Nonviolenza. Femminile plurale. 332



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 332 del 25 aprile 2011

 

In questo numero:

1. Contro guerra, razzismo e maschilismo

2. Lea Melandri: Una citta' di uomini e donne

3. Francesca Butta' Calabrese: Francesca Damiani

4. Monica M. Manca: Maria Lai

5. Carla Stampa: Letizia Battaglia

6. Carla Stampa: Camilla Cederna

7. Arianna Marullo (a cura di): Piccolo dizionario di materiali e tecniche in uso in bigiotteria

8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento

 

1. EDITORIALE. CONTRO GUERRA, RAZZISMO E MASCHILISMO

 

Conosciamo un solo modo di celebrare il 25 aprile, anniversario della liberazione dal barbaro dominio fascista.

E questo modo e' continuare la lotta contro la guerra, il razzismo e il maschilismo.

Tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Vi e' una sola umanita'.

 

2. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: UNA CITTA' DI UOMINI E DONNE

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

 

Non si puo' parlare della "citta'", delle sue istituzioni, della sua stessa conformazione urbanistica, dei suoi spazi, orari, reti di comunicazione, senza tenere conto dell'asse che l'attraversa e che tutt'ora, nonostante il venire meno dei confini tradizionali, divide sfera privata e sfera pubblica. Se ne deduce che un progetto formativo che voglia costruire "sapere, educazione, conoscenza", non puo' prescindere dalla messa a tema di quella che e' stata storicamente la separazione tra la casa e la polis, la famiglia e la societa', in quanto divisione sessuale del lavoro, identita' (destino "naturale") dell'uomo e della donna, subordinazione della conservazione della vita al sistema produttivo.

E' interesse e competenza di chi governa la citta' preoccuparsi dei problemi formativi ed educativi attraverso i quali nasce  l'idea di "cittadinanza", il senso di appartenenza e il desiderio di partecipazione alla vita collettiva. L'esclusione storica del sesso femminile dalla sfera pubblica, e quindi da elementari diritti di conoscenza e di esercizio del potere, e' il frutto di una cultura maschile tutt'ora dominante in quelli che sono i fondamenti materiali e simbolici della scuola: la stragrande predominanza di insegnanti donne in tutto il ciclo che va dagli asili nido alle scuole superiori; la svalutazione dell'insegnamento, visto come occupazione femminile, lavoro a meta' tempo fatto per conciliare il ruolo di maestra con quello di moglie e madre; i contenuti e i linguaggi dei libri di testo, improntati ai tradizionali stereotipi del maschile e del femminile; l'assenza di una educazione dei sentimenti, da intendersi come presa di coscienza dei modelli e dei ruoli che sono stati tradizionalmente imposti a un sesso e all'altro, di come modificarli.

L'educazione alla cittadinanza comincia dalla prima infanzia, dagli asili nido, dai rapporti che il nuovo nato intrattiene con le persone che si prendono cura di lui. Non e' indifferente percio' il fatto  che, in un passaggio cosi' essenziale nella vita di un individuo, avente al centro il corpo, le sue pulsioni, la sua percezione del mondo, entrino a pieno titolo sia uomini che donne. Considerando la violenza che ancora si registra nell'ambito domestico (stupri, omicidi di donne, maltrattamenti di bambini), e' alla scuola che si deve chiedere la maggiore attenzione alla relazione tra i sessi e tra adulti e bambini, l'abitudine all'ascolto dell'esperienza particolare di ognuno e l'esercizio della riflessione collettiva, consapevoli che nella vita personale c'e' una parte enorme di "storia non registrata", ancora da indagare e da nominare.

Per avviare un ciclo virtuoso tra scuola e famiglia, evitando che continuino ad accusarsi a vicenda del disagio giovanile, e' necessario che questi temi, lasciati in una irresponsabile dimenticanza o rimozione, siano messi al centro delle politiche culturali di un Comune, riconosciuti nella trasversalita' che hanno in tutte le decisioni, in tutti gli ambiti organizzativi e programmatici che riguardano la citta'.

 A un sindaco che voglia invertire la rotta dell'imbarbarimento a cui stiamo assistendo, e di cui abbiamo un esempio eclatante nelle vicende che vedono oggi coinvolto il Presidente del Consiglio, si chiede una parola pubblica che tolga la questione uomo-donna dall'occasionalita' e strumentalita' con cui viene di volta in volta alla ribalta, per essere subito accantonata. Per avviare nella scuola un processo educativo a questo riguardo, o per valorizzare il lavoro che gia' fanno nelle loro classi alcuni insegnanti, e' indispensabile che siano la cultura e la politica per prime a fare della critica al sessismo uno dei loro compiti prioritari.

Milano ha conosciuto negli anni Settanta l'esplosione di un movimento non autoritario nella scuola che andava dagli asili autogestiti ai controcorsi nati dalla dissidenza degli studenti nelle universita'. Portare l'attenzione sul corpo - e cioe' su una materialita' di condizioni sociali, sessuali, culturali passate tradizionalmente sotto silenzio dalla cultura dominante - significava ridefinire i confini della polis, l'idea stessa di cittadinanza, riconoscere nelle prime prove di socialita' dei bambini l'embrione della futura convivenza tra adulti. Se e' vero che dietro la passivita', l'obbedienza e il consenso estorto con gli interventi repressivi di un'educazione autoritaria, si nasconde una "societa' violenta, tra il fascista e il mafioso", rapporti regolati dalla forza e dalla prepotenza (L'erba voglio, Einaudi 1971), la politica non puo' che cominciare da qui, dal punto in cui si origina il degrado sociale. Ogni discorso sulla sicurezza delle citta' suona falso, quando non si accompagna all'analisi e alla presa in considerazione delle ragioni prime da cui nascono i pericoli reali o immaginari.

Dei movimenti che avrebbero potuto aprire la strada a una rivoluzione dei rapporti tra individuo e collettivita', sfera personale e sfera pubblica, uomini e donne, sono rimaste solo alcune tracce: manifestazioni che tornano a riempire di tanto in tanto strade e piazze, associazioni, gruppi, comitati che non hanno mai smesso di prospettarsi un'alternativa. Perche' potessero diventare visibili e ed estendersi, sarebbe stato necessario  il sostegno di un'assunzione pubblica di responsabilita', sia da parte dei mezzi di informazione, sia da parte di chi ha il compito di governare interessi e buone relazioni tra i cittadini. Si puo' solo sperare che la presenza di molte donne nelle liste elettorali che hanno come candidato sindaco Giuliano Pisapia sia il segno che qualcosa sta cambiando in una  popolazione che sembrava ormai rassegnata al peggio.

 

3. PROFILI. FRANCESCA BUTTA' CALABRESE: FRANCESCA DAMIANI

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Francesca Butta' Calabrese "e' stata responsabile femminile della Camera del lavoro di Palermo dal 1975 al 1977. Negli anni Ottanta ha scritto dieci romanzi rosa. E' giornalista dall'87 e ha lavorato, fra l'altro, nelle testate giornalistiche piu' diverse, da "Stop" alla direzione più recente (2004) di "No limits", mensile dedicato alla vita dei diversamente abili. Vive in Toscana"]

 

Francesca Damiani (Palermo 1951 - vivente).

E' nata a Palermo il 18 marzo 1951. Si e' sposata a 25 anni e ha un figlio. Laureata nel 1981 all'universita' di Palermo in Medicina e Chirurgia si e' specializzata in Ostetricia e Ginecologia nel 1986. Si occupa di medicina fetale ed e' responsabile dell'Unita' Operativa di Diagnosi Prenatale dell'Ospedale Cervello di Palermo, che in Sicilia e' il centro di riferimento per la diagnosi e la terapia intrauterina della patologia del feto.

Il suo lavoro consiste nel diagnosticare malattie genetiche (come la talassemia o la sindrome di Down), malformazioni o altre patologie che, nel corso della gravidanza, colpiscono il feto mettendone gravemente a rischio la salute futura e, spesso, la vita (infezioni, gravi anemie, ritardi della crescita in utero...). Per le diagnosi vengono utilizzati strumenti tecnici che permettono di "vedere" e studiare il feto, come l'ecografia, o di prelevare direttamente il liquido amniotico, i villi coriali, il sangue del cordone ombelicale su cui ricercare eventuali errori dei geni, anomalie dei cromosomi e difetti enzimatici.

Un aspetto importante ed estremamente delicato del lavoro di Francesca Damiani e' quello della consulenza. Una volta eseguita la diagnosi occorre, infatti, spiegare alla madre - alla coppia di genitori - la malattia, se e come potra' essere curata e, soprattutto, come sara' la vita del figlio. Offrire cioe' tutti gli strumenti di conoscenza di cui si dispone per affrontare l'infermita' del bambino e scegliere la migliore delle strade possibili per quella donna, per quella coppia, per quella malattia.

In molti casi la patologia diagnosticata traccia una strada senza uscita: questi futuri bambini sono senza speranza di vita o con la prospettiva di una esistenza segnata da gravissimi problemi. Ma per una parte dei piccoli pazienti - quelli che hanno malformazioni in cui si puo' intervenire chirurgicamente - la diagnosi prenatale apre la possibilita' di cure efficaci dopo la nascita, purche' vengano al mondo nelle migliori condizioni possibili, al momento giusto ed in strutture adeguate.

A volte l'attivita' di consulenza si risolve semplicemente nel compito di rassicurare la madre che il bimbo anche se non sara' "perfetto" potra' comunque avere una buona vita.

Damiani si occupa anche di terapia fetale in quei casi, veramente rari, in cui e' possibile curare in utero la malattia diagnosticata. Per esempio in alcune gravissime anemie per cui una trasfusione di sangue al feto significa la sua sopravvivenza in attesa di essere definitivamente curato - e guarito - dopo la nascita.

Sul fronte della ricerca clinica Francesca Damiani e' oggi impegnata su due progetti che riguardano il trapianto in utero per la cura della talassemia (come co-direttrice per l'Associazione per la ricerca "Piera Cutino", di cui e' anche membro del Comitato tecnico-scientifico), e la celocentesi, una nuova tecnica di diagnosi prenatale precoce di malattie genetiche. In questi settori ha coordinato diversi progetti di ricerca sanitaria regionale e pubblicato su riviste scientifiche internazionali.

Durante gli anni del liceo e dell'universita' ha partecipato attivamente alla politica, militando prima nelle file della nuova sinistra, poi nel Pci. E' stata candidata alle elezioni regionali siciliane del 2006 nella lista di Rita Borsellino. E' socio fondatore e consigliere nazionale dell'Associazione politica "Un'altra storia".

 

4. PROFILI: MONICA M. MANCA: MARIA LAI

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Monica M. Manca "nasce a Faenza (1962), si laurea in Lettere e Filosofia presso l'universita' di Bologna. Per qualche anno e' a Firenze dove svolge l'attivita' di ricercatrice iconografica. Dal 1992 vive in Sardegna e lavora in biblioteca"]

 

Maria Lai (Ulassai (Sardegna) 1919 - vivente).

"L'arte e' come una pozzanghera che riflette il cielo, ma puo' passare inosservata. Puo' essere calpestata, ma l'immagine del cielo si ricompone sempre".

Per via della salute cagionevole, ancora bambina, Maria viene affidata a parenti che stanno in campagna. "La mia vita con gli zii fu un grande viaggio nella fantasia, nella vastita' della grande casa, della campagna, dei giochi. Ero analfabeta ma piena di favole. Cio' che ho fatto dopo, da adulta, e' iniziato a quell'eta'". Vive cosi' un'infanzia libera, serena e carica di suggestioni fino ai nove anni, quando arriva a Cagliari e anche per lei comincia la scuola. Del periodo trascorso a Cagliari e' fondamentale l'incontro, che evolve in una vera e duratura amicizia, con un professore, Salvatore Cambosu, il quale l'avvicina alla poesia orientando la sua attenzione al ritmo, piu' che al significato.

Nel 1940 si trasferisce a Roma per frequentare il liceo artistico e poi dal 1942 al 1945 e' a Venezia dove segue il corso di scultura tenuto da Arturo Martini all'Accademia delle belle arti. "Durante quei tre anni di frequenza alle sue lezioni vivevo una condizione di disagio con insicurezze e incantamenti, e nello stesso tempo sentivo di essere al posto giusto, piu' che a Roma, piu' che in Sardegna".

Finita la guerra torna nell'isola, dopo un viaggio rocambolesco compiuto fra treni, navi da guerra e scialuppe di salvataggio. Questo ritorno segna l'inizio di un periodo difficile, di disorientamento e sofferenza; durante la "convalescenza" riallaccia i rapporti con Cambosu che la sostiene e la incoraggia: nel 1954 riparte per Roma. Del 1957 e' la prima mostra personale (unica donna a esporre in quell'anno alla galleria Obelisco). Negli anni Sessanta sperimenta nuove forme e nuovi materiali: telai e pani a cui nel decennio successivo si aggiungono i libri cuciti e le geometrie-geografie di stoffe: "le mappe astrali rispondevano all'esigenza di un rapporto con l'infinito, di una dilatazione e proiezione sulle lontananze. I libri cuciti, al contrario, chiedono di essere tenuti tra le mani, toccati, sfogliati pagina per pagina, perche' il lettore si fermi piu' a lungo e con piu' attenzione".

Il 1979 e' l'anno del suo primo intervento ambientale La casa cucita, Selargius (Cagliari) a cui seguiranno moltissimi altri interventi sul paesaggio come Legarsi alla montagna, Ulassai, 1981, sorprendente alternativa alla proposta del sindaco che aveva richiesto un monumento. Maria Lai, partendo da una leggenda locale, unisce insieme ai suoi concittadini tutte le case, una con l'altra, e le case alla montagna franosa che incombe, con 26 chilometri di nastro azzurro. "Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino. E cosi' dove non c'era amicizia il nastro passava teso e dritto, dove l'amicizia c'era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c'era l'amore veniva fatto un fiocco". La strada del rito e Le capre cucite, Ulassai, 1992 sono altri esempi significativi. Nel 2004 le viene conferita la laurea honoris causa in Lettere dall'Universita' degli studi di Cagliari per il tratto fortemente narrativo e concettuale della sua opera che si realizza pero' con tecniche tradizionali, arcaiche.

Ci sono poi molte esperienze in ambiti diversi e in collaborazione: teatro, scenografia, animazione, musica, grafica. Negli ultimi anni ha lavorato in piu' occasioni con Antonio Marras, artigiano-artista che come lei parte dalla memoria e dalle storie. E' presidente onorario del museo Stazione dell'arte di Ulassai dalla sua fondazione nel 2006.

Fonti: Clarita Di Giovanni, Maria Lai. Ansia d'infinito, 2009 (film documentario).

 

5. PROFILI. CARLA STAMPA: LETIZIA BATTAGLIA

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Carla Stampa, "giornalista con trent'anni di professione nel settimanale mondadoriano "Epoca", deputata per il Partito democratico della sinistra nella XIII legislatura, ora in pensione per la terza fase della vita che richiede grande attenzione e partecipazione".

Letizia Battaglia e' fotoreporter, editrice, militante antimafia, impegnata per i diritti civili]

 

Letizia Battaglia (Palermo 1938 - vivente).

"Mi prendo il mondo ovunque sia", e' il marchio di qualita' di Letizia Battaglia, la piu' nota fotografa di delitti di mafia: settantenne, siciliana, nel suo rifugio nel centro storico di Palermo tra immagini che l'hanno resa famosa, la prima donna europea insignita a  New York del Premio "Eugene Smith", il celebre fotografo di "Life" (1985). In quarant'anni di lavoro con la Leica M2, sempre nel bianco e nero nitido e crudele - "il digitale mi fa paura, il colore non m'interessa" - ha documentato quel mondo, ovunque fosse, che faceva e fa paura: potere criminale, prepotenza e corruzione, sangue. Nella sua Sicilia, ma non soltanto.

Nei primi anni Settanta comincia a fotografare per il quotidiano "L'Ora" di Palermo e per l'agenzia "Informazione fotografica". Aveva bisogno di guadagnarsi da vivere, dopo essersi sposata e separata giovanissima (oggi e' mamma e nonna, felice di esserlo). Dunque, fotoreporter: ossia, immagini di cronaca scattate un momento dopo il fatto per il giornale di denuncia della sinistra, negli anni di piombo della sua citta' insanguinata dai delitti di mafia. Anche cinque omicidi al giorno. Il corpo a faccia in giu' nel grumo rosso cupo; intorno, un cerchio sempre piu' stretto di schiene curve per osservare, non per testimoniare. E lei, unica donna fra i colleghi fotografi, che cerca un varco con l'obiettivo in mano, spintonata, respinta, dirottata verso l'angolo dove donne dal volto coperto con il velo nero piangono e si abbracciano (e l'obiettivo di Letizia testimonia anche quel dolore).

Non solo fotografa di delitti di mafia. Perche' la cornice della mattanza rivela il contesto: miseria, disordine, contrasti, quartieri degradati e splendidi palazzi, volti strafottenti e sguardi intimoriti. Non cerca la bella immagine o l'inquadratura perfetta ("ho sbagliato tante volte, non sono brava con la tecnica"); semmai, cerca gli sguardi, quelli si', e li trova soprattutto nelle donne e nei bambini, i suoi soggetti preferiti. Sguardi che implorano, chiedono, denunciano, sfuggono. Non c'e' un solo sguardo sereno nei volti fotografati da Letizia.

Anni Ottanta. Il livello di attenzione si alza. Letizia riprende i fratelli Salvo insieme con Giulio Andreotti all'Hotel Zagarella, e quelle immagini sono agli atti del maxiprocesso antimafia. Insieme con il collega e suo compagno per vent'anni Franco Zecchin va in giro per citta' e paesi della Sicilia, nelle piazze e nelle strade, con mostre ambulanti perche' i siciliani vedano, si accorgano, capiscano. Memorabile la mostra fotografica a Corleone: una folla di curiosi che si dirada e scompare quando tra le immagini spunta quella di Luciano Liggio.

"Credevano che la mafia uccidesse i mafiosi", e' stata la riflessione di Letizia parlando dei siciliani. E invece: nel 1980 viene ucciso Piersanti Mattarella, presidente della Regione; nel 1982, ci sono i solenni funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie, della scorta; nel 1983 quelli di Rocco Chinnici, consigliere istruttore della Procura di Palermo; Falcone e Borsellino... Letizia e' li' con la Leica impugnata come un'arma dall'obiettivo inesorabile: ancora e sempre i volti, ma anche i sentimenti, le reazioni, gli scenari. Sui quali s'innesta la "Primavera di Palermo" che le fa scoprire la politica. Politica attiva, impegnata, con i Verdi, con il sindaco Leoluca Orlando, nei ruoli di assessore, consigliere, consulente. Speranza e stanchezza insieme. Cosa e' successo dopo? Cosa e' successo al movimento antimafia? Le chiedevano giornalisti e fotografi venuti ovunque dal mondo. Letizia cercava risposte e non le trovava. Nel 2000-2003 dirige con Simona Mafai la rivista bimestrale "Mezzocielo" realizzata, fondata, voluta da donne. Ha una sua piccola casa editrice. La vogliono per mostre. Nel 2003 lascia Palermo e se ne va a Parigi ("non sopportavo piu' il silenzio"); torna dopo appena due anni ("la mia vita e' in Sicilia").

Riprende il percorso di testimonianza nelle scuole. Racconta cosa vuol dire per lei fotografare.

In un liceo napoletano gli studenti le chiedono e lei risponde: "Una fotografia deve avere dietro di se' un pensiero; c'e' sempre un rapporto emotivo con la realta' che si osserva; spesso sbaglio esposizione, inquadratura: vado avanti lo stesso fino all'immagine giusta, giusta per me; non fotografo quasi mai gli uomini (non mi vengono bene); fotografo le donne, questo si', anche perche' in loro ritrovo me stessa; in ogni caso, in genere fotografo persone; mi avvicino molto con l'obiettivo, uso il grand'angolo; detesto fotografare pensando alla rivista che mi pubblichera' le immagini (la copertina, quante pagine...); ho molto rispetto per i fotografi americani, e per le grandi fotografe (Tina Modotti, per esempio); il mio mestiere e' quello di documentare; poi, se ci scappa anche la bella foto... i morti di mafia? L'odore del sangue non mi ha piu' abbandonato".

Sarebbe sorpresa di entrare in una enciclopedia delle donne. Ha un progetto per il futuro: fotografare i paesaggi. I paesaggi della natura, i paesaggi dell'anima.

 

6. PROFILI. CARLA STAMPA: CAMILLA CEDERNA

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Camilla Cederna, giornalista ed intellettuale di forte impegno democratico, acuta osservatrice dei costumi, fu straordinariamente efficace in una memorabile azione di denuncia degli scandali in cui era coinvolto il presidente della Repubblica Leone che resta una della pagine piu' belle del giornalismo d'inchiesta e di intervento civile nella storia del nostro paese. E' scomparsa a 86 anni nel 1997. Opere di Camilla Cederna: segnaliamo particolarmente Pinelli. Una finestra sulla strage, 1971; Sparare a vista. Come la polizia del regime DC mantiene l'ordine pubblico, Feltrinelli, Milano 1975; Giovanni Leone. La carriera di un presidente, Feltrinelli, Milano 1978]

 

Camilla Cederna (Milano 1911 - 1997).

Stilografica e taccuino. E scrivere scrivere scrivere: il virgolettato per le frasi originali ascoltate sul posto, gli appunti comprensibili solo a lei perche' lasciati a meta' nella fretta, gli aggettivi rari nella sobrieta' professionale, i testi brevi quanto necessario. E poi copiare a macchina, certo, sulla Olivetti Ico nera. E poi usare il telefono di bachelite, anch'esso nero, per fare e ricevere telefonate: tante.

Camilla Cederna, giornalista. Anche scrittrice, ovviamente, e saggista (definizione che le faceva inarcare un sopracciglio), e polemista (andava gia' meglio). "Donna coraggio" perche' nel mondo dell'informazione, allora maschile, apriva al femminile la pista del racconto e della testimonianza civile. Il racconto con soave ironia delle debolezze umane ("Il lato debole") che faceva imbestialire. La testimonianza inesorabile di tempi feroci che segnarono drammaticamente la vita di una nazione, con tradimenti - vedi prima gli articoli e poi il libro, Giovanni Leone. La carriera di un presidente -, bombe e sangue, cosi' ben descritti nel Pinelli. Una finestra sulla strage, il libro che fara' rivedere a Licia Pinelli, una donna tanto diversa da lei che incontra in quella notte maledetta fra il 15 e il 16 dicembre, con la quale stringera' una amicizia duratura.

Dai salotti alla rabbia civile. E quindi la reazione biliosa degli avversari... Odiata. Ma quanto amata. E se fosse qui oggi...

Se fosse qui oggi direbbe: "notizie, per favore". Giusto.

Camilla se n'e' andata nel 1997 a 86 anni proprio nel vortice della Prima Repubblica, nella sua Milano sconquassata, vicino solo i pochi amici rimasti, perche' il mondo di allora della borghesia, degli affari, della politica l'aveva allontanata da se'.

Era del ceppo dei Cederna, imprenditori di cotone valtellinesi trasferiti a Milano, e li' si era laureata, in letteratura latina, con una tesi dal titolo Prediche contro il lusso delle donne dai filosofi greci ai Padri della chiesa. Apparteneva a quella parte della borghesia che gravitava intorno alle case editrici e ai giornali. Grandi editori e grandi giornali. Una filiera di giornalisti e di scrittori, anche parenti fra loro - i Cederna, i Borgese, i Sacchi - che frequentavano la Scala e le mostre d'arte, giravano il mondo per lavoro ma non solo, parlavano di politica riferendosi al pensiero liberale (o ai liberi pensatori).

Il fratello Antonio, giornalista, scrittore, ambientalista, e' stato uno dei fondatori di Italia Nostra; il nipote Giuseppe e' attore e regista, scrittore, alpinista. Tutti segaligni e dal profilo a becco d'aquila. Non cosi' lei, la Camilla, dalla bellezza armoniosa; ma cosi' anche lei nella curiosita', nell'impegno, nel rigore.

Orecchini di perle e filo di perle al collo, striature chiare nei capelli leggermente arricciolati, volto dal trucco leggero, occhi intensi che fissavano, scrutavano, interrogavano. E camicette di pizzo, gonne di lana morbida, scarpe dal tacco basso. Bella donna, una vera signora (e lei sorrideva paziente). Mai sposata. Una signora della borghesia milanese, dall'inizio alla fine. Nell'anima, nell'aspetto, nello stile: si', dall'inizio alla fine. Non per l'universo borghese di allora che, da un certo momento in poi, non si e' fatto piu' frequentare da lei, cronista della critica e della indignazione.

Il cuore della sua casa era lo "studio", salotto grande con finestre che guardavano su un giardino di alberi secolari, con tavoli colmi di libri, poltrone piene di cuscini con la figura di un gatto, la sua passione.

Comincia a scrivere nel 1939 sul quotidiano milanese "L'Ambrosiano": Moda nera e' il titolo del suo primo articolo che prende in giro lo stile dei fascisti e, per questo, viene minacciata di arresto e di condanna a 11 anni, che non scontera' mai. Scontera' invece due mesi, negli anni della Repubblica di Salo', per un articolo critico verso il fascismo. La moda e' il suo motore d'avvio per la professione. Moda e costume, "riflesso di ogni evoluzione sociale, economica, ideologica e culturale del paese", chiariva a chi si sorprendeva che argomenti cosi' leggeri avessero in cauda venenum. Nel cuore del boom che preparava la "Milano da bere" incuriosiva la signorina delle buona borghesia che s'intrufolava dappertutto per raccontare cio' che vedeva e sentiva.

Nel 1945 entra a "L'Europeo", nel 1956 a "L'Espresso" (ma alcune fonti dicono che fece parte del gruppo che fondo' la rivista l'anno prima), dove con la rubrica "Il lato debole" descrive l'involuzione di una societa' ripiegata su se stessa, con i suoi molti vizi e le sue rare virtu'. Scrive libri su Fellini e su Maria Callas, va in giro per il mondo come inviata speciale...

Ma quel venerdi', il 12 dicembre 1969, quando alle 16,37 scoppia la bomba di piazza Fontana, a Milano, Camilla fa la scelta di professione e di vita. "Il sangue che cola sul marciapiede. I volti angosciati dei feriti. I parenti chiamati a riconoscere le salme. E qualcuno dice che sembra la guerra" scrive su "L'Espresso" del 21 dicembre 1969. E ai funerali delle vittime "Cinque ore in Duomo in piedi su un banco per meglio vedere e sentire, un'ora in giro dopo, a casa a scrivere uno degli articoli piu' difficili della mia lunga carriera... e adesso a letto con il sonno che non arriva. Arriva invece una telefonata: 'Sei gia' a letto? Fra cinque minuti davanti al tuo cancello'. 'Perche'?' 'Un uomo si e' buttato da una finestra della questura, non farci aspettare, andiamo a dare un'occhiata'. Sono due amici coi quali ho sempre corso in questi giorni, Corrado Stajano e Giampaolo Pansa, hanno la faccia e i modi di questi giorni, gesti frettolosi, rabbia e dolore negli occhi". Andiamo a dare un'occhiata, gia'... il corpo di Giuseppe Pinelli.

E da quel momento in poi Il lato debole diventa la cronaca feroce e lucida di cio' che non va, l'analisi senza esitazioni di responsabilita' precise e scomode, che paga pesantemente: abbiamo gia' detto delle accuse, ma non dei molti processi.

Se fosse qui oggi, la Camilla...

Stilografica e taccuino, come sempre. Occhi che scrutano, orecchie attente, richiesta cortese di avere spazio tra la folla per cogliere da vicino l'obiettivo... Ma la precedono, ormai, microfoni distratti, telecamere veloci, obiettivi digitali onnivori. Anche lei, forse, assisterebbe a cio' che accade davanti allo schermo televisivo. E probabilmente spegnerebbe subito.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Camilla Cederna, Noi siamo le signore, Milano 1958; Camilla Cederna, La voce dei padroni, Milano, 1962; Fellini ottavo, Milano 1963; Camilla Cederna, Signore e signori, Milano 1966; Camilla Cederna, Le pervestite, Milano 1968; Camilla Cederna, Maria Callas, 1968; Camilla Cederna, Pinelli, una finestra sulla strage, Milano 1971; Camilla Cederna, Sparare a vista: come la polizia del regime DC mantiene l'ordine pubblico, Milano 1975; Camilla Cederna, Il lato debole, Milano 1977; Camilla Cederna, Giovanni Leone, la carriera di un presidente, Milano 1978; Camilla Cederna, Milano in guerra, Milano 1979; Camilla Cederna, Nostra Italia del miracolo, Milano 1980; Camilla Cederna, Il mondo di Camilla, Milano 1980; Camilla Cederna, "Marito e moglie", in AA. VV., Morte di un generale, Milano 1982; Camilla Cederna, Casa nostra. Viaggio nei misteri d'Italia, Milano 1983; Camilla Cederna, Vicino e distante, Milano 1984; Camilla Cederna, De gustibus, Milano 1986; Camilla Cederna, Il meglio di C. C., Milano 1987; Camilla Cederna, Il lato forte e il lato debole, Milano 1992. E' disponibile in rete il celebre appello dell'"Espresso" per Pinelli che seguiva l'articolo di Cederna; sempr in rete una lettera di Camilla Cederna ad Anna Maria Ortese.

 

7. ARTI. ARIANNA MARULLO (A CURA DI): PICCOLO DIZIONARIO DI MATERIALI E TECNICHE IN USO IN BIGIOTTERIA

[Ringraziamo Arianna Marullo (per contatti: ariannamarullo at tiscali.it) per averci messo a disposizione il seguente testo, estratto dal catalogo della mostra "Dalla collezione di Nicoletta Pietravalle. Falsi ma belli. Il gioiello d'imitazione 1900-1940" svoltasi dal 29 marzo al 15 maggio 2011 presso il Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX, a cura di Nicoletta Pietravalle con Mariastella Margozzi e Arianna Marullo.

Arianna Marullo e' una delle piu' autorevoli collaboratrici del Centro di ricerca per la pace di Viterbo; dottoressa in beni culturali, lungo un decennio e' stata fondamentale animatrice del centro sociale "Valle Faul", in quel periodo forse la piu' rilevante, appassionante ed innovativa esperienza di solidarieta' concreta, di convivenza delle differenze, e di promozione della dignita' umana che ci sia stata a Viterbo negli ultimi decenni, caratterizzata dalla scelta della nonviolenza; negli ultimi anni lavora a Roma nell'ambito della critica d'arte e dell'attivita' museale, della valorizzazione di esperienze culturali e di artisti sovente negletti, e dell'allestimento di rassegne e mostre, contribuendo anche - con la perizia e l'acribia che le sono proprie - a ricerche e cataloghi; e' tra le promotrici dell'associazione nonviolenta "We have a dream". Si veda anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino", n. 356, e particolarmente la sintetica notizia biografica in essa contenuta che di seguito riportiamo: "Nata a Palermo ma cresciuta a Roma, ho seguito la mia passione infantile per le arti figurative fino alla laurea in Conservazione dei Beni Culturali a Viterbo. Qui ho partecipato all'esperienza del Centro sociale occupato autogestito Valle Faul, molto importante per me anche dal punto di vista personale grazie alle magnifiche persone con cui ho potuto condividerla, uno fra tutti Alfio Pannega. Pur mantenendo forti legami con Viterbo, nel 2001 sono tornata stabilmente a Roma, dove lavoro nel campo della conservazione, della ricerca e della realizzazione di mostre d'arte"]

 

Acciaio: Lega composta principalmente da ferro e carbonio, quest'ultimo in percentuale non superiore al 2,11%. Acciaio inox o acciaio inossidabile e' il nome degli acciai, scoperti nel 1913, con un tenore di cromo indicativamente superiore al 13%, per la loro proprieta' di non arrugginire se esposti all'aria e all'acqua. L'acciaio inizia ad essere utilizzato in bigiotteria intorno alla meta' del '700.

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Anodizzazione: Processo elettrochimico che modifica la struttura molecolare di una superficie metallica creando un film protettivo. Il metallo da anodizzare (alluminio, titanio, tantalo o magnesio) e' immerso in un bagno acido, al polo positivo del circuito elettrico (anodo), e attraversato da corrente elettrica. Questo processo causa un'ossidazione controllata della superficie rendendola lucente.

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Bachelite o bakelite: Denominazione commerciale, dal nome dell'inventore, il chimico belga Leo H. Baekeland (1863-1944), delle prime resine di condensazione dei fenoli con formaldeide, per le quali oggi si preferisce il nome di fenoplasti. Sintetizzata per la prima volta nel 1907, e' prodotta su scala industriale negli Stati Uniti e nel Regno Unito a partire dagli anni '20 inaugurando l'era delle materie plastiche. Prodotto della reazione sotto pressione e calore di fenolo e formaldeide mescolati con riempitivi (cascame di cotone, farina fossile, spesso farina di legno che le dona il tipico colore marrone) e' un materiale termoindurente, leggero, facilmente colorabile e particolarmente resistente. L'aspetto e le caratteristiche di questa resina artificiale ne determinarono l'impiego nella realizzazione di oggettistica e gioielli in precedenza realizzati in avorio, in tartaruga e ambra ottenendo sorprendenti risultati in termini di somiglianza.

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Cromatura: Rivestimento protettivo di cromo su un manufatto in ferro o acciaio che puo' essere effettuato in modo tradizionale, attraverso l'immersione del pezzo da cromare in una serie di bagni in soluzione elettrolitica di cromo, o tramite procedimento galvanico. La cromatura riduce la corrosione del metallo e indurisce la superficie del materiale rendendola piu' resistente.

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Doratura: Il bagno di doratura permette di depositare per via elettrolitica l'oro su diversi metalli, allo scopo di conferire maggiore resistenza all'ossidazione, all'imbrunimento e all'attacco chimico degli agenti atmosferici e un maggiore valore estetico. L'oro e' depositato direttamente su argento, su rame, sulle sue leghe e su ferro previa applicazione di un sottile strato di rame, ottone o nichel (strike). Vengono impiegate anche soluzioni che depositano oro in lega con altro metallo ottenendo cosi' l'oro bianco (in lega con nichel o stagno), verde (in lega con l'argento), rosso (in lega con il rame). I depositi d'oro sono molto teneri e vengono protetti con vernici trasparenti alla nitro o smalti duri trasparenti cotti al forno. Un altro sistema di doratura, caduto in disuso negli anni '30, e' la placcatura a pressione idraulica, effettuata sovrapponendo a una lastra di argento o altro metallo una lastra d'oro a 12 o 18 carati e lavorandole sotto torchio idraulico alla pressione di 350 atmosfere.

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Galalite o avoriolina o pietra del latte: Nome commerciale (dal greco gala "latte" e lithos "pietra") di una delle prime plastiche, brevettata nel 1899 da Friederich Adolph Spitteler (1846-1940) e Wilhelm Krische. Termoplastica, compatta, di colore biancastro, e' ottenuta trattando la caseina con formaldeide. Puo' essere piegata a caldo, tornita e lucidata ma non e' possibile lavorarla a stampo. E' molto porosa e quindi si presta perfettamente alla tintura mediante immersione in bagni colorati ma la colorazione puo' avvenire anche durante il procedimento di lavorazione, aggiungendo sali metallici all'impasto. Con la galalite si possono imitare una vasta gamma di materiali: il corno, la tartaruga, l'avorio, il legno, ecc.

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German silver o nickel silver: Lega composta per il 60% da rame, per il 20% da nickel e per il restante 20% da zinco. Se si aggiunge un ulteriore 5% di stagno si ottiene l'alpaca. Come rivela il nome questa lega fu inventata in Germania intorno al 1860 per sostituire l'argento.

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Giaietto: Il giaietto o gagate (dal latino lapis Gagates "pietra di Gagi", fiume dell'Asia Minore) e' una varieta' di lignite picea compatta di colore nero brillante, un carbone non completamente fossilizzato di conifere con alto contenuto di resina. Utilizzato fin dall'antichita', il giaietto diviene oggetto di una vera e propria moda in epoca vittoriana collegata all'utilizzo di "gioielli da lutto" da parte della famiglia reale. Nell'uso contemporaneo la parola e' passata a indicare anche una qualsiasi perla lucente sfaccettata e nera, soprattutto nel vocabolario della moda (jais o french jet).

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Marcassite o marcasite: La marcassite (dall'arabo marqashita) e' un minerale polimorfo di colore giallo-bronzeo, nettamente piu' chiaro sulla superficie fresca, e lucentezza metallica. Chimicamente e' un disolfuro di ferro. Spesso associata alla pirite, e' meno stabile di questa e si altera facilmente. E' abbastanza frequente nelle rocce sedimentarie calcaree e argillose. Tagliata come il diamante, e' utilizzata in bigiotteria dall'epoca vittoriana e in particolare nei manufatti degli anni '30.

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Ottone: Gli ottoni sono leghe di rame e zinco e si distinguono in ottoni binari, costituiti solo da rame e zinco, ottoni ternari, in cui e' presente un terzo elemento, e ottoni quaternari, in cui vi sono altri elementi chimici. Possono essere aggiunti ulteriori costituenti per ottenere determinate proprieta', ad esempio il manganese e lo stagno aumentano la resistenza alla corrosione mentre il ferro aumenta il carico di rottura. Gli ottoni contenenti dal 10% al 20% di zinco, molto plastici, sono detti similori, per via della colorazione simile a quella dell'oro, e utilizzati in bigiotteria.

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Pasta vitrea e vetro: Il vetro e' una sostanza rigida non cristallina, di aspetto traslucido e per lo piu' trasparente, prodotta dalla fusione ad alta temperatura di una miscela di anidride silicea (ricavata dalla sabbia), ossido di calcio, carbonato di sodio o di potassio. Dopo la fusione la miscela, attraverso un processo di lento raffreddamento (ricottura) solidifica e prende il caratteristico aspetto di materiale solido trasparente. Il vetro in genere ha una colorazione verdastra, dovuta alla presenza nella sabbia di ossidi di ferro. Per renderlo incolore si aggiunge il biossido di manganese ma addizionando alla miscela altri ossidi metallici si ottengono diverse colorazioni (ossido di cobalto per l'azzurro, carbonio o cloruro d'argento per il giallo, ecc.).

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Perle di vetro: La lavorazione delle perle di vetro parte dalla canna di vetro, realizzata tramite la tiratura della massa vetrosa da parte di due persone che camminano in opposte direzioni. Alla fiamma diretta si colano piccoli pezzi di canna di vetro attorno a un bastoncino. Con questo procedimento e' possibile creare perle multicolori e decorarne la superficie con vette, sottili canne di vetro usate come pennelli. La canna di vetro piena serve anche alla realizzazione di murrine, vetri mosaico, millefiori, termini diversi che derivano dalla stessa tecnica: saldatura di canne piene a formare un disegno ottenendo un'unica canna. I margariteri erano i produttori di perle ottenute da canna forata con una pinza molto lunga e sottile prima di essere tirata. I cilindretti ottenuti erano ridotti a sfere grazie al movimento continuo del vassoio di ferro sul quale erano poste. Dal 1817 e' stato introdotto l'uso di un tubo ruotante che consente una maggiore perfezione della forma.

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Perle artificiali: Le prime perle d'imitazione verosimiglianti furono prodotte in Francia verso il '600. Le cosiddette perle di Parigi sono costituite da sottili sfere di vetro cave, rivestite internamente con essenza d'oriente, una sospensione di guanina (cristalli iridescenti ricavati da squame di pesce) in un liquido organico, solitamente nitrato di cellulosa, e infine riempite di cera bianca. Per rendere piu' fedeli le perle d'imitazione, dall'inizio del '900 si e' cominciato a ricoprire le sfere di vetro opalescente con essenza d'oriente. Per ottenere un effetto simile a quello dell'oriente naturale, le imitazioni devono essere immerse in un bagno di acetato limpido di cellulosa e poi in un bagno indurente di nitrato di cellulosa. Questo procedimento e' utilizzato nella produzione delle famose perle di Majorca. Vi sono diversi tipi di perle d'imitazione: le perle di Boemia, dalla forma irregolare ottenuta dalla lavorazione di protuberanze di madreperla; le perle di Roma, costituite da un nucleo di alabastro ricoperto da diversi bagni di sostanze iridescenti (scaglie di ostriche, polvere di madreperla, colla di pesce); le perle di Venezia, globi di vetro ai quali, durante la fusione, vengono aggiunte sostanze di aspetto madreperlaceo. Tra le imitazioni piu' recenti figurano le cosiddette perle di vasca, sfere di madreperla ricoperte da pellicole iridescenti in nylon.

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Rodiatura: La rodiatura e' il trattamento elettrolitico della superficie di un metallo effettuato mediante un sale del rodio. E' utilizzato su oro bianco e argento per aumentarne la lucentezza e la resistenza all'abrasione e all'ossidazione.

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Smalto: Tecnica antica della tradizione orafa italiana, anche popolare, nel tempo si modifica dando luogo a diversi tipi di smalto. Lo smalto francese, tecnica adoperata da Faberge', prevede la stesura sulla superficie metallica di diverse sottili mani di pasta vitrea colorata, cottura a circa 820 gradi centigradi, lucidatura e ulteriore smaltatura con vetro trasparente. Una ripresa del piu' antico smalto traslucido (basse taille) puo' considerarsi lo smalto guilloche', diffuso dagli anni '40, una pasta vitrea colorata posta su una superficie metallica decorata a macchina con motivi geometrici, generalmente spiraliformi, concentrici o raggiati. Il metodo champleve' consiste nella stesura della pasta vitrea mescolata ad acqua nelle cavita' ottenute scavando col bulino sulla superficie da decorare, quindi si passa alla fusione. Gli smalti cloisonne' invece si ottengono ponendo la pasta vitrea in scomparti delimitati da sottili strisce metalliche prima della fusione. Con l'avvento delle materie plastiche si e' sviluppata la tecnologia dei cosiddetti smalti finti, in cui la pasta vetrosa e' sostituita da materiali termoindurenti o termoplastici.

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Strass: Lo strass, dal nome dell'inventore, l'austriaco Joseph Strasser (1701-1773, indicato da alcune fonti col nome Georges Frederic Strass o Stras), e' un cristallo ottenuto per fusione di acido silicico, alcali e ossido di piombo, adatto per il suo forte potere rifrangente all'imitazione del diamante e, se colorato con piccole quantita' di ossidi metallici, anche di altre pietre preziose. Sul fondo e' rivestito di un amalgama a specchio che aumenta la rifrazione della luce.

 

8. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Giova ripetere le cose che e' giusto fare.

Tra le cose sicuramente ragionevoli e buone che una persona onesta che paga le tasse in Italia puo' fare, c'e' la scelta di destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.

"Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". Cosi' recita la "carta programmatica" del movimento fondato da Aldo Capitini.

Sostenere il Movimento Nonviolento e' un modo semplice e chiaro, esplicito e netto, per opporsi alla guerra e al razzismo, per opporsi alle stragi e alle persecuzioni.

Per destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' sufficiente apporre la propria firma nell'apposito spazio del modulo per la dichiarazione dei redditi e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione: 93100500235.

Per contattare il Movimento Nonviolento, per saperne di piu' e contribuire ad esso anche in altri modi (ad esempio aderendovi): via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 332 del 25 aprile 2011

 

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