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Telegrammi. 308
- Subject: Telegrammi. 308
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 9 Sep 2010 01:04:45 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 308 del 9 settembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Nelle scuole e negli enti locali
2. Holger Banse ricorda Martin Buber (parte prima)
3. Il 12 settembre a Viterbo
4. Si e' svolto martedi' 7 settembre un incontro di studio a Viterbo
5. Per
sostenere il Movimento Nonviolento
6.
"Azione nonviolenta"
7.
Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NELLE SCUOLE E NEGLI
ENTI LOCALI
Promuoviamo il 2 ottobre nelle scuole e negli enti
locali iniziative di celebrazione della giornata internazionale della
nonviolenza indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di
Gandhi.
Proponiamo agli istituti scolastici ed ai Comuni
(ed alle Province, ed alle Regioni) di realizzare in quella giornata iniziative
di memoria, di riflessione e di impegno per la nonviolenza. Solo la nonviolenza puo' salvare
l'umanita'.
2. MEMORIA. HOLGER BANSE RICORDA MARTIN BUBER (PARTE PRIMA)
[Nuovamente riproponiamo il seguente testo che riprendiamo dal sito www.nostreradici.it, li' presentato
con la seguente premessa: "Il 15 ottobre 2003, presso la Fondazione Culturale
Ambrosianeum di Milano, si e' tenuto un incontro sul tema 'Una vita per il
dialogo. Una conversazione con Martin Buber'. L'appuntamento era con Holger
Banse, pastore della Chiesa evangelica di Renania. Siamo lieti di pubblicare il
suo testo, grazie alla cortesia dell'autore e dell'Arcidiocesi di Milano -
Ecumenismo e dialogo" e il sommario "1. Tu e Io; 2. I primi anni a Vienna; 3. La
nuova casa a Lemberg; 4. Alla ricerca; 5. La vita e' santificazione; 6. La vita
e' dialogo; 7. La vita e' incontro; 8. La vita e' imparare ad
ascoltare".
Holger Banse, pastore e biblista, e' stato parroco della chiesa protestante
tedesca di Milano dal 1989 al 1995, e' ora parroco a Hamm-Sieg, in
Renania-Palatinato.
Martin Buber, filosofo, educatore, scrittore e straordinario uomo di pace,
e' nato a Vienna nel 1878 ed e' deceduto a Gerusalemme nel 1965. Per almeno tre
ragioni Martin Buber e' uno dei nostri maestri piu' grandi: per essere il grande
filosofo del principio dialogico, che pone alla base del nostro esserci la
relazione io-tu; per essere il grande uomo di pace che sempre oppose la civilta'
e la comprensione alla violenza e alla chiusura; per essere il grande amorevole
ricercatore delle tradizioni e delle memorie dei pii, degli umili e dei
dimenticati. Opere di Martin Buber: tra le sue opere segnaliamo Il principio
dialogico, Comunita', Milano 1958, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo
(Milano) 1993 (contiene anche il saggio Ich und Du); Il problema dell'uomo,
Patron, Bologna 1972, , Ldc, Leumann (Torino) 1983, Marietti, Genova 2004;
Sentieri in utopia, Comunita', Milano 1967; Immagini del bene e del male,
Comunita', Milano 1965, Gribaudi, Torino 2006; L'eclissi di Dio, Comunita',
Milano 1965, , Mondadori, Milano 1990, Passigli, Firenze 2001; Sette discorsi
sull'ebraismo, Israel, Firenze 1923, Carucci, Assisi-Roma 1976; Israele. Un
popolo e un paese, Garzanti, Milano 1964; Gog e Magog, Bompiani, Milano 1964; La
leggenda del Baal-Schem, Israel, Firenze 1925, Gribaudi, Torino 1995; I racconti
dei chassidim, Longanesi, Milano 1962, 1978, Garzanti, Milano 1979; La regalita'
di Dio, Marietti, Casale Monferrato 1989; La fede dei profeti, Marietti, Casale
Monferrato 1985; Mose', Marietti, Casale Monferrato 1983. Confessioni estatiche,
Adelphi, 1987; Sion, storia di un'idea, Marietti, 1987; Il cammino dell'uomo
secondo l'insegnamento chassidico, Qiqajon, 1990; Profezia e politica. Sette
saggi, Citta' Nuova, 1996; Discorsi sull'ebraismo, Gribaudi, Torino 1996;
Incontro. Frammenti autobiografici, Citta' Nuova, 1998; (con Elie Wiesel), Elia,
Gribaudi, Torino 1998; Le storie di Rabbi Nachman, Tea, 1999, Guanda, 2004; Due
tipi di fede. Fede ebraica e fede cristiana, San Paolo Edizioni, Cinisello
Balsamo (Milano) 1999; La modernita' della parola. Lettere scelte (1918-1938),
La Giuntina, Firenze 2000; Racconti di angeli e demoni , Gribaudi, Torino 2000;
Beato l'uomo che ha trovato la saggezza. Meditazioni per ogni giorno, Gribaudi,
Torino 2001; Il cammino del giusto. Riflessioni su alcuni salmi, Gribaudi,
Torino 2002; L'uomo tra il bene e il male, Gribaudi, Torino 2003; Daniel. Cinque
dialoghi estatici, La Giuntina, Firenze 2003; La passione credente dell'ebreo,
Morcelliana, Brescia 2007; Cfr. anche, con Franz Rosenzweig, Prigioniero di Dio,
Studium, Roma 1989; e il dibattito con Gandhi, in M. K. Gandhi, M. Buber, J. L.
Magnes, Devono gli Ebrei farsi massacrare?, in "MicroMega" n. 2 del 1991 (pp.
137-184). Opere su Martin Buber: per un'introduzione cfr. Clara Levi Coen,
Martin Buber, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Firenze)
1991]
1. Tu e Io
Caro Martin Buber, questo colloquio con te doveva essere una conferenza, ma
non sarebbe stato possibile, anche a fronte delle mie sempre piu' intense
frequentazioni del tuo pensiero, dei tuoi libri, dei tuoi dialoghi. Come avrei
potuto stendere una relazione sulla tua vita, descrivere la tua opera, offrire
un rapporto dettagliato del tuo insegnamento, quando tu stesso una volta hai
detto che non avevi nessun insegnamento, che semplicemente conducevi un
dialogo...
Percio' questa conferenza non puo' che essere un dialogo, un dialogo tra te
e me e un gran numero di uditori che poi forse, quando sara' il tempo, potranno
partecipare al dialogo, oggi o piu' tardi, con tutta calma. Io so, caro Martin,
che sei d'accordo con questo mio proposito. Io ti vedo, si', sento distintamente
che interrompi per un momento il tuo dialogo con Dio e con coloro che vi fanno
corona intorno, per guardarmi amichevolmente dal Regno dei Cieli, mi fai cenno,
annuisci benevolo; sento che ti concedi per i prossimi minuti al dialogo con me
- e non ti limiti a prestare orecchio a me, a noi; ce li presti entrambi, gli
orecchi, e ancora di piu': tu ti rivolgi a noi con tutta la tua attenzione, con
tutto il tuo Io e noi, proprio per questo, diventiamo per te un Tu, il Tu che
con il tuo Io costituisce la prima delle due parole fondamentali, di cui tu una
volta hai spiegato l'importanza. E proprio da qui si puo' avvertire, e di fatto
si avverte, la tua presenza, anche se tempo e spazio ci tengono lontani.
Presenza, anche se ci immergiamo nel passato: consapevoli, pero', del fatto che
non e' la morte che impedisce la presenza o la relazione (la vera relazione) o
il dialogo, ma la perdita di relazione - che di per se' significa la morte nella
vita. Ma di questo parleremo dopo piu' dettagliatamente.
*
2. I primi anni a Vienna
Si', caro Martin, occasione del nostro dialogo oggi e' il tuo compleanno.
Quest'anno sono 125 anni dalla tua nascita. Vieni al mondo l'8 febbraio del
1878, a Vienna. L'anno della tua nascita era gia' il trentesimo del regno di
Francesco Giuseppe che da questa metropoli europea reggeva i destini di piu' di
50 milioni di persone, dei piu' diversi popoli, dai Balcani fino all'odierna
Russia. Ma lo Stato "multietnico" pareva gia' nell'anno della tua nascita un
vaso con parecchie crepe, tenute insieme in qualche modo con il filo di ferro.
Il suo Reich si sta sgretolando: gli ungheresi riescono a far valere i loro
diritti, i cechi ottengono il riconoscimento della loro lingua, parificata con
il tedesco, scoppiano conflitti in Croazia e in Slovenia. Anche a Vienna
l'industrializzazione richiede la sua vittima sacrificale: nel giro di
trent'anni falliscono quasi 40.000 imprese artigianali.
La gente cerca di prevenire come puo' la minaccia onnipresente. In ogni
popolo dell'impero asburgico si risveglia un forte nazionalismo e con esso
l'antisemitismo, causato dalla diffidenza verso tutti gli stranieri, dei quali -
come spesso accade - l'"ebreo" fornisce un ottimo emblema. L'emancipazione degli
ebrei era stata promossa dall'influenza personale dell'imperatore stesso e dalla
sua politica egualitaria: gia' nella seconda meta' del XIX secolo si contava un
gran numero di ebrei nella parte orientale di Vienna, tanto che in poco tempo la
minoranza ebraica della citta' quadruplico' fino a raggiungere l'8% dell'intera
popolazione viennese. Nei loro lunghi caftani, nei loro capelli particolari, con
quel modo di vestirsi cosi' fuori dal comune, gli ebrei non potevano passare
inosservati, tanto piu' che in alcuni quartieri raggiunsero una proporzione
numerica pari a un terzo del totale. Ma non era solo il loro aspetto stravagante
che metteva paura, piu' ancora colpiva la loro influenza sulla stampa e sulla
finanza e la loro idea di vivere in modo positivo, razionale e metropolitano,
atteggiamento che appariva piuttosto sospetto alle coscienze tradizionaliste
viennesi.
Il contesto storico in cui capiti, dunque, e' tutto fuorche' tranquillo.
Forse una delle cause della separazione dei tuoi genitori, avvenuta quando tu
avevi appena 4 anni, puo' essere annoverata nell'inquietudine e nell'insicurezza
dei tempi?
Parli poco di tuo padre Carl. E certo: hai potuto andare a trovarlo, nel
podere che lui stesso dirigeva, solo quando avevi su per giu' 9 anni, dopo una
lunga separazione. Tuo padre si era risposato e si era trasferito da Vienna alla
provincia di Lemberg. Stai bene con lui. E a 14 anni lasci la casa dei nonni,
nuova casa tua dopo la separazione dei tuoi genitori, e ti trasferisci di nuovo
presso di lui, definitivamente. E apparentemente come di nascosto, senza
volerlo, tuo padre diventa il tuo grande maestro sulle questioni che riguardano
il comportamento verso le cose che ci circondano. La sua pura, sincera gaiezza,
che gli veniva naturale, il suo attivo, responsabile rapporto con la natura, la
sua partecipazione umana alla vita degli amici, degli uomini che lavoravano per
lui, dall'affittuario al piccolo contadino, il modo in cui si prendeva cura di
loro - tutto cio' ti colpisce profondamente. Da lui capisci che cosa significa
il prendersi cura degli altri, di cui tu una volta scrivesti che essa e' "pura,
essenziale cura, quando pone l'essenza di un uomo in relazione con l'essenza di
un altro uomo, quando non si limita alla mutua assistenza per correggere un
difetto". E un'altra cosa impari da tuo padre: il gusto del racconto. Perche'
nessuno come lui riusciva a raccontare in modo cosi' semplice e immediato. Il
puro avvenimento, senza fronzoli, l'evento che si svolgeva tra due creature
umane, erano il contenuto dei suoi racconti. E ti ricordi ancora di quell'altro
fatto che hai vissuto nella proprieta' di tuo padre? Ti ha segnato profondamente
nella coscienza. Hai undici anni, quella volta che entri non visto nella stalla
del cavallo e accarezzi il grande dorso pomellato grigio e bianco. Quindi,
mentre gli gratti dolcemente la criniera, sperimenti per la prima volta l'Altro
che ti si offre immediatamente nel suo Tu.
Il rapporto con tua madre Elisa si svolge invece in modo meno fortunato. E'
una profonda delusione per te. Ami tua madre: quando se ne va, speri in un
prossimo ritorno. Non puoi credere alle tue orecchie, quando una ragazzina piu'
grande di te ti dice: no, lei non tornera' mai piu'. La vedrai ancora una volta,
nel 1911, quando con le sue due figlie (anche lei si e' risposata nel frattempo)
giunge da San Pietroburgo per vederti e conoscere la tua famiglia. Quando piu'
tardi ripensi a questa visita, comprendi che non si e' trattato di un incontro.
Cosi' crei un neologismo: "disincontro" (Vergegnung). Come deve essere stata
triste quella visita, dal momento che tu sentivi che anche allora tua madre non
ti stava realmente incontrando e che forse non voleva nemmeno farlo... Ma
attraverso questa esperienza negativa, di non accettazione, di rifiuto nei
confronti del tuo essere, del tuo volere, dei tuoi desideri e sentimenti, nasce
in te l'idea fondamentale a partire dalla quale hai poi determinato, nel corso
degli anni, la definizione di vero incontro.
La ricerca della madre ti ha accompagnato, la ricerca di una relazione
autentica.
Forse, anche se sei solo un bambino di tre anni, riesci a capire quanto sia
difficile la relazione tra i tuoi genitori, anche se in casa non si dice niente;
ma tu lo sai, non si comunica solo cio' che si dice esplicitamente: anche i
sentimenti, soprattutto quelli inconfessati, trovano la loro via espressiva. E
forse e' proprio a tre anni che la vicenda dell'infelice rapporto dei tuoi
genitori lascia in te una traccia ben distinta. Forse e' cosi' che nasce, come
una pellicola al negativo, cio' che si sviluppera' in forma positiva, il tuo
tema vitale che non ti lascera' mai piu'.
*
3. La nuova casa a Lemberg
Ma comunque sia, proseguiamo. Quando tua madre se ne va, tuo padre decide
di affidarti alle cure dei tuoi nonni che abitano a Lemberg, a quasi 800 km da
Vienna. Lemberg era austriaca dalla prima secessione dei polacchi del 1772 e
rimase la capitale della Galizia asburgica fino al 1918. Era la piu' orientale
delle citta' mitteleuropee. Qui si incontravano le piu' svariate culture e
confessioni religiose dell'Europa occidentale e orientale che diedero vita a una
simbiosi creativa. Nel 1918, tu allora stavi gia' a Heppenheim, i polacchi e gli
indipendentisti ucraini ingaggiarono una battaglia in citta'. Ne pagarono le
conseguenze i molti cittadini ebrei che vennero considerati politicamente
sospetti.
Nell'autunno del 1938, l'anno in cui tu lasciasti la Germania per
raggiungere Gerusalemme, Lemberg divenne sovietica, in conseguenza del patto tra
Hitler e Stalin. Anche se gli ebrei erano stati vittime di numerose persecuzioni
da parte dei sovietici, i polacchi e gli ucraini li considerarono comunque
collaboratori del regime comunista.
E dalla Palestina avrai udito cio' che accadde il 30 giugno 1941, era un
lunedi': una divisione tedesca dei "Cacciatori delle Alpi" attacco' la citta'.
Trovano in tre carceri 4.000 prigionieri uccisi dai sovietici. Con l'appoggio
delle truppe tedesche un battaglione di ucraini, aggregati ai tedeschi e forniti
di uniformi tedesche, con il nome di "Nachtigall" ("Usignolo") organizza un
pogrom contro gli ebrei della citta'. Si giunge a terribili violenze e
uccisioni. Le truppe tedesche assicurano le prigioni e controllano le uscite,
mentre gli ucraini costringono gli ebrei a strisciare in ginocchio sui cadaveri
e lavarli. Donne e ragazze ebree devono prima spogliarsi. Compiuto questo
terribile lavoro, i soldati ucraini si schierano in due file al comando dei
tedeschi e spingono in mezzo gli ebrei, infilzandoli e pungolandoli con le
baionette. Molti ebrei vengono uccisi. Seguono ulteriori abusi su ebree ed
ebrei. Quando il 2 luglio la prima Divisione Cacciatori di Montagna lascia la
citta' verso oriente, 4.000 ebrei di Lemberg sono caduti nel pogrom.
Ma torniamo alla tua biografia. Lemberg diventa la tua nuova casa, tuo
nonno Salomon ti fa da padre. Tuo nonno e' consigliere della Camera di commercio
e direttore di due banche. Da molto tempo e' preposto alla comunita' religiosa
israelitica di Lemberg. Contemporaneamente pero', e questo e' proprio il fulcro
delle sue attivita', e' uno dei piu' grandi conoscitori e interpreti del
midrash. In lui confluiscono le tradizioni talmudiche dell'Europa orientale e
occidentale, insieme a una conoscenza straordinaria della lingua ebraica che
egli ama intensamente, e che utilizza nello scritto e nel parlato con una
competenza superiore a chiunque altro.
Dal canto suo, caro Martin, imprime il suo stampo su di te e sull'argomento
della tua vita, tua nonna Adele, con la sua profonda, pura e emotiva
sensibilita'. Tanto tuo nonno e' un filologo nel senso etimologico del termine,
quanto tua nonna incontra la parola in un amore puro e devoto. Non lo
dimenticherai mai.
Non hai nemmeno dimenticato la comunita' chassidica di Sadagora, vicino a
Lemberg. Ti ci hanno portato i tuoi nonni. E quando vedi il Rabbi che danza con
la Torah tra le braccia, in mezzo ai discepoli in estasi, prende forma in te
l'idea che "il rispetto e l'intima gioia l'uno dell'altro sono i fondamenti
dell'autentica comunita' umana". Qui, nello scenario dei Carpazi, nel XVIII
secolo sorse un centro del chassidismo, quella variante orientale della mistica
ebraica che declina sulla gioia in Dio una devozione per il mondo, affermando il
mondo cosi' come e', perche' Dio e' contemplabile e riconoscibile nel mondo, in
ogni cosa del mondo, e raggiungibile tramite ogni azione pura. Al tempo della
tua infanzia, e' rimasta solo una parte della grandezza originaria dei
chassidim. Eppure esisteva la comunita' chassidica e l'esperienza di essa ha
contribuito a far crescere in te un seme di fede vitale e decisiva.
Fino ai dieci anni tua nonna si occupa della tua istruzione con lezioni
private. Parli gia' tedesco, ebraico, yddish, inglese, francese e italiano. A 14
anni frequenti il ginnasio polacco, impari la lingua locale e, attraverso la
letteratura polacca, accedi all'universo culturale slavo. Le lingue, nelle loro
diverse tonalita', e la filosofia, sono per te stabili compagni di viaggio, fin
dalla giovinezza.
*
4. Alla ricerca
A 18 anni ritorni a Vienna per iscriverti all'universita', e' l'autunno del
1896. Ti cali nel superficiale salotto culturale di una Vienna borghese e
antisemita un po' troppo bendisposta, verso la fine del secolo, ad accordare
tutto il reale sulle note del romanticismo. Il mondo dell'ebraismo, il suo
spirito e la sua religiosita', si appannano ai tuoi occhi. Studi filosofia,
soprattutto lo Zarathustra di Nietzsche, e frequenti seminari di storia
dell'arte. All'universita' sperimenti un approccio al sapere del tutto diverso
rispetto a quello a cui eri abituato a scuola: non c'e' piu' una disposizione
frontale tra insegnanti e alunni, l'universita' promuove il libero rapporto tra
professori e studenti e l'interpretazione in comune dei testi, gia', attraverso
l'umilta' degli insegnanti universitari che si mettono sullo stesso piano degli
studenti. Sperimenti "lo scambio di domande e risposte liberato dall'usuale
conformismo scolastico; tutto questo ha rivelato, piu' intimamente di qualunque
lettura libresca, la realta' propria dello spirito come un 'tra'
(Zwischen)".
E mentre hai potuto scoprire da tua nonna l'amore per la parola, durante le
tue numerose puntate al Burgtheater entri in contatto con il fascino della
parola proferita "con esattezza" e con il suo immenso potere.
Un anno dopo ti trasferisci a Lipsia per proseguire i tuoi studi. Accanto
alla filosofia e alla storia dell'arte, ti appassioni alla musica di Johann
Sebastian Bach. Inoltre la lettura del libro Modernes Judentum di Mathias Achers
ti indirizza verso il sionismo. A Lipsia fondi un gruppo locale sionista e
un'unione di studenti ebrei.
Nell'estate del 1899 ti troviamo all'universita' di Zurigo, alla ricerca
della tua via, preso tra filosofia, filologia, germanistica, storia dell'arte,
storia della letteratura e perfino psichiatria ed economia.
Improvvisamente pero', complice l'amicizia del socialista Gustav Landauer,
che doveva diventare una delle figure piu' importanti della tua vita, fino alla
sua morte violenta, ti immergi nella mistica del Rinascimento e della Riforma.
Approfondisci soprattutto il pensiero di Nicola Cusano, di Paracelso e di Jacob
Boehme.
In questo periodo si svolgono i primi congressi sionisti, segnati in modo
molto netto dalla posizione di Theodor Herzl circa il progetto di acquisizione
di un'unita' nazionale e statale. Il vortice di questo movimento ti investe in
pieno, e gradatamente vi rintracci i temi nei quali sei cresciuto e che
diventeranno i temi della tua vita.
Allo stesso tempo pero' sviluppi degli argomenti che si conciliano poco con
quelli di Herzl, perche' diversamente da lui ti orienti verso l'idea biblica del
popolo di Dio. Cosi' scriverai piu' tardi: "La coscienza nazionale da sola non
cambia l'uomo ebreo: puo' essere pieno di forza ma nello stesso tempo povero
d'anima sia con essa (coscienza nazionale) che senza di essa. Ma a chi la
coscienza nazionale non sara' solo un accontentarsi ma una carica, non un arrivo
nel porto, bensi' una partenza per il mare aperto, a tutti coloro si puo'
indurre un cambiamento". Nelle tue riflessioni sul sionismo, sostituisci l'idea
nazionalistica di Herzl con un elemento messianico-teocratico, quando scrivi:
"Il sionismo e' coscienza dell'unicita'... Esso peraltro non e' legato ad un
determinato luogo geografico, che si chiami Canaan o Palestina, bensi' esso fin
dai tempi piu' remoti e' un nome che indica qualcosa che in un luogo geografico
deve ancora nascere, o come dice la Bibbia: l'avvento della regalita' di Dio su
tutti i popoli". Il sionismo era un movimento strettamente legato alla persona
di Herzl, ed e' giusto dopo la sua morte che vi aderisci in modo definitivo:
attraverso di esso riscopri l'essenza dell'ebraismo e ti rammenti della lingua
che tramando' l'ebraismo lungo i secoli, l'ebraico, che ti era cresciuta nel
cuore a casa dei tuoi nonni. E' il periodo in cui si affaccia per la prima volta
líintenzione di tentare una nuova traduzione delle Scritture.
*
5. La vita e' santificazione
Cosi', attraverso la nuova immersione nella letteratura e nella tradizione
dell'ebraismo, scopri gli scritti del grande Rabbi Israel che gli amici e i
discepoli chiamavano Baal Shem Tov, vissuto 250 anni prima. Hai 26 anni, e per
un po' di tempo ti sottrai alle attivita' del sionismo per dedicarti agli studi
chassidici: raccogli e leggi qualunque scritto abbia a che fare con il
chassidismo che qualche volta trovi anche solo per caso. Sistemare i testi,
tradurli, interpretarli e pubblicarli diventano le tue attivita'
principali.
Nel 1905 ti trasferisci a Firenze, dove rimani per due anni. Ti appassioni
del modo italiano di vivere. Qui riscopri il teatro e ti infiammi per Eleonora
Duse. Purtroppo oggi a Firenze le tue tracce non si trovano piu'.
Quando nel 1928 presenterai la prima grande raccolta di testi chassidici,
le cui fondamenta avevi posto a Firenze, ripenserai con soddisfazione al primo
periodo della tua vita, che iniziava a partire dal 1904 con la riscoperta del
chassidismo. Certo, questa riscoperta non poteva che essere un ricordo della
comunita' chassidica vicino a Lemberg, ma studiando questa religiosita'
ebraico-orientale, fai tu stesso l'esperienza, profondamente religiosa, di Dio
che abita nel tuo, nel nostro mondo. Ti accorgi dell'immanenza di Dio in tutti
gli eventi, in tutta la creazione e contemporaneamente sai che Dio non si
confonde con il mondo, non si disperde in esso, perche' lui e' nel mondo ma
insieme e' il trascendente. E cosi', come aveva detto il Baal Shem Tov, bisogna
comprendere che in ogni vivente c'e' una vita santa e che tutto puo' essere
ricondotto a questa radice, tutto puo' essere santificato. Questo e' il compito
dell'uomo: unificare ogni cosa del mondo nel divino. Unificare significa
santificare. Ogni azione, ogni attimo rende possibile la santificazione. La
santificazione causa la redenzione. E colui che santifica rende libero, libera
dal mondo. Con questi pensieri fondi un'etica che attribuisce un straordinario
significato all'attimo presente, al qui e ora in cui vive l'uomo attribuisci di
poter essere considerato santo, e di considerare questa azione nell'attimo come
santa. Significa liberare l'attimo e l'azione dalla morsa mondana, dalla
profanita', dalla banalita' e dalla disattenzione dimentica di Dio, per
liberarli e redimerli.
La meditazione mistica si e' sviluppata molto rapidamente nell'ebraismo
post-biblico. Accanto all'insegnamento della Torah, che aveva il suo ambito nel
culto, nella celebrazione, nel servizio di Dio, nacque l'interpretazione della
Torah, una sorta di teologia speculativa, di cui solamente i rabbini potevano
occuparsi. Qui si sviluppa la kabbalah, una tradizione mistica segreta, solo in
epoca tarda fissata per iscritto, che sapeva dell'interazione del mondo
superiore e del mondo inferiore e che guidava il fedele, per numeri e lettere,
verso la riunificazione di queste due mondi. Kabbalah e tradizioni popolari sono
per te, Martin, i fondamenti del chassidismo. Ma da quest'ultimo non e'
possibile trarre un insegnamento specifico: no, per te il chassidismo "non e'
una dottrina ma uno stile di vita, e uno stile di vita, che seguendo questo
stile di vita costruisce comunita', uno stile di vita che nella sua essenza e'
l'unico possibile per la vita in comunita'". Il chassidismo per te e' vita,
ethos, una prassi di vita, come quella messa in atto dal Baal Shem Tov con i
suoi allievi. Per lui la vita era un dialogo fatto di domande e risposte:
rivolgersi e essere interpellato, rispondere e ricevere risposta. Per questo tu
affermi che l'essere dell'uomo significa essere chiamato, e ti riferisci in
primo luogo all'essere-chiamato da Dio.
Dio parla agli uomini in modo molto concreto: la creazione stessa e'
discorso, e' linguaggio. La voce di Dio irrompe nel nulla e le cose rispondono
nascendo. Cosi' la vita di ogni creatura e' un dialogo, la vita e' parola.
Non ti stanchi, all'interno di queste riflessioni, di ripetere
un'affermazione per noi inaudita e piuttosto sconvolgente: e cioe' che il
pericolo originario e la piu' grande tentazione per gli uomini e' la religione.
Spaccare il mondo in due parti: qui la parte del culto e del sacramento, con
tempi e luoghi santi, la' il profano, il mondano, la vita normale e condizionata
di tutti i giorni - questo e', nelle tue parole, un atto di separazione
(Abloesung). Dio viene deviato, rinchiuso in un ghetto. "La vita del mondo e il
servizio di Dio scorrono slegate l'una dall'altra, qui, come parallele; ma il
Dio di questo servizio non e' piu' Dio, sembra averne solo le fattezze - il vero
compagno di viaggio dell'uomo non e' piu' li'... l'anima vorrebbe avere a che
fare solo con Dio, come se Egli volesse che l'amore si esercitasse solo per Lui
e verso di Lui e non per il Suo mondo... Il vero cammino dell'uomo con Dio non
ha solo il suo ambito nel mondo, ma in esso trova anche il suo oggetto. Dio si
rivolge all'uomo nelle cose, nelle essenze che gli invia nella vita; l'uomo
risponde attraverso il suo atteggiamento verso di esse. Ogni autentico servizio
di Dio e' in questo senso solo la sempre rinnovata preparazione, la
santificazione di questo cammino con Dio nel mondo". Con cio' non vuoi dire che
l'uomo si trova ad avere a che fare solo con il mondo. No, il vero e unico
partner dell'uomo e' solo Dio, perche' Egli, Dio, abita nel mondo - e pero' non
come un'idea oggettiva o come una "cosa", bensi' "nel tocco concreto con l'uomo
il mondo di volta in volta trova una dimensione sacra". La' dove avviene nel
mondo l'incontro concreto, la' dove l'uno tocca l'altro, l'altra in senso
esistenziale, la' c'e' Dio, la' Dio e' presente, e allora avviene la
santificazione e la redenzione. Questa e', nelle tue parole, l'unificazione, il
ricongiungimento di cio' che era unito dalle origini. E tu concluderesti che
questa unificazione, questa redenzione puo' avvenire nelle cose piu' profane che
fai tutti i giorni, se le fai in santita'. Cosi' tutti i comportamenti possono
diventare servizio di Dio, si', devono diventarlo. E qui si esplicita una
caratteristica essenziale del chassidismo: l'azione dell'uomo acquista senso
solo nella misura in cui essa e' compiuta nel pieno fervore e con l'impegno di
tutte le forze del corpo e dell'anima, perche' lo scopo della vita e'
l'unificazione di Dio con il mondo. Cosi' narra una leggenda del patriarca
biblico Enoc: Enoc era un ciabattino: ad ogni colpo del suo ago, cucendo insieme
suola e tomaia, univa Dio e la sua Shekina'. Per tutto questo risulta chiaro
come la mistica chassidica non sia affatto un distacco (Abkehr) dal mondo, ma al
contrario un perseverante rivolgersi (Hinkehr) ad esso: non contemplazione, la
piu' alta e concreta delle azioni.
Un'azione, proprio perche' concreta, non puo' essere limitata al singolo,
ma e' relativa a un insieme di persone, a una comunita'. Questa comunita' pero'
ha bisogno di un'autorita', lo zaddiq. Quante volte ti sarai ricordato dello
zaddiq che avevi visito insieme ai tuoi nonni, di come ballava tra i suoi
chassidim con i rotoli della Torah tra le braccia, rapito dalla gioia in Dio e
insieme cosi' vicino, infinitamente vicino agli uomini che stavano intorno a
lui. Lo zaddiq e' il modello, su di lui si orienta tutta la comunita' e ogni
singolo membro di essa. Egli e' la personificazione dell'insegnamento, come hai
detto tu una volta. Come potrebbe, questa armonia tra Dio e l'uomo, questa
santificazione quotidiana, questa redenzione, dottrina della pienezza della vita
umana, esprimersi meglio che nel canto "Tu" che hai colto dagli aneddoti del
Rabbi di Berdicev?
"Se vado - tu!
Se resto - tu!
Solo tu, ancora tu, sempre tu!
Tu, tu, tu!
Sto bene - tu!
Sto male - tu!
Tu, tu, tu!
Cielo - tu! Terra - tu!
Sopra - tu! Sotto - tu!
Dove mi giro, dovunque miro
Solo tu, ancora tu, sempre tu!
Tu, tu, tu!"
*
6. La vita e' dialogo
Chi dice Tu conosce il suo Io. Chi dice Tu entra in un colloquio, in un
dialogo. Ricordati, Martin, della tua sorpresa, quando ai seminari
dell'Universita' di Vienna ti aspettavi la "dottrina" e ricevesti il dialogo, la
comune ricerca della verita'. Domanda e risposta, come nella comunita'
chassidica. La' non c'era semplicemente la somma delle voci, la comunita'
nasceva proprio dall'intreccio dialogico tra chassid e zaddiq. E ora, sullo
sfondo di quella esperienza, e dei molti incontri e dialoghi che intrattieni,
come per esempio quelli all'interno del gruppo di Landauer (dove tra l'altro
maturi la tua avversione per la guerra, tu che prima ti saresti volentieri
arruolato, da patriota tedesco, per la prima guerra mondiale), si sviluppa in te
il tuo secondo grande tema: cresce come un germoglio fino a raggiungere la forma
definitiva, quella che una volta verra' chiamata "la rivoluzione copernicana del
pensiero moderno": il principio dialogico. Scrivi da qualche parte che gia'
dalla giovinezza era preponderante in te l'interesse per una "relazione
dialogica tra uomo e Dio, come un rapporto libero dell'uomo nel dialogo tra
cielo e terra, la cui lingua fosse il medesimo avvenimento nel rivolgersi e nel
rispondere, lo stesso avvenimento dall'alto al basso e dal basso all'alto"; si',
gia' dai tuoi primi approcci eri alla ricerca di una risposta.
Cio' che cerchi di abbozzare in qualche modo nel 1916, lo definisci in modo
piu' programmatico nel tuo libro L'io e il tu, che compare nel 1923. Questo
libro diventa il fondamento di tutti i tuoi lavori successivi. Tutto cio' che in
seguito scrivi di argomento filosofico o pedagogico, o tutto cio' di cui ti
occupi, risulta essere alla fine un commento ai principi delineati nel 1923 o
risposte a domande che ti si pongono a partire da quello scritto. L'io e il tu
si basa sull'esperienza fondamentale della tua vita: "L'essere-uomo significa
l'essere quello che sta di fronte". In L'io e il tu dici - e io cerco di
riassumerlo con poche parole, anche se so che ce ne vorrebbero molte di piu' -
che sostanzialmente l'uomo puo' comportarsi solo in due modi. Si tratta di due
categorie morali, che corrispondono a due parole fondamentali: Io-Tu e Io-Esso
(Ich-Du e Ich-Es). Il tuo comportamento dipende dal fatto in quale delle due
parole fondamentali il tuo Io si trova, o nell'Io-Tu o nell'Io-Esso. Io-Tu e
Io-Esso non sono semplicemente due coppie di parole, no: ciascuna e' una parola,
distinta dall'altra, e indivisibile nei suoi elementi: la parola Io non esiste
isolatamente, come se fosse un termine unico, non c'e' nessun Io in se' e per
se'. Io descrive sempre un orientamento, una relazione, o nei confronti di un
Tu, oppure, ma in senso diametralmente opposto, nei confronti di un Esso (che
puo' essere anche un Egli o un'Ella).
Da Io-Tu procede una relazione personale: quando dico Tu, allora affermo la
persona alla quale dico Tu, mi accosto ad essa, a questo Tu, in una relazione.
L'Esso puo' valere solo come un qualcosa, un oggetto, verso cui io mi comporto
come un soggetto, ma mai come persona. Io-Tu si pronuncia con tutto il proprio
essere: quando pronuncio questa parola fondamentale, ci sono con tutto il mio
essere. Un Esso, invece, lo contemplo, lo assumo obiettivamente, in modo
neutrale, da spettatore: non mi rivolgo direttamente a lui, ne posso parlare ad
altri in terza persona.
Il mondo dell'Esso e' il mondo dell'esperienza (Erfahrung), sia quelle
esterne, sia quelle interne e quelle segrete. Io so delle cose, so che esistono,
ne faccio l'esperienza, ne so la condizione e come funzionano, so come usarle e
si', le devo usare per mantenermi in vita.
L'Io-Tu, al contrario, fonda il mondo della relazione, un mondo che include
la vita della natura, degli uomini e degli esseri spirituali, perche' con tutti
io posso entrare in relazione: posso dire Tu a un albero, anche se in modo
diverso che a un uomo.
Il mondo della relazione e' il mondo dello spirito. Spirito e' la parola
fra l'Io e il Tu. Cosi' l'essenza autentica della relazione avviene nel tocco
tra l'Io e il Tu. Perche' solo toccando prendo parte alla realta', al presente,
vivo il presente, vivo realmente, tanto piu' compiuta e' la mia partecipazione
alla relazione, tanto piu' immediato e' il tocco del Tu.
"Il tu mi incontra per grazia - non si trova nella ricerca. Ma e' un'azione
del mio essere, una mia azione essenziale, che io gli rivolga la parola
fondamentale. (...) Cosi' la relazione e' al tempo stesso essere scelti e
scegliere. (...) Divento io nel tu; diventando io, dico tu. Ogni vita reale e'
incontro. La relazione al tu e' immediata (...). Tra l'io e il tu non vi e'
alcun fine, alcun desiderio, alcuna anticipazione (...). L'incontro avviene solo
dove e' caduto ogni mezzo".
Nell'incontro immediato dell'Io con il Tu, si apre lo spazio dell'amore.
Amore che e' da distinguere dal sentimento: "I sentimenti sono 'posseduti',
l'amore fluisce. I sentimenti dimorano nell'uomo; ma l'uomo dimora nel suo
amore. (...) L'amore non e' attaccato all'io, come se per l'amore il tu non
fosse che il 'contenuto', l'oggetto; l'amore e' tra l'io e il tu. (...) L'amore
e' responsabilita' di un io per un tu".
Nonostante tutto cio', comunque, sei realista nel valutare l'instabilita' e
il cambiamento interni alla stessa relazione: "Nel fatto che ogni tu nel mondo
debba diventare un esso, sta la sublime malinconia della nostra sorte. Per
quanto il tu fosse presente in modo esclusivo nella relazione immediata, appena
essa ha smesso di operare, o e' stata interrotta da un mezzo, il tu diventa
oggetto tra gli oggetti, forse un oggetto rilevante, e tuttavia sempre uno di
essi, determinato e limitato".
D'altronde in un altro punto aggiungi che il singolo Esso puo' ridiventare
in ogni momento Tu, quando si instaura un nuovo circolo di relazione. "Ogni
relazione reale nel mondo si compie nello scambio di attualita' e latenza, ogni
isolato tu deve trasformarsi nella crisalide dell'esso, per poter di nuovo
mettere le ali. Ma nella pura relazione la latenza e' soltanto il prendere fiato
dell'attualita', in cui il tu rimane presente".
Vivere nella relazione Io-Tu esige presenza, esige l'esserci qui e ora. Ma
non si puo' vivere nel mero presente: si rimarrebbe consumati. Allo stesso modo
nessun uomo puo' vivere senza Esso, ma chi vive solo con l'Esso, vive solo e, in
fin dei conti, non e' un uomo.
Oltretutto, tu non limiti al solo piano interumano la relazione che si
sviluppa dall'Io al Tu, perche' per te e' chiaro che in ogni Tu noi ci
appelliamo all'Eterno. Dove si realizza in modo autentico la relazione Io-Tu,
la' c'e' relazione, incontro con Dio. La rivelazione di Dio dunque, e ancora di
piu' Dio stesso e' presente con il Tu in quanto Tu presente. Per questo a rigore
non si puo' parlare di ricerca di Dio: "perche' non c'e' nulla in cui non lo si
possa trovare". Percio' non c'e' un luogo specificamente dedicato a Dio, ne' un
determinato tempo apposta per lui: ne' spazio ne' tempo lo santificano. Qui
ripeti l'idea gia' pronunciata prima: Dio non e' emarginato in un angolo di
essere, ne' in un ambito religioso: e' presente in tutta la normalita' della
vita quotidiana. Nella relazione tra gli uomini trovi il simbolo piu' adatto per
mostrare la relazione con Dio, perche' qui accade il vero appello, la vera
risposta. "Non si compie la parola di colui che vuol parlare con gli uomini",
hai detto una volta, "se egli non parla con Dio; e si smarrisce la parola di
colui che vuol parlare con Dio, se egli non parla con gli uomini". Nonostante
cio', occorre distinguere il Tu della persona di fronte dal Tu eterno:
quest'ultimo non conosce ne' misura ne' limite, non potra' mai diventare un
Esso, e' di per se' totalmente Tu - e' per questo che non si puo' fare
esperienza del Tu eterno come se fosse un oggetto fra i tanti. E pero' noi
spesso cadiamo nell'errore di ridurre il Tu eterno a un Esso, oggettivandolo in
una credenza religiosa o in un culto.
Se io ora ti chiedessi su che cosa si basa la relazione Io-Tu e che cosa si
debba fare affinche' il dialogo si mantenga nella direzione dell'Io-Tu e non in
quella dell'Io-Esso, tu risponderesti che bisogna volgersi verso l'altro. Il
rivolgersi del corpo e dell'anima fa si' che una persona si renda presente nella
sua disponibilita' - e questo rivolgersi e' la premessa fondamentale per il
dialogo, per l'incontro. Quando mi rivolgo a un Tu, allora accedo alla relazione
Io-Tu. Questo pero' vale fintanto che mi rivolgo al Tu in un dialogo autentico,
perche' un dialogo e' in grado anche di adulterarsi e degenerare da se'. Tu
parli di tre modalita' di dialogo: "Quello autentico - non importa se parlato o
silenzioso - in cui ciascuno dei partecipanti intende l'altro o gli altri nella
loro esistenza e particolarita' e si rivolge loro con l'intenzione di far
nascere tra loro una vivente reciprocita'; quello tecnico, proposto solo dal
bisogno dell'intesa oggettiva; e il monologo travestito da dialogo, in cui due o
piu' uomini riuniti in un luogo, in modo stranamente contorto e indiretto,
parlano solo con se stessi e tuttavia si credono sottratti alla pena del dover
contare solo su di se'".
L'atteggiamento fondamentale del monologo non e' il distogliersi opposto al
rivolgersi, ma e' - come dici tu - il ripiegamento, nel quale ci si sottrae
all'appello dell'altro, al Tu dell'altro, al suo essere, alla sua anima, usando
l'incontro, l'esserci, il Tu dell'altro solo come una proiezione di se' e una
propria esperienza.
(Parte prima - segue)
3. INCONTRI. IL 12 SETTEMBRE A VITERBO
Domenica 12 settembre 2010, con inizio alle
ore 15,30, presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" a Viterbo, si
svolgera' il quarantunesimo incontro di studio del percorso di formazione e
informazione nonviolenta iniziato da alcuni mesi.
All'incontro partecipa il responsabile del
Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Il centro sociale autogestito "Valle Faul" si trova in strada
Castel d'Asso snc, a Viterbo.
L'iniziativa e' ovviamente aperta alla partecipazione di tutte le persone
interessate.
4. INCONTRI. SI E' SVOLTO MARTEDI' 7 SETTEMBRE UN INCONTRO
DI STUDIO A VITERBO
Martedi' 7 settembre 2010 a Viterbo, presso la
sede del "Centro di ricerca per la pace", si e' svolto un incontro di studio
sulla letteratura italiana.
Dopo una esposizione introduttiva sulla grammatica della lingua italiana e
sulle principali caratteristiche della metrica della poesia italiana, e dopo una
illustrazione dei principali commenti otto-novecenteschi della Divina Commedia,
si e' proceduto alla lettura e al commento dei primi tre canti dell'Inferno di
Dante.
Gli incontri di studio della letteratura italiana che si svolgono presso il
Centro di ricerca per la pace di Viterbo sono parte di un'iniziativa di
promozione del diritto allo studio. 5. APPELLI.
PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Sostenere finanziariamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia. Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
6. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'". 7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Francesco Tonucci, La citta' dei bambini, Laterza, Roma-Bari 1996, pp.
VIII + 248.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 308 del 9 settembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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