Telegrammi. 520



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 520 del 9 aprile 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Si e' svolta l'8 aprile a Viterbo una iniziativa "Contro la guerra e il razzismo, con la forza della nonviolenza"

2. Maria G. Di Rienzo: La citta' della gioia

3. Maria G. Di Rienzo: L'inarrestabile Sunita

4. Simona Mafai: Giuliana Saladino

5. Alessia Rao Torres: Angela Davis

6. Alessia Rao Torres: Nina Simone

7. Annamaria Tagliavini: Elvira Sellerio

8. Per sostenere il Movimento Nonviolento

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. INIZIATIVE. SI E' SVOLTA L'8 APRILE A VITERBO UNA INIZIATIVA "CONTRO LA GUERRA E IL RAZZISMO, CON LA FORZA DELLA  NONVIOLENZA"

 

Venerdi' 8 aprile a Viterbo, promossa dal "Centro di ricerca per la pace", si e' svolta una iniziativa "Contro la guerra e il razzismo, con la forza della nonviolenza".

Nel corso dell'incontro e' stato diffuso materiale informativo, di riflessione e di sensibilizzazione.

Il responsabile della struttura pacifista viterbese, Peppe Sini, ha argomentato - facendo riferimento a molteplici esperienze storiche - la possibilita' e quindi il dovere di contrastare il crimine bellico e la persecuzione razzista, dispiegando la forza della nonviolenza in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

Citando Heinrich Boell e' stato ricordato che "ogni vittima ha il volto di Abele".

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Il "Centro di ricerca per la pace" ha nuovamente proposto di esporre dalle finestre e dai balconi le bandiere della pace e della nonviolenza per rendere visibile l'opposizione popolare alle stragi di cui ogni guerra consiste; di aderire al digiuno collettivo a staffetta per opporsi alla guerra e al nucleare, iniziativa promossa dal Movimento Nonviolento ed alla quale hanno gia' aderito numerose persone da tutta Italia; di chiedere coralmente agli enti locali di approvare deliberazioni contro la guerra e il razzismo, in difesa della legalita' costituzionale e del diritto alla vita di tutti gli esseri umani; di avviare iniziative di formazione alla nonviolenza in vista della realizzazione di azioni dirette nonviolente che concretamente contrastino la macchina bellica omicida.

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Occorre uscire dalla passivita', che e' gia' complicita' con le stragi. Per questo il responsabile della struttura pacifista viterbese ha riproposto un "programma costruttivo minimo ed essenziale" alle persone, le associazioni e le istituzioni fedeli all'umanita', impegnate quindi contro le uccisioni, contro la guerra e contro il razzismo:

- far cessare la partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan e in Libia;

- far cessare la persecuzione razzista dei migranti;

- promuovere ed organizzare l'accoglienza e l'assistenza di tutti i profughi e i migranti;

- promuovere ed organizzare l'invio di Corpi civili di pace nelle aree di crisi per realizzare un'interposizione nonviolenta tra le parti in conflitto;

- promuovere ed organizzare l'invio di aiuti umanitari alle popolazioni nel bisogno, da gestire direttamente con le comunita' locali in forme democratiche e condivise (altrimenti anche gli aiuti umanitari divengono strumenti di guerra);

- promuovere ed organizzare il sostegno ai movimenti nonviolenti e alle associazioni di difesa dei diritti umani nelle aree di crisi e di conflitto, sostenendo in particolare i movimenti e le associazioni di donne o guidati da donne;

- promuovere ed organizzare iniziative per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, e per il disarmo e contro il militarismo tout court;

- promuovere la nonviolenza ed organizzare la formazione alla nonviolenza;

- preparare e realizzare azioni dirette nonviolente con cui effettualmente contrastare le macchine della morte.

 

2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: LA CITTA' DELLA GIOIA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione questo intervento apparso sul suo blog lunanuvola.wordpress.com

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425.

Eve Ensler, drammaturga, poetessa, sceneggiatrice e regista, docente universitaria, attivista per i diritti delle donne, fondatrice e direttrice artistica di "V-Day", movimento globale che combatte la violenza alle donne e alle bambine, vive a New York. Tra le opere di Eve Ensler: I monologhi della vagina, Marco Tropea Editore, Milano 2000; Il corpo giusto, Marco Tropea Editore, Milano 2005. Come e' noto I monologhi della vagina ha ricevuto nel 1997 il prestigioso Obie Award, ed e' stato portato in scena con grande successo a Broadway (con star come Susan Sarandon, Glenn Close, Melanie Griffith e Winona Ryder), a Londra (con Kate Winslet e Cate Blanchett) e in diverse altre citta' del mondo]

 

I resoconti della violenza sessuale in Congo potrebbero fornire materiale a migliaia e migliaia di film horror. Non si tratta di "semplici" stupri, ma di assalti sadici che comprendono mutilazioni, torture, umiliazioni e - spesso - femminicidio finale. Diplomatici, volontari, membri delle ong, accademici, governanti non sanno fornire una risposta al proposito. Le forze delle Nazioni Unite cola' inviate non sono state in grado di maneggiare il problema. Nessuno mi chiama in piazza per le donne del Congo, ma d'altronde neppure per quelle del Bangladesh che si suicidano per sfuggire alle molestie e alle aggressioni, o per quelle indonesiane che vengono portate in tribunale a difendersi dall'accusa di essere state stuprate. Non sarebbe opportuno, inoltre, protestare. Sono i loro affari interni, noi siamo molto rispettosi delle loro culture, per cui che le donne crepino pure - purche' i maschi diritti dei popoli all'efferatezza e al disprezzo della vita umana vengano salvaguardati.

Eve Ensler, l'autrice de "I monologhi della vagina", alla domanda su che si puo' fare per estinguere la piaga delle violenze sessuali in Congo, una risposta ce l'ha: "Si organizzano le donne. Quando ci sono abbastanza donne nei luoghi decisionali le politiche che ne sortiscono sono differenti. Vedrete. Le congolesi diranno: Non intendiamo tollerarlo un minuto di piu', e metteranno fine al problema".

Per questo nel febbraio scorso ha aperto con loro, a Bukavu, la Citta' della Gioia. I fondi sono stati raccolti tramite i V-Day (gli spettacoli in cui sono rappresentati i testi de "I monologhi della vagina") e un contributo notevole e' venuto dall'Unicef. L'idea della Citta' e' del tutto indigena: donne congolesi dissero ad Eve Ensler, tre anni orsono, che quello di cui avevano bisogno era un luogo sicuro in cui potessero imparare e diventare catalizzatrici di un radicale cambiamento sociale.

La Citta' della Gioia ospitera' ogni anno 180 donne. E' un complesso che comprende grandi aule, cortili, verande: sara' la loro "universita'", quelle in cui le sopravvissute allo stupro e alla tortura, in maggioranza analfabete, acquisiranno conoscenze per poi istruire altre donne nei loro villaggi.

Ci sono corsi sui diritti umani, corsi di autodifesa, corsi professionali, di agricoltura e di uso del computer; c'e' la volonta' di esorcizzare i traumi con le sessioni terapeutiche e la danza, ma soprattutto ci sono loro, le donne che hanno costruito con le loro stesse mani la Citta'. Hanno subito abusi brutali per anni, sono state violate con fucili d'assalto e bastoni di legno, il che ne ha lasciate molte sterili e incontinenti per il resto della loro vita: eppure, nessuno e' riuscito a spezzarne lo spirito. Alla festa di apertura ballano tenendo in mano le cazzuole e i secchi che hanno usato per lavorare al loro sogno. Ad accogliere i dignitari del governo e la pesante scorta armata che li accompagna ci vanno i loro bambini, piedi nudi nel fango, sorrisi smaglianti. Le dita contratte sui grilletti si scostano, le mani si infilano in tasca.

Intanto, alcune "residenti" della Citta' portano a Eve Ensler, a sorpresa, il regalo che hanno scelto per lei. E' la statua lignea di una madre con bambino. Si accalcano addosso a lei, danzando, e cantano: "Perche' hai accettato di prenderci fra le braccia? Ora non ti lasceremo piu'".

 

3. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: L'INARRESTABILE SUNITA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione questo intervento apparso sul suo blog lunanuvola.wordpress.com]

 

In questi giorni e' una celebrita'. E' infatti tra i 26 minori onorati dalla Presidente indiana Pratibha Patil con il "Premio nazionale per il coraggio", conferito annualmente a ragazzi e ragazze per i loro atti di coraggio nella vita quotidiana. Grazie al riconoscimento, sta seguendo un corso di studi triennale ed i suoi insegnanti dicono che non solo e' assai svelta ad apprendere ma che e' anche molto capace nel tessere relazioni con i coetanei. Fino a poco tempo fa, pero', la sedicenne Sunita era invisibile come tutte le altre adolescenti dei villaggi nel distretto di Birbhum, a malapena alfabetizzata, e lavorava come operaia a giornata per mantenere i suoi genitori. Alle ragazze della sua eta' capita normalmente di innamorarsi per la prima volta, e cio' accadde l'anno scorso anche a Sunita. Ma quella che doveva essere un'esperienza di apertura, di tenerezza e di sogno, di crescita e di consapevolezza, per la fanciulla divento' presto un incubo. Il ragazzo di Sunita era del villaggio vicino, di un'altra tribu'.

Gli insediamenti rurali indiani sono normalmente organizzati attorno ad un "panchayat", o consiglio di villaggio, che viene eletto, ma grazie all'enfasi crescente posta sull'appartenenza tribale, il villaggio di Sunita, che si chiama Santhal, di "panchayat" ne ha due: quello legale, e quello autoproclamato, composto perlopiu' di criminali, che ritiene di essere il custode dell'onore della tribu' e si fa le leggi da se stesso, a fantasia. Quando questo consesso, i cui membri - mi vien da dire "ovviamente" - sono solo uomini, e a stento ventenni, venne a conoscenza della relazione di Sunita la giudico' meritevole di castigo. La ragazza fu quindi assalita, spogliata completamente in pubblico e portata in giro per il villaggio, subendo nel processo sputi, insulti, lanci di oggetti e svariate molestie sessuali da parte di alcuni suoi virtuosi compaesani. La cosa doveva essere abbastanza divertente per il consiglio tribale autoproclamato, perche' non solo Sunita fu fatta sfilare nuda per otto chilometri, ma della parata i "consiglieri" presero fotografie e video, trasformandoli poi in mms che furono mandati a chiunque avesse un telefono nel villaggio (e cioe' praticamente a tutti).

Dopo due ore di tortura, la ragazza fu abbandonata dove si trovava - voi capite che farla camminare per otto chilometri significa uscire dal villaggio ed offrire lo spettacolo anche a vicini, passanti e cosi' via - e torno' a casa senza che nessuno si offrisse di aiutarla. La vicina stazione di polizia di Mohammadbazaar non mosse un dito per soccorrerla. Il "panchayat" legalmente eletto se ne stette ben zitto. I genitori di Sunita avevano piu' paura di tutti e le dissero di fare altrettanto. Per due mesi la ragazza visse in un angolo della sua capanna, isolata e ignorata. Quando si sollevo' dalla disperazione e disse ai suoi che voleva giustizia, fu rinchiusa e l'intero parentado si presento' a suggerirle di dimenticare e di lasciar perdere. Sunita non riesce ancor oggi a crederci: "Continuo a chiedermi come potevano persino pensare che avrei potuto dimenticare quel che mi era accaduto. Io vivo con quel dolore, e quel dolore restera' con me per sempre. Ma da ora in poi, lottero' per mettere fine ai crimini commessi contro le donne in nome dei cosiddetti valori tradizionali".

Sunita dalla polizia c'e' andata da sola, di soppiatto. Ha sporto denuncia. Quando la polizia e' venuta a casa sua per le indagini, la famiglia le ha detto di non cooperare, ma Sunita da quell'orecchio non ci sentiva piu'. Bidhan Ray, un funzionario delle forze dell'ordine che ha seguito il caso, ricorda: "E' raro che una vittima abbia tanta fiducia e perseveranza. Noi pensavamo che la depressione non le avrebbe permesso di collaborare alle indagini in modo significativo. Spesso le vittime di crimini diventano ostili e reticenti. Ma Sunita identifico' senza paura tutti i perpetratori. La sua forza d'animo le avrebbe ottenuto il sostegno di chiunque". I sei organizzatori dell'oltraggio alla ragazza furono arrestati nel giro di due giorni. Temendo una ritorsione da parte dei sostenitori del "panchayat" fittizio, l'amministrazione pubblica invio' la ragazza ad una struttura comunitaria di Rampurhat, dove si trova tuttora. Non e' stata una precauzione di troppo: i suoi torturatori sono oggi fuori di galera su cauzione, parecchi membri della sua famiglia si rifiutano ancora di avere a che fare con lei, e nel villaggio si mormora che se tornasse a casa la sua vita non varrebbe un soldo.

Niente di tutto questo ha scosso davvero Sunita: "Non sono tornata al villaggio, ma questo non significa che io abbia fatto qualcosa di sbagliato. Voglio prima finire gli studi, poi tornero' e lottero' per le altre ragazze che sono state abbandonate come me". E sembra quasi che queste altre ragazze lo sappiano. In tutta la regione, la notizia del premio nazionale per il coraggio ad una di loro, la storia dell'inarrestabile Sunita, e' sulle bocche delle adolescenti. E sono bocche che la raccontano sorridendo d'orgoglio.

 

4. PROFILI. SIMONA MAFAI: GIULIANA SALADINO

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Simona Mafai, "nata a Roma (1928) in una famiglia di artisti si impegna giovanissima nella Resistenza antifascista ed antinazista. Successivamente milita nel Pci, operando in Veneto, a Genova, e presso l'Udi nazionale. Sposatasi con Pancrazio De Pasquale, si stabilisce in Sicilia. E' stata senatrice a Gela e consigliera comunale di Palermo. Componente dell'Associazione donne in lotta contro la mafia. Ha fondato nel 1991, assieme ad altre donne, "Mezzocielo", bimestrale di politica, cultura ed ambiente. Ha pubblicato in collaborazione con Gigliola Lo Cascio, Carola Gugino, Chiara Ottaviano, Beatrice Vittorelli, Giuliana Saladino, Maria Venuti Essere donna in Sicilia, Editori Riuniti, 1976. Ha due figlie e due nipoti. Vive a Palermo. Vedi nell''Enciclopedia delle donne' la voce a lei dedicata scritta da Anna Puglisi" (voce riportata anche in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 311).

Giuliana Saladino, intellettuale palermitana (1925-1999), vivida figura dell'impegno civile, militante del movimento operaio e contadino, impegnata nella lotta contro la mafia, giornalista, scrittrice. Tra le opere di Giuliana Saladino: De Mauro: una cronaca palermitana, Feltrinelli, Milano 1972; Terra di rapina, Einaudi, Torino 1977, poi Sellerio, Palermo 2001; Romanzo civile, Sellerio, Palermo 2001]

 

Giuliana Saladino (Palermo 1923 - 1999).

Nata e cresciuta in una famiglia palermitana con ascendenze nobiliari, Giuliana Saladino aderi' al Pci nell'immediato dopoguerra, a diciotto anni. Era un periodo di grandi passioni e speranze, e un'intera generazione colta conflui' nel Pci. Tra gli altri anche Marcello Cimino, figlio di generale, giovane storico di grandi speranze, con cui Giuliana si sposo' e visse tutta la vita. Inizialmente si lascio' coinvolgere nella organizzazione delle donne, ma progressivamente la vita di partito e anche il fare politica tra le donne le risultarono troppo strette. Aveva bisogno di indagare, capire, discutere, contestare, senza lacciuoli ideologici o, peggio, burocratici. Scrivere con verita' fu il suo modo di agire per una societa' migliore. Comincio' a lavorare nel quotidiano palermitano "L'Ora", prima come segretaria di redazione, poi in ruoli sempre piu' importanti fino a diventare una delle colonne portanti del giornale. Curo' la pagina della scuola, condusse inchieste sulla vita della citta', sulle donne di Palermo e di Catania, sugli emigrati, sul terremoto del Belice, sui partiti politici siciliani, e, naturalmente, sulla mafia. Alla truce (e mai risolta) vicenda De Mauro, il giornalista de "L'Ora" sequestrato sotto casa e mai piu' ritrovato, dedico' il suo primo libro: De Mauro, una cronaca palermitana.

Nel 1957, dopo i fatti di Ungheria, non rinnovo' piu' la tessera del Pci. Usci' dal partito senza clamore, ma non rinnego' l'esperienza fatta, illuminando - con grande sincerita' - le asprezze della strada scelta: i vicoli ciechi, le deviazioni obbligate, i pantani della politica - ma anche le ineguagliabili atmosfere di amicizia e solidarieta'. Sono i temi dei suoi successivi libri: Terra di rapina (1972) e Romanzo civile (pubblicato postumo). Nel 1976, sull'onda di un periodo di grande risveglio della coscienza pubblica in Sicilia (che aveva bocciato il referendum contro il divorzio) collaboro' alla stesura di un libro collettivo: Essere donna in Sicilia.

Al "pessimismo dell'intelligenza", Giuliana affianco' sempre "l'ottimismo della volonta'". Disse una volta: "Bisogna comunque battersi, con le armi che si hanno. Come negli ospedali in Africa. Gli strumenti non sono adeguati, mancano i bisturi; forse non ci sono nemmeno lampade e perfino le fasce sono poche; ma bisogna cercare di salvare qualche vita umana, anche senza ferri adatti, anche senza luce".

La aspettava un altro periodo di entusiasmo positivo, di azione fertile che coinvolse migliaia di persone. Davanti alle stragi di mafia, si fece protagonista di primo piano del movimento della societa' civile per il ripristino della legalita': prima animo' il cosiddetto "popolo dei fax" per richiamare ai suoi doveri il Presidente della Repubblica; poi, sviluppando un'idea della figlia Marta, mise in piedi il Comitato dei lenzuoli, che investi' tutta la citta' e che col piccolo breviario dei "Sette consigli scomodi", troppo presto dimenticato, indico' la strada della responsabilita' personale di ciascuna e ciascuno per arrivare a contenere e a debellare il fenomeno mafioso.

Accetto' di collaborare con "Mezzocielo", modesto periodico femminile, fin dal primo numero. Giornalista affermata e di grande prestigio, regalava ogni mese al giornale una sua colonnina di 30 righe, testimoniando di sentirsi "dalla parte delle donne".

L'attendeva un'ultima esperienza. Alle soglie dei 70 anni partecipo' con entusiasmo alla campagna elettorale del dicembre '93, per il rinnovo del comune di Palermo - e dopo le elezioni accetto' di ricoprire la carica di assessore alla Cultura nella giunta Orlando; in questa veste coordino' il primo Incontro nazionale dei periodici femminili autogestiti.

Successivamente si dimise; le delusioni che certamente aveva incassato e che avevano determinato l'abbandono, le tenne per se'. Ma quella incrinatura della "Primavera di Palermo" fu un campanello d'allarme, e, fosse stata apertamente analizzata, avrebbe portato alla luce debolezze ed ombre di quella esperienza, evitando forse altri errori.

Giuliana torno' ai suoi libri, alla sua campagna, alle interminabili e fertili discussioni con i propri amici, all'amore discreto, mai invasivo, per le figlie Giuditta e Marta, le sorelle, i nipoti. Le amiche di "Mezzocielo" le mandarono l'8 marzo 1999 (era gia' malata) un foglio grande quanto un lenzuolo pieno di auguri e di firme. Poche settimane dopo, moriva.

Bibliografia: Giuliana Saladino, De Mauro, una cronaca palermitana, Feltrinelli 1972; Giuliana Saladino, Essere donne in Sicilia, Editori Riuniti 1976; Giuliana Saladino, Terra di rapina, Einaudi 1977; Giuliana Saladino, Romanzo civile, Sellerio 2000.

 

5. PROFILI. ALESSIA RAO TORRES: ANGELA DAVIS

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Alessia Rao Torres, nata a Milano (1984), si e' laureata in Scienze internazionali e istituzioni europee presso la Facolta' di Scienze politiche con una tesi dal titolo: Black Ladies: la sfida della donna afroamericana nel secondo dopoguerra.

Angela Davis (Birmingham, Alabama, 1944), pensatrice, militante, docente universitaria, saggista, insegna attualmente "Storia della coscienza" all'Universita' della California di Santa Cruz, e vi dirige il Women Institute. Ha studiato filosofia con Marcuse e con Adorno, in varie universita' americane, a Parigi, a  Francoforte. Attivista e teorica marxista, femminista, antirazzista, e' stata duramente perseguitata; continua tuttora la sua lotta e la sua attivita' di insegnamento, di studiosa, di militante. Tra le opere di Angela Davis: a) in italiano: Autobiografia di una rivoluzionaria, Garzanti 1975, Minimum fax, 2007; Bianche e nere, Editori Riuniti, 1985; Lady day, lady night, Greco & Greco, 2004; b) in inglese: Angela Davis: An Autobiography, 1974, 1989; Women, Race and Class, 1981; Women, Culture and Politics, 1989; The Prison Industrial Complex, 2000; Are Prisons Obsolete?, 2003. Cfr. anche i materiali nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" nn. 446-448]

 

Angela Davis (Birmingham (Alabama) 1944 - vivente).

Angela Yvonne Davis e' una figura fondamentale per il movimento femminista nero degli anni Settanta. Nata il 26 gennaio da una coppia di insegnanti, relativamente benestante (il padre prese in gestione un distributore di benzina), visse i drammi del razzismo del profondo Sud. Abitava in una zona chiamata Dynamite Hill perche' spesso, li', le case dei neri che vi si trasferivano venivano fatte saltare con la dinamite; con la dinamite fu fatta saltare una chiesa dove morirono tre sue amiche.

Laureata con lode in letteratura francese, passo' poi agli studi di filosofia e visse a Parigi e Francoforte dove fu allieva di Adorno, per ritornare poi negli Stati Uniti, dove fu allieva di Herbert Marcuse. In California continuo' la sua attivita' di lotta politica aderendo al Sncc, un comitato di coordinamento della lotta nonviolenta degli studenti, e successivamente al movimento delle Black Panthers. Dopo l'assassinio di Martin Luther King aderi' al Partito Comunista. Conseguita la laurea in filosofia, ottenne la cattedra all'Universita' di Los Angeles, che le venne dapprima revocata in quanto comunista, ma la revoca fu dichiarata incostituzionale e pote' continuare ad insegnare. Tuttavia venne espulsa dall'universita' quando nel 1970 si adopero' in difesa dei Soledad Brothers, tre detenuti neri accusati di aver ucciso una guardia, e anche in seguito alla sua partecipazione al movimento delle Black Panthers, che andava assumendo sempre piu' carattere di lotta, anche armata.

Successivamente fu accusata di cospirazione, rapimento e omicidio in relazione al fallito tentativo di un gruppo di attivisti delle Black Panthers, di liberare il detenuto nero George Jackson in un'aula di tribunale: la pistola utilizzata era intestata a suo nome, e Jackson era il grande amore della sua vita (non risulta infatti che Angela abbia avuto altri legami importanti e duraturi); fu quindi arrestata e processata.

L'appassionata difesa che condusse personalmente ed efficacemente nel corso del processo, le consenti' di diffondere le sue idee in tutto il mondo, diventando cosi' popolare da mobilitare a suo favore un gran numero di persone che si riunirono in comitati e organizzazioni, non solo negli Stati Uniti ma anche in molti altri paesi.

La sua vicenda porto' alla ribalta la sua figura di donna che aveva sempre combattuto per i diritti civili e per i diritti delle donne, scontrandosi talvolta anche con altri appartenenti al Movimento. Sin dagli inizi della sua attivita' infatti, le sue qualita' intellettuali e le sue grandi capacita' organizzative l'avevano portata ad assumere responsabilita' e ruoli direttivi. Angela venne criticata molto pesantemente dai maschi del movimento perche' "svolgeva un lavoro da uomo" e si vide contestare perfino il fatto che le donne volevano impadronirsi dell'organizzazione.

La Davis si rese conto di essere venuta cosi' a contatto con un complesso assai diffuso e radicato tra certi attivisti neri che consideravano la mascolinita' nera come qualcosa di separato dalla femminilita' nera, e l'impegno diretto delle donne una minaccia all'affermazione della loro virilita'. Questa mentalita' affermatasi soprattutto con l'islamismo di Louis Farrakhan, contribui' certamente a determinare l'uscita della Davis dal Movimento stesso.

Attraverso il suo intenso lavoro, scritti, conferenze, lezioni universitarie e interviste, Angela Davis condusse un'intensa campagna per interpretare e smontare quello che lei indicava come un mito creato dalla cultura e dalla letteratura dei bianchi per dividere la razza nera e ostacolare il movimento di liberazione, il mito della societa' matriarcale nera. Da qui la necessita' per la Davis di combattere il carattere oppressivo del ruolo attribuito alla donna nella societa' americana in generale.

Angela Davis ha dedicato la sua vita alla soluzione politica dei problemi del razzismo e dei diritti civili, e le sue vicende personali e il rilievo che ebbero in tutto il mondo la portarono ad essere, in quanto donna e afroamericana, un simbolo sia del femminismo che dell'uguaglianza razziale. La Davis aveva fatto capire alle donne che il lavoro fuori casa non solo rappresentava un importante sostegno economico e motivo di indipendenza, ma anche l'importanza di avere una vita all'esterno della famiglia, con l'opportunita' di svolgere un lavoro interessante e realizzare le proprie aspirazioni. Angela insieme ad altre figure, quali Shirley Chisholm, prima donna afroamericana eletta al Congresso americano, hanno mostrato alle donne afroamericane la strada e la possibilita' di modificare la propria vita.

Attualmente la Davis insegna Storia della Coscienza all'Universita' della California, dove dirige anche il Women Institute. Non e' piu' iscritta al Partito comunista statunitense, ma continua a sostenere gli ideali e i principi di sempre, con quel senso critico che l'ha portata a scagliarsi anche contro la degenerazione del movimento afroamericano verso il fondamentalismo islamico, rappresentato dalla Nation of Islam di Louis Farrakhan, movimento islamista e maschilista, che ha riempito il vuoto lasciato dalla scomparsa delle laiche e progressiste Pantere Nere.

Bibliografia: Angela Davis, Nel ventre del mostro, Roma, Editori Riuniti, 1971; Angela Davis, Bianche e nere, Roma, Editori Riuniti 1985.

 

6. PROFILI. ALESSIA RAO TORRES: NINA SIMONE

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Nina Simone (Tyron (North Carolina) 1933 - Carry-le-Rouet 2003).

Con l'affermazione del blues, i temi dell'uguaglianza e dell'integrazione trovarono un significativo veicolo di comunicazione nella musica. In una societa' come quella americana che negava agli afroamericani la dignita', l'uguaglianza e persino i mezzi per conquistarla, le grandi cantanti blues come "Ma" Rainey, Bessie Smith, Billie Holiday e molte altre dovevano il loro successo e la loro popolarita' proprio all'intima conoscenza e personale esperienza "blues" della vita degli afroamericani; esse divennero simboli e portavoci della comunita' nera e avrebbero contribuito grandemente a indicare alle donne un lento e difficile processo di emancipazione. L'importanza delle donne, nella storia del blues, non e' stata mai abbastanza riconosciuta.

L'interprete che negli anni Sessanta raccolse maggiormente questa eredita' fu Nina Simone, nome d'arte di Eunice Kathleen Waymon, nata a Tryon, cittadina della Carolina del Nord. Trascorse l'infanzia e l'adolescenza sottomettendosi alle leggi e ai divieti che la pratica della segregazione imponeva alla sua comunita', e questo la segno' profondamente. Bambina prodigio, aveva un talento ineguagliabile per la musica tanto che a sei anni inizio' la sua formazione classica. Lorraine Hansberry le mostro' la strada: fu infatti la prima autrice di colore a conoscere il successo a Broadway con la piece Raisin in the Sun nel 1958, che vinse il primo New York Drama Critics Circle Award assegnato ad una donna di colore. Nel 1963 in seguito ad un attentato dinamitardo in cui persero la vita quattro bambine afroamericane, Nina Simone compose la sua prima canzone di protesta, Mississippi Goddam (Maledetto Mississippi).

"All I want is equality, For my sister, my broche, my people, and me". Nina Simone lascio' che musica e politica riempissero interamente la sua esistenza, sollecitata dai giovani attivisti della causa nera che ne ammiravano la personalita' e la capacita' di comunicare. Mise progressivamente la sua musica al servizio delle battaglie per i diritti civili. Grazie al suo carattere istrionico e alla sua attitudine a punzecchiare e stimolare la platea, raggiunse l'obiettivo di far amare i suoi concerti a ogni genere di pubblico. La sua musica divenne una cassa di risonanza perfetta degli avvenimenti che dilaniavano l'America: un mix di jazz, classica, gospel, folk e ballate, che essa stessa defini' Black Classical Music, una formula che cercava di scuotere la coscienza bianca e che esprimeva la fierezza di un'intera comunita' di artisti e militanti neri. Uno dei brani piu' importanti e rivoluzionari interpretati da Nina Simone durante la sua carriera fu Strange Fruit, che riprende la ballata resa celebre da Billy Holliday, nella quale si parla di un impiccato nero, vittima di un linciaggio, appeso a un albero, appunto come uno strano frutto. Questa canzone ebbe il merito di raccontare di nuovo gli orrori del razzismo e delle violenze dei bianchi sugli afroamericani, accettati passivamente da molti, e di riportarli alla attenzione generale. Billie Holiday aveva inciso la canzone negli anni Quaranta, e poco tempo dopo fu pubblicata sul "Times" una foto della Holiday (la prima immagine di una donna di colore pubblicata su una rivista).

Una canzone femminista per eccellenza di Nina Simone e' senza dubbio Four Women; la Simone esplora i sentimenti di quattro donne nere e attraverso di loro traccia un ritratto caustico della sottomissione della donna nera americana, che per sopravvivere e' schiava della sua bellezza o della sua situazione sociale.

Nella lotta per l'affermazione dei diritti dei neri la Simone ebbe l'appoggio di molti altri attivisti, uomini e donne. In particolare si lego' a Miriam Makeba, cantante sudafricana, che in America diventera' un'infaticabile oppositrice del regime di apartheid sudafricano, denunciando pubblicamente il regime di Pretoria, e pronunciando un discorso che avra' grande risonanza alle Nazioni Unite.

Nina Simone incise circa venti album e ricevette importanti riconoscimenti dentro e fuori gli Stati Uniti. Considerata da molti come la cantante jazz piu' raffinata di quegli anni, dotata di una straordinaria presenza scenica e di un'enorme capacita' di legarsi al suo pubblico, venne chiamata The High Prestiess of Soul, la grande sacerdotessa dell'anima.

Nina ha girato il mondo, e ha vissuto a Barbados, in Liberia, in Egitto, in Turchia, in Olanda e in Svizzera. La sua vita non e' stata facile: ha avuto rapporti complicati con uomini potenti e violenti (come il suo marito-manager). Si e' sposata due volte e nel 1964 ha avuto una figlia. In seguito si e' legata a Earl Barrowl, primo ministro delle Barbados, e nel 1980 un suo amante, C. C. Dennis, importante politico locale, e' stato ucciso.

In seguito al polemico abbandono degli Stati Uniti i suoi album vennero pubblicati solo di rado; ma dopo che negli anni Ottanta la Chanel utilizzo', per una pubblicita' televisiva, la sua My Baby Just Cares For Me, molti hanno riscoperto la sua musica e Nina e' diventata un'icona del jazz. Nel 1987 questo brano di quasi trent'anni prima entra prepotentemente nelle classifiche inglesi, senza che a Nina venga riconosciuto alcun diritto. Si moltiplicano antologie e ristampe dei suoi dischi. Dopo questi successi, si ripresenta con un nuovo album, Nina's Back, del 1989, seguito da Live & Kickin.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Angela Davis, Blues Legacies and Black Feminism: Gertrude "Ma" Rainey, Bessie Smith and Billie Holiday, New York, Vintage books, 1999; I Put a Spell on You: The Autobiography of Nina Simone, New York, Pantheon Books 1991; Ruth Feldstein, "I Don't Trust You Anymore": Nina Simone, Culture, and Black Activism in the 1960s, March 2005, in www.historycooperative.com

 

7. PROFILI. ANNAMARIA TAGLIAVINI: ELVIRA SELLERIO

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Annamaria Tagliavini, laureata in Filosofia, dal 1994 dirige la Biblioteca Italiana delle Donne di Bologna, femminista, da lungo tempo e' impegnata nel campo dell'informazione e della documentazione di genere. Fa parte dell'Associazione Orlando e di importanti organizzazioni femminili e femministe internazionali come Wine - Women Information Network Europe e Know How on the World of Women Information Conference Permanent Comittee

Elvira Sellerio e' stata una straordinaria editrice di forte impegno culturale e civile]

 

Elvira Sellerio (Palermo 1936 - 2010).

Elvira Giorgianni nasce a Palermo in una famiglia borghese, il padre e' prefetto, severo; alla madre, che muore quando lei ha 25 anni, Elvira e' legatissima, "attaccata", nelle sue parole. Si laurea in Giurisprudenza e sposa il fotografo Enzo Sellerio dal quale ha due figli, Antonio e Olivia.

Insieme partecipano alla vita culturale e civile della Palermo democratica frequentandone le menti migliori come lo scrittore Leonardo Sciascia e l'antropologo Antonino Buttitta, ed e' proprio grazie a quelle conversazioni amichevoli che nasce l'idea di dar vita ad un'impresa culturale di natura economica.

Alla fine degli anni Sessanta con una scelta davvero coraggiosa Elvira decide di lasciare l'impiego che ricopriva nella pubblica amministrazione, e di investire i denari della sua liquidazione in una nuova impresa. Fonda cosi', insieme al marito, la casa editrice Sellerio, proprio mentre aspetta il secondo figlio.

Il programma all'origine della casa editrice e' semplice: dare spazio ad una cultura "amena", nell'accezione di Sciascia, cioe' una cultura in cui il cosiddetto impegno e' implicito e non esplicito, contrassegnata da leggerezza ed eleganza, una cultura delle idee, che non rinuncia mai alla bellezza.

Dopo un inizio caratterizzato dall'attenzione alla letteratura e all'arte siciliane e a volumi per bibliofili a tirature ridotte, in meno di dieci anni la Sellerio si impone come un'impresa culturale di livello nazionale. Nel 1979 nasce infatti la celebre collana di volumetti blu "La memoria", fatta di tascabili originali per taglio, grafica e contenuti che raggiunge subito una notorieta' molto larga.

Nel 1983, dopo la separazione dal marito, Elvira si dedica in particolare alla saggistica e alla narrativa, mentre Enzo continuera' a occuparsi di arte e fotografia. Ma la vera anima della Sellerio e' lei, donna di notevole temperamento e grande fiuto editoriale, capace di scoprire veri e propri autori di culto come Gesualdo Bufalino, Andrea Camilleri (e il suo ormai celeberrimo Montalbano), ma anche di proporre autrici poco conosciute come Maria Messina, Luisa Adorno e Alicia Gimenez-Bartlett e trasformarle in altrettanti successi.

Difficile infatti separare la fortuna della casa editrice dall'impronta della sua fondatrice che per piu' di trent'anni ne ha preservato la fisionomia e, pur favorendone la crescita a dimensione nazionale, ne ha conservato gelosamente le forti radici siciliane. Se oggi la casa editrice dispone di un catalogo di piu' di 2.500 titoli e occupa una sicura fascia di mercato, seppure le dimensioni restino quelle di un piccolo editore indipendente, il merito e' certamente della sua fondatrice.

Con le radici ben piantate in Sicilia, la Sellerio, cosi' come Elvira stessa, ha conservato la propria indipendenza, sfuggendo alle grandi concentrazioni, e ha mantenuto la filosofia degli esordi: rigore nelle scelte culturali, cura artigianale del prodotto, ciclo produttivo quasi interamente locale, un indirizzo che tocca oggi al figlio Antonio conservare.

Nel corso di piu' di quarant'anni di attivita', sono stati conferiti a Elvira Sellerio numerosi e prestigiosi premi e riconoscimenti. Nel 1989 e' stata nominata Cavaliere del Lavoro. Nel 1991 ha ricevuto il Premio Marisa Bellisario e dall'Ateneo di Palermo la laurea Honoris Causa in materie letterarie, nel 1993-94 ha ricoperto l'incarico di consigliere di amministrazione della Rai.

 

8. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Roa-Bari 1974, pp. VI + 320.

- Lucien Goldmann, Il dio nascosto. La visione tragica in Pacal e Racine, Lerici, 1961, Laterza, Roma-Bari 1971, pp. 640.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 520 del 9 aprile 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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