Telegrammi. 499



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 499 del 19 marzo 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Fermare le stragi, fermare la guerra, accogliere i profughi, sostenere i movimenti popolari nonviolenti

2. Giovanni Russo Spena intervista Umberto Santino su "Antimafia sociale e antimafia mediatica"

3. Movimento Internazionale della Riconciliazione: Energia nucleare, una scelta immorale e senza futuro

4. Arsenico: una richiesta d'intervento al Presidente del Tribunale di Viterbo

5. Per sostenere il Movimento Nonviolento

6. "Azione nonviolenta"

7. Segnalazioni librarie

8. La "Carta" del Movimento Nonviolento

9. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. FERMARE LE STRAGI, FERMARE LA GUERRA, ACCOGLIERE I PROFUGHI, SOSTENERE I MOVIMENTI POPOLARI NONVIOLENTI

 

Riassumiamo i termini della questione.

Primo: in Tunisia prima e in Egitto poi un imponente movimento popolare di protesta sociale e politica con grandi manifestazioni pacifiche e disarmate costringe alle dimissioni i vertici di regimi autocratici e corrotti e promuove un cambiamento di assetti che puo' dar luogo a sviluppi democratici. Ed occorre lavorare perche' questo esito si dia.

Secondo: anche in altri paesi governati da oligarchie dispotiche e corrotte iniziano manifestazioni con caratteristiche analoghe, cui sta seguendo una spietata, sanguinaria repressione. Ed occorre mobilitarsi a livello internazionale come societa' civile e come istituzioni per far cessare le stragi, smilitarizzare i conflitti e sostenere le mobilitazioni nonviolente per la democrazia e i diritti umani.

Terzo: in Libia, dominata da un regime altrettanto dittatoriale, sembra essersi data una vera e propria insorgenza armata che nei primi giorni prende possesso di citta' ed aree di importanza strategica, e che ottiene vasti (ma prevalentemente anche tutt'altro che limpidi e disinteressati) sostegni a livello internazionale; ad essa il regime risponde con una violenta repressione attaccando militarmente le citta' e massacrando la popolazione civile, repressione che verosimilmente porterebbe in breve tempo alla sconfitta e allo sterminio degli insorti; nella cruenta escalation si e' giunti ormai al rischio che quel conflitto diventi, con l'intervento militare dei paesi colonialisti, imperialisti e razzisti, una vera e propria guerra di dimensioni internazionali non piu' circoscrivibili.

*

Cosa fare?

Occorre far cessare i massacri e disarmare i conflitti.

Occorre impedire ogni intervento armato delle potenze ex-coloniali ed imperialiste.

Occorre recare aiuti umanitari.

Occorre accogliere ed assistere tutti i profughi.

Occorre sostenere i movimenti nonviolenti di liberazione e per i diritti umani, ed in particolare i movimenti nonviolenti delle donne.

Occorre promuovere un'iniziativa negoziale per una soluzione politica della crisi fondata sul principio del rispetto del diritto internazionale e della promozione dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

*

Il regime di Gheddafi e' un regime criminale.

Il dominio delle potenze coloniali ed imperiali lo e' anch'esso.

No alla guerra nel Mediterraneo.

Ma anche: no alla guerra in Afghanistan.

Ed anche: no al colpo di stato razzista in Italia.

La giustizia si costruisce con la pace, il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti.

Il primo e basilare diritto umano e' il diritto di non essere uccisi.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. RIFLESSIONE. GIOVANNI RUSSO SPENA INTERVISTA UMBERTO SANTINO SU "ANTIMAFIA SOCIALE E ANTIMAFIA MEDIATICA"

[Dal sito del Centro Impastato di Palermo (per contatti: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito:  www.centroimpastato.it) riprendiamo la seguente intervista di Giovanni Russo Spena a Umberto Santino per la rivista "Su la testa" dal titolo "Antimafia sociale e antimafia mediatica".

Giovanni Russo Spena, militante politico, giurista, gia' parlamentare, e' impegnato nella sinistra e nei movimenti per i diritti. Tra le opere di Giovanni Russo Spena: Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001.

Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010.

Il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) e' un centro di ricerca e di promozione di iniziative tra i piu' accreditati in campo internazionale, particolarmente specializzato su mafia e poteri criminali. Operante dal 1977, e' stato successivamente intitolato a Giuseppe Impastato, militante della nuova sinistra assassinato dalla mafia nel 1978. Invitiamo caldamente i nostri lettori a visitare il sito del Centro Impastato, una vera miniera di documentazione e di risorse, e uno strumento di lavoro fondamentale]

 

Ritengo molto importante, proseguendo il ragionamento del numero scorso della rivista su l'"economia criminale", confrontarsi con Umberto Santino, che ritengo lo studioso piu' rigoroso e coerente, anche sul piano comportamentale. Ha elaborato, tra l'altro, il concetto di "borghesia mafiosa", che, per me, impegnato sul terreno dell'antimafia sociale, e' un paradigma interpretativo ineludibile. Il suo ultimo, importante, lavoro Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile (Editori Riuniti University Press) promuove mille riflessioni, utilissime per il radicamento del movimento contro l'economia criminale. Partendo dal testo, ho posto a Santino tre domande.

*

- Giovanni Russo Spena: Sono, come te, indignato ed addolorato per le affermazioni di Saviano che, scrivendo del delitto politico-mafioso del "nostro" Peppino Impastato, disconosce il lavoro straordinario (e spesso isolato) del fratello Giovanni, di mamma Felicia, del Centro fondato da te e da Anna Puglisi e di non molti compagni perche' si accertasse la verita', occultata dal depistaggio di Stato. La mistificazione dell'icona Saviano ci parla della emarginazione dell'antimafia scientifica e sociale rispetto a quella mediatica e plebiscitaria? Vi e' anche qui, come nel sistema politico, una voluta emarginazione delle idee e dei progetti piu' radicali, spesso perpetrata da giornalisti liberaldemocratici?

- Umberto Santino: Mi pare che le cose parlino da se'. Il silenzio della stampa, con pochissime eccezioni, della radio, tolte alcune radio libere, e della televisione sulla nostra richiesta che venga rispettata la verita' storica sull'assassinio di Peppino e sul lavoro quotidiano che abbiamo svolto, spesso in pieno isolamento, per salvarne la memoria e per ottenere giustizia, indica che non c'e' spazio per chi si permette di criticare il mito che si e' creato intorno al personaggio Saviano. Non dimentico che Saviano ha ricevuto minacce, e gli abbiamo espresso la nostra solidarieta', ma questo non vuol dire che tutto quello che dice e scrive debba essere preso come oro colato e che se si fanno delle critiche si e' complici di chi lo vorrebbe morto. Tu parli dei giornalisti "liberaldemocratici", ma Gomorra e il personaggio che si e' creato dopo il successo sono piaciuti anche, o soprattutto, "a sinistra" e agli opinionisti "democratici" che si sono levati contro la profanazione operata dalla critica, per tanti versi condivisibile, di Dal Lago. Ora si tace sulla nostra iniziativa e in prima linea, nella strategia del silenzio, ci sono "la Repubblica" che vorrebbe Saviano a Palazzo Chigi, possibilmente in tandem con Vendola, "l'Unita'", "il manifesto", "Il fatto quotidiano". E ovviamente la Rai, compresa Rai 3. L'Italia e' un Paese in cui il conformismo e' pane quotidiano e questo vale pure per l'opposizione. Continueremo la nostra battaglia ma la considero persa in partenza perche', nonostante le manifestazioni di solidarieta', si e' fatto di tutto per ignorarla e isolarla. L'isolamento c'e' stato anche prima, sia nella lotta per avere giustizia per Peppino, sia nel lavoro del Centro. E in buona parte e' venuto da "sinistra". "Il manifesto" (ricordo un trafiletto sulla morte di Peppino, firmato da un certo Gianni Riotta) e' stato una porta chiusa, tolto qualche piccolo spiraglio. Ma ricordo che anche "Liberazione" dedico' un servizio sui 30 anni del Centro in cui c'erano molte inesattezze, a cominciare dalla sede del Centro (che e' stata sempre a Palermo mentre si dava a Cinisi). Ho chiesto invano un errata corrige e ho dovuto fare un inserto pubblicitario a pagamento. Ho collaborato con le riviste, da "Marx 101" a "Alternative", ma a un certo punto nessuno si e' fatto piu' vivo. Con i processi e le condanne dei mandanti dell'assassinio di Peppino, con la relazione sul depistaggio delle indagini del Comitato sul "caso Impastato" costituitosi presso la Commissione parlamentare antimafia e da te presieduto, anche con il film, che pure da' di Peppino un'immagine riduttiva, giovanilistica e con inclinazioni a piazzate notturne improbabili come la scena dei cento passi che ormai, anche con la canzone dei Modena City Ramblers, e' diventata icona e colonna sonora di un Peppino piu' immaginario che reale, sembrava si fossero aperti dei varchi. Dopo il successo del film si sono creati associazioni e comitati intitolati a Peppino ma pochissimi hanno un rapporto con il Centro. Poi e' venuto il riconoscimento, da parte di qualche magistrato, penso in particolare al procuratore nazionale Piero Grasso, che la mia analisi sulla borghesia mafiosa, per anni e da tanti considerata veteromarxista e scambiata per una criminalizzazione generalizzata, coglieva nel segno, per l'emergere sempre piu' evidente del coinvolgimento dei soggetti (professionisti, imprenditori, rappresentanti della pubblica amministrazione, della politica e delle istituzioni) che formano il soggetto dominante del sistema relazionale senza di cui Cosa nostra sarebbe soltanto uno sparuto mucchio selvaggio incapace di avere un ruolo effettivo nel contesto sociale. Ma in realta' il nostro lavoro non ha trovato ne' collaborazioni per le nostre ricerche ne' alleati nella nostra battaglia per ottenere una regolazione dell'erogazione dei fondi pubblici con criteri oggettivi. Gli altri Centri hanno continuato a fruire dei soldi pubblici con leggine-fotografie ottenute con metodi personalistici e clientelari. E anche la mia "avventura" nella Commissione parlamentare antimafia e' stata disastrosa. Dopo la collaborazione con il Comitato sul "caso Impastato", sono stato nominato consulente della Commissione ma senza un ruolo effettivo e a un certo punto ho dato le dimissioni. Non c'e' stato nessun rapporto con il Centro neppure quando presidente della Commissione era Forgione.

Abbiamo continuato il nostro lavoro ma e' stato ed e' in salita. La letteratura sulla mafia e' fatta soprattutto di testi che rispondono a esigenze commerciali (come le biografie dei padrini), i titoli scientifici sono pochi e in gran parte circolano su circuiti editoriali secondari e non suscitano l'attenzione della stampa, tolta qualche testata. E' il caso dei nostri libri sull'omicidio (La violenza programmata), sulle attivita' economiche (L'impresa mafiosa), anche della Storia del movimento antimafia, di cui ora e' uscita una nuova edizione, in cui ho cercato di coniugare scientificita' e leggibilita'. Anche un libro con intenti divulgativi, come la mia Breve storia della mafia e dell'antimafia, circola in poche copie. Anche l'Agenda dell'antimafia, che avevamo proposto a Libera e facciamo dal 2007, non ha una diffusione adeguata. C'e' una sorta di monopolio, nel caso di Saviano, o di oligopolio, se ci si mettono dentro altri nomi, noti grazie alle loro appartenenze accademiche o mediatiche. Al di fuori di questo bacino chiuso si naviga con barchette. E' mancato, da parte degli istituti universitari e dei Centri che godono di finanziamenti pubblici, un vero e proprio progetto di ricerca, se qualcosa si e' fatto e' frutto di impegni individuali. Il Centro ci ha provato con il progetto "Mafia e societa'", in buona parte realizzato, ma con risorse adeguate avremmo potuto fare molto di piu'.

*

- Giovanni Russo Spena: Le analisi del tuo ultimo libro, la Storia del movimento antimafia, individuano tre fasi dell'antimafia: la prima fase va dai Fasci Siciliani (1891/1894) al secondo dopoguerra. La seconda abbraccia gli anni Sessanta e Settanta: fu animata soprattutto dai gruppi della nuova sinistra; tu scrivi (e sono d'accordo, per averli vissuti) che puo' essere definito un periodo di transizione, per i mutamenti sia nella composizione di classe che nella stessa mafia, "con il recupero di una dimensione classista, operato da minoranze che dimostrano una notevole lucidita' di analisi sugli sviluppi del fenomeno mafioso" (basti pensare alla militanza di Peppino Impastato, sessantottino e comunista). La terza fase, scrivi, e' aclassista, esalta l'impegno "civile". Ci parli di questa "ambiguita'": si difende lo Stato ed il sistema, ponendo, pero', la questione dell'espulsione del potere criminale dallo Stato?

- Umberto Santino: Ho voluto ricostruire la storia delle lotte sociali contro la mafia per reagire allo stereotipo secondo cui la lotta contro la mafia era cominciata solo negli ultimi anni. La smemoratezza delle lotte passate era il segno piu' evidente della crisi di identita' delle forze politiche che le avevano organizzate, con un Partito socialista, che aveva dato il maggiore contributo di sangue, ormai diventato una macchina clientelare, fino all'uso sistematico della corruzione non solo a Milano, e un Partito comunista sempre piu' dedito ai cedimenti e ai compromessi. Fino ad oggi le lotte contadine, che sono state uno dei movimenti di massa piu' grandi d'Europa, sono l'esempio piu' significativo di antimafia sociale, perche' univano la lotta contro la mafia e i proprietari terrieri a un progetto di soddisfacimento dei bisogni e di partecipazione democratica. Dopo la fase intermedia, degli anni '60 e '70 (in cui la lotta e' affidata a minoranze, che pure ha dato frutti significativi come le attivita' di Danilo Dolci, le analisi del Manifesto siciliano sulla borghesia capitalistico-mafiosa e la proposta di espropriare la proprieta' mafiosa, piu' di dieci anni prima della legge antimafia del 1982, l'esperienza di Peppino Impastato), si e' sviluppata la fase contemporanea, in cui al centro c'e' l'associazionismo "civile", con iniziative in gran parte precarie e solo alcune (scuola, antiracket, uso sociale dei beni confiscati) continuative. Il limite dell'antimafia attuale e' il limite dei movimenti del nostro tempo, che hanno come caratteristiche la precarieta' e la monotematicita', come hanno evidenziato i teorici dell'azione sociale.

Il problema che dobbiamo porci e' che le forme tradizionali della politica e della mobilitazione sociale (partiti e sindacati), nate nel XIX secolo e sviluppatesi nella prima meta' del XX secolo, sono in crisi perche' le loro basi sociali sono sparite (i contadini) o in via di sparizione o di assottigliamento (gli operai delle grandi fabbriche). Oggi le figure dominanti sono i disoccupati, i precari, le figure sparse e frammentarie di un mercato del lavoro soggetto al ricatto delle delocalizzazioni nei Paesi in cui la forza lavoro costa poco e non ha diritti (ed e' significativo che questi sono i Paesi del cosiddetto socialismo reale, i cui esiti, dopo un avvio nutrito di attese e di speranze, ma anche con qualche risultato concreto, sono stati fallimentari da ogni punto di vista). Nel movimento antimafia attuale sono presenti insegnanti, studenti, commercianti, alcuni imprenditori, i giovani disoccupati delle cooperative che lavorano sulle terre confiscate. Sono minoranze. La strada dell'antimafia sociale e' piu' un'aspirazione che una realta'. Per imboccarla e per coinvolgere gli strati popolari bisogna legare l'antimafia alla lotta per l'occupazione, per l'uso razionale delle risorse sottraendole ai reticoli clientelari, per la partecipazione non intesa soltanto come liturgia delle elezioni e delle primarie. Tutto questo richiede un progetto che dovrebbe essere al centro di una ridefinizione dell'identita' della sinistra che francamente non vedo neppure embrionalmente. Si e' sinistra non perche' si agitano le bandiere rosse e si e' fedeli ai simboli tradizionali ma perche' si rappresentano interessi diffusi e si costruiscono progetti di reale alternativa.

Parli di ambiguita'; il movimento antimafia attuale cerca di coniugare la difesa delle istituzioni, almeno di una parte di esse (la Costituzione, i magistrati impegnati, la legislazione antimafia) con la decriminalizzazione del potere, ma questa e' la sfida non solo dell'antimafia ma di ogni movimento democratico e anche dei partiti di sinistra, una volta accettato il metodo democratico e abbandonata la prospettiva di un rovesciamento rivoluzionario. Ed e' la sfida dei nostri giorni, soprattutto in Italia, con un berlusconismo che e' al di fuori della Costituzione, con l'uso delle leggi ad personam che violano principi costituzionali fondamentali come l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. In ogni caso, anche se si nutrono propositi antisistemici, la difesa di questi principi e' un terreno irrinunciabile e diventa sempre piu' difficile, tenendo conto della fragilita' della cultura democratica nel nostro Paese. Berlusconi con le sue pulsioni autoritarie gode di un largo consenso elettorale, poiche' buona parte degli italiani si riconosce nell'uomo di successo, non importa come conseguito, e nel trasgressore impunito. E ha imposto anche le modalita' dell'agire politico, con la spettacolarizzazione del gesto e del messaggio e la personalizzazione. Anche Vendola scrive il suo nome sulle bandiere e sul simbolo di partito. La decriminalizzazione non e' una battaglia di retroguardia. Dopo i grandi delitti e le stragi sono venuti gli arresti, i processi e le condanne, ma il modello mafioso di accumulazione e di potere, che usa l'illegalita' come risorsa, e' ampiamente penetrato nel corpo dello Stato, dando vita a interazioni sistemiche che non sara' facile interrompere ed estirpare.

*

- Giovanni Russo Spena: Tu combatti giustamente e con vigore gli stereotipi piu' diffusi:la "mafia come emergenza" e la "mafia come antistato". La mafia non e' un gruppo di terroristi; non e' solo una fabbrica di omicidi. La mafia non e' "antistato": il suo rapporto con le istituzioni e' complesso. La mafia "contratta" con le istituzioni; e' "soggetto politico". La mafia e' fuori e contro lo Stato distinguendosi da esso perche' ha un suo autonomo codice di giustizia; ma e' anche dentro e con lo Stato. L'intreccio tra soggetti illegali e legali compone la "borghesia mafiosa". Bisogna sconfiggere anche lo stereotipo che tende a dilatare i fenomeni mafiosi trasformando la mafia in una "piovra globale": se tutto e' mafia nulla e' mafia. Non vi e' mafia se non vi e' processo di accumulazione, di valorizzazione dei capitali attraverso l'interazione tra comando militare, politica, amministrazione, finanza. E' mia convinzione, di conseguenza, che stiamo vivendo un paradosso e una colossale mistificazione propagandistica: il governo Berlusconi millanta che sta sconfiggendo la mafia perche' magistratura e polizie arrestano un po' di latitanti (gia' sostituiti nella gerarchia del potere mafioso). Nello stesso tempo, attraverso condoni, scudi fiscali, leggi che rendono piu' difficili le indagini giudiziarie, alimenta la crescita e i capitali della "borghesia mafiosa". Non ritieni che la tua "storia del movimento antimafia" sia anche, in questo contesto, una attualissima "storia contro gli stereotipi"?

- Umberto Santino: Lo e' e vuole esserlo, ma gli stereotipi sono facili da smontare sulla carta ma e' difficile sradicarli dalla testa della "gente", dai media e dalle opzioni dello stesso "legislatore". Tutta la legislazione antimafia del nostro Paese e' legata allo stereotipo dell'emergenza. Se non ci fosse stato il delitto Dalla Chiesa non ci sarebbero stati la legge antimafia e il maxiprocesso, se non ci fosse stato l'assassinio di Libero Grassi non ci sarebbero le norme antiracket, se non ci fossero state le uccisioni di Falcone e Borsellino non ci sarebbe stata la legislazione successiva.

Emergenza, antistato, la mafia prima d'onore e poi disonorevole, la piovra: questo e' il linguaggio quotidiano imposto dai media, dai libri alla televisione, al cinema, con cui combattiamo ad armi impari. Come raggiungere i milioni di spettatori del film "Il padrino" o dello sceneggiato "La Piovra" e convincerli che la mafia tradizionale che aveva il senso dell'onore non e' mai esistita e che non esiste una mafia planetaria ma vari gruppi mafiosi e che la lotta contro di essi non puo' essere affidata a un singolo eroe?

Dai primi anni '80 lavoriamo nelle scuole e ci accorgiamo che il nostro discorso cozza contro un immaginario collettivo condiviso dagli insegnanti e dagli studenti, anche quando sembra che accolgano le nostre analisi e le nostre proposte. In uno degli istituti piu' impegnati in iniziative antimafia e' bastato vedere lo sceneggiato televisivo "Il capo dei capi" perche' tutti i ragazzi nei loro giochi volessero fare il capo e nessuno lo "sbirro". L'agenda dell'antimafia 2011 e' dedicata alle scuole e raccoglie disegni e testi di scolari, ma poi le insegnanti che ci hanno aiutato a farla avallano, consapevolmente o meno, pubblicazioni che sono l'antitesi di quello che e' detto nell'agenda.

Vorrei approfondire alcuni dei punti che richiami. La mafia come soggetto politico e' l'ipotesi a cui ho lavorato per superare l'impasse in cui si trova il problema del rapporti mafia-politica. Se ne parla come di una relazione di qualcuno (un mafioso) con qualcuno (un uomo politico, un rappresentante delle istituzioni). Tutto qui. Basta mettere in carcere il mafioso e sostituire quel politico e il problema e' risolto. La politicita' del fenomeno mafioso e' qualcos'altro. E per definirla ho utilizzato gli strumenti dell'analisi marxista e quella di altri autori, a cominciare da Weber (e' mia profonda convinzione che il pensiero critico se vuole attualizzarsi deve passare dal sistema tolemaico a quello copernicano e tener conto delle acquisizioni piu' recenti).

La mafia e' soggetto politico in proprio, in quanto ha un'organizzazione, un insieme di regole che fa valere su un territorio applicando sanzioni a chi le trasgredisce. Per un altro verso interagisce con le istituzioni, controllando il voto per la formazione delle rappresentanze, intervenendo nel processo decisionale, accaparrandosi quote di denaro pubblico. E' un rapporto duale, con un piede fuori (poiche' ha una sua giustizia e non riconosce il monopolio statale della forza) e un piede dentro per tutto il resto. Anche lo Stato e' duale, colpendo i crimini mafiosi piu' eclatanti, ma legittimando la violenza mafiosa attraverso l'impunita' quando essa e' funzionale agli assetti di potere. E questo vale dalla repressione delle lotte contadine fino ai delitti politico-mafiosi piu' recenti e alle "trattative", per cui restano oscuri i mandanti e non si riesce a ricostruire la verita'. A ogni passo sulla strada della verita' vengono fuori i servizi segreti che piu' che "deviati" sono programmati a tutela di interessi e centri di potere. Ricorderai che nel mio intervento introduttivo al volume Anatomia di un depistaggio, in cui e' stata pubblicata la relazione presentata da te sul "caso Impastato", proponevo che quel lavoro continuasse per le stragi, a partire da Portella della Ginestra, e non e' un caso che quella proposta sia caduta nel vuoto. L'Italia e' un Paese senza memoria e senza verita'. E una verita' che si vuole sotterrare e' che il rapporto mafia-politica non e' episodico o marginale ma e' parte significativa di una morfologia del potere cosi' come si e' concretamente configurato nella storia del nostro Paese.

Un altro tema su cui fare chiarezza e' il rapporto tra mafia e capitalismo. Sono contrario alle criminalizzazioni in blocco. Nella mia analisi ho individuato tre fasi: nella transizione dal feudalesimo al capitalismo si formano organizzazioni di tipo mafioso dove non riesce ad affermarsi il monopolio statale della forza e vige un duopolio o un oligopolio della violenza; nel capitalismo maturo si formano mafie in presenza di determinate condizioni, come i proibizionismi (dell'alcol, delle droghe, dell'immigrazione) che generano mercati neri gestiti da soggetti illegali; nella globalizzazione proliferano le organizzazioni mafiose per gli effetti criminogeni derivanti dall'aumento degli squilibri territoriali e dei divari sociali e dai processi di finanziarizzazione dell'economia che rendono difficile la distinzione tra capitali legali e illegali. Ma bisogna dire che anche il "socialismo reale" ha funzionato da incubatore di mafie come nel caso della Russia, dove attualmente l'unica borghesia consistente e' quella mafiosa e lo Stato introietta modelli mafiosi, a cominciare dall'eliminazione fisica delle voci fuori dal coro. La consonanza tra Putin e Berlusconi si nutre di interessi ma pure di affinita' culturali.

Berlusconi e Maroni si appropriano di meriti, come gli arresti e le condanne di capi e gregari, che sono opera delle forze dell'ordine, a cui lesinano i mezzi, e della magistratura, attaccata quando condanna Dell'Utri e indaga sul capo del governo. Rispetto alla Democrazia cristiana che era il partito della mediazione con tutti i poteri reali, compresa la mafia, il berlusconismo fa proprio il modello mafioso dell'accumulazione e del potere, con pratiche sistemiche di legalizzazione dell'illegalita'. Ma, lo ripeto, il problema e' il consenso di cui gode, frutto dell'identificazione di gran parte degli italiani con quel modello (l'Italia ha un tasso di evasione fiscale tra i piu' alti del pianeta) e dell'incapacita' dell'opposizione di costruire un'alternativa credibile. Se non saremo in grado di costruirla l'Italia sara' sempre di piu' preda delle borghesie piu' o meno mafiose. Una volta si diceva: socialismo o barbarie, la barbarie c'e', il socialismo non si vede.

Vorrei dire qualche parola sulle prospettive del Centro. Da anni proponiamo la costituzione a Palermo di un Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia, che sia insieme percorso museale, biblioteca, videoteca, istituto di ricerca, luogo di incontro e socializzazione. Vorremmo non solo affidare i materiali del Centro ma prefigurare una continuita' del lavoro. Non so se riusciremo a realizzarlo. Un'altra sfida dal risultato incerto...

 

3. DOCUMENTAZIONE. MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE: ENERGIA NUCLEARE, UNA SCELTA IMMORALE E SENZA FUTURO

[Proponiamo il seguente opuscolo del Mir - Movimento Internazionale della Riconciliazione (per contatti: www.miritalia.org), prima edizione dicembre 2010, revisione di marzo 2011. Hanno collaborato alla stesura: Luciano Benini, fisico (per contatti: luciano.benini at tin.it), e Alessandro Colantonio, ingegnere (per contatti: alex.colantonio at tiscali.it)]

 

Introduzione

Gia' contrario alle armi nucleari, all'inizio degli anni '70 il M.I.R., Movimento Internazionale della Riconciliazione, e' stato il primo movimento in Italia a schierarsi contro il nucleare civile e a favore del risparmio energetico, dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Grazie a numerose iniziative e lotte nonviolente contro le centrali nucleari, si e' giunti al referendum del 1987 nel quale oltre l'80% degli italiani ha deciso l'uscita dal nucleare. Ora pero' il governo Berlusconi ha deciso di riaprire al nucleare proprio quando in tutto il mondo si sta andando nella direzione opposta. Per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare questo opuscolo per informare i cittadini sulle tante bugie che si raccontano: perche' e' solo essendo informati che si puo' scegliere consapevolmente il nostro futuro.

*

Il nucleare oggi

Oggi nel mondo esistono circa 440 centrali nucleari funzionanti le quali coprono circa il 13.8% dei consumi di energia elettrica mondiale: poiche' pero' l'energia elettrica rappresenta meno del 20% dell'energia totale consumata, se ne deduce che l'energia nucleare copre meno del 3% dei consumi energetici mondiali. La maggior parte delle centrali nucleari si trova nei paesi che sono anche detentori di bombe nucleari: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina, a conferma dello stretto legame fra nucleare civile e nucleare militare. Molti dei paesi che non hanno bombe nucleari hanno deciso di chiudere la fallimentare esperienza delle centrali nucleari: il Belgio lo ha fatto nel 1996, la Germania lo ha deciso nel 2000, entro il 2011 abbandonera' il nucleare la Svezia. In Spagna entro il 2014 tutte le 7 centrali nucleari funzionanti chiuderanno.

*

Le scorie radioattive

A tutt'oggi non esiste una soluzione definitiva al problema delle scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari. Poiche' rimangono radioattive per decine di migliaia di anni, non solo occorre trovare un luogo geologicamente sicuro dove depositarle per un tempo cosi' lungo, ma occorre anche militarizzare il territorio circostante per impedirne il furto a scopi terroristici.

*

La sicurezza delle centrali nucleari

Le centrali nucleari cosiddette sicure, quelle di quarta generazione, semplicemente non esistono ne' si vedono all'orizzonte. E poiche' l'Uranio, ai ritmi attuali di consumo, si esaurira' nel giro di pochi decenni, si puo' star certi che non saranno mai costruite. Poiche' i principi fisici che stanno alla base del funzionamento di una centrale nucleare non cambiano, e al massimo si e' riusciti a migliorare qualche aspetto ingegneristico, le centrali che l'Italia vorrebbe acquistare dalla Francia (di tipo EPR) non saranno intrinsecamente esenti da rischi di incidenti anche gravi.

Ogni anno avvengono più di 100 incidenti nucleari lievi o medi, ma non si puo' escludere l'incidente potenzialmente catastrofico, come quello del 1979 negli Stati Uniti a Three Miles Island, o quello catastrofico, come quello del 1986 a Chernobyl, che ha causato molte migliaia di morti. Entrambi questi incidenti erano considerati "impossibili" negli scenari previsti dagli "esperti" del nucleare. Sono poi sempre possibili errori umani, atti di sabotaggio e catastrofi naturali (terremoti, alluvioni ecc.) che hanno portato ad avere fino ad oggi almeno 5.000 incidenti in impianti nucleari.

Non e' un caso che nessuna compagnia al mondo e' disponibile ad assicurare una centrale nucleare dai rischi di incidente, perche' l'entita' e la potenziale durata dei rischi e' altissima.

*

Centrali nucleari e salute

Nella normale vita di una centrale nucleare vi sono continui rilasci di materiale radioattivo, sia in forma solida che liquida che gassosa. Poiche' le radiazioni ionizzanti producono tumori in percentuale tanto maggiore quanto maggiore e' la dose assorbita dalla popolazione, e non vi e' una soglia minima sotto la quale non ci siano effetti sanitari, anche in condizioni di esercizio "normale" di una centrale vi sono rischi potenziali di tumori per la popolazione che vive in un raggio di qualche decina di chilometri da una centrale nucleare. Studi internazionali riportati in riviste scientifiche indipendenti stimano che le leucemie infantili raddoppino per la popolazione che si trova in un raggio di 5 chilometri da una centrale nucleare. In Francia a tutte le persone che abitano entro un raggio di 10 chilometri da una centrale nucleare vengono distribuite pillole di iodio da utilizzare per contrastare gli effetti sanitari della radioattivita'. Ma i rischi per la salute cominciano gia' al momento dell'estrazione dell'Uranio quando occorre macinare, centrifugare e lavare migliaia di tonnellate di rocce. Durante questo processo altamente energivoro non solo si emettono grandi quantita' di fumi e di CO2, ma anche di polveri radioattive, le quali vengono inalate dai lavoratori con gravissimi rischi per la loro salute. Inoltre queste polveri radioattive vengono trasportate dal vento e si depositano sui terreni coltivabili, contaminandoli.

*

Siamo circondati da centrali nucleari di altri paesi?

Nessuna centrale nucleare di Francia, Svizzera e Slovenia si trova a meno di 100 chilometri dall'estremo confine Nord dell'Italia: pertanto non vi e' alcun rischio di contaminazione radioattiva per l'Italia durante il normale funzionamento di queste centrali. In caso di incidente nucleare, e' radicalmente diverso trovarsi a 10 o a 100 chilometri dal disastro, in quanto la concentrazione radioattiva della nube diminuisce con il cubo della distanza, il che significa che a 100 chilometri di distanza sarebbe un milione di volte meno intensa che a 1 chilometro dalla centrale. Se avvenisse un incidente nucleare grave, come quello di Chernobyl, in un paese confinante con l'Italia, per migliaia di anni una vasta area di diversi chilometri attorno alla centrale dovrebbe essere interdetta alla popolazione, ma tale area resterebbe tutta nel territorio di quel paese e non interesserebbe per nulla l'Italia.

*

Siamo costretti ad importare energia elettrica dalla Francia perche' l'Italia non ne produce abbastanza?

L'Italia non ha nessun deficit di energia elettrica, avendo una potenza installata che eccede ampiamente la richiesta di consumo (oltre 90 mila megawatt contro un fabbisogno di poco piu' di 50 mila megawatt). L'Italia importa energia elettrica soprattutto di notte, quando i fabbisogni sono minimi, perche' la Francia avendo centrali nucleari (che notoriamente non sopportano spegnimenti e avviamenti ripetuti) la svende sottocosto: per l'Enel e' dunque piu' conveniente acquistarla che produrla con le proprie centrali.

*

Un albero cade in Svizzera e l'Italia resta al buio

Nella notte di domenica 28 settembre 2003 in Svizzera un albero cade sulla linea ad alta tensione che attraversa il Lucomagno: in breve buona parte dell'Italia resta al buio senza corrente elettrica. I fautori del nucleare subito vanno in televisione a dire che cio' e' dovuto alla carenza di energia elettrica che c'e' in Italia, e che la soluzione sono le centrali nucleari. Questa colossale bugia e' presto scoperta: e' noto che i momenti di minor consumo di energia elettrica sono di notte rispetto al giorno, nei giorni festivi rispetto ai feriali, e nelle mezze stagioni rispetto all'inverno dove sono accesi molti apparecchi elettrici per riscaldamento e d'estate dove sono accesi molti condizionatori elettrici: dunque nella notte di domenica 28 settembre 2003 i consumi elettrici in Italia erano minimi, e il blackout non fu dovuto alla carenza di energia elettrica ma, come un mese piu' tardi fu scritto in un rapporto dell'Unione per il coordinamento europeo del trasporto di energia elettrica, alle carenze di interconnessione della rete elettrica europea e in particolare italiana. In un secondo rapporto, voluto dal Ministero italiano delle Attivita' Produttive, si e' pure puntato il dito contro i gestori di rete italiani, rei di alcuni errori e manchevolezze.

*

Le tariffe elettriche francesi sono piu' basse di quelle italiane perche' la Francia ha le centrali nucleari?

La privatizzazione dell'industria elettrica ha portato in Italia ad un aumento delle tariffe, mentre il sistema elettrico francese e' largamente pubblico e ha mantenuto tariffe piu' basse (finche' anche l'Enel era pubblica le tariffe in Italia erano simili a quelle della Francia). Dunque le centrali nucleari non c'entrano nulla col costo delle tariffe.

*

Lo stretto legame fra nucleare civile e nucleare militare

Negato per decenni, oggi e' chiaro a tutti che esiste uno stretto legame fra centrali nucleari e proliferazione degli armamenti nucleari. Il 7 giugno 1981 alcuni cacciabombardieri israeliani si alzarono in volo e andarono a bombardare la costruenda centrale nucleare irakena di Osirak, per impedire che Saddam Hussein si dotasse di bombe nucleari. Gia' allora, dunque, era chiaro lo stretto legame fra nucleare civile e militare, ma oggi le vicende di Corea del Nord ed Iran hanno aperto a tutti gli occhi sul fatto che le centrali nucleari sono il cavallo di Troia per arrivare alle bombe.

*

Centrali nucleari e terrorismo

Concentrare la produzione di energia in pochi luoghi ad elevatissimo rischio comporta pericoli gravissimi anche dal punto di vista di attentati terroristici. Colpire una centrale nucleare vuol dire non solo rischiare di causare un incidente nucleare catastrofico, ma anche togliere l'energia a centinaia di migliaia di persone. L'energia va prodotta decentrandola il piu' possibile, non concentrandola in pochi siti vulnerabili, altrimenti occorre militarizzare il territorio: ne va di mezzo anche il concetto stesso di democrazia.

Il rischio di terrorismo e' dovuto anche a possibili furti di materiale fissile per produrre rudimentali ma catastrofiche bombe nucleari. Negli ultimi decenni sono avvenuti moltissimi furti di materiale radioattivo, ed anche recentemente sono stati arrestati gruppi terroristici che stavano trafficando in materiale per bombe nucleari.

*

Le centrali nucleari non diminuiscono la dipendenza energetica dell'Italia

L'Italia dipende per circa il 75% da fonti energetiche estere (petrolio, gas, carbone): e' dunque necessario e urgente cambiare strada, ma il nucleare non e' la risposta in quanto l'Italia non dispone di Uranio, elemento base per il funzionamento delle centrali nucleari, e d'altra parte nel mondo di Uranio ce n'e' appena per qualche decina di anni ai consumi attuali: quella del nucleare civile e' dunque una strada vecchia, senza futuro, rischiosa e costosa. Per coprire l'intero fabbisogno elettrico italiano ci vorrebbero circa 100 centrali nucleari. Le 4 centrali nucleari che il governo vorrebbe costruire potrebbero coprire, non prima di 10 anni, appena il 4% del fabbisogno elettrico italiano. Poiche' pero' l'energia elettrica rappresenta circa il 17% dei consumi globali di energia, con 4 centrali nucleari si copre meno dello 0.7% del fabbisogno energetico totale.

*

Centrali nucleari e protocollo di Kyoto

Per estrarre l'Uranio occorre macinare, centrifugare, lavare migliaia di tonnellate di rocce, e in questi processi si emettono grandi quantita' di CO2. Emissioni di CO2 vi sono anche nella fase di trasporto dell'Uranio, nella fase del suo arricchimento e in quella necessaria a sorvegliare militarmente la centrale e i depositi delle scorie. Se e' vero che complessivamente tali emissioni di CO2 sono inferiori a quelle di una centrale a metano, sono pero' ben superiori ad una centrale eolica, solare o idroelettrica. Se poi si considera che prima di arrivare a metterla in funzione passeranno una decina d'anni, si vede che le emissioni di CO2 da qui al 2020 con il nucleare sono destinate ad aumentare, con conseguenti penali miliardarie che saremo obbligati a pagare per non aver rispettato il Protocollo di Kyoto.

*

I veri costi dell'energia nucleare

L'intero ciclo di una centrale nucleare comincia con l'estrazione dell'Uranio, che deve essere poi macinato, centrifugato e lavato. Poi deve essere arricchito in impianti appositi (di cui sono dotati pochissimi paesi al mondo) e quindi trasportato presso la centrale nucleare. Questa prima fase ha un costo di circa 60 milioni di euro all'anno per centrale. Poi c'e' il costo di costruzione della centrale: basandosi sull'ultima in costruzione, quella finlandese da 1600 MW, si puo' calcolare un costo di oltre 7 miliardi di euro. Ma se partissero le centrali italiane, e' gia' stato valutato un costo di non meno di 10 miliardi di euro per centrale. Poi c'e' il costo di esercizio (personale, manutenzioni, materiali di consumo, ecc.) valutabile in non meno di 30 milioni di euro all'anno. Poi c'e' il costo di riprocessamento delle barre di combustibile esauste (in pochissimi impianti al mondo). Poi c'e' il costo di smantellamento della centrale, che ben che vada funzionera' per 25 anni: il costo e' almeno di 5 miliardi di euro. Infine c'e' il costo della militarizzazione dei depositi di scorie per almeno 10 mila anni: un costo difficilmente valutabile ma sicuramente oltre il miliardo di euro. Dunque, senza contare i costi delle malattie generate dalla radioattivita' delle centrali e senza contare eventuali incidenti, per produrre un MWh di energia elettrica da fonte nucleare occorrono almeno 80 euro. Non e' un caso che da piu' di 30 anni nessuna impresa privata si mette a costruire centrali nucleari, perche' senza un forte contributo statale i costi del nucleare sono fuori mercato. Ed e' significativo il fatto che l'ultima centrale nucleare ordinata negli Stati Uniti e' del 1978 e l'ultima entrata in funzione e' del 1996. Per i paesi che hanno anche tecnologia nucleare militare, questi costi sono un po' piu' bassi ma per l'Italia no perche' noi non abbiamo ne' l'Uranio ne' impianti di arricchimento ne' abbiamo impianti di riprocessamento.

Oggi il costo dell'energia elettrica da solare fotovoltaico, senza considerare gli incentivi dei governi, e' analogo a quello del nucleare, ma sono gia' in produzione pannelli fotovoltaici che costano un terzo di quelli attuali: quindi la tendenza nel mondo e' verso una forte riduzione dei costi del fotovoltaico. Se poi consideriamo l'eolico, questo ha costi che gia' oggi sono meno della meta' di quelli del nucleare.

Una centrale solare termodinamica del tipo di quelle ideate dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia (che ha il vantaggio di funzionare per 48 ore in assenza di sole, grazie al sistema di accumulo del calore), ha un costo attualmente paragonabile al fotovoltaico, ma che potrebbe scendere sensibilmente investendo nel settore e industrializzando i componenti per realizzare economie di scala. Le suddette centrali ad energie rinnovabili hanno tempi di costruzione e costi di funzionamento molto ridotti rispetto al nucleare.

*

Se il nucleare e' un bidone, perché i politici lo vogliono?

L'energia nucleare e' la fonte che da' piu' potere ai politici perche' spendono i soldi del futuro: e' come una magia finanziaria. Gli appalti atomici garantiscono ai politici questo vantaggio immediato: mettono le mani subito su risorse oggi inesistenti che impegnano il Paese per decenni, anche quando quei politici non saranno piu' al governo. E piu' e' grande l'opera maggiore e' il potere da gestire, maggiori le promesse da poter fare, maggiori i voti da incassare. E maggiori i rischi di tangenti che, su appalti di miliardi di euro, sono quantomai appetibili: la pressione delle lobby nucleariste sono formidabili, mentre su sole e vento non ci sono interessi economici concentrati ma diffusi, e quindi di natura molto piu' democratica.

*

Le alternative alle centrali nucleari

Abbiamo visto che 4 centrali nucleari coprirebbero meno dello 0.7% del fabbisogno energetico italiano. Circa un terzo di questo fabbisogno e' dovuto al riscaldamento degli edifici: se si estendesse a tutta Italia la legge che c'e' nella provincia autonoma di Bolzano, si potrebbe risparmiare almeno la meta' dell'energia sprecata per riscaldare gli edifici: il che significa ridurre di oltre il 15% i consumi totali di energia, piu' di 20 volte di quello che si vorrebbe ottenere col nucleare. O ancora: mettendo fuori legge gli scaldabagni elettrici utilizzando al loro posto i pannelli solari e sostituendo le lattine in alluminio con il vetro, come avviene nei paesi scandinavi, si ridurrebbero i consumi elettrici di piu' del doppio di quanto si vuole ottenere con l'energia nucleare.

Ormai anche i paesi che hanno centrali nucleari investono marginalmente in questa fonte energetica obsoleta e costosissima, mentre puntano tutto sul risparmio energetico, sull'efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Dagli inizi degli anni '70, invece, con una pausa dal 1987, anno del referendum sul nucleare, ad oggi, l'Italia ha investito miliardi e miliardi di euro nell'energia nucleare e solo briciole per le alternative (sole soprattutto, e poi vento, geotermia, biomasse). Questa follia nucleare e' gia' costata all'Italia non solo una enorme quantita' di denaro ma anche 25 anni di arretratezza sul versante del risparmio, dell'efficienza e delle energie rinnovabili. Riprendere oggi la follia nucleare lascera' all'Italia problemi irrisolti che graveranno economicamente (e non solo) sulle generazioni future, relegandola ad un ruolo marginale nello scenario economico, industriale e scientifico mondiale. Negli Stati Uniti, che pure sono il primo paese nucleare al mondo, e' notizia di questi giorni che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha superato quella prodotta per via nucleare: altro che ruolo marginale e insignificante!

Inoltre per ogni posto di lavoro creato con l'energia nucleare se ne creano almeno il doppio nel settore del risparmio, dell'efficienza e delle energie rinnovabili.

Ha scritto Papa Benedetto XVI al punto 9 del suo messaggio per la giornata mondiale della pace 2010: "E' indubbio che uno dei principali nodi da affrontare, da parte della comunita' internazionale, e' quello delle risorse energetiche, individuando strategie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future. A tale scopo, e' necessario che le societa' tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrieta', diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l'applicazione di energie di minore impatto ambientale e la ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono privi possano accedervi. La crisi ecologica, dunque, offre una storica opportunita' per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione piu' rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carita' nella verita'. Auspico, pertanto, l'adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralita' dell'essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilita', sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtu' che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di cio' che puo' accadere domani... Tante sono oggi le opportunita' scientifiche e i potenziali percorsi innovativi, grazie ai quali e' possibile fornire soluzioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l'uomo e l'ambiente. Ad esempio, occorre incoraggiare le ricerche volte ad individuare le modalita' piu' efficaci per sfruttare la grande potenzialita' dell'energia solare".

Condividiamo pienamente: la questione energetica va affrontata nella direzione indicata dal Papa.

*

No alle centrali nucleari perche':

- e' irrisolto il problema delle scorie radioattive;

- producono una contaminazione radioattiva anche nel normale funzionamento e quindi sono pericolose per la salute;

- sono a serio rischio di incidenti gravi e catastrofici (tanto che nessuna compagnia e' disponibile ad assicurarle);

- non ne abbiamo a meno di 100 km dai nostri confini e quindi non siamo a grave rischio di contaminazione radioattiva;

- non siamo noi ad essere costretti a comprare energia dalla Francia ma e' la Francia che la svende perche' le centrali nucleari non si possono spegnere;

- non abbiamo nessun deficit di energia elettrica ma e' vero che dobbiamo ridurre l'uso di combustibili fossili;

- le tariffe elettriche sono una scelta politica e non c'entrano nulla con la fonte energetica utilizzata;

- sono il cavallo di Troia per i paesi che vogliono costruire bombe nucleari (vedi Iraq, Iran, Corea del Nord, Israele, ecc.);

- sono a forte rischio di attacchi terroristici e favoriscono la produzione di ordigni nucleari a scopi terroristici;

- non diminuiscono la dipendenza dal petrolio e creano la dipendenza dall'uranio che comunque finira' nel giro di pochi decenni;

- non risolvono il problema delle emissioni di CO2;

- generano molti meno posti di lavoro di quelli prodotti col risparmio energetico, efficienza energetica ed energie rinnovabili;

- hanno un costo elevatissimo tanto che da 30 anni nessuna impresa privata le costruisce senza aiuti statali.

*

Affideresti il futuro dell'energia ad una fonte che potra' durare solo pochi decenni, oppure ad una che durera' almeno cinque miliardi di anni?

 

4. INIZIATIVE. ARSENICO: UNA RICHIESTA D'INTERVENTO AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI VITERBO

 

Il "Centro di ricerca per la pace" ha indirizzato una lettera aperta al Presidente del Tribunale di Viterbo con la richiesta di un tempestivo adeguato intervento da parte delle competenti magistrature sulle conseguenze dell'irresponsabile condotta di troppi pubblici amministratori in relazione alla grave vicenda dell'eccessiva presenza di arsenico nell'acqua destinata a consumo umano, condotta che implica effettuale attuale violazione della vigente normativa e grave danno per la salute della popolazione dei territori interessati dal fenomeno tossico.

*

La struttura ecopacifista viterbese e' impegnata da mesi affinche' in tutti i Comuni in cui l'acqua erogata nelle case supera la concentrazione di arsenico di 10 microgrammi per litro di acqua (ovvero supera il limite massimo consentito dalla legge in vigore), le amministrazioni comunali procedano ai seguenti necessari ed improcrastinabili interventi:

1. emettere ordinanze di non potabilita', affinche' i cittadini non si avvelenino;

2. realizzare al piu' presto impianti di dearsenificazione che dearsenifichino alla fonte tutte le acque che giungono nelle case come potabili; e' possibile farlo con risultati adeguati, in tempi brevi e con costi contenuti;

3. durante la realizzazione dei dearsenificatori fornire acqua con autobotti all'intera popolazione, agli esercizi produttivi, ai servizi;

4. informare finalmente in modo onesto la popolazione: l'arsenico e' un veleno; la legge e' tassativa nel vietare l'erogazione di acqua con presenza di arsenico superiore a 10 microgrammi per litro; e l'obiettivo finale delle istituzioni deve essere fornire acqua del tutto priva di arsenico.

*

La struttura ecopacifista viterbese richiede alle competenti magistrature di intervenire nei confronti di quei pubblici amministratori che perseverano nel sottovalutare, nel mistificare, nel rinviare gli interventi indispensabili ed urgenti, ergo: nel non ottemperare a quanto disposto dalla vigente normativa; e che cosi' favoriscono criminalmente la prosecuzione dell'avvelenamento della popolazione.

 

5. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

6. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"

 

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.

E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Albert Camus, Actuelles. Cronache 1939-1958, Bompiani, Milano 1961, 1972, pp. 256.

- Albert Camus, Il mito di Sisifo, Bompiani, Milano 1947, 1980, pp. XXII + 146.

- Albert Camus, La caduta e Discorsi di Svezia, Bompiani, Milano 1958, 1976, pp. 126.

- Albert Camus, La peste, Bompiani, Milano 1948, 1976, pp. XXIV + 264.

- Albert Camus, Lo straniero, Bompiani, Milano 1947, 1973, pp. 160.

- Albert Camus, L'uomo in rivolta, Bompiani, Milano 1957, 1976, pp. 344.

- Albert Camus, Taccuini, Bompiani, Milano 1963, 1992, 3 voll. per complessive pp. XXVI + 818.

- Albert Camus, Tutto il teatro, Bompiani, Milano 1947-1960, 1988, 1993, pp. XXIV + 250.

- Albert Camus, Arthur Koestler, La pena di morte, Newton Compton, Roma 1872, 1981, pp. 224.

 

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

9. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 499 del 19 marzo 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it