Telegrammi. 321
- Subject: Telegrammi. 321
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 22 Sep 2010 00:52:16 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 321 del 22 settembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Antonino Drago: Le tre riforme di Gandhi
2. Invitiamo Comuni, scuole e universita' a celebrare la Giornata
internazionale della nonviolenza istituita dall'Onu
3. Modello di lettera ai sindaci
4. Modello di lettera ai dirigenti scolastici
5. Modello di lettera ai rettori universitari
6. Pierpaolo Calonaci: La follia della metanoia. Quel Gandhi dentro
ciascuno
7. Duccio Demetrio: Se dinanzi alla violenza
8. Luigi Piccioni: Sui contenuti e sugli orizzonti
9. Annamaria Rivera: Da una lettera del 2005
10.
Brunetto Salvarani: Religioni e nonviolenza
11. Carlo Sansonetti: Sulla forza della verita'
12. Antonella Santarelli e
Salvatore Giordano: Nel nostro tempo segnato dai conflitti
13. Peppe Sini: Insorgere occorre contro
il colpo di stato razzista, insorgere occorre contro la guerra
assassina
14. Per sostenere il Movimento Nonviolento
15.
"Azione nonviolenta"
16.
Segnalazioni librarie
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. ANTONINO DRAGO: LE TRE RIFORME DI
GANDHI
[Ringraziamo
Tonino Drago (per contatti: drago at unina.it)
per questo intervento.
Antonino
(Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo presidente del
Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta; gia'
docente universitario di Storia della fisica all'Universita' di Napoli, ha poi
insegnato Storia e tecniche della nonviolenza all'Universita' di Firenze, e
Strategie della difesa popolare nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre
impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi
peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra
le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli,
Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai),
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La
difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi
(Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Storia e
tecniche della nonviolenza, La Laurenziana, Napoli 2006; Difesa popolare
nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 2006.
Segnaliamo anche una recente intervista apparsa in "Coi piedi
per terra" n. 307 da cui riprendiamo anche questa breve notizia autobiografica:
"Nato a Rimini il 5 maggio 1938, sposato con quattro figli e quattro nipoti,
laureato in fisica, ho lavorato nell'Universita' e nelle scuole superiori, ho
lavorato nel movimento per i baraccati, studentesco, per l'obiezione di
coscienza, per il servizio civile, per l'obiezione fiscale alle spese militari,
per realizzare corsi universitari sulla pace; ho fatto ricerca sulla scienza
alternativa, sulla nonviolenza, sull'educazione alla pace, sulla difesa
alternativa, sulla rivoluzione alternativa, sull'intervento all'estero
alternativo".
Mohandas K. Gandhi e'
stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore,
cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta
d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica,
come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel
1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il
leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro'
le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader
del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo
britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la
teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione
economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30
gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che
una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non
vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure
vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di
Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un
avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi
scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi
considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia
diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'.
In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi;
si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia,
Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton
Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e
rinascita dell'India, Movimento Nonviolento (traduzione del fondamentale libro
di Gandhi: Hind Swaraj; ora disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi
spiego i mali della civilta' moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura,
Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro
di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da
Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne;
da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo
particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita';
Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e
introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli
stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi,
Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo
Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto
commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre,
disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su
Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il
recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo
libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi,
Feltrinelli. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo
Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i
volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier
Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr.
inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig.
Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro,
Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma
Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna.
Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza
del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio
Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella
di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante
sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra
le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il
pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore
politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio
Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di
terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino
2006.
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto ("Shantidas" e'
il nome che gli attribui' Gandhi) e' una delle figure piu' grandi della
nonviolenza; nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da madre belga e padre
siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel
suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunita' dell'Arca", un ordine
religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale,
ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative per la pace e la
giustizia. E' deceduto in Spagna nel 1981. Tra le opere di Giuseppe Giovanni
Lanza del Vasto segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba
o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per
vela, Introduzione alla vita interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha
pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del
ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina,
Firenze; In fuoco e spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le comunita' dell'Arca
- cosi' come gruppi e persone amiche di questa esperienza - sono diffuse in vari
paesi e proseguono la riflessione e l'esperienza del fondatore; per informazioni
e contatti: digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ o anche
xoomer.alice.it/arcadilanzadelvasto/ e ancora (in francese)
www.canva.org]
"Quando
parliamo di nonviolenza come di una scoperta di questo secolo, conviene
precisare che non si tratta della rivelazione di un nuovo valore spirituale o di
una rivelazione religiosa, ma dell’ingresso, nella storia dei popoli, di una
forza rivoluzionaria e innovatrice. “Ho
visto, dice Romain Rolland nella prefazione della Giovane India di Gandhi,
sollevarsi dal fondo dell’Oriente quest’onda, che non ricadra' fino a quando non
avra' ricoperto il mondo intero. "E’ la scoperta che in questo secolo [XX] si incomincia a fare, costretti, come si e', a cercare uno sbocco al vicolo cieco in cui ci si e' cacciati" (Lanza del Vasto: I quattro flagelli (1959), Sei, 996, pp. 481-483). * Prima la
liberazione dell'India ha dimostrato che si puo' fare politica nonviolenta anche
contro gli interessi del piu' potente impero mai esistito sulla Terra. Poi, una
serie di rivoluzioni nonviolente, culminate in Europa nel 1989 hanno dimostrato
che la nonviolenza di Gandhi ha saputo abbattere anche la divisione di Yalta tra
i quattro Grandi, i vincitori della guerra mondiale, i quali avevano imposto una
servitu' mondiale, mai vista nella storia umana, su tutti i
popoli. Ma allora che contenuti straordinari Gandhi e' riuscito a immettere in questa nonviolenza, che pure era un tradizionalissimo concetto indu'? Se
abbassiamo le luci dei riflettori intellettuali che di solito sono puntati
sull'Occidente e invece facciamo attenzione a questo piccolo indiano, ci
rendiamo conto che egli, dal basso, da laico e senza mezzi istituzionali, ha
realizzato tre riforme: - la riforma della sua religiosita' tradizionale, impostandola sulla tradizionale nonviolenza, ma applicandola alla vita sociale; - la riforma dell'etica perche' l'ha finalizzata a saper risolvere i conflitti con l'accordo dell'avversario; - la
riforma della politica, perche' non l'ha separata dall'etica e dalla
fede. E tutte
queste tre riforme sono state a carattere universale, nel senso che sono
condivisibili da parte di ogni uomo, di qualsiasi grande religione egli sia, in
qualsiasi istituzione culturale o politica egli sia inserito, perche'
Gandhi ha dimostrato che l'uomo puo' prevalere su ogni
istituzione. Tutto questo e' potuto avvenire perche' l'Occidente superbo ha percorso una sua strada che sicuramente era nuova ed era rivolta a raggiungere l'infinito (di spiritualita', di vita religiosa, di istituzioni, di capitali, di scienza, di potere, di beni, di armi, ecc.), ma non si e' accorto che quella era una strada particolare: quella delle strutture autoritarie di potere sugli uomini e sulla natura, e poteva esprimere solo il dualismo di affermazioni o positive o negative: cosi' come e' in una caserma. La rivoluzione di Gandhi e' stata di suggerire una parola, "nonviolenza", che non e' una cosa, che non e' un ordine, che non e' un comandamento, che non e' una affermazione ne' positiva ne' negativa; e' invece una doppia negazione, la quale non ha una parola corrispettiva positiva (satyagraha non ha mai attecchito). In questo caso, secondo la logica matematica, siamo passati ad un'altra logica, di tipo non classico; siamo in un mondo logico del tutto diverso, ragioniamo in maniera alternativa a quella classica dei Greci. E' proprio questa maniera diversa di ragionare che Gandhi ha introdotto e che ha insegnato a tutto il mondo, nonostante che al suo tempo la civilta' occidentale, con la sua cultura infinita, colonializzasse il mondo con il suo sapere presentato come insuperabile. E cosi',
con Gandhi si e' aperta la via per una nuova civilta', di
tipo universale; la quale include, come caso particolare, quella
occidentale, comunque smitizzata dalle sue smanie di
grandezza. Per questa grandiosita' dell'opera di Gandhi la nonviolenza non puo' farsi strada immediatamente, tanto piu' che solo ora tanti nuovi popoli nascono ad una coscienza civile mondiale. Il
nostro compito e' favorire un cambio secolare nella
gente. 2. INIZIATIVE. INVITIAMO COMUNI, SCUOLE E
UNIVERSITA' A CELEBRARE LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA
ISTITUITA DALL'ONU
Il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, l'Onu
ha istituito la Giornata internazionale della nonviolenza, proponendo che si
svolgano ovunque iniziative di commemorazione e di impegno.
Chiediamo che in tutti gli enti locali, in tutte le scuole
e in tutte le universita' d'Italia si svolgano iniziative.
A tal fine presentiamo di seguito tre modelli di lettere
ai Sindaci, ai Dirigenti scolastici ed ai Rettori universitari, pregando i
lettori di utilizzarli sottoscrivendoli ed inviandoli all'amministrazione
comunale, alle scuole ed alle universita' del proprio
territorio.
3. MATERIALI. MODELLO DI LETTERA AI
SINDACI
Al Sindaco del Comune di ...
Oggetto: Proposta di iniziative per la "Giornata
internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre, istituita dall'Onu
nell'anniversario della nascita di Gandhi
Egregio sindaco,
l'Onu ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della
nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della
nonviolenza".
Sarebbe opportuno che in ogni realta' locale in quel
giorno venissero promosse iniziative di commemorazione e di
sensibilizzazione.
Con la presente formuliamo anche a lei tale
proposta.
Distinti saluti,
Firma
luogo e data
Mittente
4. MATERIALI. MODELLO DI LETTERA AI DIRIGENTI SCOLASTICI
Al dirigente scolastico del ...
Oggetto: Proposta di iniziative per la "Giornata
internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre, istituita dall'Onu
nell'anniversario della nascita di Gandhi
Egregio dirigente scolastico,
l'Onu ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della
nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della
nonviolenza".
Sarebbe opportuno che in ogni istituto scolastico in quel
giorno venissero promosse iniziative di commemorazione e di
sensibilizzazione.
Con la presente formuliamo anche a lei tale
proposta.
Distinti saluti,
Firma
luogo e data
Mittente
5. MATERIALI. MODELLO DI LETTERA AI RETTORI UNIVERSITARI
Al rettore dell'Universita' di...
Oggetto: Proposta di iniziative per la "Giornata
internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre, istituita dall'Onu
nell'anniversario della nascita di Gandhi
Egregio rettore,
l'Onu ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario
della nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della
nonviolenza".
Sarebbe opportuno che in ogni Universita' in quel
giorno venissero promosse iniziative di commemorazione e di
sensibilizzazione.
Con la presente formuliamo anche a lei tale
proposta.
Distinti saluti, Firma
luogo e data
Mittente
6. VERSO IL 2 OTTOBRE. PIERPAOLO CALONACI: LA
FOLLIA DELLA METANOIA. QUEL GANDHI DENTRO
CIASCUNO
[Ringraziamo
Pierpaolo Calonaci (per contatti: p_calonaci at hotmail.com) per questo
intervento.
Per un profilo di Pierpaolo Calonaci da una recente intervista apparsa in "Coi piedi per terra" n. 307 riprendiamo la seguente breve notizia autobiografica: "Ho 38 anni e come lavoro sono giardiniere e mi arrampico sugli alberi per curarli e potarli. Da quattro anni sono impegnato in alcune scuole superiori di Firenze a diffondere la riflessione intorno alla nonviolenza. Sono studente al secondo anno di teologia e vivo in campagna. Qualche volta collaboro con la redazione dei “Quaderni Satyagraha” di Pisa"] Se
offrire una testimonianza su Gandhi significasse non parlare di come
personalmente cerco di praticare cio' che egli ha lasciato, sarebbe come parlare
della forza del vento e delle onde restando pero' protetti nel
porto.
E questo
per evitare accuratamente due cose: - di
parlare di me stesso, mascherandomi dietro l'affermazione “sono un gandhiano”;
per inciso io sono nato in occidente e non in India; - di porre Gandhi sul piedistallo della conoscenza con cui, in virtu' del suo potere d'appropriazione ingoia tutto e tutti, (oggettivizzando l'essere umano e relativizzandone ambedue le componenti - materiale e spirituale), si vuole tenerlo in realta' a ben debita distanza dalla fatica e dal sudore della quotidianita'. Come un bisturi che, per paura del dolore, fosse venerato come miracoloso senza farlo lacerare la pelle per entrare nella carne viva. E' Gandhi stesso che pone questa condizione: infatti nell'aspra critica agli amici missionari cristiani che raccontavano della vita del Cristo con il fine preciso della conversione, egli contrapponeva la fede vissuta e non raccontata (in questo tipo di “racconto” c'e' chiaramente una forte componente utilitarista) laddove essi “se avessero semplicemente vissuto la vita imposta loro dal Discorso della Montagna, l'India, anziche' insospettirsi, avrebbe apprezzato la loro condotta tra i suoi figli e avrebbe direttamente goduto il vantaggio della loro presenza” (cfr. “La liberta' dal dogma”, ne La forza della Verita', Sonda, p. 50). Riportare oggi questo pensiero significa attaccare alla radice questa nostro costante atteggiamento di moralismo, di falsa misericordia, di amore interessato con i quali pensiamo di dovere aiutare i paesi “poveri”; ne e' un esempio lampante la campagna di puro sfruttamento economico e culturale che una centrale cooperativa, in collaborazione con la Chiesa, sta portando avanti in India con la produzione di tutti quei manufatti importati poi in Italia. Il colonialismo quindi non e' terminato, ha cambiato modalita'. Ecco che
su Gandhi non si deve raccontare niente, a condizione che non siamo pronti a
impastare le mani nell'orgoglio e nel torbido di noi stessi. E' egli stesso che
“vieta” una tale racconto che equivale a non averne compreso il messaggio: il
messaggio di fede costruttiva, di speranza incrollabile, di mansuetudine
sincera, di ribellione contro se stessi. “Non credo nella gente che racconta agli altri della propria fede, specialmente quando lo scopo e' quello della conversione. La fede non ammette il racconto. Deve essere vissuta e cosi' si diffonde da sol.” (cfr. “La liberta' dal dogma”, ne La forza della Verita', Sonda, p. 50). Ognuno di noi se e' stato coraggioso nel lasciarsi conquistare da quell'Amore, quindi a farsi riconoscere da questo, e' stato prima umile nel comprendere il senso dell'abbandono dalla propria volonta'; la quale permea da molti secoli la nostra educazione scientifica, competitiva, mascolina. Poiche' il coraggio nel voler davvero incontrare Gandhi non e' farne uno spauracchio a fronte di una stupida baldanza “nonviolenta” (fra colui che e' coraggioso e il baldanzoso passa il discernimento in chi conosce i propri limiti, il primo, e chi crede di poterne fare senza, il secondo). Occorre tenere sempre davanti queste parole quando incontriamo un personaggio di tale levatura; se non siamo disponibili ed attenti a cio' che egli tenta di dimostrare, non come pecore dietro un pastore che funge da mero maestro o peggio che proietta se stesso sull'esistenza altrui, ma come persone che ricercano un risveglio interiore, come possiamo viverlo? Come si fa a essere custodi della luce, se non si e' abbandonato la volonta' di camminare nelle tenebre? La dimensione del raccontare e' una dimensione dove, a meno che non abbiamo acquisito un buona capacita' di pensiero e di produrre idee adeguate, si rafforza la nostra profonda ignoranza, edulcorandola con la certezza di sentirsi nel giusto, di avere compreso tutto, d'insegnare ai profani (gli altri). Ma cio' che questa dimensione allontana e' proprio la vita, come esperienza, come gioia e sacrificio, nella sua magia universale. Essa allontana soprattutto quella capacita', nei limiti di ognuno, di allontanarsi dal proprio io, dell'imboccare finalmente il deserto dove sicurezze, certezze, futuro non trovano posto. E ben attenti dovremmo essere, che nella foga di raccontare non raccontiamo anche del Regno di Dio, tanto per far credere che non sia una realta' ben radicata nel presente del tempo del cuore. Un esempio e' l'educazione ai bambini, dalla scuola al catechismo istituzionale, che non esce da questa dittatura, quella di un'omologazione costante e violenta. Sara' per questo che non si trovano piu' uomini? Su
queste fondamenta di roccia, di pratica quotidiana, egli pone l'invito
persistente, contrastante, liberante e contraddittorio nonche' dialetticamente
invitante ad andare oltre: a non razionalizzare l'esistenza: ad esempio a non
rendere i conflitti interiori e con gli altri a banali forme comportamentali,
facendone oggetto poi di risoluzione a tutti i costi (aiutati da metodi o forme
discutibili sul piano esistenziale) riportandoli in definitiva a un'ulteriore
normalizzazione sempre dentro un rigido schema societario e abitudinario dove
tutto e' ben sezionato, scientifico, con tutte quelle risposte precise a
domande inutili, e dove la bellezza non e' la rappresentazione platonica
del Bello a cui ognuno e' chiamato davvero si' a convertirsi, ma una forma
ulteriore con cui prostituirsi; a non essere maturi (perche' l'uomo maturo, da
noi almeno, e' chi si sente sempre sicuro della propria inestingubile
“verita'”) dentro una realta' che esige invece quella comprensione intelligente
e viva anche in termini di rottura, di spoliazione come ricerca seria
d'essenzialita', di violazione rispetto a tutti quei valori di cui essa e'
permeata e limitata; a ritornare nel maschio ad abbracciare quell'androginia che
fa cadere il muro della paura del femminile, lasciando cosi' definitivamente
morire l'oggettivazione a cui oggi, come ieri nel colonialismo, la donna e'
sottomessa, restituendole gia' a partire da se stessi in quanto maschi quella
sacralita' e magia che la donna, in quanto anche maschio,
cerca. E cio'
e' mirabilmente assolto in questo pensiero di Ashis Nandy: “Una cultura
non e' obbligata a seguire i principi della buona dottrina proposti dagli
intellettuali contemporanei”. Ho ripreso e sviluppato sinteticamente e modestamente questi concetti di irresponsabilita', di effeminatezza, d'immaturita' e di follia in Gandhi dall'interessante saggio di Ashis Nandy intitolato “Dall'esterno dell'impero. Una critica radicale alla modernita'” pubblicato su n. 16 della collana "Quaderni Satyagraha", dicembre 2009, p. 168. Emerge
candidamente con forza il grido di un folle; non un grido di rabbia ne' di
resistenza fine a se stessa o di chi vuole farsi sentire, ma come risposta
obbediente ed ultima a quella domanda d'amore che Dio ad ogni uomo pone: “dov'e'
tuo fratello?”. Quanto e come si e' capaci di spogliarci per essere
Amore? Senza paura di essere arbitrario nell'interpretazione, traggo questa affermazione da una poesia che s'intitola appunto “il folle di Dio” di W. G. Hole: “I Suoi
folli dalle vesti strane invio' Dio sulla Terra a vagare. Della
prematura saggezza, Egli disse, il
messaggio recate, dell'aspra
testimonianza il grave
peso reggete e della
mutazione preparate i sentieri.
Siate
come sordi, non sottomettetevi a nessuno, ed
evitate sempre, in modo eccentrico, di seguire la via della prudenza.
Ed
offrendo lavoro duro e sete agli
uomini nella mollezza allevati, oggi son
da tutti maledetti, ma
benedetti domani.
Nella
vostra ricerca disprezzate i comodi
sentieri dell'umano consenso e dell'elogio.
Ma resi
folli dalla fede, sostengono di
vedere la luce che circonda degli
uomini la fronte e re li fa con il potere di giustizia operare”. Queste parole in prosa annichiliscono; e mi spronano a dire brevemente perche' in quanto cristiano amo in Gandhi l'uomo errante, eterno, solitario, affamato di giustizia e distaccato, pur ancorato nella pienezza della vita che scorre. Faccio notare, con una punta di riso sincero sulle labbra, che la civilta' della prudenza in quanto “quello e' giusto e si puo' fare, quello no e quello si', quello e' cattivo e non si deve abbracciare, quello e' conveniente per cui va bene...” e' questa in cui siamo impastati, dove e' tutto una scientifica distinzione da cui sgorga la divisione che regna nel cuore di ognuno. Il senso della giustizia - che non e' prudenza ma trasfigurazione dell'io che si denuda e conosce l'anima universale tramite la freschezza dello Spirito - percorre il suo pensiero e ne accende l'anima desiderante di una realta' diversa, piu' nobile pur nella capacita' di accettare la situazione com'e' poiche' sospinta dalla convinzione che “Dio e' tutto in tutte le cose”: rifiutando la logica della divisione. Sono cristiano perche' trovo nel cristianesimo ardente il desiderio di saper operare nel seno di quella Giustizia; e Gandhi fu un continuatore in modo universale e concreto perche' figlio di quel petto divino. Fu uomo giusto perche' volendo ristabilire un'ordine che rendesse dignitosa e bella la vita dei suoi connazionali (e non solo) opero' parallelamente, come due ali non possono produrre leggerezza se non insieme, quel distacco la cui figlia e' giustizia. In questo sentiero di riflessione giunge a sostegno e accompagnamento la bellezza del pensiero di Meister Eckhart, padre domenicano del XIV secolo, che sembra propriamente ricollegarsi alla ricerca di Gandhi sul tema della giustizia: “I giusti non hanno assolutamente volonta' propria; quel che Dio vuole e' per essi del tutto uguale, per quanto grande sia il disagio. I giusti prendono la giustizia tanto sul serio, che, se Dio non fosse giusto, non gli darebbero piu' importanza che a un fagiolo, e sono cosi' saldamente radicati nella giustizia e tanto usciti da se stessi, che non danno importanza ne' alle pene ne' all'inferno ne' alle gioie del paradiso ne' a qualsiasi altra cosa. Si', se tutti i tormenti, quelli che sono all'inferno, uomini o demoni, o tutti i tormenti che mai furono e saranno sulla terra, fossero legati alla giustizia, essi non vi darebbero nessuna importanza, tanto fermamente tengono a Dio e alla giustizia. Per l'uomo giusto niente e' piu' triste e doloroso di cio' che e' contrario alla giustizia, ovvero di non essere lo stesso in tutte le cose. Chi ama la giustizia, le sta cosi' saldamente vicino che cio' che ama e' il suo essere; nulla puo' distoglierlo e non fa attenzione a nient'altro... Se la mia vita e' l'essere di Dio, bisogna che l'essere di Dio sia il mio essere, e l'essenza di Dio la mia essenza, ne' piu' ne' meno". Viviamo in questa prospettiva d'essere fede, vita, dove la tristezza non e' sentimentalismo egoista ma dolore di una consapevolezza della nostra iniquita', del male che gia' nel pensiero si produce? Verso quale consapevolezza potremmo destarci ad una vera vita, se non potesse esistere perfetta identita' e armonia fra amato, amante e Amore? A che scopo essere stati creati? Solo per l'amore delle cose del mondo e dell'amore di se stessi? 7. VERSO IL 2 OTTOBRE. DUCCIO DEMETRIO: SE DINANZI
ALLA VIOLENZA
[Ringraziamo Duccio Demetrio
(per contatti: duccio.demetrio at unimib.it) per
questo intervento.
Duccio Demetrio, illustre
pedagogista, e' docente di Filosofia
dell'educazione all'Universita' degli studi di Milano-Bicocca; ha
fondato e dirige la rivista "Adultita'" e la Libera Universita'
dell’autobiografia di Anghiari. Tra le opere di Duccio Demetrio: Educatori
di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei servizi
extra-scolastici, 1990, La Nuova Italia; La
ricerca qualitativa in educazione, 1992, La Nuova Italia; (con
Fabbri Montesano Donata; Gherardi Silvia), Apprendere
nelle organizzazioni. Proposte per la crescita cognitiva in eta' adulta,
1994, Carocci; (con
Favaro Graziella), Immigrazione e pedagogia interculturale. Bambini, adulti,
comunita' nel percorso di integrazione, 1995, La Nuova Italia; L'educazione
nella vita adulta. Per una teoria fenomenologica dei vissuti e delle origini,
1995, Carocci; Raccontarsi.
L'autobiografia come cura di se', 1996, Cortina; Educazione
degli adulti: gli eventi e i simboli, 1996, Cuem; (con
Corna Pellegrini Giacomo), Viaggio e racconti di viaggio. Nell'esperienza di
giovani e adulti, 1997, Cuem; (con
Favaro Graziella), Bambini stranieri a scuola. Accoglienza e didattica
interculturale nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare, 1997, La
Nuova Italia; Agenda
interculturale. Quotidianita' e immigrazione a scuola. Idee per chi inizia,
1997, Meltemi;
Tornare
a crescere. L'eta' adulta tra persistenze e cambiamenti, 1998, Guerini e
Associati; Pedagogia
della memoria. Per se stessi, con gli altri, 1998, Meltemi; Elogio
dell'immaturita'. Poetica dell'eta' irraggiungibile, 1998, Cortina; Il gioco
della vita. Kit autobiografico. Trenta proposte per il piacere di raccontarsi,
1999, Guerini e Associati; (con Bella
Sonia), Una
nuova identita' docente. Come eravamo, come siamo, 2000, Mursia; L'educazione
interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, 2000, La Nuova Italia;
Di
che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo, 2000, Meltemi; (con
Giusti Mariangela), Preparare e scrivere la tesi in Scienze dell'Educazione
2001, Sansoni; (con
Alberici Aureliana), Istituzioni di educazione degli adulti. Vol. 1: Il metodo
autobiografico, 2002, Guerini Scientifica; (con
Alberici Aureliana), Istituzioni di educazione degli adulti, 2002, Guerini e
Associati; Album di
famiglia. Scrivere i ricordi di casa, 2002, Meltemi;
Scritture
erranti. Dall'autobiografia all'autoanalisi, 2003, Edup; Ricordare
a scuola. Fare memoria e didattica autobiografica, 2003, Laterza; Manuale
di educazione degli adulti, 2003, Laterza; Filosofia
dell'educazione ed eta' adulta. Simbologie, miti e immagini di se', 2003, Utet;
L'eta'
adulta. Teorie dell'identita' e pedagogie dello sviluppo, 2003, Carocci; Autoanalisi
per non pazienti. Inquietudine e scrittura di se', 2003, Cortina; (con
Alberici Aureliana), Istituzioni di educazione degli adulti. Vol. 2: Saperi,
competenze e apprendimento permanente, 2004, Guerini Scientifica; Didattica
interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi Favaro Graziella, 2004,
Franco Angeli; In eta'
adulta. Le mutevoli fisionomie, 2005, Guerini e Associati; Filosofia
del camminare. Esercizi di meditazione mediterranea, 2005, Cortina; La vita
schiva. Il sentimento e le virtu' della timidezza, 2007, Cortina; La
scrittura clinica. Consulenza autobiografica e fragilita' esistenziali, 2008,
Cortina; L'educazione
non e' finita. Idee per difenderla, 2009, Cortina; Ascetismo
metropolitano. L'inquieta religiosita' dei non credenti, 2009, Ponte alle
Grazie]
Se dinanzi alla violenza la tua mente si sente
impotente, reagisci trovando in te la pace che vorrebbero estirparti con
l'inganno. Con l'intelligenza e non solo col cuore. Quando ti dicono che e'
sempre andato cosi' il mondo e sempre sara'. Perche' nel luogo piu' nascosto di
ognuno, ricorda, l' erba verde, se alta e al vento, libera, non vorrebbe
mai diventare fieno.
Se dinanzi alla barbarie di chi non vede il volto
umano che ha dinanzi ti senti sperduto, tu invece alza sempre lo sguardo verso
colui o colei che non conosci ancora e chiedi loro di diventare un uomo o una
donna. Fatti raccontare una storia... e tu per primo, imparando a pronunciare la
tua, rendila piu' ricca e forte con la tua. Perche' soltanto nel racconto
fraterno la guerra puo' addormentarsi, stanca di ascoltare le nostre poesie che
nessuno vorra' comprare. Leggere d'aria e di sogni.
Se vorresti nasconderti in un rifugio, per salvare
la tua vita o il tuo nome, arrancando in un tunnel, non la farai comunque
franca; se crederai che sia in un altro luogo, dopo la morte, la salvezza, avrai
tradito il compito umano di redimere la terra anche da se stessa. Non
abbandonarti all'indifferente azzurro del cielo, noi dobbiamo rubargli le parole
che non ha ancora inventato e donargliene altre. Perche' le nostre soltanto,
umilmente tali, fieramente grandi, hanno saputo sopravvivere ai millenni
omicidi; a tutti gli dei che hanno cercato di educarci a non avere orrore del
sangue... 8. VERSO IL 2 OTTOBRE. LUIGI PICCIONI: SUI
CONTENUTI E SUGLI ORIZZONTI
[Ringraziamo Luigi Piccioni (per contatti:
l.piccioni at unical.it) per questo
intervento.
Luigi Piccioni, impegnato sin dai primi anni '90
nell'ecopacifismo e nel commercio equo e solidale pisano, ha collaborato con
Francesco Gesualdi nella redazione della "Guida al consumo critico" e alla
diffusione delle sue tematiche in Italia grazie a molte decine di incontri
pubblici; di mestiere storico dell'ambiente e dell'ambientalismo, insegna presso
l'Universita' degli Studi della Calabria. Autore di molte pubblicazioni in
volumi collettanei e in rivista, ha pubblicato, tra le altre cose, Il volto
amato della patria, ricostruzione delle vicende del primo movimento di
protezione della natura in Italia, tra la fine dell'Ottocento e i primi anni '30
del Novecento; ha curato l'edizione italiana del libro di Jeremy Brecher e Tim
Costello, Contro il capitale globale, Feltrinelli, Milano; collabora con il
"Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano e con la Rete di
Lilliput]
Il 2 ottobre - giornata internazionale della
nonviolenza - rappresenta un momento importante per la diffusione del
concetto e della pratica della nonviolenza ma anche di riflessione sui suoi
contenuti e sui suoi orizzonti.
La costruzione di un mondo piu' equo e democratico,
quindi meno violento, si e' paradossalmente intrecciata nel corso del
Novecento con pratiche di grande brutalita'. Dopo un secolo ci troviamo di
fronte a un massiccio ritorno di forme di espropriazione e di oppressione che il
Novecento sembrava aver attutito se non cancellato, forme che si esprimono in
molti casi mediante la forza fisica ma che si esprimono ancor piu' spesso
attraverso la violenza simbolica e psicologica.
Il trionfo - di fatto ormai incontrastato -
dell'economia di mercato e delle logiche di funzionamento che la sottendono fa
oggi strame di vite, di differenze e di diritti che dopo la seconda guerra
mondiale sembravano acquisiti, e riporta al centro della scena rapporti
gerarchici (ricchi-poveri, acculturati-ignoranti, maschi-femmine,
padroni-proletari, tecnica-ambiente) che sono intrinsecamente e spesso
dichiaratamente violenti.
Su questa svolta storica i nonviolenti hanno oggi
l'obbligo di soffermarsi in modo articolato e il 2 ottobre a me pare
un'occasione da cogliere senz'altro.
9. VERSO IL 2 OTTOBRE. ANNAMARIA RIVERA: DA UNA
LETTERA DEL 2005
[Ringraziamo
Annamaria
Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per
averci messo a disposizione questo intervento estratto da una sua
lettera del
2005.
Annamaria
Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia all'Universita' di Bari.
Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani,
ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'impegno sociale e
politico. Attiva nei movimenti femminista, antirazzista e per la pace, si
occupa, anche professionalmente, di temi attinenti. Al centro della sua ricerca,
infatti, sono l'analisi delle molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi
e i problemi della societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e
pratiche di concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di
Annamaria Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in
quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine
dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza
razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli
postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005; Regole e roghi.
Metamorfosi del razzismo, Dedalo, Bari 2009]
Caro compagno, ho ancora nelle orecchie l’eco del tuo intervento al Congresso, ascoltato alla radio in un freddo pomeriggio romano: intervento colto e non convenzionale. Eppure è il tuo - piu' che le gelide banalita' dei notai dell’ortodossia - quello che mi ha rimescolato dentro il sedimento d’indignazione che cerco di tenere sopito perche' la disillusione non diventi rancore (nulla di peggio, alla nostra eta'). Tu difendi la svolta della nonviolenza e lo fai con stile, cercando di sfuggire ai balbettamenti da neofiti, al piu' recente e obbligato introibo ad altare dei come un tempo furono la dittaturadelproletariato, il frontepopolare, il partitodimassa, l’autodifesamilitante, l’autoriformadelpartito... E io, in eguale misura femminista, pacifista, antirazzista, animalista, vegetariana (elenco i qualificativi nella loro coerente processualita' storica), io che trovo ovvio prestare soccorso a un ratto ferito e sottrarre farfalle alle fauci dei miei cinque gatti, temo che questa vostra scoperta - da neofiti, appunto - non sia altro che di maniera, artificiale, superficiale, priva di spessore: una tattica, una delle tante che si sono susseguite nel vostro serpeggiante percorso teorico e politico. Troppo repentina infatti e' la svolta perche' il vostro recente passato non meriti una riflessione profonda. Il violentismo (perdona il neologismo inelegante), voi l’avete per troppo tempo coltivato o blandito - ricordi l’atto avanguardistico dell’ariete lanciato contro l’ente del turismo turco? - anche quando esso era ormai nient’altro che gesto dannunziano o grottesco futurismo fuori tempo. Quando, in un’assemblea pubblica dopo l’omicidio di Carlo Giuliani, osai dire, con molti distinguo problematici, che la mimesi della violenza - i caschi, gli scudi, le testuggini, gli arieti... - e' forse cosa perfino peggiore della violenza, che l’obiettivo di espugnare questa o quella “zona rossa” poteva apparire come una metafora feticistica della guerra, che la pratica del “mettiamo in gioco i nostri corpi” era ancora tributaria della cultura della forza, che essa, dopo Genova, oltre tutto appariva ridicola rispetto alla forza vera messa in campo dagli apparati della repressione: bene, quando tentai un abbozzo di analisi di tal tipo, fui messa a tacere. Non e' sterile recriminazione, ti prego di credermi. E’ piuttosto il tentativo di porti delle domande. Possono essere nonviolente formazioni politiche che non sanno essere gentili? Che non sempre mostrano di conoscere il valore del rispetto? Che non hanno mai tentato di sperimentare nel proprio seno una democrazia radicale? Che sono cosi' ostinatamente sessiste, autoctone e biancocentriche? (sara' per questo che non citate mai Gandhi?) Che spesso hanno un rapporto del tutto strumentale con i propri iscritti tanto da trattarli come merce usa-e-getta? Che esprimono fastidio od ostilita' verso ogni pensiero e comportamento che non si adeguino alla vulgata del momento? Che trattano con sospetto chiunque, esterno all’empireo dei dirigenti maximi e dei loro cooptati, faccia loro dono di impegno, intelligenza e cultura senza perseguire alcun interesse personale? Penserai che sono domande mal poste, che assolutizzano difetti relativi, dei quali nessun partito e nessuna aggregazione politica sono mai riusciti a mondarsi. Ma voi vi siete incamminati per una strada ardua, che quindi pretende profondita' e rigore. Io ti so tanto intelligente da essere consapevole che la nonviolenza esige radicalita', altissimo senso etico, rispetto profondo per le persone, umane e non umane, e per tutte le forme di vita. A mio avviso, un partito di sinistra non potrebbe articolarla se non nella forma di una religiosita' laica, immanente e tollerante (nel senso piu' alto del termine). Una religiosita' cosi' intesa - che puo' essere agnostica o perfino atea - non si guadagna omaggiando una sola delle incarnazioni storiche del trascendente e neppure concedendo qualche riconoscimento a ognuna delle grandi religioni. No, la vaga conversione a una spiritualita' d’accatto, i riferimenti a san Paolo, alle “radici cristiane dell’Europa” e al Papa non sono adeguati a sostenere una scelta cosi' impegnativa: nel migliore dei casi, sono una retorica e/o una tattica del discorso; nel peggiore, una concessione alle ragioni del moderatismo. Ben altro ci vuole per potersi dire nonviolenti. Quando avrete inserito nei vostri programmi e nella vostra pratica politica i valori della com-passione e della solidarieta', dell’amicizia e della convivialita', quando avrete dato prova di aver compreso che rispetto e giustizia, liberta' e uguaglianza, democrazia e partecipazione o sono s/confinati o non sono, o valgono in eguale misura per uomini e donne, bianchi e neri, maggioritari e minoritari, nativi/e e migranti o non valgono per alcuno, allora forse potrete dirvi nonviolenti. 10. VERSO IL 2 OTTOBRE. BRUNETTO SALVARANI: RELIGIONI E NONVIOLENZA [Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: brunetto at carpinet.biz) per questo intervento. Brunetto
Salvarani, teologo ed educatore, da molto tempo si occupa di dialogo ecumenico e
interreligioso, avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani
"Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione
San Carlo di Modena; saggista, scrittore e giornalista, collabora con varie
testate, dirige "Cem-Mondialita'" (la rivista dei missionari saveriani di
Brescia, che a Viterbo tiene il suo convegno nazionale annuale), fa parte del
Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza del
testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre
istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo Fossoli",
vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat
as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar;
e' tra i promotori dell'appello per la giornata del dialogo cristiano-islamico.
Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana, Emi, Tempi di
Fraternita', Marietti, Paoline] Le religioni stanno lavorando per la nonviolenza o per la guerra? Difficile rispondere... Personalmente, ritengo che sulla scelta strategica del dialogo e del confronto (ecumenico, interreligioso, interculturale) s'investa ancora troppo poco, sul piano civile ma anche su quello ecclesiale. Lo si relega spesso, di fatto, e al di la' delle dichiarazioni di principio, tra gli aspetti meno rilevanti della pastorale ordinaria, confinandolo malinconicamente alla celebrazione di giornate specifiche nel corso dell’anno liturgico (dalla Giornata del dialogo ebraicocristiano il 17 gennaio alla Settimana di preghiera per l’unita' dei cristiani, fino alla neonata Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico). Di piu': talora si giunge a metterlo in discussione, e a porne in discussione l’efficacia, senza neppure averlo sperimentato concretamente, e senza avervi impegnato energie, tempo, reale interesse... Siamo cosi' ad una retorica del dialogo, che non fa i conti col fatto che il dialogare - quando e' autentico - costa inevitabilmente un prezzo alto, perche' ci mette in gioco nell'intimo, e ci puo' spingere a scelte controcorrente, portandoci a ridiscutere alcune delle nostre abituali sicurezze (il riferimento, in particolare, e' a cio' che Raimon Panikkar, da poco scomparso, chiamava opportunamente dialogo intrareligioso). Certo, ci attende un lungo e faticoso (ma anche esaltante!) cammino, da affrontare insieme con coraggio, umilta' e la dovuta pazienza: el camino se hace al andar (Antonio Machado). Non mancheranno, non stanno mancando, le incertezze, i timori, le accuse di complicita' col nemico. Prezzi da pagare, per smascherare i semi di guerra e coltivare i semi della mitezza. Pena il dare ragione allo scrittore israeliano Amos Oz, nel suo puntare l’indice contro un modello religioso funzionale alla violenza istituzionalizzata: “Ora mi torna in mente una vecchia storiella, dove uno dei personaggi - ovviamente siamo a Gerusalemme, e dove senno' - e' seduto in un piccolo caffe', e c’e' una persona anziana seduta vicino a lui, e cosi' i due cominciano a chiacchierare. E poi salta fuori che il vecchio e' Dio in persona. D’accordo, il personaggio non ci crede subito li' per li', pero' grazie ad alcuni indizi si convince che e' seduto al tavolino con Dio. Ha una domanda da fargli, ovviamente molto pressante. Dice: 'Caro Dio, per favore dimmi una volta per tutte, chi possiede la vera fede? I cattolici o i protestanti o forse gli ebrei o magari i musulmani? Chi possiede la vera fede?'. Allora Dio, in questa storia, risponde: 'A dirti la verita', figlio mio, non sono religioso, non lo sono mai stato, la religione nemmeno m’interessa'”. 11. VERSO IL 2 OTTOBRE. CARLO SANSONETTI: SULLA FORZA DELLA VERITA'
[Ringraziamo Carlo Sansonetti (per contatti: sansonetti.carlo at gmail.com) per
questo intervento.
Carlo Sansonetti, gia' parroco di Attigliano, ha preso parte a varie
rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed
e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada" (sito: www.sullastradaonlus.it)]
La nonviolenza si appoggia tutta, mentre si costruisce, sulla forza della
verita'. E la verita' e' di per se' forte solo per il suo riferimento alla
menzogna. Ed e' forte anche per la necessita' che ne abbiamo noi, che la
scegliamo come guida nella vita.
Infatti la menzogna, che sferza e opprime questo mondo (“gli uomini dalle
cento parole dominano quelli dalle dieci parole” - David M. Turoldo), non solo
si oppone alla verita', ma l’attacca, con il chiaro intento - e la necessita'
- di toglierla di mezzo.
Eppure la verita', fondamento della nonviolenza, non ha bisogno di altra
forza se non quella che possiede in se stessa ("la forza della verita'"),
perche' “il di piu' viene dal male”, cioe' a dire che l’ulteriore forza, anche
minima, e' gia' violenza: quella parola in piu', quel gesto stizzito in
piu', quel sentimento di amarezza, quella piccola mancanza di speranza, quel
grido scomposto, quella fuga, l’indifferenza che mi tenta...
La chiesa istituzionale, nella quale mi trovo inserito, ha abbandonato da tempo la nonviolenza come scelta fondamentale, per tre ragioni fondamentali: - perche' a rappresentarla, a condurla e a prendere le decisioni
fondamentali sono soltanto maschi: questa e' la prima violenza, perche' la
madre di tutte le violenze e' la violenza contro le donne;
- ha abbandonato la nonviolenza perche' ancora sostiene e alimenta una
struttura piramidale, che il canone 331 ed il comma 3 del canone 333 del Codice
di Diritto Canonico descrivono efficacemente: “Il Romano Pontefice, in forza del
suo ufficio, ha potesta' ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla
Chiesa, potesta' che puo' sempre esercitare liberamente (...). Non si da'
appello ne' ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice” (e
questo tipo di struttura, organizzativa e psicologica - dunque questo tipo di
atteggiamento nei rapporti - scende, come pioggia, a investire di se' gli altri
gradi della struttura: vescovo nella diocesi e parroco nella parrocchia);
- e, infine, la chiesa istituzionale ha abbandonato la nonviolenza perche'
alberga nel suo seno pacifisti/e, possibilisti/e e guerrafondai/e, con la
giustificazione che deve essere chiesa di tutti e tutte: nel suo “Catechismo”,
significativamente, “non esclude il ricorso alla pena di morte” (art. 2267) e,
in piu', da' giustificazioni alla “guerra giusta” (art. 2309).
Per queste ragioni la chiesa istituzionale, questo fiume che percorre la
storia, ha gia' fatto scelta di violenza, contraddicendo la sua stessa Sorgente
(“Metti la spada nel fodero! Chi di spada ferisce di spada perisce! Io
invece vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”).
C'e' pero' chi ancora attinge a quest'ultima - alla Sorgente che e'
Cristo - e le rimane fedele: sono coloro che, senza deviazioni, sulla
strada degli ultimi della storia, mantengono la speranza cristiana di un
mondo migliore, fraterno e solidale. La nonviolenza dunque non e' per tutti, ma chi sceglie la verita' come guida nella sua vita non puo' non essere nonviolenta/o. 12. VERSO IL 2 OTTOBRE. ANTONELLA SANTARELLI E SALVATORE GIORDANO: NEL
NOSTRO TEMPO SEGNATO DAI CONFLITTI
[Ringraziamo Antonella Santarelli e Salvatore Giordano (per contatti: )
per questo intervento.
Antonella
Santarelli e Salvatore Giordano animano il sito di "Mediterraneo for peace"
(www.mediterraneoforpeace.it)]
Mediterraneoforpeace.it
aderisce alla Giornata internazionale della nonviolenza
indetta dall'Onu per il 2 ottobre nell'anniversario della nascita
di Gandhi.
La scelta della nonviolenza possa presiedere alle relazioni tra gli esseri umani e tra gli esseri umani e la natura. Il messaggio di Gandhi e delle innumerevoli altre persone che nel corso della storia umana hanno praticato la nonviolenza a beneficio dell'umanita' e del mondo e' di ispirazione per ogni persona di volonta' buona e di retto sentire, e puo' e deve diventare la base necessaria di una politica condivisa della comunita' internazionale degli stati e dei popoli che ripudi la guerra e le devastazioni ed inveri l'impegno fondante della civilta' umana: la solidarieta' che tutte e tutti raggiunge, l'affermazione della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, il rispetto per la vita, la salvaguardia della biosfera unica casa comune dell'umanita' intera. Auspichiamo che per il 2 ottobre, che l'Onu ha dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza" nell'anniversario della nascita di Gandhi, possano fiorire ovunque possibile - nelle scuole, nelle istituzioni, nei luoghi di incontro e di aggregazione - iniziative di accostamento alla nonviolenza. Nei giorni che precedono la giornata del 2 ottobre, mediterraneoforpeace.it pubblichera' contributi di autori (dei piu' diversi orientamenti disciplinari) che con i loro scritti e ragionamenti invitano a riflettere sulla nonviolenza e a diffondere la cultura della pace nel nostro tempo segnato dai conflitti.
13. EDITORIALE. PEPPE SINI: INSORGERE OCCORRE CONTRO IL COLPO DI STATO RAZZISTA, INSORGERE OCCORRE CONTRO LA GUERRA ASSASSINA
Tre volte voglio ripeterlo. Insorgere occorre contro il colpo di stato razzista, insorgere occorre contro la guerra assassina. Insorgere occorre contro il colpo di stato razzista, insorgere occorre contro la guerra assassina. Insorgere occorre contro il colpo di stato razzista, insorgere occorre contro la guerra assassina. * Insorgere: con la scelta della nonviolenza, con la forza della verita'. Insorgere: per affermare la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani, in primo luogo il diritto a non essere uccisi. "Insorgere per risorgere": era il motto di "Giustizia e liberta'". Insorgere oggi: vi e' una sola umanita'. 14.
APPELLI.
PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Sostenere finanziariamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia. Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
15. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'". 16. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Aldo Carotenuto (a cura di), Dizionario Bompiani degli psicologi
contemporanei, Bompiani, Milano 1992, pp. 308.
- Pier Aldo Rovatti (a cura di), Dizionario Bompiani dei filosofi
contemporanei, Bompiani, Milano 1990, pp. 430.
17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 321 del 22 settembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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