Coi piedi per terra. 371



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 371 del primo ottobre 2010

 

In questo numero:

1. Gianni Sofri: Gandhi

2. Verso il 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza

3. Riccardo Orioles: Sei amici

4. Fabio Ragaini: Una scelta, una sfida, un impegno, un maturare

5. Antonia Sani: Questa rivoluzione copernicana

6. Amalia Schirru: Una cultura di solidarieta'

7. Gabriella Seveso: Sull'inutilita' e sulla insania della violenza e della guerra

8. Amedeo Tosi: In cammino

9. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Giuliano Falco

10. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo

 

1. EDITORIALE. GIANNI SOFRI: GANDHI

[Ringraziamo Gianni Sofri (per contatti: g.sofri at tin.it) per questo intervento.

Gianni Sofri, prestigioso docente universitario di storia contemporanea e di storia dei paesi afroasiatici, gia' presidente del consiglio comunale di Bologna, e' anche uno dei maggiori conoscitori della figura e dell'opera di Gandhi. Tra le opere di Gianni Sofri: Il modo di produzione asiatico, Einaudi, Torino 1973; con Pier Cesare Bori, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1985; Gandhi in Italia, Il Mulino, Bologna 1988; Gandhi e l'India, Giunti, Firenze 1995.

Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta' moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006]

 

L'ho scritto piu' volte, e non mi stancavo di ripeterlo agli studenti quando insegnavo. Lo faro' qui ancora una volta perche' mi sembra importante. Gandhi non e' un pensatore organico. La sua opera completa (i Collected Works nell'edizione nazionale curata dal governo indiano) riempie novantotto grossi volumi e non e' neppure veramente "completa". Tuttavia, essa comprende pochissimi libri e, invece, centinaia di articoli. Per lunghi periodi, ne scriveva, praticamente, ogni giorno, per non parlare delle migliaia e migliaia di lettere. Anche i suoi libri, in molti casi, sono usciti per la prima volta a puntate, sui suoi giornali.

 

Il piu' celebre dei suoi scritti, e cioe' la sua autobiografia (nota in italiano come La mia vita per la liberta'), fu iniziata da Gandhi, nel 1924, nel carcere di Yeravda, e pubblicata a puntate, fra il '25 e il '26, nel suo giornale in gujarati "Navajivan" (Vita nuova). Apparve in seguito in volume, dapprima in gujarati, poi nella traduzione inglese curata dal suo segretario Mahadev Desai, in due tomi, nel 1927 e 1929. Gandhi la intitolo', non certo a caso, An Autobiography, or the Story of my Experiences with the Truth: un titolo che corrispondeva alla visione "sperimentale" che Gandhi aveva della propria vita e del proprio pensiero. Il Mahatma aveva infatti principi molto profondi e radicati, ma era pronto a rimettere in discussione anche quelli, giorno dopo giorno. Affrontava problemi concreti, si muoveva in situazioni storiche particolari e concrete. Non viveva in un vacuum, ma era chiamato ad operare e a scegliere in un mondo politico e culturale estremamente complesso e vario (la tendenza a creare una semplice equazione tra Gandhi e la lotta dell'India per l'indipendenza e' un'assoluta sciocchezza: ma questo ci porterebbe molto lontano). Anche per questo le sue scelte, pur guidate da una forte carica morale (che gli faceva rifiutare, per fare un esempio, la distinzione tra mezzi e fini), erano spesso imprevedibili. Non corrispondono, ancora per esemplificare, alla sua image d'Epinal, alla sua rappresentazione piu' idillica e devozionale, i suoi elogi del compromesso. "Sempre nella vita - scrisse nell'Autobiografia - proprio la mia passione per la verita' mi ha insegnato ad apprezzare la bellezza del compromesso". E a Louis Fischer, un giornalista che fu anche suo biografo, disse: "Sono essenzialmente un uomo incline al compromesso perche' non sono mai sicuro di essere nel vero". Gandhi non corrisponde neppure all'immagine della coerenza fino alla morte, senza se e senza ma, come diremmo oggi. Nel 1936 scrisse: "Le opinioni che mi sono formato e le conclusioni a cui sono giunto non sono definitive. Potrei modificarle in qualunque momento".

 

La mia insistenza su questo aspetto della figura di Gandhi potrebbe lasciare perplesso qualche lettore. Citero' allora altre due testimonianze, prima di concludere cercando di spiegare perche' questo problema mi sembra importante.

 

Uno dei maggiori specialisti della storia moderna dell'India, il francese Claude Markovits, ha scritto fra l'altro che "Gandhi e' partito da una messa in opera essenzialmente pragmatica di un insieme di tecniche di lotta gia' note, finendo poi per enunciare una sorta di filosofia di natura assai generale, che non ha pero' mai fatto oggetto di un'esposizione sistematica". (Gandhi, Paris, Presses de Sciences Po, 2000). Aggiungo l'opinione di Vidiadhar S. Naipaul, nato a Trinidad da famiglia originaria dell'India, premio Nobel e considerato (con una frase tanto ripetuta da divenire quasi uno stereotipo) "il maggiore scrittore vivente di lingua inglese". Di Naipaul Adelphi ha pubblicato di recente un libro del 2007 (Scrittori di uno scrittore) in cui Gandhi e' molto presente. Naipaul non e' certo un suo simpatizzante, e non rinuncia neppure parlando di lui a esercitare una sofisticata perfidia, e il gusto di epater le bourgeois. Ne e' tuttavia in un certo modo affascinato e considera la sua autobiografia (che dice di aver letto molte volte, trovandovi ogni volta qualcosa di nuovo) "un capolavoro", i cui primi capitoli "possiedono una qualita' fiabesca". In una delle sue pagine, che non mancano certo di notazioni acute e stimolanti, Naipaul accenna al pensiero di Gandhi come privo di organicita', "fatto di frammenti disparati attinti qua e la'" e tenuti insieme da un'unita' solo apparente. Eccessivo, a mio parere, ma non privo di ragioni.

 

Perche' tener presente questo problema e' importante? Perche' il non farlo puo' produrre conseguenze potenzialmente pericolose. Gandhi non e' un teorico della politica, che si possa analizzare come Hobbes o Carl Schmitt. E neppure un professore di filosofia cui rivedere le bucce. Non ha un sistema. Se lo si tratta come l'autore di un sistema, si corrono dei rischi sia essendo simpatizzanti di Gandhi e della nonviolenza, sia essendone dei critici. Il simpatizzante ne dara' un'immagine sistematica che non esiste, e rendera' difficile quell'opera libera e inventiva di adattamento che ogni tentativo di applicazione della nonviolenza ad altri tempi e luoghi richiede. Il critico si mettera' a correggere il Professor Gandhi rilevandone con accademico cipiglio le incoerenze e i compromessi, come se Gandhi non li avesse messi sul tavolo a priori, in maniera schietta e trasparente (due qualita' che fanno parte integrante del suo insegnamento). Questo non vuol dire, naturalmente, che non ci siano in Gandhi degli aspetti di universalita' che lo rendono ancora oggi attuale; meno che mai che non si possa (non si debba!) criticarlo e indicare quanto ci sia di non condivisibile nel suo pensiero. Nel mio piccolo (per quanto mi riguarda), vedo in Gandhi un tasso molto elevato di universalita' e al contempo molte ragioni di critica. Ma mi sembra giusto affrontare l'una e le altre con grande rispetto di contesti storici, di una vita, di un susseguirsi di esperienze, di incontri e scontri culturali.

 

 

2. INIZIATIVE. VERSO IL 2 OTTOBRE, GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA

 

Il 2 ottobre, che l'Onu ha dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza" nell'anniversario della nascita di Gandhi, impegnamoci a promuovere e sollecitare ovunque possibile - nelle scuole, nelle istituzioni, nei luoghi di incontro e di aggregazione - iniziative di accostamento alla nonviolenza.

 

3. VERSO IL 2 OTTOBRE. RICCARDO ORIOLES: SEI AMICI

 

[Ringraziamo Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at gmail.com) per questo intervento.

Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at gmail.com) e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura in rete "La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra (ora e' anche il titolo di un suo libro a stampa, una raccolta di suoi scritti a cura di Francesco Feola e Luca Rossomando, pubblicato dalla casa editrice Melampo, Milano 2009). Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)]

 

Il dottore Nastasi, veterinario, s'era fatto tutta la ritirata di Russia a piedi, con gli alpini. Mio padre aveva la rotula sinistra di metallo, completamente ricostruita, e varie schegge non estraibili in corpo. L'altro Nastasi, quello che insegnava ginnastica, s'era fatto Grecia, Libia e Albania. Idem Alfano e Ruvolo, tutti in fanteria. Ghetti, un anno e mezzo nei sommergibili: ne tornarono una decina, dei sottomarini atlantici, e "alla parata di Napoli eravamo ottantuno". Di questi sei amici non ce n'era uno che non bestemmiasse quando sentiva "gerarchi" e "mussolini".

Nessuno di questi sei era pacifista, nel senso che intendete voi adesso. Ma odiavano la guerra e chiunque ne parlasse bene. "La guerra, la guerra.". "Eh. Non potete capire, voi giovani, quant'e' bella la pace". Uno sospirava, l'altro tirava un colpo di toscano.

Non si sono mai fatti guardare, da me bambino, come eroi. Stavano anzi molto attenti a non farlo. Di tutta la guerra, l'unica racconto che ho di mio padre e' delle sigarette che s'erano scambiati, sotto la tenda dell'ospedale da campo, con il maggiore inglese che forse l'aveva ferito. E un'altra volta in cui, con tutti noi bambini a naso in su davanti ai premi del tiro a segno, dopo lunga esitazione e vergognandosi prese la carabina ad aria compressa e a uno a uno li butto' giu' tutti. "Ero tiratore scelto" mormoro' come scusandosi, distribuendo le bambole e gli orsacchiotti di pezza.

Non so quante ferite e medaglie avessero quei sei amici, tutti insieme. Ma mi hanno insegnato la pace, poiche' erano dei soldati. Oggigiorno un politico - culomolle, gerarca, mai stato al fuoco, mai rischiata la pelle per il suo paese - vorrebbe invece insegnare la guerra (peggio: giocare alla guerra) ai ragazzini. Ma mio padre e i suoi amici, nelle loro varie e diverse idee politiche, concordemente avrebbero avuto orrore di lui.

Mi avete chiesto delle righe sulla pace, eccole qui. Non sono bravo a scrivere delle idee, volevo semplicemente rendere omaggio a sei uomini miti e buoni, quelli con cui ho passato la mia fanciullezza.

 

4. VERSO IL 2 OTTOBRE. FABIO RAGAINI: UNA SCELTA, UNA SFIDA, UN IMPEGNO, UN MATURARE

[Ringraziamo Fabio Ragaini (per contatti: grusol at grusol.it) per questo intervento.

Fabio Ragaini e' impegnato nell'esperienza del "Gruppo Solidarieta'" di Castelplanio (Ancona), un'esperienza di volontariato che opera nel territorio della provincia di Ancona dal 1980; oltre all'azione concreta di solidarieta' con persone in situazioni di disagio o difficolta', promuove incontri formativi e svolge un valido servizio di informazione e documentazione; dal 1982 pubblica il periodico cartaceo "Appunti", e successivamente ha anche attivato un utile sito nella rete telematica: www.grusol.it]

 

 

La scelta della nonviolenza rappresenta per me una scelta, una sfida, un impegno, un maturare. Una modalita' di relazione tra e con le persone, un atteggiamento che vorrei mi accompagnasse nelle relazioni con chi mi e' piu' vicino e in tutte le situazione conflittuali.

Nel mio lavoro con persone in difficolta' sono continuamente all'interno di situazioni conflittuali sia nei rapporti tra "utente" ed operatori, sia nei confronti e nei rapporti con le istituzioni; troppo spesse disattente rispetto alle esigenze delle persone piu' deboli.

Gli incontri, le riunioni, le proteste, le denunce: ogni occasione mette alla prova la nostra pratica della nonviolenza: non ascolto, desiderio di prevaricazione, paura dell'altro, nostre insicurezze, fissita' ideologiche. Ma anche paura di essere minoranza, delle proprie idee, abdicazione nei confronti di cio' che riteniamo giusto.

Accettare di essere condotti dalla misericordia, tenerezza, mitezza, dall'amore sempre nell'orizzonte della giustizia. Che questo 2 ottobre sia occasione per un risveglio di consapevolezza, per una accoglienza, per una prassi ispirata alla nonviolenza.

 

5. VERSO IL 2 OTTOBRE. ANTONIA SANI: QUESTA RIVOLUZIONE COPERNICANA

 

[Ringraziamo Antonia Sani (per contatti: antonia.sani at alice.it) per questo intervento.

 

Antonia Sani e' presidente della Lega Internazionale di donne per la pace e la liberta' - Wilpf Italia]

 

 

 

Tanto si e' scritto e si continua a scrivere sulla teoria e l'esperienza della nonviolenza, e sul suo intreccio col pacifismo. Mi limitero' a poche riflessioni sull'oggi.

 

Vorrei che entrambi i concetti mantenessero il nucleo originario nella visione delle giovani e future generazioni.

 

Allora, partiamo dalla radice comune di  "violare" e "violenza". I due termini risalgono alla vis latina, quella forza che anche nel quadro del riconoscimento in progress dei diritti civili, sociali, e dei diritti umani, non ha mai cessato di farla da padrona. Osserviamo che  non sempre la sfera dei diritti viene violata con azioni brutali comunemente definite "violente", come non  sempre azioni definite "violente" sono prive di ragioni a loro favore.

 

Dove mettere i paletti? Proviamo a stabilire che violenta e' qualsiasi azione non soltanto esteriormente connotabile come brutale, aggressiva, crudele, ma ogni atto comunque lesivo della  liberta', della dignita' della persona, di una comunita', di un popolo.

 

Nonviolenza: di questa rivoluzione copernicana del secolo scorso si ha l'impressione che i giovani di oggi non possano ben comprendere tutta la portata, cosa ha voluto dire uscire dalla prospettiva della tragedia delle guerre, della sopraffazione, dell'odio razziale, per avviare la costruzione di inedite prospettive di pace in cui la difesa delle rispettive posizioni doveva avvenire in un confronto democratico, razionale, al di fuori di ogni scontro armato, col protagonismo dei popoli oppressi, l'emersione di soggetti  costretti da sempre a subire. Gli esempi di Gandhi, Capitini, le grandi  affermazioni di principi, il riconoscimento dei diritti umani da parte di organismi internazionali...

 

Ma la nonviolenza in cammino divenuta, si', patrimonio ideale, alimento per progetti di pace e di emancipazione - benche' negata nei fatti dalle agende politiche delle grandi potenze - incontra oggi nuovi, forse imprevedibili agguati.

 

Uno di questi era annidato nel concetto stesso di "non violenza", in una sorta di lectio facilior, di interpretazione volgare del suo senso.

 

Il rifiuto della violenza, frainteso come rifiuto del conflitto, come annebbiamento dei confini tra una posizione e l'altra, delle ragioni che hanno determinato scelte diverse, nel presente come nel passato, ha certamente contribuito allo stravolgimento del suo valore in questo clima "bipartisan" nel quale siamo oggi immersi. Il revisionismo storico in cui vengono passati al setaccio personaggi, fatti, imprese, rivoluzioni, nella foga di riabilitare ragioni fin qui "sottovalutate" o "misconosciute", o "a torto denigrate", ha alla sua base la condanna di "violenze" che avrebbero fin qui determinato un certo corso dell'analisi storica.

 

Oggi, in nome della "non violenza", si puo' ben compiere un cammino a ritroso e porre tutte le posizioni sullo stesso piano (un esempio  lo abbiamo avuto lo scorso 20 settembre a Roma per il 140esimo anniversario della Breccia di Porta Pia, con una cerimonia presieduta dalla comune presenza dello Stato italiano e del Vaticano, dove ognuno accettava le ragioni dell'altro, con buona pace delle vicende storiche in cui quell'evento ebbe luogo).

 

Cosi' come all'insegna della "non violenza" si svolgono le tavole rotonde televisive, dove le diverse rappresentanze sono rigorosamente garantite, ma non l'estraneita' della violenza dal dibattito.

 

Un secondo agguato e' rappresentato dalla manipolazione mediatica delle forme della protesta, ad uso e consumo di chi ci sta governando. Visto che la protesta non deve disturbare il manovratore, la gran parte dei  mezzi di informazione tende a dare spazio a immagini eclatanti che colpiscono l'opinione pubblica per "cio' che mostrano": folkloristiche e pacifiche le immagini di docenti e operai sui tetti o incatenati o raccolti "nell'isola dei cassintegrati", studenti infilati nei sacchi della spazzatura... comunque, rassicuratevi, si tratta di uno spettacolo come tanti altri: tutti "non violenti"... Quando la protesta assume forme piu' dure e decise, sempre ovviamente tenendo conto della visibilita' reclamata dalla comunicazione, allora, ecco che la contestazione viene tacciata di "violenze inaccettabili", quando non addirittura di "terrorismo", col suo accostamento ai momenti piu' drammatici degli anni di piombo... E' cio' che e' accaduto, ad esempio, con la  "Freedom flotilla", nei confronti del tentativo nonviolento di forzare il blocco  inaccettabile di Gaza. Ma la sostanza nonviolenta della lotta per i diritti del popolo palestinese ha vinto e si prepara una "flotilla di pace" ancora piu' autorevole, e partecipata dagli stessi ebrei che non condividono la politica di Israele...

 

Il cammino della nonviolenza deve tener conto di questi agguati e sconfiggerli via via con consapevolezza e determinazione.

 

Lo strumento piu' idoneo e', a mio avviso, la tenacia di cui dobbiamo tutti e tutte munirci. La tenacia va oltre la notizia di un giorno comunicata dall'immagine o dalla notizia strumentale dell'evento, la tenacia costruisce un percorso quotidiano da cui la violenza e' bandita ma non sostituita dall'indifferenza delle posizioni, dove il conflitto tra le idee deve continuare a esistere e ad essere chiaramente percepibile anche se il confronto non deve essere cruento ma razionale e soprattutto laico.

 

Il traguardo e' ancora molto lontano, ma non possiamo rischiare di perderlo di vista, non dobbiamo consentirne l'affossamento in una sterile contrapposizione tra diritti acquisiti e diritti umani. La pratica nonviolenta ha come obiettivo grande - oggi - quello di contribuire alla globalizzazione dei diritti acquisiti.

 

 

6. VERSO IL 2 OTTOBRE. AMALIA SCHIRRU: UNA CULTURA DI SOLIDARIETA'

[Ringraziamo Amalia Schirru (per contatti: schirru_a at camera.it) per questo intervento.

Amalia Schirru (San Sperate, 1953), gia' sindaco di San Sperate e vicepresidente della Provincia di Cagliari, ha promosso molte iniziatve nell'ambito delle politiche sociali e sanitarie; e' attualmente deputata in parlamento]

 

Ho colto davvero con molto piacere l'invito a ricordare con una riflessione il 2 ottobre, che l'Onu ha dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza".

In un momento di tale confusione, occorre intervenire a sostegno di coloro i quali ogni giorno lavorano "in trincea", per usare proprio un termine anacronistico. Di coloro che, con mezzi propri, sopperiscono alle mancanze di servizi di sensibilizzazione e promozione di una cultura di solidarieta', che invece dovrebbero essere messi a disposizione dal servizio pubblico.

E' per questi motivi che offro la mia completa adesione al progetto della nonviolenza.

 

7. VERSO IL 2 OTTOBRE. GABRIELLA SEVESO: SULL'INUTILITA' E SULL'INSANIA DELLA VIOLENZA E DELLA GUERRA

[Ringraziamo Gabriella Seveso (per contatti: gabriella.seveso at unimib.it) per questo intervento.

Gabriella Seveso e' docente di Storia della pedagogia e Teorie della formazione e azioni positive presso la Facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' di Milano-Bicocca. Si occupa di storia dell'educazione delle donne e delle bambine e della tematica della differenza di genere nei contesti educativi. Tra le opere di Gabriella Seveso: Per una storia dei saperi femminili, Milano, Unicopli, 2000; Armati mio cuore. Modelli educativi femminili nel teatro di Euripide, Milano, Ghibli, 2003; con B. Mapelli, Con maestria, Milano, Guerini, 2003; con R. Mantegazza, Pensare la scuola. Aporie e interrogativi tra storia e quotidianita', Milano, Bruno Mondadori, 2005; Ti ho dato ali per volare. Maestri, allievi, maestre e allieve nei testi della Grecia classica, Pisa, Ets, 2007]

 

La cultura greca, che rappresenta una delle radici della nostra civilta', pur essendo sovente da noi ricordata proprio per i conflitti che l'hanno caratterizzata (primo fra tutti, quello fra Greci e Troiani, che e' materia di uno dei maggiori poemi antichi), ha anche elaborato un pensiero profondo e accorato sulla necessita' della pace e sul rigetto di ogni forma di violenza.

 

Fra i molteplici inviti a riflettere sull'inutilita' e sulla insania della violenza e della guerra, vi sono le riflessioni dello storico Erodoto che riporta le parole del saggio Creso: "Nessuno, infatti, e' cosi' stolto da preferire la guerra alla pace, poiche' in tempo di pace sono i figli che portano alla sepoltura i padri, mentre in tempo di guerra sono i padri che seppelliscono i figli" (Erodoto, Storie, I, 86-87).

A queste parole possiamo affiancare le considerazioni accorate che Euripide propone nelle sue tragedie, ricordando il destino dei bambini vittime della guerra, uccisi semplicemente perche' appartenenti ad un popolo o ad una famiglia, o destinati ad essere sfruttati, o ancora ad essere orfani e privati dell'affetto e della sicurezza dei genitori e dei familiari: il piccolo Astianatte che viene precipitato dalle mura di Troia, dimostrando la crudelta' e la follia dei Greci diviene simbolo di tutti i deboli che non possono opporsi alla barbarie della guerra.

Queste riflessioni, elaborate in un'epoca lontana, restano purtroppo significative, poiche' ai giorni nostri la sorte dei/delle bambini/e, dei piu' deboli, all'interno degli ancora numerosi conflitti, e' ancora quella di soccombere e di essere sovente dimenticati.

 

8. VERSO IL 2 OTTOBRE. AMEDEO TOSI: IN CAMMINO

[Ringraziamo Amedeo Tosi (per contatti: e-mail: amedeo.tosi at tin.it, sito: www.grillonews.it) per questo intervento.

Amedeo Tosi, amico della nonviolenza, giornalista pubblicista veronese, e' direttore del sito www.grillonews.it e dell'omonima newsletter che promuove la partecipazione dei lettori agli eventi sociali, culturali e per la pace organizzati, in particolare, nelle province di Verona e Vicenza]

 

 

Molti sarebbero i pensieri belli, tante le variopinte testimonianze che si potrebbero valorizzare in occasione della Giornata internazionale della nonviolenza, fissata dall'Onu il 2 ottobre per ricordare la nascita di Gandhi, ispiratore dei movimenti per la pace, la giustizia, la liberta' di tutto il mondo. E invece scelgo di evidenziare che: la nonviolenza e' in cammino! E non si perde d'animo!

Tutto qui. Ti sembra poco? A te che leggi vorrei dire che per tentare di mettermi sulle tracce di questo anniversario, e per cercare di ripercorrere e proseguire lungo i sentieri di un impegno per un mondo che si e' soliti definire "piu' giusto e solidale", sentieri attraversati - ieri come oggi - da molte donne e uomini di buona volonta', ho estremo bisogno proprio di non perdermi d'animo!

Di non indietreggiare, ad esempio, quando vedo prevalere la logica che sostiene essere piu' rassicurante la cancellazione del "nemico" all'eliminazione dei motivi per cui l'altro diventa mio nemico. Oppure quando constato che dire "no", obiettare, viene percepito come disfattismo o menefreghismo, invece che come una via obbligata per tentare di costruire un futuro piu' decente per gran parte della societa' mondiale.

Ti sembra ancora poco? So che Gandhi e tutti gli altri testimoni della nonviolenza non si persero d'animo quando iniziarono a rifiutare le "regole del gioco". E a pagarne le conseguenze. Non si voltarono dall'altra parte quando si misero ad osservare il presente con sguardo acuto, mentre i piu' si accontentavano dell'opprimente e insipida realta' che galleggiava in superficie.

Non perdersi d'animo. E poi? E poi impegnarsi. Ognuno come puo'. Per promuovere nel proprio quartiere: tolleranza, alterita', interculturalita', confronto, collaborazione, relazioni pacifiche tra persone diverse ma tutte egualmente soggetti, tra vicini e lontani.

Con creativita'. Solo cosi' cio' che non e' sara'. E una nuova storia lentamente verra'.

 

9. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO GIULIANO FALCO

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Giuliano Falco.

Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Giuliano Falco, nato nel 1958, impegnato per i dritti, la solidarieta', la convivenza, la pace, e' insegnante di sostegno per scelta e promuove iniziative volte a migliorare l'inserimento e l'integrazione delle persone diversamente abili e degli alunni stranieri; opera altresi' nell'ambito dell'intercultura, favorendo processi di convivenza con le comunita' straniere nella zona di Albenga dove vive e lavora; ha fondato e dirigo un centro a questi fini; cultore di archeologia, ha realizzato un percorso per non vedenti all'interno del Civico Museo Storico Archeologico di Savona; collabora con diversi siti e fa parte della redazione del Didaweb (www.didaweb.net), un portale che lavora per una "scuola come territorio di incontro tra le culture, per la condivisione dei diritti e la valorizzazione delle differenze". Si vedano anche i siti segnalati nella risposta alla penultima domanda]

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Giuliano Falco: Personalmente sono sempre stato contrario alla violenza anche se, lo devo ammettere, c'e' stato un periodo in cui dicevo che era un fattore che dipendeva dal momento storico (una precisazione: da ragazzino ho militato fino a 15 anni nell'Azione Cattolica Ragazzi, poi da 16 a quasi 20 in una formazione marxista-leninista, dai 20 anni in poi - oggi ne ho 52 - mi sono sempre considerato libertario, con picchi di militanza e di disimpegno: questa posizione dipendeva dalle letture giovanili degli scritti di Errico Malatesta). In ogni caso, ho sempre ritenuto che la violenza fosse funzionale all'apparato statale e chi la metteva in pratica, fossero stati anche dei "compagni", sbagliavano, perche' la liberazione sarebbe avvenuta non certo in quel modo. A quel tempo ritenevo anche che in casi estremi sarebbe stato molto difficile rimanere nonviolento (e pensavo ai campi nazisti). Quindi, come diceva Mao (non Valpiana, ma Tse Tung o Ze Dong, come si usa ora), grande e' il disordine sotto il cielo. In effetti, il mio approdo alla nonviolenza non e' stato ne' immediato ne' facile. Nasce solo (si fa per dire) dalla constatazione che si deve uscire dall'ottica violenta perche' se non si agisce altrimenti, si perpetuano le logiche del dominio. E' una strada difficile, c'e' molto da costruire, ma e' l'unica percorribile, perche' le altre sono terribili.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?

 

- Giuliano Falco: Uno dei pochi debiti che riconosco verso mio padre (operaio e contadino, militante Cisl) e' quello di avermi fatto conoscere don Lorenzo Milani. Sono piu' di trent'anni che io, pur non considerandomi credente, anche se sono impegnato nell'incontro tra le diverse fedi (cfr. il mio blog http://giulianofalco.blogspot.com), leggo e rileggo i suoi scritti che sono una miniera inesauribile di spunti, suggerimenti e idee. Questo non significa che non ne veda i limiti (la sua chiusura verso il mondo protestante, ad esempio). Ma la sua scelta di vita, il suo rigore, il suo classismo (anche se riduttivo e semplicistico), rimangono un esempio. Poi ci sono Gandhi (come puo' mancare?), Aldo Capitini, padre Balducci. Quello che unisce questi tre personaggi: la loro religiosita' (anche da anarchico rispettavo sempre il "sacro"), il loro impegno, il loro essere schierati. Poi ci sono una schiera di personaggi: dagli eretici medioevali (i catari, soprattutto) ad alcuni teologi (Karl Barth, per fare un nome) o altri personaggi come Martin Luther King, Ivan Illich e Paulo Freire.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

 

- Giuliano Falco: Andiamo per ordine: a un giovane consiglierei di cominciare dagli scritti di don Milani e Balducci e poi cercare nel sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) o nel notiziario "La nonviolenza e' in cammino" (e quindi http://lists.peacelink.it/nonviolenza/), nel sito del Movimento Internazionale della Riconciliazione (www.miritalia.org), o in quello di Peacereporter (www.peacerporter.net), o in quello del Centro Sereno Regis di Torino (www.serenoregis.org) materiale che possa interessare. Dal punto di vista filosofico, mi ispirano i pensatori ebraico-tedeschi (e consiglierei Martin Buber) o alcuni teologi italiani come Vito Mancuso.

 

Per le biblioteche pubbliche, consiglieri l'opera omnia degli autori gia' citati (don Milani, Ernesto Balducci, Aldo Capitini, Gandhi, Martin Luther King) a cui aggiungerei i teologi (Mancuso, Barth, Hans Kung) e, in genere, tutti i pedagogisti (sono un insegnante elementare), i filosofi che si sono occupati di filosofia della formazione dell'uomo (da Gramsci a Mounier, da Socrate a Sartre, da Sant'Agostino a Heidegger). Aggiungerei qualche volume sulle migrazioni (come gli scritti di Sayad, sociologo algerino) e sulle religioni (un ottimo lavoro e' stato svolto in questo settore dalla Emi di Bologna).

 

Per la biblioteca scolastica (ci sono ancora?) consiglierei i "soliti" autori: accanto ai quali vedrei volumi di respiro piu' pedagogico. I volumi pubblicati dalla casa editrice La Meridiana, quelli della Edizioni Missionarie Italiane di Bologna o quelli del Gruppo Abele di Torino. In catalogo hanno molti volumi su tematiche vicine alla nonviolenza come l'intercultura - anche se ora si preferisce il costrutto di interazione; l'incontro interreligioso, ecc.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?

 

- Giuliano Falco: Le lotte contro gli ampliamenti di siti di guerra (come il Dal Molin) o le finanziarie di guerra, o la presenza di armi atomiche e le campagne contro la partecipazione del nostro paese alle guerre umanitarie. A questo proposito, mi piacerebbe che venisse potenziata la campagna per l'obiezione di coscienza alle spese militari.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?

 

- Giuliano Falco: L'educazione e la formazione (che significa che non bisogna pensare solo alla scuola - anche gia' questo sarebbe impegnativo) ma lavorare su tutto la traiettoria di vita. A questo proposito, vorrei sottolineare che non sono aggiornato su cio' che succede in tutta la galassia nonviolenta, fedele al motto "pensa globalmente, agisci localmente".

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

 

- Giuliano Falco: Oltre al Movimento Nonviolento e al sito www.nonviolenti.org, penso ad "Azione nonviolenta", al Mir e al Centro Sereno Regis di Torino.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

 

- Giuliano Falco: Dire che la nonviolenza e' una scelta di vita, di un diverso modo di vedere il tutto (dal rapporto con gli altri, al rapporto con il creato, alle relazioni sociali) puo' sembrare una banalita', pero' e' cosi'. L'unica cosa che non mi piace e' la negativita' insita nel termine (invece di essere costruttivo, implica una negazione, come accade alla parola ateismo): non si potrebbe cercare un'alternativa costruttiva?

 

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8. Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo, tra nonviolenza ed ecologia, tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani, tra nonviolenza e lotta antimafia, tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse, tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi, tra nonviolenza e pacifismo, antimilitarismo e disarmo?

 

- Giuliano Falco: Mi sono permesso di raggruppare tutte queste domande (e conseguentemente le risposte) perche' faccio veramente fatica a separare i diversi campi che sottendono. C'e' un frammento di Parmenide che rispecchia il mio pensiero: "indifferente e' per me il punto da cui devo prendere le mosse. La' infatti nuovamente devo far ritorno". Tutto e' collegato e non posso - o per lo meno, e' molto incoerente - considerarmi nonviolento senza essere pacifista, o che so io, antimilitarista. Tutto e' collegato e la violenza ha mille facce, mille maschere. Il problema e' che non sempre ne siamo coscienti. Un altro problema e' che ben difficilmente la persona puo' intervenire in ogni campo, in ogni settore. E cosi' si e' costretti a eleggerne alcuni anche per evitare di essere dispersivi. Poi, alcuni temi hanno la prevalenza su altri, in funzione degli interessi, delle inclinazioni e delle passioni.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla salute e all'assistenza? E quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?

 

- Giuliano Falco: Personalmente ho scelto di essere un insegnante di sostegno: cerco di salvaguardare i diritti di tutti i bambini ma soprattutto di quelli piu' deboli, disabili, stranieri o svantaggiati che siano. Allo stesso modo, mi sono impegnato in passato - ma continua ancora oggi - contro l'istituzionalizzazione (da giovane ho anche aderito a Psichiatria Democratica, associazione che, con Basaglia, si e' battuta per la chiusura dei manicomi). Anche qui, bisogna puntare sulla psicologia umanistica, che non veda "il malato" ma la persona. Anche i bambini disabili, svantaggiati o cosiddetti svantaggiati spesso sono sommersi da diagnosi, immersi in processi di medicalizzazione, in terapie che agiscono sul sintomo, che colpiscono il corpo del "malato" con tutti gli strumenti a disposizione del potere (e qui Basaglia ma anche Foucault, Milani Comparetti - fratello del piu' noto don Milani - hanno ancora molte cose da dirci, soprattutto in questo periodo di restaurazione).

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?

 

- Giuliano Falco: Sarebbe interessante girare questa domanda ai giornalisti professionisti e, soprattutto, a quelli embedded. Battuta a parte, e' sufficiente ascoltare un telegiornale per comprendere quanto sia importante e delicato il rapporto tra nonviolenza e informazione: una parola in piu' o in meno, un tono, una fotografia inquadrano una situazione in modo positivo o negativo, creano un caso o lo passano sottotono. Non solo: per contribuire a creare un clima di tensione, basta un titolo (osservate le locandine dei giornali, soprattutto quelle dei quotidiani locali) che "pesa" piu' di mille articoli o di mille azioni corrette. Dl resto, le trappole del linguaggio sono molteplici e subdole. Se scrivo un articolo dal titolo (per fare un esempio, ovviamente) "Il problema ebraico", veicolo il messaggio della problematicita' dell'essere ebreo (se io fossi un intellettuale ebreo che scrive su un giornale specialistico, forse potrebbe anche andar bene, ma su un giornale quotidiano sarebbe discriminante). Cosi' come lo sarebbe utilizzare una terminologia desueta o "popolare": sempre per fare un esempio, un giornalista di Radio 1 presente ogni mattina su Rainews24 una volta ha usato il termine "vu cumpra'" per indicare gli ambulanti stranieri... oppure basta pensare al termine "clandestini" per designare gli stranieri immigrati con documentazione irregolare o insufficiente: apparentemente "innocuo" (?) e' stato caricato di negativita'.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?

 

- Giuliano Falco: Non sono un grande esperto in materia, anche se amo la filosofia. Ritengo pero' che la riflessione nonviolenta possa arricchire la filosofia da molti punti di vista: a) riflessione sul linguaggio, anche per quanto appena detto; b) una riflessione sul rapporto con l'altro e con l'Altro (e ripenso ancora a quanto hanno scritto, ad esempio, Martin Buber o i filosofi ebraico-tedeschi del Novecento); c) l'incontro tra nonviolenza e filosofia puo' aiutare a costruire e/o ripensare un nuovo rapporto uomo/natura e dell'uomo con se stesso: le strutture violente del dominio e del consumo sono penetrate dentro di noi. Ricercarle, individuarle ed estirparle e' compito del filosofo e del nonviolento.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?

 

- Giuliano Falco: Le religioni devono imparare a convivere e a condividere. Da non credente sono impegnato nella costruzione dell'incontro tra fedi diverse, nella speranza di contribuire a costruire un mondo dove ci sia spazio per tutti, dove tutti abbiano il diritto di parola e di esistenza. De Andre' direbbe che bisogna andare in direzione ostinata e contraria... certo, le religioni dovrebbero - ma francamente dubito che ci si riesca - accettare l'altro e quindi diminuire le pretese di essere le depositarie dell'unica verita'... forse anche Dio dovrebbe rivedersi, ma non oso chiedere tanto! Le religioni dovrebbero scegliere se stare dalla parte del potere, del dominio e, quindi, della violenza, o dalla parte della persona, dell'umano. Per costruirne un nuovo. San Paolo, nella lettera ai Romani diceva che "siamo in questo mondo ma non di questo mondo"...

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?

 

- Giuliano Falco: Torna - anche in questo caso - la solita risposta: ridefinire il rapporto con l'altro, bambino o adulto che sia. Poiche' l'educazione, la formazione, e' ormai un dato acquisito,  non si ferma solo all'infanzia ma e' un processo (o, meglio, una serie di processi) che durano per tutta la vita (il pedagogista polacco Comenius parlava, addirittura, di una pedagogia mortis, ma non vorrei esagerare). Cosi' l'incontro di nonviolenza e educazione/formazione si prolunga: contribuisce a costruire l'umano, la persona, contro l'omologazione, la massificazione, l'annichilimento. Significa anche rivedere il ruolo discente/docente, i luoghi dell'imparare (se cade la barriera cronologica, perche' imparare/educare/ formare deve fermarsi alla sola scuola? Gia' don Milani diceva che il maestro e' una figura che dev'essere superata, anzi che il bravo maestro e' quello che un giorno viene spodestato dai suoi (ex) alunni perche' ormai e' stato superato... Nella mia pratica di insegnante elementare impegnato in attivita' di sostegno ho imparato a vedere nell'altro l'umano, la persona, non il "malato": ho demedicalizzato il mio rapporto anche perche' l'ideologia medica e' totalitaria, fagocitante e spesso violenta. Imparare a vedere la persona, con le sue peculiarita', non fermarsi alla diagnosi, al sintomo. Tornando al rapporto nonviolenza/educazione, e rifacendomi alla mia esperienza didattica, ho notato che una delle cose piu' difficili e' far lavorare i bambini in gruppo; predisporli all'ascolto dell'altro. Ogni tanto riesco ad applicare la scrittura collettiva in quella che e' una brutta copia della tecnica che don Milani aveva applicato a Barbiana: dopo un'esperienza significativa (come, ad esempio, una visita a un museo), ogni alunno scrive un breve testo sul suo vissuto, su cio' che ha capito e l'ha colpito maggiormente. Poi la classe viene divisa in gruppi e ogni gruppo apporta una sintesi degli elaborati individuali, discutendo sulla motivazione delle esclusioni e/o sul perche' delle modifiche. Infine, la classe dopo aver sintetizzato, riassunto e scartato, elabora insieme un testo che ormai e' di tutti e di nessuno. Si tratta di un lavoro lungo, ma che da' i suoi frutti. In altre situazioni, di pluriclasse, si legge un testo, lo si discute, lo si integra (se e' il caso), poi ognuno individua una serie di parole chiave e/o di domande su cui costruire, in maniera condivisa l' "interrogazione" al termine della quale, collettivamente, si decide il voto. Devo ammettere che i bambini sovente sono piu' onesti di molti adulti...

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?

 

- Giuliano Falco: Questa risposta mi permette di "rispolverare" il proudhoniano che e' in me: provengo dal movimento libertario (e, in forme nuove, diverse, lo sono ancora, lo sono sempre, solo arricchito da altri patrimoni culturali, da altre esperienze, da altri linguaggi). E cio' si incrocia, come ho gia' scritto, al filone eretico medievale: la proprieta' e' un furto. E  la finanza e' la scienza del furto. Cio' detto, ritengo che l'economia dovrebbe riscoprire non solo l'uomo ma anche la  radice che la lega all'ecologia (entrambe hanno il prefisso "eco", dal greco "oikos", casa).

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?

 

- Giuliano Falco: La forza del diritto e' la forza. Esiste il diritto-dovere di disobbedire alle leggi ingiuste. Don Milani parlava di chi crede in Dio e di chi crede alla coscienza. Come posso obbedire a una legge ingiusta? L'ho dichiarato anche pubblicamente: mai mi sognerei di denunciare delle persone straniere perche' irregolari (altri avrebbero detto "clandestini"), ad esempio.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica e sulla bioetica?

 

- Giuliano Falco: Non sono cosi' competente per poter rispondere a questa domanda senza temere di dire ovvieta'. Purtroppo l'etica e' passata di moda e quando se ne sente parlare e' sempre una farsa... soprattutto da parte dei nostri politici.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la tecnologia?

 

- Giuliano Falco: Piu' che la scienza temo lo scientismo, il positivismo. Loro frutto naturale e' l'aridita' interiore, il nichilismo. Ora, non occorre essere Heidegger per capire che questo e' uno dei mali della nostra epoca. E' terrificante constatare quante persone sono vuote dentro, siano solo apparenza. E la scienza, che un tempo sembrava essere la soluzione di tutti i mali, deve anch'essa liberarsi dalle pastoie del potere, dalle forze del dominio. Essere dalla parte dell'uomo, altrimenti e' strumento di distruzione e autodistruzione.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione storica e alla pratica storiografica?

 

- Giuliano Falco: Il pensiero dominante, e la scuola, ci hanno abituato a schierarci: in un conflitto c'e' sempre un buono e c'e' sempre un cattivo. Non sempre e' cosi'. Occorre superare la visione manicheista, uscire dalla categoria schmittiana del "nemico" e vedere al di la'. Spesso, ad esempio, in una guerra entrambi hanno torto e la soluzione sarebbe uscire dal vicolo cieco, dal circuito vizioso, in cui i partecipanti si sono infilati. Occorre trasformare il circuito vizioso in uno virtuoso: uscire da questa logica per posizionarsi al di fuori e pensare per agire col fine di cambiare realmente le cose. La storia, insegnava Mao, la fanno i popoli ma la scrivono i padroni. Noi potremmo dire che la storia la fanno i popoli ma la scrivono i violenti. Solo con alcuni grandi movimenti di storici, iniziati nei primi decenni del Novecento, si e' un po' cambiato il modo di vedere la storia: penso a Marc Bloch, a Lefebvre, a Le Goff, alla scuola francese delle "Annales". In Italia, a Carlo Ginzburg, a Nuto Revelli e, per certi aspetti, a Franco Cardini. Con i "nuovi" storici e' cambiato il modo di vedere la storia, e' cambiato l'oggetto degli studi storici: quanti sono i volumi che Nuto Revelli (tanto per fare un esempio) ha dedicato ai montanari piemontesi, a quel mondo dei vinti che da' il titolo a due suoi bellissimi volumi editi da Einaudi. Ma anche qui, ha vinto la contaminazione: la storia del presente la fanno gli studiosi dell'etnologia (si veda il bel volume a cura di Alessandro Dal Lago e  Rocco De Biase, Un certo sguardo, introduzione all'etnografia sociale, Laterza).

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

 

- Giuliano Falco: Non sono in grado di rispondere.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene piu' importanti, e perche'?

 

- Giuliano Falco: Non sono in grado di rispondere.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?

 

- Giuliano Falco: Non sono in grado di rispondere.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione nonviolenta?

 

- Giuliano Falco: Non sono in grado di rispondere. Pero' il termine addestramento puzza di militare (o di comportamentismo, il che si equivale...).

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

 

- Giuliano Falco: I siti e le riviste (cartacee e telematiche) gia' citati.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

 

- Giuliano Falco: Non ne sono a conoscenza.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?

 

- Giuliano Falco: Il discorso e' molto complicato. Da un lato e' comodo per il "potere" far percepire movimenti e azioni come marginali e anacronistici (o, nella peggiore delle ipotesi, antinazionali e/o filoterroristici). Dall'altro aggiungerei che spesso anche chi ne parla non e' dentro la notizia per cui ne da' un resoconto parziale, inesatto. Ritengo che vada creata o potenziata una rete di siti, blog, giornali e riviste dedicate a queste tematiche in modo da poter fare una informazione capillare e piu' vicina possibile alle varie realta': se ognuno di noi, avendo ricevuto la notizia di un'azione significativa la facesse "rimbalzare" a tutti i suoi contatti, a tutte le mailing list cui e' iscritto, a tutti i giornalisti con cui e' in contatto, avremmo probabilmente raggiunto un gran numero di persone in poco tempo.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se si', come?

 

- Giuliano Falco: Il mio ideale sarebbe una struttura a rete: un'organizzazione dal basso, con referenti precisi, ma non ho idee chiare. Quello che conta e' non cristalizzarsi, ma riuscire ad essere fluidi.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?

 

- Giuliano Falco: Non e' semplice rispondere: da un lato occorre moltiplicare i siti web che trattano questi argomenti, in modo da essere raggiunti dal numero massimo di persone che vogliano entrare in contatto; costruire blog, pagine sui network sociali (se gia' non ci sono). Con internet ormai si possono costruire radio o tv con una spesa minima. Ma questo funziona solo con chi ha una connessione (e magari veloce: dove abito io l'Adsl non arrivera' mai, anche se a cento metri da casa mia ma su un'altra linea c'e'). Poi ci sono persone con cui dobbiamo entrare in contatto che non navigano su internet (ad esempio la maggioranza dei migranti) e coi quali occorre lavorare sia per fermare la deriva razzista, sia per creare i presupposti per una societa' aperta. Quindi messaggi da diffondere via telefonino (Sms) o altri strumenti da studiare.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e movimenti sociali: quali rapporti?

 

- Giuliano Falco: Bisognerebbe permeare i movimenti di nonviolenza. La violenza e' sempre funzionale al potere...

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e istituzioni: quali rapporti?

 

- Giuliano Falco: Rapporti? E' un tema spinoso. Non so se basta un seminario per approfondirlo. Intanto bisognerebbe vedere cosa si intende per "istituzione" (ad esempio quella statale, quella locale, un ospedale, una caserma, una scuola, o l'ospedale, la caserma, la scuola. Ora, senza essere deistituzionalizzante, se e quando un'istituzione mi parlasse di nonviolenza, diffiderei assai...

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e forze politiche: quali rapporti?

 

- Giuliano Falco: L'importante e' non farsi condizionare: ogni partito cerca di portare acqua al suo mulino, per cui non mi fido. Quando chi sta in alto, scriveva Brecht, parla di pace, piccolo uomo prepara il tuo testamento.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?

 

- Giuliano Falco: E' materia di tesi di laurea, non di una risposta in breve.

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

 

- Giuliano Falco: Consultare i miei blog: http://giulianofalco.blogspot.com, http://centroscuolaterritori.blogspot.com o quello (per ora) in costruzione http://museovirtualedellemigrazioni.blogspot.com

 

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'e' qualcosa che vorrebbe aggiungere?

 

- Giuliano Falco: No, mi sembra di aver sproloquiato abbastanza...

 

 

10. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO

 

Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org

Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com

Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 371 del primo ottobre 2010

 

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