Coi piedi per terra. 333



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 333 del 24 agosto 2010
 
In questo numero:
1. Adriano Paolella e Zelinda Carloni: Asserviti alla mobilita' (2002) (parte prima)
2. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
 
1. MATERIALI. ADRIANO PAOLELLA E ZELINDA CARLONI: ASSERVITI ALLA MOBILITA' (2002) (PARTE PRIMA)
[Riproponiamo nuovamente il seguente dossier dal titolo "Asserviti alla mobilita'", a cura di Adriano Paolella e Zelinda Carloni, parte della serie sul tema "Globalizzazione. Idee per capire, vivere e opporsi al nuovo modello di profitto", apparso in inserto ad "A. rivista anarchica", anno 32, n. 286, dicembre 2002 - gennaio 2003(disponibile anche nel sito www.arivista.org e nel sito www.coipiediperterra.org)]
 
Dalla liberta' alla sudditanza
Nel 2000 in media ogni cittadino europeo ha percorso 15.000 km (anche ogni neonato ed ogni vecchio).
Per percorrerli a piedi necessitano circa 8,2 ore al giorno; cumulandosi in una vita media di un individuo corrispondono a 1.050.000 km; complessivamente fanno si' che in Italia siano percorsi annualmente quasi 1.000.000.000.000 di km di spostamenti.
Ogni cittadino statunitense mediamente nel 2000 ha percorso circa 30.000 km, il doppio di un europeo.
Questa fittissima rete di movimenti non porta benessere alla comunita' (non e' che muovendosi di piu' si sta meglio), e' la maggiore fonte di inquinamento del pianeta (l'80% delle emissioni trae origine nel settore trasporti), comporta degli scompensi sociali enormi (aumenta le differenze tra ricchi e poveri, aumenta l'uniformita' sul territorio, non e' commensurabile con i sistemi spaziali e culturali di riferimento dell'essere umano ñ la sua capacita' di muoversi, la sua abitudine ai tempi ed ai luoghi delle relazioni), comporta danni elevatissimi alla salute dell'essere umano (incidentalita', effetti dell'inquinamento acustico e atmosferico, qualita' della vita urbana).
La motivazione della sua esistenza e' che l'elevata mobilita' e' caratteristica tipica della globalizzazione.
La movimentazione di merci e' condizione indispensabile per produrre a basso costo nei luoghi piu' convenienti, sfruttando le risorse naturali e sociali, e per permettere la gestione del mercato a pochi soggetti che distribuiscono in tutto il mondo.
I materiali e le merci viaggiano e tenendo bassi i costi del trasporto (per fare questo basta non considerare i costi indiretti e gli effetti negativi scaturiti, scaricandoli cosi' come oneri sulla societa') si aumentano i profitti, nella concentrazione della produzione, e si incrementa il numero degli acquirenti della specifica merce.
La mobilita' degli individui aumenta le connessioni tra le parti del sistema produttivo e commerciale e ne rende possibile l'ottimizzazione.
Ma gli individui si muovono anche in ragione di un atteggiamento culturale, una sensazione di autonomia.
La maggiore facilita' di muovere e muoversi da opzione si e' trasformata in necessita'. La mobilita' e' un obbligo derivato dalle conformazioni urbane, dalla localizzazione dei servizi, dei posti di lavoro, delle residenze. E ha perso di senso: tutto si muove non producendo benefici diffusi, e tutti si muovono non migliorando la qualita' della propria esistenza.
Questo modello avrebbe grandi difficolta' a ridurre la mobilita' delle merci e tra esse anche la mobilita' individuale.
Ridurre la mobilita' ridurrebbe i profitti, renderebbe maggiormente difficile la loro concentrazione in pochi soggetti, ridurrebbe l'inquinamento, darebbe autonomia economica e sociale alle comunita' locali, insomma metterebbe in seria crisi la globalizzazione.
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La mobilita' individuale
Il principale mezzo utilizzato per la movimentazione di merci e persone e' il veicolo a motore su gomma.
Il suo successo dipende dal fatto di essere un mezzo individuale. Ogni persona puo' avere il suo autoveicolo, lo puo' gestire come vuole, puo' andare nei tempi e nei luoghi desiderati.
Questa caratteristica ha innescato un meccanismo per cui il muoversi da' origine ad un mercato di enormi dimensioni e lucro e permette al mezzo di essere un oggetto di desiderio commerciale.
Gli autoveicoli incarnano i criteri della societa' di mercato ed hanno contribuito a strutturare l'immagine prima dell'uomo moderno e poi di quello contemporaneo.
Nonostante gli autoveicoli a motore siano il mezzo a minore efficienza energetica, ed al loro uso possano essere connessi i principali problemi ambientali e sociali del pianeta, essi sono alla base della mobilita' contemporanea, avendo sostituito gran parte delle altre modalita' di trasporto.
Nel 1950 un individuo in Europa faceva meno di 2.000 km di cui 400 in auto, nel 1994 ne faceva piu' di 14.000 di cui quasi 10.000 in auto (costante l'uso delle ferrovie con circa 500 km).
Prima del 1930 poco meno del 90% del trasporto passeggeri e del 70% del traffico merci era su ferrovie; da allora c'e' stata una continua riduzione degli investimenti pubblici nelle ferrovie ed un continuo aumento nel mondo occidentale delle infrastrutturazioni per autoveicoli. In Europa nel 2000 l'80% del trasporto passeggeri su terra avviene in auto.
Quanto abbia inciso la produzione di autoveicoli nel frenare soluzioni efficienti alternative al mezzo privato e' evidente anche dal raffronto tra il numero di sistemi di trasporto urbani su ferro presenti in aree geografiche: in Europa occidentale 148, negli Usa e in Canada insieme 50, in Giappone 29, in America Latina 17, nell'Europa dell'Est e in Asia Centrale 181.
Per permettere l'ampliamento del mercato automobilistico in Europa i sistemi di trasporto leggero urbano su rotaia sono passati da 438 del 1930 ai 91 del 1980 e solo allora, in presenza di una impossibilita' di consistente aumento del mercato veicolare e della sua manifesta inefficienza, sono aumentati fino a raggiungere i 102 (quattro volte meno di settanta anni prima) nel 2000.
Anche oggi tale politica prosegue. Ad esempio in tutti i paesi dell'est europeo la rete ferroviaria e urbana pubblica giace in abbandono, nonostante in un recente passato riuscisse a captare il 70-80% della mobilita' di passeggeri, mentre i finanziamenti dei paesi occidentali si concentrano in strade e autostrade.
Gli autoveicoli sono il mezzo di trasporto che crea maggiori profitti: una persona compra il suo mezzo, consuma benzina, consuma l'autoveicolo, paga le tasse di circolazione, le assicurazioni, la manutenzione, ricompra l'autoveicolo.
Le infrastrutture sono economiche (costa meno una strada di una ferrovia), spesso sono a pagamento (ogni anno 42 miliardi di dollari sono pagati dagli automobilisti per pedaggi autostradali), nella costruzione delle strade si usa materiale derivato dal petrolio consolidando la medesima lobby interessata alla vendita degli autoveicoli.
Circa 600 milioni di autoveicoli al mondo rispondono piu' di ogni altra merce ad una cultura non totalmente dipendente dal reddito, e dalle reali necessita'. Ad esempio: in uno studio su di un campione di citta' europee e nordamericane, in queste ultime si e' riscontrato un utilizzo medio dell'auto superiore del 141% rispetto alle citta' europee a fronte di un reddito medio inferiore del 51%; da uno studio effettuato a Surabaya (Indonesia) il 60% degli spostamenti in auto potrebbe essere percorso in bici; tra il 1969 e il 1995 il numero degli autoveicoli privati e' aumentato negli Usa ad un ritmo di 6 volte superiore a quello della crescita della popolazione.
La presenza di un autoveicolo ogni 1,8 abitanti negli Usa e di un autoveicolo ogni 1,9 abitanti in Italia (con una superficie 31 volte inferiore) da' l'idea di quanto lo strumento automobile sia abusato nella quantita' e nell'uso.
Anche il maggiore costo del vettore non sembra influire sulle scelte e nelle citta' degli Stati Uniti e dell'Australia i cittadini spendono tra il 12 e il 13% del loro reddito per il trasporto mentre nelle citta' europee, dove la dipendenza dai veicoli privati e' minore, intorno all'8%.
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Mobilita' e assetto insediativo
L'esito dell'attuale modello insediativo occidentale e' l'enorme consumo di suolo, le basse densita' abitative, la dispersione dei luoghi di produzione nel territorio anche quando afferenti allo stesso sistema produttivo. E' il modello che produce piu' sprechi, che ignora gli interessi comuni, che sopraffa' l'ambiente e la comunita' e specificatamente quello che crea la maggiore quantita' di traffico.
Tale modello insediativo e' fondato sulla continua crescita delle infrastrutture per sostenere il traffico privato che a sua volta aumenta per la disponibilita' delle infrastrutture.
La capillarita' della rete stradale facilita gli insediamenti sparsi e rende dunque ancora piu' forte la dipendenza dagli autoveicoli.
Il rapporto tra densita' della popolazione e uso dell'auto in area urbana e' evidente: negli Stati Uniti d'America un abitante di una citta' percorre mediamente 10,9 km/pro capite/giorno con un densita' abitativa di 14,7 ab/ha, in Europa 4,5 con 49,9 ab/ha, nell'Asia industrializzata 1,4 con 163,9 ab/ha, in Canada 6,9 con 26,2 ab/ha.
Sotto una definita densita' insediativa non e' possibile mettere in opera sistemi di trasporto pubblico efficienti; basse densita', localizzazione casuale degli impianti produttivi e delle residenze derivano dal trasporto privato su gomma e lo alimentano.
Anche la dimensione degli insediamenti e' agevolata da tale tipo di mezzo: l'aumento dell'estensione e' resa possibile solo dall'uso di autoveicoli. Nel 1959 Bangkok aveva una superficie di 67 kmq e si poteva attraversare a piedi di buon passo da nord a sud in 3 ore nel 2000 aveva una superficie di 600 kmq ed e' molto difficile attraversarla a piedi in un giorno.
Nonostante sia noto il rischio sociale di avere gia' una gran parte della popolazione assolutamente dipendente dall'uso degli autoveicoli privati, non sussistendo localmente gli indispensabili servizi alla sopravvivenza, e nonostante sia altrettanto noto che le citta' tra i 50.000 e i 500.000 abitanti sono quelle che presentano una minore incidenza dei trasporti, il modello insediativo praticato consolida l'esponenziale crescita della mobilita' privata su gomma. Ad esempio gli ipermercati sono uno strumento per aumentare il traffico veicolare. Raggiungibili solamente in auto, in quanto posizionati casualmente nel territorio, il loro effetto e' stato evidente in quei paesi dove la loro presenza si e' manifestata all'improvviso: nella Repubblica Ceca il trasporto pubblico tra il 1997 e il 2000 e' diminuito via via che sono aumentati da 1 a 53 gli ipermercati.
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Il traffico e le sue ragioni
Se per quanto attiene lo spostamento degli individui e' fondamentale l'assetto degli insediamenti, per la movimentazione delle merci incide maggiormente la struttura produttiva e di commercializzazione.
Il sistema "just in time" fa si' che le componenti per la produzione arrivino in tempo esatto evitando al produttore l'onere di immagazzinare. Cosi' facendo pero' il numero dei viaggi per il rifornimento e' molto superiore e di fatto si immagazzina sulle strade.
Ma anche la frammentazione del processo di produzione e commercializzazione ha effetti sul traffico. Quasi la meta' delle merci non percorre in Italia piu' di 50 km e circa 3/4 meno di 200 km; l'elevato numero di passaggi, la differenziazione dei mezzi necessari, la limitata distanza implica che l'unico sistema adatto e' l'autotrasporto. E' del resto evidente come tali soluzioni produttive siano praticate proprio considerando le caratteristiche dell'autotrasporto.
Inoltre l'estendersi dei commerci degli stati verso l'estero porta ad una crescita vertiginosa dei chilometri percorsi per la consegna: in Gran Bretagna si stima che il percorso medio delle merci per raggiungere i consumatori sia di 1.000 chilometri.
Ma l'aumento del traffico non implica l'aumento della produzione e della ricchezza. In Italia gran parte di esso si localizza nelle regioni settentrionali sia come origine delle merci, 67% del totale nazionale, sia come destinazione, 65%. Questa percentuale e' in costante aumento, in modo superiore a quella dell'aumento dei redditi e della produzione (del Pil). Il che vuol dire che a parita' di produzione e consumo le merci si muovono maggiormente e provengono da luoghi piu' lontani.
Questa tendenza caratterizza il libero mercato e i paesi che lo praticano: la merce commercializzata e' quella che garantisce i maggiori profitti da qualsiasi parte provenga e ignorando i costi sociali e ambientali che essa comporta, ed il traffico di mezzi connessi al commercio estero assorbe oramai oltre un ottavo della produzione mondiale di petrolio.
Il fatto che gran parte delle primizie ortofrutticole sono portate sui mercati dell'Europa del nord dall'Africa settentrionale con gli aerei indica palesemente l'abuso nella movimentazione delle merci.
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Traffico e infrastrutture in Italia: alcuni dati
Il traffico
I passeggeri/chilometro (p/km) o le tonnellate/chilometro (T/km) corrispondono al numero dei passeggeri o al peso del carico moltiplicati per la distanza percorsa e divisi per la lunghezza della rete, o per il tratto, analizzata.
Il trasporto merci in termini di tonnellate/chilometro trasportato e' aumentato in Italia nel 1999 e nel 2000 di circa il 5% annuo, con un aumento complessivo rispetto al 1990 del 36% pur rimanendo la quantita' di merci quasi stazionaria.
In Italia viaggia su gomma l'82% delle merci; il 13% su navi e il 5% su ferro. La situazione gia' anomala per l'Europa dove la quota di mobilita' di merci su terra che usa la ferrovia e' comunque superiore (Francia 21%, Austria 93%, Italia 10%), tende a peggiorare: tra il 1997 e il 2000 l'incremento di ulteriori 36 miliardi di tonnellate km di merci e' stato assorbito per il 97% dal trasporto su gomma.
Il traffico passeggeri dopo una energica crescita tra il 1990 e il 1998 (+23% e triplicato rispetto al 1970) dal 1999 si e' stabilizzato rimanendo comunque superiore rispetto alla media europea (+15%).
Nell'ultimo decennio il trasporto su mezzi privati e' cresciuto del 25,5% aumentando ulteriormente la quota di trasporto persone su mezzi privati che nel 2000 e' arrivata ad essere l'81,8% del totale (all'interno di questa percentuale il trasporto auto e' cresciuto del 27% rispetto al 1990 e quello delle moto dell'11%).
La contrazione della mobilita' automobilistica sembra essere principalmente motivata dall'uso in ambito urbano dove tra l'altro si notano segnali di ripresa dell'uso dei mezzi pubblici.
Il traffico aereo passeggeri e' in notevole aumento (197 milioni di p per km percorsi nel 1960, 10.497 milioni di p/km nel 2000) e copre l'1,2 degli spostamenti.
Dal 1990 ad oggi il traffico passeggeri per modalita' di trasporto e' cosi' cambiato: mezzi privati +212% (+1.183% rispetto al 1960); bus extraurbani +278%; mezzi pubblici urbani +18,4%; ferrovie +34% (+51% rispetto al 1960); aereo +629%.
In Europa la mobilita' delle persone dal 1970 e' piu' che raddoppiata, in Italia triplicata.
I dati caratterizzanti l'Italia sono l'uso delle moto 7,5% piu' del doppio della media europea ed un uso leggermente piu' basso del treno.
Molto anomala rispetto all'Europa e' invece la ripartizione tra le modalita' del trasporto merci dove la quantita' su gomma e' superiore alla media europea del 9,3%, e quella su ferro e' nettamente inferiore del 59,2%.
Sulle acque marine e fluviali transita il 14,9% del traffico; questo e' un dato in linea con l'Europa (15,4%) ma molto ridotto rispetto alla potenzialita' del paese (si pensi che il trasporto su acqua in Olanda e' pari al 44,3% delle merci).
Gli indicatori segnalano che la quantita' di spostamenti aumenta molto piu' rapidamente del reddito (il rapporto tra passeggeri km percorsi e milioni di Pil e' pari a 362,1 nel 1985 e a 455,3 nel 2000, mentre il rapporto tra tonnellate merci km percorso e milioni di Pil e' pari a 138,8 nel 1985 e 167,2 nel 2000). Ci si muove senza produrre.
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Le dimensioni delle infrastrutture
Dal 1979 ad oggi la rete stradale italiana e' aumentata del 22% e quella autostradale del 70%. A questi vanno aggiunti tutti gli adeguamenti dei tracciati esistenti e gli allargamenti (gli ingrandimenti da una a due corsie, da una a piu' carreggiate, etc.).
La densita' di infrastrutture extraurbane media e' di 550 m/kmq ma in alcune regioni supera i 700 m/kmq.
La rete ferroviaria e' rimasta invariata dal 1970 ad oggi (sono aumentate solo le tratte elettrificate) e solo il 38% della rete e' elettrificata a doppio binario.
La densita' territoriale delle infrastrutture ferroviarie e' molto minore di quelle stradali: 53 m/kmq e 34 m/kmq per la rete elettrificata. E' evidente dal confronto tra dimensione della rete stradale e quella ferroviaria come non si sia voluto nel tempo adeguare i sistema di mobilita' su ferro alle necessita' facendo privilegiare il trasporto privato su gomma supportando la sua crescita con la continua infrastrutturazione.
166.324 sono i km di rete stradale extraurbana e 10.350 i km di rete ferroviaria elettrificata.
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Il ruolo delle infrastrutture stradali
Le infrastrutture hanno un ruolo fondamentale per consolidare la modalita' di trasporto su gomma. Tale ruolo puo' essere sintetizzato in tre aspetti:
- Ruolo di traino alla vendita di autoveicoli. Piu' strade vi sono piu' si rafforza il sistema della mobilita' su gomma e piu' autoveicoli si vendono.
- Ruolo di consolidamento del modello sociale. La costruzione di una strada e' sempre stata vista come un segnale della modernita' in arrivo, un indicatore di sviluppo. Le comunita' locali hanno gradito quasi sempre la costruzione di strade che legavano gli insediamenti tra loro, facilitavano i contatti, consolidavano le relazioni. Attraverso di esse passava anche quindi il consolidamento di un modello sociale di relazione e di sviluppo anche senza un effettivo beneficio per la comunita'.
- Ruolo di controllo del territorio. La costruzione di strade ha permesso il controllo militare e lo sfruttamento dei territori. Il piu' significativo e recente caso e' stata la Trans-amazzonica, un percorso di migliaia di chilometri che attraversa interamente l'Amazzonia e intorno al quale si sono aggregati i capisaldi per la penetrazione all'interno della foresta pluviale.
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Gli effetti della mobilita'
Per ogni chilometro percorso da un passeggero con un'auto si emettono 28 milligrammi di polveri sottili, con un bus 19 mg, con un treno 16 mg, con un aereo 8 mg.
Per ogni chilometro percorso un autoveicolo emette mediamente 250 grammi di CO2.
L'autoveicolo a motore e' il sistema meno conveniente di spostamento. Con esso un individuo (70 kg) si muove spostando l'autoveicolo che ha un peso fisico di 1.000 kg e per la cui costruzione sono stati lavorati circa 15.000 kg di materiali.
Ma e' anche un sistema energivoro: l'industria automobilistica negli Stati Uniti d'America copre 1/7 dei consumi totali del paese ed assorbe il 70% del piombo, il 34% del ferro, il 20% dell'alluminio, dello zinco, del vetro, il 14% dell'acciaio e il 10% del rame (in Italia e Germania questa incidenza e' maggiore). Sempre negli Stati Uniti vengono rottamate ogni anno piu' di 10 ml di auto, il 94% delle quali viene smantellato: 3/4 della massa sono riciclati, 1/4 divengono rifiuti tossici (2.350.000 tonn).
Alcuni dati:
- I consumi energetici
I trasporti in percentuale sono passati dal 27,1% del 1985, al 41,2% del 1999 superando l'industria (38,5%) e uguagliando gli usi civili.
Nei paesi industrializzati (19% della popolazione mondiale) si usa il 59% di tutta l'energia mondiale per i trasporti. Gli Usa da soli 1/3. Nel 1997 il consumo medio annuo di petroli per trasporti e' stato di 18 barili pro-capite in Usa, 13 in Canada, 6 in Europa, Giappone, Australia.
- Gli effetti ambientali
I veicoli a motore hanno originato il 58% delle emissioni di carbonio nel 1990 e il 73% nel 1997.
Nel 1999 in Europa il 25% delle emissioni di CO2 e' stata prodotta dal settore trasporti (nel 1990 era il 21%).
In Italia le emissioni di CO2 da parte del settore trasporti e' il 27% del totale.
L'inquinamento atmosferico nelle citta' e' molto elevato nonostante vi siano dei miglioramenti per quanto attiene alcuni specifici inquinanti (la riduzione dei superamenti di soglia deve essere presa solo come dato indicativo sia per il ridotto numero delle centraline, sia per la condizione di diffusa e consistente presenza degli inquinanti appena sotto la soglia).
Circa il 30% dei giapponesi e il 17% degli europei e' esposto tutto il giorno a livelli di rumore superiore ai 65 decibel.
I danni per inquinamento idrico, ambientale, mutazioni climatiche, rumore, incidenti del sistema della mobilita' su strada sono stati stimati in 125 mld di dollari annui.
- Gli effetti sulla salute
Ogni anno nel mondo perdono la vita circa 885.000 persone in incidenti stradali (come se si schiantassero 10 Jumbo al giorno per tutto l'anno).
Nel 2000 vi sono stati in Italia 6.410 morti e 301.599 feriti per incidenti stradali. I dati sono sottostimati in ragione sia dei tempi di rilevamento, sia delle modalita' di rilevazione.
La riduzione degli incidenti manifestatasi negli anni '70 e '80 non e' proseguita nel corso degli anni '90 e sono cresciuti notevolmente i feriti (+46% nell'ultimo decennio).
17.400 sono i morti in Italia nel 2000 a causa delle emissioni stradali di polveri sottili (PM10).
In Europa i morti di tumore causati da traffico veicolare son stati stimati in circa 85.000 l'anno.
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L'interruzione della continuita'
L'urbanizzazione, intendendo con essa anche la infrastrutturazione, incide sui sistemi naturali non solamente attraverso l'occupazione diretta di suolo per la costruzione ma anche e principalmente attraverso il loro frazionamento.
Ad esempio in Italia la superficie urbanizzata (edifici, infrastrutture etc) e' pari al 7% del totale. Tale superficie pero' non e' concentrata in determinate aree ma distribuita in maniera indifferenziata ha interrotto la continuita' dell'unita' di paesaggio, ha frazionato i sistemi, indebolendoli, marginalizzandoli, degradandoli, fino a passare, negli ultimi quaranta anni, da una condizione in cui gli insediamenti erano situati all'interno delle aree naturali o agricole ad una condizione inversa in cui le aree naturali ed agricole sono localizzate all'interno di un continuo costruito.
Il 7% di superficie occupata da urbanizzato ha fatto si' che solo 347 siano gli areali superiori a 100 kmq non interessati da viabilita' di media e alto scorrimento (senza considerare la piccola viabilita'), solo 978 gli areali superiori a 100l mq non interessati da centri urbani (senza considerare case sparse e piccoli nuclei), che solo 289 siano le "aree selvagge" superiori a 20 kmq, che solo 7 siano gli ambiti costieri liberi da edificato superiori a 20 km lineari di costa.
Ma la capacita' destrutturante delle infrastrutture necessarie non e' esclusivamente addebitabile all'occupazione diretta dei suoli e alla frammentazione dello spazio naturale: un'onda alterante infatti accompagna e precede l'insediamento. Effetti connessi allo svolgimento di attivita' (rumore, inquinamento atmosferico) ma anche effetti connessi alla gestione dei terreni (terreni in attesa di essere edificati, terreni sottoutilizzati, asserviti all'insediamento, depositi etc).
Un'onda che ha una superficie ben piu' estesa di quella fisicamente interessata dagli insediamenti, che ha una enorme capacita' a trasformare i contesti interessati.
Negli Stati Uniti 6,2 ml di km di strade pubbliche coprono circe l'1% della superficie del paese ma l'impatto stimato sulla fauna da parte della rete interessa il 20% del territorio.
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La finta ricerca dell'efficienza
Nel 1973 un'auto prodotta negli Usa mediamente con un litro percorreva 5,6 km; nel 1986 con un litro 11,5 km. Un notevole miglioramento derivato dall'attenzione posta in quegli anni ai consumi di benzina ma ancora molto lontano e dalle prestazioni europee e dalle capacita' tecnologiche disponibili.
Sono stati infatti predisposti negli anni Ottanta alcuni modelli con una elevata efficienza energetica: Renault 50 km con un litro velocita' 130 Km/h; Volvo e Peugeot 4-5 posti rispettivamente 50 e 28 km con un litro. Il primo si trova al Museo della Scienza di Parigi e nessuno dei tre e' mai stato messo in produzione.
Appare evidente che le attuali auto non sono progettate per trasportare le persone in maniera efficiente. A parte il rapporto trasportato/mezzo, che fa si' che il peso del primo sia abitualmente 1/10 del secondo, ma l'80-85% dell'energia contenuta nel carburante e' gia' sprecata prima di raggiungere la ruota; solo 1/6 dell'energia del carburante che raggiunge le ruote e' utilizzate per muovere l'abitacolo. Peso eccessivo, grandi dimensioni, motori potenti che funzionano molto lontano dalla loro ottimale efficienza.
Dell'energia del carburante nel traffico cittadino 1/3 riscalda l'aria, 1/3 riscalda i copertoni e il rivestimento stradale, 1/3 riscalda i freni.
Con adeguati materiali una auto di 4-5 posti potrebbe arrivare a pesare solo 400 kg (3-4 volte in meno di un'auto); come "Ultralite" della GM: 0-100 km/h in 8 secondi, 111 cv, del 1991, non in produzione.
Vi sono soluzioni di veicoli con celle a combustibile a idrogeno che emettono 70 gr di CO2 a km, motori ibridi con il recupero elettrico dell'energia frenante che permettono di arrivare a consumi prossimi ai 2 litri ogni 100 km; alcune ricerche hanno portato a consumi di 0,4-1,6 litri ogni 100 km (250-62,5 km con un litro) come ad esempio l'"Autoibrida" a due posti costruita nel 1994 dall'Universita' di Western Washington o l'auto ibrida a quattro posti della "Esoco", piccola ditta svizzera, che fa 100 km con 2,1 litri.
Eppure la GM nel 2001 ha comprato un brevetto di un'auto elettrica da una ditta europea con l'accordo di commercializzarla e dopo solo un anno ha abbandonato il programma nonostante l'auto avesse un'elevata efficienza e rispondesse adeguatamente alle richieste. La motivazione ufficiale e' che non riusciva a venderla; ma la GM non si e' peritata di fare un'adeguata comunicazione ed ha mantenuto dei prezzi elevatissimi. Perche' allora l'ha comprata? La rincorsa delle grandi produttrici di autoveicoli e' quella di comprare qualunque soluzione che possa incidere sul proprio mercato di auto e benzina cosi' da evitare ogni forma di concorrenza alle soluzioni che bruciano benzina e gasolio e consumano ferro.
La ricerca di soluzioni non ha senso in quanto le soluzioni tecniche sono gia' state trovate; e' che non possono e non vogliono essere praticate da chi fa la propria ricchezza su auto che servono solo a consumare benzina, che riscaldano il mondo e che durano cosi' poco da permettere il continuo aumento della produzione e della concentrazione della ricchezza.
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Il grande business e' il grande amore
L'automobile e' il piu' grande affare planetario (dopo la Borsa), e' la merce che provoca piu' danni nell'ambiente ma e' anche aspirazione, oggetto di conversazione e di soddisfacimento di gran parte dell'umanita'.
L'automobile e' la dimostrazione di come un oggetto imposto possa essere il grande amore della vita. Come nei matrimoni combinati per essere felici, veramente felici, basta accettare il proprio ruolo.
Da stime il valore complessivo degli autoveicoli circolanti nel mondo ammonta a circa quindicimila miliardi di euro (15.000.000.000.000); ogni anno sono circa 2.100 miliardi di euro i costi sostenuti dai proprietari per utilizzare gli autoveicoli, 1.100 miliardi di euro i costi a carico di chi non guida (solo in Europa, Giappone e Usa) e 2.200 miliardi di euro l'importo del rinnovo del parco esistente.
Un affare da circa cinquemilacinquecento miliardi di euro (5.500.000.000.000) annui gestiti per la quasi totalita' da pochi soggetti (meno di due dozzine di compagnie petrolifere, produttrici di autoveicoli e assicurative).
La presenza degli autoveicoli, al di la' delle cifre, permea l'intera societa'. Se ad esempio la pubblicita' e' una promozione del prodotto e' anche il mezzo per sostenere una rivista e su quasi tutte le riviste non specializzate in Italia la pubblicita' degli autoveicoli e' intorno al 4% delle pagine occupate dalla comunicazione commerciale. Il 4% costante indirizza la linea culturale di una rivista su temi specifici quali ad esempio innovazione tecnologica, infrastrutture, sviluppo, afferenti al settore automobilistico.
In numerose riviste alle quattro pagine complete di promozione di auto, che sono una costante vanno aggiunte le pubblicita' indirette (la presenza di autoveicoli nella promozione di altre merci, nell'illustrazione di articoli) e la pubblicita' sotto forma di inchieste o analisi delle merci (schede autoveicoli, presentazioni di innovazioni tecniche etc.) che rendono la presenza piu' estesa e permeante.
Eppure nonostante il tempo in auto per ragioni di lavoro sia in continua crescita, l'uso dell'autoveicolo e' connesso per gran parte ai divertimenti. Nei paesi ricchi piu' del 50% dei chilometri degli autoveicoli privati non commerciali viene percorso per vacanze o comunque svago, e sembra che la mancanza di tale strumento darebbe una sensazione di limitazione insostenibile proprio nel tempo libero. Stare fermi per ore ai caselli, passare ore in auto, andare in luoghi in cui vi sono auto, non produce fastidio o almeno non produce tanto fastidio da cambiare comportamenti.
Ma l'innamoramento e' il mezzo per aumentare le vendite, per cambiare modelli, per essere maggiormente presenti; nessun uomo ragionevole destinerebbe tanta attenzione, fatica, desiderio, a fronte di fastidi e danni, se non fosse innamorato.
Ed al mantenimento di questa passione sono attenti i produttori di autoveicoli che dietro le immagini accattivanti delle merci nascondono interessi, tragedie, danni ambientali.
(Parte prima - segue)
 
2. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
 
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 333 del 24 agosto 2010
 
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