Coi piedi per terra. 373



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 373 del 3 ottobre 2010

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Verso il 4 ottobre, Francesco d'Assisi patrono d'Italia

2. Paola Binetti: Una riflessione per la Giornata della nonviolenza

3. Raniero La Valle: Dignita'
4. Peppe Sini: Opporsi alla guerra ed al colpo di stato razzista, difendere la Costituzione e la democrazia
5. La dottoressa Antonella Litta relatrice al convegno nazionale della Societa' italiana dei medici di medicina generale svoltosi ad Arezzo dal primo al 2 ottobre 2010

6. Guenther Anders: Tesi sull'eta' atomica

7. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: VERSO IL 4 OTTOBRE, FRANCESCO D'ASSISI PATRONO D'ITALIA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

Francesco, figlio di Pietro Bernardone, ha conosciuto l'orrore della guerra, vi ha partecipato come soldato, ha sentito l'odore del sangue, ha visto i morti, e' stato fatto prigioniero. Forse proprio per questa sua esperienza diretta dopo la scelta di fede si e' dedicato anima e corpo all'apostolato per la pace. Pace fra gli uomini e pace con la natura. Dopo la conversione frate Francesco e' tornato in guerra, ma questa volta senza spada. Ha voluto seguire una crociata, disarmato, per incontrare il Sultano e cercare la via del dialogo. C'e' riuscito. Tornato in Italia ebbe un'intuizione; l'indulgenza allora era riservata ai crociati che andavano a combattere, ma lui chiese al Papa l'indulgenza plenaria per tutti coloro che, disarmati, fossero andati a pregare alla Porziuncola: la ottenne.
Che il lupo fosse un vero lupo o un brigante che portava quel nome, poco importa. Cio' che conta e' l'indicazione francescana che i conflitti si debbono e si possono risolvere con la nonviolenza. Francesco e' andato incontro al lupo, gli ha parlato, l'ha aiutato a riconoscere le proprie colpe e poi l'ha affidato alle cure della comunita' di Gubbio, che cosi' e' stata coinvolta nel processo di riconciliazione.
Insomma, in San Francesco abbiamo uno straordinario esempio di strategia nonviolenta. Da questo punto di vista Francesco e' un ponte fra la nonviolenza salvifica di Gesu' e la nonviolenza politica di Gandhi. Una nonviolenza solidale che ha portato Francesco in mezzo ai lebbrosi e Gandhi in mezzo agli intoccabili. Una nonviolenza attiva che non accetta la guerra, perche' essa e' il piu' grande crimine contro l'umanita'.
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Francesco d'Assisi e' un santo che piace a tutti. Religiosi e laici, bigotti e atei davanti al "poverello di Assisi" si commuovono. Piace cosi' tanto che e' stato nominato Patrono d'Italia.
Il Santo patrono e' colui che protegge e al quale ci si affida nei momenti difficili. E qual e' il momento piu' difficile, per una nazione, se non quello in cui soffiano i venti di guerra?
La Costituzione italiana, che "ripudia" la guerra e' dunque in armonia con la volonta' del Santo patrono. Ma l'Italia e' coinvolta nel grande crimine della guerra, partecipandovi direttamente in Afghanistan e diffondendola nel mondo con la produzione ed il commercio di armi. Il paese oggi e' indegno del suo patrono, fino a che non si convertira' ad un nuovo ruolo nel mondo: "dov'e' guerra, fa che io porti la pace".

 

2. DOPO IL 2 OTTOBRE. PAOLA BINETTI: UNA RIFLESSIONE PER LA GIORNATA DELLA NONVIOLENZA

[Ringraziamo Paola Binetti (per contatti: binetti_p at camera.it) per questo intervento.

Paola Binetti (Roma, 1943), e' medico chirurgo e docente universitaria, presidente del Comitato scienza e vita, della Societa' italiana di pedagogia medica, e del Comitato di bioetica, direttrice del Centro di educazione medica presso l'Universita' Campus Bio-medico di Roma; e' deputata in parlamento]

 

Sono tante le feste e gli anniversari che coincidono in questo due ottobre, a cominciare dalla antica festa degli Angeli custodi e dalla festa dei nonni, istituita assai piu' recentemente. Non c'e' nessuna particolare relazione tra di loro, eppure parlano tutte di nonviolenza e trasmettono in modi diversi un messaggio di speranza.

E non e' poco in un clima sociale e politico come l'attuale, fin troppo caratterizzato dalla intolleranza reciproca, dalla demonizzazione dell'avversario e dalla sostanziale sfiducia a investire in iniziative di confronto e di dialogo.

La cultura del sospetto reciproco sta diventano il vero fattore inquinante nel contesto di una ecologia umana che si avvia verso forme di degrado.

La vera violenza del nostro tempo e' quella che minaccia di soffocare la speranza perche' impedisce ad ognuno di noi di mettersi in gioco con energia rinnovata e con la tenacia indispensabile per fare fronte alla crisi che comunque affligge il nostro Paese e tocca ognuno di noi negli affetti piu' cari e nei sogni piu' concreti.

Ci sono forme di violenza sottili e striscianti che attentano alla sicurezza personale, minando l'autostima e la fiducia degli altri attraverso microcampagne di discredito che a volte possono diventare vere e proprie forme di mobbing; ci sono altre forme di  violenza verbale aspra e intollerante che impedisce di esprimersi come si vorrebbe e condiziona pesantemente la vita sociale; ci sono le nuove forme di violenza che sembrano nascere dall'amore e si convertono rapidamente in vere e proprie forme di stalking; c'e' poi la violenza domestica che puo' esplodere anche in episodi delittuosi.

C'e' tanta violenza ma c'e' anche un infinito desiderio di pace e di serenita', in casa, sui luoghi di lavoro, nel mondo sociale piu' allargato e perfino nel mondo politico. L'annuncio evangelico di cui il cristiano sente l'obbligo di farsi portatore, nonostante i rumori di fondo che tendono ad azzittirlo, risuona sempre con la forza della prima volta: "Pace in terra agli uomini di buona volonta'...". In questo itinerario verso un cammino di nonviolenza ci uniamo convintamente a tutti gli uomini di buona volonta', perche' non si rassegnino e siano sempre testimoni di pace.

Il patto intergenerazionale di cui i nonni sono segno e simbolo trae la sua forza proprio da questa rinnovata buona volonta' di capirsi e di collaborare ad obiettivi comuni e condivisi... e per il resto vale la pena non dimenticare che ogni uomo ha un angelo che lo protegge... non e' un angelo, ma ha un angelo, che gli ricorda la responsabilita' di essere uomini di pace...

 

3. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: DIGNITA'
[Ringraziamo Raniero La Valle (per contatti: raniero.lavalle at tiscali.it) per averci messo a disposizione il testo del suo intervento come presidente dei "Comitati Dossetti per la Costituzione" alla manifestazione svoltasi in piazza San Giovanni a Roma il 2 ottobre 2010.
Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010]

Cari amici,
prima di tutto, come romano, vorrei salutare tutti quelli che oggi sono venuti qui a Roma: che non e' un porcile, ma e' la capitale d'Italia.
Dunque i fratelli d'Italia che vengono nella capitale vengono a casa loro. E Roma accoglie tutti quelli che vengono da lei: non toglie le panchine per non farli sedere.
E tutti rispetta perche', come diceva un antico Padre della Chiesa, "chi sta in Roma sa che gli Indi sono uniti con lui".
Roma ricorda quanto deve ai non romani. Nella sua memoria storica c'e' che gli Apostoli, suoi Patroni, sono venuti dalla Palestina, erano extracomunitari, i bersaglieri a Porta Pia sono venuti dal Piemonte, gli americani alla Liberazione sono venuti dal mare,  gli immigrati che l'hanno resa metropoli sono venuti dal Sud.
Roma sa pure che molte volte dal Nord sono venuti i barbari. Ma non importa, perche' ha civilizzato anche loro.
Pero' il barbaro che ora ci governa dai nostri Palazzi, lo fa per abuso d'ufficio. Dice di farlo perche' e' il piu' amato dagli Italiani, ma i sondaggi non dicono piu' cosi'. I suoi cantastorie Bondi e La Russa dicono che e' ancora assai popolare, tanto che la gente per la strada gli stringe le mani, ma questo succede anche a Fiorello. In realta' Berlusconi sta oggi al potere grazie a delle riforme abusive del sistema politico che sono culminate in una legge elettorale che secondo il ministro Calderoli e' una porcheria. Allora per restare nel linguaggio del bestiario preferito dai nostri amici del Nord, dovremmo dire al ministro delle Riforme che quando usa l'acronimo Spqr dovrebbe leggerlo piuttosto come "Sono porcate queste riforme".
Ma per tornare a un linguaggio piu' conforme alla dignita' della politica, noi diciamo semplicemente che si tratta di una legge elettorale illegittima. Legale ma illegittima. Perche' invece di darci il diritto di voto ce l'ha tolto. Ci ha tolto il diritto di scegliere i deputati per nome, e ci ha imposto le nomine decise dai leaders di partito; e ci ha tolto l'eguaglianza nel voto, perche' grazie al premio di maggioranza ci vogliono meno voti per eleggere uno che siede sui banchi del governo, che per eleggere uno dell'opposizione. Addirittura la legge elettorale si e' inventata due diversi quozienti elettorali per l'attribuzione dei seggi, chiamando "quoziente elettorale di maggioranza" quello minore, e "quoziente elettorale di minoranza" quello formato da un numero di voti maggiore. E con gli sbarramenti ha mandato al macero, inutilizzati, milioni di voti. Percio' la legge elettorale calpesta l'art. 48 della Costituzione che ha voluto dare a tutti i cittadini un voto "personale ed eguale, libero e segreto". Al contrario noi abbiamo oggi un voto che sara' anche segreto, ma non e' eguale quanto ai suoi effetti, non e' libero nella scelta, e per il quale milioni di persone sono cancellate dal popolo sovrano.
Percio' noi diciamo che il potere derivante da questa legge elettorale e' in termini democratici illegittimo.
Questa e' la verita' piu' profonda di questa nostra manifestazione di oggi, e la ragione per cui chiediamo che il governo se ne vada, che si faccia una legge elettorale legittima, e che il popolo sia chiamato di nuovo alle urne per aprire una nuova pagina della nostra storia. E se poi non vorranno cambiare la legge elettorale, lasciandola nel porcile, le elezioni si dovranno fare al piu' presto lo stesso; e il popolo sapra' come votare. E anzi, siccome la base principale su cui e' costruita la legge e' proporzionale, essa puo' essere usata come se fosse una legge pulita, facendo in modo che non si verifichino le ipotesi per cui scattano il premio di maggioranza, gli sbarramenti e le discriminazioni nell'attribuzione dei seggi. Se si fa appello allo spirito repubblicano, anche con una legge truffa si puo' salvare la democrazia, e si possono fare elezioni pulite con una legge sporca: tutto e' puro per i puri, diceva un motto latino. Percio' i partiti possono stabilire i collegamenti piu' liberi e le alleanze piu' larghe lungo tutto l'arco costituzionale per cambiare la legge o, in caso contrario, per neutralizzarne i meccanismi perversi su cui Berlusconi conta per mettere ancora una volta in scacco la democrazia. Questo non lo possiamo permettere, la cordata per la Costituzione e' quella che ci deve salvare dal precipizio, non e' il Cln, ne' certo possiamo chiedere all'on. Veltroni come si vincono le elezioni.
Per questo noi siamo qui, per riprenderci il diritto che ci attribuisce l'art. 49 della Costituzione, di "concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale". Questo diritto ci e' oggi negato perche' secondo il vangelo del potere nulla potrebbero fare i cittadini tra un'elezione e l'altra se non rispondere ai sondaggi; il mandato politico conferito dal voto popolare viene trasformato dall'alchimista al governo in una investitura metafisica, sicche' non dovrebbe piu' essere messo in discussione per tutta la legislatura ne' dal parlamento, ne' dai giudici, ne' dal popolo, e se anche ci fosse un fuorilegge al potere nessuno potrebbe farci niente fino alla fine: ma cosi' non e'; non e' possibile che la democrazia e lo Stato di diritto non abbiano uscite di sicurezza e vie di salvezza: nella Costituzione ci sono.
Noi siamo qui oggi per dirlo, e perche' non ci e' lasciato altro modo di concorrere a determinare la politica nazionale. Ci hanno tolto tutti gli strumenti dalle mani: la partecipazione politica dei cittadini e' impedita e dileggiata, i partiti democratici sono oltraggiati e messi ai margini o espulsi dalle istituzioni, del Parlamento hanno fatto un luogo di mercato, la Televisione ci plagia e la stampa non parla per noi. Anche i sindacati sono sotto scacco, quando si nega perfino il diritto di sciopero e agli operai si offre uno scambio tra il lavoro e i diritti. Allora non restano che due cose come promemoria della democrazia: il popolo che scende in piazza e i lavoratori che salgono sui tetti.
Noi siamo qui per dire che questo scempio deve finire. Noi siamo d'accordo con Fini quando diceva, prima ancora della rottura, che Berlusconi confonde "la leadership con la monarchia assoluta e il consenso popolare con una sorta di immunita' nei confronti di qualsiasi altra autorita' di garanzia e di controllo"; ma vediamo che anch'egli e' sotto il ricatto del sistema, non e' andato fino in fondo e si e' esposto al linciaggio dei portavoce del premier. Noi siamo d'accordo con l'on. Bocchino quando dice, come ha detto l'altro giorno alla Camera, che "dobbiamo dar vita a una nuova etica pubblica, dobbiamo combattere duramente la corruzione", dobbiamo opporci "ad una riforma punitiva nei confronti della magistratura" e quando accusa Berlusconi di aver usato i soldi del Sud come un bancomat per finanziare qualsiasi cosa anche estranea agli interessi del Sud; siamo d'accordo col capogruppo di Futuro e Liberta': pero' noi non votiamo a favore, non capiamo come si puo' dopo tutto questo votare a favore; noi votiamo contro, in questa piazza e nelle urne.
Noi siamo qui oggi perche' vogliamo ripristinare il bene piu' prezioso che la Costituzione ha dato al nostro Paese, e per il quale il cristiano Giuseppe Dossetti diceva ai giovani: se fanno cilecca i dieci comandamenti, almeno state alla Costituzione. Questo bene prezioso e' la dignita', che la Costituzione proclama quando rivendica la dignita' del lavoro, la dignita' della persona, la dignita' di una politica internazionale volta alla giustizia e alla pace, la dignita' delle religioni, la dignita' dei partiti, la dignita' dei servitori dello Stato, la dignita' del Parlamento. Dignita' e' una parola che compare 31 volte nell'enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, compare 102 volte nei documenti del Concilio Vaticano II, compare 5 volte nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ed e' il principio ispiratore della Dichiarazione d'indipendenza americana, e della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino della Rivoluzione francese. E cio' perche' la dignita' e' l'umanita' stessa della donna e dell'uomo, e' l'immagine del divino che si manifesta in loro come liberta'. Sulla libertà non la si puo' dare ad intendere, non la si puo' ridurre a partito, perche' nella liberta' stanno insieme la dignita' e la trascendenza dell'uomo. Ma in Italia la dignita' e' sparita, trascinata nei gorghi di un sistema che vorrebbe essere bipolare ed e' fratricida, maggioritario ed e' monarchico, si appella al popolo e lo tradisce, corrompe e diffama, riempie di beni i ricchi e i poveri li manda a mani vuote. E' la dignita' che l'Italia ha perduto, sia all'interno, come figura pubblica della comunita' nazionale, sia all'estero per il discredito guadagnato con il resto del mondo.
Questa dignita' noi ce la vogliamo riprendere, vogliamo ritrovarla nella Costituzione, restituirla alla politica, restaurarla nel Parlamento, difenderla nelle fabbriche, ridarla all'acqua e alla terra, rigenerarla nei giovani e metterla a fondamento della nostra Repubblica. Ed e' proprio questo che non solo oggi, ma di qui in avanti noi vogliamo fare.

4. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: OPPORSI ALLA GUERRA ED AL COLPO DI STATO RAZZISTA, DIFENDERE LA COSTITUZIONE E LA DEMOCRAZIA

Opporsi alla guerra ed al colpo di stato razzista.
Difendere la Costituzione della Repubblica Italiana e la democrazia.
Diciamolo chiaro: non e' possibile difendere la Costituzione e la democrazia se non ci si oppone alla guerra ed al colpo di stato razzista.
Diciamolo chiaro: non e' possibile sconfiggere il governo hitleriano e ripristinare la vigenza della legalita' repubblicana e della civilta' giuridica se non ci si oppone alla guerra ed al colpo di stato razzista.
Difendere la Costituzione della Repubblica Italiana e la democrazia.
Opporsi alla guerra ed al colpo di stato razzista.
*
E' necessaria un'insurrezione morale per la dignita'.
E' necessaria un'insurrezione antifascista per la legalita'.
E' necessaria un'insurrezione nonviolenta per l'umanita'.
E' necessaria. E urgente.

5. INCONTRI. LA DOTTORESSA ANTONELLA LITTA RELATRICE AL CONVEGNO NAZIONALE DELLA SOCIETA' ITALIANA DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE SVOLTOSI AD AREZZO DAL PRIMO AL 2 OTTOBRE 2010
[Dall'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) riceviamo e diffondiamo.
Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi. E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e' responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali]

Al convegno nazionale della Societa' italiana di medicina generale le criticita' ambientali dell'Alto Lazio, la grave situazione del degrado delle acque del lago di Vico e le minacce all'ambiente e alla salute rappresentate dai progetti del mega-aeroporto di Viterbo e della centrale nucleare di Montalto di Castro
La dottoressa Antonella Litta, medico di medicina generale e referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) ha partecipato al Congresso nazionale della Societa' Italiana di Medicina Generale - Simg - che si  e' svolto ad Arezzo dal primo al 2 ottobre 2010.
La dottoressa Litta, intervenendo sul tema "Fattori di rischio ambientali emergenti: ruolo dei medici di medicina generale nelle istituzioni, nella professione e nelle ong per la tutela dell'ambiente e la promozione della salute", ha illustrato le attuali criticita' ambientali del territorio viterbese e i connessi rischi sanitari per la popolazione in particolare la grave situazione del degrado delle acque del lago di Vico e le minacce all'ambiente e alla salute rappresentate dai progetti del mega-aeroporto di Viterbo e della centrale nucleare di Montalto di Castro.
Ha inoltre proposto alla discussione elementi per una riflessione condivisa sul ruolo di prevenzione, informazione e denuncia dei danni ambientali che possono e debbono svolgere i medici di medicina generale.
Queste figure professionali, che come previsto dal Sistema sanitario nazionale operano diffusamente su tutto il territorio italiano, sono anche i primi interlocutori dei cittadini e possono interagire con le istituzioni sanitarie e amministrative, locali e nazionali, sollecitando scelte e  programmi di difesa dell'ambiente e quindi della salute.
Un ruolo che spetta a tutti i medici e che e' stato riconosciuto come fondamentale anche dal nuovo codice di deontologia medica che all'art. 5 afferma: "I medici debbono considerare l'ambiente nel quale l'uomo vive e lavora come elemento determinante e fondamentale per la salute dei cittadini".
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Di seguito una breve sintesi della relazione
Il territorio viterbese e' un' area di grande rilevanza per il suo prezioso patrimonio naturalistico, paesaggistico, artistico, storico e culturale. Questo territorio custodisce importantissimi siti archeologici noti in tutto il mondo ed e' ricco di paesaggi caratterizzati da vaste aree verdi, laghi e da un bel litorale marino che si estende fino alla Toscana. E' una terra che conserva numerosi preziosi monumenti etruschi, romani e medioevali, tra cui tratti dell'antica via Francigena una via di devozione percorsa dai pellegrini che da tutta Europa si recavano a Roma. Viterbo, il capoluogo della provincia, e' una bella citta' medievale, famosa anche per la pregiata area naturalistica e termale del Bulicame, un'area di particolare bellezza e fascino ricordata da Dante Alighieri  nella Divina Commedia.
Questo territorio cosi' particolare e suggestivo e' purtroppo sottoposto ad una vera e propria aggressione dal punto di vista ambientale e cio' genera le condizioni di un concreto pericolo per la salute della sua popolazione.
La qualita' dell'aria e' infatti gia' compromessa dalla presenza del piu' grande polo energetico d' Europa, costituito dalle centrali di Civitavecchia e Montalto di Castro, alle quali ora si e' aggiunta la centrale riconvertita a carbone di Torre Valdaliga Nord.
I poteri criminali hanno sversato tonnellate di rifiuti tossici in cave e discariche abusive, non ancora bonificate.
Molti Comuni del viterbese, e particolarmente quelli piu' prossimi alla capitale, sono sottoposti ad ampie, violente, dissennate cementificazioni.
Il sottosuolo per le sue peculiari caratteristiche geologiche presenta una elevata radioattivita' dovuta al gas radon.
Le acque destinate a consumo umano, anche per le tipiche caratteristiche geologiche dell'area, presentano valori elevati di sostanze tossiche e cancerogene tra cui l'Arsenico (un cancerogeno di classe 1, secondo l'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro - Iarc) e sono perlopiu' dichiarate potabili solo in virtu' di continue deroghe alle vigenti  disposizioni di legge e senza alcuna considerazione degli obiettivi di qualita' indicati a garanzia della salubrita' delle acque dalla comunita' scientifica internazionale.
Uno dei piu' importanti bacini lacustri viterbesi, il lago di Vico, che fornisce la maggior parte delle acque erogate negli acquedotti dei comuni di Caprarola e Ronciglione, presenta ormai da anni un documentato degrado del suo ecosistema: marcata riduzione dell'ossigeno disciolto nelle acque, eutrofizzazione con notevole incremento della biomassa algale, periodiche e consistenti fioriture del cianobatterio Plankthotrix rubescens, denominato comunemente "alga rossa", che produce una microcistina dannosa per la salute delle persone, per la flora e per la fauna, e classificata sempre dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro come elemento cancerogeno di classe 2b. Le acque di questo lago, anche per la sua origine vulcanica, presentano inoltre elevati livelli di arsenico; elemento cancerogeno di classe 1, come gia' detto, e con azione di interferente endocrino.
Il territorio viterbese proprio per queste problematiche ambientali dovrebbe essere difeso e in alcune aree risanato, invece si preannunciano ulteriori minacce di danni ambientali: quella rappresentata dalla costruzione di una centrale nucleare a Montalto di Castro e quella, ventilata ormai da anni, della realizzazione di un mega-aeroporto per  voli low cost nella citta' di Viterbo.
Non occorre ripetere qui le formidabili argomentazioni scientifiche per opporsi alla centrale nucleare: la popolazione di Montalto e del viterbese sono gia' state protagoniste negli anni '70 e '80 di una tenace ed infine vittoriosa opposizione al nucleare, culminata nel referendum del 1987.
Quanto al mega-aeroporto a Viterbo, se quest'ultimo dissennato progetto avesse seguito si devasterebbe irreversibilmente l'area termale viterbese e sarebbero compromesse irreparabilmente le attivita' economiche legate all'agricoltura e alla zootecnia di qualita' con il conseguente inquinamento della catena alimentare e l'incremento del rischio per la salute delle persone e in particolare per quella dei bambini. La realizzazione di questa infrastruttura, proprio a ridosso di popolosi quartieri di Viterbo, devasterebbe per sempre l'area del Bulicame, dell'orto botanico e delle terme, e imporrebbe ai cittadini di Viterbo un gravissimo inquinamento dell'aria, acustico ed elettromagnetico.
L'azione dei medici, e in particolare dei medici di medicina generale, puo' costituire - e in molti casi ha gia' costituito - un sicuro argine a questi progetti di devastazione ambientale, e rappresenta un'azione concreta tra le piu' importanti in materia di prevenzione primaria e tutela della salute che si esplica attraverso lo studio e la documentazione delle problematiche ambiente-salute e una corretta informazione dei propri pazienti e di tutti i cittadini.

6. REPETITA IUVANT. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA
[Ancora una volta ripubblichiamo questo breve ma capitale testo di Guenther Anders. Riprendiamo il testo dall'appendice all'edizione italiana del libro di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che cogliamo l'occasione per salutare e ringraziare ancora una volta). Come li' si specifica, queste Tesi sull'eta' atomica sono "un testo improvvisato dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e uscito nell'ottobre 1960 nella rivista 'Das Argument - Berliner Hefte fuer Politik und Kultur' - nota del traduttore"]

 

Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa.

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Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi".

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Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.

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Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo.

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Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita' di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta', l'assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra dell'ipocrisia.

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Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi', nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale, ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini".

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Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e' solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui, presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine perirebbero anch'essi, per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati.

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Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e' gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra "ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla.

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Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: "Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto.

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Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico".

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Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione. Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita', dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto", tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un meccanismo inibitorio).

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La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti) e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli "escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione.

Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente dilatati.

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Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se' che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1) Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe capitarci.

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Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio' che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo immaginare.

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Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella, che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di immaginare cio' che si produce.

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Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite", sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti.

L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile neppure in seguito.

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Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l'apocalissi come un "ramo specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola "democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai. Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere democratico.

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Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E' giusto? Si' e no. Perche' no?

Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal lavorare; 2) dall'azionare.

1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo "lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne' deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare") nell'altra: "ogni lavorare e' un agire".

2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e' abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e' piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione.

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Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie"). La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni. Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora si camuffano in altre guise:

1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l'espressione "armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende, poiche' da' per scontato, che si tratta di armi.

2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo al punto che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni, presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose' irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche' lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza del mondo.

3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia' accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire", in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo "fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come "deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito.

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Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione "reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire, "agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e' ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato (trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere, diventano pseudopersone.

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Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale.

Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che potremmo assumerci come agire personale.

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Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita', peraltro affatto fallace.

La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima, e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del colpo.

Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara' quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei" di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi.

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Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!".

 

7. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO

 

Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org

Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com

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COI PIEDI PER TERRA

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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 373 del 3 ottobre 2010

 

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