatia de Alejandria, Sabina Editorial, 2010". Per un accostamento all'opera di Luisa Muraro segnaliamo l'utile saggio bibliografico a cura di Clara Jourdan, con la collaborazione di Franca Cleis, Luisa Muraro. Bibliografia degli anni 1963-2009, Libreria delle donne di Milano, 2010 (richiedibile gratuitamente a: info at libreriadelledonne.it)]

 

Capita che la Chiesa metta sugli altari un brav'uomo per motivi principalmente politici. Non c'e' da scandalizzarsi, la politica e' necessaria. Ma e' una cosa di questo mondo. La santita' invece no, la santita' ha dentro di se' un grammo di cielo. Lo aveva, questo grammo in piu', Karol Wojtyla? A me non risulta e le parole dei tanti che in questi giorni hanno parlato di lui non mi hanno aiutato a trovarlo. Quando il papa polacco mori', mi trovavo alla trasmissione "L'Infedele" che seguiva gli eventi in diretta e mi disperai perche' tutti mi parevano affascinati dalla morte del grande uomo e non pensavano a quello che era capitato veramente: un estremo cambiamento di misure. Anche ora, quelli che parlano di Giovanni Paolo II, non tengono conto del fatto che, in Cielo, il grande papa e' una povera creatura umana come le altre. Quello che conta e' la bonta', non altro. E' questo che diventa evidente con la morte ed e' questa la grandezza del morire.

Alessandro Banfi su "Metro" parla del successo mediatico del papa polacco e sembra voglia dargli un significato religioso. Non sono d'accordo. E' normale e in certi casi giusto che noi usiamo il successo come un criterio di misura. La cosa pericolosa e' farne una misura assoluta. Ricordiamoci che chi ha successo non e' il migliore in assoluto. Altrimenti si rischia di divinizzare il successo, che era la religione dell'antica Roma. Si rischia di annullare la rivoluzione portata dal cristianesimo. Il dio dei cristiani non e' un dio di successo: su questa terra egli si rispecchia di preferenza, come insegna il Vangelo, nelle persone semplici, povere, piccole.

 

6. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Benito Jeronimo Feijoo, Teatro critico universal, Catedra, Madrid 1989, pp. 334.

- Diego de Torres Villarroel, Vida, ascendencia, nacimiento, crianza y aventuras, Castalia, Madrid 1987, 1988, pp. 304.

- Gaspar Melchor de Jovellanos, Obras en prosa, Castalia, Madrid 1987, pp. 350.

 

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

9. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 549 dell'8 maggio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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