Nonviolenza. Femminile plurale. 328
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 328
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- Date: Wed, 20 Apr 2011 06:46:43 +0200 (CEST)
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 328 del 20 aprile 2011
In questo numero:
1. Nadia Fusini presenta "La questione morale" di Roberta De Monticelli
2. Milena Gammaitoni: Francesca Caccini
3. Milena Gammaitoni: Wislawa Szymborska
4. Elizabeth Green: Elisabeth Schussler Fiorenza
5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
1. LIBRI. NADIA FUSINI PRESENTA "LA QUESTIONE MORALE" DI ROBERTA DE MONTICELLI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 15 marzo 2011 col titolo "Quando l'etica e' un bestseller" e il sommario "Risvegliarsi alla realta', questo in fondo chiede al suo lettore il pamphlet etico-politico della studiosa Roberta De Monticelli".
Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici, docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal 2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e' impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini: segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996; Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa. Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon, Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma 1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori, Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta, Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare, Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei Meridiani Mondadori).
Roberta de Monticelli, acuta pensatrice, docente e saggista. Riproponiamo per stralci la seguente scheda di alcuni anni fa: "Roberta De Monticelli ha studiato alla Scuola Normale e all'Universita' di Pisa, dove si e' laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl: dalla Filosofia dell'aritmetica alle Ricerche logiche; ha continuato i suoi studi presso le Universita' di Bonn, Zurigo e Oxford, dove e' stata allieva di Michael Dummett, logico e filosofo del linguaggio. Sotto la sua direzione ha scritto la tesi di dottorato su Frege e Wittgenstein. A Oxford e' stata iniziata allo studio della tradizione platonica da Raymond Klibansky, membro e custode del Circolo Warburg, grande storico delle idee ed editore di numerosi testi medievali e moderni. Ha cominciato la sua carriera universitaria come ricercatrice della Scuola Normale di Pisa, poi trasferita presso il dipartimento di filosofia dell'Universita' statale di Milano, nell'ambito della cattedra di Filosofia del linguaggio (Andrea Bonomi). A Milano ha frequentato per anni i corsi della Facolta' Teologica dell'Italia Settentrionale, approfondendo la sua formazione nel quadro delle sue ricerche sul platonismo, e poi sulla filosofia di Agostino, di cui ha curato per Garzanti un'edizione delle Confessioni con testo a fronte, commento e introduzione (La Spiga 1992). E' stata dal 1989 al 2004 professore ordinario di filosofia moderna e contemporanea all'Universita' di Ginevra, sulla cattedra che fu di Jeanne Hersch (1910-2000, con Hannah Arendt e Raymond Klibansky la migliore allieva di Karl Jaspers). Per valorizzare l'opera di questa pensatrice, fra le piu' significative del Novecento, ha diretto fra l'altro una ricerca d'equipe sull'opera e la figura di Jeanne Hersch, finanziata dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, ricerca che ha gia' portato alla preparazione per la stampa di numerosi inediti, e a svariate traduzioni in italiano e altre lingue di opere della pensatrice ginevrina. A Ginevra ha fondato la scuola dottorale interfacolta' 'La personne: philosophie, epistemologie, ethique', che ha diretto fino al 2004 (corresponsabili: Bernardino Fantini, Faculte' de Medicine, Bernard Rordorf, Faculte' Autonome de Theologie Protestante, Alexandre Mauron, Centre Lemanique d'ethique), scuola dottorale frequentata da studenti di ogni paese europeo, nel quadro della quale ha invitato i migliori specialisti internazionali delle discipline interessate (etica ed etica applicata, ontologia, fenomenologia, filosofia della mente, filosofia della psicologia, scienze cognitive, storia della medicina, filosofia della biologia). Dall'ottobre 2003 e' stata chiamata per chiara fama all'Universita' Vita-Salute San Raffaele, sulla cattedra di filosofia della persona. Un insegnamento di concezione nuova anche nel nome (e' la prima cattedra in Italia con questa denominazione). La persona, la sua realta' e i modi della sua conoscenza sono al centro della sua ricerca, che, pur riconoscendosi erede della grande tradizione, da Platone ad Agostino a Husserl, tenta una fondazione nuova, sul piano ontologico e sulla base del metodo fenomenologico, di una teoria della persona. Sua ambizione e' di costruire un linguaggio limpido e rigoroso per affrontare le questioni che si pongono a ogni esistenza personale matura (identita' personale, sfere della vita personale - cognitiva, affettiva, volitiva -, libero arbitrio, natura della conoscenza morale, fondamenti dell'etica, natura della vita spirituale). Un linguaggio, d'altra parte, capace di contribuire, anche con analisi concettuali e fenomenologiche e un proprio insieme di tecniche d'argomentazione, al dibattito contemporaneo promosso dagli sviluppi della filosofia della mente e delle scienze naturali dell'uomo, biologia, neuroscienze, scienze cognitive...". Tra le opere di Roberta de Monticelli: Dottrine dell'intelligenza - Saggio su Frege e Wittgenstein, De Donato, Bari 1982; (con M. Di Francesco), Il problema dell'individuazione - Leibniz, Kant e la logica modale, Edizioni Unicopli, Milano 1984; Il richiamo della persuasione. Lettere a Carlo Michelstaedter, Marietti, Genova 1988; Le preghiere di Ariele. Garzanti, Milano 1992; L'ascesi filosofica, Feltrinelli, Milano 1995; L'ascese philosophique - Phenomenologie et Platonisme, Vrin, Paris 1997; La conoscenza personale. Introduzione alla fenomenologia, Guerini e associati, Milano 1998; (a cura di), La persona: apparenza e realta'. Testi fenomenologici 1911-1933, Raffaello Cortina, Milano 2000; L'avenir de la phenomenologie - Meditations sur la connaissance personnelle Aubier-Flammarion, Paris, 2000; Dal vivo, Rizzoli, Milano 2001; El conoscimiento personal, Catedra, Madrid 2002; Le Medecin Philosophe aux prises avec la maladie mentale, Actes du Colloque International Phenomenologie et psychopathologie, Puidoux, 16-18 fevrier 1998 , Etudes de Lettres, Lausanne 2002; Leibniz on Essental Individuality, Proceedings of International Symposium on Leibniz (G. Tomasi, editor, M. Mugnai, A. Savile, H. Posen), Studia Leibnitiana, 2004; La persona e la questione dell'individualita', in "Sistemi intelligenti", anno XVIII, .33, dic. 2005, pp.419-445; L'ordine del cuore - Etica e teoria del sentire, Garzanti, Milano 2003; (a cura di), Jeanne Hersch, la Dame aux paradoxes - Textes rassembles par Roberta de Monticelli, L'Age d'Homme, Lausanne 2003; L'allegria della mente, Bruno Mondadori Editore, Milano 2004; Nulla appare invano - Pause di filosofia, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006; Esercizi di pensiero per apprendisti filosofi, Bollati Boringhieri, Milano 2006; Sullo spirito e l'ideologia, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2007]
Dice molte cose giuste questo libro e forse e' per questo che e' diventato un piccolo caso editoriale toccando le quarantamila copie vendute. E le dice con semplicita' e schiettezza. Le offre al lettore perche' a partire dalla sua propria vita si faccia filosofo, amante cioe' della conoscenza. E soprattutto, capace di meraviglia - in ogni senso, anche in quello negativo di non restare indifferente a cose mostruose che succedono intorno a lui.
Risvegliarsi alla realta', questo in fondo chiede al suo lettore il pamphlet etico-politico della studiosa Roberta De Monticelli, La questione morale. Il suo titolo e il suo successo sono il sintomo di un filone etico che sta diventando sempre piu' visibile in libreria perche' capace di affrontare temi sensibili: dalla Vita autentica di Vito Mancuso a Etica oggi di Michela Marzano, dall'Etica minima di Pier Aldo Rovatti a Indignatevi di Stephane Hessel. Risvegliarsi alla realta', dicevamo. Che vuol dire interrogarsi, ne' piu' ne' meno. Non necessariamente giudicare, ma chiedersi il senso delle cose, questo significa. E dunque avere una reazione etica, morale; perche' viviamo nel mondo, insieme ad altri che gomito a gomito condividono con noi usi e costumi. Non e' pensabile di strappare all'esistenza umana la sua propria dimensione morale. Se non e' morale, un'esistenza e' immorale. Ma sempre in quell'orizzonte collocata. Misurata.
Questo si evince dal libro di Roberta De Monticelli. La quale scrive sotto l'impeto di una reazione etica alla contemporanea corruzione della vita civile e politica del nostro paese. E lo fa perche' si sente coinvolta da cittadina e da intellettuale, che non vive in nessuna torre d'avorio, ma al contrario investe la sua intelligenza nel gioco politico, testimoniando cosi' la propria affezione al mondo, e semmai rivalutando la dimensione pubblica della politica, il cui disprezzo, la cui mortificazione da parte della elite al governo si dimostra quotidianamente. E' una donna colta e ha letto Machiavelli, ma pur sapendo che la corruzione e' un antico male nostrum, eroicamente, ostinatamente non vuole appoggiarsi a tale coscienza, perche' detesta lo scetticismo etico di chi fa di tutta l'erba un fascio, per nasconderci cosi' la verita' del fatto che ognuno di noi ha invece di volta in volta la possibilita' di esercitare la propria virtu' etica.
Virtu' che e' alla lettera una forza, se riconosciuta, se praticata. Perche' bisognera' dire che la questione morale ha questa particolarita': la si deve praticare per darle corpo e consistenza. Ovvero, la morale non e' un discorso, non e' una predica; si incarna nel pensiero e nell'azione. Nella sua sfera non c'e' divorzio possibile tra la parola e l'atto, come si evidenzia gia' nella radice linguistica dei termini - morale, etica - che rimandano entrambi a abitudini, costumi, consuetudini. La morale e', in altri termini, non solo una scienza, ma soprattutto una pratica del bene. Per tornare a respirare - cosi' si intitola l'ultimo capitolo, cuore pulsante del libro - e' bene che si ragioni di morale: una societa' che non lo faccia non e' degna di tale nome. E una societa' come la nostra, moderna - malgrado l'evidente rinculo passatista sul piano dei costumi e dei piaceri della classe politica al potere - non lo potra' fare se non ascoltando chi pone la questione nel modo corretto. Ovvero, come si fa qui, provando a superare la dissociazione (tanto radicale quanto ingiustificata, la definisce la filosofa) fra la vita autentica e la ragione. E distinguendo fra ethos e etica - dove l'ethos, ovvero il demone di ognuno, sta in rapporto con quello degli altri grazie all'etica, da intendersi come "la disciplina dei diritti umani".
E' cosi' che alla fine, dunque, la questione morale nel suo nocciolo profondo si presenta come un problema di liberta'. Di liberta' e giustizia. Si', questi sono "i diritti presi sul serio". E questa e' la scommessa della democrazia: chance uguali alla liberta' di ciascuno. Ecco l'affermazione del prestigio inalienabile di ogni individuo preso uno per uno. Ecco il valore della persona umana. Ecco il bene. Nulla piu' del bene e' bello, meraviglioso, perpetuamente nuovo, scrive Simone Weil. Nulla piu' del male desertico, triste, monotono. Parla del bene e del male autentici, non fittizi. Di questi tempi, in questi nostri giorni, tutto invece pare fittizio. Perfino le pubbliche non-virtu' dei potenti hanno il sapore sciapo e coatto della falsita'. In molti ormai ci siamo accorti che la sceneggiata che quotidianamente ci propongono come fosse normale non assomiglia in niente alla nostra vita vera.
D'accordo, lo sappiamo, la creatura umana non e' mai a posto, in linea, giusta; bisogna "giustificarla". Lasciando per un attimo perdere il carattere forense della parola, questo libro puo' aiutarci se non a renderci giusti, perlomeno a metterci sulla strada di una ricerca del senso delle azioni. Per poter distinguere tra verita' e menzogna. E' il primo passo per ricostruire un panorama di immagini all'altezza di una vita umana. Ecco perche' ci riguarda la questione morale: sta a noi, abitanti di questa citta', civilta', cultura, cambiare il profilo di un mondo troppo sbagliato, troppo falso, troppo irreale. E' il nostro debito. E' un compito morale far nascere nuove immagini. Roberta De Monticelli ci prova. In fondo, mettere al mondo il mondo e' da sempre l'ambizione di noi donne.
2. PROFILI. MILENA GAMMAITONI: FRANCESCA CACCINI
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Milena Gammaitoni, "ricercatrice nell'ambito di Sociologia generale, presso l'Universita' di Roma Tre, Facolta' di Scienze della formazione, e docente di discipline sociologiche presso le Universita' di RomaTre, Universita' della Tuscia, Universita' Jagellonica di Cracovia, si e' perfezionata sulla ricerca qualitativa nelle scienze sociali (Universita' La Sapienza) e su pari opportunita' e storia del pensiero femminile (Universita' di Roma Tre). Ha pubblicato l'agire sociale del poeta, W. Szymborska nella vita dei lettori in Polonia e in Italia, Franco Angeli; e La funzione sociale del musicista, Edup, e altri saggi in volumi collettanei e riviste scientifiche"]
Francesca Caccini (Firenze 1587 - 1640).
Le cantanti per lungo tempo non poterono esibirsi in pubblico: "nei primi secoli di vita della chiesa cristiana, le donne furono parte attiva nelle cerimonie, ma in seguito le autorita' religiose si opposero all'utilizzazione delle voci femminili. Con la costruzione di chiese, basiliche e monasteri la musica divenne una pratica esclusiva dei monaci e dei musicisti di professione. Le suore cantavano all'interno dei loro conventi e nei secoli successivi incrementarono le attivita' musicali fino ad incorrere in una serie di misure restrittive attuate da numerosi papi" (1).
Solo gli uomini potevano divenire Maestro di cappella o Maestro di corte. E' solo nei conventi o nelle famiglie di musicisti che le donne vengono iniziate ad una istruzione musicale che va oltre il vezzo e il passatempo consono alle fanciulle. Inoltre la maggior parte dei manoscritti e anche molte delle prime pubblicazioni musicali del Cinquecento e del Seicento rimasero anonime: soltanto alla fine del Seicento le donne cominciarono a firmare le proprie opere.
Francesca Caccini rappresenta un'eccezione per il suo tempo. Nasce nella corte medicea, primogenita in una famiglia di musicisti: il padre, Giulio Caccini, musico di corte, cantante e compositore; la sorella, Settimia, cantante; la madre, Lucia Gagnolanti, e' definita valente cantatrice d'ignoto casato. Anche la donna che Giulio sposera' dopo la morte della moglie, Margherita Benevoli della Scala, sara' una cantante.
La corte medicea viene ricordata per la magnificenza degli spettacoli e per la vivacita' culturale che vi si incoraggia. Firenze e' la culla delle nuove forme del dramma musicale: il melodramma e' nato, spetta alla corte consacrarlo. I Medici applaudirono le prime opere della Camerata Fiorentina. A loro spetta il vanto, scrive M. G. Masera (2), di aver protetto con eccezionale liberalita' i musicisti piu' insigni, di aver accolto i cantanti piu' celebrati.
All'eta' di tredici anni Francesca si esibisce, forse per la prima volta, in pubblico, cantando nel Concerto Caccini (formato dal padre, dalla sorella e dalla matrigna) in occasione del matrimonio di Maria dei Medici con Enrico IV, re di Francia.
Venne immediatamente notata per la sua bellissima voce e richiesta anni dopo, dalla stessa Maria dei Medici, alla corte del re. Ma i Medici fiorentini le rifiutarono il permesso.
Francesca Caccini oltre a distinguersi come cantante, viene istruita dal padre alle lettere; scrive poesie in latino e in volgare, apprende le lingue straniere: canta in francese e in spagnolo. Apre una scuola di canto, e dal 1619 gia' si parla delle sue discepole. Suona il liuto, il chitarrinetto e il clavicembalo, e all'eta' di diciotto anni inizia a comporre.
"La Caccini soprattutto s'impone come solista, cantando anche in francese e in spagnolo, sicche' il re la loda come ottima cantatrice, ritenendola superiore a tutte le francesi e dichiara il Concerto Caccini migliore di ogni altro. Enrico IV avrebbe voluto trattenere a corte la Caccini, ma sebbene suo padre avesse infine acconsentito, il granduca di Toscana - al quale Giulio aveva scritto per chiedergli il permesso di lasciare la figlia maggiore alla corte francese - non vuole privarsi di lei" (3).
Delle sue poesie nulla e' giunto fino a noi (4), ma grande fu la sua fama ed il successo di cantante e anche di compositrice: inizio' a musicare le poesie di Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del Grande Michelangelo - amico anche di Artemisia Gentileschi di poco piu' grande di Francesca, la quale si dipingera' come liutista -, il quale ricevette spesso dai Medici l'incarico di scrivere libretti per musica con Francesca Caccini. Collaborarono insieme per anni, legati da una grande amicizia, definita da alcuni amore, documentata da una fitta corrispondenza (5).
La Caccini scrisse madrigali, ballate, variazioni, musica per voce, e la prima opera melodramma composta da una donna: La liberazione di Ruggero. Attivissima collaboratrice negli spettacoli di corte, come esecutrice di musica sacra e profana (6), nel 1607 entra ufficialmente nell'organico di corte e diventa la musicista piu' pagata: passa dai 10 ai 20 scudi mensili.
Dal fitto epistolario con il Buonarroti emerge chiara la passione per la composizione: si confida, chiede consigli per eventuali pubblicazioni, informa del successo o meno delle rappresentazioni: "Non mi sono scordata del debito ch'io aveva di scrivere a V. S. ma si bene sono stata impedita da infinite occupazioni le quali mai non lascerebbono me s'io talvolta non le fuggissi. (...) Basta che in me prima manchera' la vita che il desiderio di studiare e l'affetto che ho sempre portato alla virtu' perche' questa vale piu' d'ogni tesoro e d'ogni grandezza" (7).
Nel 1615, durante il Carnevale, rappresenta al palazzo Pitti il Ballo delle Zigane, interamente musicato da lei, di cui e' pervenuto solo il libretto, ma del quale sappiamo che si alternavano brani esclusivamente strumentali a parti corali e ad arie solistiche. In quel periodo di lei si scrive: "Qui ella e' udita per meravigliosa e senza contraddizione, et in pochi giorni la fama sua e' sparsa" (8).
Scrive sempre la Masera: "Le virtuose soprattutto formavano il vanto di Pitti: non v'era gusto maggiore, che quello di udire una di queste leggiadre artiste... la Caccini fu veramente la regina delle cantanti medicee, segnalandosi non solo per l'angelica voce e la scuola eccezionale, ma per il suo genio che doveva assegnarle un posto nella schiera non troppo numerosa delle compositrici italiane" (9).
Nel 1618 viene pubblicato il suo primo libro di musica ad una e due voci.
Si sposa con il cantante Giovan Battista Signorini, ma questo matrimonio sembra non aver avuto grande importanza nella sua vita "essendo essa stipendiata dai Medici parve opportuno di accasarla con un cantante della corte che, del resto, era uomo di scarsa genialita', faceva parte della musica da camera e guadagnava 13 scudi al mese" (10).
Indubbiamente fu forte l'influenza del padre sulle sue prime composizioni, ma nella sua prima Opera Romain Rolland riconoscera', secoli dopo, l'espressione di una delicata individualita' di insigne artista, che "riflette gia' l'influsso del genio di Monteverdi e per questo la Caccini rimarra' vicina a noi piu' degli altri compositori fiorentini dell'epoca sua".
Viaggio' in tournee, accompagnata spesso dal marito, per le corti italiane ed europee, rappresentando a Varsavia, in onore del principe ereditario polacco Ladislao Sigismondo, proprio la sua prima opera La liberazione di Ruggiero dall'isola di Alcina, che portera' la dedica al futuro re. E' la prima opera italiana scritta da una donna, e la prima ad essere rappresentata all'estero (11).
Un episodio che da' conto del carattere della Cecchina viene riportato da Antonio Magliabecchi. Nei suoi ricordi inediti la dichiara valente nel cantare e nel recitare, ma la dice "altrettanto fiera ed irrequieta". E' proprio in relazione a questa sua prima opera che nacquero baruffe e litigi con il poeta di corte, Andrea Salvadori, il quale rifiuto' di scrivere per la Caccini il libretto. Il Salvadori scrisse versi pungenti contro Saracinelli, il nuovo librettista, e la compositrice. Lei per risposta lo mise in ridicolo come amante dai facili successi, e riusci' a far naufragare la rappresentazione di una sua favola (Jole ed Ercole) dicendo che era una satira contro il principe. Si comincio' a far deduzioni poco lusinghiere sul carattere della Caccini, che fu detta vendicativa e dispettosa.
Alla fine del 1626 il marito muore e con questa morte si perdono le tracce anche della Caccini. Si sa soltanto che presto' servizio fino al 1628 nella corte medicea ma nulla di preciso si sa piu' della sua vita. Rimane un unico ricordo di un contemporaneo che scrive: "Ella si rimarito' in un lucchese lasciando il servizio di queste Altezze et mori' di cancro alla gola" (12).
Dal 1640 non e' piu' ricordata come vivente. Nonostante la fama ed il successo di cui si e' detto già nel '700 la Cecchina cade nell'oblio, rotto nel nel 1847 da un articolo pubblicato nella "Gazzetta Musicale" di Milano e da successivi studi storici e filologici.
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Note
1. Patricia Adkins Chiti, Almanacco delle virtuose, primedonne, compositrici e musiciste d'Italia, De Agostini, pag. 9.
2. Cfr. in "La Rassegna Musicale", Maria Giovanna Masera, numero 5, 1941.
3. Dizionario biografico degli italiani, voce a cura di Liliana Pannella, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1973, pag. 20.
4. Op. cit.
5. Cfr. Alcune lettere inedite di Francesca Caccini, di M. G. Masera in "La Rassegna Musicale", IV numero, 1940.
6. "La Cecchina fu attivissima collaboratrice in molti spettacoli di corte, e nei concerti, e anche partecipava a quelle esecuzioni di musiche sacre che si tenevano nella Chiesa di San Nicola di Pisa durante la Settimana Santa", in Una musicista fiorentina del Seicento, Francesca Caccini, di M. G. Masera, in "La rassegna Musicale", V, pag. 197.
7. In "La Rassegna Musicale", IV, Alcune lettere inedite di Francesca Caccini, di M. G. Masera, 1940.
8. Dizionario biografico degli italiani, voce a cura di Liliana Pannella, Istituto enciclopedia italiana, Roma 1973, pag. 20.
9. Op. cit., pag. 183.
10. Op. cit., pag. 194.
11. La liberazione di Ruggero dall'isola di Alcina, scritta nel 1625, e' custodita nella Biblioteca di Santa Cecilia. Nello stesso periodo scrisse Rinaldo Innamorato, rimasto manoscritto e di cui oggi non si ha piu' traccia.
12. Dizionario biografico degli italiani, voce a cura di Liliana Pannella, Istituto della enciclopedia italiana, Roma 1973, pag. 21.
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Bibliografia: Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, diretto da Alberto Basso, Le Biografie, Utet, Torino, 1985; Patricia Adkins Chiti, Almanacco delle virtuose, primedonne, compositrici e musiciste d'Italia, De Agostini; Karin Pendle, Women and Music - a history, Indiana University Press, 1991; Evelyne Pieller, Musique Maestra, Le surprenant mais neanmoins veridique recit de l'histoire des femmes dans la musique du XVII au XIX siecle, Edition Plume, 1993; Quaderni dell'Accademia Chigiana, IV, Matteo Glinski, La prima stagione lirica italiana all'estero, Ticci Editore Libraio, Siena, 1943; "La Cultura Musicale", I-II, Bologna, 1922; "La Rassegna Musicale", IV-V, Il Pianoforte, 1940; The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Edited by Stanley Sadie, Mac Millan Publishers, London, 1980; Dizionario biografico degli italiani, direttore Alberto Ghisalberti, Istituto Enciclopedia Italiana, Roma, 1973.
3. PROFILI. MILENA GAMMAITONI: WISLAWA SZYMBORSKA
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Wislawa Szymborska, poetessa, premio Nobel per la letteratura 1996, e' nata a Bnin, in Polonia, nel 1923; ha studiato lettere e sociologia a Cracovia, dove risiede; dal 1953 al 1981 collaboro' alla rivista "Vita letteraria", nel 1980, sotto lo pseudonimo di Stancykowna, alle riviste "Arka" e "Kultura"; oltre al Nobel ha ricevuto per la sua opera poetica altri importanti riconoscimenti: nel 1954 il Premio per la letteratura Citta' di Cracovia, nel 1963 il Premio del ministero della cultura polacco, nel 1991 il Premio Goethe, nel 1995 il Premio Herder e la Laurea ad honorem dell'Universita' di Poznan "Adam Mickiewicz", nel 1996 il Premio "Pen - Book of the Month Club Translation Prize". Tra le opere di Wislawa Szymborska in edizione italiana: La fiera dei miracoli, Scheiwiller, Milano 1994; Gente sul ponte, Scheiwiller, Milano 1996; La fine e l'inizio, Scheiwiller, Milano 1997; Trittico: tre poesie di Wislawa Szymborska, tre collage di Alina Kaczylska, Scheiwiller, Milano 1997; 25 poesie, Mondadori, Milano 1998; Vista con granello di sabbia, Adelphi, Milano 1998; Taccuino d'Amore, Scheiwiller, Milano 2002; Discorso all'Ufficio oggetti smarriti, Adelphi, Milano 2004; La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi, Milano 2009. Una silloge di suoi versi abbiamo ripubblicato recentemente nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 475]
Wislawa Szymborska (Bnin (Polonia), 1923 1923 - vivente).
*
Nato
Dunque e' sua madre.
Questa piccola donna.
Artefice dagli occhi grigi.
La barca su cui, anni fa,
lui navigo' fino a riva.
E' da lei che e' venuto fuori
Nel mondo,
nella non-eternita'.
Genitrice dell'uomo
Con cui salto attraverso il fuoco.
E' dunque lei, l'unica
Che non lo scelse
Pronto, compiuto.
(...)
*
"Nel parlare comune, che non riflette su ogni parola, tutti usiamo i termini: "mondo normale", "vita normale", "normale corso delle cose"... Tuttavia nel linguaggio, nella poesia, in cui ogni parola ha un peso, non c'e' piu' nulla di ordinario e normale. Nessuna pietra e nessuna nuvola su di essa. Nessun giorno e nessuna notte che lo segue. E soprattutto nessuna esistenza di nessuno in questo mondo. A quanto pare, i poeti avranno sempre molto da fare".
Nel passo, parte del discorso pronunciato per l'assegnazione del Nobel 1996, molti concetti chiave della poetica di Wislawa Szymboska: lo scetticismo che si esprime nell'incessante non so; le qualita' del poeta, eletto dalla sorte, il quale attraverso la dote dello stupore, dell'ispirazione e dell'ironia trasforma il mondo ordinario in stupefacente.
Wislawa Szymborska cresce in una famiglia con tradizioni patriottiche e insurrezionali, frequenta la scuola elementare delle migliori famiglie di Cracovia. Intorno ai dieci anni comincia ad andare al cinema e racconta la sua prima esperienza sentimentale in una poesia.
Nel 1935 viene iscritta al liceo delle Orsoline; cominciano allora i primi dubbi.
"Per un periodo sono stata molto credente. Adesso si sente dire che la perdita della fede ha aperto la strada al comunismo. Nel mio caso le due cose non hanno avuto niente in comune. La mia crisi religiosa non nasce dal sapere che il parroco va a letto con la perpetua. I miei dubbi sono di natura razionale. Non sono assolutamente d'accordo con l'opinione di Dostoevskij che se Dio non esistesse tutto sarebbe ammesso. E' un pensiero ripugnante. Esiste un'etica laica, che e' nata attraverso lunghi secoli e grandi sofferenze e che naturalmente deve molto al decalogo. La fede non dovrebbe essere concepita in modo dogmatico. Nessuno puo' dirsi completamente non credente".
Nel 1945 comincia a scrivere per l'inserto del quotidiano "Walka" e a frequentare i circoli letterari di Cracovia, ed e' in questo ambiente che inizia a comporre poesie con continuita'. Debutta su un quotidiano cracoviense con la poesia Szukam slowa (Cerco la parola).
Nel 1948 abbandona la casa dell'infanzia, sposa Adam Wlodek, scrittore e fervente comunista, e si trasferisce con lui in una soffitta presso l'ostello dei letterati, un luogo dove passavano i piu' importanti scrittori del periodo. La sera con altri ospiti dell'ostello si improvvisano agoni poetici, giochi di parole che talvolta venivano pubblicati: i limerick.
Nel 1951 si iscrive al partito comunista. Szymborska esordisce ufficialmente come poetessa nel 1952, con il suo primo volume di versi Dlatego zyjemy (Per questo viviamo). E' un debutto sotto il segno del realismo socialista e grazie a questo libro viene ammessa all'Unione degli scrittori.
La cautela oggi la contraddistingue, soprattutto per aver creduto al comunismo, per averne scritto, ed in un secondo tempo essersene allontanata, al punto che oggi tiene a mantenere il distacco da ogni schieramento, sia culturale che politico.
Nel 1954 divorzia dal marito con il quale rimarra' comunque in buoni rapporti fino alla sua morte. Sulla rivista "Vita letteraria", nella quale dal 1953 dirige il settore della poesia, debuttano quelli che diventeranno i migliori poeti polacchi della generazione del disgelo (Herbert, Bialoszewski, Harasymonwicz, Poswiatoska). Nella rivista appaiono suoi articoli sul primo maggio, sul nuovo anno, e una celebre recensione sulla mostra delle arti plastiche nella quale proponeva l'idea di far circolare negli appartamenti privati le opere d'arte, per incoraggiarne una fruizione individuale e condivisa anche presso la gente comune. Nel 1954 riceve il premio Citta' di Cracovia. Inizia un periodo di viaggi all'estero.
"Mi sono resa conto di quanto la mia vita sia priva di elementi drammatici. Come se avessi vissuto la vita di una farfalla, come se la vita mi avesse semplicemente accarezzato la testa. Questo e' il mio ritratto. Ma sono veramente io? Effettivamente nella vita sono stata fortunata, anche se non sono mancati morti e numerose disillusioni. Ma dei fatti personali non voglio parlare. Allo stesso modo non amo che lo facciano altri. Dopo la mia morte sara' tutta un'altra cosa".
Nel 1957 grazie ad una borsa di studio del Ministero della Cultura, Szymborska va a Parigi e si reca nella redazione della rivista letteraria dell'emigrazione polacca "Kultura". Aveva appena pubblicato la sua terza raccolta di poesie Wolanie do Yeti (Appello allo Yeti) che apriva una nuova stagione della letteratura polacca all'insegna del disgelo e che a tutt'oggi viene da lei considerata il suo vero debutto letterario.
Nel 1960 la rivista "Vita Letteraria" inaugura una nuova rubrica, Posta Letteraria, nella quale Szymborska commenta i manoscritti di aspiranti scrittori e risponde ai quesiti piu' bizzari. E' un ruolo poco confacente alla sua natura discreta, ma di fatto deve scegliere quale poesie pubblicare e quali no. Negli anni Settanta abbandona questo compito dichiarando che dopo molti anni le capitava di sognarsi poeti che si presentavano con valigie piene di sonetti.
Dai primi anni Sessanta inizia un'intensa attivita' di traduttrice dal francese. Nel frattempo insegna, pubblica alcuni libri tradotti dal ceco e dallo slovacco, abbandona l'ostello di via Krupnicza e si trasferisce in un piccolo appartamento, da lei definito "il cassetto": e' cosi' piccolo che i mobili vengono fatti su misura. Ma per la prima volta dispone di un appartamento tutto suo con bagno privato e riscaldamento centralizzato.
In questi anni le sue poesie mostrano sempre maggior freddezza nei confronti della realta' politica del suo Paese, e un'ottica diversa: "Ho sempre guardato a tutta la sfera terrestre con la sensazione che ancora in altre parti del mondo si svolgono fatti terribili. Ma dopo una crisi profonda negli anni '50 ho capito che la politica non e' il mio elemento. Ho conosciuto gente molto intelligente per la quale tutta la vita intellettuale consisteva nel mediare su quello che aveva detto Gomulka ieri e oggi Gierek. Un'intera vita chiusa in un orizzonte cosi' terribilmente ristretto. Cosi' mi sono sforzata a scrivere versi che potessero superare questo orizzonte. Non mancano in essi le esperienze polacche. Se ad esempio fossi una poetessa olandese, la maggior parte dei miei versi non sarebbero stati scritti. Ma alcuni sarebbero stati scritti ugualmente, indipendentemente dal luogo dove sarei vissuta. Questa e' una cosa importante secondo me". Nel 1966, come segno di solidarieta' in occasione dell'espulsione del filosofo Leszek Kolakowski, restituisce la tessera al partito comunista. E' un passo decisivo che mette a rischio il suo posto di lavoro. Le viene affidata una piccola rubrica di recensioni dal titolo Letture facoltative. Szymborska commenta cosi' quel periodo: "E' andata a finire bene. Ora non dovevo passare ore e ore in ufficio, non dovevo leggere chili di testi quasi tutti scadenti. Ora potevo scrivere quello che volevo".
In questo decennio la poetessa partecipa a molti incontri con i giovani nelle scuole, spesso in paesini di provincia. Non ama pero' le letture pubbliche o gli incontri con l'autore, e' sempre alla ricerca della semplicita' e della spontaneita': ha difficolta' a rispondere alle domande sulla sua poesia, non ama le dichiarazioni poetiche, ne' leggere i suoi versi prima della pubblicazione; non ha mai scritto saggi di critica letteraria ne' giudizi sui poeti, nemmeno amici, contemporanei.
"Ho sempre amato tanto la prosa. Sembra strano, lo so, ma e' cosi'. Ho sempre letto piu' prosa e quando ho iniziato a voler scrivere, quando pensavo che avrei scritto, all'eta' di dodici, tredici anni, era per me inconcepibile la scrittura poetica. Dio ci scampi dalle poesie! dicevo, scrivero' enormi romanzi, in piu' volumi, grassi, voluminosi, intere biblioteche di romanzi!".
Negli anni Ottanta non si iscrive a Solidarnosc: "perche' non ho sentimenti collettivi. Non mi vedo in alcun raggruppamento. Forse a causa della lezione che avevo ricevuto, non potevo piu' appartenere ad alcun gruppo. Posso solo simpatizzare. L'appartenenza per uno scrittore e' solo un problema. Lo scrittore deve avere delle sue convinzioni e vivere in modo coerente".
Quando nel 1983 viene sciolta l'Unione dei letterati polacchi, gli scrittori continuano ad incontrarsi in clandestinita' in circoli organizzati dalla Szymborska e dal filosofo Filipowicz, divenuto suo compagno. Nel 1988 viene ammessa nell'organizzazione internazionale degli scrittori Pen Club prendendo parte all'incontro mondiale svoltosi a Varsavia. Nel 1991 viene assegnato alla poetessa il premio Goethe grazie soprattutto all'opera divulgativa del suo amico e traduttore tedesco Karl Dedecius. Alcune sue poesie vengono inserite nei manuali scolastici tedeschi. Ricevera' anche la laurea honoris causa dell'Universita' di Poznan e il premio Herder. Occasionalmente interviene nel dibattito pubblico, firmando una petizione nel 1992 in difesa dei servizi pubblici e contro il progetto di legge che prevedeva la penalizzazione dell'aborto, provocando grande disapprovazione nell'opinione pubblica cattolica; firma una lettera contro la soppressione da parte del Ministero della Cultura del gruppo letterario "Adam Mickiewicz"; firma un appello per la Cecenia; firma un'altra petizione per bloccare il tasso dell'Iva a zero: "Quando lo scopo e' degno, puro, umanitario, con piacere. Peggio se si intuisce che l'obiettivo e' propagandistico-politico. Allora lo evito".
I riconoscimenti alla poetessa nel corso degli anni si moltiplicano fino al Nobel nel 1996.
Dopo il Nobel viaggia ancora meno, si reca con Milosz a Francoforte per la Fiera internazionale del libro. Per molti anni pubblica con l'editore e poeta Kriniczi, per la casa editrice W.a5, sara' lui a raccogliere il grande successo del Nobel.
Le sue poesie erano gia' tradotte a partire dagli anni Cinquanta, e prima del Nobel era pubblicata in 36 lingue. In Italia era presente dal 1961. Alcune sue poesie vengono musicate in Svezia, in Polonia, in Italia.
Nelle motivazioni della scelta degli accademici svedesi si afferma che Szymborska "e' autrice di una poesia che, con una precisione ironica, permette al contesto storico e biologico di manifestarsi in frammenti di verita' umana. Si rivolge al lettore combinando in modo sorprendente lo spirito, la ricchezza inventiva e l'empatia, cio' che fa pensare talvolta al secolo dei Lumi, talvolta al Barocco".
Dopo un lungo silenzio, nel 2002 esce un volume di nuove poesie, Momento, a questo segue nel 2003 un insolito volumetto di Limeryk, Moskalisk, Lepiej Odwodki, Altruitk, una serie di composizioni in rima e sfotto' sulle consuetudini polacche, generi alimentari, alcolici, argomenti sui quali fin da giovane la poetessa si diverte a scrivere. Il volume e' il concentrato del kitsch, con grandi spazi illustrativi consistenti in collage creati dalla poetessa. L'ultima pubblicazione di poesie e' del 2006 con il titolo Due punti.
"Il poeta odierno e' scettico e diffidente anche - e soprattutto - nei confronti di se stesso. Malvolentieri dichiara in pubblico di essere poeta - quasi se ne vergognasse un po'. Ma nella nostra epoca chiassosa e' molto piu' facile ammettere i propri difetti, se si presentano bene, e molto difficile le proprie qualita', perche' sono piu' nascoste, e noi stessi non ne siamo convinti fino in fondo..." (dal discorso pronunciato all'Accademia Reale di Svezia per il conferimento del Nobel, 1996).
Bibliografia: Szymborska W., La fiera dei miracoli. Poesie, Milano, Adelphi 1996; Szymborska W., Gente sul ponte. Poesie, Milano, Adelphi 1996; Szymborska W., La fine e l'inizio. Poesie, Milano, Adelphi 1997; Szymborska W., 25 poesie, Milano, Adelphi 1998; Szymborska W., Vista con granello di sabbia, a cura di Pietro Marchesani, Milano, Adelphi 1998; Ricci Nino, Sei rilievi, Milano, Adelphi 1993; Szymborska W., Posta letteraria, Milano, Scheiwiller 2002; Szymborska W. Taccuino d'amore, Milano, Scheiwiller 2002; Szymborska W., Dans le fleuve d'Heraclite, Maison de la poesie, Nord/Pas de Calais, 1995 ; Szymborska W., Uno spasso, Milano, Scheiwiller 2003; Szymborska W., Attimi, Fermo, La Luna 2003; Szymborska W., Wiersze Wislawa Szymborska, Elka Flotoweniko - Matuszewska zielniki, Bosz, Lesko, 2003; Szymborska W. Due punti, Milano, Adelphi 2006.
4. PROFILI. ELIZABETH GREEN: ELISABETH SCHUSSLER FIORENZA
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Elizabeth Green, "pastora della chiesa battista di Grosseto, e' autrice di numerose opere di teologia femminista inclusa la monografia Elisabeth Schuessler Fiorenza, Brescia 2005"]
Elisabeth Schussler Fiorenza (1938 - vivente).
E' una delle maggiori esponenti viventi della teologia femminista. La questione del genere e' sempre stata al centro dei suoi studi, iniziati negli anni Sessanta del Novecento.
Dopo una tesi in teologia pastorale si e' specializzata nello studio del Nuovo Testamento. E' in questo campo, infatti, che ha dato il suo maggiore contributo. Trasferitasi dalla Germania negli Stati Uniti all'inizio degli anni Settanta, Schuessler Fiorenza ha subito partecipato al nascente movimento teologico che avrebbe coniugato la riflessione teologica con le istanze di liberazione delle donne. Influenzata dalla teologia della liberazione elaborata in America Latina e altrove, nel 1975 Fiorenza propone la teologia femminista come una "teologia critica di liberazione", prospettiva cui e' rimasta fedele in oltre trent'anni di carriera.
Un'altra influenza formativa nel pensiero di Schuessler Fiorenza e' senz'altro Elizabeth Cady Stanton, fautrice alla fine dell'Ottocento della Bibbia delle donne. La sua prospettiva viene modificata pero' da Fiorenza a partire dalla voce di una sua contemporanea, l'ex schiava analfabeta Sojourner Truth.
L'opera che forse meglio caratterizza il pensiero di Fiorenza e' In memoria di lei (Torino, Claudiana, 1990, l'originale in inglese e' del 1983), una vera pietra miliare nell'interpretazione biblica femminista. In dialogo con altre studiose, l'autrice elabora il proprio modello ermeneutico guidandoci allo stesso tempo in una "ricostruzione femminista delle origini cristiane". Inoltre, il testo sviluppa alcune idee che avrebbero poi dominato il dibattito successivo quali, per esempio, la "patriarcalizzazione della chiesa", il "discepolato di uguali" e la "chiesa delle donne". In un libro posteriore But She Said (1992) Schuessler Fiorenza sviluppa la nozione di "kiriarchia" per evidenziare la natura classista del patriarcato e dare conto delle differenze tra donne.
La teologa che lavora all'interno delle istituzioni (maschili) e' considerata come un tipo di "straniera residente" che deve diventare almeno bilingue. Fiorenza stessa ha sempre messo in atto questo bilinguismo muovendosi tra la sua lingua madre (il tedesco) e quella di adozione (l'inglese) e tessendo insieme i diversi punti di riferimento del suo pensiero: il movimento delle donne, la chiesa (cattolica), la comunita' accademica. Mentre negli anni Settanta Fiorenza insegna in una facolta' cattolica, successivamente si trasferisce in una facolta' protestante e attualmente e' docente a Harvard. Nel corso della sua carriera si e' adoperata per la diffusione del pensiero delle donne, fondando nel 1985 insieme con la studiosa ebrea Judith Plaskow la rivista "Journal of Feminist Studies in Religion" (1985). Come prima presidente donna della Society of Biblical Literature (1987) e membro del comitato della rivista internazionale "Concilium" ha sempre cercato il dialogo anche con i colleghi invitandoli a mettere in questione la presunta neutralita' delle proprie letture.
Elisabeth ha contribuito notevolmente alla diffusione del pensiero delle donne nel campo della teologia cristiana. I suoi libri, tradotti in numerose lingue, coniugano riflessione sulle ermeneutiche di genere con l'esegesi femminista dei testi biblici e sono divenuti punti di riferimento fondamentali per chi si avventura in questo campo.
5. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Riproponiamo il seguente appello]
Giova ripetere le cose che e' giusto fare.
Tra le cose sicuramente ragionevoli e buone che una persona onesta che paga le tasse in Italia puo' fare, c'e' la scelta di destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
"Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". Cosi' recita la "carta programmatica" del movimento fondato da Aldo Capitini.
Sostenere il Movimento Nonviolento e' un modo semplice e chiaro, esplicito e netto, per opporsi alla guerra e al razzismo, per opporsi alle stragi e alle persecuzioni.
Per destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' sufficiente apporre la propria firma nell'apposito spazio del modulo per la dichiarazione dei redditi e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione: 93100500235.
Per contattare il Movimento Nonviolento, per saperne di piu' e contribuire ad esso anche in altri modi (ad esempio aderendovi): via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 328 del 20 aprile 2011
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