Nonviolenza. Femminile plurale. 311
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 311
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- Date: Thu, 31 Mar 2011 07:01:18 +0200 (CEST)
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 311 del 31 marzo 2011
In questo numero:
1. Accogliere ed assistere tutte le persone migranti
2. Contro la guerra una proposta agli enti locali
3. L'"Enciclopedia delle donne" in rete
4. Sylvie Coyaud: Ipazia
5. Simona Mafai: Anna Puglisi
6. Anna Puglisi: Felicia Bartolotta Impastato
7. Anna Puglisi: Simona Mafai
8. Lucia Vantini: Maria Zambrano
1. EDITORIALE. ACCOGLIERE ED ASSISTERE TUTTE LE PERSONE MIGRANTI
Accogliere ed assistere tutte le persone migranti.
Cessare di fare le guerre.
2. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI
Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.
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"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.
Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.
Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.
Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.
Solo la pace salva le vite".
3. MATERIALI. L'"ENCICLOPEDIA DELLE DONNE" IN RETE
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it riprendiamo la seguente presentazione. Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli sono le fondatrici e curatrici dell'Enciclopedia delle donne; Dafne Calgaro si occupa della grafica e della programmazione web.
Rossana Di Fazio "di mestiere mette le figure, rivede testi, ne progetta di nuovi. Questo, da oltre 15 anni, nel gruppo di lavoro diretto da Danco Singer, per il quale si occupa anche della rivista www.golemindispensabile.it. Ha due bambini. E' molto felice di aver dato vita all'Enciclopedia delle donne con Margherita Marcheselli, Dafne Calgaro e tutte le care e i cari".
Margherita Marcheselli "e' laureata in Filosofia. Si interessa di pensiero, linguaggio e neuroscienze. Segue e condivide da molto tempo le analisi e l'approccio metodologico della Scuola Operativa Italiana. E' attualmente senior editor presso la Federico Motta Editore e collabora con Encyclomedia Publishers. E' collega e amica di Rossana Di Fazio, con la quale sta realizzando questa impresa enciclopedica. E' mamma di Dafne Calgaro che ha creato il sito e collaborato molto attivamente al progetto. Gioca a calcio come terzino ed e' presidente della Associazione Sportiva Dilettantistica Wendy Football Girls".
Dafne Calgaro, "traduttrice, si diletta con l'informatica. Ha tradotto dall'inglese romanzi, saggi, qualche manuale e un libro di cucina; di recente ha scritto tutto il codice che fa funzionare piu' o meno bene il presente sito. Se trovate che qualcosa non funziona come dovrebbe potete farglielo notare scrivendo a web at enciclopediadelledonne.it"]
L'Impresa
Qui costruiamo l'Enciclopedia delle donne. Ci sono tanti pezzi sparsi di questa enciclopedia possibile: Centri di documentazione, Librerie, Associazioni, Biblioteche, Archivi, Universita', siti: ovunque la ricerca, la tessera del mosaico.
Contraccambiamo questo immenso lavoro, gia' avviato prima di noi (prima, prima, prima) con la costruzione di questa Enciclopedia, cioe' un'operazione che da sempre si propone di radunare, illuminare, costruire e divulgare. Che cosa?
Intanto la conoscenza, nomi e cognomi. Ogni nome e cognome fa una storia, e ogni storia singola va in un paesaggio pieno di storie, e tutto diventa la Storia. Ma senza la storia delle donne - di tutte le donne - non si fa una bella Storia: si fanno degli schemi, delle approssimazioni, dei riassunti che non somigliano piu' a niente. E che fan danno.
L'altra cosa che si divulga da se' facendo un'Enciclopedia delle donne e' l'idea della liberta': la conoscenza delle donne in carne e ossa del passato e del presente, al pari dell'esperienza, sgretola le grate di quei pochi, limitati modelli a cui la loro vita (destino, vocazione, intelligenza, desiderio) viene ancora ricondotta, ottusamente certo, ma con un'ostinazione e una potenza (anche una prepotenza) che sorprende.
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Lo Specchio delle dame
Questo, tante donne lo sanno da tanto tempo: ci mettiamo in fila, ci sentiamo eredi ed ecco il significato del secondo nome dell'Impresa: Specchio delle dame. Tante volte infatti abbiamo ritrovato questo mettere insieme tanti ritratti di donne a dimostrare che la liberta' di pensiero e di azione - dalla quale, peraltro, derivera' con la felicita' personale una societa' piu' giusta - e' possibile e auspicabile, non teoricamente, ma praticamente. Parole che vengono da ogni tempo (da Proba, da Christine de Pizan, da Cristina di Belgioioso, ma davvero, continuamente) e possono davvero illuminare, perche' sono anche le nostre, spesso le stesse precise parole.
Quello specchio delle brame che ossessiona tante donne in carne e ossa puo' dunque utilmente diventare lo specchio delle dame, una miniera di storie da cui imparare la liberta', e mai cercare il verdetto.
Proprio perche' e' all'insegna della felicita' possibile, l'Enciclopedia e' una festa, una festa a inviti: chi scrive porta una persona come portasse qualcuno che vale la pena di conoscere.
Possiamo fare l'Enciclopedia che abbiamo in mente solo qui, in rete, perche' non intendiamo darci dei limiti di spazio ne' di luogo: pensare un libro cosi' sarebbe una follia, ma in rete, scommettendo sul futuro, si puo' fare.
E coltiviamo per questo il nostro progetto di divulgazione, facendo partecipare giovani e giovanissime e giovanissimi al lavoro grande che ci aspetta: in fondo e' proprio per le nuove generazioni che montiamo tutto questo.
Nuclei Operativi dell'Enciclopedia delle donne verranno incoraggiati presso le scuole medie e superiori, affinche' gruppi di studenti e studentesse possano costruire una propria voce, e firmarla.
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Chi fa l'Enciclopedia e di chi e'
Siamo particolarmente onorate della rete delle relazioni che abbiamo imbastito: e' bellissima per solidita', competenza, intelligenza e anche simpatia e gentilezza.
I contenuti dell'Enciclopedia delle donne sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons Attribuzione Non commerciale Condividi allo stesso modo 2.5: possono essere ridistribuiti liberamente soltanto se vengono attribuiti ai rispettivi autori e come appartenenti al progetto dell'Enciclopedia delle donne e se non vengono utilizzati a scopo commerciale.
Le curatrici Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli desiderano soltanto che venga riconosciuto il loro ruolo di fondatrici dell'iniziativa e che dovunque si parli dell'Enciclopedia delle donne nel senso di questo progetto, esse vengano citate come tali.
Ma senza Mariateresa Fumagalli, Sylvie Coyaud, Dafne Calgaro, Carlotta Eco, Giuliana Chiaretti, Carla Stampa, Marica Barghetti, non avremmo mai potuto dare inizio alla festa... Ne' senza tutte le autrici e tutti gli autori che partecipano all'Impresa.
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La Societa' per l'Enciclopedia delle donne: Associazione senza fini di lucro
Il 30 luglio 2010 e' nata la Societa' per l'Enciclopedia delle donne - Associazione Culturale senza fini di lucro. Socie e soci sono i benvenuti e potranno contribuire a rinsaldare il futuro dell'Enciclopedia.
Nel sito puoi trovare le informazioni per associarti e sostenere l'associazione.
4. PROFILI. SYLVIE COYAUD: IPAZIA
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Sylvie Coyaud "Nata a Parigi, residente a Milano, parla di scienza alla radio dal 1987 e ne scrive su D. La Repubblica delle Donne, Il Sole - 24 Ore, varie testate on-line (e non); e anche sul suo blog. Va fiera di premi, medaglie e riconoscimenti per la divulgazione, in particolare che nel 2003 degli astronomi abbiano dato il suo nome a un asteroide e nel 2009 degli entomologi a un bel buprestide verde dai grandi occhi rossi, l'Agrilus coyaudi. Ultimo libro: La scomparsa delle api, Mondadori, 2008. Penultimo: Lucciole e Stelle, brevi storie di ricerche serie e no, La Chiocciola, 2006".
Su Ipazia cfr. anche almeno il fascicolo monografico di "Nonviolenza: Femminile plurale" n. 298, ed anche la recensione del libro a lei dedicato di Luisa Muraro nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 497]
Ipazia (Alessandria d'Egitto 370 ca. - 415).
Alla morte del padre Teone, matematico e astronomo, Ipazia ne eredita legittimamente il posto a capo della scuola neoplatonica d'Alessandria. Invece non prende marito, sentendosi gia' "sposata alla verita'".
I suoi scritti sono andati perduti, ed e' difficile ricostruirne il pensiero; sono piuttosto le testimonianze dei contemporanei a dare notizia della sua fama. Sinesio, lo studente venuto da Cirene e futuro vescovo di Tolemaide la chiama "madre, sorella, maestra e benefattrice", e le fonti la ritraggono come una scienziata e filosofa dai talenti insoliti che partecipa attivamente alla vita politica: "Per la magnifica liberta' di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della citta' e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale", lo scrive Socrate Scolastico. A un secolo di distanza Damascio, che pure la considera "inferiore in quanto donna" e quindi inadatta alla filosofia, esprime lo stesso giudizio: "di natura piu' nobile del padre, non si accontento' del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d'animo, si dedico' anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla citta', spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo... era pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della citta' a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei, come continuava ad avvenire anche ad Atene. Infatti, se lo stato reale della filosofia era in completa rovina, invece il suo nome sembrava ancora essere magnifico e degno di ammirazione per coloro che amministravano gli affari piu' importanti del governo".
Se poco si sa della vita di Ipazia, non mancano i dettagli circa la sua morte. La distruzione dei templi ellenici voluta dall'imperatore Teodosio I (al tramonto del IV secolo) e' messa diligentemente in atto dal vescovo Teofilo. Questo attacco cosi' altamente simbolico, e' seguito da un breve periodo di tregua, che vede Ipazia ancora libera e influente. A Teofilo, morto nel 412, succede il nipote Cirillo, assai piu' bellicoso, il quale si dota di una milizia privata (i parabalanoi) e dopo uno scontro forse pretestuoso fra ebrei e cristiani, caccia gli ebrei dalla citta'. I pagani sanno che il loro turno sta per arrivare quando, nel 414, il prefetto Oreste, estimatore di Ipazia e inviso al vescovo, viene aggredito da un gruppo di monaci e ferito. Il colpevole e' condannato a morte, ma Cirillo gli organizza funerali in pompa magna e lo proclama martire.
Nel marzo 415, un gruppo di monaci si apposta vicino alla casa di Ipazia, in attesa del suo rientro. "Tiratala giu' dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brani del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli".
Socrate Scolastico, da cristiano, non incolpa il vescovo. Lo fa Damascio, il filosofo pagano per il quale Cirillo "si rose a tal punto nell'anima che tramo' la sua uccisione, in modo che avvenisse il piu' presto possibile, un'uccisione che fu tra tutte la piu' empia".
Da allora Ipazia scompare dalla storia, se non per prestare alcune sue doti a santa Caterina di Alessandria. Nel Settecento, ricompare in una disputa tra cattolici ed anglicani inglesi: di facili costumi - per i primi (che ci faceva, altrimenti, per le strade di Alessandria?), vittima del fanatismo per i secondi, cosi' come nella voce "Eclectiques", dell'Encyclopedie e per Voltaire, Henry Fielding, Edward Gibbon e altri Illuministi.
Nel poema epico Ipazia o delle filosofe (1827), la contessa Diodata Saluzzo Roero tenta di ribaltare questa interpretazione. La sua Ipazia si converte al cristianesimo e muore da santa: "languida rosa sul reciso stelo/ Nel sangue immersa la vergine giacea/ Avvolta a mezzo nel bianco suo velo/ Soavissimamente sorridea/ Condonatrice dell'altrui delitto/ Mentre il gran segno redentor stringea".
Similmente di bianco vestita, ma viva e fieramente pagana, l'aveva descritta in due delle sue "poesie antiche" il poeta rivoluzionario Leconte de Lisle, in "Hypatie" per colpa di un uomo nato in Galilea, lo "spirito di Platone e il corpo d'Afrodite" erano "partiti per sempre nei bei cieli dell'Ellade"; in "Hypatie et Cyrille" invece, il vescovo alla filosofa puo' offrire solo la scelta fra il silenzio e la vita.
La questione della liberta' di pensiero femminile, e di azione, in rapporto all'autorita' politica e religiosa resta scabrosa: Ipazia compare nel teatro e nel romanzo dell'Otto e del Novecento, forse anche - suo malgrado - perche' facilmente le calzano i tratti della martire eroica, tanto piu' martire quanto piu' la sua autorevolezza intellettuale e' indiscussa. Marcel Proust (All'ombra delle fanciulle in fiore), Umberto Eco (Baudolino), Hugo Pratt in un album di Corto Maltese le rendono omaggio, mentre prendono il suo nome associazioni di femministe, filosofe e scienziate. Nel XXI sec. l'autonomia femminile, come quella della ricerca scientifica, resta contrastata dalla medesima autorita', e Ipazia non cessa di ispirare saggi, romanzi e polemiche come quelle attorno al film, del regista spagnolo Alejandro Amenabar, Agora'.
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Risorse bibliografiche: Mario Luzi, Ipazia, Milano, Scheiwiller 1973, rist. All'insegna del pesce d'oro, Milano 1994; Il libro di Ipazia, Milano, Rizzoli 1978; Margaret Alic, L'eredita' di Ipazia, Roma, Editori Riuniti 1989; Gemma Beretta, Ipazia d'Alessandria, Roma, Editori Riuniti 1993; Maria Dzielska, Hypatia of Alexandria, ed. inglese Cambridge Mass., Harvard University Press 1996; Caterina Contini, Ipazia e la notte, Milano, Longanesi 1999; Michael Deaking, Hypatia of Alexandria: Mathematician and Martyr, Amherst, N.Y., Prometheus Books 2007; Adriano Petta - Antonio Colavito, Ipazia, scienziata alessandrina, Lampi di stampa 2006, ristampato come Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo, (prefazione di Margherita Hack), Roma, La Lepre 2009. La voce su Wikipedia languiva dal 2007, ma dall'inizio del 2009 continua ad arricchirsi grazie al contributo di Paola Severi Michelangeli. In inglese, una raccolta delle fonti storiche primarie a cura di Michael Deakin e secondarie a cura di Howard Landman.
5. PROFILI. SIMONA MAFAI: ANNA PUGLISI
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Simona Mafai, "Nata a Roma (1928) in una famiglia di artisti si impegna giovanissima nella Resistenza antifascista ed antinazista. Successivamente milita nel Pci, operando in Veneto, a Genova, e presso l'Udi nazionale. Sposatasi con Pancrazio De Pasquale, si stabilisce in Sicilia. E' stata senatrice a Gela e consigliera comunale di Palermo. Componente dell'Associazione donne in lotta contro la mafia. Ha fondato nel 1991, assieme ad altre donne, "Mezzocielo", bimestrale di politica, cultura ed ambiente. Ha pubblicato in collaborazione con Gigliola Lo Cascio, Carola Gugino, Chiara Ottaviano, Beatrice Vittorelli, Giuliana Saladino, Maria Venuti Essere donna in Sicilia, Editori Riuniti, 1976. Ha due figlie e due nipoti. Vive a Palermo. Vedi nell'"Enciclopedia delle donne" la voce a lei dedicata scritta da Anna Puglisi".
Anna Puglisi, prestigiosa studiosa e militante antimafia, e' impegnata nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di cui e' una delle fondatrici. Dal sito dell'Enciclopedia delle donne riprendiamo inoltre la seguente breve scheda "Docente universitaria in pensione, cofondatrice del Centro siciliano di documentazione, successivamente dedicato a Giuseppe Impastato, e socia fondatrice dell'Associazione delle donne siciliane per la lotta contro la mafia. Vive a Palermo". Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato, Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; Storie di donne. Antonietta Renda, Giovanna Terranova, Camilla Giaccone raccontano la loro vita, Di Girolamo, Trapani 2007]
Anna Puglisi (Palermo 1939 - vivente).
Diligente, rigorosa, serissima ma non avara di sorrisi, Anna Puglisi e' una figura significativa della societa' civile palermitana. Presente in tutte le manifestazioni e ricorrenze contro la mafia e in ricordo e solidarieta' verso le vittime, laica vestale del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (il luogo di Palermo piu' fornito di libri e documenti relativi alla mafia, un centro studi con un'attivita' di ricerca che ha prodotto molte pubblicazioni). Nasce a Palermo nel 1939, in una famiglia di media borghesia (il padre avvocato, la madre figlia di commercianti). Si laurea in Matematica e fisica (e delle studiose di matematica acquisisce il tipico comportamento e stile); diventa assistente universitaria e ha un incarico di Istituzioni di matematiche per Scienze biologiche; ma il ruolo accademico non prevale sulla profonda passione politica che caratterizza tutta la sua esistenza. Nel '71 aderisce al "Manifesto", che da rivista dissidente del Pci, e' diventato un vero e proprio partito, e comincia per Anna la trafila della militanza di base: a sostegno delle famiglie del centro storico che, dopo il terremoto, hanno occupato in massa le case popolari del quartiere periferico Zen, divenuto successivamente emblema dei conglomerati dormitorio delle periferie cittadine, degradati prima ancora di essere abitati. Lavora alla creazione di un comitato popolare nel quartiere, privo di servizi fondamentali e dove i medici del "Manifesto" fondano un ambulatorio rionale.
Nel corso della sua militanza, incontra Umberto Santino, sociologo e storico, allora dirigente del "Manifesto", si frequentano e si sposano, ovviamente con rito civile, nel 1972. Successivamente escono dal gruppo politico cui avevano aderito, e - con amici e compagni provenienti da esperienze diverse ma simili - fondano nel 1977 il Centro siciliano di documentazione, insediandolo, dopo qualche anno, in un'ala della propria casa, dove restera' - pur estendendosi a livello di un vero e proprio archivio e biblioteca pubblici -, a disposizione di ogni studioso e ricercatore italiano o straniero interessato al tema. Il Centro non ricevera' alcun contributo finanziario da parte delle Istituzioni locali, anche per una propria orgogliosa resistenza e coerenza morale, in quanto gli enti pubblici si rifiutano - malgrado reiterate proposte - di elaborare un regolamento, trasparente e controllabile, relativo ai finanziamenti alle associazioni antimafia.
Anna ed Umberto prendono nelle proprie mani la vicenda dell'assassinio di Giuseppe Impastato, dedicando al suo nome il Centro di documentazione, quando Impastato era uno sconosciuto ai piu' e per tanti un terrorista-suicida, e chiedendo con tenacia instancabile che sia fatta piena luce e giustizia sulla sua morte, individuando e condannando i killer e i mandanti mafiosi. Il che avverra' vent'anni dopo il delitto. Le indagini sulla sua morte, archiviate piu' volte e riaperte per l'impegno congiunto della madre Felicia Bartolotta (anche in seguito alle sue dichiarazioni, raccolte nel libro scritto da Anna ed Umberto, La mafia in casa mia) e del fratello e della cognata di Impastato, dei suoi compagni di militanza e del Centro Impastato, portano alla celebrazione dei processi, contro Vito Palazzolo, che si conclude nel 2001 con la condanna a 30 anni, e in videoconferenza a Gaetano Badalamenti, concluso nel 2002 con la condanna all'ergastolo, entrambi individuati come mandanti dell'omicidio.
Ma la violenza mafiosa a Palermo non si e' mai fermata. Cadono in Sicilia magistrati, uomini politici, carabinieri e poliziotti. Nel 1980 viene lanciata una petizione, per iniziativa di donne di diversa provenienza politica e sottoscritta da migliaia di donne delle regioni meridionali piu' colpite dalla violenza mafiosa, rivolta al Presidente della Repubblica Sandro Pertini e ai Presidenti di Sicilia, Calabria e Campania, per chiedere misure urgenti ed efficaci contro le mafie. Si forma allora un Comitato di donne contro la mafia, che sara' il nucleo della futura Associazione delle donne siciliane per la lotta contro la mafia, che si costituisce formalmente nel 1984 (di cui Anna e' cofondatrice e poi membro del direttivo). Utilizzando l'archivio del Centro di documentazione, Anna assieme ad Antonia Cascio scrive il primo testo sul rapporto donne e mafia: un prezioso ciclostilato, dal titolo emblematico: Con e contro. Mentre l'Associazione si sviluppa promuovendo una serie di iniziative diverse (incontri nelle scuole e nei quartieri popolari, gemellaggi con associazioni femminili straniere, sostegno a donne del popolo costituitesi parti civili contro gli assassini mafiosi dei loro congiunti, incontro in difesa delle donne violentate in Italia e nella ex-Jugoslavia, raduno comune con le donne ex-partigiane), Anna estrinseca una sua vocazione segreta, tra politica e letteratura, facendosi biografa di alcune emblematiche figure di donne siciliane, vittime della mafia o militanti contro di essa. Anna rifiuta la definizione di femminista, ma ricostruendo e illustrando la vita, la sofferenza, la capacita' di resistenza e di azione di tante donne siciliane, compie un'opera che si puo' considerare autenticamente femminista.
E' in riconoscimento di questa vita limpida, dedicata alla lotta contro le illegalita' e alla valorizzazione delle donne, che l'8 marzo 2008, in occasione della Giornata della Donna, dedicata alle Donne per la Democrazia (a 60 anni dalla Costituzione della Repubblica e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani) Anna Puglisi ha ricevuto, dalla Presidenza della Repubblica, l'onorificenza di Commendatore della Repubblica con la seguente motivazione: "Con i suoi studi e la sua attivita' di raccolta di testimonianze di vita, svolta soprattutto attraverso il Centro siciliano di documentazione, intitolato a Giuseppe Impastato, ha valorizzato il contributo delle donne nella mobilitazione antimafia".
Un piccolo particolare sulla sua umanita': appassionata di musica classica, segue appena possibile tutti i concerti cittadini.
Font, risorse bibliografiche, siti: Anna Puglisi (in collaborazione con Umberto Santino), La mafia in casa mia, La Luna 1986; Anna Puglisi, Sole contro la mafia, La Luna 1990; Anna Puglisi, Donne, mafia, antimafia, Di Girolamo 2005; Anna Puglisi, Storie di donne: Antonietta Renda, Giovanna Terranova, Camilla Giaccon raccontano la loro vite, Di Girolamo 2007; sito del Centro di documentazione Giuseppe Impastato: www.centroimpastato.it
6. PROFILI. ANNA PUGLISI: FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Felicia Bartolotta Impastato e' la madre di Giuseppe Impastato (1948-1978), il militante antimafia di Cinisi (Pa) assassinato dalla mafia; Felicia Bartolotta Impastato lo ha sostenuto nella sua lotta, che ha proseguito dopo l'uccisione del figlio. E' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Opere su Felicia Bartolotta Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; di lei ovviamente si parla ampiamente nei libri dedicati alla figura di Peppino Impastato.
Giuseppe Impastato nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi (Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia difficile", fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Tra le raccolte di scritti di Peppino Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, seconda edizione Palermo 2003. Tra le opere su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994. Tra le pubblicazioni recenti: AA. VV., Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film omonimo). Ma cfr. anche le molte altre ottime pubblicazioni del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it)]
Felicia Bartolotta Impastato (Cinisi (Palermo) 1916-2004).
Felicia Bartolotta nasce in una famiglia di piccola borghesia con qualche appezzamento di terreno di proprieta', coltivato ad agrumi e ulivi. Il padre era impiegato al Municipio, la madre casalinga, come sara' anche Felicia.
Si sposa, nel 1947, con Luigi Impastato, di una famiglia di piccoli allevatori legati alla mafia del paese: "Io allora non ne capivo niente di mafia, altrimenti non avrei fatto questo passo" (cosi' racconta nella sua storia di vita pubblicata nel volume La mafia in casa mia, da cui sono tratte anche le citazioni successive). In effetti Felicia sceglie di sposarsi con Luigi per amore, dopo avere preso una decisione non usuale a quei tempi nelle famiglie come la sua. Era stata fidanzata con un uomo scelto dal padre, mentre lei avrebbe voluto un giovane di un altro paese che le piaceva di piu', ma non era benvoluto dalla sua famiglia. Ma poco prima del matrimonio, quando gia' era tutto pronto, disse al padre che non voleva piu' sposarsi e che non dovevano permettersi di prenderla con la forza (cioe', come si usava, non dovevano rapirla per la tradizionale fuitina).
Il 5 gennaio 1948 nasce Giuseppe; nel 1949 nasce Giovanni che morira' nel 1952; nel 1953 nasce il terzo figlio, anche lui Giovanni.
Luigi Impastato, durante il periodo fascista, aveva fatto tre anni di confino a Ustica, assieme ad altri mafiosi della zona, e durante la guerra aveva fatto il contrabbando di generi alimentari. Dopo non ebbe piu' problemi con la giustizia.
Uno dei suoi fratelli, soprannominato "Sputafuoco", era impiegato come gabelloto (affittuario) in un feudo. Il cognato di Luigi, Cesare Manzella, marito della sorella, era il capomafia del paese. Manzella muore nel 1963, ucciso assieme al suo campiere (guardia campestre) dall'esplosione di un'auto imbottita di tritolo, durante la guerra di mafia che vide contrapposte la cosca dei Greco, con cui era alleato, e quella dei La Barbera. La morte dello zio colpisce profondamente Peppino, che aveva quindici anni e da tempo aveva cominciato a riflettere su quanto gli dicevano il padre e lo zio. Felicia ricorda che le diceva: "Veramente delinquenti sono allora".
L'affiatamento con il marito dura molto poco. Lei stessa afferma: "Appena mi sono sposata ci fu l'inferno. Attaccava lite per tutto e non si doveva mai sapere quello che faceva, dove andava. Io gli dicevo: 'Stai attento, perche' gente dentro [casa] non ne voglio. Se mi porti qualcuno dentro, che so, un mafioso, un latitante, io me ne vado da mia madre'". Felicia non sopporta l'amicizia del marito con Gaetano Badalamenti, diventato capomafia di Cinisi dopo la morte di Manzella, e litiga con Luigi quando vuole portarla con se' in visita in casa dell'amico. Il contrasto con il marito si acuira' quando Peppino iniziera' la sua attivita' politica.
Per quindici anni, dall'inizio dell'attivita' di Peppino fino alla morte di Luigi, avvenuta otto mesi prima dell'assassinio del figlio, la vita di Felicia e' una continua lotta, che pero' non riesce a piegarla. In quegli anni non ha piu' soltanto il problema delle amicizie del marito. Ora c'e' da difendere il figlio che denuncia potenti locali e mafiosi e rompe con il padre, impegnandosi nell'attivita' politica in formazioni della sinistra assieme a un gruppo di giovani che saranno con lui fino all'ultimo giorno.
Felicia difende il figlio contro il marito che lo ha cacciato di casa, ma cerca anche di difendere Peppino da se stesso. Quando viene a sapere che Peppino ha scritto sul foglio ciclostilato "L'idea socialista" un articolo sulla mafia va in giro per il paese per raccogliere le copie e distruggerle. E quando l'attivita' politica di Peppino entra nel vivo, non ha il coraggio di andare ad ascoltare i suoi comizi, ma intuendo di cosa avrebbe parlato chiede ai suoi compagni di convincerlo a non parlare di mafia. E a lui: "Lasciali andare, questi disgraziati".
Morto il marito (in un incidente che puo' essere stato un omicidio camuffato), la cui presenza era in qualche modo una protezione per il figlio, Felicia intuisce che per Peppino sono aumentati i pericoli: "Guardavo mio figlio e dicevo: 'Figlio, chi sa come ti finisce'. Lo andai a trovare che era a letto, gli dissi: 'Giuseppe, figlio, io mi spavento'. E come apro quella stanza, che' ci si corica mia sorella la', io vedo mio figlio, quella visione mi e' rimasta in mente".
La mattina del 9 maggio 1978 viene trovato il corpo sbriciolato di Peppino. Felicia dopo alcuni giorni di smarrimento decide di costituirsi parte civile (allora era possibile chiederlo anche durante la fase istruttoria). Una decisione che nelle sue intenzioni doveva servire anche per proteggere Giovanni, il figlio che le era rimasto e che, al contrario, in questi anni si e' impegnato assieme alla moglie (anche lei Felicia), per avere giustizia per la morte di Peppino. Felicia ricorda: "Gli dissi: 'Tu non devi parlare. Fai parlare me, perche' io sono anziana, la madre, insomma non mi possono fare come possono fare a te'". Per questa decisione ha dovuto fare ancora una volta una scelta radicale, rompere con i parenti del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla giustizia, di non mettersi con i compagni di Peppino, con i soci del Centro siciliano di documentazione di Palermo, successivamente intitolato a Peppino, di non parlare con i giornalisti.
Al contrario, da allora Felicia ha aperto la sua casa a tutti coloro che volevano conoscere Peppino. Diceva: "Mi piace parlarci, perche' la cosa di mio figlio si allarga, capiscono che cosa significa la mafia. E ne vengono, e con tanto piacere per quelli che vengono! Loro si immaginano: 'Questa e' siciliana e tiene la bocca chiusa'. Invece no. Io devo difendere mio figlio, politicamente, lo devo difendere. Mio figlio non era un terrorista. Lottava per cose giuste e precise". Un figlio che: "... glielo diceva in faccia a suo padre: 'Mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto... Fanno abusi, si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro'... Si fece ammazzare per non sopportare tutto questo".
Le delusioni, quando sembrava che non si potesse ottenere nulla, e gli acciacchi di un'eta' che andava avanzando non l'hanno mai piegata. Al processo contro Badalamenti, venuto dopo 22 anni, con l'inchiesta chiusa e riaperta piu' volte grazie anche all'impegno di alcuni compagni di Peppino e del Centro a lui intitolato, con il dito puntato contro l'imputato e con voce ferma lo ha accusato di essere il mandante dell'assassinio.
Badalamenti e' stato condannato, come pure e' stato condannato il suo vice.
Entrambi sono morti, e Felicia, che aveva sempre detto di non volere vendetta ma giustizia, a chi le chiedeva se aveva perdonato rispondeva che delitti cosi' efferati non possono perdonarsi e che Badalamenti non doveva ritornare a Cinisi neppure da morto. E il giorno in cui i rappresentati della Commissione parlamentare antimafia le hanno consegnato la Relazione, in cui si dice a chiare lettere che carabinieri e magistrati avevano depistato le indagini, esprime la sua soddisfazione: "Avete risuscitato mio figlio".
Felicia ha accolto sempre con il suo sorriso tutti, in quella casa che soltanto negli ultimi tempi, dopo un film che ha fatto conoscere Peppino al grande pubblico, si riempiva, quasi ogni giorno, di tanti, giovani e meno giovani che desideravano incontrarla. Rendendola felice e facendole dimenticare i tanti anni in cui a trovarla andavamo in pochi e a starle vicino eravamo pochissimi. E ai giovani diceva: "Tenete alta la testa e la schiena dritta".
Bibliografia: Felicia Bartolotta Impastato (a cura di Anna Puglisi e Umberto Santino). La mafia in casa mia, Palermo, La Luna 2003; Commissione parlamentare antimafia, Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Roma, Editori Riuniti 2006; Anna Puglisi - Umberto Santino, Cara Felicia, Palermo, Centro Impastato 2005.
7. PROFILI. ANNA PUGLISI: SIMONA MAFAI
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]
Simona Mafai (Roma 1928 - vivente).
Simona e' la seconda delle tre figlie di due artisti, il pittore Mario Mafai e la pittrice e scultrice Antonietta Raphael. La fanciullezza sua e delle sue sorelle, Miriam e Giulia, risente quindi del clima culturale creato dalle frequentazioni dei genitori, ma anche di una qualche lontananza da loro, che, pur nel grande affetto per le figlie, non esitano a lasciarle alla cura della nonna paterna per seguire i loro interessi artistici.
La madre proveniva da una famiglia ebrea di Vilnius, in Lituania. Non era osservante, ma non rinunciava al rito del venerdi' sera (lo shabbath) e non ha fatto battezzare le figlie. Dopo la promulgazione delle leggi razziali le tre sorelle, che gia' erano considerate diverse dalle compagne perche' figlie di artisti, antifasciste ed ebree, subiranno l'allontanamento dalla scuola pubblica e Simona nel '38 si trova in una scuola privata, spaesata tra ragazzi ebrei, che scrivevano in ebraico e frequentavano la sinagoga.
Nell'estate del '39 la famiglia decide di trasferirsi a Genova, dove le sorelle Mafai possono frequentare la scuola pubblica: il loro e' un cognome "ariano", della madre non si sa che e' ebrea e riescono a eludere la richiesta di presentare il certificato di battesimo. Nel giugno del '40 l'Italia entra in guerra, cominciano i bombardamenti, le corse nei rifugi. Ma Simona ricorda anche che e' il periodo delle prime amicizie maschili, dei balli anche se in famiglia. E anche della presa di coscienza: c'erano dei prigionieri russi che venivano condotti a lavorare, sotto il controllo di soldati tedeschi, passando vicino alla loro casa. Simona e le sue sorelle un giorno decidono di comprare delle sigarette e al loro passaggio le lanciano tra i loro piedi. Simona commenta: "Era un atto di solidarieta' concreta e in un certo senso anche rischiosa, fatto in modo del tutto spontaneo da tre ragazze tra gli undici e quindici anni" (da Un lungo incantesimo, da cui sono tratte le altre citazioni).
Il 25 luglio '43 trova la famiglia ancora a Genova, ma il padre decide di tornare a Roma, dove, appena quattordicenne, Simona, pur non avendo ancora una vera e propria formazione politica, inizia il suo impegno, che non abbandonera' piu' anche se espresso in forme diverse. Bisognava distribuire "l'Unita'" clandestina, appiccicare sui muri adesivi su cui era scritto "Viva Lenin", lanciare volantini dal loggione di un teatro. Nell'autunno del '44 decide, assieme a Miriam e contro la volonta' del padre che per qualche tempo non volle parlare con loro, di andare a vivere in un appartamento affittato assieme ad altri compagni. Mentre si prepara per gli esami di riparazione e per l'ammissione al terzo liceo (ma decidera' che non e' necessario avere una laurea e abbandonera' gli studi), viene accettata come dattilografa presso la sede del Partito Comunista, dove le danno da copiare i Quaderni del carcere di Gramsci. Nel '46 ci sono le prime elezioni comunali, il Referendum, la Costituente e il sabato e la domenica Simona e' impegnata in riunioni e comizi (dove sempre parlava anche una donna) a Roma e nei paesi del Lazio e dell'Umbria. All'inizio del '48 viene mandata come responsabile femminile regionale in Veneto, dove partecipa alla campagna elettorale per il Fronte popolare, ma non e' piu' come prima, quando ogni comizio vedeva consensi e applausi. E poi in Veneto dominava la Democrazia Cristiana. Nel '50 a Roma, alla scuola di partito, incontra Pancrazio De Pasquale che, pur avendo soltanto 25 anni era gia' segretario del Partito Comunista di Palermo e si trovava a Roma perche' stava subendo un processo interno per una vicenda legata a dissensi sul modo di condurre la lotta per la terra. L'incontro con De Pasquale l'aiuta ad acquistare un punto di vista critico, a mettere un freno a una qualche "tendenza al fanatismo". Si sposano civilmente in Campidoglio il 3 gennaio 1952 e il rapporto intenso con il marito continuera' fino alla scomparsa improvvisa di lui nel 1992. Affrontano assieme momenti critici, come nel '56 in cui ci furono le rivelazioni di Krusciov su Stalin al XX Congresso del Partito comunista sovietico e l'invasione dell'Ungheria da parte dell'esercito sovietico. Hanno molti dubbi ma rimangono nel partito perche' "totalmente d'accordo con la linea politica generale".
Simona segue il marito in Sicilia, dove trova una "situazione molto piu' debole politicamente... ma non arretrata dal punto di vista del costume e in particolare del rapporto uomo-donna... Anche nelle zone di grande miseria e degrado sociale, le donne dimostravano vitalita' e capacita' di rivolta". Le figlie nascono a Messina, Raffaella nel '52 e Sabina nel '57. L'aiuta la suocera, ma Simona "cerca di far fronte a tutto". Era un madre severa ma ricorda: "La mia relativa severita' non mi ha mai impedito di esprimere anche fisicamente il mio affetto per loro: abbracci, baci, colazione tutti insieme...".
Dal '62 al '67 e' a Roma ed e' un periodo di relativo distacco dall'impegno nel partito: "Vedevo spesso mia madre, mio padre, le mie sorelle... Ho potuto assistere mio padre assieme alle mie sorelle e raccogliere le sue ultima parole".
Nel '67 la famiglia si trasferisce a Palermo, che diverra' la sua citta' e quella in cui si sposeranno le figlie. L'impegno politico diventa piu' pressante, per i movimenti studenteschi, il sostegno alle popolazioni colpite dal terremoto del gennaio '68, le lotte per le leggi sul divorzio e sull'aborto. Nel '76 viene eletta al Senato, dove rimarra' fino al '79. Simona ricorda che fu un periodo particolarmente pesante, per la situazione politica generale (era iniziato il terrorismo), ma anche dal punto di vista personale perche' "la famiglia era completamente disarticolata".
Nel 1980 viene eletta consigliera al Comune di Palermo, dove svolge un intenso lavoro come capogruppo: "Ero determinata a far diventare l'opposizione comunista al Comune un punto di riferimento chiaro nella lotta contro la mafia". E' la stagione in cui cadono uccisi dalla mafia tanti che le si sono opposti, tra cui il segretario regionale del Pci, Pio La Torre.
L'impegno di Simona contro la mafia, terminata l'esperienza al consiglio comunale nel '90 e lasciato il Partito Comunista, e' continuato come componente del direttivo dell'Associazione donne siciliane per la lotta contro la mafia, come fondatrice e collaboratrice della rivista "Mezzocielo", "un giornale rivolto a tutti, ma pensato e realizzato da donne", come attenta osservatrice della realta' politica italiana e animatrice di iniziative culturali e politiche. Di se' dice: "Per quanto mi riguarda quel che ho fatto ho fatto: qualcosa di buono, nulla di cattivo, molto di inutile. Guardo con attenzione e rispetto quello che fanno le altre/gli altri. Vorrei poterlo apprezzare e sostenere".
Bibliografia: Simona Mafai, Un lungo incantesimo. Storie private di una comunista raccontate a Giovanna Fiume, Palermo, Gelka Editori 1999.
8. PROFILI. LUCIA VANTINI. MARIA ZAMBRANO
[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it
Lucia Vantini, "docente di Filosofia della Conoscenza presso l'Issr di Verona. Attualmente e' dottoranda in Filosofia presso l'Universita' degli Studi di Verona e sta completando il primo ciclo di specializzazione in Teologia presso la Facolta' Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano. Ha pubblicato Maria, in Diotima, L'ombra della madre, Napoli, Liguori 2007 e La luce della perla. Maria Zambrano tra filosofia e teologia, Torino, Effata' 2008".
Maria Zambrano, insigne pensatrice spagnola (1904-1991), allieva di Ortega y Gasset, antifranchista, visse a lungo in esilio. Tra le sue opere tradotte in italiano cfr. almeno: Spagna: pensiero, poesia e una citta', Vallecchi, Firenze 1964; I sogni e il tempo, De Luca, Roma 1964; Chiari del bosco, Feltrinelli, Milano 1991; I beati, Feltrinelli, Milano 1992; La tomba di Antigone. Diotima di Mantinea, La Tartaruga, Milano 1995; Verso un sapere dell'anima, Cortina, Milano 1996; La confessione come genere letterario, Bruno Mondadori, Milano 1997; All'ombra del dio sconosciuto. Antigone, Eloisa, Diotima, Nuova Pratiche Editrice, Milano 1997; Seneca, Bruno Mondadori, Milano 1998; Filosofia e poesia, Pendragon, Bologna 1998. L'agonia dell'Europa, Marsilio, Venezia 1999. Dell'aurora, Marietti, Genova 2000; Delirio e destino, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Persona e democrazia. La storia sacrificale, Bruno Mondadori, Milano 2000; L' uomo e il divino, Edizioni Lavoro, Roma 2001; Le parole del ritorno, Citta' Nuova, Roma 2003. Opere su Maria Zambrano: un buon punto di partenza e' il volume monografico Maria Zambrano, pensatrice in esilio, "Aut aut" n. 279, maggio-giugno 1997, e il recente libro di Annarosa Buttarelli, Una filosofa innamorata. Maria Zambrano e i suoi insegnamenti, Bruno Mondadori, Milano 2004; ci permettiamo di segnalare anche, nel nostro stesso notiziario "La nonviolenza e' in cammino", i testi di Elena Laurenzi e di Donatella Di Cesare riprodotti nei nn. 752, 754 e 805, e "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 11, monografico su Maria Zambrano]
Maria Zambrano (Velez Malaga 1904 - Madrid 1991).
Maria Zambrano non avrebbe mai incoraggiato un'attenzione alla sua persona. Sperava che il suo nome non comparisse da nessuna parte: le interessava solo scrivere ed esistere per i suoi amici e "per coloro che si presentano con il cuore aperto". Eppure, davanti ai suoi testi cosi' traboccanti di sapienza, si ha la certezza che assecondare questa sua ritrosia sarebbe un grave torto per l'intera umanita'.
Maria Zambrano, nata da una famiglia di maestri nella terra assolata dell'Andalusia - terra di incrocio di ebrei, arabi, gitani - e' stata una filosofa nel senso piu' profondo del termine: era convinta che al mondo non avrebbe potuto fare altro che "vivere pensando" e, occorre aggiungere, "da donna", cioe' guardando le cose "attraverso l'anima".
Dal 1921 Maria Zambrano frequenta la facolta' di filosofia presso l'Universita' centrale di Madrid, e dal 1931 al 1936 vi lavora come assistente alla cattedra di metafisica. Il suo percorso viene segnato dalle lezioni di Zubiri, Garcia Morente e soprattutto di Ortega y Gasset, che sara' per lei un vero e proprio maestro, rispetto al quale riuscira' pero' a trovare, non senza qualche piccolo conflitto, un cammino totalmente personale: la filosofia non poteva essere ripetizione o imitazione, ma sempre interpretazione a partire dalla propria esperienza.
Fin dagli anni universitari intreccia filosofia e politica, pubblicando vari articoli in difesa della Repubblica, per scongiurare, e poi contrastare, la dittatura. Emblematicamente, il suo ultimo scritto, pubblicato nel novembre 1990, e' I pericoli per la pace, composto di fronte all'orrore della guerra nel Golfo Persico.
Perseguitata dal regime franchista, vive gran parte della sua vita in esilio: dal 1939, e per 45 lunghissimi anni, si sposta continuamente per vari Paesi. Nel 1936 si trova a Santiago del Cile, dopo il matrimonio con il diplomatico Alfonso Rodriguez Aldave (dal quale si separera' dieci anni dopo).
Solo nel 1984, finalmente, puo' tornare in Spagna. Non vuole un'accoglienza ufficiale, ma solo alcuni amici. L'esilio e' stato un dramma, segnato dall'apprensione affettiva e dalla precarieta' economica, ma anche un'esperienza di rivelazione che fara' per sempre parte di lei. Spogliata di tutto, dello spazio in cui abitare e del tempo della liberta', le appare di accedere alla rivelazione della vera fisionomia della natura umana: siamo tutti "nati a meta'", esseri incompiuti che non hanno mai finito di nascere. Eppure, nonostante la tragicita' del momento che assomigliava tanto ad una morte in vita, Zambrano trova in se' un'energia di resistenza: una certa "fame di nascere del tutto" continua a spingere la sua anima verso la speranza di una nuova rigenerazione.
Una volta a casa, la sua attivita' e' intensa, circondata da amici e collaboratori. Nel 1987, viene insignita del dottorato honoris causa dall'Universita' di Malaga e l'anno dopo le viene conferito il prestigioso premio Cervantes. Nel 1989, nasce a Velez Malaga la Fondazione che tutt'ora porta il suo nome. Due anni dopo, si spegne in un ospedale di Madrid. Per sua volonta', la lapide porta incisa una frase del Cantico dei Cantici, emblema di quella fiducia nelle rinascite che attraversa fin dall'inizio tutta la sua filosofia: "surge, amica mea, et veni".
Questa pensatrice poliedrica si e' ovviamente occupata di molti temi che, in sintesi, si potrebbero distribuire secondo tre direttrici: teoretica, religiosa e politica.
Maria Zambrano critica la filosofia contemporanea per il divorzio fra logica ed esistenza ed e' convinta che "ogni verita' pura, razionale e generale, deve sedurre la vita; deve farla innamorare": una filosofia sganciata dal mondo e' vuota, sterile e asfittica, mentre la vita, senza una parola che la rischiari, la potenzi, la innalzi o dichiari i suoi fallimenti, si disperde nel nonsenso e in ordini simbolici stranieri. Un pensiero cosi' incarnato arriva fino alle viscere e si snoda, senza dualismo, fra passivita' e attivita': mai immunizzato rispetto al mondo, da un lato si lascia ferire e modificare dalle realta' con cui entra in contatto, fossero anche le piu' piccole, e dall'altro, paradossalmente proprio attraverso quest'aderenza pensante, diviene attivo e crea uno squilibrio che scombina - ma anche polarizza in altro modo - la realta', offrendo imprevedibilmente aperture e squarci dapprima impossibili. La filosofia di Maria Zambrano vuole dunque essere poetica, pensiero che vive "secondo la carne" e non si stacca ne' dalle cose ne' dall'origine, e materna in quanto disponibile a rinunciare alla dialettica e all'astrazione per mantenersi aderente al concreto, accogliente e generante. Sara' questa ratio a condurre Zambrano sui sentieri del sacro, oscura e viscerale matrice della vita. Da un lato, il sacro affascina perche' puo' salvare, ma dall'altro terrorizza, perche' puo' distruggere. Cercando di gestire quest'inquietante ambiguita', la filosofia ha oscillato tra un atteggiamento di rimozione e uno sforzo di nominazione che lo rendesse divino, cioe' in qualche modo avvicinabile. Oggi, scrive Zambrano, l'Occidente non fa piu' questo lavoro di tessitura: gli uomini raccontano la loro storia, esaminano il loro presente e progettano il loro futuro senza tener conto di Dio o di qualunque forma di eccedenza. Tutt'al piu', mantengono un pallido ricordo del Dio cristiano, ma solo del suo lato potente e creatore e mai di quello oblativo che l'ha portato a donarsi loro in pasto. Pensando di poter assumere tale potenza, essi hanno rinnegato la propria creaturalita', per rifare il mondo a loro misura. Tuttavia, smettendo di essere figli hanno soffocato la propria umanita' e si sono votati ad un destino di distruzione, lasciando un'Europa violenta e agonizzante, che ha realizzato la democrazia solo a parole.
Maria Zambrano, allora, consegna all'Occidente un'eredita' impegnativa: realizzare un mondo effettivamente democratico, dove ciascuno e ciascuna possa essere persona, unica realta' che davvero conti, perche' solo nella persona "il futuro si fa strada". L'avvenire auspicabile dovra' essere una sinfonia, un'armonizzazione delle differenze che, per essere davvero incontrate e non malamente sopportate, domandano pieta', cioe' "sapienza di trattare con il diverso, con cio' che e' radicalmente altro da noi".
Quello che Maria Zambrano offre e' allora una filosofia della speranza: il sapere delle cose della vita e' stato per lei frutto di lunghi patimenti, ma fino alla fine e' rimasta certa che tale sapere "puo' - anzi dovrebbe - sgorgare dall'allegria e dalla felicita'".
Fonti, risorse bibliografiche, siti: S. Zucal, Maria Zambrano. Il dono della parola, Milano, Bruno Mondadori 2009. Sito della Fondazione di Velez-Malaga: www.fundacionmariazambrano.org; blog su Maria Zambrano (a cura di Floriana Porta): www.tuoblog.it/florianaporta
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 311 del 31 marzo 2011
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