Telegrammi. 339



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 339 del 10 ottobre 2010

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Dinanzi all'ennesima strage

2. Comitato "Nepi per la pace": Cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan

3. Virginia Haussegger: Non riguarda solo noi

4. Rochelle Terman: Voci non udite, territori inesplorati

5. Peppe Sini: 4 novembre di lutto. Per tutte le vittime. Contro tutte le guerre (2008)

6. Ogni vittima ha il volto di Abele: Una proposta per il 4 novembre (2002)

7. Giobbe Santabarbara: Un altro 4 novembre, non ipocrita e non subalterno (2003)

8. Si e' svolto l'8 ottobre a Viterbo un incontro di riflessione su "Promozione dei diritti umani e scelta della nonviolenza"

9. Joanna Bourke: Infine

10. Judith Butler: Provate a immaginare

11. Silvia Vegetti Finzi: Ancora

12. Per sostenere il Movimento Nonviolento

13. "Azione nonviolenta"

14. Segnalazioni librarie

15. La "Carta" del Movimento Nonviolento

16. Per saperne di piu'

 

1. LUTTI. DINANZI ALL'ENNESIMA STRAGE

 

Cessi immediatamente l'illegale partecipazione militare italiana alla guerra afgana.

Torni l'Italia al rispetto della legalita' costituzionale e del diritto internazionale.

Si adoperi l'Italia per la pace che salva le vite.

Occorre smilitarizzare e disarmare i conflitti.

Occorre utilizzare solo mezzi di pace, i soli coerenti con fini di pace.

Occorre opporsi a tutte le guerre, che sempre e solo consistono dell'uccisione di esseri umani.

L'unica politica ragionevole e' la politica della pace, della smilitarizzazione e del disarmo, del rispetto e della promozione dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. LUTTI. COMITATO "NEPI PER LA PACE": CESSI IMMEDIATAMENTE LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA GUERRA IN AFGHANISTAN

[Dal Comitato "Nepi per la pace" (per contatti: info at comitatonepiperlapace.it) riceviamo e diffondiamo]

 

Il comitato "Nepi per la pace" nell'apprendere con grande dolore la morte di altri quattro militari italiani in Afghanistan torna a chiedere con forza che subito abbia fine la partecipazione dell'Italia alla guerra in Afghanistan, ipocritamente definita missione di pace, in totale spregio dell'articolo 11 della  nostra Costituzione che afferma: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' di altri popoli e come mezzo di risoluzione della controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

Il comitato fa appello a tutte le persone, le associazioni e le istituzioni per un impegno concreto per la pace nel mondo, che puo' essere costruita solo attraverso politiche di giustizia, dialogo e rispetto dei diritti umani per tutte le persone e i popoli, e perche' le ingenti risorse di denaro pubblico spese per le guerre siano invece destinate all'educazione dei giovani, alla scuola, ai servizi sociali, alla assistenza sanitaria, ai Paesi piu' poveri, alla lotta alla fame e alla malattie, e a politiche di assistenza ed accoglienza dei migranti che sempre di piu' e sempre piu' spesso fuggono proprio da poverta', violenza e guerre.

 

3. DIRITTI NEGATI. VIRGINIA HAUSSEGGER: NON RIGUARDA SOLO NOI

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento della giornalista Virginia Haussegger durante il dibattito pubblico "Feminism has failed", tenutosi alla Town Hall di Melbourne, Australia, il 22 settembre 2010.

Virginia Haussegger (1964), autorevole giornalista e saggista australiana, nel 1996 ha ricevuto lo United Nations Association of Australia Media Peace Prize; e' autrice di Wonder Woman: The Myth of Having it All; il suo sito e': www.virginiahaussegger.com.au]

 

In una raggelante intervista alla radio Abc, la scorsa settimana, un giovane uomo palestinese ha descritto con calma come ha ripetutamente sbattuto la testa di sua sorella contro il muro sino ad ucciderla. Khaled Mahmood ha spiegato che si trattava di un "delitto d'onore", perche' sua sorella aveva svergognato la famiglia dormendo con l'uomo che aveva scelto. Doveva quindi essere cancellata. La polizia sembra essere d'accordo. Nessuna accusa e' stata sollevata contro l'omicida.

In alcune parti del mondo, i padri, i fratelli e i mariti non possiedono solo il corpo di una donna, possiedono la sua virtu'. La loro identita' e la loro mascolinita' sono incassate in essa. Questo, ovviamente, e' un fardello impossibile da portare, per una donna.

L'adolescente afgana Aisha l'ha imparato lo scorso anno, quando e' stata tenuta ferma mentre il marito le tagliava via naso e orecchie perche' la ragazza aveva tentato di fuggire dagli abusi della di lui famiglia. La diciassettenne Dua Khalil ha pure imparato questo, giusto prima di essere lapidata a morte nell'Iraq del nord, tre anni fa, perche' aveva un ragazzo. Ed anche Fozilitun Nessa, donna del Bangladesh, lo ha imparato: quando la sua faccia e' stata sciolta dall'acido perche' aveva rifiutato una proposta di matrimonio. Per le 300.000 donne uccise, mutilate o selvaggiamente picchiate per aver espresso la propria libera scelta, "l'onore" non c'e'. Non c'e' nemmeno un processo giusto, come la madre iraniana Sakineh Mohammadi Ashtiani sa sin troppo bene. E' nel braccio della morte...

C'e' un'ideologia totalitaria in marcia attraverso il mondo, ed e' anti-donne. Non si tratta di religione, pieta' o virtu'. Si tratta di misoginia e di una guerra globale contro le donne. Si tratta dei diritti e della liberta' delle donne. La proprieta' dei corpi delle donne ed il loro controllo sono diventati il principale campo di battaglia. Gli eventi mondiali e l'ascesa del neo-fondamentalismo negli anni '80 e '90 hanno reso il femminismo piu' importante che mai. Pure, il femminismo sembra aver perso la sua voce. Non sappiamo come rispondere agli orrori dell'infallibile controllo patriarcale. E in questo fallimento nell'agire e nel resistere strenuamente alla spinta globale contro i diritti delle donne e la loro libera volonta', il femminismo si trova ad un punto di crisi morale.

Il femminismo ha fallito? Le percentuali sono migliorate, strutture legali e nuove cornici sono state costruite. I risultati sono li' - per alcune di noi. Ma un crescente numero di donne al mondo vede la propria liberta' a serio rischio. Ed il femminismo resta mortalmente silenzioso. Proprio ora, in un momento in cui avremmo bisogno di un massiccio impegno femminista per contrastare il montante sentimento anti-donne ce ne stiamo sedute con le mani in mano. Non e' anche affar nostro? Perche' la responsabilita' femminista si ferma ai confini?

La somala Aayan Hirsi Ali parla della "gentilezza traviata" dell'Occidente nello scegliere di non dire nulla e di non fare nulla riguardo agli orrendi abusi subiti da donne e bambine, che vengono scusati come costumi culturali o riti religiosi. Delitti d'onore, mutilazioni dei genitali femminili, attacchi con l'acido, matrimoni imposti e schiavitu' sessuale sono tra le cosiddette "pratiche culturali" che Hirsi Ali ha in mente. Tuttavia, l'indegnita', il degrado e l'apartheid di genere vanno ben oltre il fondamentalismo. L'ignoranza e' forse lo strumento per controllare le donne usato piu' estensivamente. Ci sono, al mondo, 62 milioni di bambine in eta' da scuola primaria che a scuola non ci vanno. Circa 520 milioni di donne al mondo non sanno leggere. Piu' di mezzo milione di donne muoiono ogni anno (circa una al minuto) per complicanze legate alla riproduzione che sarebbero trattabili, ma non sono una priorita'.

Per me e' inconcepibile che qualcuno possa prendere una bimba appena nata e gettarla con disgusto nel secchio dell'acqua sporca, pronunciando le parole "cosa inutile". La scrittrice cinese Xinran Xue ha descritto di recente questa scena mentre scriveva sul femminicidio e sui cento milioni di bambine "mancanti" al mondo. Almeno essere soffocate nel secchio e' una morte veloce. Altrove le bambine muoiono lentamente di fame, o sono semplicemente abbandonate, per una sola ragione: sono femmine. Cosa c'e' nelle bambine e nelle donne che le rende cosi' prive di valore?

Nel retro di casa nostra, la regione del Pacifico, alcuni dei tassi di mortalita' materna sono fra i peggiori del mondo. La Papua Nuova Guinea e' sorpassata solo dall'Afghanistan, pure non abbiamo qui fatto menzione di questo scandalo. Se nominiamo le Fiji, Vanuatu, o le Isole Salomone, pensiamo alle vacanze. Cio' che scegliamo di non vedere sono le percentuali vertiginose delle gravidanze di adolescenti e le percentuali estremamente alte di violenza contro le donne. Il 60% delle nazioni del Pacifico non ha leggi contro la violenza domestica. E questo forse e' il motivo per cui il 73% delle donne delle Isole Salomone pensano che ad un marito debba essere permesso di battere la moglie. Lo scorso anno, i capi "tradizionali" di Vanuatu hanno sfidato la legge passata nel 2008 per proteggere le donne dalla violenza domestica, dicendo che essa "contraddice i costumi di Vanuatu".

Queste pratiche "tradizionali" e "culturali" che sanciscono l'autorita' maschile saranno sempre svantaggiose per le donne. Percio', per quale motivo ci inchiniamo ad esse? Perche' siamo cosi' pronte ad adottare una pigra posizione di relativismo culturale?

Il femminismo ha fallito? Forse non per voi, e non per me. Ma sapete una cosa? Non riguarda solo noi.

 

4. DIRITTI NEGATI. ROCHELLE TERMAN: VOCI NON UDITE, TERRITORI INESPLORATI

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Rochelle Terman del 27 giugno 2010.

Rochelle Terman, studentessa di Scienze Politiche e attivista per i diritti umani di tutti gli esseri umani, e' cofondatrice della "Campagna globale per fermare gli omicidi e le lapidazioni di donne"]

 

Nel 1999 Hajieh Esmailvand, una donna azera che viveva nell'Azerbaijan iraniano, fu stuprata; sei mesi piu' tardi, fu arrestata dalle autorita' iraniane per aver partecipato a "relazioni sessuali illecite". Il processo a suo carico fu condotto in persiano, lingua che lei non parlava ne' capiva. Costretta a confessare di aver commesso "adulterio", Hajieh ricevette la condanna a morte per lapidazione. Quando la comunita' internazionale per i diritti umani ne ebbe notizia, l'Iran asseri' che tali castighi non solo non violavano gli standard internazionali sui diritti umani, ma erano giustificati come l'eredita' islamica "autentica" del popolo iraniano.

Nell'aprile 2007, Du'a Khalil Aswad, una ragazza diciassettenne yezida, fu lapidata a morte da membri della sua comunita' nel Kurdistan iracheno, perche' si credeva che volesse sposare un musulmano sunnita.

In Italia i "delitti d'onore" (che punivano, anche con la morte, donne accusate di essere infedeli o di avere un comportamento sessuale "inaccettabile") sono stati ritenuti meno gravi degli altri omicidi sino al 1981. Fino ad allora, gli uomini che uccidevano mogli, sorelle o figlie per l'onore o la passione erano soggetti ad una sentenza massima di sette anni di carcere.

In alcune sette ebraiche israeliane, un'autoproclamata "polizia morale" incita alla violenza fisica contro le donne che esse ritengono trasgrediscano la moralita': le trasgressioni sono chiedere un divorzio, non coprirsi la testa, o indossare abiti che la setta giudica immodesti.

Nel 2006 il Nicaragua, a causa della pesante influenza della chiesa cattolica, ha reso fuorilegge l'interruzione di gravidanza anche nei casi di emergenza medica. Le donne che tentano di difendere il loro diritto alla salute riproduttiva sono diventate bersaglio di intimidazioni, rappresaglie e violenza da parte dello stato e di membri delle loro comunita'. E solo qualche settimana fa, una donna e' stata arrestata per adulterio nello stato di New York.

Oggi le donne e le bambine in tutto il mondo, incluse quelle che vivono in occidente, sono soggette ad uno sconcertante ammontare di violenze giustificate in nome della religione, della cultura e della tradizione. Viene loro detto che tali pratiche (l'imprigionamento, la mutilazione, la tortura e persino la morte) sono "culturalmente autentiche", richieste dalla religione, o sancite da antiche ed onorate tradizioni. Quando una donna obietta, chiamando queste pratiche violenze inaccettabili contro le donne, viene marchiata - a seconda di dove si trova - come un'eretica, una traditrice, una pedina dell'occidente, un'imperialista culturale, o peggio.

La "Campagna globale per fermare gli omicidi e le lapidazioni di donne" - www.stop-stoning.org - che io ho contribuito a fondare, lavora per esporre tutte le forme di violenza contro le donne giustificata dalla "cultura" in tutto il mondo. Noi lavoriamo costruendo legami fra le varie iniziative locali delle donne, usando la cornice dei diritti umani definita dalle Nazioni Unite, e forgiando alleanze con individui e gruppi progressisti che condividono la nostra visione fondamentale dell'eguaglianza di genere, dell'autonomia del corpo, e della non-discriminazione.

La Campagna e' attualmente ospitata da Women Living Under Muslim Laws (Donne che vivono sotto le leggi islamiche) - www.wluml.org -, una rete di solidarieta' internazionale per le donne le cui vite sono modellate dalle leggi e dai costumi che si dice derivino dall'Islam. La rete, in oltre tre decenni di lavoro, ha aperto uno spazio in cui le donne, attraversando confini religiosi, etnici e nazionali, collegano le rispettive lotte per difendere i diritti delle donne.

Lasciatemi dire ben chiaro che ne' Women Living Under Muslim Laws ne' la Campagna sono contro qualsiasi religione o fede. Noi sosteniamo con forza il diritto di ogni donna a definire la propria identita' culturale o religiosa. Cio' a cui ci opponiamo e' la legittimazione delle autorita' religiose o politiche che in nome della "cultura" promuovono o agiscono discriminazione e violenza contro donne e bambine.

La storia di Hajieh Esmailvand che ho riportato all'inizio non fini' con la sua condanna a morte. Dopo che aveva passato anni in prigione, in attesa dell'esecuzione, un'avvocata impegnata, Shadi Sadr, ottenne il rovesciamento della sentenza. Hajieh, sebbene analfabeta, ha continuato a parlare al mondo del suo caso, della manipolazione dell'Islam per giustificare la violenza contro le persone (come lei stessa e Shadi Sadr) che difendono i diritti umani delle donne in tutto il mondo.

"Un gran numero di donne musulmane - religiose, che hanno cultura, che rigettano l'imperialismo - sono incastrate fra i loro convincimenti di fede e le interpretazioni ufficiali o dominanti delle fonti religiose che stimano le donne inferiori", mi ha detto l'autorevole studiosa iraniana Ziba Mir Hosseini, "Percio' queste donne credono che o accettano tale interpretazione, o devono rinunciare alla loro religione. Questo tipo di pensiero non aiuta la loro causa e le loro voci non vengono udite".

Che accadrebbe se le loro voci fossero udite? Cosa potremmo imparare? Questo e' il territorio che voglio esplorare.

 

5. MEMORIA. PEPPE SINI: 4 NOVEMBRE DI LUTTO. PER TUTTE LE VITTIME. CONTRO TUTTE LE GUERRE (2008)

[Riproduciamo ancora una volta questo editoriale del 2008]

 

Per il 4 novembre riproponiamo questa iniziativa che gia' realizzammo anni fa.

E la riproponiamo con maggior convinzione ed urgenza.

Proprio perche' l'Italia e' in guerra, occorre riaffermare la legalita' costituzionale che la guerra proibisce.

Proprio perche' le stragi continuano, occorre riaffermare l'opposizione della coscienza umana ad ogni uccisione.

Proprio perche' tanti hanno ceduto alla guerra e al terrore, alla violenza e al razzismo, al riarmo e al militarismo, occorre riaffermare che pace e civilta' coincidono, che nel disarmo e nella smilitarizzazione dei conflitti e' la via per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

Proprio perche' la situazione e' cosi' grave, occorre opporsi a tutte le guerre, a tutte le armi, a tutti gli eserciti.

Proprio perche' la situazione e' cosi' grave, occorre scegliere la nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

6. MEMORIA. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE: UNA PROPOSTA PER IL 4 NOVEMBRE (2002)

[Riproduciamo ancora una volta un estratto da un comunicato del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo del 2002]

 

"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).

Abbiamo promosso l'idea che il 4 novembre in tutta Italia si realizzino cerimonie di commemorazione per le vittime di tutte le guerre da parte delle istituzioni, delle associazioni e delle persone impegnate per la pace e la nonviolenza.

Cerimonie semplici e silenziose, di cordoglio sincero, di profonda austerita' e di rigoroso impegno al rispetto e alla promozione della dignita' umana di tutti gli esseri umani. Di solidarieta' dell'umanita' intera contro la violenza e la morte. Di opposizione alla guerra e ai suoi apparati.

Un 4 novembre che nel ricordo di tutte le vittime delle guerre sia anche monito ed impegno contro le guerre presenti e future, contro tutte le violenze e contro tutti gli strumenti di morte.

Un 4 novembre che non deve piu' essere strumentalizzato dai comandi militari che con il loro lavorare per la guerra e inneggiare alla guerra irridono oscenamente le vittime delle guerre; ma divenire giornata di lutto e di memoria, e di solenne impegno affinche' mai piu' degli esseri umani perdano la vita a causa di guerre, affinche' mai piu' si facciano guerre.

"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).

 

7. MEMORIA. GIOBBE SANTABARBARA: UN ALTRO QUATTRO NOVEMBRE, NON IPOCRITA E NON SUBALTERNO (2003)

[Riproduciamo ancora una volta questo editoriale del 2003]

 

Ricorrendo il 4 novembre l'anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, varie persone impegnate per la pace - ed anche amici carissimi da cui tanto abbiamo imparato - pensano di doversi presentare in sparutissimi gruppi alle celebrazioni militari per dare volantini, inalberare cartelli, sventolar vessilli arcobaleno, esporsi al rischio di esser pretesto e scaturigine di indecenti schiamazzi in una situazione in cui si fa memoria di innumerevoli vittime, ed a tutti e' richiesta quindi la massima compostezza.

E' un errore, un errore di subalternita'.

Poiche' quale e' il messaggio che ne deduce chi osserva (poiche' quando si manifesta, si manifesta affinche' altri veda e pensi)? Che i pacifisti guastano le altrui cerimonie (e una cerimonia di commemorazione di caduti), che i pacifisti sono quattro gatti consapevoli di esserlo, che i pacifisti non sanno rispettare la dignita' altrui e la serieta' delle occasioni solenni; nella migliore delle ipotesi: che i pacifisti sono quella minimissima minoranza in cerca di pubblicita' che approfitta delle iniziative altrui e vi si scava la sua nicchia, e che purche' non disturbi il manovratore e si limiti a far colore sulla piazza viene paternalisticamente recuperata e quindi neutralizzata.

Non e' questo il messaggio da dare.

Il messaggio da dare e' che il 4 novembre deve essere ricordo delle vittime della guerra, e questo ricordo non puo' essere affidato a quelle strutture che quelle vittime hanno assassinato: gli eserciti tutti.

Il messaggio da dare e' che i pacifisti non sono affatto una minoranza di guastafeste o di anime belle confuse; bensi' consapevoli portatori di valori che la stessa Costituzione italiana afferma, e rappresentativi della volonta' di vita e dialogo dell'intera umanita'. Sono i poteri militari ad essere l'arcaico inaccettabile residuo di una troppo lunga epoca di barbarie che avrebbe dovuto essere finita per sempre sotto il lampo sinistro dell'orrore assoluto di Hiroshima.

*

Di qui l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele" che a Viterbo abbiamo gia' realizzato lo scorso anno e quest'anno ripeteremo.

Noi ricorderemo le vittime della guerra, noi renderemo loro omaggio il 4 novembre in silenzio e austerita', con una nostra cerimonia di deposizione di un omaggio floreale dinanzi al loro sacrario, in assoluto silenzio, in orario diverso e lontano da quello dell'ipocrita rumorosa sagra degli eserciti assassini.

Questo significa la nostra posizione ed iniziativa nonviolenta: che non gli eserciti assassini hanno diritto a render omaggio alle loro vittime, ma chi alle guerre si oppone e quelle vite avrebbe voluto salvare; che solo chi e' costruttore di pace e si batte affinche' mai piu' si diano guerre puo' ricordare le vittime delle guerre senza offenderle ancora. E nel ricordo delle vittime delle guerre corroborare un impegno di pace e di nonviolenza.

*

Noi pensiamo che perseverando in questa azione rigorosamente nonviolenta anno dopo anno riusciremo a rendere sempre piu' partecipate le nostre iniziative di memoria, e rendere sempre piu' evidente l'ipocrisia e l'immoralita' dei militari scandalosamente in festa innanzi alle tombe delle vittime loro.

Noi pensiamo che, perseverando in questa azione rigorosamente nonviolenta e sempre piu' persuadendo altre persone ad unirsi a noi, il 4 novembre possa e debba diventare, da oscena festa delle forze armate assassine, giornata di memoria e di impegno per la pace, e celebrazione infine del superamento e quindi dell'abolizione dell'istituzione militare.

Superamento ed abolizione gia' oggi possibili con la realizzazione del programma costruttivo della difesa popolare nonviolenta, dei corpi civili di pace, con quella "Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" cui in molti in varie forme si sta gia' lavorando, e che e' merito del movimento delle donne aver tematizzato e proposto con grande tenacia e lucidita'.

 

8. INCONTRI. SI E' SVOLTO L'8 OTTOBRE A VITERBO UN INCONTRO DI RIFLESSIONE SU "PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI E SCELTA DELLA NONVIOLENZA"

 

Si e' svolto venerdi' 8 ottobre a Viterbo un incontro di riflessione su "Promozione dei diritti umani e scelta della nonviolenza".

All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace".

Nel corso della conversazione sono stati esaminati alcuni dei principali problemi globali del momento presente (nel loro concreto manifestarsi anche in specifici ambiti locali) ed e' stato argomentato come solo la scelta della nonviolenza offra modi di gestione e percorsi di risoluzione coerenti e adeguati, ordinati al bene comune, alla promozione dei diritti umani di tutti gli esseri umani, alla salvaguardia della biosfera.

 

9. MAESTRE. JOANNA BOURKE: INFINE

[Da Joanna Bourke, Paura. Una storia culturale, Laterza, Roma-Bari 2007, Il sole 24 ore, Milano 2010, p. 398.

Joanna Bourke, nata nel 1963 in Nuova Zelanda, illustre storica, e' docente al Birbeck College dell'Universita' di Londra. Figlia di missionari cristiani, e' vissuta anche in Zambia, nelle Isole Salomone e ad Haiti; ha conseguito il BA e un Master in storia presso l'Auckland University e il PhD presso l'Australian National University; ha avuto incarichi accademici in Australia, Nuova Zelanda e a Cambridge; collabora con le testate "The Guardian", "The Observer" e "The Times", ed e' autrice di numerosi saggi tradotti in piu' lingue. Tra le opere di Joanna Bourke: Husbandry and Housewifery: Women, Economic Change and Housework in Ireland, 1890-1914, 1993; Working-Class Cultures in Britain, 1890-1960: Gender, Class and Ethnicity, 1994; Dismembering the Male: Men's Bodies, Britain and the Great War, 1996; An Intimate History of Killing: Face-to-Face Killing in Twentieth Century Warfare, 1999; Fear: A Cultural History, 2006; Rape: Sex, Violence, History, 2007; in italiano: Le seduzioni della guerra. Miti e storie di soldati in battaglia, Carocci, Roma 2001; La seconda guerra mondiale, Il Mulino, Bologna 2005; Paura. Una storia culturale, Laterza, Roma-Bari 2007; Stupro. Storia della violenza sessuale, Laterza, Roma-Bari 2009]

 

Infine, e' giusto avere paura del dolore sofferto dagli altri.

 

10. MAESTRE. JUDITH BUTLER: PROVATE A IMMAGINARE

[Da Judith Butler, "Critica, coercizione e vita sacra in 'Per la critica della violenza' di Benjamin", in "Aut Aut", n. 344, ottobre-dicembre 2009, p. 100.

Judith Butler, pensatrice femminista americana, nata nel 1956, insegna attualmente retorica e letteratura comparata all'Universita' di Berkeley, California; e' figura di primo piano del dibattito contemporaneo su sessualita', potere e identita'; le sue ricerche rappresentano uno dei contributi piu' originali all'interno dei cultural studies e della queer theory. Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 marzo 2003 riprendiamo questa presentazione di Judith Butler scritta da Ida Dominijanni: "Judith Butler e' una delle massime figure di spicco nel panorama internazionale della teoria femminista. Docente di filosofia politica all'universita' di Berkeley in California, ha pubblicato nell'87 il suo primo libro (Subjects of Desire) e nel '90 il secondo, Gender Trouble, testo tuttora di culto nei campus americani, cruciale per la messa a fuoco delle categorie del sesso, del genere e dell'identita'. Del '93 e' Bodies that matter (Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1995), del '97 The Psychic Life of Power. Filosofa di talento e di solida formazione classica, Butler appartiene a quello stile di pensiero post-strutturalista che intreccia la filosofia politica con la psicoanalisi, la linguistica, la critica testuale; e a quella generazione del femminismo americano costitutivamente attraversata e tormentata dalle differenze sociali, etniche e sessuali fra donne e dalla frammentazione dell'identita' che ne consegue. Decostruzione dell'identita', analisi del corpo fra materialita' e linguaggio, critica della norma eterosessuale e dei dispositivi di inclusione/esclusione che essa comporta, critica del potere e del biopotere sono gli assi principali del suo lavoro, che sul piano politico sfocia in una strategia di radicalita' democratica basata sulla destabilizzazione e lo shifting delle identita'. Fin da subito attenta ai nefasti effetti dell'11 settembre e della reazione antiterrorista sulla democrazia americana, Butler e' fra gli intellettuali americani maggiormente impegnati nel movimento no-war. 'La rivista del manifesto' ha pubblicato sul n. 35 dello scorso gennaio il suo Modello Guantanamo, un atto d'accusa del passaggio di sovranita' che negli Stati Uniti si va producendo all'ombra dell'emergenza antiterrorista: fine della divisione dei poteri, progressivo svincolamento del potere politico dalla soggezione alla legge, crollo dello stato di diritto con le relative conseguenze sul piano del diritto penale (demolizione delle garanzie processuali) e del diritto internazionale (violazione di trattati e convenzioni). A dimostrazione di come la guerra in nome della liberta' e la soppressione delle liberta' si saldino in un'unica offensiva di abiezione dei 'corpi che non contano', per le strade di Baghdad e nelle gabbie di Guantanamo". Opere di Judith Butler disponibili in italiano: Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1995; La rivendicazione di Antigone, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Vite precarie. Contro l'uso della violenza in risposta al lutto collettivo, Meltemi, Roma 2004; Scambi di genere. Identita', sesso e desiderio, Sansoni, Firenze 2004; Critica della violenza etica, Feltrinelli, Milano 2006. Da "Alias" del 7 ottobre 2006 riprendiamo anche la seguente scheda: "Di Judith Butler, filosofa californiana fra le piu' amate e discusse del panorama femminista internazionale, sono disponibili in italiano Scambi di genere (Sansoni 2004, opinabile traduzione di Gender Trouble, il libro del 1990 che l'ha resa famosa, consacrandola come teorica queer), Corpi che contano (Feltrinelli 1996), La rivendicazione di Antigone (Bollati Borighieri 2003), Vite precarie (Meltemi 2003), La vita psichica del potere (Meltemi 2005). Critica della violenza etica testimonia la piu' recente curvatura del percorso di Butler, che la porta ben oltre il dirompente inizio di Gender Truble, come lei stessa argomenta in Undoing Gender (Routledge 2004) di prossima uscita (Meltemi): la sua ricezione italiana, troppo legata alla sua immagine di partenza, dovrebbe giovarsene. Per un confronto fra posizioni diverse all'interno di una comune matrice femminista poststrutturalista, cfr. Il resoconto di un recente incontro in Polonia fra Butler e Rosi Braidotti in www.metamute.org". Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo la seguente recente scheda: "Judith Butler e' Maxine Elliot Professor nel Dipartimento di Retorica e Letterature comparate all'Universita' della California di Berkeley. Ha insegnato in precedenza a Princeton e tiene frequentemente corsi e conferenze a Parigi e Francoforte. Di formazione post-strutturalista, e' una figura-ponte fra la filosofia europea continentale e la filosofia e le scienze umane nordamericane: fra gli autori piu' ricorrenti nei suoi scritti: Hegel, Nietzsche, Foucault, Derrida, Freud, Lacan, De Beauvoir, Irigaray, J. L. Austin. Nota in tutto il mondo per il contributo decisivo che ha dato al pensiero femminista con la teoria della performativita' del genere (Gender Trouble, 1990), lavora al confine fra filosofia politica, psicoanalisi e etica. Muovendo, fin dai primi libri, dalla teoria della sessualita', dalla critica della nozione di identita' e dal rapporto fra costituzione della soggettivita', desiderio e norme, negli scritti piu' recenti si interroga sullo statuto dell'umano e delinea una "ontologia della fragilita'" in risposta alla crisi del soggetto sovrano e della sovranita' statuale. Per Gender Trouble, tradotto in venti lingue, e' stata annoverata dal magazine britannico "The Face" fra le cinquanta personalita' di maggiore influenza sulla cultura popolare negli anni Novanta. Con Precarious Life si e' affermata come una delle piu' impegnate voci critiche del pensiero politico americano del dopo 11 settembre. Attualmente sta lavorando sulla critica della violenza di stato nel pensiero ebraico pre-sionista. Quasi tutta la sua opera e' disponibile in italiano e la sua visita a Roma coincide con la traduzione italiana del suo primo libro, Subjects of Desires, e dell'ultimo, Who Sings the Nation State?, scritto con Gayatri Chakravorty Spivak. Opere di Judith Butler: Subjects of Desire: Hegelian Reflections in Twentieth-Century France, Columbia University Press, New York 1987 (di prossima traduzione presso Laterza); Gender Trouble. Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, London 1990 (trad. it. Scambi di genere. Identita', sesso e desiderio, Sansoni, Milano 2004); Bodies that Matter. On the Discoursive Limits of "Sex", Routledge, London 1993 (trad. it. Corpi che contano. I limiti discorsivi del "sesso", Feltrinelli, Milano 1996); Exitable Speech: A Politics of the Performative, Routledge, London-New York 1997; The Psychic Life of Power: Theories in Subjection, Stanford University Press, Stanford 1997 (trad. it. La vita psichica del potere, Meltemi, Roma 2005); Antigone's Claim. Kinship between Life and Death, Columbia University Press, New York 2000 (trad. it. La rivendicazione di Antigone. La parentela fra la vita e la morte, Bollati Boringhieri, Torino 2003); Precarious Life. The Power of Mourning and Violence, Verso, London 2004 (trad. it. Vite precarie. Contro l'uso della violenza in risposta al lutto collettivo, Meltemi, Roma 2004); Undoing Gender, Routledge, London-New York 2004 (trad. it. La disfatta del genere, Meltemi, Roma 2006); Giving an Account of Oneself, Fordham University Press, New York 2005 (trad. it. Critica della violenza etica, Feltrinelli, Milano 2006)". Opere su Judith Butler: cfr. il volume di "Aut aut", n. 344, ottobre-dicembre 2009, monografico su "Judith Butler. Violenza e non-violenza"]

 

Provate a immaginare che Apollo e Artemide dicano alla loro madre di calmarsi e si rifiutino di obbedire al suo ordine, o che l'esercito, rifiutandosi di stroncare uno sciopero, di fatto si metta in sciopero esso stesso, deponga le armi, apra i confini, si rifiuti di sorvegliare o di chiudere i posti di blocco, e che tutti/e coloro che ne fanno parte siano sollevati/e dalla colpa che mantiene al loro posto l'obbedienza e la violenza di Stato, e che anzi siano spinti/e a trattenersi dall'agire dal ricordo e dall'anticipazione di cosi' tanto dolore e sofferenza; e provate a immaginare che questo avvenga nel nome dell'essere vivente.

 

11. MAESTRE. SILVIA VEGETTI FINZI: ANCORA

[Da Silvia Vegetti Finzi, La stanza del dialogo, Casagrande, Bellinzona 2009, p. 177.

Silvia Vegetti Finzi (Brescia 1938), psicologa, pedagogista, psicoterapeuta, docente universitaria, saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Su Silvia Vegetti Finzi dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente notizia biografica: "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con l'Universita' delle donne 'Virginia Woolf' di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del 'Corriere della Sera' e successivamente anche di 'Io donna' e di 'Insieme"' Fa parte del comitato scientifico delle riviste: 'Bio-logica', 'Adultita'', 'Imago ricercae', nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della 'Casa della cultura' di Milano, della 'Libera universita' dell'autobiografia' di Anghiari. Collabora inoltre con le riviste filosofiche 'Aut Aut' e 'Iride'. Molti suoi scritti sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo. E' membro dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale 'Cesare Musatti', e per quelli di bioetica il premio nazionale 'Giuseppina Teodori'. Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo. Gli interessi di Silvia Vegetti Finzi seguono quattro filoni: il primo e' volto a ricostruire una genealogia della psicoanalisi da Freud ai giorni nostri, intesa non solo come storia del movimento psicoanalitico ma anche come storia della cultura; il secondo, una archelogia dell'immaginario femminile, intende recuperare nell'inconscio individuale e nella storia delle espressioni culturali, elementi di identita' femminile e materna cancellati dal prevalere delle forme simboliche maschili: a questo scopo ha analizzato i sogni e i sintomi delle bambine, i miti delle origini, i riti di iniziazione femminile nella Grecia classica, le metafore della scienza, l'iconografia delle Grandi Madri; il terzo delinea uno sviluppo psicologico, dall'infanzia all'adolescenza, che tenga conto anche degli apporti psicoanalitici. Si propone inoltre di mettere a disposizione, tramite una corretta divulgazione, la sensibilita' e il sapere delle discipline psicologiche ai genitori e agli insegnanti; il quarto, infine, si interroga sulla maternita' e sugli effetti delle biotecnologie, cercando di dar voce all'esperienza e alla sapienza delle donne in ordine al generare". Tra le opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987); Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994; Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi), Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri), Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, Alma Edizioni, 1997; (con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000; Parlar d'amore, Rizzoli, Milano 2003; Silvia Vegetti Finzi dialoga con le mamme, Fabbri, Milano 2004; Quando i genitori si dividono, Mondadori, Milano 2005; Nuovi nonni per nuovi nipoti, Mondadori, Milano 2008; La stanza del dialogo, Casagrande, Bellinzona 2009]

 

Accanto al tempo esterno vi e' un tempo interno, scritto nel corpo e nella mente, che non accetta la fine, che vorrebbe ricominciare, che dice: ancora.

 

12. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere finanziariamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

13. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.

E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

14. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Marc Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Einaudi, Torino 1950, 1975, pp. XXXVIII + 168.

- Cesare Brandi, Teoria del restauro, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1963, Einaudi, Torino 1977, 1984, pp. VIII + 160.

*

Riedizioni

- Anna Freud, L'Io e i meccanismi di difesa, Fabbri - Rcs Libri, Milano 2007, 2010, pp. II + 192, euro 9,90.

- Alfonso Scirocco, Garibaldi. Battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Laterza, Roma-Bari, Il sole 24 ore, Milano 2010, pp. X + 434, euro 9,90.

 

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

16. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 339 del 10 ottobre 2010

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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