Dal 13 febbraio all'8 marzo



 

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DAL 13 FEBBRAIO ALL'8 MARZO

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Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero unico del 7 marzo 2011

 

Sommario:

1. Normanna Albertini: Questo otto marzo

2. Valeria Bertarelli: Questo otto marzo

3. Patrizia Caporossi: Questo otto marzo

4. Rosella De Leonibus: Un otto marzo pieno di domande

5. Virginia Del Re: Questo otto marzo

6. Maria G. Di Rienzo traduce Shiloh Sophia McCloud

7. Letizia Lanza: Questo otto marzo

8. Patrizia Pasini: Donne dietro le sbarre

9. Bruna Peyrot: Un 8 marzo dedicato alle donne egiziane

 

1. RIFLESSIONE. NORMANNA ALBERTINI: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normin56 at aliceposta.it) per questo intervento.

Normanna Albertini e' nata a Canossa nel 1956, vive e lavora a Castelnovo ne' Monti, insegna in un Centro territoriale permanente di educazione agli adulti ("in parole povere: insegno italiano agli stranieri immigrati, e lo trovo bellissimo, perche' vivo nella verita' del mondo, non in un mondo virtuale"); e' impegnata nel gruppo di Felina (Reggio Emilia) della Rete Radie' Resch, e quindi in varie iniziative di solidarieta', di pace, per i diritti umani e per la nonviolenza; scrive da anni su "Tuttomontagna", mensile dell'Appennino reggiano. Opere di Normanna Albertini: Shemal, Chimienti Editore, Taranto-Milano 2004; Isabella, Chimienti Editore, Taranto-Milano 2006]

 

In occasione dell'otto marzo, invece di scrivere altri articoli, vorrei divulgare questa nostra iniziativa sulla questione dei test obbligatori di lingua italiana legati al permesso di soggiorno. La nostra preoccupazione e' soprattutto per le donne (sapete quante analfabete abbiamo provenienti dal mondo arabo? Coma potranno sostenere il test? Ci vogliono anni, per loro, per imparare una lingua!). Ecco: le donne migranti sono quelle che, in questo momento, si trovano nella situazione di maggiore fragilita', perche' migranti, perche' donne, perche' povere. Io vedo e vivo le loro situazioni ogni giorno, perche' le portano in classe con i loro racconti, appena si riesce a stabilire un clima di fiducia. Vorrei che l'otto marzo fosse soprattutto per noi occasione di riflessione sulla situazione di queste donne in apnea, sospese tra due mondi.

Normanna Albertini

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Allegato: Una lettera aperta

Al Prefetto di Reggio Emilia, al Dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale, ai Centri territoriali per l'educazione permanente di Reggio Emilia e provincia, all'Assessore alla Scuola del Comune di Reggio Emilia, all'Assessore alla Scuola e diritto allo studio della Provincia di Reggio Emilia, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni dei migranti, alle scuole e agli enti che collaborano con i Ctp, alle associazioni che lavorano sul territorio, agli organi di informazione

Oggetto: Decreto Ministeriale del 4/06/2010 sulle modalita' di svolgimento del test di lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo a cittadini stranieri.

Mercoledi' 23 febbraio a Reggio Emilia, presso la scuola di italiano per stranieri, verra' somministrato per la prima volta nella nostra citta' il test di lingua per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo (Decreto Ministeriale del 4/06/2010).

Altri test di questo tipo sono stati effettuati nei giorni scorsi in tutta Italia. Giornali e televisioni, anche autorevoli, si sono soffermati su aspetti "di colore": lo studio notturno e l'ansia "da studente", quasi fosse un esame di maturita', di chi stava per affrontare le prove, il sollievo e la soddisfazione di chi usciva, la facilita' apparente dell'esame.

Quando qualche giorno fa a Modena e' stata bocciata circa la meta' dei candidati al test, non abbiamo riscontrato tuttavia a livello mediatico alcun tentativo di articolare una riflessione piu' seria. Tutti gli  studenti respinti hanno chiesto di poter frequentare corsi che il Ctp di Modena non puo' offrire attualmente. Dovranno attendere settembre poiche', dopo una drastica riduzione dell'organico avvenuta l'anno scorso nonostante l'altissima affluenza di stranieri, la scuola non e' ora in grado di accogliere la loro richiesta di formazione.

Nessuno ha purtroppo fatto notare che la divergenza esistente tra percorsi scolastici proposti dal Ministero dell'Istruzione e i nuovi test imposti dal Ministero degli Interni altro non e' che la differenza tra politiche serie di inserimento sociale e politiche demagogiche rischiosamente discriminatorie.

Questo e' cio' su cui noi, invece, crediamo si debba riflettere.

Ci ha sorpreso nei giorni scorsi l'assenza di riflessioni critiche rispetto all'idea che la lingua italiana divenga un requisito per l'accesso ai diritti piuttosto che un diritto essa stessa, da garantire attraverso specifiche politiche culturali e di inclusione.

Siamo convinti che il ruolo fondamentale della scuola sia quello di predisporre percorsi formativi, non quello di sancire, con un test,  ostacoli sociali che inibiscano l'accesso alle pari opportunita'. I Ctp, nella scuola pubblica, sono deputati, per quanto riguarda gli adulti immigrati, a garantire il diritto all'istruzione e la piena fruizione dei diritti di cittadinanza attiva, rispondendo alla necessita' di formazione linguistica e promuovendo la conoscenza dei valori costituzionali e delle regole di convivenza del nostro Paese nel rispetto delle diverse identita' e culture.

Respingiamo ogni ipotesi di trasformazione dei centri del sapere, dell'incontro e della condivisione in centri per il controllo. Il non superamento di questo esame puo' determinare conseguenze molto gravi nella vita delle persone, poiche' la precarieta' della situazione che precede l'acquisizione del permesso di lungo periodo crea estreme difficolta' allo straniero fino alla possibile caduta nella clandestinita' nel caso di perdita del lavoro.

Ci ha amareggiato la costante riduzione delle risorse destinate all'insegnamento della lingua e della cultura italiana, in un contesto in cui la domanda di formazione, soprattutto linguistica, da parte dei cittadini stranieri e' da anni superiore alle possibilita' che i Ctp hanno di far fronte alle richieste, dovendo spesso ricorrere a liste d'attesa, alla riduzione del tempo scuola, o al supporto di altri enti e associazioni di volontariato.

Ci indigna che di fronte a questa forte motivazione alla conoscenza dimostrata dagli immigrati si risponda oggi con un "esame" che penalizza fortemente coloro che non hanno potuto usufruire di un percorso scolastico di base, coloro che per svantaggi sociali ereditati dai propri paesi e confermati in Italia, non hanno potuto acquisire strumenti culturali e linguistici sufficienti. Si tratta non di rado di persone che sono gia' fortemente penalizzate nella societa'. Persone che appartengono alle fasce piu' deboli della popolazione e a classi sociali meno abbienti.

Ci dispiace che il Decreto inserisca un'inutile vessazione che allunga le procedure di rilascio dei permessi di soggiorno, crea notevoli difficolta' organizzative a tutti i soggetti coinvolti nella gestione degli esami e uno spreco di risorse pubbliche. Per la somministrazione del test verranno erogati infatti circa 1.000 euro al mese per ogni citta' italiana.

Crediamo che questo esame non serva a migliorare la gestione del fenomeno migratorio, ma soprattutto non produca integrazione, ne' interazione.

Per discutere di questo e per individuare prospettive di miglioramento dell'offerta formativa nei Centri Territoriali di educazione permanente in accordo con il mondo dell'associazionismo e gli enti pubblici e privati, chiediamo al Prefetto di Reggio Emilia di convocare al piu' presto il Consiglio territoriale per l'immigrazione, affinche' ai sensi del comma 2 dell'articolo 6 del Decreto Ministeriale in oggetto vengano promosse attivita' di informazione e riflessione a riguardo.

Annalisa Govi, Fabrizio Camellini, Normanna Albertini, Paola Casi, Daniela Benevelli, altre ed altri...

 

2. RIFLESSIONE. VALERIA BERTARELLI: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Valeria Bertarelli (per contatti: valeria at mostramida.it) per questo intervento.

Valeria Bertarelli, impegnata nei movimenti delle donne, nell'educazione ambientale e nella solidarieta' internazionale, tra le persone promotrici dell'esperienza di un ecovillaggio, partecipa agli incontri di accostamento alla comunicazione nonviolenta che si svolgono da mesi a Blera (Vt)]

 

Alle porte dell'otto marzo mi trovo a riflettere sul tipo di cultura che ha fatto si' che una giornata di lotta internazionale che ha visto generazioni di donne unite nell'affermazione della propria liberta' e autodeterminazione, venga facilmente dimenticata e trasformata in una giornata di scambio di mimose ben povera di contenuti.

E' alle porte dell'8 marzo che arriva la notizia dell'ennesimo stupro perpetrato su una donna, detenuta in stato di fermo e in attesa di processo, e questa volta ad opera delle tanto rassicuranti "forze dell'ordine"; ed e' sempre di questi giorni la sentenza di autoassoluzione dello stato di fronte all'accusa di tentato stupro ad opera di un ispettore di polizia nei confronti di una donna nigeriana, vittima di tratta, anch'essa detenuta in un centro di identificazione ed espulsione.

La violenza sulle donne di fatto continua a essere oggetto di strumentalizzazione da parte di un sistema che in nome della sicurezza agisce politiche razziste e diffonde un senso di terrore per il "diverso", lo "straniero"; e cosi' non stupisce la sentenza di inattendibilita' delle affermazioni di una donna immigrata che denuncia un uomo italiano, e uomo dello stato. E cosi' pure di fronte allo stupro di questi giorni di tre carabinieri e un vigile urbano nei confronti di una donna gia' in condizione di privazione della propria liberta' si urla all'indignazione, alle mele marce che non rappresentano nulla che abbia a che fare con la vera forza "dell'ordine", "della nostra sicurezza". Ma sappiamo bene che la situazione di detenzione e' gia' una condizione di sopraffazione dove uomini in divisa hanno il potere di controllare il tuo tempo, le tue scelte di movimento e il tuo corpo. E se sei una donna hanno finalmente la possibilita' di realizzare la fantasia maschile che la cultura patriarcale in cui siamo immerse alimenta: fare del corpo delle donne quello che vogliono, piegarlo e usarlo a loro piacimento.

La storia delle donne e' storia di soprusi per opera degli uomini. Violenza che vede il suo apice in una societa' classista attraverso lo sporco ricatto di vessazioni sessuali nei confronto delle donne immigrate gia' private della propria liberta' solo perche' prive di documenti, per la maggior parte gia' vittime di tratta, schiave del mercato occidentale del sesso, per questo i soggetti piu' ricattabili della nostra societa'; e per questo private del riconoscimento della propria dignita' di donne e costrette a vita di prostituzione anche dentro ai Cie, proprio per mano delle forze dell'ordine del nostro stato italiano.

Ma anche violenza trasversale alla questione di razza e di classe. Violenza che ha tante facce, che a volte non e' facile percepire perche' capace di mascherarsi anche di amore. La violenza sulle donne e' violenza di genere. Genere maschile.

I dati parlano da se', ed e' storia nota la cultura di sopraffazione patriarcale e maschilista che vede l'80% delle violenze subite dalle donne proprio in quegli ambiti domestici che si auspicherebbero sicuri, protetti, e proprio per mano dei propri fidati mariti, fidanzati, conviventi, fratelli, padri, amici. Italiani. Occidentali. Coloro che l'otto marzo ti regalano mimose. Oggi abbiamo la conferma che la sicurezza con cui si vantano di tutelarci e' solo una subdola forma di controllo e di abuso di potere.

E' violenta una societa' che propone modelli di donna trasformabili al compiacimento del genere maschile, dove il corpo delle donne non ha riconosciuta la dignita' di invecchiare serenamente. E' violenta una societa' che maschera la doverosa disponibilita' della donna alla cura dei mariti, dei figli, della casa, degli anziani, e ancora donna lavoratrice in quanto donna emancipata, come una superiorita' di genere che deve aver la pazienza di sopportare e non reagire. Mai. Se no sono guai.

E di questo ne sono complici i media, cosi' come ne siamo complici tutte e tutti fino al momento in cui non cerchiamo di cambiare le cose, trasformando le relazioni alla radice.

Non ho mai smesso di credere alle dichiarazioni di Joy, quella donna nigeriana, cosi' come denuncio l'inattendibilita' di tutte le sentenze di stato di assoluzione di casi di stupro "consenziente".

E nella giornata del sette marzo voglio ricordare Marinella, che proprio oggi di ventiquattro anni fa venne stuprata da un gruppo di uomini in piazza Navona, a Roma, e fu forte ma non abbastanza nel reagire a una modalita' di connivenza con gli stupratori che avvenne con la colpevolizzazione della vittima di stupro, con il pubblico sostegno degli stupratori e con la complicita' di chi resto' in silenzio. Modalita' all'oggi, 7 marzo 2011, ancora presente e persistente.

Il mio otto marzo e' nella lotta di tutti i giorni. Finche' anche solo una donna non e' libera non lo posso essere neanche io, non lo puo' essere nessuna donna, non lo puo' essere nessun popolo.

 

3. RIFLESSIONE. PATRIZIA CAPOROSSI: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Patrizia Caporossi (per contatti: latuffatrice at virgilio.it) per questo intervento.

Patrizia Caporossi (1951). Laurea in filosofia alla Sapienza di Roma (1975), perfezionamento in filosofia a Urbino (1978) e a Napoli (1981), dottorato in filosofia e teoria delle scienze umane a Macerata (2007); docente di filosofia e storia, a tutt'oggi, al Liceo classico di Ancona; docente per filosofia e storia alla Scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario dell'Universita' di Macerata (1999-2009); dirigente provinciale dell'Unione donne italiane di Modena (1976-1978); presidente provinciale dell'Istituto di storia del movimento di liberazione delle Marche di Ancona (1985-1986); commissaria della prima Commissione delle pari opportunita' delle Marche (1987-1991); socia fondatrice dell'Istituto Gramsci Marche (1980); socia, sin dalla fondazione (1989), della Societa' delle storiche italiane; promotrice dei Seminari magistrali di genere "Joyce Lussu" di Ancona (1995). Tra le ultime pubblicazioni: Identita' di genere nella formazione, Ancona 1996; Tina Modotti, Ancona 1998; Seminare per fare politica, Ancona 2000; Joyce Lussu e la passione politica, Firenze 2002; Joyce Lussu e la storia, Cagliari 2003; Il giardino filosofico, Falconara 2005; Il dono della liberta' femminile, Firenze 2006; Essere creare sapere, Ancona 2008; Il corpo di Diotima. La passione filosofica e la liberta' femminile, Quodlibet 2009; Il mio '68, Ancona 2009; Il genere e il metodo; donne e scienza, Progetto Formez, PensaMultiMedia, 2010. Cfr. anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 340, e il blog: http://patcap.blogspot.com/]

 

Questo 8 marzo, nel suo centenario, porta in se' il senso della nostra storia per chi trascura e offende, dimenticando la forza vitale della specie umana che non puo' che essere nel senso del genere, nella consapevolezza del se'.

Niente e' scontato. La storia (ci) insegna che fare tradizione al femminile significa conquistare in ogni generazione la coscienza identitaria del proprio ethos, che si delinea in quell'habitus che, ogni giorno, si palesa nei gesti, nelle parole e nel senso civico vissuto e praticato. E allora tutto potra' assumere ai nostri occhi la sua giusta dimensione per un'etica della responsabilita' nella misura del se'.

A questo il movimento delle donne non hai mai abdicato. Non basta dirlo, non basta ricordarlo: bisogna viverlo, testimoniarlo quotidianamente in ogni luogo, in ogni dove.

L'8 marzo ritorna cosi' a essere quel "capodanno" delle donne, come una canzone di Teresa Gatta negli anni '70 affermava, di quelle donne che ardiscono l'agire e il prendere iniziativa, quale nostra peculiarita' umana fondamentale, direbbe Hannah Arendt.

Buon anno!

 

4. RIFLESSIONE. ROSELLA DE LEONIBUS: UN OTTO MARZO PIENO DI DOMANDE

[Ringraziamo Rosella De Leonibus (per contatti: r.deleon at tin.it) per questo intervento.

Rosella De Leonibus vive a Perugia e lavora come psicoterapeuta della Gestalt con adulti, adolescenti, coppie e gruppi. Si occupa anche di formazione e supervisione di equipes, e collabora con istituzioni pubbliche e private per progetti di prevenzione, di sensibilizzazione ed educazione sociale, con particolare attenzione ai temi della genitorialita', dell'adolescenza e della relazione di coppia. Da una decina di anni collabora con la Pro Civitate Christiana di Assisi: come relatrice in occasione dei convegni sulla coppia, sulla terza eta' e sul mondo giovanile, come responsabile scientifico e docente del Corso triennale per l'acquisizione di abilita' di Counselling, e come collaboratrice della rivista "Rocca", dove tiene rubriche periodiche. Oltre a numerosi articoli di psicologia applicata, editi in riviste di settore e in altri periodici, ha pubblicato Psicologia del quotidiano (2005) e Cose da grandi: nodi e snodi dall'adolescenza all'eta' adulta (2006) entrambi editi dalla Cittadella Editrice. Suoi contributi sono stati pubblicati in altri volumi di tematiche psicologiche e di formazione permanente. E' responsabile della collana "Alfabeti per le emozioni" nell'ambito delle psicoguide di Cittadella Editrice, per cui ha pubblicato P come paura (2009) e C come coraggio (2010)]

 

Quante erano le operaie che cento anni fa sono bruciate vive a New York nella camiceria in cui lavoravano praticamente rinchiuse?

Chi era la donna filippina di mezza eta' che, finito il suo turno di pulizie quasi a mezzanotte nel supermercato dove andate di solito, si e' stretta nel suo cappotto ed e' tornata nella stanza che divide con altre due connazionali a piu' di un'ora di autobus, e tra poche ore dovra' rifare all'inverso lo stesso tragitto per iniziare alle sei ai mercati generali? Fa un lavoro precario, sottopagato, e in piu' part time. E' una di noi, lo e' davvero?

Quale e' la fortuna di nascere donna?

Cosa comporta passare dall'uguaglianza dei diritti alla valorizzazione della differenza di genere, fino al riconoscimento dell'eccellenza delle donne, considerando contesti specifici (per esempio la scuola pubblica, i luoghi della politica di una piccola citta' italiana, una grande azienda in crisi, una casa di periferia, una strada piena di traffico tra le cinque e le sette del pomeriggio di una normale giornata di lavoro)?

I congedi per maternita' rappresentano un costo per la nazione?

Nel dare il seno ad un bambino, produciamo l'icona del dono?

La guerra, ogni guerra, ha lo stesso costo per gli uomini e per le donne? Chi, fra tutti, ha piu' a cuore la vita, la vita sul serio, quella che un corpo di donna genera e nutre?

Sangue e amore hanno lo stesso significato nel linguaggio maschile e in quello femminile?

Nel corpo delle donne che si lascia trasformare dalla gravidanza c'e' il senso piu' profondo e sacro dell'ospitalita'?

E se il nascere da un corpo di donna fosse la base di ogni altro discorso? E se da questo discorso si potesse partire per capire davvero da dove veniamo, e che siamo stati tutti ospitati, donne e uomini, una volta, lontano nel tempo, da qualcuno che non ci ha chiesto ne' nome ne' documento?

E se educare fosse, come vuole l'origine di questa parola, condurre fuori, e quindi fosse straordinariamente simile al far nascere?

E se il parto fosse una partenza? O fosse una s-partizione? Come possiamo riappropriarci di tali eventi se ne cogliamo la potente evocazione  metaforica?

Come funzionerebbe questo condurre fuori se ci fossero piu' donne nei luoghi del potere?

Come mai le regine, se tutto questo e' vero, continuano, nelle fiabe e nelle monarchie, ad avere una corona un po' piu' piccola del re, ed un trono un po' piu' basso?

Siamo capaci di disobbedienza?

C'e' nella nostra mente lo spazio per definire il mondo e noi stesse a partire dalla specificita' del nostro linguaggio?

Dove eravamo quando ci siamo accorte di essere donne?

Quale scenografia ha fatto da sfondo a questo momento? C'erano altri personaggi in scena? Chi erano? Quali battute hanno pronunciato? Era un copione? O piuttosto si improvvisava a braccio?

Dov'e' il confine tra il corpo e la mente di una donna? E tra il passato e il sentimento di questo attimo?

Chi stabilisce la differenza tra amore e sottomissione? Per quali vie si arriva a non conteggiare se stesse nei posti da apparecchiare a tavola?

Generosita', dedizione, dono, sacrificio, umiliazione, annullamento: sapreste definire esattamente le differenze?

Fiducia e autorita', e dall'altro lato, autorita' e potere: in quale coppia di termini come donna vi riconoscete? In quale coppia di termini riconoscete alcune tappe della vostra vita?

Dovra' ancora passare un certo tempo perche' una donna possa davvero riconoscere l'autorita' di un'altra donna e affidarsi ad essa?

Per dove passa un cammino piu' sereno per le donne?

Che ne fanno le donne dei modelli di comportamento marcatamente maschilisti?

Quando e' che una donna potra' finalmente dire di se' in prima battuta "si', mi sento all'altezza", senza se e senza ma?

Chi e' forte? Quando? A che prezzo? Chi paga il prezzo?

Una divisa puo' eventualmente diventare un alibi? Per un uomo o anche per una donna?

Quanti tatuaggi occorre saper descrivere per non passare per calunniatrice?

Essere corpo inerme predispone inesorabilmente a diventare, senza mediazioni e senza pensiero, oggetto delle pulsioni altrui?

Se non ci sono ferite o segni di percosse l'abuso sparisce?

Quanto abuso si puo' incontrare nel lungo percorso che passa dal riconoscersi vittima, dal denunciare una violenza, fino alle indagini, e poi all'apertura del processo e alla pronuncia della sentenza? E dopo?

Cosa rispondere ad una ragazza che ci chiede quali sono i luoghi sicuri per le donne?

Cosa ricordate dell'ultima volta in cui avete pronunciato, dentro di voi, o davanti a qualcuno, ma con la stessa chiara fermezza, parole come "per quanto io possa amarti, per quanto tu possa dire di amarmi, questa cosa per me e' inaccettabile"?

Cosa puo' dire una madre alla propria figlia femmina, quando vuole riconoscerle il suo valore come persona? Cosa succederebbe  se cominciasse con "anche se sei una donna..."?

Che effetti potrebbe avere la tonalita' vittimistica delle madri sulle generazioni che seguono?

Come mai sembra che  funzioni cosi' automaticamente la specificita' delle donne nelle relazioni di cura?

Che cosa si prova se ci si ferma un istante e ci permette di sentire con tutto il corpo, con tutti i sensi, con tutta la mente, il ritorno di cosi' tante donne in  centinaia di piazze in tutta Italia?

Dove comincia una grande rivoluzione culturale, a casa o nelle strade? E dove trova  il suo punto di arrivo?

Quali modi avete sperimentato per tenere insieme l'immagine mediatica del corpo femminile e la personale esperienza del vostro corpo di donna reale?

L'autonomia personale ha dei costi? L'amore di un compagno deve essere uno di questi?

Lacerarsi l'animo e' il prezzo da pagare se nasce un bambino nel periodo in cui stiamo impegnandoci a fondo per i nostri obiettivi professionali?

E i sensi di colpa? Sono schiaccianti nello stesso modo se c'e' un legame e un riconoscimento reciproco tra donne?

La tenacia, la flessibilita', la competenza di molte donne trova riconoscimento di piu' o di meno nelle situazioni di crisi?

Rivendicare diritti e' qualcosa che attenua o fa crescere la coscienza che le donne hanno di se stesse come soggetto politico?

Uscire dalla complicita' con certi modelli di comportamento maschili e' qualcosa che le donne dovranno pensare di rinnovare ad ogni generazione?

Quali uomini possono stare accanto a donne che non intendono proporsi come donne a disposizione?

Se Cenerentola a mezzanotte, uscendo dalla festa, avesse scelto di non tornare a casa, Il principe avrebbe perso per sempre le sue tracce?

Ce la faremo ancora, ogni giorno, a vincere la paura atavica di differenziarci, di essere soggetti?

Ce la faremo a sostenere la tensione del conflitto per il tempo sufficiente a generare quei cambiamenti talmente grandi che danno l'idea di essere irreversibili?

Avremo poi il coraggio di sostenere fino in fondo  il cambiamento che saremo riuscite a generare, e andarne fiere per il resto dei nostri giorni?

Che posizione vogliamo prendere davanti al nostro stesso potere, siamo in grado di riconoscerlo, ritrovarlo, e farne uso?

Se non ora, quando?

 

5. RIFLESSIONE. VIRGINIA DEL RE: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Virginia Del Re (per contatti: virdelre at tin.it) per questo intervento.

Per un profilo di Virginia Del Re da una ampia intervista apparsa sui "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 271 riprendiamo la seguente breve notizia biografica: "Ho insegnato lingua e letteratura inglese per anni; dagli anni '90 faccio parte di associazioni di donne a Pisa. Tra le pubblicazioni sette quaderni su Insegnare i temi dello sviluppo (Provincia di Pisa, 1988-1996); In their own words. Antologia inglese multiculturale, con L. Paggiaro (Loescher, Torino 1994); Persia Mystica. Poeti sufi classici (Ets, Pisa 2004)"]

 

Questo otto marzo 2011 e', mi sembra, del tutto speciale. Molte donne (e molti uomini) dicono che non c'e' proprio nulla da festeggiare, anzi... Molte altre donne (e molti uomini), d'altra parte, vogliono farne un momento particolarmente importante, diverso, piu' ricco della rituale celebrazione di  questa "giornata particolare", dalla storia un po' vaga e confusa per molte/i di noi, come e' proprio di tutti i miti (1).

Forse una radice della divergenza tra favorevoli e contrari si trova proprio nelle parole da usare per l'8 marzo, che non e' la "festa della donna", di americane risonanze (vedi "festa della mamma" o "del papa'"), ma la giornata internazionale delle donne, che ha sempre avuto una connotazione fortemente politica e universale. "Festa", e "festeggiare", suonano scioccamente gioiosi. "Celebrare" sarebbe piu' esatto, ma ha un suono burocratico e pomposo, e non restituisce affatto la voglia di levita', di gioco, che di solito accompagna - da tempi immemorabili - i rituali delle donne. La stessa forza e gentilezza che riconosciamo nella mimosa voluta da Teresa Mattei, Rita Montagnana e Teresa Noce, tre delle ventuno donne della Costituente. Ho letto una lettera di donne sull'argomento, che comincia: "Basta con fiorellini e regalini...": dunque si devono essere formati  vuoti di memoria nefasti, in questa ondata di melma sciagurata che ci e' venuta addosso: non ricordiamo piu' gli abiti colorati, le figure di danza, i volti dipinti  delle femministe mentre rivendicavano parita' di diritti, lavoro, liberta' di decisione autonoma su questioni gravi, serissime, come aborto, divorzio, educazione dei figli?

Ma torniamo a questo otto marzo 2011, che io credo sia da celebrare e da ricordare, nonostante tutto, per almeno due o tre ragioni importanti. La prima: questo e' un 8 marzo speciale perche' si salda con un'altra "giornata particolare" recentissima: il 13 febbraio... una giornata in cui il suono della voce delle donne si e' sentito di nuovo, forte - e si sentira' ancora l'otto marzo e oltre - nelle piazze di tante citta' italiane.

A Pisa il 13 febbraio eravamo davvero in tante: donne che da anni sembravano aver dimenticato, sotterrato le rivendicazioni femministe, la voglia di uscire in piazza a chiedere di veder rispettati i diritti di pari dignita' e pari opportunita' nel lavoro retribuito, nella vita domestica/privata, nella vita sociale e civile; e il diritto alla sicurezza del corpo e alla autodeterminazione, il diritto di  essere riconosciute soggetti agenti, "capaci", titolari di autonomia e responsabilita', e non - sempre - minori e oggetti passivi del desiderio altrui. In tempi brevissimi, per passaparola e con l'aiuto di e-mail, social networks e cellulari, si e' formato un Comitato donne 13 febbraio, vi hanno partecipato e lavorato donne di tutte le eta' e di varie appartenenze, politiche, associative o semplicemente cittadine, italiane e straniere.

Uno slogan scritto da una nostra amica e ripetuto alla manifestazione del 13 febbraio e' piaciuto molto: "non stavamo dormendo, stavamo riflettendo". Lo slogan chiaramente rimandava al passato "eroico" del femminismo, anche nel tono, ma le giovani lo hanno ripetuto forte, con gioia. Ed ecco un'altra cosa da festeggiare: la presenza, la visibilita' delle donne giovani, che credevamo distanti,  concentrate - e con ragione - sul  futuro che  forse non c'e' e che comunque non si vede, o magari anche ostili, chiuse alla politica - quasi un po' solipsiste. Ci eravamo chieste spesso, noi, la generazione delle loro madri e nonne, come raggiungerle, come passare il testimone: ce le siamo invece ri-trovate vicine, solidali, senza muri anagrafici, re-attive e preparate a prendere parola, a farsi ascoltare.

E con loro, con noi, abbiamo visto i molti uomini che ci accompagnano e condividono parole e istanze. Non e' poco, mi  pare: dallo spirito nuovo del tempo delle donne sembra sparita l'esclusione dei maschi. Si va affermando, sia pure in ritardo e lentamente, l'idea che lo sfacelo presente, la violenza diffusa che ha per oggetto privilegiato le donne non e' una "questione di donne", e' anzi - come diciamo in tante e tanti - fondamentalmente una questione maschile di cui gli uomini devono farsi carico: boccone amaro da trangugiare per un sistema pervicacemente sessista, per questo patriarcato attardato, retrivo, la cui attivita' principale in questa sfera  della vita sembra essere da sempre una rimozione perpetua, totale, uno strabismo contrario a ogni logica, a ogni onesta' intellettuale, di fronte ai fondamenti della relazione tra le persone, relazione che e' stata sempre e rimane il cuore del pensiero delle donne.

Credo che dobbiamo accogliere come amici ritrovati gli uomini dei gruppi di riflessione maschile, e quelli che da sempre si sentono dalla nostra parte, che sentono l'offesa alle donne come umiliazione e vergogna per loro stessi. Per questa ragione, mi piace citare una voce maschile sulla giornata del 13 febbraio. Scrive Stefano Rodota': "Le donne che l'hanno promossa, le donne che con il loro sapere ne hanno accompagnato la preparazione senza rimanere prigioniere di alcuni stereotipi della stessa cultura femminista, hanno colto lo spirito del tempo, dimostrando quanta fecondita' vi sia ancora in quella cultura, dove l'intreccio tra liberta', dignita', relazione e' capace di generare opportunita' non alla portata della tradizionale cultura politica. E' qui la radice dello straordinario successo di domenica, della consapevolezza d'essere di fronte ad una opportunita' che non poteva essere perduta e che ha spinto tanti uomini ad essere presenti e tante donne a non cedere alla tentazione di rifiutarli" (2).

Certo, sarebbe bello, bellissimo, se non ci fosse bisogno di festeggiare la voce ritrovata, la voglia delle donne di quattro generazioni di reagire finalmente, con  forza, al clima di offesa continuata e di squallore morale e intellettuale, e soprattutto alla continua violazione dei diritti fondamentali, affermati anche dalla nostra Costituzione.

Ma visto che questa e' la realta', intanto celebriamo l'8 marzo; e poi il 17 per riaffermare il valore dell'appartenenza a un unico paese - che amiamo, e che vogliamo insieme migliorare, rendere un paese per donne. Dove andremo dopo?

Noi dell'Associazione Casa della donna abbiamo intitolato il nostro programma "Disseminiamo l'otto marzo: una citta' cento piazze"...

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Note

1. Per la vera storia dell'8 marzo, vedi: Alessandra Gissi, 8 marzo. La giornata internazionale delle donne, Viella, Roma 2010.

2. Stefano Rodota', La bandiera della dignita', ne "La Repubblica", 15 febbraio 2011.

 

6. POESIA E VERITA'. MARIA G. DI RIENZO TRADUCE SHILOH SOPHIA McCLOUD

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione e adattamento il seguente testo liberamente tratto da "Women can move frome broken dreams to new miracles" di Shiloh Sophia McCloud.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425.

Di e su Shiloh Sophia McCloud cfr. il sito www.shilohsophia.com]

 

Quando tutto quello che credevi di sapere cambia,

cosa fai, allora?

Quando tutto quello che sognavi di poter realizzare si allontana,

cosa sogni, allora?

Quando il mondo come lo pensavi si decostruisce,

in che modo avrai di nuovo fiducia in qualcosa?

Quando il manuale che usavi si smaterializza,

quali istruzioni segui?

Quando il paradigma secondo cui vivevi non ha piu' senso,

come ne trovi un altro che corrisponda a chi tu sei?

Quando il tuo cuore e' dolorante, e la ferita continua ad aprirsi,

in che modo continui ad amare e ad ascoltare?

Quando lo svelamento comincia, devi solo aspettare.

Siedi nel santuario in rovina della tua stessa anima,

anche se lo stupore e le grida sono cosi' accorate

da farti piangere tutto il giorno.

Sappi che non sei sola.

Non tentare di sopportarlo, di vincerlo,

di passare in fretta alla prossima cosa,

o ad una soluzione purchessia.

Non inventare nuove bugie affinche' coprano quelle vecchie.

Siedi nello sconforto. Siedi nello spazio che si apre.

E apri te stessa al miracolo.

Apriti al pensiero che nella tua coscienza vi e' il ricordo,

una memoria che sa

che guarire e', davvero, possibile.

 

7. RIFLESSIONE. LETIZIA LANZA: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Letizia Lanza (per contatti: letizialanza at libero.it) per questo intervento.

Letizia Lanza e' una prestigiosa intellettuale e poetessa; laureata in lettere antiche presso l'Universita' degli Studi di Padova (con una tesi in archeologia cristiana), perfezionatasi presso l'Universita' degli Studi di Urbino (con una tesi in scienze dell'antichita' - Indirizzo filologico), da lunghi anni interessata alla attivita' di ricerca persegue una prospettiva di indagine di filologia storico-femminile, esplicandola sia al riguardo dei documenti del passato sia nei confronti delle voci letterarie (italiane e straniere) del presente: nell'ambito della classicita', suoi filoni privilegiati di studio sono la poesia epica, essenzialmente "omerica" (con la dotta contre-partie rappresentata dalla produzione parodica), la lirica greca arcaica, la tragedia di Sofocle ed Euripide, ampi stralci della produzione storica e letteraria della latinita'; a cio' si aggiungono, ora piu' frequenti, le appassionate incursioni nel mondo dell'archeologia; nell'ambito della modernita', i suoi interessi si appuntano principalmente su presenze femminili "forti" quali Christine de Pizan, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Maria Zambrano, Ingeborg Bachmann - sia pure non trascurando, di entrambi i generi, voci magari piu' recenti e vicine (bastino tra tanti i nomi di Cesare Ruffato e Paolo Valesio); sul piano socio-politico e' impegnata anche con interventi scritti in difesa dell'ambiente, della biodiversita', della pace, della convivenza aperta nei confronti dell'altro/a, quindi aliena da violenza; oltre all'attivita' di scrittura, assieme all'impegno in seminari o lezioni universitarie (facolta' di lettere di Bologna e Padova) ha preso parte a conferenze, convegni e iniziative presso varie strutture (fondazioni, associazioni, musei, istituzioni culturali le piu' varie) e collaborato a molte riviste  e siti web; ha collaborato tra l'altro con la Fondazione Scientifica Querini Stampalia Onlus di Venezia, con l'Associazione Iasos di Caria, con la rivista della Boemia meridionale "Relationes Budvicenses", con la rivista veneziana "Nexus", con la Fondazione Luciano Bianciardi di Grosseto, con il sito de "L'araba fenice", con la rivista on line "Senecio"; fa parte dell'Associazione italiana di cultura classica, sezione di Venezia; fa parte della Societa' italiana delle letterate; assieme a Luana Castelli, Francesca Dissera, Anna Ponti e altre amiche veneziane fa parte del gruppo di ricerca "Geografia di genere - Geografia di citta'" coordinato da Tiziana Plebani. Tra le opere di Letizia Lanza: Archestrato, il cuoco degli dei (scritto in collaborazione con C. D'Altilia, illustrato da M. Vulcanescu), Abano Terme, Piovan Editore 1988; Sofocle. Problemi di tradizione indiretta (scritto in collaborazione con L. Fort, premessa di M. Geymonat), Padova, Editoriale Programma 1991; Ritorno ad Omero. Con due appendici sulla poesia africana, Venezia, Supernova 1994; Scritti di donna, Venezia, Supernova 1995; Il gioco della parola (1987-1995), Venezia, Supernova 1995; Eidola. Immagini dal fare poetico, Venezia, Supernova 1996; Scripta selecta. Da oggi a oggi, Venezia, Supernova 1997; Vipere e demoni. Stereotipi femminili dell'antica Grecia, Venezia, Supernova 1997; Donne greche (e dintorni). Da Omero a Ingeborg Bachmann, Venezia, Supernova 2001; Grecita' femminile. L'altra Penelope, Venezia, Supernova 2001; Frustoli di scrittura. Tra paganesimo e misticismo (postfazione di M. Ferrari), Venezia, Supernova 2002; Il diavolo nella rete (premessa di F. Santucci, postfazione di G. Lucini), Novi Ligure, Edizioni Joker 2003; Diabolica. Da oggi a ieri, Venezia, Supernova 2004; Poesie soffocate, Venezia, Poligrafica 2005; Ludi, ghiribizzi e varie golosita', Venezia, Supernova 2005; Levia Gravia 2004-2005, Venezia, Poligrafica 2006; Le donne e l'antico. Ed. L. Fort - I. Lisovy, Ceske' Budejovice-Venezia, Johanus 2006; Litora vitae honestae. Disputationes de magistro nostro, collega et amico, Professore Franco Sartori (1922-2004). Ed. I. Lisovy - L. Lanza, Ceske' Budejovice-Venezia, Lafoli 2006; Vino donne amori (di varia antichita'), Venezia, Supernova 2006. Cfr. anche l'ampia intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 253]

 

Devo dire che quest'anno, per me, l'8 marzo si lista di nero. Al di la' dell'ormai lontana origine, verisimilmente drammatica, durante questi cento anni, in chiave di  provocazione o di allegria, nelle tinte del giallo o del rosa, la ricorrenza si e' sempre svolta all'insegna di una femminilita' pulita - il che, naturalmente, non significa bacchettona o misoneista -, di una femminilita' spesso acculturata o in ogni caso autorevole. Quest'anno invece tutto mi sembra diverso. Perche', se e' vero che il nuovo modello vincente e' Ruby Rubacuori, allora tra tutti i colori dell'iride non restano che il rosso e il nero: il rosso della vergogna, il nero del lutto.

 

8. RIFLESSIONE. PATRIZIA PASINI: DONNE DIETRO LE SBARRE

[Ringraziamo Patrizia Pasini (per contatti: pasinipatrizia at libero.it e anche: Missionarie della consolata, via P. Foscari 52, 00139 Roma, e-mail: pplaboratorio at libero.it, tel. 0688641494, 3283172820) per questo intervento.

Suor Patrizia Pasini, missionaria della Consolata, fa parte di una rete a livello nazionale e internazionale di un programma di riflessione e di laboratori sulla gestione costruttiva della conflittualita' e delle differenze; e' da sempre impegnata in molte rilevanti iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza]

 

Il cigolio delle pesanti porte blindate che si aprono e si chiudono lasciandomi passare, e finalmente arrivo ad una delle sezioni del carcere femminile di Rebibbia. Prendo posto in una stanza; un tavolo e due sedie.

Conduco un programma di laboratorio e di colloqui sulla gestione costruttiva della conflittualita' umana e sulle differenze. Le donne  detenute iscritte al mio programma seguono con interesse e impegno lo sforzo stimolante di applicare al vissuto di ogni giorno, al disagio, alla solitudine al senso di fallimento, gli atteggiamenti costruttivi e liberatori del laboratorio.

Queste persone, spesso ferite e vittime di molte situazioni di disagio, vogliono riappropriarsi della loro vita, del loro se' interiore, vogliono scoprire che e' possibile essere donne libere, responsabili, affidabili, capaci di dire dei si' e dei no costruttivi.

Imparano e fanno l'esperienza dell'autocritica costruttiva e si aprono al valore del silenzio e della meditazione, strumenti indispensabili per toccare la vera essenza della propria umanita' e quindi ritrovare il loro equilibrio personale.

Il mio segreto e' il rispetto e la stima che ho per loro, la capacita' di stimolarle nella ricerca delle loro personali risposte, aiutandole  alla lettura della loro vita, usando criteri veri, sinceri ma sempre costruttivi.

Per molte di loro scoprire il valore intimo, profondo, unico della femminilita' e della maternita' e' comprendere e mettere al proprio posto uno dei tasselli piu' creativi e arricchenti della persona. Sono donne che dietro le sbarre non solo ritrovano il meglio di se' ma pensano e sognano la liberta' con modalita' nuove da loro stesse costruite.

In questo centenario della Giornata della Donna vorrei che si aprissero spazi nuovi e alternativi al carcere; programmi capaci di rivalutare le centinaia di donne dietro le sbarre, costruendo con loro e per loro nuove modalita' per  scontare la pena. Donne che potrebbero portare un apporto straordinario al bene comune. Donne che hanno bisogno di lavoro, di impegno, e di formazione professionale.

Mancano le case per creare queste strutture alternative, mancano gli operatori: queste sono le lamentele. A Roma ci sono case del Comune date in affitto a pochi soldi, a Roma ci sono persone qualificate nel sociale e nel campo psicologico che lavorerebbero volentieri in queste strutture alternative. Manca la visione costruttiva della vita, purtroppo prevale la visione punitiva. Sempre fallimentare.

 

9. RIFLESSIONE. BRUNA PEYROT: UN 8 MARZO DEDICATO ALLE DONNE EGIZIANE

[Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: peyrotb at libero.it) per questo intervento.

Per un profilo di Bruna Peyrot, dall'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 313 riprendiamo la seguente breve notizia biografica "Bruna Peyrot, originaria del Piemonte, ha lavorato presso il Consolato italiano di Belo Horizonte (Brasile) come responsabile dell'Ufficio Scuola e Cultura. Studiosa di storia sociale, pubblicista, conduce da anni ricerche sulle identita', le memorie culturali e i percorsi di costruzione democratica dei singoli e dei gruppi sociali, specie comparando Europa e America Latina, continente che frequenta da oltre dieci anni. Collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, e' autrice, fra l'altro, di La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura (Forni, 1990); Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi (Rosenberg & Sellier, 1993); Storia di una curatrice d'anime (Giunti, 1995); Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese (Giunti, 1997); Dalla Scrittura alle scritture (Rosenberg & Sellier, 1998); Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia (Edizioni Lavoro, 2000); Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita' (Citta' Aperta Edizioni, 2002); La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro da esiliato a ministro (Citta' Aperta Edizioni, 2004). Di recente pubblicazione: La cittadinanza interiore (Citta' Aperta Edizione, 2006), ipotesi che lega il diritto al senso del suo valore come autostima personale. Ultima pubblicazione: Chi e' l'America Latina. Percorsi e speranze di Unione latinoamericana, Torino, l'Harmattan. E un libro on line per Filef (www.emigrazionenotizie.org), Cartas. Lettere dal Brasile minuto per minuto. Collabora alla rivista brasiliana on line www.sul21.com.br Sito: www.brunapeyrot.net"]

 

Come si sa, l'8 marzo ricorda l'incendio alla fabbrica tessile Cotton, dove 129 operaie rimasero prigioniere tra le fiamme, perche' le uscite di sicurezza erano state bloccate dal proprietario Mr. Johnson. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, e dal 1910 fino a oggi questa giornata e' stata dedicata alla donna. Piu' che una festa e' una richiesta di riflessione. Anche se e' giusto trasformare le tristezze in qualcosa di gioioso,  qualcosa che onori e celebri, riconoscendolo, il cammino fatto dalle donne per farsi rispettare. Perche' e' questo che in ogni epoca si e' chiesto: rispetto per l'individualita' femminile, rispetto per la parita' di salario a quello maschile, rispetto alla sua voglia di studiare, rispetto per le sue scelte di autonomia e indipendenza da qualsiasi tutela maschile. Soprattutto la parita' nella differenza.

Queste richieste, questi aneliti, queste speranze hanno accompagnato generazioni intere di donne dai tempi antichi all'oggi. E' un lungo filo genealogico che unisce la storia dell'emancipazione e della liberazione della donna. A volte, se ci guardiamo intorno in questo confuso presente politico, ci sembra di  tornare indietro, di aver lottato per nulla, di essere state sconfitte. Quando vediamo  giovinette che usano la loro bellezza per adescare uomini politici e farsi pagare per la loro compagnia, viene solo tristezza. L'amicizia, che e' il sentimento della parita' per eccellenza, non puo' essere pagata e scambiata per dei favori. Ma la pena per loro e la vergogna per gli uomini che le usano per dimostrare a se stessi di essere potenti, non inficia la gioia dell'essere donna che deve rompere le frontiere di stati e continenti per vedere qua e la' dove le donne limpide nella loro autonomia possono essere: al governo, come Dilma Roussef in Brasile, o semplicemente le amiche che conosciamo e con le quali spesso condividiamo la gestione della vita quotidiana, al lavoro, in ufficio.

Quest'anno proporrei di dedicare l'8 marzo alle donne che stanno tenendo alta la bandiera della dignita' non solo femminile, ma umana: le donne egiziane. Sono state in prima fila in piazza Tahrir a urlare a Mubarak di andarsene. Sono state in prima fila nelle tende diventate piccole case di resistenza sulla stessa piazza. Sono ora in prima fila a cercare prigionieri, mariti, padri, fratelli, ancora nelle carceri del rais. E saranno in prima fila nella prima manifestazione di donne per l'8 marzo, forse lasciando di stucco la stessa societa' egiziana, ancora troppo maschilista.

A loro e a noi vado l'augurio di una grande forza di resistenza, al di qua e al di la' delle sponde del Mediterraneo, per la nostra dignita' e per la dignita' di tutte le persone.

 

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DAL 13 FEBBRAIO ALL'8 MARZO

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Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero unico del 7 marzo 2011

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 288 del 7 marzo 2011

 

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