Nonviolenza. Femminile plurale. 289
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 289
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- Date: Tue, 8 Mar 2011 07:42:16 +0100 (CET)
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 289 dell'8 marzo 2011
In questo numero:
1. Questo pensiero, questa lotta
2. Caterina Del Torto e Martina Lucia Lanza: Questo otto marzo tra mimose e responsabilita'
3. Mao Valpiana: Questo 8 marzo
4. Comitato "Se non ora, quando?" di Milano: 8 marzo, le donne danno i numeri
5. Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul": 8 marzo, diciamo no al maschilismo e al patriarcato
6. Simonetta Fiori intervista Luisa Muraro
7. Due estratti da "Schiave del potere" di Lydia Cacho
1. EDITORIALE. QUESTO PENSIERO, QUESTA LOTTA
Il femminismo e' il massimo inveramento storico della nonviolenza.
Il femminismo e' la corrente calda della nonviolenza.
Il femminismo e' il cuore pulsante del movimento di autocoscienza e di liberazione dell'umanita'.
2. RIFLESSIONE. CATERINA DEL TORTO E MARTINA LUCIA LANZA: QUESTO OTTO MARZO TRA MIMOSE E RESPONSABILITA'
[Ringraziamo Caterina Del Torto e Martina Lucia Lanza (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per questo intervento.
Caterina Del Torto e' impegnata nel Movimento Nonviolento.
Martina Lucia Lanza e' volontaria in servizio civile presso il Movimento Nonviolento]
Ogni 8 marzo ci si chiede perche' festeggiare e cosa.
Nei negozi inizia a comparire, gia' a meta' febbraio, merchandising rigorosamente giallo, per non parlare di quei poveri rametti strappati da alberi meravigliosi qual e' la acacia dealbata. Non e' poi cosi' insolito che fra amiche si festeggi con una cena a menu' fisso, piu' o meno costoso, che si concludera', com'e' probabile, con lo spogliarello di maschi a ritmo di musica, al quale le suddette applaudiranno e ululeranno accaldate. Ma ai nostri tg non manchera' un servizio che intervistera' passanti chiedendo se il marito ha regalato la mimosa e come passeranno la serata.
E questo e' il lato ipocrita della festa.
Quello di quest'anno e' poi un 8 marzo particolare: cadra' giusto pochi giorni prima delle celebrazioni dei 150 anni dell'unita' d'Italia.
Anche questa e' una festa, come quella della donna, con un lato ipocrita e uno da sempre in ombra. Il lato in ombra parla di renitenza di leva, obiezione di coscienza e del flagello della guerra.
Ed e' proprio questo lato che Capitini cerco' di svelare ai piu', e nel farlo si rivolse anche alle donne, le quali "possono oggi fare un'opera decisiva. Che esse si sentano, ancor piu' profondamente del passato, madri e compagne dei giovani che da trent'anni sono le vittime della drammatica e tragica storia italiana. Sentano esse la responsabilita' che altri mostrano di non curare. In poco tempo, con un'azione fino alla periferia, esse possono portare un elemento sano".
E' forse questo il messaggio che ci sentiamo di dare nella giornata internazionale della donna, di una donna sana, capace di dignita', consapevole di poter costruire un futuro migliore per se' e per gli altri.
Proprio con queste donne ci ritroviamo l'8 marzo, nelle piazze d'Italia, dal centro alla periferia, e viceversa, per festeggiare il vero senso di questa festa.
Con un messaggio che parla di speranza e di responsabilita'.
3. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: QUESTO OTTO MARZO
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]
Non e' una giornata di festa, ma di lotta.
Penso alle donne afgane, che vogliono liberarsi.
Penso alle donne migranti, che cercano il futuro.
Penso alle donne sfruttate, che aspirano alla dignita'.
Penso alle donne violentate, che invocano giustizia.
Penso alle donne umiliate, che sognano un'altra vita.
Penso a Rosa Parks.
Penso ad Anna Frank.
Penso a Etty Hillesum.
Penso a Simone Weil.
Penso a Rachel Corrie.
Penso alle donne che hanno dato corpo alla nonviolenza.
Penso alla nonviolenza che e' la forza delle donne.
Penso a questo 8 marzo, giorno di lotta per la liberazione di tutte e tutti.
4. INIZIATIVE. COMITATO "SE NON ORA, QUANDO?" DI MILANO: 8 MARZO, LE DONNE DANNO I NUMERI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente appello; per adesioni e contatti: milano13febbraio at gmail.com]
8 marzo: le donne danno i numeri
Presidio e critical mass dalle ore 18 in Piazza Mercanti, a Milano.
Dopo la manifestazione di sabato 29 gennaio in Piazza della Scala a Milano, e dopo la grande giornata di mobilitazione nazionale del 13 febbraio, in rete con le iniziative di "Se non ora quando", abbiamo deciso di riprenderci simbolicamente la data dell'8 marzo per continuare ad affermare la liberta' e la dignita' delle donne, la loro intelligenza e i loro saperi come elementi essenziali per la democrazia e lo sviluppo del nostro Paese. Per questo ci ritroveremo alle ore 18 in Piazza Mercanti, a Milano, ancora una volta con le sciarpe bianche, per dare vita a un presidio e a una "critical mass" delle donne.
Lo faremo con cartelli e striscioni e girando per il centro in bicicletta per spiegare che le donne sono il 60% dei laureati, ma solo il 46% di chi lavora. Che sono il 42% dei magistrati, il 32% dei medici, il 39% degli avvocati, il 30% degli imprenditori ma guadagnano il 9% in meno degli uomini a parita' di lavoro. Che lavorano piu' degli uomini tra professione e lavoro di cura ma i loro contratti sono a part time e a tempo determinato piu' di quelli degli uomini, e che piu' di loro sono precarie.
In Italia (tra gli ultimi paesi d'Europa) il 21% dei deputati e il 19% dei senatori e' donna. Nel governo ci sono 5 ministre, di cui 3 senza portafoglio. Nei consigli d'amministrazione delle societa' quotate in borsa la presenza femminile e' solo del 3% (In Norvegia e' pari al 42%). Il 68% delle donne tra i 20 e i 49 anni ha un'occupazione se non ha figli, il 60% se ha un figlio, il 54% se ha due figli.
In Italia, la spesa per le politiche sociali e familiari rappresenta l'1.3% del Pil, meno della meta' della media europea, un terzo della Francia. Le donne fanno il 77% del lavoro familiare; solo il 10% dei bambini da zero a due anni frequenta un nido. Il welfare per i piccoli e' rappresentato dai nonni (chi li ha). Alle richieste di part time e orari flessibili spesso le aziende rispondono negativamente (mobbing strategico). Il 40% delle donne sotto i 40 anni (e il 55% di quelle sotto i 30 anni) non puo' fruire delle tutele sulla maternita' previste dalla legge perche' non ha un lavoro a tempo indeterminato.
Le leggi, gli integralismi religiosi, il lavoro, certe politiche della famiglia sbandierate ipocritamente e moralisticamente da chi, come il premier, per primo inquina la vita pubblica, tentano di ricondurci nei ruoli tradizionali e di ostacolare la liberta' di disporre della nostra vita. C'e' una responsabilita' maschile in tutto cio': basti pensare ai vantaggi che l'uomo continua a garantirsi, e alla violenza materiale e simbolica di cui il corpo femminile continua a essere oggetto; e' per questo che le donne che hanno manifestato il 13 febbraio hanno chiesto agli uomini l'impegno a volgere lo sguardo su di se', a interrogare la propria storia. Qualcuno lo sta facendo, e sta mettendo in discussione insieme a noi i modelli pervasivi che il degrado della vita pubblica ha prodotto, improntati al piu' bieco machismo e alla rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale.
Noi vogliamo dire basta a tutto questo prima che sia troppo tardi.
Ci vogliamo riprendere, senza falsi moralismi, la citta' e la vita pubblica, liberandola dalla corruzione, dall'ipocrisia, dal familismo, dall'omofobia. Noi pretendiamo istituzioni oneste e che lavorino nell'interesse del miglioramento della vita di tutte e di tutti. Non siamo in vendita, non siamo merce di scambio per festini, non stiamo dietro le quinte ma in piazza.
Diamo visibilita' alla nostra voglia di cambiare questo Paese, appendiamo in tutte le citta' e i paesi della nostra regione un lenzuolo bianco fuori dalle nostre finestre dall'8 al 14 marzo.
E' il 14 marzo infatti la data nella quale a Milano si terra' una grande assemblea di discussione e di confronto per raccogliere nuove energie e dare continuita' alla mobilitazione delle donne.
Le donne hanno i numeri!
Comitato delle donne che hanno organizzato le manifestazioni milanesi del 29 gennaio e del 13 febbraio.
Per adesioni: milano13febbraio at gmail.com
Di nuovo, Milano
5. INIZIATIVE. CENTRO SOCIALE OCCUPATO AUTOGESTITO "VALLE FAUL": 8 MARZO, DICIAMO NO AL MASCHILISMO E AL PATRIARCATO
[Riceviamo e diffondiamo]
8 marzo: diciamo no al maschilismo e al patriarcato
Una iniziativa al centro sociale "Valle Faul"
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Il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo promuove un'iniziativa per dire no a qualsiasi forma di sfruttamento degli esseri umani.
Diciamo no al maschilismo e al patriarcato.
Diciamo no alla guerra e al razzismo.
Diciamo no allo sfruttamento che devasta e distrugge le vite umane e la biosfera.
Diciamo no alla mercificazione dei corpi e ad ogni logica di violenza che rifiutiamo in ogni sua forma.
Diciamo no alle televisioni controllate dal governo che lobotomizzano le masse imprimendo loro un modello di comunicazione in grado di distogliere l'attenzione persino dagli ultimi gravissimi accadimenti della politica italiana ed internazionale.
Diciamo no allo sciacallaggio mediatico che si alimenta della tragedia e della sofferenza dei migranti pretendendo di trasformarli nella causa della crisi sociale ed economica italiana.
E diciamo no ad un governo che criminalizza i migranti dichiarandoli anche causa della violenza nel nostro paese, mentre i crimini in Italia sono dovuti innanzitutto all'eversione dall'alto del governo golpista, alla criminalita' dei potenti, dei colletti bianchi e delle camicie nere, delle mafie che operano come multinazionali e delle multinazionali che operano come mafie; e solo successivamente anche alla cosiddetta microcriminalita' dovuta per lo piu' alla condizione di precarieta' vissuta da milioni di persone; e ricordiamo che la piu' grave violenza sulle donne e' quella che si consuma ogni giorno tra le mura domestiche e sul posto di lavoro.
Quindi diciamo no al razzismo oggi piu' che mai, in questi giorni in cui stiamo vivendo la gravissima crisi del Mediterraneo e di tutto il Maghreb e il Medioriente dove migliaia di esseri umani cercano di scappare dalla morte.
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L'Italia e' gravemente malata, di una malattia che riduce la societa' alla poverta', alla decadenza, al qualunquismo, ad una ricerca estenuante di un benessere impossibile perche' fasullo, alla mercificazione del piacere fisico, alla repressione di ogni forma di arte libera, all'arrivismo rapace, alla competitivita' dei padroni sulle spalle dei lavoratori.
E cosi' come non si rispettano i piu' elementari diritti umani, non vi e' neppure rispetto per l'ecosistema e le biodiversita', e si consente la deturpazione, l'inquinamento e la devastazione del territorio, delle acque, del vivente, di cio' che mangiamo, beviamo, respiriamo.
La patologia di cui soffre da tempo l'Italia ha fatto si' che invece di trovare un buon "medico" si sia trovato un malato grave come capo del governo, e degli "infermieri" all'opposizione nelle istituzioni che pensano anch'essi ai loro affari e interessi piuttosto che ad una cura benefica per tutta la collettivita'.
L'Italia sta morendo, la societa' civile e' allo stremo delle forze e la guerra tra poveri e' alle porte. Il criminale piano del potere che tramite il controllo mediatico condiziona l'esistenza della popolazione sembrerebbe si stia realizzando.
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Ma vi e' anche, ancora e sempre, la possibilita' di resistere, e dalla resistenza puo' nascere la possibilita' di un'alternativa.
Le iniziative e le lotte delle donne - e con esse delle e dei migranti, del movimento delle sfruttate e degli sfruttati - in questi anni e in questi mesi indicano che resistere si puo' e si deve; dimostrano che questa non e' l'ora della rassegnazione, ma l'ora della lotta per la dignita' e i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Si puo', si deve resistere contro il maschilismo e il patriarcato.
Si puo', si deve resistere contro la guerra e il razzismo.
Si puo', si deve resistere contro lo sfruttamento che devasta e distrugge le vite umane e la biosfera.
Si puo', si deve resistere contro la mercificazione dei corpi e delle esistenze.
Si puo', si deve resistere contro ogni logica di violenza che umilia, opprime e distrugge.
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L'8 marzo invitiamo tutte e tutti a partecipare a questa iniziativa di solidarieta' delle donne, dalle donne e con le donne, contro le violenze che da millenni sono costrette a subire per la brutalita' maschile che le vuole relegate ad una condizione d'inferiorita' determinata dalla violenza del potere maschilista e patriarcale, nonostante che le donne siano le madri dell'umanita' intera, che soffrono per darci alla vita e sono la sola forza della nostra esistenza.
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Durante l'iniziativa interverra' alle ore 18 Antonella Litta, presidente del Comtato "Nepi per la pace"; funzionera' la cucina (servizio in sala e cucina solo maschietti) per servire al meglio tutte le partecipanti; e poi un grande ensemble di musicisti locali che si esibiscono per la prima volta in un grande concerto live. Il gruppo appena nato si chiama "Jazzi", suoneranno latin jazz e cubop: un ringraziamento per la loro disponibilità, in particolare al maestro di percussioni Gianni Rosa, anima del gruppo, che ha saputo da anni diffondere ed insegnare la musica nella nostra città. Sentirete sicuramente suonare di loro.
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L'8 marzo diciamo no al maschilismo e al patriarcato.
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Il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul"
Viterbo, 2 marzo 2011
Per ulteriori informazioni: Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", strada Castel d'Asso snc, Viterbo, e-mail: csavallefaul at autistici.org, sito: http://csavallefaul.noblogs.org/
6. RIFLESSIONE. SIMONETTA FIORI INTERVISTA LUISA MURARO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente intervista apparsa su "La Repubblica" del 4 marzo 2011 col titolo "Femminismo per tutti".
Simonetta Fiori e' giornalista e saggista, scrive per le pagine culturali del quotidiano "La Repubblica".
Luisa Muraro, una delle piu' influenti pensatrici femministe, ha insegnato all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"]
"Nascere donna e' un'indicibile fortuna", sostiene Luisa Muraro, 70 anni, protagonista del femminismo italiano e del pensiero della differenza. Alla misteriosa "grandezza" delle donne ha voluto dedicare il suo ultimo lavoro, Non e' da tutti, che e' una sorta di manifesto-bilancio di decenni di militanza attiva, di ricerche filosofiche, di letture e di incontri con pensatrici di varia ispirazione, nella comunita' di Diotima e nella Libreria delle donne (Carocci, pp. 126, euro 13). Un affascinante racconto sull'"eccellenza" femminile - un tempo la chiamava "superiorita'" - che esce nel breve arco di tempo tra la splendida piazza di "Se non ora, quando?" e la prossima festa dell'8 marzo. E che segna una rottura rispetto al codice esoterico prediletto dalla sua comunita'. Pagine nitide e colloquiali, che indagano sul "segreto" delle donne, un dono che affiora "tra le cose ordinarie della vita", non appariscenti come la carriera o la promozione sociale, ma un'avventura sotterranea che presuppone un modo unico e insostituibile di intimita' con il genere umano. Un privilegio che si manifesta nel vivere quotidiano, "nel rapporto con la casa, con le creature piccole, con i cibi e - quando c'e' l'amore - con l'uomo". E' la "superiore capacita' femminile del sentire", cui gli uomini pervengono solo in casi eccezionali. "La donna e Dio hanno un loro segreto di cui Adamo, raffigurato dormiente, non verra' mai a capo", dice Muraro ricorrendo alle parole di un illustre teologo.
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- Simonetta Fiori: Questo nuovo libro colpisce anche per la forza comunicativa, che per certi versi e' inedita.
- Luisa Muraro: E' difficile rendere chiaro l'impensato, che richiede uno sguardo e un ascolto piu' ampio. Io mi ci sto avvicinando, ma questa e' una parabola personale. C'era una Carla Lonzi che aveva il dono della lingua e della scrittura, autrice di testi molto nitidi. Mi fa piacere che si noti questo mio sforzo.
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- Simonetta Fiori: Pero' non e' sempre stato cosi'.
- Luisa Muraro: Si', lo so. Tuttavia noi ci siamo ancora. E la nostra sfida permane. In Italia il pensiero della differenza resta vivo, e non e' un risultato di poco conto.
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- Simonetta Fiori: Ma non ritiene che adottare un codice esoterico sia stato un errore?
- Luisa Muraro: Abbiamo fatto errori sicuramente e quello del linguaggio e' sempre un terreno insidioso. Sono d'accordo: l'esoterismo e' un rischio. Dobbiamo lavorare sul pensiero e sulla scrittura. Anche se a me non e' mai mancata l'abitudine di comunicare. Nella mia regione, che e' il Veneto, anche gli aristocratici si mescolavano con i contadini. E io che vengo da una famiglia della microborghesia ho sempre parlato con tutti. Pero' lo ammetto: ho scritto libri difficili.
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- Simonetta Fiori: In Non e' da tutti e' ribadita una sua vecchia tesi.
- Luisa Muraro: Metto in guardia dalla posizione falsamente femminista di considerare il sesso femminile come la grande vittima di una grande ingiustizia maschile. Questa semplificazione e' tipica della politica dei diritti che porta a sopravvalutare quello che si puo' ottenere in nome dei diritti e a sottovalutare le persone con le loro risorse. Il rischio e' di rimpicciolire cio' che moltissime donne mettono in gioco nel rapporto con il mondo e con l'altro sesso.
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- Simonetta Fiori: A un movimento tradizionale che aspira all'eguaglianza e alla parita' lei oppone il pensiero della differenza. Ma, nell'attuale emergenza, ha un senso questa distinzione polemica? Non c'e' il rischio di dividersi dinanzi alla necessita' di porre un argine comune alla regressione della condizione femminile?
- Luisa Muraro: Non condivido la premessa. E' l'immagine della donna che sta regredendo, non le donne nella realta'. E' una delle scissioni prodotte dal tempo presente. Ne soffre la politica, divenuta spettacolo e mercato di bassa lega. Ne soffrono le arti. Ne soffre la filosofia. C'e' un enorme avanzamento delle donne, anche se per rintracciarne i segni dobbiamo ricorrere a criteri diversi rispetto a quelli dell'emancipazione.
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- Simonetta Fiori: Quali?
- Luisa Muraro: Pensi all'autonomia personale, alla capacita' delle donne di muoversi da sole per i loro progetti. Pensi alla non dipendenza dagli uomini rispetto ai loro destini: quante donne oggi partoriscono da sole? Piu' in generale, ora le donne possono esercitare un doppio si': alla realizzazione di se' e al desiderio di maternita'. La mia generazione non aveva questa liberta'. Quando ho avuto un bambino mi sentivo lacerata. Ora le giovani donne hanno molti problemi, ma non sono lacerate.
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- Simonetta Fiori: Questo e' indubbio, pero' comporta prezzi altissimi.
- Luisa Muraro: Una condizione molto faticosa si', ma anche bella. Nella nostra civilta' che non e' contemplativa l'intensita' delle cose da fare, la rapidita' del movimento, la molteplicita' delle ispirazioni non e' segno di infelicita', ma di ricchezza. Sono d'accordo che ci debbano essere nuove soluzioni. Non puo' durare cosi'. Dalle donne viene richiesta una tensione estrema, pero' e' anche ammirevole. Ho sentito uomini dell'industria e della cultura elogiare la loro bravura.
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- Simonetta Fiori: Talvolta le ammirano ma non le assumono, perche' fanno figli e dunque sono un peso per l'azienda.
- Luisa Muraro: Fanno i loro interessi e bisogna impedirglielo.
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- Simonetta Fiori: Ma allora perche' polemizzare contro il femminismo dei diritti?
- Luisa Muraro: L'eguaglianza e' un bene irrinunciabile, ma poi c'e' un gioco piu' alto, e li' bisogna lanciarsi. Il bisogno di diritti e' senza fine se io rinuncio alla libera realizzazione di me. Si reclama, si piange, si scivola nel vittimismo, senza mai trovare soddisfazione.
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- Simonetta Fiori: Lei pensa davvero che in Italia la condizione femminile goda di buona salute?
- Luisa Muraro: Non voglio essere fraintesa. Certo che siamo ai limiti e molte promesse - emerse negli anni del femminismo - non sono state mantenute. Ma la stessa manifestazione del 13 febbraio ha dimostrato che esiste una societa' femminile che non e' affatto acquiescente con la volgarita' maschile nella vita sessuale.
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- Simonetta Fiori: Ma lei non s'era pronunciata contro la manifestazione?
- Luisa Muraro: No, mai. Io ero intervenuta contro l'appello, che era scritto in un modo sbagliato. Prevaleva un tono offensivo verso le donne che si prostituiscono, e questo era contrario allo spirito del femminismo. Ma non volevo certo negare lo straordinario slancio di quell'appuntamento.
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- Simonetta Fiori: E' nata una nuova pagina del movimento delle donne?
- Luisa Muraro: E' stata la dimostrazione di una vitalita' che in molti non avevano saputo vedere. Le donne hanno dimostrato con disinvoltura e allegria di non essere complici di un modello maschile esemplificato dal capo del governo. Che l'opera sia completata, certo non si puo' dire. Ci vorra' un'altra ondata di femminismo, oppure finalmente andremo incontro a una risposta piu' intelligente da parte degli uomini.
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- Simonetta Fiori: Ha mai pensato di nascere maschio?
- Luisa Muraro: No. Da adolescente, calzando un paio di braghe di mio fratello, mi sono risarcita di certi torti che mi faceva la femminilita'. Capeggiavo la banda dei fratelli mediani - sono sesta di undici figli - e andavo a tirare con la fionda. Poi avevo un particolare rapporto con i cappelli maschili: quando ero di cattivo umore ne indossavo uno. Cosi' in famiglia erano avvertiti: quel giorno mordevo.
7. LIBRI. DUE ESTRATTI DA "SCHIAVE DEL POTERE" DI LYDIA CACHO
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti da libro di Lydia Cacho, Schiave del potere. Una mappa della tratta delle donne e delle bambine nel mondo, Fandango, Roma 2010, pp. 344 (titolo originale: Esclavas del poder, 2010).
Lydia Chaco (Citta' del Messico, 1963) e' una giornalista e saggista messicana impegnata in inchieste contro i poteri criminali e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani; e' stata imprigionata e torturata dopo la pubblicazione del suo libro sulla pedopornografia nel suo paese Los Demonios del Eden: El poder detras de la pornografia infantil, nel quale la Cacho denunciava la stretta relazione fra lo sfruttamento pornografico minorile e una rete criminale che legava numerosi pubblici funzionari del governo, politici, imprenditori e trafficanti di droga. Il 29 novembre 2007 la Corte Suprema del Messico sentenzio' che l'arresto della Cacho era ingiustificato. A seguito di cio' l'United Nations Human Rights Council consiglio' a Lydia Cacho di lasciare il paese. Lydia Cacho ha raccontato la tremenda esperienza della sua persecuzione giudiziaria e della sua detenzione nel libro Memorias de un infamia (2008) che Fandango Libri pubblichera' nel 2011. Cacho ha vinto il Premio Francisco Ojeda al Valor Periodistico. Dal 2006 Cacho si e' impegnata in prima persona nelle indagini e nella soluzione dei casi, ripetuti e numerosi, di omicidi e abusi su donne irrisolti a Ciudad Juarez. Nel 2007 Amnesty International le ha assegnato il "Ginetta Sagan Award for Women and Children's Rights" e nel 2008 ha ricevuto l'Unesco/Guillermo Cano World Press Freedom Prize. La pubblicazione di Los Demonios del Eden le ha causato varie minacce di morte e persecuzioni giudiziarie. Lydia Cacho vive sotto scorta, quattro agenti federali l'accompagnano in ogni suo spostamento con una macchina blindata]
Indice del volume: Introduzione; 1. Turchia: il triangolo d'oro; 2. Israele e Palestina: che cosa nasconde la guerra; 3. Giappone: la mafia delle geishe; 4. Cambogia: il buco nero dell'Europa; 5. Birmania: la guerra contro le donne; 6. Argentina-Messico: armi, droghe e donne; 7. Clienti: il segreto della maschilita'; 8. L'esercito e la prostituzione; 9. Riciclaggio di denaro; 10. Il mestiere del protettore; 11. Le mafie e la globalizzazione; 12. Il balletto delle cifre, il panico morale e quello di cui discutiamo; 13. Conclusioni; 14. Terminologia: di che cosa parliamo e come lo diciamo; Appendice; Ringraziamenti; Note.
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Da p. 9
Introduzione
Quando avevo sette anni mia madre raccomandava a me e mia sorella Sonia, ogni volta che uscivamo in strada, di evitare la "ruba-bambine", una vecchia nota nel quartiere perche' rapiva le femmine; le attirava regalando caramelle e poi le vendeva a estranei. La parola equivalente in inglese, kidnapper, attualmente e' utilizzata per indicare il sequestro di persone di qualsiasi eta'. Quarant'anni dopo quelle lezioni infantili, ho scoperto che cio' che da piccola mi sembrava un aneddoto tratto da un racconto di Dickens era diventato, con il passare del tempo, uno dei problemi piu' seri del XXI secolo. La societa' in generale tende a considerare la tratta di bambine e donne come una reminiscenza di un passato in cui la "tratta delle bianche" era un commercio minore proprio dei pirati che sequestravano donne per venderle a bordelli di paesi lontani. Credevamo che la modernizzazione e le forze del mercato globale l'avrebbero sradicata e che gli abusi contro l'infanzia negli angoli sperduti del "terzo mondo" sarebbero scomparsi al semplice contatto con le leggi occidentali e l'economia di mercato. La ricerca che e' alla base di questo libro dimostra esattamente il contrario. Il mondo sta sperimentando un autentico boom di reti organizzate che rapiscono, comprano e schiavizzano bambine e donne; le stesse forze che, in teoria, avrebbero dovuto sradicare la schiavitu' l'hanno invece potenziata a livelli inauditi. In tutto il pianeta stiamo assistendo allo sviluppo di una cultura che tende a rendere normali il rapimento, la sparizione, la compravendita e la corruzione di bambine e adolescenti, allo scopo di trasformarle in oggetti sessuali da affittare o vendere; una cultura che per di piu' promuove la mercificazione dell'essere umano come fosse un atto di liberta' o progresso. Soggiogate da un'economia di mercato disumanizzante, che ci e' stata imposta come destino ineluttabile, milioni di persone considerano la prostituzione un male minore e scelgono di ignorare lo sfruttamento e i maltrattamenti che comporta, insieme a un sempre maggior potere del crimine organizzato, dove piu' dove meno, nel mondo intero.
Nella mappa internazionale del crimine organizzato mafiosi, politici, militari, imprenditori, industriali, guide religiose, banchieri, poliziotti, giudici, sicari e uomini comuni costituiscono un'enorme catena che resiste da secoli. La differenza tra delinquenti solitari, o piccoli raggruppamenti di bande locali, e reti criminali globalizzate consiste nelle strategie d'azione, nei codici di comportamento e nelle tecniche di mercato. Senz'ombra di dubbio il loro potere e la loro stessa essenza si fondano sulla capacita' di corruzione di cui le mafie dispongono per generare potere economico e politico in tutte le citta' in cui conducono i propri traffici. Il legame che le unisce e' la ricerca del piacere, per godere i frutti della ricchezza e del potere accumulati. Alcune creano il mercato della schiavitu' umana, altre lo promuovono, lo proteggono, lo alimentano, altre ancora rinnovano la domanda di materia prima.
Il crimine organizzato e' un'attivita' illegale a scopi economici e chi ne fa parte prende il nome di gangster, mafie, reti o cartelli. Tutti questi personaggi compongono la cosiddetta shadow economy (letteralmente economia nell'ombra, o economia sommersa), quella cioe' che non paga imposte dirette ai legittimi governi, con i quali ha pero' l'esigenza di negoziare per mantenersi in vita. I crimini piu' eclatanti del patto tra Stato e malavita organizzata sono la compravendita di armi, sostanze stupefacenti ed esseri umani. Le attivita' tipiche di questi delinquenti sono definite in modo assai appropriato dagli esperti in sicurezza: furto, frode, contrabbando e trasporto illegale di merci e persone.
Il XXI secolo e' testimone della ristrutturazione e della professionalizzazione dei gruppi criminali organizzati. Le mafie, seguendo i dettami capitalisti del libero mercato, hanno creato vie di comunicazione inedite per far circolare beni e servizi tra paesi e continenti. Generare violenza e vendere protezione e' la loro attivita'; acquisire e offrire denaro, piacere e potere e' il loro primo e ultimo fine.
La tratta di esseri umani - documentata in 175 nazioni - mette in luce le debolezze del capitalismo globale e la disparita' provocata dalle regole economiche dei paesi piu' potenti; ma, soprattutto, evidenzia come la crudelta' umana e i processi culturali che l'hanno rafforzata siano diventati un fenomeno ordinario. Ogni anno nel mondo 1.390.000 persone, nella stragrande maggioranza donne e bambine, sono ridotte allo stato di schiave sessuali e comprate, vendute e rivendute come materia prima di un'industria, come scarti della societa', come omaggi o trofei.
Per cinque anni il mio compito e' stato passare al setaccio le operazioni delle piccole e grandi mafie internazionali attraverso le testimonianze di persone sopravvissute allo sfruttamento sessuale per scopi commerciali. Strada facendo ho incontrato uomini, donne e minori vittime della tratta delle braccia e del matrimonio per servitu'; tuttavia la mia ricerca segue il percorso concreto di un fenomeno criminale nato precisamente nel XX secolo: la tratta sessuale di donne e bambine. La sofisticazione dell'industria sessuale a livello mondiale ha creato un mercato che molto presto superera' il numero di esseri umani venduti all'epoca della schiavitu' africana, dal XVI al XIX secolo.
Non esiste una sola storia di mafia in cui il sesso non sia presente. Le donne e le bambine sono comprate, vendute e offerte in dono; oppure sequestrate, affittate, prestate, stuprate, torturate e assassinate. La nozione di donna come oggetto di piacere e' invariabilmente presente nella biografia delle organizzazioni criminali giapponesi riunite nella Yakuza, nelle triadi cinesi e nelle mafie italiane, russe e albanesi, cosi' come nei cartelli della droga latinoamericani. Il potere economico e politico ha bisogno del piacere sessuale per esistere. Secondo i codici del maschilismo le donne valgono in quanto oggetti, non in quanto persone, e persino quelle che fanno parte delle organizzazioni criminali riproducono gli stessi modelli di disprezzo e misoginia.
Eros e Thanatos sono costantemente presenti all'interno della psicologia criminale. Il potere di assassinare, torturare e decapitare gli avversari ha sempre bisogno di un equilibrio che generi una certa stabilita'. Percio' i grandi capi delle mafie comprano, vendono, maltrattano o uccidono donne di qualsiasi eta', promuovendo contemporaneamente varie forme di prostituzione e creando gli scenari adatti allo sviluppo del commercio del sesso.
L'accesso al piacere sessuale agisce da potente strumento di coesione e negoziazione tra gruppi maschili in campo imprenditoriale e militare, al punto che il commercio del sesso si situa tra la vendita di armi e il traffico di droga come la fonte di introiti piu' redditizia al mondo. Adulte, bambine, adolescenti: cio' che importa non e' l'eta', ma che i loro padroni le possano tenere sotto controllo, utilizzarle e sottometterle.
Questo libro esplora la mentalita' maschile nei confronti delle donne e della sessualita': apprenderemo, dalla viva voce dei protagonisti, un fenomeno interpretato come il "boomerang del femminismo" che spinge molti uomini a cercare donne ogni volta piu' giovani, provenienti da paesi in cui la cultura della sottomissione femminile continua a prevalere. Daremo anche voce a varie donne che esercitano la prostituzione di strada e ad altre che si autodefiniscono "libere prostitute" e formano collettivi in difesa della prostituzione, vista come uno dei tanti mestieri di un mondo capitalista e basato sullo sfruttamento. Senza di loro non sarebbe possibile comprendere la complessita' del dibattito globale sulla schiavitu' sessuale e sulla prostituzione.
Viaggiare per il mondo e condurre un'indagine sulle mafie degli schiavisti ha cambiato in modo radicale il mio punto di vista sull'interconnessione tra gruppi criminali. L'impunita' con la quale gestiscono i propri affari e' inquietante e desta molti sospetti, soprattutto in un momento storico come quello attuale in cui i paesi piu' potenti hanno messo la lotta alla tratta di esseri umani tra i punti principali all'ordine del giorno della sicurezza nazionale e internazionale. Perche' esistono tante contraddizioni nelle politiche migratorie e nei trattati di libero commercio? Come e' aumentata la presenza femminile nei flussi migratori? Quanti paesi avallano sotto il profilo legale lo sfruttamento del lavoro in nome del miglioramento dell'economia? Perche' scarseggia la trasparenza nella gestione dei visti d'ingresso temporanei degli emigranti dai paesi poveri a quelli ricchi? Come operano le maquiladoras e qual e' il meccanismo adottato da imprenditori e governi per scegliere i territori in cui sfruttare la forza lavoro?
Dovermi confrontare emotivamente con il mio essere donna ha reso piu' complessa la mia indagine giornalistica. L'impegno e' stato immenso. Sebbene io parli quattro lingue mi sono dovuta affidare a interpreti e stringers del posto, che conoscevano ogni angolo delle varie citta' nonche' le regole dei gruppi criminali locali. Diversi giornalisti di quotidiani internazionali, tutti uomini, hanno messo una buona parola per me con tassisti, informatori e guide. Tra i miei colleghi nessuno aveva seguito fino in fondo la pista degli schiavisti e dei trafficanti di donne, sebbene alcuni avessero affrontato l'argomento all'interno del contesto piu' ampio della corruzione o del crimine organizzato. Senza suscitare sospetti, molti di loro sono riusciti a entrare nei bordelli e nei locali karaoke di una ventina di nazioni in cui si svolge la tratta di ragazzine. Sono uomini, e questo e' il loro passaporto per accedere alla scena del crimine.
In Cambogia, Thailandia, Birmania e in Asia centrale sono stata obbligata a ricorrere a diverse strategie per evitare pericoli. Sono andata incontro a enormi frustrazioni, come quando dovetti fuggire a gambe levate da un casino cambogiano gestito da una triade cinese nel quale si effettuava la compravendita di bambine minori di dieci anni.
Gli ostacoli non sono stati pochi. In tutte le localita' turistiche del mondo esistono tassisti, portieri d'albergo o autisti che offrono servizi, promuovono la prostituzione e sono parte della rete dei trafficanti, il che da' poche certezze di non andare incontro a tradimenti. C'e' un'alta probabilita' che colui che ti accompagna per le strade dello Sri Lanka, di Miami o di Cuba informi le organizzazioni criminali locali della presenza di una giornalista che fa domande per una non meglio precisata inchiesta, o che vuole andare in determinati quartieri dove vivono i protettori e le vittime della tratta.
La paura, sempre presente, e' stata di natura squisitamente femminile; e se da un lato mi ha reso piu' prudente, dall'altro mi ha spinto ad affinare la mia ricerca di fonti dirette e a portare a termine un lavoro piu' preciso. Allo stesso modo mi ha insegnato a entrare in empatia con le vittime che hanno avuto il coraggio di raccontarmi la loro storia e mi ha ricordato come in qualsiasi societa' patriarcale essere donna sia pericoloso.
Ho intervistato varie sopravvissute ed esperte, ma ho dovuto anche avvicinarmi a chi stava dentro quelle reti e uscirne viva per raccontarlo. Per raggiungere il mio obiettivo ho messo in pratica gli insegnamenti di Guenter Wallraff, maestro tedesco di giornalismo e autore di Faccia da turco. Conobbi Guenter quando visito' il mio paese ed ebbi l'opportunita' di condividere con lui alcune esperienze. Seguendo il suo metodo, nel mio percorso dal Messico fino all'Asia centrale mi sono camuffata assumendo false identita'. Grazie a questi accorgimenti mi sono potuta sedere a bere un caffe' insieme a una trafficante filippina in Cambogia; ho potuto ballare in un locale notturno fianco a fianco con ballerine cubane, brasiliane e colombiane in Messico; entrare in un postribolo di minorenni a Tokyo in cui tutti sembravano personaggi usciti dalle pagine di un manga e camminare, vestita da novizia, nelle vie de La Merced, uno dei quartieri piu' pericolosi di Citta' del Messico, controllato da potentissimi trafficanti.
Sebbene tutte le forme che assume la tratta di esseri umani rispondano a una ricerca del potere economico, quella sessuale alimenta, rigenera e rafforza una cultura di normalizzazione della schiavitu' come risposta possibile alla poverta' e alla mancanza di accesso all'educazione per milioni di donne, bambine e bambini. Il potere dell'industria internazionale del sesso si basa sulla mercificazione del corpo umano, visto come un bene passibile di sfruttamento, acquisto e vendita senza il consenso della sua proprietaria. Steve Harper, che del mercato e dell'industria del sesso e' uno fra i maggiori protagonisti e promotori, in un'intervista rilasciata in occasione della fiera mondiale del sesso Sexpo 2009 ha dichiarato: "Non facciamo confusione. Tutto questo ha a che vedere con i soldi, non con le persone". "Make no mistake. This is all about money, not people", e' lo slogan che Harper utilizza nei corsi di formazione per imprenditori del sesso. I milioni che questi investitori spendono annualmente per creare una lobby politica a favore della normalizzazione della schiavitu' potrebbero salvare dalla fame un'intera nazione.
Prima di intraprendere questo viaggio, un generale in congedo dell'esercito messicano mi disse che per un trasporto illegale di kalashnikov AK-47 bastano un imballaggio adeguato, un acquirente, un intermediario statale corrotto e un venditore. Una schiava, invece, ha bisogno di essere convinta che la sua vita non abbia alcun valore, tranne che per il suo acquirente e il suo venditore. Il potere dei trafficanti si basa sulla cancellazione di qualsiasi possibilita' di vita libera e dignitosa per le potenziali vittime. Nel mondo la poverta' non e' solo terreno fertile, ma motore di sviluppo della schiavitu' di donne e uomini. E la complicita' degli apparati governativi e' innegabile.
In queste pagine appariranno tutti i personaggi della tragedia: ascolteremo le voci dei trafficanti e degli schiavisti, delle vittime che si sono trasformate in oppressori e di chi ha riacquistato la salute del corpo e della mente riuscendo cosi' a trasformare la propria vita; e le voci degli intermediari e dei clienti, delle tenutarie, dei militari e dei pubblici funzionari, onesti e corrotti, di ogni livello e paese. Madri che mi hanno proposto di comprare le loro figlie e mamme di giovani sequestrate dai trafficanti, che le cercano disperatamente. Troverete anche le voci di chi fa parte di reti locali dedite al turismo sessuale. Le loro testimonianze, le loro minacce e le loro speranze sono tutte in questo libro.
Chiaramente non possiamo comprendere questi commerci criminali senza seguire le tracce del denaro. Come lo ripuliscono, e dove? Le banche e gli investimenti in borsa giocano un ruolo di primissimo piano. Per capire il fenomeno e' stato imprescindibile analizzare le posizioni assunte da vari paesi rispetto alla tratta di esseri umani e alla prostituzione ed esaminare i proventi che la sua legalizzazione o regolamentazione garantiscono ai governi, nonche' il valore culturale che uomini e donne attribuiscono al commercio sessuale. Ho fatto cosi' conoscenza con nazioni profondamente religiose, come la Turchia, dove la prostituzione non solo e' legalizzata ma in cui e' il governo stesso a gestire i bordelli. All'estremo opposto la Svezia, che punisce il consumo di sesso a pagamento e protegge legalmente le donne vittime di schiavitu' sessuale a fini di lucro.
Quest'opera, infine, non sarebbe completa senza i milioni di persone che dedicano la propria vita a riscattare e guarire le vittime della tratta; dalla Cina al Brasile, dall'India a Los Angeles, dal Guatemala fino al Canada e al Giappone.
In definitiva questa e' una mappa della schiavitu' contemporanea, un'indagine che risponde alle domande essenziali del giornalismo: chi, come, dove, quando e perche', in pieno XXI secolo, si vendono sempre piu' esseri umani, armi e droghe. La risposta che mettera' fine a questo crimine e' nelle mani dei cittadini del mondo. Spero che ciascun essere umano possa intraprendere il proprio cammino verso la liberta' e la speranza, oltre il panico morale suscitato da questo argomento negli ultimi anni.
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Da p. 174
7. Clienti: il segreto della maschilita'
Tra un viaggio e l'altro tornavo a casa a Cancun, in Messico. Seduta al ristorante Puerto Madero, mi stavo godendo la splendida vista sulla laguna Nichupte' sorseggiando una birra. Due miei amici mi raggiunsero e ordinammo tequila per festeggiare il mio ritorno. Mentre chiacchieravamo, un cameriere si avvicino' al nostro tavolo con una bottiglia di champagne, seguito subito dopo da un altro giovane con tre calici di cristallo: "Signora Lydia, da parte del signore seduto a quel tavolo laggiu'", disse affabilmente il cameriere indicando un uomo con lo sguardo. Avevo gia' notato che il tipo in questione ci stava osservando da un po'. Alto e robusto, mangiava carne e beveva vino insieme a due ragazze vestite in modo provocante e con tacchi alti a zeppa, in plastica trasparente, entrambe bionde platinate e di eta' non superiore ai venticinque anni. L'uomo guardava con insistenza verso il mio tavolo. Abituata a vivere sotto minaccia di morte, sono sempre in allerta, in particolare nei luoghi affollati.
"Lo ringrazi da parte mia, ma non mi faccio offrire da bere dagli sconosciuti", risposi. Il cameriere sembro' molto infastidito e con voce ancora piu' bassa provo' a insistere: "Signora, il signore dice che non accetta di essere respinto". Guardai il cameriere negli occhi, mentre i miei compagni di tavolo, quasi di nascosto, insistevano perche' accettassi la bottiglia e chiudessi la bocca. La tensione aumento'. "Gli dica che lo ringrazio tantissimo ma che non posso accettare". Il cameriere torno' con la bottiglia in mano verso il tavolo del tipo, che sospettavamo fosse una qualche specie di mafioso; fu allora che mi fece un cenno discreto da sopra il tavolo, una specie di saluto militare, accostando la mano aperta alla fronte e poi muovendola in semicerchio verso il basso. Io mi limitai a chinare leggermente la testa e diedi per concluso l'episodio.
La diffusione dei cartelli del narcotraffico nel mio paese ha ampliato il numero di persone implicate nelle loro reti operative, per esempio quella dei Los Zetas, formata da ex militari dell'esercito. Questi individui si trovano dappertutto. Negli ultimi anni si sono fatti largo nell'alta societa', alla quale offrono protezione a pagamento dalla violenza provocata dalla "guerra contro il narcotraffico", sferrata a partire dal 2006 dal presidente Felipe Calderon. E' cosi' emerso in modo evidente che la violenza generata dalle guerre e dalle dittature finisce col favorire le mafie, che cercano sempre di riposizionarsi in attivita' legali che consentano loro di espandersi in tempi di crisi.
Alcuni minuti dopo quell'episodio mi diressi verso il bagno. Quando uscii, il tipo dello champagne stava fermo ad aspettarmi accanto a una colonna. I miei amici mi guardavano da lontano. "Signora Cacho, mi ascolti. Lei e' la donna piu' coraggiosa di questo paese, e voglio che sappia che noi due ci assomigliamo piu' di quanto lei pensi. Ci battiamo entrambi contro le stesse malvagita', perche' alcune cose sono consentite, altre invece violano la legge divina e quella dell'uomo". Io lo guardavo fisso negli occhi. Alto e con portamento militare, indossava un paio di occhiali Armani, un orologio di lusso, pantaloni in tessuto misto, scarpe italiane e una medaglietta d'oro della Vergine di Guadalupe al collo. Il tipo ostentava fiducia e, sebbene si sforzasse di utilizzare un linguaggio corretto, sembrava che stesse parlando del piu' e del meno: "Se lei me lo consente, mi assumo l'incarico di eliminare il nostro caro governatore e quel Nacif. Bisogna ripulire questo paese dai topi di fogna che mettono le mani addosso ai nostri figli".
Mi sentii raggelare e provai una fitta allo stomaco: riuscii solo a rispondere che gli ero grata per la sua offerta ma che non credevo nella violenza. "Non si tratta di crederci o no, non e' piu' il tempo, non ci sono dubbi", disse convinto. Fisso' il suo sguardo nel mio e disse che capiva la mia diffidenza, ma che era un uomo di parola. Un cameriere ci passo' accanto e, alle spalle dell'uomo, mi lancio' un'occhiata apprensiva, poi prosegui' senza sapere cosa fare. "Signora, mi ascolti, ora torni al suo tavolo: se prima che io me ne vada lascera' cadere a terra il tovagliolo, allora sapra' che ci prenderemo cura insieme dei nostri bambini, contro quei bastardi. Ha la mia parola di uomo di legge", insistette. "Le credo, buonasera", dissi cortesemente cercando di darmi un contegno, dopodiche' feci ritorno al mio tavolo.
I miei amici e alcuni conoscenti seduti ad altri due tavoli erano angosciati e non ci tolsero gli occhi di dosso. Mi sedetti e, prima di aggiungere altro, minacciai i miei amici di evitare a tutti i costi di far cadere un tovagliolo a terra; poi li disponemmo al centro del tavolo in segno del nostro rifiuto della violenza. Con le mani gelate e la bocca secca bevvi un sorso di tequila e raccontai quello che era successo. Ci rendemmo conto che il soggetto, un sicario del narcotraffico, si stava offrendo per assassinare il governatore Mario Marin e il suo sodale Kamel Nacif, che nel 2005 mi avevano torturato e incarcerato per convincermi a ritrattare il contenuto del mio libro d'inchiesta sulla rete internazionale di pornografia infantile gestita dal loro complice Jean Succar Kuri. Diventai famosa non soltanto per essere sopravvissuta ma perche' la loro complicita' emerse in tutta evidenza grazie ad alcune registrazioni sconvolgenti, attraverso le quali tutto il paese prese coscienza di come compravano e vendevano bambine, anche di quattro anni, per il turismo sessuale e la pornografia. Li denunciai e portai il caso fino alla corte suprema, dove la corruzione vinse la battaglia: rimasero in liberta' nell'indignazione generale.
Cio' che quell'uomo mi stava offrendo era l'essenza stessa della mafia: l'utilizzo della violenza a scopo di protezione. In quella circostanza potemmo toccare con mano un'applicazione concreta dell'"etica criminale". Confesso che, se ne avessi avuto il coraggio, non avrei resistito alla curiosita' di domandargli se mi avrebbe offerto gli stessi servigi nel caso in cui, al posto di bambine e bambini piccoli, quella rete fosse stata dedita alla tratta di giovani donne come quelle sedute al suo tavolo. So benissimo che le reti dei trafficanti di Cancun, Playa del Carmen e dello Yucatan devono la loro esistenza allo scudo protettivo dei Los Zetas e di altri membri di secondo piano dei cartelli della droga, specializzati nei sequestri e nella vendita di servizi di protezione.
Grazie al giornalista Misha Glenny scoprii Diego Gambetta, un professore di sociologia dell'universita' di Oxford autore di un libro che chiunque sia interessato a comprendere il funzionamento del crimine organizzato deve leggere: La mafia siciliana: un'industria della protezione privata. In quest'opera Gambetta spiega che le mafie, contrariamente a quanto ci hanno fatto credere per anni le autorita' di polizia, usano la violenza come mezzo e non come fine.
In genere si dice che le mafie siano l'industria della violenza; Gambetta confuta quest'idea e assicura che in realta' il prodotto che le mafie vendono, a vari livelli, e' la protezione. La violenza, in misura maggiore o minore, e' uno strumento per assicurare che la tutela sia effettivamente fornita: che riguardi un trafficante locale che vuole far uscire di nascosto le sue schiave dall'aeroporto e farle arrivare fino al suo club, un narcotrafficante colombiano o ecuadoriano che vuole restare fuori dalle lotte di potere tra un cartello e l'altro nel transito del suo carico attraverso il Messico o i Caraibi o ancora un produttore di pedo-pornografia russo che ne ha abbastanza dell'efficace opera di repressione svolta dalla polizia delle comunicazioni inglese o, infine, i gestori dei nuovi hotel-bordello delle isole caraibiche, come Dr. Nights, Charlie's Angels e altri resorts della Repubblica Dominicana, che si sono trasformati in un'oasi di sicurezza legale per i turisti europei e americani stufi delle leggi contro il consumo della prostituzione e del sesso con minorenni.
Le mafie non gestiscono necessariamente in modo diretto l'industria del sesso (a eccezione della Yakuza), tuttavia permettono che questa si rafforzi e cerchi nuove strade per evitare di cadere nelle maglie della legge. Devo dire che nel corso di questi anni ho scoperto nei miei viaggi un modello peculiare di quella che, attraverso ulteriori ricerche, potrebbe considerarsi una nuova tipologia di mafie superspecializzate nella schiavitu' umana.
Il grosso punto debole delle organizzazioni che soccorrono le vittime della tratta consiste nel fatto che a trarre i maggiori guadagni dal traffico di persone sono le mafie. Quando si riscatta una donna sfruttata l'imprenditore che perde una schiava rimette in moto le sue reti per rifornire nuovamente il mercato di "carne fresca", come dice un trafficante nicaraguense. Solitamente, in settantadue ore gli intermediari hanno gia' trovato la sostituta. L'imprenditore ha bisogno della mafia anche per avere protezione nel caso in cui le sue vittime decidano di testimoniare e, nell'eventualita' remota che scatti un'indagine, prima che entrino in azione le reti di corruzione operanti all'interno delle forze dell'ordine. Beninteso, le mafie percepiscono un compenso extra per l'intervento in un procedimento giudiziario. Alcune, come la Yakuza, dispongono perfino di studi legali specializzati nel pagamento di cauzioni a favore di imprese opache, come bordelli e case di tolleranza. Per capire come funziona la schiavitu' umana dobbiamo fare nostra l'idea che la mafia e' un'azienda, che la prostituzione e' un'industria e che le donne, le bambine e i bambini sono il prodotto che viene venduto.
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Numero 289 dell'8 marzo 2011
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