Telegrammi. 329
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- Date: Thu, 30 Sep 2010 00:56:28 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 329 del 30 settembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Sommario di questo numero:
1. Questa sera a Viterbo contro la follia nucleare
2. Roberto Mancini: Verso il 2 ottobre sulla via della nonviolenza
3. Invitiamo Comuni, scuole e universita' a celebrare la Giornata internazionale della nonviolenza istituita dall'Onu
4. Modello di lettera ai sindaci
5. Modello di lettera ai dirigenti scolastici
6. Modello di lettera ai rettori universitari
7. Centro interconfessionale per la pace: Una corale nonviolenza
8. Luisa Bossa: La capacita' di dire, in luogo dell'urlo
9. Luca Buzzi: A cominciare dal linguaggio che usiamo
10. Vannino Chiti: Un tessuto comune di giustizia e concordia
11. Laura Froner: Un esercizio quotidiano di apertura al mondo
12. Angela Giuffrida: Il compito prioritario dei sostenitori della nonviolenza
13. Lorenzo Guadagnucci: Quel momento e' arrivato
14. Aldo Zanchetta: Per una convivenza nonviolenta
15. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Giulio De la Pierre
16. Un incontro antinucleare a Verona
17. Per sostenere il Movimento Nonviolento
18. "Azione nonviolenta"
19. Segnalazioni librarie
20. La "Carta" del Movimento Nonviolento
21. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. QUESTA SERA A VITERBO CONTRO LA FOLLIA NUCLEARE
Questa sera, giovedi' 30 settembre, con inizio alle ore 20,30, presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", in strada Castel d'Asso snc a Viterbo, si terra' un incontro pubblico di riflessione e di convivialita' in occasione della tappa viterbese della "carovana antinucleare" che sta attraversando l'Italia.
L'incontro e' promosso dall'associazione "Respirare" e dal centro sociale "Valle Faul".
2. EDITORIALE. ROBERTO MANCINI: VERSO IL 2 OTTOBRE SULLA VIA DELLA NONVIOLENZA
[Ringraziamo Roberto Mancini (per contatti: r.mancini at unimc.it) per questo intervento.
Roberto Mancini, nato a Macerata nel 1958, docente di filosofia teoretica e di ermeneutica filosofica presso la facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di Macerata, ha dato rilevanti contributi alla riflessione nonviolenta. Tra le opere di Roberto Mancini: L'uomo quotidiano. Il problema della quotidianita' nella filosofia marxista contemporanea, Marietti, Casale Monferrato 1985; Linguaggio e etica. La semiotica trascendentale di Karl Otto Apel, Marietti, Casale Monferrato 1988; Comunicazione come ecumene. Il significato antropologico e teologico dell'etica comunicativa, Queriniana, Brescia 1991; L'ascolto come radice. Teoria dialogica della verita', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995; Esistenza e gratuita'. Antropologia della condivisione, Cittadella Editrice, Assisi 1996; Etiche della mondialita'. La nascita di una coscienza planetaria, Cittadella Editrice, Assisi 1997 (in collaborazione con altri); Il dono del senso. Filosofia come ermeneutica, Cittadella Editrice, Assisi 1999; Il silenzio, via verso la vita. (Il codice nascosto. Silenzio e verita'), Edizioni Qiqajon, Magnago 2002; Senso e futuro della politica. Dalla globalizzazione a un mondo comune, Cittadella Editrice, Assisi 2002; L'uomo e la comunita', Qiqajon, Magnago 2004; Il senso del tempo e il suo mistero, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Esistere nascendo. La filosofia maieutica di Maria Zambrano, Citta' Aperta, 2007; Desiderare il futuro. Fede cristiana e unita' della speranza umana, Pazzini, 2008; L'umanita' promessa. Vivere il cristianesimo nell'eta' della globalizzazione, Qiqajon, Magnago 2009; con FabiolaFalappa, Carla Canullo, Per una antropologia della creaturalita', Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2009; La laicita' come metodo. Ragioni e modi per vivere insieme, Cittadella, Assisi 2009; L'ascolto come radice, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009; Sperare con tutti, Qiqajon, Magnago 2010; Il servizio dell'interpretazione. Modelli di ermeneutica nel pensiero contemporaneo, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2010; Per un'altra politica, Cittadella, Assisi 2010; Idee eretiche. Trentatre' percorsi verso un'economia delle relazioni, della cura e del bene comune, Altreconomia, Milano 2010]
Seguire la luce
Penso con emozione a Gandhi, alla sua vita - e anche al cammino di quanti, in altre situazioni, hanno comunicato lo stesso amore politico nonviolento - come a una luce che squarcia il buio della civilta' della competizione, della fame, del denaro e del potere. E quando la luce ti raggiunge, tu devi entrarci, seguirla, lasciare che trasformi l'esistenza e la convivenza. La luce comunicata da Mohandas Karamchand Gandhi mi pare anzitutto una rivelazione della vita vera, quella che da' senso e credibilita' al termine "felicita'", che poi significa: vita buona comune, condivisa, al punto che nessuno ne e' escluso.
Per noi oggi la nonviolenza e' il nome di un risveglio e di una ricerca che impegna tutta la vita, anche se si tratta di una ricerca ancora cosi' allo stadio iniziale, tanto che ci manca una parola che non abbia piu' solo il prefisso negativo. "Nonviolenza" non vuol dire rinuncia, astensione, ma l'energia specifica che scaturisce dalla libera adesione a una verita' che e' amore puro, senza ambiguita' ed esclusivismi. Di solito, paradossalmente, e' la nonviolenza a essere sotto giudizio: accusata di astrattezza, di irresponsabilita', di utopismo. Ma, se abbiamo conservato anche in grado minimo il principio di realta', allora si capisce subito che non e' la nonviolenza a essere sotto giudizio, ma devono esserlo le logiche preponderanti in un mondo come quello attuale: quelle che inseguono la potenza, la vittoria su qualcuno, quella del contagio del terrore, quella che immagina la societa' come un mercato globale che ha potere di vita e di morte sulle persone e sui popoli.
*
La scelta della vera efficacia
La nonviolenza e' questione etica concretissima, operativa, politica, economica, comportamentale, ma e' sempre anche questione veritativa, metafisica, antropologica, teologica. Perche' l'umanita', per vedere la realta', per vedersi, per riconoscere il valore di ognuno e di tutti, della natura e del futuro, deve sperare. Ha il bisogno di vedere un orizzonte. Allora hanno luogo le fioriture dell'intelligenza e della misericordia, le rinascite culturali, il dispiegamento delle forze etiche e dei movimenti civili, l'elaborazione di programmi politici. Allora hanno nuovo impulso i veri processi educativi e tutte le dinamiche di umanizzazione.
La nonviolenza come pace in atto, pace anticipata e intessuta passo dopo passo e' una speranza che non ha ancora trovato la sua comprensione adeguata, una speranza che, travisata, fa paura a quanti confidano di piu' nella potenza e nelle sue distruzioni. Ma resta una speranza che e' immanente alla condizione umana: quella del compimento, della liberazione, della nascita del mondo come comunione tra i viventi. L'alternativa tra logica della potenza e logica dell'armonia, tra paura e misericordia, tra indifferenza e responsabilita', tra angoscia e consolazione attiva non e' affatto ovvia, non e' facilmente riconoscibile nella esistenza quotidiana e nella vita pubblica. Non si tratta di parlare bene della pace e male della guerra, anche se a volte siamo cosi' persi che gia' questo sarebbe un primo risultato. Si tratta di capire, di dialogare, di scegliere, di agire, di convivere diversamente. Fino a comprendere che la scelta della nonviolenza e' la scelta della vera efficacia, dell'unica specifica energia che puo' cambiare e trasfigurare il mondo e noi stessi.
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La responsabilità di pensare
Per chi e' disposto a tentare questa ricerca, la nonviolenza appare come una via, il metodo della pace, quel percorso che ci conduce fuori dalla razionalita' vittimaria che si presenta sempre come se fosse ovvia e necessaria. Per pensare in modo davvero critico e libero bisogna non concludere, ma iniziare la riflessione discutendo il luogo comune fissato dal criterio seguente: tanta nonviolenza quanto e' possibile, tanta violenza quanto e' necessario. Su questa banalita' tutti si direbbero d'accordo. Ma un simile criterio serve solo a espellere la nonviolenza dalla quotidianita' e dalla storia, riducendo l'idea al mero non uccidere. Il passo successivo, in questa banalizzazione, consiste nel ripetere la solita distinzione tra nonviolenza "assoluta" e "relativa". Ma e' un falso problema, come Gandhi ricorda spesso. In realta' la vera distinzione e' tra nonviolenza evocata, ideologica (sempre astratta e contraddittoria), e nonviolenza reale, l'espressione della maturazione in noi di un amore piu' grande degli amori che abbiamo conosciuto e sperimentato.
Di solito non si vede che la nonviolenza e', parlando per formule, non solo adesione al non uccidere, ma anche impegno a non lasciar uccidere, perche' e' la via di costruzione fedele di una giustizia intera, l'unica che meriti questo nome. E' la giustizia che riscatta le vittime senza produrne altre, e' la giustizia che, invece di colpire qualcuno, risana le situazioni e le esistenze. E' la giustizia secondo l'infinita dignita' umana e secondo la cura per il valore del mondo. Ecco perche', di fatto, la scelta della nonviolenza e i frutti dell'amore politico nonviolento compaiono nella storia proprio nelle situazioni estreme.
La nonviolenza non e' mera tattica, strategia, oppure ideologia fanatica. E' umile trasfigurazione dell'esistenza. Ed e' - sia detto con tutta la memoria anche degli aspetti miserabili del nostro modo abituale di vivere - violenza risanata. Voglio dire che l'essere umano ha un attaccamento alla vita, a se', a cio' che considera "proprieta'" sua, tale da esprimere una sorta di "amore" distorto, violento, distruttivo. La guarigione del nostro modo di amare sta nella svolta della mitezza, della nonviolenza, della passione per la giustizia intera, della fedelta' alla vocazione universale che ci invita alla felicita' condivisa.
L'efficacia dell'agire nonviolento non viene mai, naturalmente, dall'acquisizione di strumenti di potenza, ma sorge dal movimento di condivisione della vita di quanti sono ultimi, intoccabili, respinti, esuberi, sconfitti. Alcuni, personalmente, possono cambiare la loro vita in questo senso. Ma bisogna pure chiedersi che cosa voglia dire questo se a vivere in tal modo non saranno solo singoli o piccole comunita', ma ampi soggetti collettivi e istituzioni? Quale politica, quale economia, quali forme di azione e di organizzazione ci sono richieste? La desolazione della vita pubblica in Italia oggi - ma anche in Europa e in molte parti del mondo - si deve soprattutto al fatto che chi dovrebbe opporsi all'iniquita' trionfante ha rinunciato alla speranza, al pensiero critico, alla responsabilita' verso la vita comune, allo sviluppo della democrazia. Quando ascolto i discorsi di rappresentanti delle forze politiche, dal centro-sinistra alla sinistra radicale, mi chiedo se potranno rendersi conto, in tempi brevi, della loro mancanza di visione, di passione, di tensione verso l'orizzonte di liberazione che unisce, crea intesa e coesione e non permette piu' di perdersi in narcisismi e polemiche irreali.
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Aprirsi alla mite verita' del mondo e della vita
Gandhi ha mostrato anche come la scelta della nonviolenza, se e' profondamente radicata in una persona o in una comunita', viene generata dalla disponibilita' a seguire una verita' essenziale. A seguire la luce. Qui alcuni usano il nome "Dio" per saturare ogni domanda e ogni ricerca, altri lo usano per liquidare la questione. L'effetto e' lo stesso. Ma a tutti, qualunque sia l'orientamento di ciascuno, Gandhi chiede tuttora di considerare seriamente la questione della propria relazione con la verita'. E la questione diventa molto concreta quando si smette di identificarla con il mito dei fanatici o con la chimera in cui si risolverebbe secondo gli scettici.
Tutti i testimoni della nonviolenza hanno indicato che non si tratta di una verita' fittizia, ideologica, oppressiva ed esclusiva, ma di una verita' che non tollera monopoli e imperialismi, una verita' liberante e ospitale, che non si da' come oggetto, come concetto o come dogma, ma come Comunione vivente da cui nessuno puo' essere escluso. Si capisce allora che l'adesione libera a una verita' mite e ospitale con tutti non spinge all'astrazione o al fanatismo, bensi' a trasformare l'esistenza e la convivenza seguendo la consapevolezza cosi' sintetizzata da Maria Zambrano: "la condizione umana e' tale per cui basta umiliare, rinnegare o far soffrire un uomo - se stessi o qualcun altro - perche' ogni uomo ne soffra. In ogni uomo ci sono tutti gli uomini" (Maria Zambrano, Persona e democrazia, Milano, Mondadori, 2000, p. 86).
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Il confronto con la possibilita' di Dio
D'altra parte, in effetti la scelta della nonviolenza come disponibilita' alla relazione con la verita' chiede anche di affrontare la questione teologica o del divino. Molti pensatori, testimoni della nonviolenza, molti operatori di pace hanno dichiarato che per loro vivere e anche agire politicamente liberi dalla violenza significava fare un'esperienza del Dio vivente. Questa traccia si puo' trovare nell'induismo, nell'ebraismo, nell'islam, nel cristianesimo, nel buddismo, in altre fedi ancora e pure nell'ateismo che riconosce di dover ereditare la speranza coltivata nella fede.
In queste testimonianze non emerge un Dio ricattatorio e oppressivo, non si dice che chi non crede secondo una certa religione non puo' avere accesso alla nonviolenza. Questa condizione non e' imposta a nessuno. Non si puo' prescrivere a qualcuno, sulla soglia della scelta della nonviolenza, di aderire alla fede oppure di metterla da parte. Sta di fatto che per lo piu' ci si trova a parlare di questo nella condizione per cui gli uomini conoscono le religioni, ma non Dio. A me basta ricordare che, se un Dio davvero esiste:
- e' quello che sta tra gli intoccabili e gli esclusi (induismo) e che umilmente abita in ciascuno di noi ed e' proprio per questo, dice Gandhi, che non dobbiamo avere paura gli uni degli altri,
- e' quello che ascolta il grido del suo popolo e sostiene l'orfano e la vedova e che infine asciughera' le lacrime su ogni volto (Is 25, 8) (ebraismo),
- e' quello che tra punire e farsi uccidere si lascia uccidere trasformando anche il morire in un atto d'amore (cristianesimo),
- e' quello che non solo ha, ma e' misericordia e, come tale, invita a un'unica lotta, quella interiore per vincere la tentazione del male (islam),
- e' quello dell'ateo che, seguendo fino in fondo la passione per la giustizia, giunge a dire, come fece Max Horkheimer: "la ragione critica sa che non c'e' nessun Dio, ma crede in Lui" (M. Horkheimer, Gesammelte Schriften, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1988, vol. XIV, p. 508).
La coscienza di ognuno prendera' posizione sulla questione di Dio o di nessun Dio, ma in ogni caso oggi, in Italia, tocca a noi la responsabilita' di dare vita a un movimento nonviolento ampio, coeso, corale, guarito dal culto dell'identita' e fedele alla responsabilita' verso la societa' intera. Un movimento che liberi il Paese e tolga le soggettivita' sane dalla dispersione e dalla disperazione, in modo che anche l'Italia possa contribuire alla costruzione di quel giusto, onnicratico e mite ordine del mondo che ancora ci manca.
3. INIZIATIVE. INVITIAMO COMUNI, SCUOLE E UNIVERSITA' A CELEBRARE LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA ISTITUITA DALL'ONU
Il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, l'Onu ha istituito la Giornata internazionale della nonviolenza, proponendo che si svolgano ovunque iniziative di commemorazione e di impegno.
Chiediamo che in tutti gli enti locali, in tutte le scuole e in tutte le universita' d'Italia si svolgano iniziative.
A tal fine presentiamo di seguito tre modelli di lettere ai Sindaci, ai Dirigenti scolastici ed ai Rettori universitari, pregando i lettori di utilizzarli sottoscrivendoli ed inviandoli all'amministrazione comunale, alle scuole ed alle universita' del proprio territorio.
4. MATERIALI. MODELLO DI LETTERA AI SINDACI
Al Sindaco del Comune di ...
Oggetto: Proposta di iniziative per la "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre, istituita dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi
Egregio sindaco,
l'Onu ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della nonviolenza".
Sarebbe opportuno che in ogni realta' locale in quel giorno venissero promosse iniziative di commemorazione e di sensibilizzazione.
Con la presente formuliamo anche a lei tale proposta.
Distinti saluti,
Firma
luogo e data
Mittente
5. MATERIALI. MODELLO DI LETTERA AI DIRIGENTI SCOLASTICI
Al dirigente scolastico del ...
Oggetto: Proposta di iniziative per la "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre, istituita dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi
Egregio dirigente scolastico,
l'Onu ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della nonviolenza".
Sarebbe opportuno che in ogni istituto scolastico in quel giorno venissero promosse iniziative di commemorazione e di sensibilizzazione.
Con la presente formuliamo anche a lei tale proposta.
Distinti saluti,
Firma
luogo e data
Mittente
6. MATERIALI. MODELLO DI LETTERA AI RETTORI UNIVERSITARI
Al rettore dell'Universita' di...
Oggetto: Proposta di iniziative per la "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre, istituita dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi
Egregio rettore,
l'Onu ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della nonviolenza".
Sarebbe opportuno che in ogni Universita' in quel giorno venissero promosse iniziative di commemorazione e di sensibilizzazione.
Con la presente formuliamo anche a lei tale proposta.
Distinti saluti,
Firma
luogo e data
Mittente
7. VERSO IL 2 OTTOBRE. CENTRO INTERCONFESSIONALE PER LA PACE: UNA CORALE NONVIOLENZA
[Ringraziamo le amiche e gli amici del Cipax (Centro interconfessionale per la pace) per questo intervento. Per contatti: cipax-roma at libero.it]
2 Ottobre 2010: la nonviolenza avanza
Questa e' la data che sull'agenda dell'Onu e' segnata come la giornata internazionale dedicata alla nonviolenza. Che cosa dice a noi?
E' un anniversario da ricordare ritualmente, come la ricorrenza dei caduti, o non piuttosto come data che interpella le nostre coscienze, e i nostri corpi con tutta la loro sensibilita', per vivere in modo diverso?
Nel secolo scorso alcuni profeti svelarono al mondo il nuovo nome della pace: la nonviolenza.
Per primo Tolstoj rivivendo la legge cristiana dell'amore universale affermo' la non resistenza al male con la violenza e l'obiezione di coscienza al servizio e alle spese militari, ma intimo' anche agli Stati e alle Chiese di non uccidere.
Poi Gandhi, pur dichiarando che la nonviolenza e' antica come le montagne, mostro' che essa va declinata nei nostri giorni e assunta come forza di Dio per la liberazione e l'indipendenza dei popoli: diceva che la politica della nonviolenza e' piu' efficace e potente della bomba atomica.
In Italia Capitini inizio' una pedagogia della nonviolenza per radicare la democrazia nella costituzione e per allargarla col potere di tutti: solo la pratica quotidiana della nonviolenza in tutti gli ambiti, religioso, economico, sociale e politico, puo' impedire l'avvento delle dittature.
Da qui la proposta della Marcia della Pace Perugia-Assisi.
L'anno prossimo cadra' il cinquantesimo anniversario dalla prima Marcia: sara' bene parteciparvi con cognizione di causa.
Per queste ragioni il Cipax in collaborazione con altre associazioni e movimenti invita tutte/i a un corso annuale di incontri, che a partire dalle esperienze passate e piu' recenti dei maestri e dei testimoni di pace di tanti Paesi, si interroghera' sull'attualita' della nonviolenza.
La nonviolenza e' in cammino, ma avanza sui nostri passi. I nostri saranno giorni e luoghi e corpi di pace solo se saranno animati da una corale nonviolenza.
8. VERSO IL 2 OTTOBRE. LUISA BOSSA: LA CAPACITA' DI DIRE, IN LUOGO DELL'URLO
[Ringraziamo Luisa Bossa (per contatti: bossa_l at camera.it) per questo intervento.
Luisa Bossa (Ercolano, 1952), insegnante, attiva nel volontariato, impegnata nel movimento per la pace e nel Movimento internazionale per la riconciliazione, e' stata sindaco di Ercolano, nominata dall'Unicef "sindaco difensore dei bambini"; attualmente e' deputata in parlamento]
Per Gandhi la nonviolenza "non significa docile sottomissione alla volonta' del malvagio, ma significa l'impiego di tutte le forze dell'anima contro la volonta' del tiranno. La nonviolenza non e' una giustificazione per il codardo, ma e' la suprema virtu' del coraggioso. La pratica della nonviolenza richiede molto piu' coraggio della pratica delle armi... Anche la vendetta e' sintomo di debolezza... Un cane abbaia e morde quando ha paura. Un uomo che non teme nessuno al mondo giudica inutile perfino adirarsi contro chi cerca invano di arrecargli offesa. Considero me stesso un soldato, ma un soldato di pace. Sono consapevole del valore della disciplina e della verita'".
Mi sembra, questa, la riflessione piu' adeguata eppure piu' antimoderna. Viviamo nel tempo dell'aggressivita'. Ha ragione chi urla di piu'. Vince chi aggredisce per primo. Bisogna ribaltare questo stile. Dico che la nonviolenza e' il ragionamento. La capacita' di dire, in luogo dell'urlo.
9. VERSO IL 2 OTTOBRE. LUCA BUZZI: A COMINCIARE DAL LINGUAGGIO CHE USIAMO
[Ringraziamo Luca Buzzi (per contatti: luca.buzzi at serviziocivile.ch) per questo intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera personale.
Luca Buzzi, gia' animatore del Gruppo ticinese per il servizio civile (Gtsc), e' coordinatore del Centro per la nonviolenza della Svizzera italiana (Cnsi); e' tra i redattori della rivista trimestrale "Obiezione!"]
Purtroppo il moltiplicarsi di giornate commemorative nel corso dell'anno non aumenta certo l'attenzione della gente per questo 2 ottobre, tanto piu' che in generale la nonviolenza, anche perche' poco conosciuta, e' considerata un'utopia di poveri illusi.
Il nostro lavoro di denuncia da una parte e di controinformazione dall'altra deve quindi essere costante tutto l'anno.
La stessa Onu che propone queste giornate dovrebbe poi darsi da fare piu' concretamente nella denuncia di tutte le violenze perpetrate da molti dei suoi Stati membri.
D'altra parte la nonviolenza deve venire dall'interno di ognuno di noi che tuttavia necessitiamo di una rieducazione completa dato che siamo cresciuti in un mondo di violenza e menzogne, a cominciare dal linguaggio che usiamo.
10. VERSO IL 2 OTTOBRE. VANNINO CHITI: UN TESSUTO COMUNE DI GIUSTIZIA E CONCORDIA
[Ringraziamo Vannino Chiti (per contatti: chiti_v at posta.senato.it) per questo intervento.
Vannino Chiti (Pistoia, 1947), studioso del movimento cattolico, impegnato per i diritti umani e contro la pena di morte, gia' sindaco di Pistoia, presidente della Regione Toscana, ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, e' attualmente vicepresidente del Senato. Tra le opere di Vannino Chiti: Intervista sul federalismo, Giunti, 1995; con Robert Leonardi e Alberto Bin, Mediterraneo, Vallecchi, 1996; con Silvano Piovanelli, Laici & cattolici, Giunti, 1999, 2008; La sinistra che vorrei, Editori Riuniti, 2000; con Antonio Maria Baggio, Massimo Cacciari, La politica come servizio alla speranza, Polistampa, 2002; con Michele Ciliberto, Un'idea dell'Italia, Polistampa, 2005; con Marco Chiti, Nostalgia del domani, Giunti, 2006; La sinistra possibile, Donzelli, 2009]
"Qualcuno mi ha chiesto perche' non partecipo a manifestazioni contro la guerra. Ho risposto che non lo faro' mai. Ma sono pronta a partecipare a qualunque manifestazione per la pace". Cosi' diceva Madre Teresa di Calcutta.
Puo' sembrare una differenza sottile quella che passa tra "contro la guerra" e "per la pace". Non lo e'. Si tratta della distanza che corre tra l'abbattere e il costruire. Quella che misura l'essenza dei veri operatori di pace, di coloro che lottano, e hanno lottato in passato, per edificarla proprio attraverso la nonviolenza. Leader pacifisti come Gandhi o Martin Luther King, che hanno sacrificato la loro vita. Ma anche Aung San Suu Kyi, la politica birmana, ancora vivente, attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani. Una donna coraggiosa che si batte nel suo Paese devastato da una pesante dittatura militare.
Il 2 ottobre e' la Giornata internazionale della nonviolenza. A distanza di ben 141 anni da quel 2 ottobre del 1869, giorno della nascita di Gandhi, quell'anniversario si ricorda ormai non solo in India ma in tutto il mondo, nel nome della pace.
La decisione di far diventare questa data Giornata internazionale della nonviolenza, e' stata presa dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a larga maggioranza, nel 2007, con l'obiettivo di ricordare e diffondere il messaggio di pace del padre della Patria indiano, nel centenario del Satyagraha, il movimento per la disobbedienza civile fondato proprio da Gandhi durante il suo soggiorno in Sudafrica.
Le traduzioni italiane che piu' si avvicinano al significato di Satyagraha sono vera forza, forza dell'amore o fermezza nella verita'. Il termine porta con se' l'idea dell'assenza di danneggiamento. In Italia lo stesso concetto e' meglio conosciuto con il nome di nonviolenza.
La nonviolenza richiede un forte cambiamento personale e soprattutto la riconciliazione con se stessi e con gli altri. Gandhi rifiutava la violenza in quanto fonte di altra violenza, predicando che si deve imparare a trattare gli altri come si vorrebbe essere trattati. In questi anni, non meno di allora, la violenza e' praticata in ogni sua forma e a tutte le latitudini: fame, poverta', diritti negati, guerre, isolamento e discriminazione.
Per questo sono benvenute le iniziative che ci ricordano l'idea della pace e della fratellanza. Che si propongono come testimonianza di armonia e unita' tra le Nazioni. Sono giornate in cui simbolicamente ci incontriamo per affrontare insieme un cammino, un itinerario sulle tracce di coloro che hanno percorso questa via prima di noi. Con l'obiettivo del dialogo tra i popoli, come forma d'incontro, oltre ogni barriera, anche partendo da punti di vista religiosi e culturali diversi.
E' essenziale avere come cardine della nostra vita quei valori condivisi e scritti nella nostra Carta Costituzionale e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che soli possono creare un tessuto comune di giustizia e concordia.
Dobbiamo sostituire l'io con il noi, la discriminazione con il rispetto dei diritti umani, bisogna promuovere l'apertura agli altri, la solidarieta'. Uno sviluppo che veda l'individuo come soggetto e non oggetto. Mettere al centro, sempre, la persona, la sua dignita', il suo rapporto con l'ambiente.
Concludo ancora con le parole di Madre Teresa di Calcutta: "Quello che noi facciamo e' solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno".
E' un augurio bellissimo, che deve accompagnare la nostra vita e il nostro impegno.
11. VERSO IL 2 OTTOBRE. LAURA FRONER: UN ESERCIZIO QUOTIDIANO DI APERTURA AL MONDO
[Ringraziamo Laura Froner (per contatti: froner_l at camera.it) per questo intervento.
Laura Froner (Borgo Valsugana, 1960), dirigente scolastica, sindaco, e' deputata in Parlamento; e' particolarmente impegnata per i diritti delle donne e la tutela dell'infanzia]
La nonviolenza e' un esercizio quotidiano di apertura al mondo che ci circonda e soprattutto di creativita': dovendoci spesso confrontare con persone che non condividono la nostra personale interpretazione della realta' e che magari difendono le proprie opinioni, ricorrendo alla prevaricazione e all'intolleranza, ecco che ci troviamo di fronte ad una sfida: la ricerca di un linguaggio condiviso, di un nuovo vocabolario attraverso il quale comunicare le nostre idee e allo stesso tempo la nostra disponibilita' ad ascoltare l'altro.
La vita ci mette alla prova ogni giorno, ma questa e' una sfida che vale davvero la pena di accettare.
12. VERSO IL 2 OTTOBRE. ANGELA GIUFFRIDA: IL COMPITO PRIORITARIO DEI SOSTENITORI DELLA NONVIOLENZA
[Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida.43 at libero.it) per questo intervento.
Angela Giuffrida e' docente di filosofia ed acuta saggista; tra le sue pubblicazioni: Il corpo pensa, Prospettiva edizioni, Roma 2002]
Il rispetto per il vivente umano e non umano dovrebbe caratterizzare i pensieri e i comportamenti di una specie che ha scommesso tutto sulla Ragione, se non fosse che la supremazia di uno dei due generi, imposta con la violenza, ha portato al drastico privilegiamento di forme di intelligenza settoriale che hanno fatto smarrire alla ragione il suo reale significato.
Sviluppata dalle donne per assicurare alla specie la sopravvivenza ed una buona qualita' della vita, essa presuppone sicure conoscenze dell'organismo, dei suoi bisogni e dei suoi limiti, cosi' come delle sue innumerevoli, magnifiche possibilita'. Il riconoscimento dell'intrinseco valore del vivente permette di attribuirgli la produzione di pensiero che gli uomini assegnano, invece, ad un fantasmatico soggetto universale, protagonista incontrastato del loro sistema cognitivo.
Ora, se non siamo previsti dalla mente che governa il mondo come organismi integri, concreti, singoli e diversi, possiamo pretendere che ci siano riconosciuti quei diritti accordati viceversa ad un inesistente essere astratto? Se il corpo biologico e' ridotto a cosa tra le cose, possiamo ragionevolmente pretendere che venga rispettato? Se per giunta e' considerato reo di ostacolare l'autonomia di una ragione di cui non si conosce la provenienza ne' tampoco la consistenza, come pensiamo di impedire che il disprezzo si scarichi su di lui sotto forma di violenza distruttiva?
La teoria e la prassi non possono essere separate, ormai lo sappiamo, percio' senza una totale modifica dell'approccio cognitivo al reale e' impossibile reindirizzare il cammino della specie verso il rispetto della vita nelle sue concrete manifestazioni. Secondo me una onesta quanto radicale revisione critica dell'apparato concettuale dominante e del suo persistente idealismo e' il compito prioritario dei sostenitori della nonviolenza.
13. VERSO IL 2 OTTOBRE. LORENZO GUADAGNUCCI: QUEL MOMENTO E' ARRIVATO
[Ringraziamo Lorenzo Guadagnucci (per contatti: guadagnucci at libero.it) per questo intervento.
Lorenzo Guadagnucci (Pescia, 1963), giornalista, studioso dei problemi della globalizzazione e dei nuovi movimenti sociali; e' stato tra le vittime dell'aggressione squadristica alla scuola Diaz nel 2001 a Genova, fra i fondatori e animatori del "Comitato Verita' e Giustizia per Genova" si e' impegnato non solo a testimoniare e documentare quell'orrore, ma anche a favorire l'elaborazione del lutto da parte di tutte le vittime e a costruire le condizioni perche' simili orrori mai piu' accadano. Tra le opere di Lorenzo Guadagnucci: Noi della Diaz, Berti, 2002, Terre di mezzo, 2008; Distratti dalla liberta', Terre di Mezzo, 2003; con Fabio Gavelli. La crisi di crescita. Le prospettive del commercio equo e solidale. Feltrinelli, 2004; La seduzione autoritaria, Nonluoghi, 2005; Il nuovo mutualismo. Sobrieta', stili di vita ed esperienze di un'altra societa'. Feltrinelli, 2007; con Francesco Gesualdi, Dalla parte sbagliata del mondo. Da Barbiana al consumo critico: storia e opinioni di un militante, Terre di Mezzo, 2008; Lavavetri. Il prossimo sono io, Terre di Mezzo, 2009]
Siamo in un vicolo cieco.
In questa parte ricca del mondo, stiamo reagendo al declino economico e sociale secondo la logica del piu' forte: continuiamo a vivere al di sopra dei nostri mezzi e nel momento in cui le finanze pubbliche declinano, sposiamo la teoria dei livelli stratificati di cittadinanza (prima gli autoctoni, ultimi i rom, in mezzo i migranti, a loro volta suddivisi fra regolari/irregolari e via categorizzando); ci illudiamo che la crisi sia passeggera e intanto riduciamo i salari, i diritti dei lavoratori, legittimiamo forme di schiavismo. E cosi' via.
Non ne usciremo in questo modo. Razzismo, sopraffazione, conflitto sociale sono nel nostro futuro, se non cambiamo rotta. Nel deserto di alternative, con la sinistra politica scomparsa, quella sindacale priva di idee, in un paese che non e' riuscito a vivere una stagione forte di ecologismo sociale, c'e' da ricostruire un tessuto culturale nuovo e forte per il futuro.
Dev'essere qualcosa di profondo, che riguardi la vita pubblica, le forme d'organizzazione, ma anche la vita personale, l'approccio al mondo.
Ci vorra' un risorgimento morale. Lo avremo e la nonviolenza sara' fra i valori fondanti di questa rinascita, della rivoluzione culturale che ci dara' respiro.
Avere emarginato, deriso, ignorato la cultura della nonviolenza, e' una delle colpe piu' gravi della cultura e della politica italiana di questi anni.
Ma le cose preziose sono maggiormente utili nel momento dell'autentico bisogno. Quel momento e' arrivato.
14. VERSO IL 2 OTTOBRE. ALDO ZANCHETTA: PER UNA CONVIVENZA NONVIOLENTA
[Ringraziamo Aldo Zanchetta (per contatti: aldozan at teletu.it) per questo intervento, che estraiamo da una piu' ampia lettera personale.
Aldo Zanchetta, da sempre impegnato in iniziative di pace e di solidarieta', e' presidente della Scuola per la pace della Provincia di Lucca.
Ivan Illich e' nato a Spalato nel 1925; laurea in mineralogia a Firenze, studi ulteriori di psicologia, arte, storia (dottorato a Salisburgo); ordinato sacerdote nel 1951, per cinque anni opera in una parrocchia portoricana a New York, poi e' prorettore dell'Universita' Cattolica di Portorico; a Cuernavaca (Messico) fonda il Cidoc (Centro interculturale di documentazione); docente in varie universita', conferenziere, studioso costantemente impegnato nella critica delle istituzioni e nella indicazione di alternative che sviluppino la creativita' e dignita' umana; pensatore originale, ha promosso importanti ed ampie discussioni su temi come la scuola, l'energia, la medicina, il lavoro. E' scomparso nel 2002. Tra le opere di Ivan Illich: Descolarizzare la societa', Mondadori; La convivialita', Mondadori, poi Red; Rovesciare le istituzioni, Armando; Energia ed equita', Feltrinelli; Nemesi medica: l'espropriazione della salute, Mondadori, poi Red; Il genere e il sesso, Mondadori; Per una storia dei bisogni, Mondadori; Lavoro-ombra, Mondadori; H2O e le acque dell'oblio, Macro; Nello specchio del passato, Red; Disoccupazione creativa, Red; Nella vigna del testo, Cortina. Raccoglie i materiali di un seminario con Illich il volume Illich risponde dopo "Nemesi medica", Cittadella, Assisi 1978. Cfr. anche il libro-intervista di David Cayley, Conversazioni con Ivan Illich, Eleuthera, Milano 1994. Utile anche il volume di AA. VV., Le professioni mutilanti, Cittadella, Assisi 1978 (che si apre con un intervento di Illich). Da "A. rivista anarchica", anno 33, n. 294, novembre 2003 riprendiamo la seguente scheda su Ivan Illich: "Ivan Illich (1926-2002). Nato nel 1926 a Vienna da un padre di nobili origini dalmate e da una madre ebrea sefardita, fin da piccolo compi' frequenti viaggi in Europa e rimase fino all'ultimo un instancabile viaggiatore. La sua formazione avvenne tra Salisburgo, Firenze, Roma, ma Illich non ebbe mai un buon rapporto con le scuole, ne' con le discipline. Era sociologo, filosofo, linguista (conosceva una decina di lingue), teologo, ma forse piu' di ogni altra cosa uno storico delle istituzioni. Dopo la formazione teologica all'Universita' Gregoriana in Vaticano, fu ordinato prete ed ebbe come primo incarico la cura di una parrocchia a prevalenza portoricana vicino a Manhattan. E' li' forse che nel cuore del primo mondo a contatto con i reietti, gli ultimi, comincio' a capire i meccanismi dell'esclusione e dell'alienazione degli individui attraverso l'istituzionalizzazione della vita. Nel 1956 divenne vicerettore dell'Universita' di Puerto Rico, e nel 1961 fondo' il Centro interculturale di documentazione (Cidoc) a Cuernavaca in Messico, un centro in cui passo' gran parte dell'intellettualita' radicale degli anni Sessanta e Settanta, centro che avrebbe dovuto formare i volontari e missionari per i paesi del terzo mondo. Qui nasce la critica di Illich allo sviluppo, all'idea stessa di paesi in via di sviluppo, condannati a un'eterna poverta' dall'impari confronto con i paesi gia' sviluppati. Contemporaneamente Illich si impegnava contro la guerra, le banche, le grandi corporation, e percio' riusci' facilmente a divenire sospetto alla Cia, al governo americano e al Vaticano. Il Santo Uffizio comincia un procedimento contro di lui e Illich abbandona il proprio abito, la funzione sacerdotale e la Chiesa. Gli anni Settanta furono quelli della notorieta' per la pubblicazione dei suoi scritti piu' noti e polemici sulla critica alle istituzioni, della scuola, della salute, per una rivoluzione nonviolenta verso un modello sociale di convivialita'. Nei decenni successivi continuo' a lavorare secondo uno stile diverso: conferenze in ogni parte del mondo, brevi saggi che esploravano nuovi campi dei suoi multiformi interessi, seminari interdisciplinari con gruppi di collaboratori scelti al di fuori dell'istituzione accademica, provenienti da ogni parte del mondo, soprattutto alle universita' di Brema e della Pennsylvania. Ecco alcuni dei temi affascinanti dei suoi ultimi scritti: la velocita', l'esperienza del dolore nella contemporaneita', i mutamenti nello sguardo nell'epoca delle immagini, la mente alfabetizzata e l'impatto con il computer. Tra i suoi libri tradotti in italiano, ma in parte non piu' disponibili, si possono ricordare: Descolarizzare la societa' (Mondadori, 1972), La convivialita' (Mondadori, 1974), Nemesi medica (Mondadori, 1977), Il genere e il sesso (Mondadori, 1984), Lavoro ombra (Mondadori, 1985), Nello specchio del passato (Red, 1992), Nella vigna del testo (Cortina, 1994). Particolarmente interessante per avere un'immagine del percorso di Illich e' il libro Conversazioni con Ivan Illich (a cura di David Cayley), Eleuthera 1994". Una piu' ampia notizia biografica di Ivan Illich e' nel n. 1262 de "La nonviolenza e' in cammino", e nel n. 1263 una piu' ampia bibliografia; altri utili materiali sono in "Voci e volti della nonviolenza" n. 17 e ne "La domenica della nonviolenza" n. 68; ulteriori materiali nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 229]
Seppure in extremis cerco di rispondere alla tua richiesta ricorrendo ad una facile scappatoia, utilizzando cioe' uno scritto di Ivan Illich relativo a un tema che da tempo mi coinvolge, al quale unisco un brevissimo commento.
Eccone due brani (tratti dal testo "Le paci dei popoli" inserito nel libro Lo specchio del passato, riedito recentemente da Boroli): "La pace concreta, collegata cosi' allo sviluppo, e' divenuta un obiettivo di parte. E il perseguimento della pace attraverso lo sviluppo e' divenuto l'assioma supremo e indiscutibile. Chiunque si opponga alla crescita economica, non a questo o a quel tipo di crescita ma alla crescita economica in se', puo' venire denunciato come nemico della Pace. Perfino Gandhi e' stato presentato come uno sciocco, un romantico e uno psicopatico".
La prima volta che lo lessi mi sciocco' molto. Il nostro immaginario ha finito per introiettare gli assiomi del "pensiero unico". Ci sono "verita'" che e' "dissacratorio" contestare, e infatti Illich aggiungeva: "Il legame fra pace e sviluppo ha reso difficile porre quest'ultimo in discussione. Mi consentano di suggerire che una discussione critica sullo sviluppo e' il compito principale per la ricerca della pace".
I popoli e i territori di molte parti del mondo sono oggi oggetto di questa violenza, per assicurare ai dominatori di turno le risorse materiali e l'acquiescenza per salvare il loro "sviluppo". Opporsi a questa violenza, fisica e psicologica, significa lavorare per una convivenza nonviolenta.
15. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO GIULIO DE LA PIERRE
[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Giulio De la Pierre.
Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Per un profilo di Giulio De la Pierre si veda la risposta alla prima domanda di questa intervista]
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Giulio De la Pierre: Ho ottantanove anni, ho studiato dalle elementari fino ai primi anni di universita' sotto il regime fascista percorrendo tutte le tappe prescritte: balilla, avanguardista, giovane fascista, gufino, evitando per un pelo di iscrivermi al partito nel 1942. Sono stato arruolato nel regio esercito dai primi di febbraio all'8 settembre del 1943. Ho trascorso vari mesi in clandestinita' riuscendo a dare qualche esame (sono, o ero, ingegnere) e nel giugno '44 sono entrato in una banda partigiana in Valle di Aosta e vi sono rimasto fino alla Liberazione.
Al primo scontro con un gruppo di repubblichini asserragliati in una casa non ho sparato neanche un colpo preso dallo scrupolo di uccidere degli italiani (a parte l'inutilita' e lo spreco dei pochi colpi in dotazione). Piu' tardi ho sparato, mirando, contro un tedesco durante un'imboscata ma la mia coscienza cattolica mi ha indotto a confessarmi con un prete. Ho ancora il peso di non avere potuto, ne' voluto fermamente, impedire la fucilazione di quattro paracadutisti della Folgore catturati in un'azione.
Ho ripreso la vita civile, profondamente cambiato dall'esperienza di quei dieci mesi, mi sono laureato, impiegato all'Olivetti (quella gloriosa di Adriano), ho tentato senza fortuna un'iniziativa imprenditoriale, a 45 anni ho sperimentato la disoccupazione, sono rientrato nel giro, ho lavorato in un'azienda Finmeccanica prima a Milano poi a Roma e dal 1980 sono in pensione (finora 30 anni a carico dell'Inps! ma non mi vergogno).
A Milano ho frequentato Mani Tese poi ho contribuito alla fondazione di Liberazione e Sviluppo, diventata poi Molisv, che aveva scelto come suo campo di azione la decolonizzazione delle colonie portoghesi e la lotta all'apartheid in Sudafrica. In quel contesto abbiamo cominciato a porci il problema della lotta armata di liberazione concludendo che non era giusto proporre la nostra scelta nonviolenta a chi lottava in condizioni diverse dalle nostre.
Ritornato in Piemonte nell'82 ho contribuito alla nascita di gruppi quale "Disarmo e pace", antinucleare, antiapartheid, per l'accoglienza degli immigrati, per l'umanizzazione del carcere (a Ivrea abbiamo una casa circondariale). Ho fatto una breve esperienza di consigliere comunale (5 anni) come indipendente nel gruppo Pci. Continuo a fare qualche cosetta e seguo, per quanto posso, la vita sociale e culturale molto viva nella nostra citta'.
Scrivo qualche volta in un giornaletto locale "Varieventuali" su temi di politica e mi limito a intervenire nei blog solo quando non posso trattenere l'indignazione per la deriva fascistoide in cui il paese e' avviato, l'inettitudine dell'opposizione parlamentare, la cecita' degli elettori e l'incapacita' della sinistra.
Privilegio la nonviolenza per motivi razionali, non caratteriali o ideologici.
*
- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Giulio De la Pierre: In tutti i luoghi dove si combattono guerre, di maggiore o minore intensita', in Israele/Palestina, nei confronti delle "guerre sante", nel dibattito politico che imperversa oggi in Italia.
16. INCONTRI. UN INCONTRO ANTINUCLEARE A VERONA
[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]
Martedi' 28 settembre, presso la Sala polivalente della Cooperativa sociale "La Genovesa" di Verona, si e' svolto un incontro dal titolo "Una societa' non-nucleare" iniziato con la proiezione del film "The Atomic Cafe'" (Usa, 1982), la cena a base di "sapori atomici", e poi un dibattito con Gianni Tamino, biologo ed ecologista, sul tema "No al nucleare civile e militare", che ha smontato, argomento dopo argomento, con precisione scientifica ed estrema chiarezza, tutti gli stereotipi della propaganda governativa filonucleare.
Gli interventi di Tamino si sono alternati ad intervalli musicali proposti da Palo Predieri, cantautore nonviolento, che con la sua chitarra ha riproposto le canzoni che hanno costituito la colonna sonora del movimento antinucleare.
L'incontro, molto partecipato, e' stato introdotto e moderato da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta".
17. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Sostenere finanziariamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.
Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
18. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
19. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Guido Petter, Conversazioni psicologiche con gli insegnanti, Giunti Barbera, Firenze 1971-1972, 1981, 1983, 2 voll. per pp. 416 (vol. I) + 432 (vol. II).
20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
21. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 329 del 30 settembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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